Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Concessione abusiva di credito e risarcimento del danno da violazione di norme di condotta


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Articolo

L’allerta tra la reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore. Dal codice della crisi alla composizione negoziata*


Stefania Pacchi

Data pubblicazione
14 marzo 2022

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Sommario: 1. Premessa. – 2. L’approdo prima delle Riforme del 2005–2012 e poi del Codice della crisi. - 3. I principi dell’allerta nel Codice della Crisi. - 4. La creazione di una rete di monitoraggio e di impulso. - 5. Gli indicatori e gli indici della crisi. - 6. La crisi. - 7. Il coinvolgimento dei creditori pubblici qualificati. - 8. L’Organismo di composizione della crisi (Ocri). - 9. Le responsabilità degli organi societari. - 10. Lo sbocco del “processo” di allerta codicistico. - 11. Dalla composizione assistita alla composizione negoziata. - 12. L’allerta interna nella composizione negoziata. - 13. L’allerta esterna - 14. Conclusioni.


1. Premessa.

In un contesto socioeconomico come quello attuale, complesso e caratterizzato da una generalizzata recessione, la crisi dell’impresa da evento episodico è divenuta situazione endemica.

Di conseguenza, in prossimità della scadenza delle misure emergenziali assunte dal governo per rimediare alle falle che si erano improvvisamente aperte nel sistema delle attività produttive a causa del lock-down, disposto per favorire l’isolamento del virus[1], diveniva pressante l’esigenza di una disciplina concorsuale efficace ma “leggera” che potesse “invogliare” le attività economiche in crisi ad intraprendere tempestivamente una soluzione, preferibilmente negoziale, per mantenere la continuità diretta o indiretta[2]. Tale esigenza nasceva anche dalla convinzione che la “cassetta degli attrezzi”[3] a disposizione, ancorché nutrita, fosse inadeguata alle necessità emergenti dalla particolare quanto atipica situazione post-pandemica[4].

Così agli strumenti disciplinati nella vigente Legge fallimentare e a quelli contenuti nel testo di prossima vigenza – il Codice della crisi e dell’insolvenza (CCII) - se ne è aggiunto un altro, fortemente innovativo e, quindi, di notevole impatto sul sistema.

Per vero, già dal 2005 il nostro Ordinamento concorsuale procedeva verso nuovi orizzonti: dalla liquidazione sanzionatoria dell’imprenditore insolvente con disgregazione del complesso aziendale, avevamo assistito all’emersione e al radicamento dell’idea della continuità, possibile se l’impresa (o almeno l’azienda) è sana e, allora, utile non solo a conservare valori ma anche a soddisfare meglio i creditori.

Oggi l’Ordinamento – con il d.l. 118/2021 conv. nella L. 147/2021[5] - addita un nuovo percorso - “protetto” e guidato da un facilitatore - al termine del quale è disponibile un caleidoscopio di soluzioni, tra le quali può essere estratta quella più appagante[6].

Il recente approdo legislativo rivela che la crisi economica già in corso nel 2019 e aggravata dalla pandemia, ha indotto il Legislatore verso un ancor più nuovo approccio[7] con ribaltamenti di prospettiva, ulteriori e almeno parimenti rilevanti, rispetto a quelli provocati dalle riforme susseguitesi dal 2005 fino ad oggi. Muovendo dal principio (nel nostro Ordinamento tuttora inattaccabile[8]) del monopolio dell’iniziativa dell’imprenditore[9] (il d.l. 118 espunge il vocabolo debitore) viene, infatti, introdotto uno strumento (potenzialmente) stragiudiziale che può essere utilizzato in presenza di probabilità di crisi o di insolvenza e che è sussumibile in un nuovo particolare “setting”[10] , cioè in un particolare contenitore relazionale che costituisce il luogo sicuro in cui le parti, sedute al tavolo di una trattativa, giocano, secondo regole prestabilite, la partita della crisi.

Tipico di questo setting è che la trattativa viene facilitata e orientata da un esperto dotato di consolidata e specifica professionalità, - terzo, indipendente, imparziale e tenuto alla riservatezza - che accompagna le parti verso l’acquisizione e l’incremento della consapevolezza circa la situazione reale dell’impresa e il perseguimento dei possibili obbiettivi di risanamento.

Questo percorso, denominato di composizione negoziata, si caratterizza dunque per costituire il luogo delle trattative – un nuovo setting appunto[11] - che si svolgono mentre l’impresa prosegue fluidamente - facilitata nella gestione dalle disposizioni sui contratti[12] e dall’assenza di vincoli[13] - e che seguiranno il protocollo di sequenze disegnato dal decreto dirigenziale (28 settembre 2021).

Il legislatore mette, infatti, a disposizione uno strumento volontario e collocato (potenzialmente) fuori dalle aule di giustizia.  Soltanto l’imprenditore spontaneamente può avvalersi dello strumento quando risulti “ragionevolmente perseguibile” il risanamento dell’impresa senza avere il timore, in caso di insuccesso, di trovarsi al cospetto del PM e di avere un tracciato concorsuale ormai segnato e inevitabile.

La scelta che vorrebbe sortire un risparmio di tempo e di denaro è comunque coraggiosa, essendo una scommessa su correttezza, lealtà e responsabilità dei comportamenti tanto che in uno dei primi qualificati commenti è stato scritto che: “Se tanto possa bastare a sospingere l’imprenditore in affanno, ma pur sempre riottoso, sulla pista della negoziazione “vigilata” è presto per dirlo”[14].

Dinanzi a questo dubbio è nata l’idea di queste pagine: ripercorrere in sintesi le tappe che hanno portato alla disciplina codicistica dell’allerta, poi divenuta, appena scoppiata la pandemia, la causa principale del rinvio del Codice della crisi e quindi riemersa, dopo l’emanazione del d.l. 118/2021 e la sua conversione in legge (L. 147/2021), con la L. 233/2021 (che ha convertito il d.l. 152/2021 recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, novellando l'originaria struttura della normativa con l'inserimento degli artt. 30 ter-30 sexies).

In attesa dell’entrata in vigore del Codice della crisi e in presenza di un rinvio al 31 dicembre 2023 dell’entrata in vigore del Titolo II, Parte I, (artt. da 12 a 25) che contengono tutta la disciplina delle procedure di allerta e di composizione assistita, il d.l. 152/2021 (conv. con modificazioni nella   L. 233/2021) fa tornare alla ribalta – probabilmente anticipando la versione del CCII al 16 maggio prossimo - un’allerta esterna, sia pure in versione soft, consistente nelle segnalazioni previste nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in capo ai creditori pubblici qualificati.

Probabilmente il legislatore è stato incalzato da una parte dalle critiche[15] per un rinvio che pareva significare la messa in soffitta del “cuore” del Codice, - l’allerta appunto - dall’altra dai dubbi di efficacia della spinta “gentile” che vorrebbe caratterizzare l’istituto della composizione negoziata, dall’altra ancora dal prossimo recepimento della Direttiva Insolvency che lega in una relazione simbiotica i quadri di ristrutturazione preventiva alla tempestività[16].

Come si configura l’allerta nella composizione negoziata? È stato abbandonato, con il rafforzamento dell’incidenza dell’organo di controllo sull’emersione tempestiva della crisi e con la reintroduzione delle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, il progetto impostato su una “spinta gentile”? Lo scritto tenta di rispondere a queste domande.

 

 

 

2. L’approdo prima delle Riforme del 2005 – 2012 e poi del Codice della crisi.

Già l’ondata riformatrice iniziata nel 2005 aveva scosso un ordinamento che era rimasto immobile per quasi sessant’anni mettendoci dinanzi al passaggio – da ritenersi mutamento epocale – “from a law of morality to a law of continuity[17].

Nella consapevolezza che con la conservazione dell’impresa (o del solo complesso aziendale), se ancora viable[18], si potessero più efficacemente tutelare sia il coacervo di valori che questa rappresenta (posti di lavoro, produzione di ricchezza, sviluppo etc.) che lo stesso creditore, quel movimento riformatore abbandonava, infatti, l’impostazione sanzionatoria dell’insolvenza, conseguentemente attribuendo quella posizione di centralità fino ad allora detenuta dal fallimento agli strumenti giudiziali e stragiudiziali per la continuità.

La transizione è stata portata a compimento dal Codice della Crisi e dell’insolvenza che, espungendo il vocabolo fallimento e sostituendolo con liquidazione giudiziale, annulla la connotazione di disvalore con cui si additava all’insuccesso dell’attività imprenditoriale[19]. Questo, come la malattia e la morte dell’individuo, fa parte della “vita” dell’impresa e deve essere valutato dal creditore[20] fin dal momento in cui inizia un rapporto contrattuale, di modo che il momento dell’esteriorizzazione della crisi possa segnare l’apertura, non di conflitti e contrapposizioni, bensì di una collaborazione, melius di un solidarismo[21].

L’impostazione, tradotta nei comportamenti delle parti, può portare alla gestione sostenibile della crisi con un cambio, però, di prospettiva: da un’azione basata sul metodo autoptico (autopsia post mortem) a una basata sul real time action[22] che, muovendo dal bilancio dell’effettiva situazione in cui versa l’impresa e di una selezione attenta delle possibili soluzioni, possa soddisfare,  non solo le parti direttamente coinvolte, ma anche tutti gli stakeholder,  il tessuto economico produttivo e la comunità locale.

A tal fine è la stessa legge, - la riforma del 2019 - in una ponderazione degli interessi, che spinge a che imprenditore-debitore, creditori e stakeholder lavorino insieme su un piano di correttezza, trasparenza e buona fede per risolvere la crisi non solo nel modo meno dannoso per ciascuno (art. 4 CCI) ma anche trasformando la vicenda da terreno di conflitti insanabili a incontro delle parti per la concertazione della crisi[23].

Ciò, tuttavia, può avvenire se le parti non sono già logorate ed esasperate da una crisi ormai radicata. Lo rivelano i tanti insuccessi di operazioni in continuità determinati non dall’assenza o dall’inadeguatezza degli strumenti ma dal ritardo nel farvi ricorso.

Da questi deludenti risultati muove la cultura dell’approccio tempestivo alla crisi che, nonostante dubbi e anche dissensi[24], si incuneava nell’ultima riforma tra gli obbiettivi del legislatore.

Così, come punto di arrivo di un lungo percorso culturale, sociale e politico[25], accertata la “scarsa capacità delle imprese italiane – soprattutto le medie o piccole imprese - di promuovere autonomamente processi di ristrutturazione precoce, sia a causa di un qualche personalismo autoreferenziale dell’imprenditore, sia per la cronica debolezza degli assetti organizzativi dell’impresa, privi di adeguati strumenti di monitoraggio e di pianificazione anche a breve termine”[26],  il Codice della Crisi e dell’insolvenza[27] introduceva la disciplina a “maglie strette”[28] degli “Strumenti di allerta” e del “Procedimento di composizione assistita”, che avrebbero dovuto entrare in vigore il 15 agosto 2020[29].

Assistevamo, dunque, a una nuova transizione: dalla law of continuity alla law of timelinessche imponeuna spinta (più o meno gentile[30]) verso un sollecito recepimento dei primi, anche labili, segnali di crisi per porre in essere interventi efficaci ed efficienti sull’azienda e sull’impresa in funzione della continuità[31].

Entra (finalmente) in giuoco la tempestività come chiave di successo per una soluzione soddisfacente per tutti gli attori grazie a un investimento imposto non solo all’imprenditore ma anche al creditore.

Devono, infatti, “mettersi in giuoco”: il primo come imprenditore, lasciando da parte la reticenza, e il secondo come creditore, abbandonando atteggiamenti opportunistici finalizzati esclusivamente alla protezione dell’interesse individuale per il conseguimento del proprio tornaconto. Oggi il creditore, per gli interessi che ha nel mercato e, spesso, nello stesso settore di attività dell’impresa in crisi, non può permanere nel ruolo di mero antagonista del debitore, assumendo piuttosto una posizione di interlocutore, prima nella sollecitazione per l’accesso ad uno strumento compositivo e, dopo, nella redazione di un piano all’interno del quale i variegati interessi di tutti gli stakeholder trovino un’armonica e, quindi, sostenibile composizione.

In una crisi le relazioni devono, infatti, essere "rinegoziate", la situazione imponendo un cambio di ruolo ai soggetti direttamente o indirettamente colpiti.

Tali innovazioni, del resto, giungevano insieme agli input dell’Unione Europea[32] che prima aveva fatto conoscere il suo pensiero con la Raccomandazione della Commissione Europea 12 marzo 2014 n. 135 (Su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza)[33], poi con il Regolamento UE 848/2015 che ha sostituito il Reg. 1346/2000 (sui procedimenti d’insolvenza)[34] e, da ultimo, con la Direttiva UE 2019/1023 (Riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, e che modifica la direttiva 2012/30/UE )[35].

L’idea espressa nel 2014 dalla Commissione Europea che soltanto iniziative prese ai primi segnali di pericolo d’insolvenza possano condurre al successo, diminuendo i costi – vuoi del risanamento vuoi del processo – e velocizzando il ritorno all’equilibrio finanziario, veniva approfondita dalla Direttiva Insolvency. Quest’ultima assume l’allerta quale meccanismo sul quale costruire una rinnovata cultura della crisi privilegiando la continuità[36] o almeno consentendo, nei casi in cui questa non sia possibile, un accesso rapido ed agevole ad una procedura liquidativa, spogliata di ogni retaggio scriminatorio e indirizzata verso la discharge per una new fresh start[37].

La Direttiva muove da un sistema di allerta precoce (art.3) da declinarsi in meccanismi che scattino al momento del verificarsi di inadempimenti; con consulenza fornita da organizzazioni pubbliche e private; con incentivi per i creditori che collaborino; con strutture informative accessibili, anche a tutela dei lavoratori per i quali gli Stati possono creare supporti per valutare la situazione economica del debitore[38]. I meccanismi previsti sono svariati ma la Direttiva “li pretende di matrice essenzialmente volontaria”[39].

Si staglia all’orizzonte in primis un dovere per l’imprenditore (e per i dirigenti, art. 5 lett. b): precisamente l’obbligo di attivare un procedimento tempestivo di preinsolvenza per evitare la decozione. Tale dovere assume i connotati di una specificazione della due diligence che comporta la gestione corretta dell’impresa.

È in giuoco il confronto tra interesse dell’impresa alla riservatezza di notizie che possono nuocerle; interesse/diritto dell’imprenditore a scegliere quando e come affrontare la crisi; interesse degli stakeholders a non vedersi appesantiti oltre misura dai riflessi negativi della crisi.

Il legislatore Europeo vuole richiamare i principali protagonisti di una crisi – gestori, controllori e creditori - alle loro responsabilità e a tal fine utilizza strumenti diversamente affilati, collocati all’interno della fucina del sistema di Allerta. Nell’intento di agevolare la composizione della crisi, il Legislatore, inoltre, prevede “servizi di consulenza forniti da organizzazioni pubbliche o private” (art. 3, par.2, lett.b).

Quest’ultima previsione potrebbe richiamarci alla mente le disposizioni del Codice della Crisi in tema di OCRI (infra, par. 8), Organismo di composizione della crisi operante all’interno dell’allerta e deputato a ricoprire varie funzioni di diversa natura: da quella di recettore di notizie di crisi; a quella di facilitatore; sollecitatore; advisor; attestatore. Probabilmente, però, l’intendimento del Legislatore Europeo è diverso rispetto a quello del nostro Legislatore: quello cioè di limitare la funzione di un soggetto, espressione di organizzazioni pubbliche o private, a quella di consulente dell’imprenditore senza invece consegnare nelle sue mani un insieme di funzioni, costringendo nel contempo il debitore ad avvalersene.

Per quanto riguarda i segnali interni la Direttiva pare voler dire che questi non devono costituire un piano inclinato verso la pubblicità negativa dell’impresa bensì un momento in cui raccogliere informazioni consigliando o inducendo a comportamenti necessari/dovuti.

Il sistema si immagina composito e multilivello. La informazione è la pietra angolare della Direttiva, la quale ripartisce, per quanto riguarda l’allerta, gli oneri di comunicazione tra debitore-contabili-autorità fiscali e di sicurezza sociale. Destinatari delle informazioni devono essere soprattutto il debitore e i rappresentanti dei lavoratori. Questi ultimi – e la previsione conferma la visione sociale che il legislatore unionale vuole consegnare agli Stati membri – possono essere anche supportati, probabilmente dagli stessi organismi che forniscono consulenza, nella valutazione dello stato dell’impresa al fine di una più consapevole e informata contrattazione.

Dalla lettura dell’art. 3 della Direttiva ricaviamo però la percezione di un approccio all’allerta quasi di soft law. Nessun cenno a Giudici o Tribunali. Piuttosto un invito ad un’assunzione tempestiva di consapevolezza “attiva”, attraverso strumenti c.d. di allerta interna e di assistenza al debitore[40]. “Essa non ha invece lo scopo di forzare la mano al debitore rivelando la sua crisi anche a terzi”[41].

Sulla scia unionale (precisamente della proposta di Direttiva[42], atteso che la Direttiva è stata emanata successivamente al Codice della crisi), ma con piglio ben più “hard”, la disciplina delle misure di allerta[43] - elaborata in prima battuta dai lavori della Commissione Rordorf e redatta poi secondo i principi contenuti nella L. delega 155/2017 - viene introdotta nel CCII del quale costituisce l’asse portante[44].

 

3. I principi dell’allerta nel Codice della Crisi

Con gli artt. 12-15 del Codice della crisi[45]  fa, dunque, ingresso nel nostro Ordinamento un “sistema di allerta” che costituisce un sensibile cambiamento per tutte le imprese: piccole - “compatibilmente con la loro struttura organizzativa” -, medie, imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa con esclusione delle grandi imprese, dei grandi gruppi, delle s.p.a. con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevantee di quelle quotate in sistemi multilaterali di negoziazione, soggetti ad autorizzazione della Consob[46].

La disciplina dell’allerta codicistica è in linea con la cultura del momento che, a fronte dell’insuccesso di molte procedure preventive - perché tutti i tentativi di spingere le imprese verso un outing tempestivo erano risultati vani - avendo  partorito una totale sfiducia verso comportamenti virtuosi, spingeva verso una disciplina che, senza attribuire l’iniziativa per la domanda di una procedura preventiva ai creditori, in presenza di segnali di pericolo di insolvenza, immettesse l’impresa anche obtorto collo in un terreno  che la facesse approdare o a una soluzione o al fallimento. 

Per comprenderne l’impalcatura è necessario leggerla partendo dagli artt. 3 e 4, nei quali il Codice della crisi fissa i doveri – i comportamenti – che debitore e creditori, nell’ambito della tutela dei propri diritti, devono tenere e precisamente il primo con riferimento all’organizzazione dell’attività ed entrambi rispetto alla gestione della crisi[47].

Per rendere effettiva la tempestività l’art. 3 pone, come strumento di vertice, l’organizzazione interna dell’impresa, mentre l’art. 4 inserisce, quali valvole di sicurezza del sistema, i canoni civilistici comportamentali – buona fede e correttezza – declinandoli in un onere informativo completo, veritiero, trasparente  e funzionale allo strumento concorsuale prescelto e in un dovere di “iniziativa/azione” rapida e funzionale alla realizzazione dell’obbiettivo di regolamentazione della crisi nell’interesse “prioritario” dei creditori. Nessuno dei requisiti, sopra citati, ai quali il comportamento delle parti deve rispondere deve ritorcersi a pregiudizio né del debitore, né dei creditori.

La tempestività non è compatibile con iniziative affrettate o abusive[48]; l’informazione non può risolversi in un pregiudizio per l’impresa, diffondendo i creditori le notizie apprese in via riservata; la riservatezza – che peraltro costituisce uno dei punti nodali del Codice della crisi[49] - non deve condurre al rifiuto di condivisione di dati importanti; la collaborazione con le autorità non deve significare “accanimento”. Insomma, ciascuna delle parti deve operare all’interno dei binari della buona fede e della correttezza, debitore e creditori dovendo avere come obbiettivo la tutela prioritaria del credito e dell’impresa, nella consapevolezza che il danneggiamento dell’uno determina un danno per l’altra e viceversa.

All’interno di questo solco, si staglia all’orizzonte per l’imprenditore il dovere “princeps” o, come è stato scritto[50],“l’elemento cromosomico dell’allerta”: l’attivazione di un procedimento tempestivo di preinsolvenza.

Tale dovere assume i connotati di una specificazione della due diligence che comporta la gestione corretta dell’impresa. Siamo dinanzi a un comportamento imposto dalla legge a chi gestisce e che deve fare i conti con la business judgement rule riconosciuta nella fase “sana” dell’impresa[51].

Se non si può evitare – come gli aziendalisti ci insegnano[52] – che un’impresa vada in crisi, si può in molti casi evitare la sua distruzione favorendo una ristrutturazione precoce[53]. Come? L’idea di fondo che anima il Legislatore si dipana attorno alla predisposizione di un monitoraggio continuo sia sui risultati di gestione – al quale non sfugge neppure (ai sensi dell’art. 3 CCII) l’imprenditore individuale -, sia sull’adempimento delle obbligazioni,  per il quale è previsto il coinvolgimento di soggetti interni ed esterni[54] che, dotati di informazioni rilevanti circa l’esistenza di uno stato di disagio, finanziario o economico, dell’impresa inducano verso l’assunzione di decisioni tempestive per risolverlo. In effetti – come è stato scritto – siamo dinanzi a “una valutazione dello strumentario giuridico da adottare per la tutela dei creditori condotta con gli occhiali dell’utilità pratica e della ragionevolezza economica delle soluzioni, anziché con quelli della necessaria fedeltà a modelli giurisdizionali tradizionali”[55].

 

4. La creazione di una rete di monitoraggio e di impulso.

Con il CCII assistiamo alla creazione, ora in tutte le imprese - individuali societarie, commerciali e no, e anche in quelle non formalmente imprenditoriali (associazioni, fondazioni e consorzi che esercitano un’impresa)[56], - diuna rete di monitoraggio per l’esatta e immediata rilevazione dei segnali di crisi[57] e di conseguente impulso per l’assunzione di rapide decisioni sul metodo per superare le difficoltà. Si tratta di “una crescita culturale”[58], di un metodo, per seguire le vicende della gestione e delle obbligazioni in corso, che non è lasciato alla discrezionalità né dell’imprenditore, né dei creditori (in particolare dei creditori pubblici qualificati) perché è ad essi imposto.

Agli organi interni dell’impresa, - e in primis agli amministratori - sui quali  incombe – essendo “il cuore della funzione gestoria”[59] - la creazione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati[60] e il monitoraggio  incessante sulla loro conformazione e funzione nonché sulla plastica permanente corrispondenza alla dimensione e alle esigenze gestionali, spetta il compito di cogliere ogni sintomo di malfunzionamento, di disagio economico, finanziario o patrimoniale, mentre ai creditori qualificati, quali soggetti esterni ma pur collegati all’attività, vigilando sullo stato delle obbligazioni facenti capo all’impresa, spetta quello di denunciare tempestivamente agli amministratori ritardi significativi negli adempimenti[61] provocando una loro attivazione.

La rete ha però l’ulteriore funzione di impulso – che costituisce in definitiva l’essenza dell’allerta – dovendo l’organo amministrativo, recepite le segnalazioni, attivarsi immediatamente e, allora, scegliere il percorso ritenuto più adeguato alla dimensione e natura della crisi, altrimenti innescandosi un meccanismo che spingerà l’impresa verso una composizione assistita “indotta” o, altrimenti, verso la liquidazione giudiziale per la quale anche l’organo di controllo detiene la legittimazione alla richiesta.

L’istituzione del sistema di allerta non comporta, quindi, soltanto prescrizioni, organizzative e comportamentali, alle quali l’impresa debba attenersi una volta emersi alcuni segnali di difficoltà.

L’impostazione del CCII è molto più elaborata muovendo da un palinsesto che, a prescindere dalla situazione nella quale l’impresa potrà trovarsi durante la sua vita, deve partire da una base organizzativa (l’assetto) stabilmente adeguata vuoi per la gestione corrente, vuoi per intercettare senza ritardi la crisi. L’imprenditore, sia esso individuale o collettivo, deve continuativamente monitorare lo stato dell’impresa, e al fine deve organizzare il processo di rilevamento.

Se l’assunzione di misure per seguire l’andamento dell’impresa, e quindi anche dell’emersione della crisi, costituisce obbligo rilevabile già dalla disciplina civilistica dell’impresa – a tal fine non è inutile ricordare che l’impresa è attività economica organizzata – il CCII interviene (art. 3 e 12) a specificare questa base normativa con l’indicazione: 1) degli amministratori come organo sul quale grava l’istituzione degli assetti e la valutazione costante dell’equilibrio finanziario; 2) dei sindaci e dei revisori come organi di controllo (art. 14 CCII) sui quali ricade, in primo luogo, la verifica continua: a) del corretto espletamento degli obblighi di cui sopra da parte degli amministratori; b) della sussistenza dell’equilibrio economico-finanziario, del prevedibile andamento della gestione e dell’assunzione delle misure idonee da parte dell’organo amministrativo e, in secondo luogo, c) l’obbligo di segnalazione agli stessi amministratori dei rilevati fondati indizi di crisi affinché assumano le misure necessarie e il collegato riconoscimento della legittimazione all’iniziativa per la richiesta della liquidazione giudiziale.

Non è, così, sufficiente predisporre assetti adeguati e, neppure, monitorare sull’andamento gestionale, essendo queste due fasi propedeutiche e inscindibilmente legate all’assunzione di iniziative idonee a rimuovere la crisi salvaguardando la continuità aziendale.

Di conseguenza, il CCII introduce, innanzi tutto, rilevanti modifiche al Codice Civile (art. 2086). In primo piano vi è, così, l’obbligo - che si dirige all’imprenditore in quanto tale e non in quanto debitore - di adottare assetti organizzativi[62], amministrativi e contabili[63]  (art. 12, comma 1, CCII e art. 2086 c.c.) adeguati a monitorare, ed eventualmente, rilevare situazioni patologiche che potrebbero sfociare anche nella crisi dell’impresa.

Fulcro di questa parte della disciplina diventa l’art. 2086 - la cui rubrica è stata peraltro ridenominata da “Direzione e gerarchia dell’impresa” a “Gestione dell’impresa” - che da mera regola “gerarchica” dell’imprenditore individuale (qual è oggi) diventa il parametro di riferimento per tutte le imprese, anche societarie, in ordine all’approntamento del più adeguato assetto organizzativo allo scopo di rilevare precocemente i segnali di crisi e di porvi tempestivo rimedio[64]. In particolare, è un dovere che ricade sull’organo amministrativo (art. 375)[65] perciò responsabile sia verso la stessa impresa che verso tutti gli stakeholder.

Tutti i processi organizzativi, amministrativi e contabili devono essere documentati in modo da offrire: 1) informazione completa circa le modalità operative delle attività svolte; 2) trasparenza sui ruoli di coloro che operano a monte e a valle, evitando la personalizzazione delle modalità operative di chi interviene nel processo; 3) chiarezza circa il sistema di responsabilità (in primis relativa al processo stesso).

Segnalo che la regola di dotarsi di un adeguato assetto organizzativo già regge l’intera disciplina delle s.p.a. (v. art. 2381, comma 5), essendo espressione del generale principio di corretta amministrazione (art. 2381, comma 3), valevole per tutte le forme gestorie.

La creazione di un adeguato assetto non solo organizzativo, ma anche amministrativo e contabile costituisce il primo step verso una tempestiva allerta.

Non vi è, però, un modello di assetto organizzativo valido e applicabile a ogni impresa. Sarà lo statuto e poi l’intervento degli organi gestori competenti a deciderne i profili plasmandoli alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Deve trattarsi di assetti funzionali non solo ad una coerente gestione attiva ma anche al monitoraggio continuo sulla prospettiva di continuità e alla rilevazione delle difficoltà finanziarie e/o economiche che possono insorgere in un qualsiasi momento della vita dell’impresa.

Sul tema della adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi entra lo Schema di d.lgs. per la modifica del CCII in recepimento della Direttiva Insolvency fornendo un contenuto funzionale all’apparato – composto da misure e assetti (art. 2 che sostituisce l’art. 3 CCII) - per cogliere i primi segnali di crisi. Mentre le misure rinviano a un facere dell’imprenditore individuale senza specificazione di contenuto – non si vuole appesantire l’organizzazione e i costi di una struttura individuale - ma comunque con indicazioni di funzionalità, gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili competono all’imprenditore collettivo.

In ogni modo, come dicevo, sia le misure che gli assetti devono essere in grado, in primo luogo, di rilevare per tempo gli “squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario”. Tale rilevazione deve però essere interpretata tenendo conto delle caratteristiche dell’attività svolta (la dimensione, il settore di mercato interno e internazionale e l’oggetto). In secondo luogo, misure e assetti devono consentire il monitoraggio (e quindi la verifica) della non sostenibilità dei debiti e l’assenza di continuità aziendale per i dodici mesi successivi nonché specifici segnali di allarme (debiti e esposizioni di cui diremo). Da ultimo le misure e gli assetti devono essere collettori di informazioni che possano essere prontamente estratte per seguire la lista di controllo ed effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.

Come dicevo, gli indicatori vengono sostituiti dai “segnali di allarme”, luci rosse alla cui accensione devono essere “interpretate” per assumere le idonee iniziative. Misure e assetti hanno tra i banchi di prova per testare la loro idoneità e adeguatezza questi segnali di allarme. Si riveleranno all’altezza del loro compito se riusciranno a captarli prontamente.

Tali segnali hanno ad oggetto debiti con particolare valenza sociale o imprenditoriale e esposizioni verso creditori qualificati.

Si tratta di “debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni” o di “debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti”.

Le esposizioni considerate sono quelle “nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento totale delle esposizioni”.

L’operato degli amministratori (anche) rispetto a queste incombenze è posto sotto l’osservazione degli organi di controllo che diventa – pena una sanzione per omesso intervento – il primo pungolatore dell’organo gestorio giungendo a poter assumere funzione interlocutoria (in particolare con l’Organismo di gestione della crisi - OCRI) o addirittura attiva rispetto all’iniziativa per la liquidazione giudiziale.

Siccome la crisi sta sempre “dietro l’angolo”, la legge impone di squadrare la governance in prospettiva, predisponendola alla rilevazione e all’adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti per il superamento della crisi e il recupero della concorrenzialità. Così procedendo il diritto societario viene saldato con il diritto della crisi.

Lo stesso obbligo, in punto di monitoraggio e non di predisposizione e cura, ricade già oggi sul collegio sindacale in base al chiaro disposto dell’art. 2403 (“vigila… sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento”).

Su quale filo si muove il Collegio sindacale? Sui principi di revisione per quanto concerne la verifica della tenuta della contabilità; sui Principi di comportamento che il Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti ed Esperti contabili (n.11) hanno tracciato in relazione ai comportamenti che i sindaci delle società non quotate devono assumere nelle situazioni di crisi; sul principio contabile nazionale OIC 6 che mette l’accento sulla centralità di una compiuta informativa di bilancio nell’ambito di operazioni finalizzate alla ristrutturazione dei debiti[66].

L’art. 14 del CCII lo ribadisce prevedendo l’obbligo a carico degli Organi di controllo societario e della società di revisione, “ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni (…) di verificare che l’Organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi”.

In caso di omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie, i predetti soggetti informano senza indugio l’Organismo di composizione della crisi d’impresa (OCRI) (art. 14, co.2, CCII).

Quando scatti questa situazione, vuoi i sindaci, vuoi i revisori sono esonerati dall’obbligo di segretezza. Il d.lgs. 147/2020 ha, così, integrato l’art. 14 CCII, aggiungendo un capoverso al II comma: l’informazione e il coordinamento dell’azione devono cedere dinanzi al riserbo disponendo che quale dei due organi di controllo (sindaci o revisori) effettui la segnalazione agli amministratori deve tempestivamente informare l’altro per evitare, appunto, il rischio di una doppia segnalazione.

 

5. Gli indicatori e gli indicidella crisi.

Alla previsione circa l’obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati si collegano gli “Indicatori della crisi” di cui al 1° comma dell’art. 13.  Questi consistono in squilibri di natura finanziaria, reddituale o patrimoniale, - parametrati alle peculiari caratteristiche dell’impresa nonché alla data di costituzione e di inizio dell’attività - che rivelano la non sostenibilità della debitoria (la norma parla di “ritardi reiterati e significativi”) per almeno i sei mesi successivi e l’assenza di prospettive di continuità  aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi[67]. Per “cogliere e misurare” la crisi giuocano un ruolo essenziale “gli indici”:tra questi assumono peculiare importanza quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che possono essere generati dall’impresa e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli dei terzi.

Essi consentono di percepire in tempo utile l’emersione della crisi e, quindi, assumendo tempestivamente le misure idonee, di preservare le imprese in difficoltà dall’insolven­za che potrebbe svilupparsi nei successivi sei mesi se non fossero assunti correttivi.

A ciascun personaggio della crisi propri indicatori. Il legislatore vuole coinvolgere i principali protagonisti di una crisi e a tal fine utilizza strumenti diversamente affilati, collocati all’interno della fucina del sistema di Allerta. Così ai gestori, controllori e creditori spettano strumenti rilevatori di tipo e natura diversi.

Essi consistono (secondo le indicazioni dell’art. 13, comma 1) in situazioni sintomatiche di una crisi e sono identificati dal CNDCEC: a) nell’assenza della sostenibilità del debito nei successivi sei mesi; b) nel pregiudizio per la continuità aziendale nell’esercizio in corso o quanto meno per i sei mesi di durata residua; c) nella presenza di ritardi reiterati e significativi nei pagamenti, avendo anche riguardo ai limiti posti ai fini delle misure premiali dall’art. 24 CCI[68]

Perché l’attività di monitoraggio sia efficace occorre però determinare la casistica di fattori (indici e coefficienti) quali-quantitativi da monitorare, idonei a far emergere i sintomi di una eventuale crisi e/o la perdita della continuità aziendale.

Per le piccole-medie imprese soltanto, - nelle quali i soci non devono interferire sull’assetto organizzativo - è consentita una minore formalizzazione degli assetti organizzativi sia in termini numerici che in considerazione della tipologia di attività e quantità di persone coinvolte.

Tali indici e coefficienti – la cui elaborazione, rispettosa delle diverse tipologie di imprese, con cadenza almeno triennale, è affidata al Consiglio nazionale Dottori commercialisti e esperti contabili - hanno, così, la funzione di anticipare l’intervento sulla impresa in crisi, ma non ancora insolvente.

Nel settembre 2019 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha reso noto un documento contenente una prima elaborazione degli indicatori di squilibri economici, patrimoniali e finanziari[69].

In esso risultano:

1) il patrimonio netto negativo;

2) il Debt service coverage ratio (DSCR) che esprime la sostenibilità a sei mesi dei debiti, tenendo conto del rapporto tra flussi di cassa in uscita per pagamento di debiti bancari e in entrataal netto delle imposte a sei mesi;

3)l’indice di sostenibilità degli oneri finanziari in termini di rapporto tra gli oneri 
finanziari ed il fatturato;

4) l’indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;

5) l’indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo;

6) l’indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;

7) l’indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.

Vengono quindi elaborati indici specifici: 1) per le imprese costituite da meno di due anni (ove si considera il solo patrimonio netto negativo); 2) per le imprese in liquidazione (viene considerato il «rapporto tra il valore di realizzo dell’attivo liquidabile e il debito complessivo della società», oltre che alla «presenza di reiterati e significativi ritardi nei pagamenti o di un DSCR inferiore ad 1»); 3) per le start-up e le PMI innovative (essendo presente un alto profilo di rischio, viene adottato il ricorso al DSCR tenendo conto del «fabbisogno finanziario minimo per la prosecuzione dell’attività di studio e sviluppo del progetto») e, infine, 4) per le cooperative ed i consorzi.

In ogni modo il CCII riconosce l’autonomia della singola impresa che ben può discostarsi dagli indicatori elaborati dal CNDCEC per adottare quelli che ritenga più conformi alle proprie dimensioni e peculiarità purché vi sia l’attestazione di un professionista indipendente e ne sia fatta menzione nella nota integrativa al bilancio. Tale attestazione allegata al bilancio non deve essere rinnovata annualmente - a meno che i parametri standardizzati non risultino inattuali fin da subito[70] perché la norma (art. 13), incisa dal d. Lgs. n. 147/2020, prevede che produca i propri effetti non solo per l'esercizio successivo a quello al quale il documento contabile si riferisce (come la lettera della legge potrebbe indurre a pensare), ma “a decorrere dall'esercizio successivo”. Per quanto ovvio l'attestazione dovrà essere rinnovata in presenza di un cambiamento delle circostanze virgola per cui essa risulti adeguata allo scopo.

 

6. La crisi.

L’individuazione del momento in cui l’impresa entra in crisi e la definizione di tale concetto diventano necessarie per assicurare l’efficace operatività pratica dell’istituto di allerta (l’art.14, I co., CCII fa riferimento ai “fondati indizi di crisi”) [71].

L’accesso a uno degli strumenti (compositivi e liquidativi) disciplinati dal CCII suppone l’esistenza o di uno stato di crisi, inteso quale “squilibrio economico finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate” (art. 2, comma 1, lett. a)[72]  o di uno stato d’insolvenza, che vede come sua espressione inequivocabile l’ impotenza irreversibile a far fronte alle obbligazioni, secondo la sedimentata definizione dell’art. 5 l.fall. ripresa pedissequamente dall’ art. 2, comma 1, lett. b), CCII.

Di quale crisi deve trattarsi? Sappiamo, infatti, che la crisi, sotto il profilo strettamente terminologico corrisponde a una perturbazione o improvvisa modificazione di un’attività economica organizzata, prodotta da possibili molteplici cause, concomitanti o meno, ora interne al singolo organismo, ora esterne, ma in ogni caso capaci di minarne l’esistenza o la continuità.

Diversa può essere la causa della crisi, diverso può essere il settore in cui si manifesta, diversa può esserne la dimensione, diversi i suoi stadi. La crisi è, infatti, un fenomeno economico a fattori variabili: può essere esogena o endogena, a seconda che la sua matrice sia rinvenibile principalmente all’esterno (nel sistema d’imprese, nella contingenza politico-economica nazionale o anche internazionale, ecc.) o, invece, all’interno dell’impresa; può essere finanziaria o economica, a seconda che sveli una problematica relativa soltanto ai rapporti di debito credito o, invece, investa la stessa collocazione dell’impresa sul mercato; può essere reversibile o irreversibile, a seconda della prognosi che può essere formulata, una volta compiuta l’analisi sulla situazione economica e su quella finanziaria dell’organismo produttivo.

Mentre sul piano economico si può avere crisi anche quando l’equilibrio relativo ad uno dei diversi referenti dell’attività (lavoratori, finanziatori, fornitori, ecc.) si interrompe, sia pure soltanto momentaneamente, sul piano giuridico la crisi trova attenzione da parte del legislatore – almeno fino ad oggi – quando si manifesta, mostrando l’impresa in una situazione d’impotenza rispetto ai creditori. Non si tratta più, in questo caso, di una crisi nell’impresa, ma di crisi dell’impresa, la fattispecie ponendo allora problemi di sopravvivenza della stessa attività.

Fino ad oggi la legge non definiva lo stato di crisi che allora poteva identificarsi anche con lo stato d’insolvenza (come la stessa norma stabilisce all’art. 160 l. fall. ultimo comma), oppure risolversi in una crisi di liquidità o, invece, in una crisi economica.

Alla luce di tale vaghezza era consentito l’utilizzo degli strumenti, che si basano su questo presupposto oggettivo, a imprese che si trovavano in momenti e situazioni differenti di crisi, più o meno radicata, più o meno grave, sicuramente a varia tipologia. Il legislatore aveva posto come presupposto oggettivo, infatti, un “contenitore” capace di comprendere situazioni diverse per gravità e natura. Crisi non sarebbe, così, identificabile in via esclusiva né con “stato d’insolvenza”, né con “temporanea difficoltà” perché essa comprenderebbe tali stati senza, tuttavia, esaurirsi in essi.

 In questo contenitore rappresentato dalla “crisi”, trovava spazio anche il pericolo d’insolvenza che costituisce l’unica situazione a fronte della quale l’introduzione di una procedura preventiva sarebbe veramente tempestiva. Il tutto, fino a ieri, era rimesso all’imprenditore che, conoscendo, prima e meglio di chiunque altro, la situazione della sua impresa, poteva decidere quando intervenire e come intervenire (dal piano attestato, all’accordo di ristrutturazione, al concordato preventivo, tutti gli strumenti concorsuali compositivi erano e sono nell’esclusiva disponibilità dell’imprenditore) a meno non vi fosse insolvenza irreversibile che, impattando sull’utilità sociale, apre alla legittimazione anche di soggetti diversi per la domanda della procedura liquidativa satisfattiva.

Il legislatore non aveva affrontato ancora l’individuazione di indici segnaletici della presenza di una situazione di squilibrio economico-finanziario investendo, in queste ipotesi, gli organi di controllo di una funzione attiva di stimolo e di iniziativa, né aveva ampliato il ruolo dei creditori – almeno di quelli aventi particolare collocazione sociale.

Con l’introduzione del sistema di allerta, l’idea (centrale) pareva essere quella di volere stimolare l’impresa verso uno strumento per la continuità ad uno stadio in cui vi fosse al più il pericolo d’insolvenza.

L’esordio della definizione (art. 2, comma 1, lett. a), CCII) si riferisce, però, a uno stato di “tensione” che tuttavia non si declina esclusivamente sul piano finanziario agganciandosi invece a una difficoltà economica che potrebbe essere la causa di un prospettico declino dell’impresa. La seconda parte della definizione da ragione di questa interpretazione perché introduce un’immagine di manifestazione di stato d’insolvenza - conservando la descrizione del Legislatore del 1942[73], -quale quella che si esprime nell’incapacità a far fronte agli impegni assunti vista la difficoltà economica dell’impresa e, conseguentemente, l’inadeguatezza dei flussi di cassa. In realtà allora la nozione di crisi introdotta dal Codice e che costituisce la molla dell’allerta, vede come sua componente – esattamente come recita l’ultimo comma dell’art. 160 l.fall. – lo stato d’insolvenza. L’immagine che esce dalla definizione di stato di crisi è, dunque, quella di un’impresa sull’orlo dell’insolvenza, di questa sussistendo tutti gli elementi.

Se già sotto questo aspetto pare poter scricchiolare l’efficacia dello strumento dell’allerta, dove il legislatore conferma l’impostazione e con la fissazione degli indicatori della crisi, ponendoci di fatto dinanzi a situazioni sintomatiche dello stato d’insolvenza. Dinanzi a questa scelta pare sgretolarsi di colpo il target della tempestività[74].           

       Lo schema di d.lgs. per la modifica del CCII in attuazione della Direttiva Insolvency (art. 1, intervenendo sull’art. 2, comma 1, del CCII) non “nomina” più la crisi “stato di difficoltà economico-finanziaria”. La crisi è uno stato “particolare” del debitore. Si manifesta quando in prospettiva i flussi di cassa si rivelano inadeguati a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi. In questa ottica, l’incapacità ad adempiere con quanto l’impresa produce - prospetticamente valutata in un arco temporale di dodici mesi - rivela una probabilità d’insolvenza. I debiti, le esposizioni nei confronti di banche e intermediari finanziari e le esposizioni debitorie nei confronti dei creduitori pubblici qualificati vengono assunti come indicatori significativi della crisi (“segnali di allarme” ex art. 3 dello Schema di d.lgs.).

In questa nozione di crisi viene calata la disciplina dei quadri di ristrutturazione preventiva.

 

7. Il coinvolgimento dei creditori pubblici qualificati.

Anche i creditori – come dicevo – sono coinvolti perché diano il loro contributo all’emersione tempestiva della crisi. Non tutti però sono chiamati a un impegno di monitoraggio e di disclosure: soltanto certi selezionati creditori qualificati devono attivarsi e in presenza del perdurare di inadempimenti di importo rilevante[75].

Tra questi rientrano l‘Agenzia delle Entrate, l’Istituto nazionale della previdenza sociale e l’Agente della Riscossione che hanno l’obbligo, per i primi due soggetti a pena di inefficacia del titolo di prelazione spettante sui crediti dei quali sono titolari, per il terzo a pena di inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione, di segnalare[76]  al  debitore che l’esposizione debitoria ha superato l’importo rilevante per come individuato dalla legge.

Se entro novanta giorni dalla ricezione dell’avviso egli non avrà estinto o altrimenti regolarizzato per intero il proprio debito con le modalità previste dalla legge o non avrà presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, essi ne faranno segnalazione all’OCRI (Organismo di Composizione della Crisi di Impresa).

Tali soggetti si muovono sulla base di elementi da monitorare e di soglie di attenzione. Oggetto del loro monitoraggio è il livello di indebitamento dell’impresa (di tutte le imprese) sul quale devono informare imprenditori, organi di gestione e di controllo[77]. La segnalazione è, nel primo stadio, all’interno dell’impresa per passare, in difetto di attivazione dell’organo deputato a gestire anche la crisi, a comunicare la situazione di inadempienza grave all’OCRI.

Si tratta di un obbligo di avviso e segnalazione particolarmente incisivo - “un detonatore inedito”[78] che determina in caso di inosservanza una sanzione per il creditore - con il quale il Legislatore del Codice della crisi intendeva costruire “una solidarietà per raggiungere un risultato utile per le parti e per tutti gli stakeholder”[79].

In questo senso il ruolo dei creditori pubblici qualificati riveste importanza estrema per due motivi. In primo luogo, è noto che le imprese dinanzi alle prime difficoltà si finanziano sospendendo i pagamenti dovuti nei confronti di questi enti che così nelle procedure vantano per lo più importi cospicui. In secondo luogo, sia la natura che l’oggetto della loro attività che li investe di una funzione socialmente rilevante, impongono una loro contributo attivo nell’emersione tempestiva della crisi.

Come si può interpretare il coinvolgimento dei creditori? Con l’allerta il creditore può spingere il debitore verso una scelta tempestiva della migliore soluzione poiché "il debitore in uno stato di insolvenza ha uno stimolo economico ad adottare decisioni che non si allineano con l’obiettivo di mantenere il valore dell’organizzazione"[80].

Il coinvolgimento dei creditori, come il sistema dell’allerta in generale, può essere considerato, da un lato, come uno strumento in qualche modo coercitivo della volontà dell’imprenditore, “avventurandosi sui sentieri impervi della difficile convivenza tra libertà d’impresa e tutela degli interessi collettivi”[81]. Dall’altro lato però il Codice della crisi intende prendere posizione anche nei confronti degli stessi creditori, cercando di colpire la loro usuale inerzia o comunque ritardo “con cui tutelano in sede giurisdizionale il proprio credito -come attestato: da un lato, dagli importi milionari dei crediti per i quali questi si insinuano nei passivi dei fallimenti; dall’altro, dalla (quasi) assenza di istanze di fallimento proposte da tali soggetti che pur hanno tutti gli strumenti per rilevare il crescere del debito e l’avviarsi verso lo stato di crisi dell’imprenditore“[82]. Nessun premio, però, se si attivano mentre la loro latitanza opportunistica viene sanzionata con la perdita del privilegio e per l’agente per la riscossione con la perdita dei diritti per l’attività di riscossione[83].

Ciò conferma che il Codice della crisi intendeva proporre un salto culturale: l’impresa come organizzazione di beni, contratti e persone costituisce un valore socialmente rilevante che giustifica, proprio alla luce dell’art. 41 Cost., la limitazione della libertà dell’imprenditore che nella situazione di crisi incipiente deve essere orientato, quando non ne sia capace autonomamente, verso l’assunzione di decisioni che possano condurre al risanamento dell’attività che “risponde olisticamente all’interesse generale dell’economia e del mercato”[84]. Il presidio sugli assetti e sulla continuità seguito dalla partecipazione di tutti per far emergere la crisi può determinare fiducia nel mercato e nei finanziatori.

 

8. L’Organismo di composizione della crisi (Ocri).

Nell’intento di agevolare la composizione della crisi, il Codice, inoltre, pone sullo sfondo un soggetto, che già aveva fatto, se pur con altre sembianze e poteri diversi[85], la sua comparsa nel nostro Ordinamento per mano del Legislatore delle procedure da sovraindebitamento: si tratta dell’OCRI, deputato a ricoprire varie funzioni di diversa natura: da quella di recettore di notizie di crisi; a quella di facilitatore, di advisor, di attestatore[86], di istruttore nel procedimento di composizione assistita, ecc.

L’OCRI è il destinatario ultimo o eventuale delle informazioni circa i segnali di crisi affinché, chiamato in causa direttamente dall’imprenditore o dagli organi di controllo, o, in assenza di attivazione da parte degli amministratori, da chi ha aperto l’allerta, prenda in mano il timone della vicenda. L’Organismo agisce su sollecitazione per porre rimedio alla crisi[87]. Non può agire di propria iniziativa.

L’OCRI è istituito presso ciascuna Camera di commercio, viene organizzato nell’Ufficio del Referente (nella persona del Segretario della CCIAA o di un suo delegato), che ne è il responsabile. Tale Ufficio è costituito dalla singola CCIAA per gestire le attività: 1) di nomina del Collegio di esperti, “braccio armato dell’organismo”[88]; 2) di secretazione dei dati e i flussi informativi con i Collegi e ha il compito di assicurare la tempestività del procedimento e il rispetto degli adempimenti e dei termini.

Il Collegio deve essere composto rapidamente (entro tre giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta) e deve essere formato, “secondo criteri di trasparenza e efficienza, tenuto conto, in ogni caso della specificità dell’incarico”, da tre esperti, designati – tra gli iscritti all’istituendo albo di professionisti di nomina giudiziale (“Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di cui al codice della crisi e dell’insolvenza”) – uno dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale competente in base alla sede legale dell’impresa (o da un suo delegato), uno dal presidente della CCIAA e uno designato dall’associazione rappresentativa del settore di riferimento del debitore, scegliendo tra tre nominativi indicati dal medesimo debitore al referente (art. 17 CCI)[89].

Scopo della previsione di questa composizione eterogenea sarebbe quello di assicurare una multiprofessionalità del collegio attesi i compiti di redazione della relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa nonché dell’elenco dei creditori e titolari di diritti reali o personali, ovvero dell’attestazione di veridicità dei dati aziendali su richiesta del debitore quando questi intenda accedere agli accordi di ristrutturazione o al concordato preventivo.

Insomma, l’OCRI è un organismo professionale pubblico (non giudiziario) terzo, “ chiamato a fungere da collettore delle segnalazioni del malessere economico o finanziario dell’impresa provenienti da soggetti qualificati, di analizzarne rapidamente le cause ed individuare insieme all’imprenditore possibili soluzioni, nonché di fornire a quest’ultimo l’ausilio per addivenire ad una composizione assistita della crisi, attraverso negoziati con tutti o anche solo alcuni dei creditori ovvero, in mancanza, di indirizzarlo verso le procedure concorsuali allestite dall’ordinamento per far fronte alla crisi o all’insolvenza”[90].

Emerge la figura di un soggetto polivalente sulla cui efficacia e efficienza sono stati avanzati consistenti dubbi[91].

L’OCRI non è, però, soltanto un interlocutore dal quale si pretende una particolare esperienza professionale e al quale sono demandati svariati, difficili e diversificati compiti[92].  La vera ossatura dell'OCRI è (…) costituita dall'autoregolamentazione che dovranno principalmente darsi gli Organismi. Ci si riferisce al corpo delle policy, delle regole, delle procedure anche informatiche e delle best practice di comportamento che dovranno essere definite per assicurare la riservatezza e confidenzialità delle informazioni, la gestione delle stesse, l'adeguata composizione dei collegi, il trattamento efficace delle pratiche”[93]

Appare – e anche questa vorrebbe essere una svolta culturale – la figura del mediatore/facilitatore (una sorta di “mediatore attivo tra le parti”[94]) al fine di realizzare una composizione “precoce”, denominata in ragione di questa assistenza, “composizione assistita”. La finalità del “processo” di allerta, all’interno del quale è prevista la figura dell’OCRI, sarebbe, infatti, quella di “creare un ambito confidenziale, ma professionalmente qualificato, di confronto tra i contrapposti (e non necessariamente divergenti) interessi del debitore (nonché degli eventuali organi societari di controllo) e dei creditori, evitando una negoziazione tardiva, improvvisata o solitaria dell’imprenditore, il tutto in vista di un risultato possibilmente risanatorio, ma comunque di più ordinata ed efficiente regolazione della crisi”[95].

Nel caso in cui non individui però misure idonee a superare la crisi e attesti lo stato d’insolvenza, ne deve dare “notizia al Pubblico Ministero presso il tribunale del luogo in cui il debitore ha sede, ai fini del tempestivo accertamento dell’insolvenza medesima”.

Se questo era l’obbiettivo che ha indirizzato la penna del Legislatore non possiamo tuttavia tacere circa lo strappo che potrebbe prodursi una volta in sede di applicazione della norma. Come è stato osservato il disegno sopra raffigurato supporrebbe una vicinanza dell’OCRI all’impresa affinché il dialogo potesse essere effettivamente continuo ed efficace. In verità così probabilmente non potrebbe essere, visto che le CCIAA sono presenti sul territorio nazionale in numero di 60; “sicché, ad onta del criterio di maggiore prossimità delle procedure di allerta (che aveva giustificato la diversità del criterio di competenza della sede legale rispetto a quello giurisdizionale del “centro principale degli interessi del debitore” – COMI ex art. 2, comma 1, lett. m) CCII), esse sono destinate a svolgersi presso autorità amministrative di prossimità addirittura inferiore a quella delle autorità giurisdizionali”[96]. Ma ciò non è tutto e non è neppure l’aspetto più discutibile.

A ciò si deve aggiungere che vasta è la platea di imprese che potrebbero ricorrere a OCRI in quanto gli strumenti di allerta si applicano a tutti gli imprenditori commerciali (individuali e societari di piccola e media dimensione) con l’esclusione delle grandi imprese; dei gruppi di rilevante dimensione; delle società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante, “secondo i criteri stabiliti dal regolamento della Consob concernente la disciplina degli emittenti” (art. 12, comma 4, CCII); imprese assoggettate in via esclusiva alla l.c.a. (banche, assicurazioni, S.i.m.; imprese di intermediazione finanziaria; istituti di moneta elettronica e di pagamento; fondi comuni di investimento; fondazioni bancarie; cassa depositi e prestiti; fondi pensione; società fiduciarie e di revisione). Per le imprese minori o agricole che rientrano nel perimetro delle procedure da sovraindebitamento, competente per l’allerta sarà l’OCC anziché l’OCRI. Ciò lascia ipotizzare un affollamento di procedure difficilmente smaltibile in tempi brevi[97] con l’impossibilità conseguente di rendere un efficace ed efficiente servizio alle imprese in crisi, disattendendo quindi l’idea centrale del Codice.

 

9. Le responsabilità degli organi societari.

Il Legislatore disegna norme comportamentali dell’imprenditore e degli organi societari che, se disattese, fanno scattare responsabilità. Il nuovo ruolo che ricoprono i controlli interni da parte dei collegi sindacali e dei revisori ha un’immediata conseguenza sulla gestione e governo delle imprese sia in punto di organizzazione che di responsabilità[98].

A fronte dei doveri di rilevazione e di informazione e di reazione troviamo, così, le relative responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo, con le azioni esercitabili nei loro confronti in caso di omissione.

L’ art. 2476 prevede la responsabilità degli amministratori verso i creditori delle società a responsabilità limitata (azionabile anche dal curatore) per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, recependo l’orientamento prevalente della giurisprudenza[99].

Per i sindaci e i revisori, a fronte del progressivo allargamento delle ipotesi di responsabilità e al fine del riequilibrio del sistema, si introduce l’esonero da responsabilità (art. 14, III co., CCII) quando gli organi di controllo abbiano comunque effettuato la segnalazione all’OCRI che può avere ad oggetto anche i fatti o le omissioni degli amministratori “successivi alla predetta segnalazione”.

Non è sufficiente, quindi, che gli organi di controllo abbiano fatto la segnalazione agli amministratori, dovendo essere seguita dall’invio senza indugio dell’informazione all’OCRI “fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, anche in deroga al disposto dell’art. 2407, primo comma, del codice civile quanto all’obbligo di segretezza” (art. 14, II co., CCII)[100] e dell’art. 9-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 quanto all’obbligo di segretezza[101].

Da quanto esposto si ricava che in presenza di una crisi l’operato degli amministratori viene analizzato sotto due profili: in primo luogo per verificare l’adeguatezza degli assetti organizzativi prescelti e in secondo luogo per valutare la prontezza della loro reazione agli stimoli ricevuti per intervenire prontamente.

Rilevati i segnali di crisi l’operato degli amministratori si pone su una linea obbligata: quella di attivarsi. Saranno insindacabili (secondo la business judgement rule) le scelte sullo strumento prescelto mentre lo saranno per il difetto organizzativo che abbia condotto alla tardiva rilevazione e, conseguentemente, adozione di un rimedio. Mentre all’amministratore compete la scelta di strumenti adeguati, all’organo di vigilanza compete la valutazione di congruità.

Gli assetti organizzativi consistono, infatti, “nelle procedure di efficiente funzionamento aziendale, di gestione amministrativa in senso stretto, di processi contabili, di sistemi informatici che non sono affidati alla discrezionale libertà d’impresa ma devono, appunto, raggiungere la soglia dell’adeguatezza, cioè all’appropriatezza tra mezzo e fini: appunto, il principio di correttezza”[102].

Benché i doveri sopra tratteggiati comportino l'applicazione di criteri e regole propri della scienza aziendalistica, questi assumono sicura valenza giuridica e, laddove si accerti che ex ante gli strumenti adottati (piani attestati, accordi o concordato) non fossero quelli suggeriti dagli standard e dalle best practices invalsi in materia oppure non siano giunti a buon fine per mancanza dei presupposti, procurando ulteriore pregiudizio per la società e i creditori in termini di aggravamento del dissesto o di peggioramento delle condizioni patrimoniali, si configurerà piena responsabilità di entrambi gli organi[103].

 

10. Lo sbocco del “processo” di allerta codicistico.

Qual è la finalità di questo “processo” di allerta codicistico? In prima istanza consentire all’impresa di procedere ad una riorganizzazione interna – qualora un processo in tal senso sia sufficiente – con il vantaggio di non far trapelare notizie all’esterno circa le difficoltà in corso, in quanto i creditori non sarebbero coinvolti.

In seconda istanza – se una riorganizzazione interna non potesse produrre risultati utili –tentare una ristrutturazione dei debiti mediante un accordo di composizione assistita della crisi riservato e confidenziale davanti all’OCRI ma, in ogni modo, con il coinvolgimento dei (o di alcuni) creditori.

In terza istante, essendo stato posto sul tappeto il “problema crisi”, non componibile però davanti a un OCRI, il ricorso tempestivo ad uno degli strumenti – compositivi o meno – della crisi o dell’insolvenza.

L’idea-guida sarebbe quindi di sottrarre la soluzione compositiva alla luce dei riflettori dei tribunali, grazie ad una ristrutturazione interna dell’impresa (ma non dei debiti) o alla composizione assistita, potendo questa rimanere conosciuta soltanto da coloro che vi partecipano.

Nella relazione illustrativa al Codice della crisi è spiegato che “con le misure di allerta, si mira a creare un luogo d’incontro tra le contrapposte, ma non necessariamente divergenti, esigenze, del debitore e dei suoi creditori, secondo una logica di mediazione e composizione, non improvvisata e solitaria, bensì assistita da organismi professionalmente dedicati alla ricerca di una soluzione negoziata, con tutti i riflessi positivi che ne possono indirettamente derivare, anche in termini deflattivi del contenzioso civile e commerciale”.

La composizione assistita della crisi costituisce, dunque, un “setting negoziale”, “un percorso preconcorsuale” gestito dall’OCRI e che può condurre alla stipulazione di un accordo depositato presso l’OCRI, pubblicabile presso il registro delle imprese su richiesta del debitore e con il consenso dei creditori interessati, conosciuto soltanto da quei creditori che vi hanno partecipato e che sono tenuti alla riservatezza, privo di attestazione sulla fattibilità, sottratto a qualsiasi controllo giudiziale, che genera effetti soltanto tra gli aderenti, coperto (su richiesta al giudice presentata dal debitore) dalle azioni esecutive[104] e dalle eventuali successive azioni revocatorie (ordinarie e fallimentari), così come lo sono le operazioni poste in essere in esecuzione di un piano ex art. 56 CCII, e favorito dalla altrettanto possibile sospensione degli obblighi societari (art. 20, comma 4, CCII).

Il sentiero, tuttavia, può costituire – per colpa dell’imprenditore – un piano inclinato verso la liquidazione giudiziale, grazie alla norma che prevede la possibile segnalazione al PM della notizia circa lo stato d’insolvenza e la inattività del debitore. Il PM, valutata la fondatezza della notizia, assumerà l’iniziativa per l’apertura della liquidazione giudiziale[105].

Indubbiamente la differenza dallo strumento che avrebbe dovuto, grazie ai supporti previsti, convincere l’imprenditore ad un outing tempestivo è grande.

E ciò per la semplice ragione che la richiesta di preconcordato è lasciata all’esclusiva iniziativa del debitore (e nelle società, dunque, degli amministratori), mentre l’art. 12 CCII prevede una procedura il cui svolgimento può essere imposto all’imprenditore attraverso l’iniziativa attribuita: A) agli organi di controllo della società (sindaci e revisore, probabilmente da considerare in una posizione di maggiore terzietà rispetto ai titolari dell’impresa e ai gestori, spesso coincidenti con questi ultimi), detentori di un potere-dovere al riguardo (tanto che l’inerzia determinerà la loro responsabilità);

B) ai creditori qualificati (Agenzia delle entrate, Istituto Nazionale della previdenza sociale e l’agente della riscossione), che hanno l’obbligo di avvisare il debitore del superamento di una determinata soglia di indebitamento, e segnalando “senza indugio” in caso di mancata reazione, all’OCRI (quindi a un soggetto terzo rispetto al debitore) l’esistenza della situazione debitoria dell’impresa.

La volontarietà dello strumento c’è ma senza dubbio marginale perché poi le procedure procedono nei propri passaggi anche in mancanza di un atteggiamento collaborativo da parte dell’imprenditore o degli amministratori (e v. infatti l’intervento degli organismi per la composizione della crisi ai quali è indirizzata l’allerta azionata dagli organi di controllo o dai creditori qualificati, ove quest’intervento e le misure connesse non siano sufficienti, l’intervento del PM).

È evidente che con l’introduzione nell’ordinamento delle misure d’allerta il legislatore ha compiuto una scelta culturale di campo.

La legge fallimentare tuttora vigente, nonostante il tentativo di anticipare l’apertura della procedura e di migliorare il soddisfacimento dei creditori grazie, da una parte, alla concessione del termine per la presentazione di un accordo o di un concordato e alla copertura dalle azioni esecutive, e dall’altro alla previsione della domanda concorrente, è ancor calata in una disciplina concorsuale agganciata alla visione proprietaria dell’impresa. Soltanto il debitore può decidere quando mettere in moto la concorsualità chiedendo l’ammissione ad una procedura “preventiva” quando l’insolvenza non sia irreversibile.  Il creditore può pungolare il debitore soltanto con il ricorso per il fallimento che, poi, se dichiarato, potrà legittimarlo a decidere un investimento nell’impresa mediante una tempestiva domanda di concordato fallimentare.

L’esperienza ha mostrato che la domanda in bianco (per la presentazione di un concordato preventivo o di un accordo) costituirebbe un efficace strumento se il debitore ne assumesse tempestivamente l’iniziativa. Così non è stato perché nonostante tutti i supporti la reticenza del debitore ad entrare in un percorso concorsuale è grande.

Dal punto di vista dei creditori è poi emersa la loro difficoltà a presentare domande concorrenti di concordato preventivo atteso che in ogni modo è il debitore che condiziona lo start.

Dopo la ritardata e infruttuosa adozione di un concordato preventivo, l’approdo alla procedura liquidativa satisfattiva avviene quando i patrimoni aziendali sono ormai erosi, così scoraggiando chiunque a sperimentare una proposta di concordato fallimentare. A niente vale la legittimazione del creditore a richiedere il fallimento, tale soggetto essendo per lo più restio ad assumere l’iniziativa e quando avviene, si registrano frequentemente successive desistenze.

Ad oggi è stato poco utilizzato anche lo strumentario, inserito nella liquidazione e volto a conservare/incrementare il valore aziendale attraverso un esercizio provvisorio o un affitto d’azienda, strumenti questi funzionalmente propedeutici ad un concordato fallimentare e come tali da incentivare, visto e considerato che attualmente la scelta di proporre un concordato dipende dal valore residuo del patrimonio e in minima parte da quello delle azioni trasferibili atteso che residuano solo le azioni risarcitorie e restitutorie[106] mentre le revocatorie dopo la riforma del 2005 sono diventate “armi spuntate se non inesistenti”.

Insomma, gli attesi investimenti nelle imprese in crisi sono rimasti assenti non essendo ancora presente un mercato delle imprese in crisi.

Il Legislatore senza fiducia ormai non solo nei confronti dell’imprenditore (sempre reticente) ma anche del creditore (opportunista), ha lavorato così sulla responsabilizzazione degli organi societari, gestori e di controllo (sindaci e revisori) e sull’obbligo di collaborazione dei creditori qualificati. Solo il presidio sugli assetti e sulla continuità seguito dalla partecipazione di tutti per far emergere la crisi può determinare fiducia nel mercato e nei finanziatori.

Non vi sono agevolazioni per chi entra in procedura rapidamente, bensì misure premiali ed esenzioni da responsabilità[107].

La tempestività voleva essere, così, “la cifra” del nuovo diritto della crisi[108] in una sorta di contrappunto con la continuità, obbiettivo quest’ultimo per il quale si approntavano i variegati accordi di ristrutturazione e il concordato preventivo (in continuità diretta e indiretta) oggetto probabilmente di un “eccessivo ridimensionamento”[109].

L’istanza di conservazione dei valori aziendali  merita questa scelta legislativa che potrebbe essere letta come coercizione e compressione della libertà d’impresa quando, in realtà appare come un metodo per indurre alla consapevolezza  delle criticità,  imprenditore e gestori, accompagnandoli verso un percorso di composizione assistita altrimenti sanzionando le responsabilità di chi non tutela, attraverso assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati e un monitoraggio efficace, la continuità aziendale.

L’iniziativa diretta degli organi di controllo, dei creditori e del PM è prevista soltanto per attivare la liquidazione giudiziale, quando cioè la crisi si sia tramutata in stato d’insolvenza.

In sostanza nessuna sostituzione dell’imprenditore può essere rilevata fin quando egli possa fattivamente reagire alla crisi. L’inerzia consapevole non può, invece, essere tutelata andando a pregiudicare creditori e collettività. La protezione costituzionale è prevista, dunque, non solo per l’imprenditore ma anche per i creditori.

 

11. Dalla composizione assistita alla composizione negoziata.

Quello disegnato dal Codice della crisi per l’allerta non è un tracciato libero. È un tracciato nel quale, una volta che l’impresa sia entrata - o spontaneamente o per una spinta esterna - lo sbocco è segnato: quello della composizione assistita o quello di una procedura concorsuale concordataria o liquidativa.

Secondo una certa impostazione è un sentiero che impatta sull’impresa, civilisticamente inquadrata come bene del soggetto che organizza i fattori produttivi e sull’imprenditore che, così stando le norme, viene condizionato nella propria autodeterminazione per quanto riguarda sia l’immissione nel percorso, sia l’assistenza “imposta” di un organismo collegiale (OCRI).

Questa disciplina, disegnata nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, è apparsa pericolosa quando l’intero tessuto economico risulti colpito – come accade nel momento attuale - da una gravissima difficoltà economica e finanziaria[110].

Durante questa pandemia è stato più volte osservato che in tempi di crisi estreme devono aprirsi spazi per soluzioni che permettano all’impresa di rimanere sul mercato o, quanto meno, di recuperare in una continuità indiretta il complesso aziendale; che siano meno burocratiche delle esistenti[111] – senza dover provare stringenti requisiti e passare da complesse procedure - e che consentano una rinegoziazione delle obbligazioni retta dai canoni di collaborazione e lealtà connessi al solidarismo contrattuale[112]

Ciò tanto più quando esistono disequilibri tra le parti in termini di conoscenza tecnica e informazione (è il problema, in particolare, delle pmi) e quando – come avviene in questa “insolpandemia”[113] - ciascuna delle parti è allo stesso tempo debitore e creditore.

In queste circostanze lo strumento negoziale è quello più adatto anche perché non è imperniato sulla contrapposizione tra debitore e creditori, ma piuttosto sulla ricerca congiunta di una risposta adeguata al problema che affligge tutti, cercando di puntare alla conservazione della relazione economica. L’accordo si proietta oltre la soluzione del debito[114].

Così, allontanata nel tempo l’entrata in vigore del Codice della crisi e (ancor più) dell’allerta, il legislatore, dovendo creare uno strumento light e tanto convincente da far assumere alle imprese la spontanea decisione di accedervi, con il d.l. 118/2021 ha varato - “in linea con l’impronta liberista dell’universo delle nostre imprese”[115], - la composizione negoziata, destinata alle imprese (commerciali o agricole, senza preclusioni dimensionali, purchè iscritte nel registro delle imprese) che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che rendano probabile l’insolvenza, o anche solo la crisi.

Dalla lettura testuale dell’art. 2 (d.l. 118) lo strumento – che non ha la natura di procedura concorsuale[116] - dovrebbe collocarsi nell’area di una crisi in prospettiva possibile ma sicuramente non attuale, quando gli squilibri possano essere superati, il risanamento dell’impresa risultando “ragionevolmente perseguibile” (art. 2, co. 1), salvo poi (art. 9, co.1) chiarirsi che lo stesso strumento può essere utilizzato in presenza di uno stato d’insolvenza purché vi siano concrete prospettive di risanabilità ossia le potenzialità necessarie per restare sul mercato.

Questo percorso, quindi, rispetto alla composizione assistita ha un requisito soggettivo di ammissibilità: la ragionevole perseguibilità del risanamento, valutata dall’esperto alla luce della documentazione depositata nella piattaforma dall’imprenditore e, se del caso, dalle notizie e documenti raccolti presso l’organo di controllo e il revisore legale[117] nonché dal dialogo, direi, che l’esperto instaura all’interno dell’impresa.

Per il resto, il debitore prosegue, senza cesure e ingerenze, nella gestione dell’impresa e del patrimonio e, inoltre, intrapreso il percorso, non avrà sullo sfondo – in caso di insuccesso - nessun spauracchio quali l’apertura di una procedura fallimentare o la segnalazione al PM, presenti invece nella composizione assistita prevista nel Codice della crisi. Nessun senso di marcia obbligato - nell’ottica della Direttiva Insolvency – è imposto[118].

L’appeal dello strumento – il suo richiamo - dovrebbe rintracciarsi nell’essere volontario e potenzialmente stragiudiziale. È soltanto eventuale, infatti, l’ingresso dell’autorità giudiziaria[119], l’imprenditore non essendo tenuto a rivolgersi al tribunale, se non ove intenda fruire delle misure protettive di cui all’art. 6, o di finanziamenti prededucibili o rinegoziazioni di contratti ex art. 10. Il giudice – mancando un procedimento di ammissione - potrebbe conoscere dell’impresa e della situazione in cui versa soltanto in sede di omologazione.

I tratti più appariscenti della composizione negoziata sono, quindi, - in armonia con la Direttiva Insolvency - la stragiudizialità e la spontaneità, esattamente come il Codice della crisi, quando è stato emanato, era identificabile come il testo legislativo della concorsualità strutturata attorno all’allerta che imponeva una svolta nel fare impresa, nei rapporti tra creditori e debitore e nella gestione della crisi[120].

Il cambio di impostazione – di cultura, direi, – tra il d.l. 118 e il Codice della crisi non poteva essere più netto. Un cambio di cultura di cui l’allerta era il vessillo e che è stata allontanata nel tempo anche per aiutare le imprese indebitate con il fisco

Dalla spinta alla consapevolezza – perché ormai era stata largamente sperimentata reticenza degli imprenditori ad assumere decisioni tempestive dinanzi ai primi segnali di crisi - siamo passati alla fiducia nella autoconsapevolezza nella autodeterminazione[121].  

Un interrogativo però oggi, dopo l’intervento legislativo di cui al d.l. 152/2021 che ha reintrodotto le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati[122], sorge: possiamo affermare che – sia pure diversamente orientato - un qualche simulacro dell’allerta sia presente e che pertanto possa essere sufficiente a “disturbare” i nostri reticenti imprenditori?

 Ad individuare se effettivamente una traccia di allerta sia presente e in quali termini, quindi, se ne possa affermare l’esistenza, sono dedicate le successive notazioni.

 

12. L’allerta interna nella composizione negoziata.

Il d.l. 118/2021 apre, quindi, a uno strumento che l’impresa utilizza con qualche “ingerenza” e pungolo esterno ma senza inarrestabili scivolamenti in un procedimento dagli inquietanti scenari per possibili pericolose degenerazioni[123].

La presenza “operosa” dell’organo di controllo[124] – in funzione di un’allerta interna, ossia della rilevazione tempestiva della crisi – è però al centro della disciplina grazie all’art. 15 (d.l.118)[125] che si ricollega alla linea del Codice della crisi scolpita, attraverso l’art. 375, nell’art. 2086 cod. civ., dove si è fatto obbligo a tutte le imprese, a partire dal 16 marzo 2019, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni della impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi.

La norma citata (art. 15, d.l. 118/2021) – sia pure con implicazioni profondamente diverse da quelle proprie dell’allerta interna codicistica - attribuisce all’organo di controllo il compito proprio della funzione di “vigilante e referente” di segnalare tempestivamente il rilevamento di una condizione di “sofferenza” - crisi o pre-crisi - che integra gli estremi dei presupposti per la richiesta della nomina dell’esperto.

La sequenza che dobbiamo immaginare è quella che in primis vede l’organo di controllo svolgere – in funzione della prevenzione - la vigilanza di cui è investito sull’adeguatezza degli assetti amministrativi, organizzativi e contabili, cogliendo tempestivamente gli eventuali sintomi di squilibrio, e, quindi, se del caso – in funzione proattiva - stimolando l’organo amministrativo ad attivare i rimedi finalizzati a prevenire la degenerazione della crisi o il suo prodursi e non  già posti in essere dall’organo amministrativo. 

La norma non si limita a ripercorrere la sequenza del 2086 c.c. - fondamenta dell’allerta interna codicistica – poi funzionalizzandola anche al tempestivo accesso alla composizione negoziata.

Tale funzione, declinata rispetto alla composizione negoziata, implica un impulso verso gli amministratori denunciando loro la presenza delle condizioni per la richiesta della nomina dell’esperto. Si tratta, quindi, di un’attività che spetta all’organo di controllo prima della – e direi indipendentemente dalla - presentazione da parte degli amministratori della suddetta richiesta.

Operativamente l’organo di controllo deve individuare i presupposti per la presentazione dell’istanza, vale a dire deve cogliere, valutare, descrivere con una immediata segnalazione agli amministratori – dotata di efficacia meramente interna alla società - le condizioni di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza[126] della società e che possono fondare l’entrata nel percorso protetto.

Siamo, quindi, sulla linea di un flusso informativo tra organo di controllo e organo amministrativo in virtù della reciproca collaborazione per la ricerca di soluzioni idonee: non spetta, dunque, come su anticipato- all’organo di controllo la segnalazione all’esterno né l’attivazione della procedura, la cui titolarità spetta esclusivamente agli amministratori.  

Tutto ciò si può riassumere nell’adagio: prevenire - mediante la vigilanza sull’adeguatezza degli assetti amministrativi, organizzativi e contabili e sul loro funzionamento – e rilevare tempestivamente la crisi e la perdita di continuità.

L’art. 15, comma 1, dispone anche in ordine alle modalità con cui la segnalazione dell’organo di controllo deve essere veicolata all’organo gestionale. Il tracciamento è d’obbligo. Deve, così, essere formulata per iscritto ed indirizzata al consiglio di amministrazione o all’amministratore unico con modalità che ne assicurino la prova di avvenuta ricezione; deve altresì essere motivata e contenere un congruo termine non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve fornire indicazioni circa le misure intraprese per fronteggiare la situazione oggetto di segnalazione da parte dell’organo di controllo, il quale valuterà, quindi, le iniziative assunte.

A seguito della segnalazione, infatti, l’organo amministrativo potrà presentare istanza di composizione negoziata oppure dovrà confutare con valide argomentazioni le analisi o le conclusioni alla base della segnalazione ricevuta dall’organo di controllo. È chiaro che tocca il compito all’organo di controllo monitorare, cogliere i segnali di squilibrio e segnalarli mentre agli amministratori spetta quello individuare e intraprendere le iniziative: in questo disegno della composizione negoziata, la ripartizione di competenze è sempre netta, non vi sono ingerenze.

Oltre a ciò, l’art. 15 investe l’organo di controllo un ruolo di controllo e vigilanza, secondo i tradizionali canoni di cui all’art. 2403 cod. civ., nella fase che succede l’accesso alla procedura e nel corso delle trattative restando onerato dei controlli di cui all’art. 2403 cc e conseguentemente dovendo proseguire il monitoraggio sul rispetto della legge, dello statuto e della corretta amministrazione.

L’organo di controllo è l’interlocutore “privilegiato” dell’(e dall’) esperto che, dopo l’accettazione dell’incarico, deve immediatamente dedicarsi alla valutazione della possibilità o meno di un risanamento della società e, a tal fine, si avvale delle informazioni fornite dall’organo di controllo[127].

Quest’ultimo è un collettore di informazioni: le raccoglie dagli amministratori e le dirige verso l’esperto senza che questa sua attività di interlocuzione sia, appunto, limitata alla fase introduttiva della composizione negoziata. Il suo apporto è rilevante anche nella predisposizione di un piano risanamento affinché questo si fondi su una base contabile veritiera e aggiornata. A tal fine la vigilanza dell’organo di controllo (art. 2403 cod. civ.) è il perno.

Nel corso di tutta la trattativa, in cui  gli organi societari continuano ad esercitare le proprie funzioni e  l’organo amministrativo a svolgere la gestione ordinaria e  l’Esperto agevola le trattative tra la società e le altre parti coinvolte, l’organo di controllo continua a svolgere  i tradizionali compiti propri del collegio sindacale, ossia l’attività di vigilanza della corretta amministrazione e dell’adeguato assetto amministrativo e contabile, che si esplica anche nella vigilanza sull’andamento delle trattative, oltre alla tempestiva segnalazione all’organo amministrativo di condizioni di squilibrio.

 Particolarmente importante è la sua funzione di interlocuzione con l’esperto[128] rispetto alla gestione esercitata dagli amministratori, venendo informato sugli atti pregiudizievoli per gli interessi dei creditori, per la prosecuzione delle trattative e le prospettive di risanamento[129]. In proposito l’organo di controllo dovrà vigilare sull’osservanza dell’art. 9 accertando il rispetto della informativa preventiva nei confronti dell’esperto di cui è onerato l’organo amministrativo nel caso di esecuzione di atti di straordinaria amministrazione. 

In sostanza in costanza della composizione negoziata la vigilanza dell’organo di controllo dovrà essere intensificata su tutti gli atti programmatici e gestori dell’impresa, in particolare dovendo verificare che il patrimonio e l’impresa vengano gestiti in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività e quindi nel pieno rispetto di quei criteri finalizzati alla tutela degli interessi dei creditori.

Infine, occorre segnalare che (art. 15, comma 2) la tempestiva segnalazione all’organo di controllo da una parte e la vigilanza sulle trattative dall’altra, sono valutate ai fini della sua responsabilità ai sensi dell’art. 2407 cod. civ[130].

L’adempimento da parte dell’organo di controllo al dovere di tempestiva segnalazione non può essere, tuttavia, ritenuto di per sé una causa di esclusione di responsabilità, qualora l’organo amministrativo, a seguito della segnalazione, abbia tenuto un comportamento inerte ovvero abbia adottato iniziative anomale.

L’ordinamento attribuisce, infatti, all’organo di controllo ulteriori strumenti di tutela: la convocazione dell’assemblea ex art. 2406, II co., cod. civ. o anche, sussistendone i presupposti, la denunzia al tribunale ex art. 2409 cod. civ. – ed alla cui adozione il medesimo organo di controllo è tenuto. In tal senso si è espressa anche Assonime[131] secondo la quale, evidenziando le differenze con l’allerta interna codicistica che poteva condurre la società dinanzi all’OCRI, la mancata o inadeguata risposta dell’organo amministrativo fa scattare quel meccanismo meramente interno di monitoraggio e gestione del rischio lasciato alla piena discrezionalità degli amministratori che si risolve negli ordinari rimedi a disposizione dell’organo di controllo. 

Alla fine, in un quadro in cui il legislatore ha preteso un affilamento dei poteri dell’organo di controllo in funzione (anche) della positiva conduzione della composizione negoziata, non possiamo tacere che costituisce una turbativa la previsione contenuta nell’art. 1 bis del d.l.118 che, nel novellare nuovamente l’art. 379 del CCII, consente alle s.r.l. ed alle società cooperative di piccole dimensioni che non abbiano già provveduto alla nomina dell’organo di controllo (vigente dal 16 dicembre 2019,) di differire la nomina obbligatoria di tale organo, anche monocratico, o il revisore legale (persona fisica o società), alla data di approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2022 e, dunque, al 2023 ingenerando l’idea che la figura dell’organo di controllo rappresenti un costo e non un valore[132].

 

 

 

13. L’allerta esterna.

Se fino al 29 dicembre 2021[133], sulla base dell’art. 15 del d.l. 118/2021, potevamo affermare che la composizione negoziata era dotata di un’allerta interna, sia pure rielaborata in armonia all’idea di dar vita a uno strumento meno rigido e affilato rispetto a quanto contenuto nell’art. 14 del CCII, rispetto all’allerta esterna dovevamo rilevarne l’assenza visti i rinvii che avevano interessato sia tutto il regime codicistico racchiuso nel Titolo II cap. I del CCII.

Così è stato fino all’emanazione del d.l. 152/2021 che, ad opera della L.233/2021 di conversione del decreto PNRR che introdotto l’art. 30-sexies, ripropone il tema del tempestivo accesso al percorso protetto e facilitato tramite l’allerta esterna con la previsione della segnalazione dei creditori pubblici qualificati (Inps, Agenzia delle entrate e Agente di riscossione) dei ritardi nei versamenti di contributi e imposte i quali, (art. 30-ter, d.l. 152/2021) avranno a disposizione – attraverso la piattaforma telematica di accesso alla composizione negoziata - le informazioni relative a Centrale rischi di Bankitalia, oltre alla documentazione caricata dall’imprenditore nella fase di ingresso alla procedura o successivamente.

La segnalazione diretta all'imprenditore e, ove esistente, all'organo di controllo[134], innesca un’induzione alla composizione negoziata – deve contenere contiene l'invito a richiederla – però, rispetto all’allerta esterna codicistica, è circoscritta all’impulso trasmesso dal creditore pubblico qualificato all’ organo gestorio e a quello di controllo. La segnalazione deve essere tracciabile per cui la legge ne dispone l’invio tramite posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento inviata all'indirizzo risultante dall'anagrafe tributaria.

La disposizione prevede che:  l’Inps segnali i ritardi di oltre 90 giorni del pagamento di contributi per somme superiori al 30% di quelli relativi all’anno precedentee a 15mila euro, ridotti a 5mila se non non ci sono dipendenti; l’agenzia delle Entrate, segnali l’omesso versamento del debito Iva superiore all'importo di euro 5.000, che emerge risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; l’agenzia della Riscossione, l’esistenza di crediti affidati, autodichiarati o definitivamente accertati scaduti da più di 90 giorni e sopra 100mila, 200mila o 500mila euro rispettivamente per imprese individuali, società di persone, altre società.

Le disposizioni del presente articolo si applicano: 

a)  per l'Istituto nazionale della previdenza sociale, in relazione ai debiti accertati a decorrere dal   1° gennaio 2022; 

b) per l'Agenzia delle entrate, in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre dell'anno 2022; 

c)  per l'Agenzia delle entrate-Riscossione, in relazione ai carichi affidati all'agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022 ».

Le segnalazioni partiranno entro 60 giorni dall’avveramento delle seguenti condizioni:

a) per l'Agenzia delle entrate, dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; 

b) per l'Istituto nazionale della previdenza sociale e dall'Agenzia delle entrate-Riscossione, dal verificarsi delle condizioni o dal superamento degli importi indicati nel medesimo comma 1. 

Amministratori e organo di controllo dovranno valutare le informazioni e desumerne la capacità segnaletica della condizione di crisi. Il ritardo di un modesto versamento Iva può essere dovuto a semplice dimenticanza, regolarizzabile facilmente. L’omesso versamento di importi più significativi, perdurante dopo 150 giorni indica, invece difficoltà maggiori che richiedono un’immediata investigazione. Quindi, l’organo di controllo dovrà chiedere agli amministratori (articolo 15 del Dl 118), di riferire tempestivamente sulle iniziative intraprese, valutare poi l’adeguatezza delle azioni proposte, anche alla luce dei dati consuntivi e prospettici che l’assetto amministrativo e contabile adottato dovrebbe rendere disponibili.

Se la reazione degli amministratori non apparirà sufficientemente solida o credibile, insisterà per il ricorso alla composizione negoziata o ad altri strumenti di soluzione della crisi, altrimenti potrà semplicemente vigilare sulla realizzazione delle iniziative proposte.

In assenza di reazione da parte degli amministratori, l’organo di controllo dovrà invece adottare le iniziative che la legge gli riconosce, che per i sindaci arrivano fino alla denuncia di gravi irregolarità (articolo 2409 del Codice civile).

 

 

 

14. Conclusioni.

Mentre l’allerta cd. interna si estrinseca nel segnalare i “fondati indizi della crisi”, vale a dire gli “squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa, l’allerta cd. esterna - con la segnalazione effettuata dai creditori pubblici qualificati - scatta al superamento di una soglia di esposizione debitoria di importo rilevante. Oggi, dopo l’emanazione del d.l. 152/2021 possiamo, quindi, affermare che la composizione negoziata è dotata di un meccanismo di segnalazioni provenienti sia dall’interno che dall’esterno.

Questo ultimo upgrade della disciplina della composizione negoziata – che nello Schema di d.lgs. di modifica del CCII per il recepimento della Direttiva Insolvency sostituisce l’originaria disciplina dell’allerta - mostra un loro indubbio alleggerimento, probabilmente più armonico con lo spirito della Direttiva Insolvency.

Ciò che apparenta i due segmenti nei quali la disciplina della composizione negoziata, come del resto quella del CCII, struttura la spinta dell’imprenditore – l’allerta interna e quella esterna – è il punto d’arrivo: entrambi conducono alla valorizzazione dei compiti dell’organo di controllo.

Il ruolo dei creditori pubblici qualificati si riassume esclusivamente nella segnalazione del mancato pagamento ma spetta in definitiva agli organi interni valutare l'effettiva rilevanza di tale avviso.

Sotto tale profilo la disciplina dell’allerta si colloca sulla linea di confine tra diritto fallimentare e diritto societario. Da un lato le segnalazioni incidono sulla responsabilità degli organi societari interni dall’altro anticipano l’area della tutela dei creditori ad una fase precedente a quella in cui, per tradizione storica, il diritto fallimentare entra in azione[135].

Assistiamo, così, al passaggio dalla fiducia in una decisione spontanea dell’imprenditore al riconoscimento della necessità di una suadente induzione all’entrata nel percorso che può condurre alla composizione negoziata.

L’allerta esterna affidata ai creditori pubblici qualificati – se pure non ancora completata da necessari contrappesi - pare essere, dunque, avvertita dal legislatore come un imprescindibile valvola di sicurezza della composizione negoziata anche se dovrà, al pari del percorso protetto all’interno del quale è inserita, essere sperimentata in punto di efficacia.

Il pendolo del deterrente dell’allerta esterna ricade, però, oggi in punto di responsabilità sugli organi societari mentre ieri ricadeva più pesantemente sull’impresa attraverso la composizione assistita gestita dall’OCRI e il possibile finale noir.

L’allerta esterna ha oggi la funzione persuasiva di imporre l'accesso all'istituto in via tempestiva facendo leva sulle possibili responsabilità prospettiche degli organi societari.

Delicato sarà il compito dell’organo di controllo nel soppesare scrupolosamente la effettiva realtà dell’impresa, senza anteporre la propria impunità. Altrettanto delicato compito sarà, però, anche quello dei creditori pubblici qualificati in situazione come l’attuale nella quale le scelte dovrebbero essere guidate non dall’egoistico opportunismo del singolo ma un’ampia considerazione dell’interesse di tutti gli stakeholder.

Manca ancora – ma confidiamo su un ripensamento del legislatore[136] – il sistema sanzionatorio previsto nel comma 1 dell’art. 15 CCII.La presenza di una sanzione è fondamentale perché questi creditori sono inclini a rimanere passivi, consentendo al debitore di ritardare a suo piacimento l’entrata in un percorso protetto o in una procedura, in quanto garantiti.

La loro posizione, infatti, è tale da renderli semi-indifferenti perché l'insolvenza non li pregiudicherebbe, o almeno l'insolvenza inciderebbe sul loro soddisfacimento, ma in misura limitata, incidendo invece pesantemente sui chirografari. Inoltre, quando l'importo loro dovuto è relativamente piccolo, questi potrebbero avere scarso interesse ad effettuare la segnalazione.

L’abbassamento della soglia del debito insoluto che fa scattare la segnalazione operato dal d.l. 152/2021 rispetto all’art. 15 CCII, mostra la volontà legislativa di indurre da una parte il creditore ad entrare in azione precocemente – nell’attuale situazione forse con eccessiva anticipazione – e, dall’altra, il debitore o a regolarizzare quanto prima la posizione debitoria o ad accedere alla composizione negoziata.

Ciò richiede senza dubbio la presenza di una sanzione, altrimenti questo modello soft di allerta esterna sarebbe destinata a rimanere come arma spuntata nella cassetta degli attrezzi per spingere l’imprenditore riottoso in questo nuovo setting.



[1] Sui provvedimenti emergenziali, limitandosi alle raccolte collettanee, v. S. AMBROSINI e S. PACCHI (diretto da), Crisi d’impresa ed emergenza sanitaria, Bologna, 2020; S. PACCHI e A. PISANESCHI (a cura di), Finanziamenti e diritto della crisi nell’emergenza, Torino, 2020; S. RANDAZZO, R. MARTINO, V. DONATIVI, A. PANZAROLA, L. LAURETI, Il diritto difronte all’emergenza. Un percorso interdisciplinare, Bari, 2020; Centro Studi Diritto della Crisi e dell'Insolvenza (a cura di), Dalla crisi all'emergenza: strumenti e proposte anti-Covid al servizio della continuità d'impresa, Mantova, 2020; Emergenza Covid-19. Speciale, Giustizia civile.com, 2020.

[2] Così la Relazione Illustrativa allo Schema di Decreto legge recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia; M. FABIANI, I. PAGNI, R. RANALLI e L. STANGHELLINI, Come prepararsi all’urto delle crisi aziendali, in www.lavoce.info, 21 febbraio 2021; I. PAGNI – M. FABIANI, La Transizione Dal Codice Della Crisi alla Composizione Negoziata (e Viceversa), in www.dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021.

[3] L’espressione è di Riccardo Ranalli. Da ultimo di questo Autore vedi Dall’allerta alla composizione negoziata. Flessibilità, semplificazione e trasparenza del nuovo strumento, in www.dirittodellacrisi.it, 24 febbraio 2022.

[4] Se l’attività legislativa non è mai scevra di problematiche di ordine soggettivo e spazio-temporale, nell’elaborazione di misure idonee a fronteggiare la crisi da Covid-19, lo è stata ancora meno vista la straordinarietà e l’assenza di precedenti (almeno a noi vicini). Così, come è stato segnalato (A. ROJO, Reflexiones sobre el Derecho concursal de emergencia, in https://www.blog. fder.uam.es/2020/05/11/reflexiones-sobre-el-derecho-concursal-de-emergencia/) quattro sono i problemi fondamentali che il legislatore incontra: quello dell’ambito di applicazione – vale a dire quali norme debbono introdursi (soltanto con finalità di moratoria per congelare la situazione o anche nuovi strumenti con i quali gestire rapidamente la crisi?) e a chi debbano applicarsi (indistintamente a tutte le imprese, a prescindere dalla loro dimensione e natura? E poi, a tutte quelle che oggi si dichiarino in crisi o soltanto a chi dimostri di essere stato «vittima» del lock-down?) –  relativo all’ equilibrio tra gli interessi in giuoco; quello temporale (ossia la durata degli strumenti) ed infine quello relativo all’obbiettivo (selezionare o supportare?).

[5] Questa disciplina viene incorporata nel CCII nel Titolo II, Capo I dove era contenuta la disciplina dell’allerta. Tra i molti commenti al d.l. n. 118, S. PACCHI, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Ristrutturazioni aziendali, 9 agosto 2021; S. AMBROSINI, La “miniriforma” del 2021: rinvio (parziale) del CCI, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall. 2021, I, 922;  R. GUIDOTTI, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2021; L. PANZANI, Il D.L. «Pagni» ovvero la lezione (positiva) del covid, su www.dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021; I. PAGNI E M. FABIANI, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata e viceversa, su www.dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021; D. GALLETTI, Breve storia di una (contro)riforma «annunciata», su www.ilfallimentarista.it, 1 settembre 2021; A. FAROLFI, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse «a prima lettura», in www.dirittodellacrisi.it, 6 settembre 2021; M. IRRERA, S. CERRATO E F. PASQUARIELLO (a cura di), La crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento, Zanichelli, Bologna, 2022; S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal d.l. 118 del 202, in www.dirittodellacrisi.it, 28 settembre 2021; P. LICCARDO, Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in www.ilfallimentarista.it, 2021; A. JORIO, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma, in www.dirittodellacrisi.it, 1° ottobre 2021; V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in www.dirittodellacrisi.it, 26 ottobre 2021; A. ROSSI, I presupposti della CNC, tra debiti dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, in www.dirittodellacrisi.it, 30 novembre 2021. V. inoltre La composizione negoziata e le misure che anticipano il Codice della crisi , in Fallimento, dicembre 2021.

[6] Da ultimo per una efficace analisi delle diverse soluzioni e delle differenze pratiche, V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in cit.; L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, in Fallimento, 2021, I, 1591 ss; N. ABRIANI, Concordato preventivo e ristrutturazione dell’impresa dopo il D.L. n. 118/2021: Que reste-t-il? , in www.dirittodellacrisi.it, 16 febbraio 2022.

[7] La riforma della legge non conosce sosta, U. MORERA - N. RANGONE, Sistema regolatorio e crisi economica, in An. giur. econ., 2013, 384, nota 4, riprendendo la Comunicazione della Commissione Europea sulla Smart regulation in European Union, del 2010.

[8] Merita notare che l’iniziale proposta di Direttiva stabiliva che la procedura preventiva fosse accessibile solo su richiesta dei debitori (articolo 4, paragrafo 4). Tale limitazione non sarebbe stata in alcun modo giustificabile da un punto di vista economico, in quanto le ristrutturazioni preventive devono conseguire meglio gli obiettivi rispetto alle altre procedure concorsuali. Sul punto è da tener presente che la guida OCSE sulle procedure concorsuali, ad esempio, favorisce chiaramente le procedure che possono essere aperte a richiesta dei creditori. Anche in questo caso, il Consiglio ha apportato un salutare emendamento, aggiungendo come opzione per i legislatori nazionali la possibilità di aprire tale procedura su richiesta dei creditori o dei rappresentanti dei lavoratori (articolo 4, paragrafo 8). Tuttavia, è ancora necessario l'accordo del debitore, a meno che gli Stati membri non decidano di limitare tale requisito alle PMI. Secondo la nostra disciplina, i quadri di ristrutturazione preventiva si basano sull'idea che il debitore sia l'unico incaricato di organizzare le trattative, essendo l'unico che potrebbe determinare chi tra i suoi creditori invitare al tavolo delle trattative. Il recepimento della Direttiva è, forse, l'occasione per modificare la normativa in materia. Si segnala, tuttavia, che seguire questa strada richiede, in modo correlato, che venga fornita una chiara definizione di “rischio di insolvenza”, in modo da non aprire procedure preventive nei confronti di debitori che non ne abbiano bisogno, pregiudicando l’impresa. Su questa linea, v. le osservazioni di V. ROTARU, The Restructuring Directive: a functional law and economics analysis from a French law perspective, in Droit & Croissance – C/O Institut Louis Bachelier – 2019, 30.

[9] Per una critica - e per riferimenti bibliografici - sull’impostazione del nostro ordinamento rigidamente fermo sull’attribuzione al debitore del monopolio dell’iniziativa rinvio al mio scritto Una  possibile alternativa per la continuità indiretta: l’acquisto dell’azienda da parte dei lavoratori, in AA.VV., Le soluzioni negoziate della crisi d’impresa, Torino, 2021, 46 e ss. e nota 58; sul tema della disponibilità del quadro di ristrutturazione preventiva anche da parte dei creditori, v. le riflessioni di A. JORIO, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. In ricordo di Michele Sandulli, Torino, 2019, 420-421; recentemente, S. AMBROSINI, Diritto dell’impresa in crisi, Pisa, 2022, 233-235 e amplius in L’emersione tempestiva della crisi e il concordato preventivo del terzo: dall’idea del “progetto Rordorf” alle previsioni del legislatore europeo, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 27 giugno 2021.

[10] L’utilizzo di questo vocabolo deriva dal rinvio che la conformazione dell’istituto della composizione negoziata produce a quello scenario ampiamente studiato nelle scienze psicologiche e definito come "l'insieme degli elementi, precostituiti dal terapeuta in base al proprio orientamento, che contribuiscono alla strutturazione di una relazione di tipo terapeutico, del processo a cui tale relazione dà vita e, quindi, alle regole che la rendono possibile, la definiscono e la organizzano" (C. LORIEDO, F. ACRI, Il setting in psicoterapia, Bologna, 2009, 15. 

[11] Nuovo rispetto ai setting degli altri strumenti per la crisi d’impresa che presentano ciascuno un modello diverso di schema relazionale tra le parti.

[12] La gestione per la continuità dell’impresa è assicurata dalla prosecuzione dei contratti (l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti concessi all’imprenditore) e dalla sospensione - sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata - degli obblighi di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. che si verifica grazie a una dichiarazione contenuta nella stessa istanza di nomina dell’esperto (art. 8). Sugli strumenti di contorno a questa nuova “cassetta degli attrezzi” predisposta dal d.l. 118, R. RANALLI, Dall’allerta alla composizione negoziata. ecc., cit., 2.

[13] Il principio del “debtor in possession” – uno dei punti centrali della Direttiva Insolvency – trova applicazione ed è bilanciato, per un verso, dall’onere informativo, che implica completezza e trasparenza documentale, per un altro, dal dovere di gestire “senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori”.

[14] S. LEUZZI, Una rapida lettura dello schema di DL recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, in www.dirittodellacrisi, 5 agosto 2021, 3.

[15] D. GALLETTI,È arrivato il venticello della controriforma? Così è, se vi pare, in www.ilfallimentarista.it; ID.,Breve storia di una (contro)riforma “annunciata”, ivi, 1°settembre 2021; F. LAMANNA, Nuove misure sulla crisi d’impresa del D.L. 118/2021: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il "de profundis" per il sistema dell'allerta, ivi, 25 agosto 2021.

[16] Il nesso tra early warning tools e quadri di ristrutturazione viene evidenziato da ultimo da L. PANZANI, La composizione negoziata alla luce della Direttiva Insolvency, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 31 gennaio 2022, 3 ss.

 

 

[17] B. WESSELS, Europe deserves a new approach to insolvency proceedings, in European Company law, 2007, vol. 4, issue 6, 253.

[18] Da ultimo sottolinea, con estrema chiarezza, l’imprescindibilità di questo requisito nelle operazioni conservative, A. MAFFEI ALBERTI, Crisi dell’impresa e continuazione dell’attività, in www.ilcaso.it, Ristrutturazioni aziendali, 29 gennaio 2022, 1. Un’impresa può essere viable e nello stesso tempo insolvente perché si tratta di due piani diversi. L’impresa ancora viable – in virtù della fiducia che ispira - riesce a raggiungere accordi con i creditori per uscire dalla crisi: da ultimo A. JORIO, Qualche ulteriore considerazione sul d.l. 118/2021, e ora sulla legge 21 ottobre 2021, n. 147, in www.ilcaso.it, Ristrutturazioni aziendali, 4, ma prima di tutti I. PAGNI – M. FABIANI, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in Diritto della crisi.it, 2 novembre 2021, 18; S. AMBROSINI, La legge n.147/2021 di conversione del D. L. N. 118: primi, brevi, appunti in ordine sparso, in Ristrutturazioni aziendali, 26 ottobre 2021; R. GUIDOTTI, Presupposti “interni” ed “esterni” della composizione negoziata della crisi d’impresa ed avvio del procedimento, in Il nuovo diritto delle società, 2021, 1623.

[19] Questa transizione è stata lucidamente descritta anche da L. SALVATO, Strumenti di allerta e di composizione assistita della crisi di impresa (anche al tempo del Covid-19), in Giustiziacivile.com, 16 aprile 2020.

[20] L'obiettivo economico fondamentale delle procedure di ristrutturazione è identificare e salvaguardare le imprese redditizie. È quindi ragionevole che le parti interessate accettino di attribuire potere decisionale ai creditori in quanto questi hanno maggiori probabilità di prendere le decisioni giuste al riguardo. Da un punto di vista economico ed epistemologico, si tratta di quei soggetti i cui interessi offrono la migliore approssimazione agli interessi di tutte le parti interessate.

[21] Sul valore della solidarietà nel mondo delle imprese, in particolare, nelle situazioni di crisi, v., L. BALESTRA, Pandemia, attività d’impresa e solidarietà, in Riv.trim.dir.proc.civ., 2020, 1153. Da ultimo, M. FABIANI, Il valore della solidarietà nell’approccio e nella gestione delle crisi d’impresa, in Fallimento, 2022, 5 ss.

[22] B. WESSELS, cit.,255.

[23] In questa fase post-pandemica ritorna al centro il discorso di S. RODOTA’ (Solidarietà. Un’utopia necessaria, Bari, 2014) sulla crisi economica che fa crescere le diseguaglianze e diffonde le povertà e, quindi, sulla debole opzione delle forze del mercato da una parte e sulla riemersione della solidarietà nei modi più diversi dall’altra perché la solidarietà serve a individuare i fondamenti di un ordine giuridico, mancando il quale tutte le difficoltà si esasperano sul terreno personale e su quello sociale. “Il principio di solidarietà conferma la propria importanza in ragione del fortissimo legame di interdipendenza determinata da eventi “globali” (spesso di inaspettata e incontrollabile virulenza, quali sono quelli connessi alla pandemia da Covid-19” (B. PASTORE, Emergenza pandemica, decisioni, bilanciamento, in L’Ircocervo, 2021, 1, 193 (leggibile in www.L’Ircocervo.it). Sul ritorno a un’attenzione non prettamente egoistica, G. D’ATTORRE, La responsabilità sociale dell’impresa insolvente, in Riv.dir.civ., 2021, 60 ss.

[24] Sul contrastato tema dell’allerta, anche per le ampie citazioni, si rinvia a M. PERRINO, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, in www.osservatorio-oci.org; ID., Disciplina italiana dell’allerta e la Direttiva Insolvency: un’agenda per il legislatore, in www.dirittodellacrisi.it, 31 agosto 2021.

[25] Ricorda efficacemente i “lunghi anni nei quali di prevenzione non si voleva neanche sentir parlare ed ove, anzi, i timidi accenni a strumenti di early warning erano visti come fumo negli occhi”, A. JORIO, Qualche ulteriore considerazione sul d.l. 118/2021, ecc., cit.,3 e nota 6 ove citazioni dottrinali.

[26] R. RORDORF, Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, in I contratti, 2019, 133.

[27] D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, emanato in attuazione della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155 e pubblicato nella G.U. del 14 febbraio scorso. La disciplina dell’allerta costituiva il punto più innovativo sul quale il Legislatore del CCII puntava molto, come dimostra anche la creazione dell’Osservatorio permanente istituito con decreto congiunto del MISE e del MEF (art. 353 CCII) deputato a testare l’impatto delle misure d’allerta e l’utilizzo delle procedure di composizione assistita in relazione agli ambiti di operatività.

[28] R. RORDORF, Il tormentato iter della riforma del diritto concorsuale, in Questione giustizia, 3/2021, afferma che “nella versione finale del codice ha preso corpo un’impostazione alquanto più burocratica e proceduralizzata, scandita da una molteplicità di termini di adempimento e di soglie di rilevanza, in cui sembra quasi che l’imprenditore sia chiamato a giustificarsi e difendersi piuttosto che ad essere coadiuvato, in un contesto che rischia perciò di evocare il clima di una procedura prefallimentare, rafforzato dalla previsione dell’intervento finale del pubblico ministero in caso di cattivo esito dei tentativi di risanamento”. Sulla stessa linea già M. FABIANI, La fase dell’allerta non volontaria e il ruolo dell’Ocri, in www.ilcaso.it, 9 ottobre 2019, 1 3.

[29] Per far fronte alla situazione emergenziale scatenata dalla pandemia per il Virus Corona-19, la prima decisione assunta dal Governo è stata quella di cui all’art. 5 del d.l n. 23 dell’8 aprile 2020 che, modificando l’art. 389 comma 1 del CCII, ne rinviava al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore. La crisi indotta dalla pandemia determinava il Governo ad assumere questa decisione perché – secondo quella che era la motivazione dominante - l’introduzione dei nuovi sistemi di allerta, in un contesto economico scompigliato dalle misure sanitarie per fronteggiare il virus, avrebbe determinato la segnalazione anche di imprese notoriamente solide ma fiaccate dalla contrazione della domanda e dai ritardi nei pagamenti. S. AMBROSINI, La <> del codice della crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell’insolvenza incolpevole, in www.ilcaso.it, 21 aprile 2020.

[30] Un pungolo (nudge) - nel senso indicato da R.H. THALER e C.R. SUNSTEIN, Nudge. Improving decisions about health, and happiness, Yale University Press, 2008 – necessario per farci assumere decisioni necessarie.

[31] Si tratta del passaggio culturale alla tempestività o (M. FERRO, Allerta e composizione assistita della crisi nel D.lgs. n. 14/2019: Le istituzioni della concorsualità preventiva, in Fallimento, 2019, 419) alla “concorsualità preventiva di per sé culturalmente epocale”. Già nel 2013 un working paper (il n. 23) dell’OECD di C. BAUBION, OECD Risk management: strategic crisis management, leggibile in https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/5k41rbd1lzr7-en.pdf?expires=1646907527&id=id&accname=guest&checksum=AB0778B1DC13D99282438588F89D0B49, 15 e ss.sottolineava l’importanza di un approccio tempestivo. Inoltre sui caratteri che dovrebbe avere un efficace sistema d’allerta (consapevolezza del rischio, servizio di monitoraggio, comunicazionbe e capacità di risposta) v. l’interessante studio di I. KLOPOTAN, J. ZOROJA E M. MEŠKO, Early warning system in business, finance, and economics, in International journal of engineering business management, 2018, n. 1, leggibile in https://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/1847979018797013.

[32] Prendendo le mosse dalle situazioni di fatto che emergono in tutti i Paesi e che evidenziano una tardiva adozione dello strumento per risolvere la crisi, l'Unione Europea, facendo propri gli standard elaborati da Organismi internazionali - quali il Financial Stability Forum, Uncitral, il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale - pone l'allerta come meccanismo sul quale costruire una rinnovata cultura della crisi. Sull’attività di queste istituzioni in materia cfr. A. MAZZONI, Procedure concorsuali e standards internazionali: norme e principi di fonte Uncitral e Banca Mondiale, e ss., reperibile all’indirizzo: www. companylaw.lsl.luiss.it/files/2016/11/p6727-procedure-concorsuali-e-standards-internazionali-1.pdf.

[33] G. LO CASCIO, Il rischio d’insolvenza: le nuove frontiere europee, in Fallimento, 2014, 733 e ss.;U. MACRÌ, La raccomandazione della Commissione UE su un nuovo approccio all’insolvenza. Un commento a prima lettura, in Fall., 2014, 393; S. PACCHI, La Raccomandazione della Commissione UE su un nuovo approccio all’insolvenza anche alla luce di una prima lettura del Regolamento UE n. 848/2015 sulle procedure d’insolvenza, in Giust. civ., 2015, 537 e ss.; L. PANZANI, La Raccomandazione 12 marzo 2014 della Commissione europea per l'adozione di una disciplina uniforme in materia di insolvenza, in Questionegiustizia.it, 10 ottobre 2014.

[34] G. L. CANDITO, La revisione del Regolamento sulle procedure d’insolvenza. L’ampliamento dell’ambito applicativo del Regolamento UE 848/2015 a sostegno della continuità aziendale: le procedure ricomprese nell’allegato A alla luce dei nuovi istituti della legge fallimentare italiana, reperibile sul sito della Società italiana di Diritto internazionale e di Diritto dell’Unione europea, www.sidiblog.org; G. MONTELLA, L’ambito di applicazione del Regolamento 2015/848, in P. De Cesari - G. Montella, Il nuovo diritto europeo della crisi d’impresa, il regolamento (UE) 2015/848 relativo alle procedure d’insolvenza, Torino, 2017, 15 ss.

[35] B. ARMELI, Insolvenza, ristrutturazione e sgravio dei debiti: la proposta di Direttiva, in www.ilfallimentarista.it, 16 maggio 2017; L. PANZANI, La proposta di Direttiva della Commissione UE: early warning, ristrutturazione e seconda chance, in Fall., 2017, 2, p. 129 ss.; A. PELLEGATTA, Verso una nuova direttiva europea in tema di restructuring e insolvency, in www.ilcaso.it,  15 marzo 2017; L.STANGHELLINI, La proposta di Direttiva UE in materia di insolvenza, in Fall., 2017, 8-9, p. 873 ss.; S. PACCHI, La ristrutturazione dell’impresa come strumento
per la continuità nella Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2019/1023,
in Riv.dir.fall., 2019, I, 1259 ss. La ristrutturazione “costi quello che costi” è l’obbiettivo principale della Direttiva ma probabilmenteil legislatore europeo ha cercato di combattere la battaglia sbagliata (V. ROTARU, The Restructuring Directive: a functional law and economics analysis from a French law perspective, in Droit & Croissance – C/O Institut Louis Bachelier – 2019). L'obiettivo delle procedure preventive non deve essere, infatti, quello di salvare a tutti i costi le imprese, anche quando non sono redditizie nel lungo periodo. Queste procedure dovrebbero prima di tutto mirare a filtrare le attività redditizie da quelle che non lo sono. Le prime devono essere ristrutturate ben prima di una formale insolvenza, mentre le seconde devono essere prontamente liquidate, in modo che le risorse aziendali possano essere distribuite in modo più efficiente nell'economia. Solo così sarà possibile ridurre i costi del finanziamento ex ante e garantire la crescita economica a lungo termine. Da ultimo sull’impatto della Direttiva Insolvency sul nostro diritto concorsuale, v. P. VELLA, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva europei sull’istituto del concordato preventivo in continuità aziendale, in
www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2 gennaio 2022.

[36] L’impostazione della Direttiva rispetto al legame tra allerta e quadri di ristrutturazione emerge con particolare nitore nei considerando 22 e 24 dove si si pone anche la distinzione tra intervento precoce e intervento prematuro, quest’ultimo da evitare onde scongiurare abusi.

[37] La Direttiva sceglie un approccio graduale all’allerta allestita con strumenti, oltre che non invasivi, lasciati alla libera conformazione da parte dell’impresa. Nell’art. 3 il sistema è così declinato in un percorso che prevede meccanismi deputati a scattare al momento del verificarsi di inadempimenti ma che si sostanziano in consulenze fornite da organizzazioni pubbliche e private; in incentivi per i creditori che collaborino; e in strutture informative accessibili, soprattutto a tutela dei lavoratori per i quali gli Stati possono creare supporti che agevolino la valutazione della situazione economica del debitore. In sostanza il legislatore unionale è fermo nella prescrizione di un sistema di allerta che disegna con tratti leggeri di penna, assumendo come cardine l’informazione incentivando comportamenti virtuosi dei creditori ma rifuggendo dal porre vincoli. In definitiva la Direttiva è la risposta dell'Europa al Chapter 11 ma è un work in progress piuttosto che un prodotto completamente finito (G. McCORMACK, Corporate Restructuring Law – A second chance for Europe? In European Law Review, 2017, 42 (4), 532-561).

[38] Nella Direttiva 2019/1023 (in particolare nel considerando 10 e nell’art. 3) risalta un’immagine di impresa ammantata da una intensa colorazione sociale, P. VELLA, L’impatto della Direttiva UE 2019/1023 sull’ordinamento concorsuale interno, in Fallimento, 2020, 756. Osserviamo un rimando continuo ai lavoratori, ai posti di lavoro, agli stakeholders in nome e a vantaggio dei quali la ristrutturazione dovrebbe essere operatain quanto strumento per tutelare i posti di lavoro e preservare l’attività imprenditoriale. Si tratta di richiami che aprono a modalità di coinvolgimento dei dipendenti nell’interesse della stessa attività che nell’attuale situazione post pandemica devono essere oggetto di attenta valutazione per gli orizzonti che possono aprire. È in gioco non solo il diritto dei lavoratori al trattamento economico, agli orari, all’organizzazione del lavoro ma, soprattutto, l’imperativo di favorire la sopravvivenza delle imprese stesse e, di conseguenza, l’occupazione. L’impostazione era stata anticipata dalla Raccomandazione della Commissione Europea del 14 marzo 2014, S. PACCHI, La Raccomandazione della Commissione UE su un nuovo approccio all’insolvenza anche alla luce di una prima lettura del Regolamento UE 848/2015, in Giust. civ., 2015, 1278.

[39] S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, in www.dirittodellacrisi, 28 settembre 2021.

[40] S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, cit., sottolinea che l’ottica della Direttiva è quella dell’incentivo e della volontarietà, “non un senso di marcia obbligato”.

[41] L. STANGHELLINI, La proposta di Direttiva UE in materia d’insolvenza, in Fallimento, 2017, 875.

[42] La Proposta di Direttiva è stata il risultato di una maggiore attenzione della CE in materia di insolvenza e ristrutturazione (M. CARPUS CARCEA, D. CIRIACI, C. CUERPO, D. LORENZANI e P. PONTUCH, The Economic Impact of Rescue and Recovery Frameworks
in the EU
, Discussion Paper, 4 settembre 2015 (leggibile in
http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/); J. C. BRICONGNE, M. DEMERTZIS, P. PONTUCH e A. TURRINI, 2016. Macroeconomic Relevance of Insolvency Frameworks in a High-debt Context: An EU Perspective, European Economy - Discussion Papers 2015 -032, Directorate General Economic and Financial Affairs (DG ECFIN), European Commission) ed è stata accolta come un'opportunità per modernizzare il diritto europeo sulla ristrutturazione (G. MCCORMACK, Corporate Restructuring Law, cit.; N. TOLLENAAR, The European Commission's Proposal for a Directive on Preventive Restructuring Proceedings, June 1, 2017. In: Insolvency Intelligence, Vol. 30(5), 2017, Scaricabile da https://ssrn.com/abstract=2978137) ma ha anche attirato critiche (H. G. M., EIDENMUELLER, Contracting for a European Insolvency Regime (January 9, 2017). European Corporate Governance Institute (ECGI) - Law Working Paper No. 341/2017, Oxford Legal Studies Research Paper No. 28/2017, Disponibile in  https://ssrn.com/abstract=2896340or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.2896340). Il testo finale della direttiva riflette in definitiva un notevole compromesso. Il negoziato, sia in seno al Consiglio che al Parlamento europeo, ha portato a numerose modifiche al testo giuridico. La maggior parte delle modifiche introdotte nel processo negoziale ha, però, annacquato l'effetto di armonizzazione della direttiva, principalmente introducendo diverse opzioni di attuazione per gli Stati membri. Il risultato finale è "una sconcertante varietà di opzioni divergenti" (V. ROTARU, The Restructuring Directive: a functional law and economics analysis from a French law perspective, in Droit & Croissance – C/O Institut Louis Bachelier – 2019).

[43] Sul tema dell’allerta nel CCII, A. NIGRO, Il “diritto societario della crisi”: nuovi orizzonti? in Riv. Società, 2018, 1207 ss.; R. RANALLI, La riforma della crisi d’impresa. Dalla preallerta sino all’istanza al tribunale passando attraverso le regole di composizione assistita. I presidi organizzativi e le regole di governo previste dalla riforma, in www. osservatorio-oci.it, 2017; Id., Le misure di allerta. Dagli adeguati assetti sino al procedimento avanti all’OCRI, 2019;  G.A. POLICARO, La crisi d’impresa e gli strumenti di monitoraggio nel disegno di legge di riforma fallimentare, in Giur. comm., 2017, I, 1038 ss.; G. D’ATTORRE, Prime riflessioni sulla delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Riv. Società, 2017, 517 ss.; S. SANZO, La disciplina procedimentale. Le norme generali, le procedure di allerta e di composizione della crisi, il procedimento unitario di regolazione della crisi o dell’insolvenza, in S. SANZO - D. BURRONI (a cura di), Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019, 37 ss.; M. FERRO, Allerta e composizione assistita della crisi nel D.Lgs. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, in Fallimento, 2019, 421.

[44] Sulla particolare rilevanza del regime italiano dell’allerta rispetto al sistema tedesco e (perfino) a quello francese, v. G. BALP, Early Warning Tools at the Crossroads of Insolvency Law and Company Law, in Global Jurist, 31 luglio 2018, leggibile in https://doi.org/10.1515/gj-2018-0037.

[45] Ai quali poi devono essere aggregati nell’analisi dell’istituto sia le norme – artt. da 16 a 18 - sull’Organismo di gestione della crisi (OCRI), sia quelle – artt. da 19 a 23 - sulla composizione assistita della crisi), sia, infine, quelle (artt. 24 e 25) sulle misure premiali.

[46] Queste ultime società sono state espressamente escluse dall’applicazione degli strumenti d’allerta dal d.lgs. correttivo 147/2020 (che è intervenuto sul comma 4 dell’art. 12 CCII) in quanto – come la Relazione illustrativa del decreto afferma - “pur non rientrando formalmente nella definizione di “società quotate in un mercato regolamentato” sono, al pari di queste, soggette ad obblighi di trasparenza e di comunicazione scarsamente compatibili con una gestione – pur riservata – della segnalazione e della convocazione dinanzi all’OCRI”. Sui riflessi comportamentali indotti da queste innovazioni, v. le riflessioni condotte dal punto di vista aziendalistico di P. BASTIA, Soluzioni per l’accertamento precoce della crisi, in www.osservatorio-oci.org.

[47] In tal senso S. AMBROSINI, Ambito di applicazione della legge, definizioni e principi generali, in S. PACCHI – S. AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza, cit. 18,parla di questi articoli come di una “preziosa lente” attraverso la quale leggere le successive disposizioni.

 

 

[48] A sostegno di quanto viene affermato nel testo, possiamo citare l’art. 15, comma 1, CCII laddove è sancito che L’obbligo di segnalazione all’OCRI, posto a carico dei creditori pubblici qualificati, scatta non al momento dell’inadempimento bensì quando vi siano ripetuti inadempimenti che hanno determinato la comunicazione al debitore, la quale non abbia, tuttavia, prodotto alcun effetto nei tre mesi successivi, non essendo stato attivato il procedimento di composizione assistita della crisi né sia stato raggiunto un accordo con il creditore qualificato, oppure, sia stata chiesta l’ammissione ad una procedura concorsuale.

[49] Diverse sono le norme del CCII nelle quali viene menzionata la riservatezza, posta a carico dei diversi attori della crisi: all’art. 4 per i creditori, all’art. 5 per i componenti degli organismi e dei collegi preposti alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi, all’art. 19 per la riservatezza dell’accordo raggiunto a conclusione del procedimento di composizione assistita della crisi e all’art. 21 per i limiti di riservatezza riguardanti gli atti relativi al procedimento e i documenti prodotti o acquisiti nel corso dello stesso.

[50] S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, cit., 3.

[51] In che senso? Secondo A. NIGRO – D. VATTERMOLI, Disciplina delle crisi dell’impresa societaria, doveri degli amministratori e strumenti di pianificazione: l’esperienza italiana, in www.ilcaso.it, 1° novembre 2018, 10:  “In presenza di una situazione di crisi o di pre-crisi, dunque, la condotta degli amministratori deve essere valutata non in base ad alternative “secche”, come quella fra proseguire o cessare l’ordinaria gestione, o quella fra ricapitalizzare o liquidare, ma sulla base di criteri elastici che consentano di tener conto delle circostanze concrete e delle finalità in relazione alle quali la decisione di continuare o interrompere la gestione sia stata assunta ed attuata, circostanze e finalità vagliate appunto attraverso il criterio della ragionevolezza, che consente di verificare la “non arbitrarietà nella selezione degli interessi” e quindi, nell’ipotesi che stiamo esaminando, di verificare che gli interessi degli stakeholders (e fra essi, in particolare, dei creditori) vengano adeguatamente considerati nelle scelte degli amministratori”.

[52] Sul rischio di crisi, sulle svariate fattispecie, cause e modalità di manifestazione, v. in particolare P. BASTIA, Crisi aziendali e piani di risanamento, Torino, 2019.

[53] A. DANOVI, P. RIVA, Le cinque fasi della crisi e dell’allerta, in www.ilfallimentarista.it, 20 agosto 2018. 

[54] Sulle modalità di coinvolgimento virtuoso dei vari Stakeholders cfr. L. STANGHELLINI, R. MOKAL, C.G. PAULUS, I. TIRADO, Best practices in European Restructuring, Milano, 2018.

[55] A. MAZZONI, Procedure concorsuali e standards internazionali: norme e principi di fonte Uncitral e Banca Mondiale, in Giur. comm., 2018, I, 46.

[56] P. RIVA, Gli strumenti di allerta, in M. MONTELEONE (a cura di), Evoluzione degli organi della crisi d’impresa, Milano, 2021, 33 ss. dove sottolinea la nuova prospettiva – quella della tempestiva rilevazione della crisi - verso la quale gli artt. 375 e 377 del CCII collocano il principio di adeguatezza già presente nell’ordinamento ma ora inerente a tutte le società, sia di persone che di capitali. Sul tema della medesima Autrice anche Ruoli di Corporate governance. Assetti organizzativi e DNF, Egea, 2020, passim.

[57] La continuità aziendale trova in continuo monitoraggio la sua realizzazione, v. M. SPIOTTA, Continuità aziendale e doveri degli organi sociali, Milano, 2017 e S. PACILEO, Continuità e solvenza nella crisi di impresa, Milano, 2017.

[58] A. PANIZZA, Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili: aspetti (teorici ed) operativi, in Ristrutturazioni aziendali, 11 agosto 2021, 2, dove l’A. sottolinea che tale crescita “dovrebbe favorire la rimozione o, quantomeno, l’attenuazione di frequenti e comuni fattori critici quali il sottodimensionamento, il capitalismo familiare, il personalismo autoreferenziale dell’imprenditore, la debolezza degli assetti di corporate governance, le carenze nei sistemi operativi e l’assenza di monitoraggio e di pianificazione, anche a breve termine”; recentemente P. BASTIA, Gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili nelle imprese a struttura complessa e nei gruppi societari, in www.lamagistratura.it, 1/2022.

[59] N. ABRIANI- A. ROSSI, Nuova disciplina della crisi d’impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, 394-395; S. AMBROSINI, Appunti sui doveri degli amministratori di s.p.a. e sulle azioni di responsabilità alla luce del codice della crisi e della “miniriforma” del 2021, in Ristrutturazioni aziendali, 23 novembre 2021, 3.

[60] Come S. AMBROSINI,L’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili e il rapporto con le misure di allerta nel quadro normativo riformato, in www.ilcaso.it, 15.0.2019, osserva il nostro Ordinamento già conosceva, in dal TUF (art. 149) e poi con la riforma societaria, il concetto di assetti adeguati. Il CCII ne fa un paradigma organizzativo di tutte le imprese. Sull’argomento: M. IRRERA, Assetti e modelli organizzativi nella corporate governance delle società di capitali, Bologna, 2016; P. MONTALENTI, Gestione dell’impresa, assetti organizzativi e procedure di allerta, in La Nuova disciplina delle procedure concorsuale. In ricordo di Michele Sandulli, Torino, 2019; M. ARATO, Corretta amministrazione e adeguatezza degli assetti organizzativi: ruoli e prerogative di amministratori, sindaci e revisori, ivi, p.77; V. CALANDRA BUONAURA, Corretta amministrazione e adeguatezza degli assetti organizzativi nella Società per azioni, in Giur. comm., 2020, I, pp. 439 e ss.; M. ONZA, Gli “adeguati assetti” organizzativi: tra impresa, azienda e società (Appunti per uno studio), ivi, 11 ottobre 2021. Nella dottrina aziendalistica cfr. F. MANCA, Assetti adeguati e indicatori della crisi nel nuovo codice della crisi d’’impresa: la visione aziendalistica, in Giur. comm., 2020, I, pp. 636 e ss.; P. BASTIA, Gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili nelle imprese: criteri di progettazione, in questa Rivista, 27 luglio 2021; A. QUAGLI, Sulla necessaria rimodulazione nel Codice della Crisi degli indicatori e indici della crisi, ivi, 28 agosto 2021; A. PANIZZA, Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili: aspetti (teorici ed) operativi, ivi, 11 agosto 2021.

[61] Emergeuna de-istituzionalizzazione del diritto della crisi portato del primato dell’economia sul diritto. La fiducia nell’autoregolamentazione del mercatopermea la nostra disciplina sfociando allora in un nuovo ruolo del giudice, in una deprocedimentalizzazione, nella destatalizzazione dell’insolvency law, in tal senso, A. DI FAZIO, L’interesse pubblico nella regolazione della crisi (d’impresa e non), Piacenza, Università Cattolica, 11 maggio 2018, presentazione power point reperibile in https://slideplayer.it/slide/14496658/.

 

 

[62] In seno alle Norme sul funzionamento del Collegio sindacale, la 3.4 (“Vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento dell’assetto organizzativo”) offre una definizione dell’assetto organizzativo come “il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità”.

[63] Con G. VERNA, Strumenti per il nuovo assetto organizzativo delle società, in Società, 2019, 929, possiamo ritenere che per assetto amministrativo possa intendersi “l’insieme delle procedure dirette a garantire l’ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle singole fasi nelle quali le stesse si articolano, mentre l’assetto contabile si riferisce al sistema di rilevazione dei fatti di gestione”.

[64] Si modificano, per l’effetto, anche le corrispondenti disposizioni sull’amministrazione delle società dell’art. 2380-bis, dell’art. 2409-novies (sul consiglio di gestione) similmente dell’art. 2475 (per le s.r.l.) e, infine, dell’art. 2257 (per le società di persone).

[65] L'art. 375 CCII è intervenuto doppiamente sull'art. 2086 c.c. con una modifica e un’aggiunta. In primo luogo, ha modificato la rubrica che, da "Direzione e gerarchia nella impresa", è divenuta "Gestione dell'impresa”. In secondo luogo ha aggiunto un secondo comma, in forza del quale l'imprenditore che operi in forma societaria o collettiva ha il dovere di (a"istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale" e (b) "attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale". All’art. 375 CCII fa da contrappunto l’art. 377 CCII. Quest’ultima norma estende espressamente l'applicabilità del modello organizzativo indicato dall'art. 2086, comma 2, c.c. alle società di persone e alle s.r.l. alla quale si applica altresì la disciplina di cui all'art. 2381 c.c. in materia di poteri delegati. Le modifiche apportate all'art. 2086, comma 2, c.c. hanno altresì un impatto sull’attività e sulla responsabilità degli organi sociali. Ricordiamo, infine, che gli artt. 375, 377, 378 e 379 CCII sono entrati in vigore il 16 marzo 2019, in forza di quanto previsto dall'art. 389, comma 2, CCII, mentre l’art. 379 CCII lo è già dal 19 luglio 2020. L’intervento correttivo, distinguendo tra attività organizzativa e attività gestoria, specifica (la nuova formulazione dell’art. 377 CCII – entrata in vigore quindici giorni dopo la pubblicazione nella GU del d.lgs. 147/2020 - incide sugli artt. 22571, 2380-bis1, 2409- novies1, e 24751 c.c.) “l’istituzione degli assetti di cui all’art. 2086, comma 2, c.c. spetta esclusivamente agli amministratori”con ciò riuscendo a chiarire  quanto disposto dall’art. 2381 c.c.  Riguardo agli assetti la norma ripartisce cioè i compiti tra consiglio di amministrazione e organi delegati disponendo che i secondi curano l’adeguatezza degli assetti alla natura e alle dimensioni dell’impresa, mentre i primi sono chiamati a valutarne l’adeguatezza.

 

[66] OIC è l’acronimo di Organismo italiano di contabilità.

[67] Sui segnali di allarme previsti dallo Schema di d.lgs. di modifica del CCII in recepimento della Direttiva Insolvency, vedi supra par. 4.

[68] Sul punto R. DELLA SANTINA, Indicatori e indici della crisi nel sistema degli strumenti di allerta: l’interpretazione sistematica e di metodo offerta dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in www.ilcaso.it.  

[69] CNDCEC, Crisi d’impresa. Gli indici d’allerta, 20 ottobre 2019, leggibile in https://www.jusdicere.it/Ragionando/wp-content/uploads/2020/02/codice-della-crisi_definizioni-indici_ott-2019.pdf

[70] S. LEUZZI, Il primo correttivo al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: una postilla, in www.inexecutivis.it, 1).

[71] A. QUAGLI, Il concetto di crisi d’impresa come incontro tra la prospettiva aziendale e quella giuridica, in www.ilcaso.it, 2016; M. CATALDO, La soggezione dell’impresa in crisi al regime di allerta e composizione assistita, in Fallimento, 2016, p. 1021 ss.  che valuta in modo critico la definizione di crisi, ritenendo che quando c’è già la probabilità di una futura insolvenza (ovvero vi sono fondati indizi della sua sussistenza) è già troppo tardi per affrontare tempestivamente la situazione.

[72] Il d.lgs. 147/2020 è intervenuto sulla nozione di crisi sostituendo all’espressione “difficoltà” quella di “squilibrio”, più sintonica con i parametri della scienza aziendalistica, cui la L.155/2017 faceva espresso riferimento. In tal modo, recependo le critiche allo strumento dell’allerta, visto come acceleratore per l’entrata nel percorso concorsuale di molte imprese, si avvicina sostanzialmente la nozione di crisi a quella di insolvenza. La sostituzione è stata immediatamente criticata (S. LEUZZI, Il primo correttivo al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: una postilla, cit.) perché “poco coraggioso” in quanto “ingrana la retromarcia” traducendo “la “probabilità” in “verosimiglianza”. Con ciò il Legislatore del correttivo sposta “un po’ in là nel tempo la linea di partenza delle segnalazioni, evitando di farle scattare troppo presto”. Così facendo “più che sul superamento della crisi, il Legislatore sembra dirottarsi sull’emersione precoce dell’insolvenza. È già qualcosa, ma molto di meno di quanto si sarebbe potuto”.

[73] Nello stesso art. 2 del CCII si legge, infatti, alla lett. b) del I comma che per insolvenza si intende: “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

 

 

[74] Per questa notazione anche S. AMBROSINI, Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, in S. PACCHI-S. AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 69-70.

[75] Accanto ai creditori pubblici qualificati, vi sono creditori qualificati “particolarmente informati” come le banche e intermediari finanziari che devono comunicare le variazioni delle linee di credito.

[76] La comunicazione deve essere effettuata al debitore e, precisamente, all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui siano in possesso, o, in mancanza, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’indirizzo risultante dall’anagrafe tributaria.

[77] L’ articolo 15, al comma 2, stabilisce che l’esposizione debitoria è di importo rilevante, per l’Agenzia delle Entrate, in relazione all’importo del debito scaduto e non versato, risultante dalla comunicazione della liquidazione periodica di cui all’articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n.   78, al superamento di parametri individuati in relazione al volume d’affari dell’impresa, (100.000 euro, 500.000 euro oppure 1.000.000 di euro), variabili a seconda del volume d’affari dell’anno precedente (non superiore a 1.000.000 di euro oppure 10.000.000 di euro, o sopra quest’ultima soglia). Per l’Inps, quando il debitore è in ritardo di oltre sei mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell’anno precedente e superiore alla soglia di euro 50.000. Per l’Agente della Riscossione, quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione dopo la data di entrata in vigore del presente codice, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni superi, per le imprese individuali, la soglia di euro 500.000 e, per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000. Per quanto riguarda l’Agenzia delle Entrate, l’obbligo di segnalazione al debitore della sua situazione di criticità è previsto a partire dalla liquidazione periodica IVA relativa al primo trimestre dell’anno d’imposta successivo all’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Con l’entrata in vigore fissata dal d.l. n. 23/2020 (conv. nella L. 40/2020) al 1° settembre 2021, perciò, questa norma avrebbe trovato applicazione dal 2022. Per contenere il numero delle segnalazioni e per assicurare la funzionalità all’allerta, il Decreto correttivo (d.lgs. 26 ottobre 2020, n.147) ha, poi, innalzato e scaglionato le soglie rilevanti per la c.d. allerta esterna da parte dell’Agenzia delle Entrate. Questa si attiverebbe in presenza di un debito IVA scaduto e non versato di euro 100.000 per le imprese con un volume d’affari risultante dalla dichiarazione per l’anno precedente non superiore a un milione di euro, di euro 500.000 per le imprese con un volume d’affari fino a 10 milioni di euro e di un milione di euro per le imprese con un volume d’affari superiore a 10 milioni di euro. Il d.lgs. 147/2020, inoltre, fissa in 60 giorni dalla comunicazione di irregolarità di cui all’art. 54-bis d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il limite di tempo entro cui l’Agenzia delle Entrate dovrà effettuare la comunicazione all’impresa debitrice. In merito all’opportunità di tale intervento cfr. S. LEUZZI, Il primo correttivo al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: una postilla, cit., p. 3; F. PLATANIA, Gli obblighi di segnalazione previsti dall’art. 15, in Commento al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, I Quaderni di In Executivis, 93). Successivamente però, il Decreto Sostegni (art. 5, comma 14, D.L. 22 marzo 2021, n. 41) aveva disposto il rinvio al 2023 degli obblighi di segnalazione al debitore gravanti in capo all'Agenzia delle Entrate (l'obbligo per l'Agenzia delle Entrate di segnalazione sarebbe così decorso a partire dalle comunicazioni della liquidazione periodica Iva relative al secondo anno di imposta, anziché al primo, successivo all'entrata in vigore del Codice della crisi), restando invece invariata la data di efficacia degli obblighi di segnalazione interna gravanti in capo all'organo di controllo, al revisore e alla società di revisione (cd. allerta interna) che sarebbero entrati in vigore il 1° settembre 2021 insieme a tutte le altre parti del CCI. In sede di conversione del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, (cd. “Decreto Sostegni”), ad opera della L. 21 maggio 2021, n. 69, è stato sostituito il 14° co. dell’art. 5, andando a modificare il 7° co. dell’art. 15 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza). In particolare, è stato aggiunto un ultimo periodo in forza del quale «per l’Istituto nazionale della previdenza sociale e per l’agente della riscossione», l’obbligo di segnalazione di cui al 1° co. dell’art. 15, «decorre dall’anno successivo a quello di entrata in vigore del presente Codice», mentre per l’Agenzia delle Entrate si prevede che esso decorra «dalle comunicazioni della liquidazione periodica IVA di cui all’articolo 21 bis del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n.122, relative al primo trimestre del secondo anno d’imposta successivo all’entrata in vigore del presente Codice». Insomma, siamo in presenza di un chiara volontà di procrastinare l’allerta esterna promossa dai creditori pubblici qualificati che al momento trova giustificazione nella difficile situazione in cui le nostre imprese operano e che lascia intravedere nel momento in cui si scrive soltanto segnali di peggioramento.

[78] La definizione è di M. FERRO, Allerta e composizione assistita della crisi nel D.lgs. n. 114/2019 ecc., cit., 425.

[79] M. MONTELEONE, La crisi d’impresa in costante divenire, in M. MONTELEONE, L. D’AMORE, F. DI VIZIO, Reati e crisi di impresa, Milano, 2021, 13.

[80] R. OLIVERA GARCÍA-L. CHALAR SANZ, La ley uruguaya de concursos y reorganización empresarial, Montevideo, Fundación de cultura universitaria, 2018, 16.

[81] A. JORIO, Su allerta e dintorni, in Le proposte per una riforma della legge fallimentare, Milano, 2017, p. 58.

[82] L. DE BERNARDIN, Le misure di allerta interna ed esterna nel nuovo codice della crisi di impresa, in www.giustiziainsieme.it, 26 novembre 2020.

[83] Anche su questo aspetto della mancanza di misure premiali per il creditore pubblico qualificato, P. RIVA, Gli strumenti di allerta, cit., 55, fonda la loro contrapposizione agli organi di controllo societario.

[84] P. VELLA, L’allerta nel Codice della crisi e dell’insolvenza alla luce della Direttiva (UE) 2019/1023, in www.ilcaso.it., 24/07/2019, 11.

[85] R. RANALLI, Le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi: insidie e opportunità, in www.ilfallimentarista.it, 31 ottobre 2017.

[86] L’OCRI può compiere l’attestazione solo nel caso in cui almeno uno dei suoi componenti possa qualificarsi professionista indipendente (art. 19, comma 1). Questa previsione è stata introdotta dal correttivo (d.lgs. 147/2020) con tutta evidenza teso a garantire la professionalità dell’Organismo.

[87] M. FABIANI, La fase dell’allerta non volontaria e il ruolo dell’OCRI, in www.ilcaso.it, 2019, 09/10/2019.

[88] R. RANALLI, Le procedure di allerta e di composizione assistita ecc., cit.

[89] L’art. 17 CCII è stato oggetto di un intervento operato dal d.lgs. 147/2020. Precedentemente prevedeva che il terzo componente dell’Organismo appartenesse “all’associazione rappresentativa del settore di riferimento del debitore” e che fosse “individuato dal referente, sentito il debitore, tra quelli iscritti nell’elenco trasmesso annualmente all’organismo delle associazioni imprenditoriali di categoria”. In armonia con i principi della Legge delega 155/2017 e in sintonia con la Direttiva UE 1023/2019 che raccomanda il coinvolgimento del debitore nella scelta dei professionisti, si prevede adesso che il referente comunichi all’associazione di categoria tre nominativi indicati dal debitore tra quanti siano iscritti all’albo di cui all’art. 356 e che l’associazione scelga tra i tre proposti dal debitore, il componente dell’OCRI.

[90] P. VELLA, L’allerta nel Codice della crisi e dell’insolvenza ecc., cit., p. 2.

[91] I dubbi su questo Organismo sono ben enucleati da L. DE BERNARDIN, Il sistema dell’allerta e della composizione preventiva della crisi, in www.ilcaso.it, 9 settembre 2020.

[92] All’OCRI è demandata: 1) la gestione della procedura di allerta, avviata in seguito alle segnalazioni ricevute dai soggetti qualificati o su istanza dello stesso debitore; 2) l’individuazione del Collegio; 3) la redazione di un progetto di risanamento con l’indicazione dei relativi costi; 4) la formulazione di un operativo; 5) la predisposizione di un piano economico; 6) l’assistenza nella negoziazione con i principali creditori (Sistema Bancario, Inps, Erario).

[93] R. RANALLI, Il successo della riforma dipende dall'OCRI: un accorato suggerimento al legislatore, in www.ilcaso.it, 4 dicembre 2018, 1.

[94] R. RANALLI, Il successo della riforma dipende dall’OCRI: un accorato suggerimento al Legislatore, cit., 7.

[95] P. VELLA, L’allerta nel Codice della crisi e dell’insolvenza ecc., cit., p. 2.

[96] P. VELLA, op. loc. cit., n. 12 a p. 11, citando M. FERRO, Allerta e composizione assistita della crisi nel D.Lgs. n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, in Fallimento., 4/2019, p. 421.

[97] R. RANALLI, Il successo della riforma dipende dall'OCRI: un accorato suggerimento al legislatore, cit., 12-13.

[98] La nomina dell’organo di controllo o del revisore diventa con questa Riforma obbligatoria anche nelle società a responsabilità limitata (oltre che nelle ipotesi in cui la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato e/o controlli una società obbligata alla revisione legale) anche nel caso in cui per due esercizi consecutivi la società superi almeno una delle soglie dimensionali (attivo o ricavi superiori a 2 milioni di euro; numero di dipendenti occupati in media superiori a 10).

[99] Sin da Cass., 21 luglio 2010, n. 17121.

[100] E’ stato peraltro rilevato che, così posta, la norma mette praticamente nel nulla la novità della legittimazione all’apertura del procedimento di accertamento giudiziale dello stato di crisi o d’insolvenza ex art. 2, lett. d) (v. artt. 41- 44 CCI), per la quale non si prevede un analogo meccanismo incentivante: sarà sempre preferibile per un collegio sindacale o un revisore legale ripararsi all’ombra della segnalazione ex art. 4, lett. c), piuttosto che affrontare le incertezze di un responsabile procedimento giudiziario attraverso il quale la società potrà trovare ingresso in una procedura di liquidazione giudiziale.

[101] Il riferimento a quest’ultima norma è opera del d.lgs. 147/2020.

[102] La notazione è di P. MONTALENTI, Il Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza: assetti organizzativi adeguati, rilevazione della crisi, procedure di allerta nel quadro generale della riforma, in P. MONTALENTI e A. NOTARI (a cura di), Crisi d’impresa. Prevenzione e gestione dei rischi: nuovo codice e nuova cultura, Milano, 2021, 26; S. AMBROSINI, Appunti sui doveri degli amministratori di s.p.a. e sulle azioni di responsabilità alla luce del codice della crisi, cit., 3;E. RICCIARDIELLO, La crisi dell’impresa di gruppo tra strumenti di prevenzione e di gestione, Milano, 2020, passim.

[103] Sul punto v. anche le cristalline osservazioni di S. AMBROSINI, Appunti sui doveri degli amministratori ecc., cit. 4 “Il che non significa che una negligenza di questo genere sia di per sé foriera di responsabilità in capo ad amministratori e sindaci, occorrendo pur sempre non solo l’esistenza di un danno, ma altresì la prova che esso non si sarebbe prodotto in presenza di assetti invece adeguati (c.d. giudizio controfattuale)” e sempre su questo profilo di responsabilità, dello stesso A., L’adeguatezza degli assetti organizzativi ecc., cit., 15.

 

[104] Si tratta di misure temporanee e revocabili, anche d’ufficio, in caso di atti in frode ai creditori o quando il Collegio degli esperti ritenga che non vi è possibilità̀ di addivenire ad una soluzione concordata della crisi o che non vi sono significativi progressi nell’attuazione delle misure idonee a superare la crisi medesima.

[105] Sulla chiara svolta del Codice della crisi con il quale “dopo il processo di intensa privatizzazione del diritto societario e le importanti aperture verso la gestione negoziale della crisi degli anni 2000, il baricentro pubblico della funzione protettiva del mercato torna a spostarsi in capo al pubblico ministero, potenziato nel ruolo di controllore ma anche disvelatore giudiziale dell’insolvenza”, F. DI VIZIO, Il potere generale di iniziativa del pubblico ministero per l'accertamento dello stato di insolvenza: la liquidazione giudiziale (art. 38 CCI), in Pluris-cedam.utetgiuridica.it, 18/04/2019, 1.

[106]  Sul punto cfr. S. AMBROSINI, Il concordato fallimentare, in G. COTTINO (diretto da), Trattato di diritto commerciale, S. AMBROSINI- G. CAVALLI - A. JORIO, Il fallimento, XI, Padova, 2008, 702.

[107] Sono previste (artt. 24 e 25 CCII) misure premiali per l’imprenditore – da ritenere estese anche agli amministratori di società, pur nel silenzio della legge e del CCII - che abbia tempestivamente proposto l’istanza di composizione assistita (nei 3 mesi) “seguendone le indicazioni in buona fede”, ovvero la domanda di accesso a una delle procedure regolatrici della crisi o dell’insolvenza (nei 6 mesi) “che non sia stata in seguito dichiarata inammissibile” (art. 24 CCII). La tempestività (art. 24 CCII) ricorre esclusivamente quando il debitore abbia proposto una delle predette istanze entro il termine di sei mesi dal verificarsi di determinati indici di natura finanziaria ivi indicati (3 mesi per l’istanza all’ OCRI).

Le misure premiali sono cumulabili fra loro e includono: A) la causa di non punibilità per il delitto di bancarotta semplice e per gli altri reati previsti dalla vigente legge fallimentare, quando abbiano cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità ai sensi dell’attuale art. 219, comma 3, l.fall.; B) un’attenuante ad effetto speciale (fino alla metà della pena) quando, a prescindere dalla speciale tenuità del danno, all’apertura della procedura concorsuale il valore dell’attivo inventariato od offerto ai creditori superi il quinto dell’ammontare dei debiti (così l’art. 25, comma 2, CCII); C) la riduzione – durante la procedura di composizione assistita - alla misura legale degli interessi e delle sanzioni correlati ai debiti tributari sorti ; D) la riduzione alla metà – in caso di consecuzione di procedura di crisi o d’insolvenza alla procedura di composizione assistita - degli interessi e delle sanzioni correlati ai debiti fiscali dell’impresa oggetto della procedura di composizione; E) la proroga del termine fissato dal giudice per il deposito della proposta di concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, pari al doppio di quella che ordinariamente il giudice può concedere; F) l’inammissibilità di una proposta di concordato in continuità aziendale concorrente, se il professionista incaricato attesta che la proposta del debitore assicura il soddisfacimento dei creditori chirografari al 20%.

[108] Indubbiamente si trattava di una <>, N. ABRIANI – G. PALOMBA, Strumenti e procedure di allerta: una sfida culturale (con una postilla sul codice della crisi dopo la pandemia da Coronavirus), in www.osservatorio-oci.org, 25 marzo 2020.

[109] Eccessivo ridimensionamento conseguente all’irrigidimento della disciplina assisa sul mantenimento di parametri dimensionali (art. 84) nell’equivoco, probabilmente, che tale previsione sia sufficiente per inquadrare la procedura concordataria come socialmente sostenibile, in tal senso S. AMBROSINI, Introduzione, in S. PACCHI – S. AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza, Bologna, 2020, 11.

[110] F. SANTANGELI – A. FABBI, Il (giusto) differimento, in ragione dell’emergenza, della entrata in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza; ma è indispensabile che alcune norme entrino in vigore immediatamente, in www.ilcaso.it, 16 aprile 2020.

[111] S. PACCHI, L’impatto del virus Corona-19 sul diritto della crisi, in S. PACCHI e A. PISANESCHI (a cura di), Finanziamenti e diritto della crisi nell’emergenza, Torino, 2020, in particolare 161.

[112] Per molti spunti in questo senso rinvio a AA.VV., Crisi d’impresa ed emergenza sanitaria, diretto da S. AMBROSINI e S. PACCHI, Bologna, 2020, passim.

[113] S. PACCHI, Quale sistema e quale strumento per la “INSOLPANDEMIA”?, in SAA.VV., Crisi d’impresa ed emergenza sanitaria, cit., 564 ss.

[114] Sul punto anche J. L. GOLDENBERG, Repensar el derecho de la crisis desde la crisis, leggibile in www.dictumabogados.com.

[115] S. LEUZZI, Una rapida lettura dello schema di DL recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, in www.dirittodellacrisi, 5 agosto 2021, 6.

[116] La composizione negoziata non è procedura concorsuale mancando dei requisiti necessari per la sua presenza (ammissione, organo di nomina giudiziaria, effetti ex lege che si producano al deposito della domanda sul debitore, sui crediti, sul patrimonio ecc.).

[117] È questo un importante passaggio, nel quale questi soggetti sono chiamati a esprimersi in via preliminare sul piano di risanamento predisposto dall’impresa, a documentare all’esperto il proprio parere in merito, a non dismettere il dovere di vigilanza ai sensi dell’art. 2403 c.c. per tutta la durata delle trattative.

[118] S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, cit., 2.

[119] “La cifra della composizione negoziata sta, dunque, nel suo carattere stragiudiziale, riservato e volontario” (S. AMBROSINI, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in www.ristrutturazioniaziendali,23 agosto 2021. Quelli della giurisdizione sono interventi “episodici”, R. BROGI, Conversione Decreto Crisi d’impresa in G.U.; ultima chiamata per l’emersione volontaria della crisi?, in Quotidiano Giur., 25 ottobre 2021, 2.

[120] Con il rinvio della Parte prima del Titolo II del CCII, in estrema sintesi, si accantonano gli OCRI e l’allerta esterna, senza però sgravare gli organi di controllo, i quali devono con scrupolo verificare adeguatezza degli assetti, di monitorare l’esistenza di condizioni di squilibrio, segnali di probabile crisi, e di avvertire gli amministratori, magari sollecitando, in presenza di ingiustificate lentezze, una decisione operativa per assumere un idoneo intervento. Anzi, l’art. 15 del dl 118/2021 impone l’obbligo di segnalazione scritta all’organo amministrativo da parte dell’organo di controllo (vale a dire il collegio sindacale, là dove presente, oppure il revisore, quando sia nominato in assenza del collegio sindacale), della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto risanatore, senza tuttavia alcun indicatore o strumento con cui l’organo di controllo possa misurare il mantenimento della continuità e di conseguenza stabilire quando sia necessario procedere con la segnalazione scritta all’organo amministrativo della necessità di richiedere la nomina dell’esperto risanatore. Il comma 2 dell’articolo 15 prevede che la tempestività della segnalazione all’organo amministrativo, così come la puntuale vigilanza sulle trattative ai fini del risanamento, siano poi valutate ai fini dell’esonero o dell’attenuazione della responsabilità di cui all’articolo 2407 del Codice civile. Sostanzialmente, nella gestione di un eventuale successivo fallimento, il curatore dovrà valutare se l’organo di controllo abbia operato correttamente rispetto ai propri obblighi. L’eventuale inosservanza sarà determinante al fine della richiesta di risarcimento dei danni a carico dei componenti dell’organo stesso.In ogni modo, tutto si risolve nell’interna corporis. Insomma, nessuno esce dall’impresa per attivare uno strumento ricorrendo a un soggetto esterno come l’OCRI.

[121] Nonostante, però, questo seducente profilo il numero delle imprese (inferiore a cento) che in questi mesi vi hanno fatto ricorso non indica, tuttavia, che abbia riscosso un successo immediato: M. DAMIANI, Oltre mille gli esperti della nuova crisi. Meno di 100, però, le istanze, in Italia Oggi, 25 febbraio 2022.

[122] Questo non è l’unico punto su cui il d.l. 152/2021 è intervenuto (art. 30-sexies). Inoltre, il d.l. ha introdotto nell’Art. 30/ter, l’interoperabilità tra la piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata per la soluzione delle crisi d'impresa con la Centrale dei rischi della Banca d'Italia e con le banche dati dell'Agenzia delle entrate, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'agente della riscossione; nell’Art. 30-quater la possibilità per i creditori di accedere alla piattaforma telematica nazionale e di inserire le informazioni sulla propria situazione creditoria e i dati eventualmente richiesti dall’esperto; nell’art. 30-quinquies, l’istituzione, sulla piattaforma, di un programma informatico gratuito per l’elaborazione dei dati sulla sostenibilità del debito, per condurre il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e per l’elaborazione dei piani di rateizzazione. Se l’indebitamento complessivo non supera i 30.000 euro e tale debito risulta sostenibile, il programma elabora un piano di rateizzazione, comunicato dal debitore ai creditori. Se questi non trasmettono, il piano si intenderà approvato e sarà esecutivo. entro trenta gg. dalla comunicazione il loro dissenso.

[123] Segnalo che nello Schema di d.lgs. di modifica del CCII scompare il vocabolo allerta. Questa scomparsa attesta un cambio di rotta non indifferente. La nuova impostazione si basa su “segnalazioni” allo scattare di segnali di allarme. Senza ombra di dubbio, più consistente è la segnalazione che parte dall’organo di controllo verso l’organo gestorio così come l’organo di controllo, in quanto destinatario delle segnalazioni esterne, diviene il motore delle iniziative consequenziali. Il vocabolo “allerta” viene sostituito con segnalazioni già dalla rubrica del Capo III “Segnalazioni per la anticipata emersione della crisi e programma informatico di verifica della sostenibilità del debito e di elaborazione di piani di rateizzazione”.

[124] Alla luce di quanto previsto dall’art. 1 bis del D.L. 24.08.2021. n. 118, le s.r.l. e le società cooperative costituite alla data del 16.03.2019 devono provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore e, se necessario, ad uniformare l'atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni dell’art. 2477, comma 2 e 3, c.c. entro la data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2022 (anziché al 2021), posticipando così di un anno la presenza di un organo di controllo.

[125] La previsione del d.l. non legittima, pertanto, un’interpretazione diretta a spogliare di centralità la posizione dell’organo di controllo: N. ABRIANI-N. CAVALLUZZO, Il collegio sindacale deve segnalare condizioni di squilibrio, in IlSole 24Ore, 6 agosto 2021, 29.

[126] Grazie al monitoraggio continuo sulla gestione e agli approfondimenti e chiarimenti pretesi dagli amministratori e consistenti anche in situazioni patrimoniali ed economiche infrannuali.

[127] Oltre a quelle fornite dal revisore, se in carica. Il ruolo affidato all’organo di controllo di supporto dell’esperto come desumibile dalla sezione risulta anche dal Decreto Dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021.

[128] Questo aspetto è evidenziato anche dal documento della Fondazione nazionale Dottori commercialisti, redatto da C. BAUCO, Il d.l.n. 118/2021 Misure urgenti in materia di crisi di impresa e di risanamento aziendale. Il ruolo dell’organo di controllo, cit., 37 ss.

[129] Come chiarito nel par. 7.6, sezione III, del decreto dirigenziale 28 settembre 2021, l’esperto quando ritiene che l’atto o il pagamento pregiudichino l’interesse dei creditori, le trattative o le prospettive di risanamento, lo segnala, per iscritto e tramite la Piattaforma Telematica, all’imprenditore e all’organo di controllo.

[130] Nella conversione in legge del d.l. 118, è caduto nel comma 2 dell’art. 15, l’inciso “ai fini dell’esonero o dell’attenuazione” della responsabilità, il legislatore optando per il diretto riferimento alla valutazione della tempestività ai fini della responsabilità dell’organo di controllo ex art. 2407 cod. civ.

[131] Nella circolare n. 34 del 7 dicembre 2021.

[132] Ricordando che nell’art. 379 il termine ultimo per la nomina dell’organo di controllo era inizialmente il 16 dicembre 2019, si tratta, infatti, della quarta proroga in due anni. La prima fu disposta dal decreto milleproroghe che modificò il termine di nomina “entro la data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2019”. Successivamente il Decreto Rilancio lo fece slittare “entro la data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2021”. Infine, il d.l.118 che lo ha spostato all’approvazione dei bilanci relativi al 2022 quindi, di fatto, all’aprile 2023. Sulla singolarità del rinvio si è espresso recentemente anche un documento della Fondazione Nazionale dei dottori commercialisti, C. BAUCO, Il d.l.n. 118/2021 Misure urgenti in materia di crisi di impresa e di risanamento aziendale. Il ruolo dell’organo di controllo, 4 novembre 2021, 27 ss.

[133] La L. 233/2021 che convertendo in legge il d.l. 152/2021 è del 29 dicembre 2021.

[134] La norma (art. 30-sexies del d.l. 152/2021) prevede come destinatario della segnalazione, oltre l’imprenditore, l’organo di controllo, “nella persona del presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale” non considerando che vi sono società che hanno adottato un diverso regime, L. PANZANI, La composizione negoziata alla luce della Direttiva Insolvency, cit., 5.

[135] G. BALP, Early Warning Tools at the Crossroads of Insolvency Law and Company Law, cit., 12.

[136] Lo Schema di d.lgs. di modifica del CCII in recepimento della Direttiva Insolvency non contiene alcuna sanzione nei confronti del creditore pubblico qualificato.