Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
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I rapporti fra l’impresa in composizione negoziata e i creditori bancari dopo il decreto correttivo del 2024 (con una digressione sui finanziamenti abusivi).


Stefano Ambrosini
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Il ruolo dei creditori nella composizione negoziata


Nicola Manzini e Francesco Carelli

Data pubblicazione
27 marzo 2022

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Sommario: 1. Introduzione. - 2. Gli effetti dell’apertura della composizione negoziata sui creditori. - 3. I doveri e il ruolo nella composizione negoziata del creditore. - 4. Gli atti straordinari, finanziamenti prededucibili e la rinegoziazione dei contratti. - 5. Il ruolo dei creditori nella ricerca di esiti positivi della composizione negoziata. - 6. Conclusione.


1.        Introduzione

L’introduzione della composizione negoziata all’interno del nostro sistema normativo della crisi trae origine da talune necessità sorte contestualmente al differimento dell’entrata in vigore del Codice della Crisi, quali l’adattamento del sistema concorsuale italiano alla Direttiva UE 1023/2019 e la predisposizione di strumenti idonei alla preventiva emersione della crisi d’impresa, sul presupposto che il tempestivo intervento su di essa rappresenti un vantaggio per il sistema economico nel suo complesso

Il problema dell’emersione anticipata della crisi d’impresa si è reso ancor più contingente per effetto della crisi economica post-pandemica, atteso che, una volta terminate le misure pubbliche finanziarie a sostegno delle imprese, è forte la preoccupazione che esse possano cadere in uno stato di profondo squilibrio economico, con il conseguente rischio di accesso massivo a procedure concorsuali giudiziali e relativo ulteriore ingolfamento della macchina giuridica[1].

Sin d’ora sono stati ampiamente analizzati i vantaggi e le finalità di questo istituto in relazione alla figura del debitore istante[2], così parimenti si è studiato il ruolo e le funzioni dell’esperto nominato per assisterlo[3], ma ancora poco battuta sembra essere la strada degli effetti che tale istituto ha nei confronti dei creditori. È importante indagare tale aspetto se si considera che il debitore proprio ad essi si rivolgerà per la ricerca della soluzione della crisi e proprio dalla loro disponibilità – come vedremo, è fortemente raccomandata (se non, in qualche modo, quasi “obbligata”) da parte del legislatore – che dipende il successo di questo nuovo percorso.

L’obiettivo di questo contributo è pertanto quello di individuare gli effetti che la composizione negoziata genera nei confronti dei creditori, il ruolo che essi sono chiamati a svolgere all’interno di questo processo di turnaround e le possibili prospettive che questo istituto può comportare nello svolgimento dell’attività economica dei creditori interessati.

 

2.        Gli effetti dell’apertura della composizione negoziata sui creditori


Prima di entrare nel merito del ruolo spettante ai creditori e dello spazio che esso è chiamato ad occupare all’interno di questo nuovo “percorso”, giova analizzare gli effetti e l’incisività che l’apertura della composizione negoziata comporta nei loro confronti, in modo tale da poter definire l’atteggiamento che i creditori possono/devono assumere rispetto all’evento-composizione negoziata.

Il primo quesito preliminare da risolvere è cosa si intenda per “apertura” della composizione negoziata. A differenza che nel caso di una procedura concorsuale, detta apertura non è sancita da un provvedimento giudiziale. Pare allora corretto ricollegare tale momento all’evento con cui si dà inizio al percorso di composizione negoziata, da ricollegare all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, momento in cui si dà inizio alla fase delle trattative nonché da cui hanno efficacia le misure protettive richieste[4].

Il secondo quesito è capire come il creditore venga a conoscenza del fatto che il debitore abbia iniziato il percorso della composizione negoziata. Se non vengono richieste misure protettive né tantomeno la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione, la presentazione dell’istanza è riservata: non è pubblicata al Registro delle Imprese né si richiede un qualche tipo di onere di pubblicità[5]. Allo stesso tempo non è soggetta ad oneri di pubblicità nemmeno l’accettazione dell’esperto. In una situazione siffatta, salvo che non gli venga espressamente comunicato dal debitore, il creditore potrebbe potenzialmente non venire mai a conoscenza dell’esistenza della composizione negoziata, a meno che esso non venga inquadrato quale “parte interessata” e venga così reso edotto del “percorso”. Ciò è coerente con l’idea che in una composizione sì fatta non si avrebbe alcuna lesione dei diritti dei creditori e, quindi, non si ritiene necessario neppure informarli.

Diverso è il caso in cui il debitore non si limiti a presentare l’istanza di nomina dell’esperto ma provveda a richiedere anche una serie di vantaggi che gli sono riconosciuti dalla D.L. 118/2021. Innanzitutto, laddove ex art. 8 il debitore dichiari che, sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applichino nei suoi confronti gli obblighi di ricapitalizzazione e le cause di scioglimento di cui agli artt. 2484, co. 1, n. 4), e 2545-duodecies del c.c. allora l’istanza di nomina deve essere pubblicata nel registro delle imprese. In tal caso, tale pubblicazione ha effetto costitutivo nei confronti dei terzi[6].

Nel caso in cui il debitore faccia anche richiesta delle misure protettive, aumentando il livello di incisività che tale istituto realizza nei confronti dei creditori, ciò comporta ancora maggiori oneri di pubblicità in capo all’impresa: non soltanto l’istanza deve infatti essere pubblicata al registro delle imprese ma ex art. 7 a tutti coloro che subiscono tali misure deve altresì essere notificato il decreto di fissazione dell’udienza di conferma delle misure protettive affinché possano partecipare in contraddittorio a tale udienza[7].

La composizione negoziata, quindi, può generare numerosi effetti che possono incidere sui creditori, a seconda di come il debitore intende utilizzare questo strumento.

Innanzitutto, con le misure protettive il debitore può – al fine di favorire soluzioni pilotate della crisi di impresa e di deflazionamento del contenzioso – evitare la dichiarazione di fallimento o l’accertamento dello stato di insolvenza, così limitando la possibilità di azione dei creditori nei suoi confronti. A decorrere dalla pubblicazione della domanda in registro imprese, i creditori non possono difatti acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, se non concordati con l’imprenditore[8], né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e/o cautelari sul patrimonio, sui beni e sui diritti mediante i quali viene esercitata l’attività di impresa[9].

Dal punto di vista del creditore, le misure protettive hanno un duplice effetto: uno, per così dire, “privato”, posto che gli si impedisce di aggredire il patrimonio del debitore, prevenendo così situazioni che potrebbero compromettere il buon esito dei tentativi di soluzione positiva della crisi mediante le trattative. Con ciò ricalcando il dettato dell’art. 2, lett. p) del CCII, il quale definisce per l’appunto “protettive” quelle misure “temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza”. L’altro effetto, “pubblico”, è quello deflattivo del contenzioso, volto ad alleggerire il carico di lavoro dei Tribunali, preferendo la via stragiudiziale di risanamento della crisi, con maggior soddisfazione di tutti i soggetti coinvolti nel processo, ivi inclusi i creditori.

In linea con quanto stabilito dalla Direttiva UE 1023/2019, vi è una particolare categoria di creditori maggiormente protetta, ovverosia i lavoratori, posto che le misure protettive non valgono nei confronti dei diritti di credito da essi vantati nei confronti dell’imprenditore (art. 6 comma 4 del Decreto).

Fatto salvo per questa eccezione, le misure protettive hanno effetti nei confronti dei creditori anche se questi non partecipano al percorso di risanamento intrapreso dal debitore, il quale non deve necessariamente coinvolgere tutto il ceto creditorio[10]. L’imprenditore può difatti sedersi al tavolo negoziale anche solo con alcuni dei propri creditori, che in questo caso diventano “parte” del percorso intrapreso dal debitore, con ciò derivandone specifici diritti e doveri.

Sempre nell’ottica di proteggere il patrimonio del debitore da iniziative dei creditori che possano pregiudicare il percorso di ristrutturazione e prosecuzione dell’impresa, il Decreto (vedi art. 6 comma 5) specifica che una volta adottate le misure protettive i creditori non possono unilateralmente rifiutare di adempiere ad un contratto pendente o altrimenti provocarne la risoluzione, così come non possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori. Crediti che comunque l’imprenditore, a differenza che nel caso del concordato preventivo, è libero di pagare, posto che la composizione negoziata non determina alcuna forma di spossessamento del patrimonio, neppure attenuato (cfr. art. 9 del Decreto), né determina l’apertura del concorso dei creditori sul patrimonio del debitore[11].

Nella medesima ottica e con il precipuo scopo di contrastare il fenomeno negativo che sovente si verifica nella prassi, ovverosia la forte riduzione o addirittura il completo blocco dell’operatività bancaria quale conseguenza “della disclosure della situazione di crisi da parte dell’imprenditore[12], l’art. 4 co. 6 del Decreto stabilisce che l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi al debitore[13].

 

3.        I doveri e il ruolo nella composizione negoziata del creditore.

Nel precedente paragrafo abbiamo passato in rassegna alcuni aspetti fondamentali utili per comprendere la posizione del creditore, consistenti nella modalità con cui esso viene a conoscenza dell’esistenza della composizione negoziata e gli effetti che l’apertura della procedura comportano sulla sua posizione negoziale.

Leggendo il Decreto, notiamo come esso non fa riferimento tanto ai “creditori” ma utilizza piuttosto il termine “parte”. È così all’art. 4, dove si parla di “doveri delle parti”, all’art. 5 dove si fa riferimento alle “parti interessate alle trattative”, all’art. 7 dove si parla di “parti” in materia di procedimento per la conferma delle misure protettive. Risulta dunque necessario comprendere il modo con cui un creditore diviene parte della composizione negoziata, così da poter definire quando in capo ad esso sorgono gli obblighi previsti dal Decreto. In questo modo potremo anche comprendere quali eventuali doveri siano previsti in capo al creditore che, invece, non è parte della composizione negoziata[14].

In primis, si consideri che – come abbiamo visto – il creditore potrebbe non venire mai a conoscenza dell’esistenza della composizione negoziata del suo debitore; eppure, l’art. 5 co. 5 stabilisce in ogni caso che laddove l’esperto ritenga che le prospettive di risanamento siano concrete, egli incontra le altre “parti interessate” al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata. Questa locuzione implica che vi siano soggetti che nel corso della genesi della composizione negoziata, da meri terzi creditori o controparti contrattuali diventino “parti interessate”. In assenza degli obblighi di pubblicità previsti nel caso degli artt. 6 e 8 è ragionevole ritenere, quindi, che solo quei creditori espressamente indicati dal debitore diventino “parti interessate” in quanto altrimenti non potrebbero venire a conoscenza dell’apertura della composizione negoziata e né appare ragionevole richiedere al creditore un impegno concreto di ricerca attiva della presentazione di tali domande.

Pertanto, è possibile affermare in via preliminare che è parte di una composizione negoziata soltanto quel creditore che venga espressamente indicato come tale dal debitore all’esperto.

Anche nel caso in cui il debitore si avvalga delle misure protettive si potrebbe sostenere che è sempre il debitore a scegliere quali dei suoi creditori siano parti della composizione negoziata in quanto è lui stesso il soggetto che può definire il perimetro di applicazione di tali misure. In tal caso, solo i soggetti che subiscono tale misura diventeranno “parti” quantomeno nel procedimento di conferma delle misure protettive e ragionevolmente nell’intero percorso di risanamento data l’incisività nei loro confronti della misura[15].

Ciò è confermato anche dalla disposizione dell’art. 7 co. 2 lett. c), il quale prevede che unitamente al ricorso per la conferma delle misure protettive, il debitore deve presentare l’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella. Tale norma non soltanto si differenzia dalle altre per l’espressa previsione dell’indicazione dei creditori principali – che ragionevolmente saranno i più interessati dalle trattative e spesso trattandosi di banche i più consapevoli circa i temi della ristrutturazione – ma anche per l’indicazione di un qualsiasi recapito postale utile a contattarli. Questa scelta va intesa nel senso di offrire all’esperto la concreta possibilità di invitare questi soggetti alle trattative e ricercare con essi una soluzione negoziale della crisi[16].

Una volta acquisita questa posizione, il creditore è sottoposto ad una serie di doveri. La disposizione, pur nel suo carattere ordinamentale, produce significativi effetti sotto il profilo giuridico. In particolare, devono essere segnalati gli obblighi di lealtà, riservatezza e collaborazione delle parti interessate, dall’imprenditore ai creditori che i terzi partecipanti. Infatti, se da una parte l’imprenditore ha l’obbligo di rappresentare la propria situazione in maniera trasparente e senza arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori, questi ultimi devono collaborare fattivamente per il buon esito delle trattative, soprattutto gli istituti bancari e gli intermediari finanziari che potrebbero trarre vantaggio da un non tempestivo progetto di risanamento compromesso da comportamenti inerti o da una scarsa partecipazione. Nel caso di comportamenti anomali o omissivi privi di idonea giustificazione è aperta la strada all’accertamento giudiziale, atteso che lo sfumare delle trattative e l’apertura di una procedura concorsuale saranno oggetto di indagini da parte dell’autorità giudiziaria e della promozione di azioni di responsabilità da parte del curatore fallimentare[17].

A fronte di tali doveri, il Decreto riconosce alcuni poteri alle parti al fine di partecipare attivamente ad una corretta definizione della crisi del debitore e per avere un contraddittorio imparziale ed efficace. Innanzitutto, l’art. 5 co. 6 prevede che le parti entro tre giorni dalla comunicazione della convocazione alle trattative con il debitore possano presentare osservazioni sull’indipendenza dell’esperto al segretario generale della camera di commercio, il quale riferisce alla commissione perché, valutate le circostanze e sentito l’esperto, se lo ritiene opportuno provveda alla sua sostituzione.

Le parti hanno altresì un ruolo determinante nella prosecuzione della composizione negoziata oltre il termine di centottanta giorni (prorogabile per un massimo di ulteriori centottanta giorni) in quanto affinché l’incarico dell’esperto prosegua è necessario che tutte le parti lo richiedano e l’esperto vi acconsenta.

Resta da comprendere se vi siano poteri spettanti al creditore estraneo alla composizione negoziata. In generale, l’unico potere spettante in capo ai creditori a prescindere dal loro coinvolgimento pare essere quello di cui all’art. 7 co. 6, il quale prevede che su istanza di uno o più creditori, il giudice possa, in qualunque momento, sentite le parti interessate, revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviarne la durata, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti.

Ciò è coerente con l’impostazione generale dell’istituto, il quale riconosce un sempre maggior livello di pubblicità e partecipazione dei terzi all’aumentare del grado di invasività della composizione negoziata.

I soggetti che paiono avere una posizione più centrale nell’istituto a prescindere dalle modalità con cui il debitore intende porre in essere la composizione negoziata sono le banche, gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti. Questi ultimi sono, infatti, tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato (v. art. 4 comma 6 del Decreto).

In ogni caso sembra in capo alla banca non sorga un dovere di ricerca delle composizioni negoziate dei suoi debitori. A differenza che per gli altri creditori, i quali diverranno parti solamente se espressamente convocate dal debitore, però sembra che a fronte della conoscenza di tali situazioni la banca debba attivarsi proattivamente al fine di partecipare attivamente alle trattative[18].

 

4.        Gli atti straordinari, finanziamenti prededucibili e rinegoziazione dei contratti.

La composizione negoziata, seppur in maniera discrezionale e volontaria, offre al debitore una serie di opportunità importanti – vantaggiose rispetto a quanto gli sarebbe concesso nel generale diritto dei contratti – a fronte di uno spossessamento che, più che attenuato, appare (si passi il termine) pressoché flebile[19].

All’imprenditore che fa accesso a tale istituto si richiede, da un lato, di gestire l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività e, dall’altro lato, di informare preventivamente e per iscritto l’esperto del compimento di atti di straordinaria amministrazione, nonché dell’esecuzione di pagamenti non coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento. Anche laddove l’esperto esprimesse il proprio dissenso, non sarebbe comunque impedito lo svolgimento dell’atto né questo sarebbe inefficace, pena in ogni caso la revocatoria in caso di successivo fallimento.

In ogni caso se, nonostante la segnalazione, l’atto viene compiuto, l’esperto può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese e tale iscrizione è obbligatoria quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori (art. 9 comma 4 del Decreto).

Ebbene, in questa fattispecie nulla è previsto in relazione ai creditori – i soggetti che subirebbero il pregiudizio temuto dall’art. 9 – circa la loro possibilità di intervenire in questo processo. Essendo la composizione negoziata un procedimento dalla forte accezione stragiudiziale, ci si chiede se i creditori abbiano la possibilità di presentare delle memorie con cui manifestare il loro dissenso al compimento dell’atto ritenuto pregiudizievole.

In verità la domanda non ha una risposta diretta in quanto deve considerarsi che nel caso in cui il creditore si trovi in una posizione completamente estranea alle vicende della composizione negoziata potrà utilizzare i rimedi ordinari previsti dal sistema normativo, quale a titolo esemplificativo l’azione revocatoria ordinaria contro l’atto straordinario ritenuto pregiudizievole per i creditori. Nel caso, invece, in cui il creditore sia soggetto a misure protettive da parte del debitore, potrà agire per mezzo dell’istanza ex art. 7 co. 6 per ottenere la cessazione delle misure o la loro modifica[20].

Diverso è il caso riguardante la possibilità per il debitore prevista dall’art. 10 del Decreto di ottenere finanziamenti prededucibili nonché nel caso della volontà del debitore di rinegoziare dei contratti. Nel caso dei finanziamenti prededucibili, infatti, il procedimento autorizzativo si svolge nelle forme del procedimento camerale ex art. 737 ss. del codice di procedura civile ed è espressamente previsto che vengano sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie. È da ritenere che in questo caso il creditore che abbia un interesse ad agire possa difendersi ed intervenire in udienza secondo le regole previste dal procedimento camerale al fine di far valere le sue ragioni contrarie alla concessione del finanziamento[21].

In materia di finanziamenti, va altresì affrontato il tema delle condizioni a cui la banca può rifiutarsi di concedere un finanziamento. Si consideri preliminarmente che la banca è tenuta a partecipare attivamente alle trattative al fine di favorire il sostegno finanziario dell’impresa e di evitare atteggiamenti opportunistici da parte di alcuni istituti a scapito di altri[22], nonché non può procedere alla revoca degli affidamenti bancari per il sol fatto che il debitore abbia fatto accesso alla composizione negoziata.

Vien da sè che in applicazione del dovere di buona fede e collaborazione cui è tenuto dalla legge e nello spirito attivo che la banca è tenuta a mantenere nel corso delle trattative, è ragionevole ritenere che una banca cui venga fatta richiesta di finanziamento non possa negarlo per il solo fatto che il debitore stia realizzando una composizione negoziata. Non si intende dire che le banche non potranno decidere se concedere o meno un finanziamento ad un’impresa ma semplicemente che, se si muovono in tal senso, devono agire in buona fede, quindi, potranno negarlo solo in presenza di chiari e fondati motivi, adeguatamente istruiti e giustificati.[23]

Infine, circa la fattispecie della rinegoziazione dei contratti, il potere riconosciuto alla controparte negoziale sembrerebbe più ampio, anche rispetto a quanto offerto ai creditori con il meccanismo previsto dall’art. 169-bis l. fall.. Mentre in quest’ultimo caso il contraente può soltanto provare ad opporsi alla sospensione o alla risoluzione del contratto, nella fattispecie di cui all’art. 10 su invito dell’esperto - e ragionevolmente su istanza del debitore - le parti possono rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2. Soltanto in caso di disaccordo tra le parti, tale modifica all’accordo contrattuale potrà essere decisa dal giudice soltanto nel caso in cui venga presentata un’istanza dal debitore e comunque dovrà tener conto delle ragioni del terzo contraente.

In conclusione, in quest’ultimo caso il terzo contraente potrà non soltanto attivamente proporre nuove condizioni contrattuali per superare lo stato di empasse ma potrà partecipare attivamente altresì nell’eventuale procedimento dinanzi al giudice facendo valere le ragioni della sua contrarietà[24].

 

5.        Il ruolo dei creditori nella ricerca di esiti positivi della composizione negoziata

Nei paragrafi precedenti, è stato esaminato con attenzione il complesso sistema di doveri cui il creditore si assoggetta una volta assunte le vesti della parte della composizione negoziata, che possono riassumersi in un più generale dovere di buona fede e di collaborazione leale e tempestiva nei confronti del debitore. Ciò comporta che il creditore – in particolare quello finanziario che per espressa previsione normativa deve partecipare in modo attivo e informato – non potrà esimersi dal prendere parte al dialogo preordinato all’effettiva ricerca e predisposizione del rimedio negoziale alla crisi che viene individuato al termine delle trattative[25].

Il ruolo delle trattative e della ricerca congiunta di una soluzione della crisi tra debitore e creditori-parti è confermato altresì dal ruolo dell’esperto che, sebbene assuma una posizione terza e imparziale rispetto alla composizione negoziata del debitore, in ogni caso ha un ruolo agevolante per il successo delle trattative, svolgendosi queste dinanzi a un professionista che in qualche modo rassicura le parti della serietà del percorso di risanamento intrapreso dal debitore[26].

Tuttavia, a fronte di tali posizioni da parte dei creditori, è ragionevole sostenere che l’iniziativa relativa alla scelta della soluzione della crisi dell’impresa sarà soltanto in capo al debitore la cui decisione non può essere soggetta a controproposte.

In tal senso vanno due criteri, il primo quello letterale per cui in nessuna norma si prevede la possibilità per il creditore o un gruppo di creditori di proporre soluzioni alternative della crisi.

L’altro motivo è di carattere sistematico considerato che il debitore non subisce alcun tipo di spossessamento nemmeno attenuato potendo liberamente compiere anche gli atti di straordinaria amministrazione cui l’esperto abbia dato parere negativo. Stante quanto detto poc’anzi sarebbe difficile immaginare la possibilità che i creditori possano “obbligarlo” a realizzare un progetto di risanamento sulla base delle loro volontà e considerazioni.

Si consideri che anche nel caso dell’istituto delle proposte concorrenti all’interno del concordato preventivo vi sono severi limiti circa la loro attuazione: innanzitutto, è il debitore che fa accesso alla procedura di concordato preventivo di sua sponte – tuttalpiù perché minacciato dalle istanze di fallimento dei creditori – e, inoltre, le proposte concorrenti sono ammesse soltanto laddove la proposta concordataria del debitore venga ritenuta su un criterio generale poco soddisfacente, i.e. che la proposta soddisfi i creditori per meno del trenta per cento del loro credito nel caso di continuità aziendale ovvero quaranta per cento per quello liquidatorio.

Resta inteso che la libertà di scelta del debitore sarà chiaramente inserita all’interno del perimetro delle soluzioni consentite dalla disponibilità dei creditori a raggiungere un’intesa con lui. Laddove incontri la disponibilità di un certo numero di creditori e la situazione non sia particolarmente dissestata, la composizione negoziata potrebbe concludersi con rimedi negoziali completamente stragiudiziali così come previsto dal primo comma dell’art. 11.

Il caso più lampante per il suo carattere di novità è quello del contratto con i creditori: ciò sembra prima facie suggerirci che la composizione negoziata possa concludersi non necessariamente con un accordo di carattere finanziario, volto a ridiscutere i termini di pagamento ovvero la solidità finanziaria nei confronti del ceto bancario, bensì possa terminare anche in un negozio volto a riorganizzare l’attività operativa e gestionale del debitore - anche solo temporaneamente - così da far fronte alle possibili criticità emerse nel breve periodo[27].

Il Decreto prevede una serie di benefici in capo al debitore affinché egli sia incentivato alla scelta di una soluzione stragiudiziale della crisi: può concludere un accordo ex art. 67 l.f. senza sobbarcarsi i costi di una attestazione da parte del professionista indipendente circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano purché sia sottoscritto anche dall’esperto; in caso di pubblicazione al registro delle imprese di quest’ultimo accordo ovvero del contratto con i creditori di cui all’art. 11, l’art. 14 co. 4 riconosce la possibilità al debitore di ottenere da parte dell’Agenzia delle Entrate un piano di rateazione di 72 mesi per le somme ancora dovute ma non versate a titolo di IRES, IVA e IRAP che non siano ancora stati iscritti a ruolo[28].

Giova sottolineare che i creditori non ricevono alcun tipo di beneficio premiale nella loro partecipazione attiva e tempestiva alle trattative della composizione negoziata e alla ricerca attiva delle soluzioni negoziali della crisi d’impresa. Secondo il legislatore il vantaggio per il creditore è in re ipsa in quanto per mezzo della soluzione preventiva e concordata dello stato di difficoltà del debitore riuscirà ad ottenere una maggiore soddisfazione del credito e, dunque, dovrebbe essere di per sé invogliato a concludere un accordo con il creditore.

Poiché il dissesto dell’impresa può talora raggiungere dimensioni e uno stato avanzato che non può essere risolto con un accordo stragiudiziale o che richieda l’intervento di soggetti terzi quali i commissari giudiziali al fine di un sostegno – e di una verifica – nello svolgimento dell’attività aziendale, allora gli altri esiti della composizione negoziata sono l’accesso alle procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare.

In conclusione, deve notarsi come il profondo dialogo che la disciplina della composizione negoziata cerca di instaurare sia per il debitore che per i creditori ha una rilevante eccezione nel concordato semplificato ex art. 18. Infatti, nell’ipotesi in cui sebbene le trattative si siano svolte secondo buona fede ma non abbiano avuto esito positivo il debitore può proporre un concordato liquidatorio semplificato. Il creditore in tale ipotesi non avrà alcuna possibilità di far valere soluzioni differenti e l’unica possibilità a loro rimasta sarà quella di opporsi all’omologazione, fermo restando che il concordato sarà omologato alla condizione che esso non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e che comunque assicuri un’utilità a ciascun creditore.

 

6.        Conclusione

All’esito della trattazione svolta nel corso di questi paragrafi, si può affermare che anche il creditore subisce in qualche modo gli effetti della natura “liquida” della concorsualità che caratterizza la composizione negoziata[29].

Il creditore, infatti, si trova ad avere un ruolo tanto maggiore quanto maggiore è lo spazio che gli viene concesso dal debitore – nelle trattative – e quanto maggiore è l’incisività e la portata degli effetti che il debitore cerca di ottenere per mezzo di questo istituto. Potenzialmente, lo stesso soggetto potrebbe essere: (i) un creditore terzo se il debitore non si avvalesse delle misure protettive e non lo coinvolgesse nelle trattative; (ii) un creditore interessato dalle misure protettive ma non dalle trattative che interverrà quindi soltanto in relazione al procedimento di conferma – ed eventualmente di revoca – delle misure protettive; (iii) una vera e propria “parte” della composizione negoziata, laddove venga convocato dall’esperto a partecipare alle trattative.

Il ruolo che spetta al creditore all’interno di questo percorso, in conclusione, non è un ruolo fisso, stabile, predeterminato, bensì è un ruolo “liquido” che deve adattarsi alle peculiarità ed esigenze specifiche del singolo caso e che richiederà al creditore di reagire tempestivamente alle scelte compiute dal debitore prima, durante e dopo lo svolgimento delle trattative nella composizione negoziata.



[1] Sulle ragioni che hanno portato all’introduzione di questo nuovo istituto si veda ex multis P. Vella, “Le finalità della composizione negoziata e la struttura del percorso. Confronto col CCII” in Il Fallimento, n. 12, 2021, p. 1494; D. Galletti, “Breve storia di una (contro)riforma ‘annunciata’” in ilfallimentarista.it, 1° settembre 2021; A. Farolfi, “Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse ‘a prima lettura’” in Il Diritto della Crisi, 6 settembre 2021, p. 3; L. Panzani, “Il D.L. ‘Pagni’ ovvero la lezione (positiva) del covid” in Il Diritto della Crisi, 25 agosto 2021, p. 2.

[2] Si veda ex multis C. Trentini, Presupposto soggettivo in M. Irrera – S. Cerrato (diretto da), La Crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento, Zanichelli, 2022, p. 81 ss.; F. Santiangeli,“Le finalità della composizione negoziata per le soluzioni della crisi d’impresa” in Il Diritto della Crisi, 4 gennaio 2022;L. Bottai, “La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative” in ilfallimentarista.it, 4 ottobre 2021.

[3] R. D’Alonzo, “I compiti dell’esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze” in dirittodellacrisi.it, 11 gennaio 2022; A. Guiotto, “La figura dell’esperto e la conduzione delle trattative nella composizione negoziata della crisi” in Il Fallimento, n. 12, 2021, p. 1527; F. Aliprandi – A. Turchi, “Le diverse configurazioni di squilibrio e le prospettive di risanamento: spunti operativi per l’esperto” in Ristrutturazioni Aziendali, 14 gennaio 2022; P. Riva, “Ruolo e funzioni dell’esperto ‘facilitatore’” in Ristrutturazioni Aziendali, 30 settembre 2021.

[4] Nello stesso senso anche T. Nigro, “La fase introduttiva del percorso di composizione negoziata, le prime indicazioni operative e la conclusione anticipata della procedura” in Diritto della Crisi, 10 febbraio 2022, p. 9.

[5] Sulla riservatezza della composizione negoziata si veda ex multis G. Fauceglia, “Qualche riflessione, ‘in solitudine’, sulla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa” in Ristrutturazioni Aziendali, p. 5; S. Ambrosini, “La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti” in Ristutturazioni Aziendali, 23 agosto 2021, p. 3.

[6] Sul punto R. Guidotti, La sospensione degli obblighi relativi al capitale e della causa di scioglimento collegata in  M. Irrera – S. Cerrato (diretto da), La Crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento, Zanichelli, 2022, p. 168 ss..

[7] Per Trib. Milano, 24 febbraio 2022 in Il Diritto della Crisi, l’omessa notifica del decreto di fissazione dell’udienza di conferma ai creditori rende inammissibile l’istanza presentata dal debitore. In relazione all’instaurazione del contraddittorio con i creditori, si veda F. De Santis, “Le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi d’impresa”, in Il Fallimento, n. 12, 1° dicembre 2021, p. 1536.

[8] L. Baccaglini – M. De Santis, “La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa)”, in Le nuove misure di regolazione della crisi d’impresa, Commento al D.L. n. 118 del 2021 conv. con L. n. 147 del 2021, Diritto della Crisi, novembre 2021. Secondo gli autori “nella normativa concorsuale comune il divieto non è disponibile dalle parti, ed è il solo tribunale che può autorizzare simili acquisti – nell’ambito della composizione concordata della crisi, invece, il divieto è “disponibile”, ed il debitore ed il singolo creditore possono accordarsi per l’acquisto della prelazione, anche a dispetto degli altri creditori” […] “Si rammenta che il principio per il quale i creditori, per tutta la durata della procedura, non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, opera esclusivamente nei rapporti fra i creditori, al fine di garantirne la par condicio, nell’eventualità che a detta procedura consegua quella di fallimento; pertanto, la sua violazione non può essere fatta valere dal debitore né nel proprio interesse, versando egli nella posizione di terzo estraneo ai menzionati rapporti, né nell’interesse dei creditori pregiudicati, ostandovi il divieto della sostituzione processuale sancito dall’art. 81 c.p.c.”.

[9] Sull’ambito di estensione delle misure protettive nella composizione negoziata si rimanda a A. Tedoldi, Le misure protettive (e cautelari) nella composizione negoziata della crisi in M. Irrera – S. Cerrato (diretto da), La Crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento, Zanichelli, 2022, p. 360 ss.

[10] I. Pagni – M. Fabiani, “La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa)”, in op.cit.

[11] Ibidem, secondo I. Pagni – M. Fabiani,nonostante la previsione di una protezione del patrimonio la composizione negoziata non è una procedura concorsuale ‘vicaria’, perché non si ha: i) alcuna apertura di un procedimento di regolazione della crisi; ii) alcun organo della procedura; iii) alcun blocco di crediti e debiti; iv) alcuna previsione di un ordine di distribuzione; v) alcun, neppur minimo, spossessamento”. Vedi anche S. Bonfatti, “La nuova finanza bancaria, in Le nuove misure di regolazione della crisi d’impresa”, cit., secondo cui “La considerazione della disciplina che caratterizza l’istituto introdotto e disciplinato dal d. l. n. 118/2021, denominato “Composizione negoziata” (per la soluzione della crisi d’impresa), ne evidenzia un carattere marcatamente stragiudiziale, che induce ad escluderne la natura di “procedura concorsuale”.

[12] A. Guiotto, “La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa)”, in op. cit..

[13] Per L. Stanghellini, “Il finanziamento del debitore in crisi” in Il Fallimento, n. 10, 2021, p. 1183 tale disposizione si configura all’interno del generale dovere di corretta attuazione del rapporto obbligatorio tra le parti.

[14] Sui doveri delle parti si veda anche, soprattutto in relazione ai doveri del debitore che accede alla composizione negoziata, F. Pasquariello, La gestione dell’impresa in M. Irrera – S. Cerrato (diretto da), La Crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento, Zanichelli, 2022, p. 26 ss.

[15] Cfr. F. Platania, “Composizione negoziata: misure protettive e cautelari e sospensione degli obblighi ex artt. 2446e 2447 c.c.”, in Il Fallimentarista, 7 ottobre 2021. Si noti che secondo le prime pronunce giurisprudenziali anche in caso di richiesta di misure protettive erga omnes, la fissazione dell’udienza di conferma deve essere espressamente notificata a tutti quei creditori che abbiano promosso procedure esecutive o cautelari nei confronti del ricorrente o siano intervenuti nei relativi procedimenti nonché agli eventuali destinatari di specifiche misure cautelari. In questo senso Trib. Firenze, 29 dicembre 2021; Trib. Roma, 24 dicembre 2021, entrambe su Dejure.

[16] Per M. Montanari, “Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni” in Ristrutturazioni Aziendali, 24 dicembre 2021, p. 11 riesce difficile dare una spiegazione a tale previsione che non si correli alla necessità di notificare qualcosa a costoro. Nello stesso senso anche G. Rana, “Questioni pratiche sul procedimento relativo alle misure protettive nel D.L. n. 118/2021” in Diritto della Crisi, 23 febbraio 2022.

[17] Si vedano le note di lettura del Senato, A.S. 2371, p. 12, ove si legge che “Sotto il profilo finanziario, pertanto, la norma è suscettibile di accelerare la definizione della situazione critica a vantaggio della prosecuzione dell’azienda o di ramo della stessa estromettendo del tutto il tribunale da un’eventuale procedura concorsuale e anzi, evitando, per quanto possibile, qualsiasi azione liquidatoria”.

[18] Si veda il ruolo delle banche nella composizione negoziata in E. Artuso – R. Bogoni, “Brevi spunti ricostruttivi sugli obblighi delle banche nella crisi d’impresa, alla luce della nuova composizione negoziata della crisi” in Diritto della Crisi, 28 gennaio 2022; S. Bonfatti, “La nuova finanza bancaria” in Diritto della Crisi, 14 dicembre 2021; P. Rinaldi, “La composizione negoziata della crisi e i rapporti con gli intermediari creditizi” in Ristrutturazioni Aziendali, 9 settembre 2021.

[19] Per S. Bonfatti, “Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa - Gestione dell’impresa; Rinegoziazione dei contratti e cessione dell’azienda; Composizione negoziata della crisi ‘di gruppo’” in Il Diritto della Crisi, 22 febbraio 2022, p. 4 si parla tuttalpiù di “autonomia privata controllata” del debitore che può definirsi, laddove faccia ampio uso degli strumenti previsti della composizione negoziata (misure protettive, finanziamenti prededucibili..) come “autonomia privata integrata”.

[20] Nello stesso senso anche A. Didone, “Appunti su misure protettive e cautelari nel d.l. 118/2021” in Ristrutturazioni Aziendali, 17 novembre 2021, p. 13.

[21] Sul punto si veda anche L. Benedetti, La disciplina della nuova finanza nella composizione negoziata, in M. Irrera e S. A. Cerrato, (diretto da), La crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento), Zanichelli, 2022,p. 291 e ss.; R. Brogi, “Le autorizzazioni e la rideterminazione delle condizioni contrattuali” in Il Fallimento, n. 12, 2021, p. 1553; A. Dentamaro, “La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex D.L. 118/2021” in dirittodellacrisi.it, 12 ottobre 2021; A. Nastri, “Le autorizzazioni del Tribunale nella composizione negoziata della crisi” in Il Diritto della Crisi, 23 marzo 2022.

[22] E. Artuso – R. Bogoni, op. cit., p. 8.

[23] Nello stesso senso ma con riferimento alla revoca degli affidamentiE. Artuso – R. Bogoni, op. cit., p. 11.

[24] S. Mansoldo, Trasferimento d’azienda e rinegoziazione dei contratti in M. Irrera e S. A. Cerrato, (diretto da), La crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento), Zanichelli, 2022,p. 188 e ss.

[25] Per V. Zanichelli, “Gli esiti possibili della composizione negoziata” in Il Diritto della Crisi, 26 ottobre 2021, p. 4 il ruolo dei creditori nelle trattative è tanto rilevante che una volta accertata la mancanza di disponibilità a soluzioni che comunque comportino un accordo con uno o più creditori o l’intervento concordato di altri interessati, si verifica come  conseguenza la comunicazione dell’impossibilità di perseguire il risanamento e l’archiviazione della composizione negoziata.

[26] Sulla figura dell’esperto “negoziatore” si veda V. Baroncini, La figura dell’esperto e il procedimento di composizione negoziata in M. Irrera e S. A. Cerrato, (diretto da), La crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento), Zanichelli, 2022,p. 119 e ss.

[27] Per un approfondimento sul ruolo del contratto come strumento per la ristrutturazione del debito e dell’impresa con particolare riferimento alla composizione negoziata si veda F. Di Marzio, “Crisi, contratti e ristrutturazione” in Il Diritto della crisi, 19 novembre 2021.

[28] Sul punto di veda ex multis G. Garesio, Le misure premiali in M. Irrera e S. A. Cerrato, (diretto da), La crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento), Zanichelli, 2022, p. 383 ss.

[29] G. D’Attorre, “La concorsualità ‘liquida’ nella composizione negoziata” in Il Fallimento, n. 3, 2022, p. 301 e ss.