Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
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Le attività di liquidazione in esecuzione della proposta di concordato preventivo omologata


Francesco Carelli
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La "quadratura del cerchio"; note minime su una sentenza importante (Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093)*


Federico Casa

Data pubblicazione
24 gennaio 2022

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Sommario: 1. Contrasti (e dibattiti) giurisprudenziali). 2. Il principio di diritto enunciato; l’(in)adempimento del professionista. 3. La c.d. “quadratura del cerchio”; tre questioni (ancóra) dibattute.


1. Contrasti (e dibattiti) giurisprudenziali.

Non vi è dubbio che, anche letto il contenuto dell’ordinanza di rimessione n. 10885 del 23 aprile 2021, quello che si chiedeva alla Sezioni Unite era effettivamente poco meno di una “quadratura del cerchio in geometria” (1), poiché, come noto, il dibattito era molto articolato, anche solo con riferimento alla giurisprudenza di legittimità. A tacere della considerazione che la giurisprudenza di merito, quantomeno dal 2014 in poi, si era del tutto disinteressata dell’insegnamento della Suprema Corte, ritenendo che, in assenza del decreto di ammissione (2) oppure persino dell’omologazione, non poteva essere riconosciuto il nesso di funzionalità e così attribuita la natura prededucibile nel successivo fallimento al credito del professionista che avesse svolto la propria attività per consentire l’accesso alla procedura concorsuale (3).
La testa di turco dell’intento “polemico” di buona parte della giurisprudenza di merito era persino troppo scoperto, visto che tali decisioni, intendendo verificare in concreto la sussistenza di un beneficio per la procedura e negando la prededuzione, ogniqualvolta si fosse constatato ex post che la prestazione professionale non fosse stata concretamente di alcuna utilità (4), mal dissimulavano l’idea che l’attività professionale fosse stata spesso prestata in modo formalmente corretto, ma sostanzialmente e consapevolmente inutile (5). Nessuno potrà dubitare che la norma di riferimento sia l’art. 111, comma 2, l.fall., che fissa i tre criteri perché un credito possa dirsi in prededuzione: “quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge”, quelli “sorti in occasione” e quelli “in funzione” delle procedure concorsuali previste dalla legge. La giurisprudenza di legittimità per l’appunto, sin dal 2014 aveva intrapreso un percorso molto diverso rispetto a quello proposto dalla giurisprudenza di merito (e in questo senso occorre anche comprendere il significato della sentenza delle Sezioni Unite del 31 dicembre scorso), ritenendo, nella sostanza, che la lettera dell’art. 111, comma 2, l.fall. non potesse consentire un sindacato sull’attività professionale (6), se questa fosse stata prestata in funzione del ricorso ad una procedura concorsuale (7), fermo naturalmente il caso in cui il professionista fosse risultato inadempiente. Ciò in evidente ossequio alla ratio della norma, la quale mirava a favorire il ricorso al concordato preventivo; così come speculare appariva la lett. g) dell’art. 67 l.fall., che sottrae alla revocatoria fallimentare il pagamento dei debiti eseguiti per ottenere le prestazioni professionali strumentali all’accesso alla procedura di concordato preventivo (8).
Occorre inoltre rilevare che parte della giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto che l’attività professionale svolta avrebbe potuto ottenere una doppia “copertura”; infatti, in quanto maturata nel corso del concordato prenotativo, l’opera svolta non solo poteva rappresentare un “atto legalmente compiuto” previsto all’art. 161, comma 7, l.fall., ma persino compiuto “in occasione”, visto che l’attività professionale era pacificamente effettuata in corso di procedura (9). Certo, risolto il problema dell’attestatore e del legale, per converso, si poneva in tutta la sua gravità il problema degli “atti legalmente compiuti” da quei professionisti, la cui attività non è “legalmente” necessaria per la presentazione del piano e della proposta (si pensi all’advisor finanziario o a quello industriale), riproponendosi anche per tali professionisti il tema della funzionalità.
Sia, infine, consentito rilevare che, prima dell’importante mutamento d’indirizzo degli ultimi anni (di cui infra), la Suprema Corte aveva dovuto anche affrontare il problema dell’attività professionale svolta in vista di un concordato prenotativo poi rinunciato oppure non sfociato in un concordato completo, ribadendo perlopiù sempre il medesimo principio, affermatosi come di gran lunga prevalente sin dal 2014 (10). E ciò quantomeno fino a Cass. 6 marzo 2018, n. 5254, ma soprattutto in linea più generale a Cass., 15 gennaio 2021, n. 639, in cui l’orientamento nettamente prevalente, almeno nella giurisprudenza di legittimità, era messo gravemente in discussione, e proprio a partire dal rapporto tra la prededuzione, il concordato prenotativo e il decreto di ammissione al concordato completo (11).
In realtà, pare sicuro che tale decisione, questa sì in aperto contrasto con l’indirizzo prevalente della Corte di Cassazione, non sembrava riprodurre ad un livello di maggiore sofisticazione l’idea della c.d. “utilità in concreto” (12) proposta dalla quasi unanime giurisprudenza di merito (cristalizzazione dell’attivo, fissazione del termine per l’esercizio delle azioni revocatorie, inefficacia delle ipoteche giudiziali) (13), cui pare ispirato anche il CCII (cfr. artt. 6, 46 e 47) (14), ma proponeva un ragionamento del tutto diverso. Essa, infatti, superava nettamente il dualismo utilità “in concreto”/utilità “in astratto”, e forse anche obbligazione di mezzi e di risultato con riferimento alla natura della prestazione professionale (15), che, come si diceva, pare orientare anche il CCII., secondo il quale il decreto di ammissione dovrebbe rappresentare una presunzione assoluta di utilità dell’attività svolta dal professionista.
La Cassazione, infatti, attraverso un’interpretazione strettamente letterale (16), proponeva l’idea di poter escludere in radice la stessa astratta configurabilità di un rapporto funzionale tra credito e procedura nella ipotesi in cui alla domanda in bianco non avesse fatto séguito il decreto di ammissione ex art. 163 l.fall., connotando come inammissibile la proposta, una volta che fosse intervenuta la verifica negativa da parte dell’autorità giudiziaria. Come a dire che non sarebbe nemmeno ipotizzabile la disamina della strumentalità dell’attività professionale rispetto al concordato preventivo, se non fosse intervenuta la verifica positiva dell’effetto (17), che con la proposta medesima il debitore avevo inteso conseguire (18).


2. Il principio di diritto enunciato e l’(in)adempimento del professionista.

Come noto, il contrasto giurisprudenziale era devoluto alle Sezioni Unite che con una significativa sentenza del dicembre scorso ritenevano che la prededuzione potesse essere riconosciuta al professionista, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all’art. 161 l.fall. fosse stata funzionale, ai sensi dell’art. 111, comma 2, l.fall., alle finalità della prima procedura, e ciò secondo un giudizio ex ante, a condizione naturalmente che il debitore fosse stato ammesso alla procedura ai sensi dell’art. 163 l.fall., ciò permettendo ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa, ferma naturalmente in séguito la non ammissione del credito, nel caso si dovesse accertare l’inadempimento all’obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria (p. 45).
Ferma ogni discussione sugli effetti che ne derivano, con riferimento al trattamento giouridico dei crediti dei professionisti, che abbiano prestato la loro attività per concordati preventivi non ammessi al voto (19), la sentenza ci pare di grande interesse giuridico, così da doversi apprezzare l’intento non solo di sciogliere i nodi utilizzando argomenti fino ad oggi non proposti nella giurisprudenza della Corte, ma anche di ricondurre, per quanto sia effettivamente possibile, ad unità sistematica la soluzione proposta.
Motivazione, quindi, importante, articolata, suggestiva, in alcuni passaggi persino ostica, ma complessivamente molto chiara, soprattutto nell’impostazione giuridica. Infatti, l’idea di fondo, fermo naturalmente il risultato finale, costituisce una sorta di rovesciamento della prospettiva fino ad oggi proposta dalla giurisprudenza di legittimità, anche in parte da quei più recenti orientamenti i cui approdi (20) coincidevano con quelli proposti dalle Sezioni Unite. In buona sostanza, siccome l’intento è abbandonare ogni paradigma che risenta di ogni opposizione tra obbligazione di mezzi/di risultato, validità/esecuzione e, tutto sommato anche utilità ex ante/utilità concreta, il ragionamento non prende le mosse dalla natura del contratto professionale e dalla funzionalità del medesimo rispetto alla procedura concorsuale, ma dalla causa stessa del concordato preventivo; che, come altrettanto noto, altro non è se non la regolazione da parte del debitore della propria crisi sia dal punto di vista patrimoniale sia dal punto di vista organizzativo con il consenso dei propri creditori, che innerva l’interpretazione dell’art. 111, comma 2, l.fall., cui è dedicata l’intera sentenza. Ne deriva che tutti i contratti, compresi quelli professionali, in quanto generatori di crediti (in prededuzione), i quali incidono direttamente e decisamente sul passivo fallimentare, finiscono per essere condizionati dalla causa della procedura cui ineriscono (mirando a favorirne l’accesso). È pertanto la causa del procedimento concorsuale che impone la “funzionalità” dell’attività dei terzi (professionisti) alla funzione economico-sociale che lo strumento del concordato preventivo è chiamato a svolgere. Ne discende che anche la causa stessa dei contratti, generatori di crediti, che interferiscono con la causa in concreto del concordato preventivo (21), non può che essere funzionalmente collegata alla regolazione della crisi del debitore; in questo senso le Sezioni Unite insistono sull’”utilità ex ante”, non tanto in opposizione alla utilità concreta, ma quale possibilità di connotazione della causa del contratto professionale. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con una possibile obbligazione di risultato, poiché questo non è eletto a criterio dell’adempimento, ma con la costituzione di un particolare rapporto professionale, la cui causa inerisce a quella della procedura concorsuale cui esso è intimamente collegato. In questo modo la Corte di Cassazione abbandona definitivamente ogni possibile riferimento alla c.d. ”utilità pratica” per i creditori, che ha connotato per quasi un decennio alcuni assiomi della giurisprudenza di merito (la fissazione del termine a ritroso per l’esercizio delle azioni revocatorie, ma anche la cristalizzazione del passivo di cui all’art. 55 l.fall.) ed in parte anche della giurisprudenza di legittimità (22).
Nella prospettiva delle Sezioni Unite, il decreto di ammissione acquista allora un particolare significato, non tanto perché esso consenta (e svolga) una verifica sull’esecuzione del mandato professionale, la sede in cui l’autorità giudiziaria valuti l’utilità per i creditori del procedimento prescelto e, tutto sommato, la correttezza della perizia professionale (23), ma perché permette di confermare il rapporto di funzionalità, assunta a clausola generale (p. 22), tra l’operato del professionista e la possibile prosecuzione della procedura concorsuale (24). Il decreto di ammissione consente l’evoluzione della procedura nel senso del coinvolgimento di coloro ai quali la proposta concordataria è destinata.
Ne deriva che il giudizio di funzionalità della causa della prestazione professionale rispetto alla causa della procedura concorsuale (25) permette non solo di distinguere la validità e l’adempimento del mandato professionale dalla regolare esecuzione del concordato, e questo è ovvio (26); ma soprattutto di definitivamente sottrarre il giudizio di “utilità ex ante” dell’attività professionale dalla valutazione del suo possibile inadempimento, la quale è considerazione che non attiene alla causa dell’incarico, ma eventualmente alla correttezza in termini di perizia professionale della sua esecuzione (27).
La decisione della Corte aiuta pertanto anche a bene impostare proprio il tema dell’inadempimento del professionista, come si diceva, senza alcuna distinzione connessa alla natura dell’incarico (legale, attestatore, advisor finanziario); quasi a proporre, dal punto di vista dogmatico, la categoria dei contratti professionali prodromici all’ammissione ad una procedura concorsuale, i cui interessi da tutelare non sono solo quelli del mandante ma anche quelli dei creditori (28).
Che significa per il professionista incaricato doversi domandare se, almeno astrattamente, al momento dell’accettazione dell’incarico, possa avere un senso per i creditori, e sia possibile per il debitore, ricorrere a quella determinata procedura concorsuale, consapevolezza che dovrà in séguito e neecssariamente estrinsecarsi nell’esistenza di un nesso funzionale forte tra la prestazione acquisita dal debitore e l’accesso indefettibilie alla concorsualità verso cui l’atto dovrebbe cooperare indispensabilmente, solo così potendo resistere la relativa qualità del credito anche ove alla procedura obiettivo ne segua un’altra (p. 39, in cui anche dal punto di vista semantico è interessante il legame tra la “forza” del nesso funzionale, l’accesso ad una concorsualità assunta come “indefettibile” e la “resistenza” del credito così generatosi).
Come si diceva, però, non si tratterà né di ricercare un nesso di causalità adeguata tra l’opera professionale e il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, né di trascolorare l’attività del professionista nell’obbligazione di risultato (anche perché il mancato conseguimento del decreto di ammissione non è indice di alcun inadempimento professionale), quanto di ricostruire la causa del mandato professionale, idonea a generare un credito prededucibile, con riferimento alla causa del concordato preventivo; è come se la seconda “attraesse” a sé la prima (p. 25), e determinasse una particolare categoria di mandati professionali.
Ne deriva, ma ciò dipende unicamente dalla natura stessa dell’inadempimento contrattuale, che in caso d’insuccesso della procedura minore e successivo fallimento, in sede di ammissione allo stato passivo, intervenuto il decreto di ammissione, il curatore non potrà rifiutare la prededuzione al credito del professionista, a meno di non indicare puntualmente le specifiche circostanze di fatto costitutive del possibile inadempimento del medesimo. Al quale, fermo il rapporto da genus a species tra l’art. 1176, comma 2 e l’art. 2236 c.c. (p. 42), spetterà dare la prova che la sua perizia sia stata quella della completezza informativa e proporzionalità dell’apporto rispetto alle finalità specifiche della procedura concorsuale cui il debitore intende accedere o che si propone di completare (p. 42).


3. La c.d. “quadratura del cerchio”; tre questioni (ancóra) dibattute.

Non vi è dubbio che la pronuncia delle Sezioni Unite metta in discussione alcuni princìpi importanti di elaborazione giurisprudenziale del diritto della crisi d’impresa, primi fra tutti quello dell’unitarietà delle procedure, secondo il quale, se l’insolvenza è sempre la medesima, gli effetti della procedura finale risalgono all’apertura della prima, e quello della consecuzione delle procedure concorsuali, in virtù del quale opera la retrodatazione degli effetti del fallimento al concordato preventivo (29). D’altro canto, pareva essersi affermato nella giurisprudenza di legittimità l’orientamento, secondo il quale anche solo il deposito del concordato prenotativo desse avvio alla procedura concorsuale (30), e ciò sulla base dell’idea che, a prescindere dall’esistenza di un intervallo di tempo, la seconda (o la terza) procedura fosse espressione della medesima crisi economica, il che imponeva una sorta di unificazione delle diverse procedure. D’altro canto, diversamente argomentando, non si comprenderebbe il significato (da tempo) attribuito dalla giurisprudenza di legittimità all’art. 69-bis l.fall. (31).
Appare pertanto evidente che allora la reale discussione riguardi oggi il principio della consecuzione delle procedure e il suo contenuto anche rispetto all’art. 69-bis l.fall. Infatti, se è vero che la consecuzione è un fenomeno generalissimo consistente nel collegamento fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo vòlte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa, che trova nell'art. 69-bis l.fall. una sua particolare disciplina nel caso in cui esso si atteggi a consecuzione fra una o più procedure minori e un fallimento finale (32), e si ritiene che tale principio operi a prescindere dal provvedimento di ammissione della prima procedura (33), non si comprende perché anche al credito dei professionisti, che abbiano operato “in funzione” di un concordato prenotativo o di un concordato non ammesso, non possa trovare applicazione la retrodatazione degli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento alla data della presentazione della domanda di concordato prenotativo.
In secondo luogo, occorre affrontare il problema degli “atti legalmente compiuti” di cui all’art. 161, comma 7, l.fall., poiché, se è vero che l’attività professionale è perlopiù svolta nel corso del concordato prenotativo, trattandosi pacificamente di prestazioni professionali compiute, al fine di predisporre la domanda completa di concordato, tale attività professionale pare svolta non solo “in occasione” della procedura, ma persino attraverso atti “qualificati da una specifica disposizione di legge” (l’art. 161, comma 7, quale espressione dell’art. 111, comma 2 l.fall.), con la conseguente attribuzione a tale credito (così generatosi) del carattere della prededuzione (34).
Lo stesso è possibile affermare per l’indicazione contenuta alla lett. g) dell’art. 67, comma 1, l.fall., a mente del quale non sono revocabili i pagamenti ottenuti dai professionisti per attività professionale compiuta, al fine di consentire al debitore l’accesso a una procedura concorsuale. Con l’effetto che, seguendo le indicazioni delle Sezioni Unite, non è sempre agevole conciliare l’idea di un credito non ritenuto prededucibile con l’impossibilità di chiederne in giudizio la restituzione (35).
Con riferimento alle tre questioni illustrate, la soluzione proposta dalle Sezioni Unite ha il merito di essere univoca e ispirata al medesimo principio: ai fini dell’attribuzione della prededuzione al credito del professionista, se non sia intervenuto il decreto di ammissione, quale estrinsecazione e unificazione anche organizzativa dell’inerenza della causa del mandato professionale a quella del concordato preventivo (p. 23), non rilevano né il principio della consecuzione delle procedure; né che l’opera fosse stata prestata nell’àmbito del concordato prenotativo quale “attività legalmente compiuta”; né il possibile criterio letterale e l’indubbia simmetria sistematica tra la “strumentalità” di cui all’art. 67, comma 1, lett. g) e la “funzionalità” di cui all’art. 111, comma 2, l.fall.
Indubbiamente sul piano dogmatico alcune conseguenze ne derivano.
In primo luogo, va abbandonata una lettura sostanziale dell’insolvenza di cui al principio della consecuzione delle procedure, cosicché, fuori dai casi espressamente previsti dal legislatore (art. 69-bis l.fall.), tale principio non potrà trovare applicazione; si pensi al problema dell’inefficacia delle ipoteche giudiziali di cui all’art. 168, comma 4, l.fall., con riferimento ad un concordato prenotativo, cui poi non sia seguìto il decreto di ammissione.
In secondo luogo, ne discende una lettura del tutto restrittiva degli atti “legalmente compiuti” di cui all’art. 161, comma 7, l.fall., i quali finiscono per essere essenzialmente quelli strettamente correlati allo svolgimento dell’attività d’impresa, con riferimento ai quali la tradizionale distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, come noto, va reinterpretata soprattutto in relazione al rapporto tra i valori dell’attivo e la capacità di questo di soddisfare i creditori.
Infine, appare pacifico che, in difetto del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, acconti e pagamenti parziali in vista dell’accesso al concordato preventivo non possano ottenere l’esenzione di cui all’art. 67, lett. g) l.fall.


NOTE

* Il presente contributo è destinato alla pubblicazione anche su altra rivista e su un volume collettaneo a cura di S. Ambrosini.

([1]) È fin troppo conosciuto (e citato) il contenuto della famosa lettera che Jean Jacques Rousseau nel 1767 scriveva al Marchese di Mirabeau: “questo è il grande problema in politica, che paragonerei a quello della quadratura del cerchio in geometria e a quello delle longitudini in astronomia. Trovare una forma di governo che metta la legge sopra l’uomo. Se questa forma è reperibile, cerchiamola e diamoci da fare per istituirla […], se sfortunatamente questa forma non è reperibile, ed io ingenuamente ritengo che non lo sia, mi pare che si debba finire all’eccesso opposto e mettere l’uomo al disopra della legge quanto più è possibile […]; la citazione è contenuta in F. Gentile, Politica aut/et statistica, Milano, 2003 p. 79. D’altro canto, l’espressione è spesso utilizzata come una metafora rappresentativa dell’idea di determinare una soluzione perfetta ad un problema (non facilmente risolvibile); sia consentito rilevare, pensando al 2021, che essa si ritrova anche in Dante “Qual è il geometra che tutto s'affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond'elli indige, tal era io a quella vista nova” (Dante, Paradiso, XXXIII, 133-136, in ).

([2]) Cfr. Trib. Terni 22 marzo 2012, in Fall., 2012, 1250; Trib. Bari 17 maggio 2012, in Dir. fall., 2012, II, 29; Trib. Milano 18 giugno 2009, in www.ilcaso.it.

([3]) Cfr. Trib. Roma 2 aprile 2013, in Fall., 2014, 70.

([4]) Cfr. G.B. Nardecchia, La prededuzione del professionista nel concordato preventivo, in Fall., 2020, 178.

([5]) Cfr. sull’argomento S. Ambrosini, Appunti in tema di prededuzione del credito del professionista nel concordato preventivo e nell’eventuale successivo fallimento, in www.osservatorio.oci-org, 2017; molto critico nei confronti di tale consolidato orientamento giurisprudenziale M. Fabiani, Concordato preventivo e divieto (non previsto nella legge) di pagamenti dei compensi professionali. Il pensiero unico recente dei giudici di merito, in Fall., 2017, 583 ss., quale commento critico a Trib. Torino 25 gennaio 2017, Trib. Lodi 20 gennaio 2017, Trib. Savona 28 dicembre 2016, Trib. Ivrea 2 dicembre 2016; A. Bottai, Compensi dei professionisti e concordato: la Cassazione chiarisce la natura delle prestazioni e la disciplina applicabile in ciascuna fase, in www.ilfallimentarista.it, 2017; S. Casonato, Compensi e crediti dei professionisti nel concordato preventivo, in S. Ambrosini (a cura di), Fallimento. soluzioni negoziate della crisi e disciplina applicabile dopo le riforme bancarie del 2015 e 2016, Bologna, 2017, 640 ss.; in dottrina si veda sul tema G. Verna, Brevi note sulla prededucibilità dei compensi professionali sorti in funzione di una procedura concorsuale, in Dir. fall., 2016, I, 431 ss.; S. Leuzzi, Preconcordato abortito e prededuzione dei crediti, in www.ilfallimentarista.it, 2014; A. Pezzano, Sub art. 111 l.fall., in M. Ferro, La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, Padova, 2014, 1536 ss.; M. Spadaro, La prededucibilità dei crediti sorti in funzione di una procedura minore tra adeguatezza funzionale ed utilità per i creditori, in Fall., 2014, 539 ss. P. Vella, Le nuove prededuzioni nel concordato con riserva e in continuità. I crediti dei professionisti, ivi, 2013, 1141 ss. A. Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182-quater l.fall., ivi, 2011, 1342 ss.

([6]) Essendo invece stato sempre pacifico che il credito del professionista che avesse predisposto la documentazione necessaria per l’ammissione al concordato preventivo non è prededucibile nel successivo fallimento, ove l’ammissione alla procedura minore fosse stata revocata per atti di frode dei quali il professionista stesso fosse stato a conoscenza, posto che in tale ipotesi la prestazione si rivelava persino potenzialmente dannosa per i creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa; cfr. Cass., 2 luglio 2020, n. 13596, in Pluris.

([7]) Così in modo abbastanza deciso risalendo a Cass. 5 marzo 2014, n. 5098, in Fall., 2014, 517, per poi proseguire, pur con sfumature diverse, con Cass. 14 marzo 2014, n. 6031, ivi, 516, Cass., 10 settembre 2014, n. 19013, ivi, 2015, 1348; Cass. 10 gennaio 2017, n. 280, ivi, 2017, 399, la quale rilevava non solo come il concetto di utilità non potesse essere in alcun modo confuso con quello di strumentalità, ma soprattutto riconoscendo la prededuzione all’attività professionale svolta con riferimento ad un concordato prenotativo poi rinunciato; Cass. 18 gennaio 2018, n. 1182, ivi, 2018, 285 (con riguardo all’accordo di ristrutturazione); Cass. 18 maggio 2018, n. 12017, in www.ilcaso.it. la quale introduce una deroga al principio della par condicio, via via fino a Cass. 4 febbraio 2020, n. 2424, in Fall., 2020, 423; e Cass. 2 luglio 2020, n. 13596, ivi, 2020.

([8]) In questo senso la dottrina prevalente, cfr. M. Fabiani, Il delicato ruolo del professionista del debitore in crisi tra incerta prededuzione rischio d’inadempimento in Giur. Comm., 2017, 720 ss.; S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in F. Vassalli, F.P. Luiso, E. Gabrielli, in “Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali”, Torino, 2014, 164.

([9]) Cfr. Cass. 10 ottobre 2019, n. 25471, in Fall., 2020, 173; nello stesso senso, ci pare, seppure con sfumature diverse, Cass., 21 maggio 2021, n. 14050, in Fall., 2021, 1370-1373, con nota sostanzialmente adesiva di G. Fichera, Sulla sorte del compenso dell’attestatore che non attesta, ivi, 1373-1378.

([10]) Cfr. Cass. 28 gennaio 2021, n. 1961, in Fall., 2021, 475-476, con nota critica di G. B. Nardecchia, Le mobili frontiere della prededuzione, ivi, 478-487; cfr. anche Cass., 30 marzo 2018, n. 7974, in Pluris; Cass., 10 gennaio 2017, n. 280, cit.

([11]) Cfr. Cass., 15 gennaio 2021, n. 639, in Fall., con nota adesiva di G.B. Nardecchia, Le mobili frontiere della prededuzione, cit., il quale evidenzia correttamente come tale orientamento, nel 2021 decisamente minoritario, fosse stato già proposto, seppure attraverso diversi itinerari argomentativi, da Cass. 18 dicembre 2015, n. 25589, in Pluris; Cass. 24 gennaio 2014, n. 1513, ivi; Cass. 8 aprile 2013, n. 8533, in Fall., 2014, con nota adesiva di G.B. Nardecchia, I crediti sorti in funzione o in occasione del concordato preventivo, ivi, 76 ss.; in séguito lo avrebbero confermato Cass. 22 febbraio 2021, n. 4710, in www.unijiuris.it; Cass. 31 marzo 2021, n. 8996, in Fall., 2021, 909-912.

([12]) Cfr. con riferimento all’utilità in concreto per i creditori, prima che si affermasse l’orientamento prevalente Cass. 8 aprile 2013, n. 8534, in Pluris.

([13]) Cfr. d’altro canto, Cass. 31 marzo 2021, n. 8996, cit., con nota critica di G.B. Nardecchia, L’inefficacia delle ipoteche giudiziali nel successivo fallimento, 912-917, in cui la Corte negava la prededuzione nel successivo fallimento, allorché al primo fosse seguìto un secondo concordato preventivo non andato a buon fine, mentre Nardecchia rilevava correttamente come il principio della consecuzione delle procedure potesse operare anche con riferimento a casi di successione tra sole procedure minori (cfr. Cass. 8 aprile 2013, n. 8534, in Pluris). Evidente che la discussione riguarda la funzione e soprattutto la struttura del principio della consecuzione delle procedure (in assenza di un decreto di ammissione), donde anche la sua possibile applicazione in senso estensivo o persino in via di analogia di diritto o anche solo di legge (cfr. art. 69-bis l.fall.).

([14]) G.B. Nardecchia, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, cit., 181-184.

([15]) Cfr. di recente F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, in www.ristruttrazioniaziendali@ilcaso.it, 2021, 12-17.

([16]) Di per sé non così decisiva, se si abbia riguardo alla considerazione che l’art. 179 l.fall., che disciplina la mancata approvazione della proposta, rinvia all’art. 162 l.fall., il quale sancisce la non ammissibilità della proposta, nonostante il decreto di ammissione sia pacificamente intervenuto.

([17]) Sempre Cass. 15 gennaio 2021, n. 639, cit.; d’altro canto, con riferimento alla sindacabilità della fattibilità economica in sede di ammissione, si veda Cass., 1 marzo 2018, n. 4790, in Pluris, orientamento questo ormai costante.

([18]) Così anche di recente A. Napolitano, La prededuzione per funzionalità del credito del professionista, in www.dirittodella crisi.it, secondo il quale si dovrebbe più che altro discutere di “funzionalità” e non di “strumentalità”, poiché solo con riferimento alla prima si può discutere della capacità concretamente verificata di conseguire un obiettivo, che non può che essere quantomeno il decreto di ammissione.

([19]) Sui quali si sofferma diffusamente e in modo non poco critico M. Greggio, La prededuzione dei compensi dei professionisti secondo le Sezioni Unite: per la certezza si rischia l’ingiustizia, in www.dirittodellacrisi.it, gennaio 2022, soprattutto 11-17.

([20]) Cfr. Cass., 15 gennaio 2021, n. 639, cit.; Cass. 15 gennaio 2021, n. 640; Cass. 15 gennaio 2021, n. 641, entrambe in Pluris, Cass. 22 febbraio 2021, n. 4719, cit.; Cass. 31 marzo 2021, n. 8996, cit.

([21]) Si badi che la dottrina fallimentare è molto perplessa con riferimento ad ogni soluzione che pretenda di discutere della causa in concreto, in particolare della causa in concreto del concordato preventivo; cfr. soprattutto S. Ambrosini, Il concordato preventivo, cit., 238-241.

([22]) Per certi versi anche Cass, 15 gennaio 2021, n. 639, cit.

([23]) Su un piano completamente diverso, non vi è dubbio che sia proprio la perizia professionale a consentire molto rapidamente al professionista esperto quella stessa valutazione che potrà proporre il tribunale in sede di ammissione.

([24]) Il decreto di ammissione costituisce pertanto uno snodo cruciale della relazione tra la causa in concreto del contratto professionale e la causa della procedura di concordato preventivo, che consiste nella regolazione della crisi del debitore con il consenso dei creditori (d’altro canto, - recita la sentenza -, la causa si compone di elementi patrimoniali ed al contempo organizzativi, i primi da conservare o incrementare, i secondi da declinare favorendo la partecipazione di soggetti decidenti cui la proposta è diretta, p. 27).

([25]) Cfr. Cass. 20 settembre 2021, n. 25313, in www.unijuris.it, con riferimento alla prededuzione riconosciuta al credito del professionista del debitore, che proponeva una istanza di fallimento in proprio.

([26]) Cfr. Cass., 1 luglio 2020, n. 13596, in www.dirittodellacrisi.it.

([27]) Cfr. Cass. 28 ottobre 2019, n. 27358, ivi, rilevante anche con riferimento alla consecuzione delle procedure, su cui infra.

([28]) Donde il riferimento alla considerazione che la prededuzione non attribuisce una causa di prelazione ma (solo) una precedenza processuale in ragione della strumentalità dell’attività, da cui il credito consegue, agli scopi della procedura; avendo un senso tale precedenza finché la procedura esiste e venendo meno con la sua cessazione (p. 12); cfr. naturalmente anche Cass. 11 giugno 2019, n. 15724, in Fall., 2019, 1011.

([29]) In senso diverso l’orientamento proposto da Cass. 31 marzo 2021, n. 8996, cit., secondo il quale tale principio potrebbe operare solo se al concordato preventivo fosse séguito il fallimento, e non in caso della successione di più concordati preventivi oppure nell’ipotesi di successione di procedure concorsuali minori.

([30]) Cfr. Cass. 14 marzo 2016, n. 4977, in Pluris.

([31]) Cfr. Cass. 27 novembre 2019, n. 3105, in www.ilcodicedeiconcordati.it; l’orientamento è sicuramente consolidato.

([32]) Cfr. Cass. 15 giugno 2019, n. 15724, cit.,; così superato appariva, infatti, l’indirizzo giurisprudenziale, che riconduceva l’operare del principio di consecuzione delle procedure concorsuale al decreto di ammissione della prima, cfr. Cass. 22 novembre 2007, n. 24330, in Rep. Foro it., 2007, voce Fallimento, n. 466, secondo la quale la retrodatazione del periodo sospetto era esclusa, allorché alla domanda di concordato preventivo non fosse séguito il decreto di ammissione. Appare però altrettanto vero che in alcune recenti importanti sentenze la Suprema Corte evidenziava che la regola di cui all’art. 69-bis l.fall. non avrebbe rappresentato la c.d. “positivizzazione” del principio della consecuzione delle procedure concorsuali, ma, anzi, l’espressione di un’eccezione a tale principio, secondo il quale gli effetti della consecuzione presuppongono intervenuto, rispetto alla prima procedura, il decreto di ammissione; cfr. Cass. 31 marzo 2021, n. 8996, cit.; Cass. 22 febbraio 2021, n. 4710, in www.unijiuris.it; Cass. 28 gennaio 2021, n. 1961, cit.

([33]) D’altro canto, notoriamente l’art. 168 l.fall. opera anche nell’ipotesi di concordato prenotativo; cfr. Cass. 28 febbraio 2020, in Pluris.

([34]) Cass. 28 gennaio 2021, n. 1961, cit.; Cass. 10 ottobre 2019, n. 25741, cit.

([35]) Cfr. sul tema Cass. 9 gennaio 2020, in www.unijuris.it; Cass. 20 febbraio 2020, n. 4340, in Pluris.