Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Articolo

Le attività di liquidazione in esecuzione della proposta di concordato preventivo omologata


Francesco Carelli
Articolo

La nuova disciplina dei gruppi di imprese*


Barbara Maffei Alberti

Data pubblicazione
06 aprile 2022

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Sommario: 1. Definizione di “Gruppo d’imprese” nel nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza. – 2. Le procedure di Gruppo. – 3 La liquidazione giudiziale del Gruppo d’imprese– 4. Norme comuni. – 5. La composizione negoziata del Gruppo di imprese. – 6. I Gruppi nell’amministrazione straordinaria. – 7. Conclusioni.

* Il presente contributo è destinato a un volume collettaneo sulla riforma a cura di Stefano Ambrosini.


1.        Definizione di “Gruppo d’imprese” nel nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza

Una delle novità più interessanti introdotte dal nuovo Codice della Crisi e dell’insolvenza riguarda l’inserimento, nel sistema concorsuale, di una disciplina completa del gruppo di imprese[1].

Viene così colmata una lacuna molto importante, data la larghissima utilizzazione dello strumento, che presenta, all’evidenza, numerosi vantaggi utilizzando, sotto il profilo economico, un’unica impresa e, sotto il profilo giuridico, una pluralità di soggetti distinti.[2]

Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza si occupa dei gruppi di imprese già all’art. 2 dedicato alle definizioni, ove, alla lettera h), si rinvia agli articoli 2497 e 2545 septies c.c., e si precisa che per gruppo di imprese si intende l’insieme delle società, delle imprese e degli enti che sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica[3] sulla base di un vincolo partecipativo o di un contratto.

La norma prosegue dettando alcune presunzioni semplici; si presume così, salvo provacontraria:

a)        che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuta/o al consolidamento dei bilanci;

b)        che siano sottoposte alla direzione e coordinamento di una società o ente, le società controllate, direttamente o indirettamente, o sottoposte a controllo congiunto, rispetto alla società o ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento.

La successiva lettera i), per definire i gruppi di imprese di rilevanti dimensioni, rinvia ai gruppi composti da un’impresa madre e imprese figlie da includere nel bilancio consolidato, che rispettino i limiti numerici di cui all’art. 3, paragrafo 7, della Direttiva 231/34 UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26.6.2013[4].

 

2.        Le procedure di Gruppo

In presenza di gruppo di imprese, il Codice delinea due possibili alternative: l’attività di coordinamento tra diverse e autonome procedure promosse dalle singole società, ovvero l’instaurazione di un’unica procedura di gruppo.

Requisito richiesto per la valutazione di quale strada sia preferibile intraprendere è ancora una volta quello della maggior soddisfazione dei creditori.

Il Codice disciplina poi nel titolo VI (artt. 284-292) l’accesso agli strumenti di risoluzione della crisi del gruppo, ovvero il concordato preventivo, l’accordo di ristrutturazione dei debiti, il piano attestato di risanamento e la liquidazione giudiziale.

L’art. 12 stabilisce che anche la procedura di allerta si applica ai gruppi di imprese, purché non di rilevanti dimensioni.

L’art. 284 disciplina poi il concordato, gli accordi di ristrutturazione e il piano attestato di gruppo.

Più imprese appartenenti allo stesso gruppo possono proporre sia un piano unitario o piani reciprocamente collegati e interferenti - per quanto riguarda il concordato preventivo - sia domande autonome o un’unica domanda di accesso alla procedura di omologazione per quanto riguarda gli accordi di ristrutturazione.

Ne sono condizioni:

a)        che ciascuna delle imprese del gruppo abbia il proprio centro degli interessi principali nello Stato italiano;

b)        che la domanda di concordato o l’accordo di ristrutturazione illustrino le ragioni per le quali la scelta di presentare un unico piano, ovvero piani reciprocamente collegati e interferenti, anziché un piano autonomo per ciascuna impresa, sia più conveniente in funzione del miglior soddisfacimento dei creditori delle singole imprese;

c)        che siano fornite informazioni analitiche sia sulla struttura del gruppo, sia sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti fra le imprese del gruppo, sia sui registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità, ai sensi dell’art. 2497-bis, c.c., sulle società o enti che esercitano l’attività di direzione e coordinamento e sulle società che vi sono soggette;

d)        che sia allegato al ricorso o alla domanda, oltre a quanto previsto in via generale, anche il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto;

e)        che il piano unitario, o i piani reciprocamente collegati, siano idonei a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria di ciascuna impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;

f)         che un professionista indipendente attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano o dei piani.

Le imprese del gruppo possono chiedere che il piano o i piani siano pubblicati nel registro delle imprese.

Va sottolineato, a conferma che il concordato preventivo sembri avere come obiettivo principale il soddisfacimento dei creditori, che nella valutazione della scelta tra piano unitario e/o piani collegati, e piani singoli per ogni società del gruppo, si faccia riferimento al migliore soddisfacimento dei creditori e non alla scelta più funzionale rispetto alle esigenze operative della continuazione dell’attività d’impresa.

La disciplina del concordato preventivo di gruppo prosegue, peraltro, dettando alcune regole favorevoli al concordato in continuità.

Prendendo in esame il caso in cui il piano o i piani di gruppo prevedano la continuazione dell’attività per alcune imprese soltanto e la liquidazione per altre, l’art. 285 stabilisce che si applica la sola disciplina del concordato in continuità quando, ponendo a confronto i flussi complessivi derivanti dalla continuazione dell’attività con i flussi complessivi derivanti dalla liquidazione, risulti che i creditori delle imprese del gruppo siano soddisfatti, in misura prevalente, dal ricavato prodotto dalla continuazione diretta o indiretta, ivi compresa la cessione del magazzino.

Sono altresì previste operazioni contrattuali e riorganizzative, con possibilità di trasferimento di risorse infragruppo[5], purché un professionista indipendente attesti che le operazioni siano, dall’un lato, necessarie ai fini delle “continuità aziendale” per le imprese per le quali tale continuità sia prevista nel piano e, dall’altro, coerenti con l’obiettivo del “miglior soddisfacimento” dei creditori di tutte le imprese del gruppo.

Come si può notare, pur essendo tutelata la continuità d’impresa, l’accento è sempre posto (anche se non esclusivamente) sull’interesse dei creditori.

Quest’ultimo riceve ulteriore tutela attraverso la possibilità di opporsi all’omologazione del concordato di gruppo.

Tale possibilità è concessa sia ai creditori dissenzienti appartenenti ad una classe dissenziente ovvero, nel caso di mancata formazione delle classi, dai creditori dissenzienti che rappresentino almeno il 20% dei crediti ammessi al voto con riguardo ad una singola società.

Anche negli accordi di ristrutturazione, i creditori non aderenti possono proporre opposizione all’omologazione dell’accordo.

Va peraltro detto che il tribunale deve omologare il concordato o gli accordi di ristrutturazione qualora ritenga, sulla base di una valutazione complessiva, che i creditori possano essere soddisfatti in misura non inferiore rispetto a quanto potrebbero ricavare dalla liquidazione giudiziale delle singole società.

Anche per quanto riguarda le operazioni contrattuali e riorganizzative, ivi compresi i trasferimenti di risorse infragruppo, i soci possono fare valere il pregiudizio[6] che reputino arrecato alle singole società da tali operazioni, soltanto attraverso lo strumento dell’opposizione all’omologazione del concordato di gruppo. Il tribunale deve procedere all’omologazione qualora valuti che la sussistenza del pregiudizio sia esclusa dall’esistenza dei vantaggi compensativi derivanti alle singole società dal piano di gruppo.

Per quanto riguarda le regole di procedura, l’individuazione del tribunale competente, quando le imprese del gruppo abbiano il centro degli interessi principali in circoscrizioni territoriali diverse, va effettuato in relazione al centro degli interessi principali del soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento, ovvero, ove manchi la pubblicità prevista dall’art. 2497 bis c.c., dall’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria in base all’ultimo bilancio approvato.

Il primo criterio sembra funzionale, anche se non va trascurato il fatto che il soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento potrebbe anche non svolgere attività operativa e le imprese subordinate che svolgono attività operative potrebbero essere poste in circoscrizioni territoriali diverse.

Il secondo criterio sembra abbastanza arbitrario, dato che fa esplicito riferimento all’ultimo “bilancio approvato”, sì che se i bilanci delle società di maggiori dimensioni non fossero, o non fossero ancora, approvati, potrebbe finire per prevalere una società del tutto minore ma con il bilancio approvato.

In considerazione dell’unitarietà della procedura, il tribunale, accogliendo il ricorso, nomina un unico giudice delegato e un unico commissario giudiziale e dispone il deposito di un unico fondo per le spese di giustizia.

Per la ripartizione di queste ultime tra le varie imprese del gruppo, si ha riferimento alla massa attiva e non alle masse passive. Le spese sono dunque addebitate alle singole società del gruppo in proporzione alle rispettive masse attive[7].

Il commissario giudiziale, previa autorizzazione del giudice delegato, può chiedere alla Consob, o a qualsiasi altra autorità pubblica, informazioni utili al fine di accertare l’esistenza di collegamenti di gruppo. Può altresì chiedere alle società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni o sulle quote intestate alle fiduciarie stesse.

I creditori di ogni impresa del gruppo, suddivisi per classi quando ciò sia previsto dalla legge o dal piano, votano in maniera contestuale e separata sulla proposta avanzata dalla società loro debitrice.

Il concordato di gruppo è approvato quando le proposte delle singole imprese del gruppo siano approvate dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto e, nel caso di diverse classi di creditori, la maggioranza dei crediti ammessi al voto sia inoltre raggiunta nel maggior numero di classi. Trova applicazione l’art. 109 del Codice.

Sono escluse dal voto le imprese del gruppo che vantino crediti nei confronti dell’impresa ammessa alla procedura.

Il concordato di gruppo non può essere risolto o annullato quando i presupposti per la risoluzione o l’annullamento riguardino soltanto alcune delle imprese del gruppo, a meno che da ciò risulti significativamente compromessa l’attuazione complessiva del piano.

Dal complesso della disciplina sin qui esaminata emerge una tutela del gruppo, inteso come unità operativa che va preservata nel suo insieme, anche a scapito di alcune delle unità che la compongono. Quello che sembra restare ferma, peraltro, è la tutela dell’interesse dei creditori di tutte le imprese del gruppo.


3.        La liquidazione giudiziale del Gruppo d’imprese

L’articolo 287 si occupa della liquidazione giudiziale di gruppo.

È consentita una procedura di liquidazione giudiziale unitaria quando:

a)        più imprese insolventi appartenenti allo stesso gruppo abbiano, ognuna di esse, il centro degli interessi principali nello Stato italiano;

b)        risultino opportune forme di coordinamento nella liquidazione degli attivi, nell’obiettivo del “miglior soddisfacimento” dei creditori delle singole imprese del gruppo, nel rispetto dell’autonomia delle singole masse attive e passive.

Il tribunale deve tenere conto “dei preesistenti reciproci collegamenti di natura economica e produttiva, della composizione dei patrimoni delle singole imprese e delle presenza dei medesimi amministratori”.

Non è chiarito dal legislatore se l’iniziativa per l’apertura dell’unica procedura spetti soltanto al debitore, ovvero anche ai creditori[8].

Dietro presentazione di un unico ricorso, qualora ricorrano le condizioni sopra esposte, il tribunale, “salvo che sussistano specifiche ragioni”, nomina un unico giudice delegato, un unico curatore, e un comitato dei creditori per ciascuna impresa del gruppo.

Nel programma di liquidazione è fatto carico al curatore di illustrare le modalità del coordinamento nella liquidazione degli attivi delle singole imprese.

Le spese generali dell’unica procedura vanno imputate alle singole imprese del gruppo in proporzione alle rispettive masse attive.

Nulla si dice, a proposito dell’unica procedura di gruppo, con riferimento all’esercizio provvisorio dell’attività d’impresa durante la procedura di liquidazione giudiziale, né sull’affitto dell’azienda o di suoi rami.

A quest’ultimo proposito va sottolineato che, a livello di disciplina generale, nella scelta dell’affittuario si deve tenere conto, oltre che del canone offerto, dell’attendibilità del piano di prosecuzione dell’attività imprenditoriale “avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali”.

Si riconosce così che l’interesse alla prosecuzione all’attività d’impresa trova espressa tutela accanto all’interesse dei creditori (canone offerto). Analoga attenzione non è riscontrabile, ad esempio, nella disciplina delle proposte concorrenti e delle offerte concorrenti nel concordato preventivo.

Per quanto riguarda gli obblighi di informazione e collaborazione, quando un’impresa appartenente a un gruppo presenti domanda per l’accesso a procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, la relativa domanda deve contenere:

a)        indicazioni analitiche sulla struttura del gruppo;

b)        indicazioni analitiche sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra i vari soggetti appartenenti al gruppo;

c)        il registro (o i registri) delle imprese ove è stata effettuata la pubblicità sul soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento sul gruppo e sulle imprese o enti che vi sono soggette;

d)        il deposito del bilancio consolidato di gruppo, ove redatto.

Al fine di accertare l’esistenza di legami di gruppo, il curatore e il commissario giudiziale possono rivolgersi alla Consob e a qualsiasi altra pubblica autorità. Possono inoltre chiedere alle società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari delle azioni o quote intestate alla stessa fiduciaria.

La norma prevede che le informazioni siano fornite entro quindici giorni dalla richiesta. Non si dice peraltro in quali forme debba essere effettuata la richiesta e se si tratti di giorni di calendario o di giorni liberi.

 

4.        Norme Comuni

Gli articoli 290, 291 e 292 del Codice si occupano dell’applicazione di strumenti di carattere generale e delle particolarità che riveste la loro disciplina nella fattispecie del gruppo insolvente.

Così, per quanto riguarda l’inefficacia degli atti pregiudizievoli ai creditori, si precisa che il curatore, sia nel caso di procedura unica sia nel caso di più procedure distinte, può chiedere che siano dichiarati inefficaci atti e contratti posti in essere nei cinque anni anteriori al deposito dell’istanza della liquidazione giudiziale sempre che:

a)        tali atti abbiano avuto l’effetto di spostare risorse a favore di un’altra impresa del gruppo;

b)        ciò abbia provocato un pregiudizio ai creditori;

c)        la società beneficiaria non abbia provato di non essere stata a conoscenza del carattere pregiudizievole dell’atto o del contratto.

Da notare che in questo caso di inefficacia, non soltanto il termine è assai più lungo rispetto ai normali casi di revocatoria fallimentare, ma il fulcro dell’azione non è la conoscenza dello stato d’insolvenza, bensì la conoscenza del carattere pregiudizievole dell’atto per i creditori.

Il curatore può inoltre esercitare l’azione revocatoria fallimentare disciplinata dall’art. 166 del Codice, nei confronti delle altre società del gruppo, per gli atti compiuti dopo il deposito della domanda di apertura della liquidazione giudiziale e, per gli atti a prestazioni sproporzionate e i pagamenti anormali, quando compiuti nei due anni anteriori a tale data, mentre per i pegni, le anticresi e le ipoteche, nell’anno anteriore.

In altri termini, ferma restando la normale disciplina della revocatoria fallimentare, sono stati notevolmente ampliati i termini temporali, in virtù dei legami di gruppo.

Resta poi salva per il curatore l’azione di responsabilità verso la società o l’ente che ha esercitato l’attività di direzione e coordinamento, così come disciplinata nell’art. 2497 c.c.

Il curatore è inoltre legittimato a proporre la denuncia di cui all’art. 2409 c.c. nei confronti di amministratori e sindaci delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale.

L’articolo 292 del Codice si occupa poi della disciplina applicabile ai crediti da finanziamenti infragruppo.

Anzitutto sono inefficaci i pagamenti dei crediti infragruppo rimborsati nell’anno anteriore alla domanda che ha portato all’apertura della liquidazione giudiziale.

Sono inoltre postergati rispetto al soddisfacimento degli altri creditori:

a)        i crediti che il soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento vanta nei confronti delle imprese soggette, anche a seguito dell’esecuzione di garanzia, sulla base di rapporti contratti dopo il deposito della domanda di accesso alla liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore; la disposizione, peraltro, non si applica ai finanziamenti erogati dai soci in qualsiasi forma, inclusa l’emissione di garanzie e controgaranzie, fino all’80% del loro ammontare;

b)        i crediti che le imprese sottoposte a direzione e coordinamento vantano nei confronti del soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento, sulla base di rapporti di finanziamento contratti entro gli stessi limiti temporali di cui al punto “a)” che precede.

Per quanto nulla si dica espressamente, la disposizione sembra doversi applicare anche ai finanziamenti intercorsi tra imprese soggette.

 

5.        La Composizione negoziata del gruppo di imprese.

L’art. 13 del d.l. n. 118 del 24.8.2021 si occupa della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa applicabile in caso di gruppo d’imprese[9].

Per l’individuazione del gruppo si ripete, sostanzialmente, la definizione contenuta nell’art. 2, lett. h) del Codice, di cui supra sub 1).

Le imprese del gruppo che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e che abbiano, ciascuna, la sede legale nel territorio dello Stato possono chiedere al segretario della camera di commercio la nomina dell’esperto indipendente[10].

L’istanza è presentata alla camera di commercio ove è iscritta la società o l’ente che, in base alla pubblicità prevista dall’art. 2497 bis c.c., esercita l’attività di direzione e coordinamento. In mancanza, l’istanza va presentata alla camera di commercio dell’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria, costituita dalla voce d) del passivo dello stato patrimoniale di cui all’art. 2424 c.c., dedicato appunto alle varie categorie di debiti, con separata indicazione di quelli esigibili oltre l’esercizio successivo.

Si prende in considerazione l’ultimo bilancio approvato e inserito nella piattaforma telematica.

In tale piattaforma l’imprenditore deve inserire, oltre a quanto previsto in linea generale dalla normativa:

a)        una relazione che contenga informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali sussistenti tra le varie imprese del gruppo;

b)        l’indicazione del registro o dei registri delle imprese ove è stata effettuata la pubblicità prevista dall’art. 2497-bis c.c. e relativa alla società o ente che esercita attività di direzione e coordinamento e alle società che vi sono soggette;

c)        il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto.

Il tribunale che può adottare le misure protettive[11] e cautelari è quello competente in relazione o all’impresa che esercita l’attività di direzione e coordinamento in base alla pubblicità di cui all’art. 2497-bis c.c., o, in mancanza, all’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria sulla base dei criteri prima esposti.

L’unico esperto nominato conduce le trattative in modo unitario per tutte le imprese del gruppo che hanno presentato l’istanza. Qualora lo svolgimento congiunto renda eccessivamente gravose le trattative, queste possono essere svolte disgiuntamente per singole imprese.

Può accadere che più imprese del gruppo presentino istanze separate per la nomina dell’esperto. In questo caso i vari esperti nominati, dopo avere sentito i richiedenti e i creditori, possono proporre che la composizione negoziata si svolga in modo unitario per tutte le imprese richiedenti, oppure per più imprese appositamente individuate.

Ricondotta così ad unità la procedura, deve essere ricondotta ad unità anche la figura dell’esperto. Ciò può avvenire con designazione di comune accordo tra gli esperti nominati, ovvero, in mancanza, unico esperto va considerato quello nominato a seguito della prima istanza presentata.

Non si dice se l’accordo tra gli esperti debba avvenire a maggioranza o all’unanimità. Sembra preferibile questa ultima soluzione, suggerita dall’espressione “comune accordo”.

Venendo ai finanziamenti infragruppo, e quindi eseguiti a favore di società controllate o sottoposte a comune controllo, quando pattuiti in qualsiasi forma dopo la presentazione dell’istanza per la nomina dell’esperto, sono esclusi dalla postergazione rispetto ai creditori anteriori, a condizione che:

a)        l’imprenditore abbia informato preventivamente l’esperto per iscritto del compimento dell’atto di finanziamento;

b)        l’esperto, dopo avere segnalato che l’operazione può arrecare pregiudizio ai creditori, non abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese.

Quanto alla conclusione delle trattative, l’imprese del gruppo possono stipulare, secondo i casi di cui all’art. 11 del d.l. 118/2021, un contratto unitario oppure contratti separati riguardanti le singole società del gruppo.

Va sottolineato che, mentre la normativa di cui al presente paragrafo è entrata in vigore il 15 novembre 2021, la restante disciplina dei gruppi sopraesposta e contenuta nel Codice entrerà in vigore auspicabilmente a maggio 2022.

Quando l’intero sistema entrerà in vigore verrà colmata una lacuna che la dottrina già aveva evidenziato.

Il fenomeno del gruppo è infatti fattispecie molto diffusa anche tra imprese di non grandi dimensioni, dato che presenta, dal lato pratico, notevoli vantaggi, sia in termini di economicità della gestione sia in termini di snellezza operativa.

La disciplina dettata tiene in considerazione l’aspetto sostanziale del gruppo al di là della sua suddivisione tra singole imprese.

 

6.        I gruppi nell’amministrazione straordinaria

L’art. 1, comma 2, del Codice prevede che siano “fatte salve le disposizioni delle leggi speciali in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Se la crisi o l'insolvenza di dette imprese non sono disciplinate in via esclusiva, restano applicabili anche le procedure ordinarie regolate dal presente codice”.

L’amministrazione straordinaria dopo un lungo dibattito è quindi rimasta esclusa dalla riforma delle procedure concorsuali[12].

È un dato di fatto che le caratteristiche dimensionali e di indebitamento richieste per l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria ex D.lgs. n.270/1999, c.d. Legge Prodi bis, o ai sensi del Dl 347/2003, c.d. Legge Marzano, portino nella maggioranza dei casi all’ammissione di imprese facenti parte di gruppi societari.

Il D.lgs. n.270/1999, a cui il Dl 347/2003 largamente rimanda, dedica infatti il titolo IV alla disciplina del gruppo di imprese.

Presupposto essenziale perché la procedura di amministrazione straordinaria venga estesa ad altre imprese insolventi dello stesso gruppo è che venga ammessa alla procedura almeno un’impresa - la cd. “procedura madre” - che soddisfi i requisiti di cui agli artt. 2 e 27 D.lgs. n.270/1999[13].

Dalla data del decreto che dichiara aperta la procedura madre, e fino a quando la stessa è in corso, le imprese del gruppo che si trovano in stato di insolvenza, possono essere ammesse all'amministrazione straordinaria indipendentemente dal possesso dei requisiti previsti dal già menzionato articolo 2, qualora venga accertata, alternativamente, la probabilità di recuperare il proprio equilibrio economico attraverso uno dei programmi di cui all’ art. 27 D.lgs. n. 270/1999, ovvero venga dimostrata l’opportunità di una gestione unitaria dell’insolvenza al fine di perseguire e raggiungere gli obiettivi della procedura.

Il Legislatore ha ritenuto, infatti, di agevolare una gestione unitaria dell’insolvenza qualora questa rappresenti una migliore opportunità e sia più idonea a perseguire “concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali” attraverso un programma di cessione ovvero di ristrutturazione delle imprese del gruppo.

Ai sensi dell’art. 80 per "imprese del gruppo" si intendono le imprese che controllano direttamente o indirettamente la società sottoposta alla procedura madre; le società direttamente o indirettamente controllate dall'impresa sottoposta alla procedura madre o dall'impresa che la controlla; infine, dalle imprese che risultano soggette ad una direzione comune a quella dell'impresa sottoposta alla procedura madre[14].

L’art. 85 prevede poi che nelle procedure figlie siano nominati gli stessi organi della procedura madre e che le spese generali siano imputate fra le diverse procedure in proporzione delle rispettive masse attive.

Se un'impresa soggetta alla Prodi bis, avente i requisiti previsti dall'articolo 2 si trova in stato di insolvenza, è competente a verificare la sussistenza dei presupposti per l’ammissione dell’impresa del gruppo alla procedura di amministrazione straordinaria il tribunale del luogo in cui la stessa ha la sede principale ed effettiva ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del Codice[15].

Viceversa, per le imprese soggette alla Marzano vige un diverso principio dettato dall’esigenza di concentrare la competenza davanti al tribunale che ha dichiarato l’insolvenza dell'impresa che ha aperto la procedura madre. Anche in questo caso il tribunale competente è quello individuato ai sensi dell'articolo 27, comma 1, del Codice.

Il legislatore e prevede altresì la possibilità della conversione in amministrazione straordinaria del fallimento di un’impresa del gruppo già dichiarato prima dell’apertura della procedura madre, qualora ricorrano i già visti presupposti per tale estensione[16].

Il capo II del titolo IV del D.lgs. 270/99 sempre a proposito dei gruppi di imprese, si occupa poi sia delle azioni di responsabilità sia delle azioni revocatorie.

Secondo l’art. 89 il commissario giudiziale, il commissario straordinario o il curatore dell’impresa del gruppo dichiarata insolvente sono legittimati a proporre la denuncia prevista dall’art. 2409 c.c. contro gli amministratori e i sindaci delle società del gruppo. Ove le gravi irregolarità denunciate siano state accertate, l’organo della procedura può essere nominato amministratore giudiziario della società del gruppo nel quale siano state riscontrate le gravi irregolarità.

Nei casi di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori delle società che abbiano abusato di tale direzione unitaria rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente per i danni derivanti alla stessa dalle direttive impartite. Da rilevare che la responsabilità solidale, sancita in capo agli amministratori e non in capo alla società capogruppo, è stata modificata dall’intervento della nuova disciplina dettata dall’art. 2497 c.c. così come sostituito dall’art. 282.3 del d.lgs. 14/2019. Tale norma prevede infatti la responsabilità diretta delle società o degli enti che esercitino l’attività di direzione e coordinamento agendo nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Tale responsabilità è configurabile sia nei confronti dei soci, sia nei confronti dei creditori sociali. L’ultimo comma della norma prevede che in caso di amministrazione straordinaria l’azione spettante ai creditori sia esercitata dal commissario straordinario.

Il legislatore riconosce inoltre al commissario straordinario dell’impresa insolvente la legittimazione a richiedere la revocatoria degli atti posti in essere nei confronti di tutte le imprese del gruppo, siano esse o meno soggette alla procedura.

La c.d. revocatoria aggravata prevede l’ampliamento dei termini dui cui all’art. 67 da un anno e sei mesi rispettivamente a cinque anni e tre anni. Tali termini decorrono dalla declaratoria di insolvenza. Le azioni revocatorie possono essere promosse solo dopo l’autorizzazione di un programma di cessione

Per quanto riguarda il momento nel quale debba sussistere il vincolo di gruppo perché la norma in commento possa trovare applicazione, la soluzione preferibile sembra quella che l’individua nella data di compimento dell’atto.

 

7.        Conclusioni

Già si è detto che lo strumento del gruppo di imprese è largamente utilizzato nella pratica ed anzi sembra costituire la forma principale dell’esercizio dell’attività di impresa quando la stessa rivesta dimensioni di una qualche rilevanza.

La mancanza di una disciplina del fenomeno in presenza di una situazione di crisi costituiva una grave lacuna che non ha potuto essere colmata da tentativi di aggirare l’ostacolo attraverso costruzioni spesso fantasiose, ma inidonee allo scopo.

L’intervento del legislatore appare quindi quanto mai opportuno e la disciplina dettata sembra, tutto sommato, convincente e funzionale.

La pratica dirà se si renderanno opportuni aggiustamenti di contorno ma l’impianto sembra solido.

 



[1] Tra le opere dedicate all’approfondimento di questa disciplina v. E. Ricciardiello, La crisi dell’impresa di gruppo tra strumenti di prevenzione e di gestione, Milano, 2020; AA.VV., I gruppi nel Codice della crisi, a cura di D. Vattermoli, Pisa, 2020.

[2] Cfr. sul punto A. Nigro, I gruppi nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: notazioni generali, in www.ilcaso.it, del 23 gennaio 2020, pag.3.

[3] La previsione costituisce una novità rispetto all’art. 2497 c.c. Sul punto cfr. M. Arato, Le procedure di Gruppo nel Codice della Crisi, pag. 335, in Le soluzioni negoziate della crisi d’impresa, a cura di Stefano Ambrosini.

[4] L’art. 3 della Direttiva 2013/34/UE, al punto 7) prevede che “I grandi gruppi sono gruppi composti da un'impresa ma­dre e imprese figlie da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio dell'im­presa madre superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti:

a) totale dello stato patrimoniale: 20 000 000 EUR;

b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40 000 000 EUR;

c) numero medio dei dipendenti occupati durante l'esercizio: 250”.

 

[5] Cfr. M. Arato op.cit. pag. 338, che ricorda come i finanziamenti infragruppo rappresentino una forma di finanza esterna per la società che li riceve; ivi riferimenti a precedenti dottrinali conformi.

 

[6] Il pregiudizio che i soci lamentano di avere patito deve essere riferito alla redditività e al valore della partecipazione sociale: cfr. M. Arato, op. cit. pag. 339, ivi altri richiami.

[7] Per le problematiche che possono essere collegate all’individuazione della massa attiva cfr. G. D’Attorre, I concordati di Gruppo nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il Fallimento 3/2019, pag. 283.

[8] Sul punto cfr. M. Arato op. cit. pag. 342.

[9] Sul punto cfr. anche M. Arato, Il Gruppo d’Imprese nella composizione negoziata della crisi, in Diritto della Crisi, 23.12.2021e N. Abriani e G. Scognamiglio, Crisi dei gruppi e composizione negoziata, Diritto della Crisi, 23.12.2021.

[10] Sulla figura dell’esperto indipendente, F. Riva, Ruolo e funzione dell’esperto ”facilitatore”, in Ristrutturazioni Aziendali, Il Caso.it, 30.9.2021.

 

[11] L’art. 2 del Codice lett. p) e q) definisce, rispettivamente, le misure protettive e le misure cautelari. Le prime sono qualificate come misure temporanee disposte per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare il buon esito delle trattative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza. Le seconde come i provvedimenti emessi a tutela del patrimonio o dell’impresa o del debitore che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza.

[12] Per un approfondimento sui progetti di riforma dell’A. S. Cfr. S. Ambrosini, Profili di riforma delle leggi in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in “Crisi d’impresa e fallimento” del 16.11.2017.

[13] Ai fini dell’apertura della procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del D.L. n. 347/2003 è possibile fare richiesta di ammissione al Mise unicamente se impresa in stato di insolvenza presenta i requisiti individuati all’art. 1 del suddetto decreto.

[14] Il rapporto di controllo sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall’art. 2359, comma 1 e comma 2, c.c., il quale stabilisce che sono considerate società controllate (i) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; (ii) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; (iii) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell’applicazione dei punti (i) e (ii) la norma prevede poi che si computino anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta, escludendo invece i voti spettanti per conto di terzi.

[15] Art. 27, comma 1 e comma 3, D.lgs. 12/1/2019, n. 14 – “Per i procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza e le controversie che ne derivano relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione è competente il tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168. Il tribunale sede della sezione specializzata in materia di imprese è individuato a norma dell'articolo 4 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali”. (…)

“Il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente:

a) per la persona fisica esercente attività impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale;

b) per la persona fisica non esercente attività d'impresa, con la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, con

l'ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma

c) per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività impresa, con la sede legale risultante dal registro delle

imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale o, se sconosciuta, secondo quanto previsto nella lettera b), con riguardo al legale rappresentante.

 

[16] Sulla variazione del contenuto del programma in relazione alle motivazioni sottese all’estensione della procedura alla singola impresa e sulle conseguenze che ne derivano, Cfr. A. Danovi- G. Acciaro, L’Amministrazione Straordinaria, pag. 75".