, 03 maggio 2022, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario: 1. Premessa; 2. La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa; 3. Le novità della composizione negoziata rispetto al Titolo II del Codice della crisi; 4. Conclusioni.
1. Premessa
L’evocazione della figura di Penelope nel titolo del contributo richiama l’attenzione sulla peculiare sorte delle misure di allerta, introdotte con giusta enfasi dal D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che ha tessuto in modo minuzioso la tela del nuovo istituto: tela però quasi completamente disfatta ad opera del recente D.L. n. 118 del 24 agosto 2021.
L’introduzione delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi costituiva, infatti, una delle più significative novità del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Codice della crisi), racchiuso nella Parte I del D.lgs. n. 14 del 2019: l’intero Titolo II del Codice, nell’impianto originario, era appunto interamente dedicato a tale istituto. Il ruolo centrale assegnato alle procedure di allerta in tale provvedimento era emblematico del nuovo corso che si voleva imprimere al nostro diritto fallimentare, volto a favorire l’emersione tempestiva della crisi, per permettere una ristrutturazione precoce dell’impresa e a incentivare, almeno sulla carta, le soluzioni contrattuali e preconcorsuali, in linea con gli sviluppi della materia a livello europeo[1].
La relativa disciplina è stata però in parte smantellata dal D.L. n. 118 del 2021 e in parte riscritta con disposizioni che, stando allo schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva UE 2019/1023 del 20 giugno 2019[2] (c.d. Direttiva Insolvency) approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri il 17 marzo 2022, sono destinate a essere incorporate nel nuovo Titolo II, in sostituzione delle precedenti, prima ancora che il Codice entri in vigore.
Sull’allerta disegnata dal Codice della crisi Alberto Jorio ha scritto alcune pagine illuminanti[3], anche per l’attento confronto con la normativa francese, che aveva regolato per la prima volta le procédures d’alerte con la Loi 84-148 del 1° marzo 1984[4]. Con l’“importazione” dell’allerta nel nostro diritto della crisi, il legislatore italiano tentava di allinearsi non solo al vicino ordinamento francese, ma anche (e seppure con notevole ritardo) alle indicazioni già contenute nella Raccomandazione della Commissione Europea n. 135 del 12 marzo 2014, su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza, i cui principi ispiratori si sono recentemente tradotti nella già citata Direttiva Insolvency che gli Stati erano originariamente chiamati ad attuare entro il 17 luglio 2021, ma che l’Italia dovrebbe ora trasporre nel proprio ordinamento entro il 17 luglio di quest’anno, come disposto dalla l. 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea 2019-2020).
Sull’impianto del Codice e del suo innovativo Titolo II si è abbattuta la pandemia, che ne ha differito l’entrata in vigore, facendola slittare opportunamente, in un primo momento, dal 15 agosto 2020 al 1° settembre 2021, ad opera del D.L. 23 dell’8 aprile 2020 (c.d. Decreto Liquidità) e, successivamente, per effetto del D.L. n. 118 del 2021, al 16 maggio 2022 e, per quanto riguarda il Titolo II, al 31 dicembre 2023. Da ultimo, l’art. 37 dello schema di decreto legge recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (c.d. D.L. PNRR 2), diffuso nelle settimane scorse, ha previsto l’ulteriore posticipazione al 15 luglio 2022 dell’entrata in vigore dell’intero Codice.
Utilizzo l’avverbio “opportunamente” per sottolineare che, proprio con riferimento alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, lo slittamento è stato suggerito non solo dall’esigenza scolpita nella Relazione al Decreto Liquidità di evitare l’applicazione di un istituto «concepito nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche» in un momento epocale in cui tutte le imprese erano state messe in ginocchio dalla pandemia[5], ma anche dalle criticità dello strumento che lo stesso Alberto Jorio aveva già lucidamente rilevato[6].
Credo che possa essere utile, pertanto, mettere in luce le novità del D.L. n. 118/21 per chiedersi – evocando il titolo di un famoso romanzo[7] – quel che resta delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi dopo il suo varo. Tale decreto, come è noto, non ha solo posticipato l’entrata in vigore del nuovo istituto al 31 dicembre 2023, ma ha anche introdotto il nuovo percorso della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, sancendo, secondo quello che ho già avuto modo di sostenere[8], anche il definitivo superamento delle disposizioni dedicate alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, così come disegnate dal Titolo II del nuovo Codice, sensazione che, come si vedrà a breve, è confortata dalle previsioni contenute nello schema di attuazione della Direttiva Insolvency.
2. La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa
Il nuovo istituto disciplinato dall’art. 2 del D.L. n. 118/21 consiste nel tentativo di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa che l’imprenditore commerciale o agricolo che navighi in cattive acque può esperire su base volontaria, analogamente a quanto era previsto con riferimento alla composizione assistita della crisi attivabile presso l’OCRI ai sensi degli artt. 19 e ss. del Titolo II del Codice della crisi e utilizzabile solo su istanza del debitore: quanto ai presupposti del nuovo percorso di composizione negoziata, l’imprenditore che intenda usufruirne deve versare in «condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza», ma la situazione deve essere reversibile, dovendo risultare ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. A differenza di quanto previsto dal Codice della crisi, il tentativo di soluzione negoziata è qui affidato ad un solo esperto indipendente, nominato da una commissione costituita presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del capoluogo della Regione nel cui ambito territoriale si trova la sede dell’impresa e l’esperto ha il compito di agevolare le trattative fra l’imprenditore, i suoi creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio.
Il tentativo avviene dunque in via stragiudiziale, su base volontaria, è caratterizzato dalla riservatezza e deve essere promosso tempestivamente; non è coinvolta l’autorità giudiziaria, a meno che l’imprenditore non richieda misure protettive del suo patrimonio ai sensi dell’art. 6, oppure non intenda usufruire di finanziamenti prededucibili o rinegoziazione di contratti, alle condizioni dettate dall’art. 10. Il mancato coinvolgimento del Giudice è un tratto comune all’impianto delle misure di allerta così come originariamente disegnate dal Titolo II del Codice della crisi ed è forse uno degli aspetti su cui si potrebbe riflettere ulteriormente[9].
La composizione negoziata per la soluzione della crisi contemplata dall’art. 2 – come è stato chiarito dalla stessa Relazione illustrativa del D.L. n. 118/21[10] – non costituisce una nuova procedura concorsuale, ma un percorso dai molteplici sbocchi, che inizialmente appariva destinato a operare in via solo transitoria, nelle more dell’entrata in vigore dell’intero Codice, con l’obiettivo di ovviare alla temporanea difficoltà in cui tutte le imprese si trovavano in ragione della pandemia[11]; questo percorso sembra però oggi destinato a sostituire, a regime e definitivamente, gli schemi e le soluzioni contenute nell’originario Titolo II del Codice della crisi. Va infatti ricordato che lo stesso schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva Insolvency, che interviene sul Codice della crisi non ancora entrato in vigore, prevede l’integrale sostituzione dell’originario Titolo II, Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, con un nuovo Titolo II, rubricato Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi, formato dai nuovi articoli da 12 a 25-undecies, che ricalcano abbastanza pedissequamente le regole introdotte dal D.L. n. 118 del 2021 già oggi in vigore.
Al contempo, l’impressione che il Titolo II sia destinato ad essere integralmente sostituito dalle nuove disposizioni, ancora prima di essere entrato in vigore, è confermata dal disposto dell’art. 37 del già citato schema di decreto legge PNRR 2: tale norma, nel disporre lo slittamento dell’intero Codice al 15 luglio 2022, sancisce l’abrogazione del comma 1-bis del suo art. 389 che, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 118 del 2021 regolava in modo autonomo l’entrata in vigore appunto delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, prevista per il 31 dicembre 2023, in luogo del 16 maggio 2022, data di entrata in vigore delle altre disposizioni del Codice.
Possiamo quindi riconoscere che con il D.L. n. 118 del 2021 l’attuale Governo, quale novella Penelope, ha disfatto, con pochi articoli, la intricata tela tessuta in materia di allerta dal precedente Governo e racchiusa nel Titolo II del Codice della crisi, sostituendola con un nuovo istituto più agile e probabilmente più adatto a rispondere alle esigenze delle imprese, piegate dalla recente pandemia, ma anche più rispettoso dell’autonomia privata e volto, ove possibile, a privilegiare le soluzioni negoziali della crisi, in linea con le indicazioni della Direttiva Insolvency.
3. Le novità della composizione negoziata rispetto al Titolo II del Codice della crisi
Occorre allora interrogarsi sulle differenze fra il nuovo istituto e le regole originariamente dettate dal Titolo II del Codice della crisi in materia di procedure di allerta e di composizione assistita. Che cosa cambia rispetto all’impianto dell’originario Titolo II?
In primo luogo, il D.L. n. 118 del 2021 riscrive la competenza a gestire l’allerta e i provvedimenti conseguenti, snellendo le relative regole. L’attivazione degli strumenti di allerta non incardina alcun procedimento di fronte all’Organismo di composizione della crisi d’impresa, di cui il Codice prevedeva l’istituzione presso la Camera di commercio e che doveva operare per mezzo di un referente e di un collegio di tre esperti di volta in volta nominati. La gestione del percorso volto alla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, come si è già ricordato, non è quindi più rimessa ad un collegio di tre esperti scelti fra gli iscritti in un apposito albo, da formarsi presso il Ministero della Giustizia, ma è affidata ad un unico esperto indipendente nominato da una Commissione costituita presso la Camera di Commercio e tratto da un elenco di professionisti disponibile presso la stessa. L’istanza di nomina dell’esperto viene indirizzata al segretario generale della Camera di commercio. L’individuazione di un unico esperto in luogo di tre era già stata caldeggiata da Alberto Jorio sia sulla scorta di quanto avviene in Francia, sia in ragione dell’auspicabile contenimento dei costi che gravano sull’impresa in crisi.
In secondo luogo, si amplia la platea dei soggetti che possono ricorrervi, rispetto a quella contemplata dal Titolo II; non sono infatti ripetute le esclusioni operate dall’art. 12 del Codice della crisi. Possono ricorrere al nuovo strumento gli imprenditori commerciali e agricoli (art. 2), purché iscritti nel registro delle imprese; tale precisazione è legata al fatto che la piattaforma telematica contenente la lista di controllo per la redazione del piano di risanamento e il test per la verifica della sua ragionevole perseguibilità sono accessibili ai soli imprenditori iscritti[12].
Si scioglie un dubbio che era stato sollevato in dottrina sul presupposto oggettivo di accesso al percorso della composizione assistita della crisi disegnata dall'art. 19 del Titolo II del Codice e soppiantato dal nuovo istituto della composizione negoziata. Alla luce delle disposizioni contenute nell’originario Titolo II e della chiara distinzione fra crisi e insolvenza, una parte della dottrina aveva sostenuto che l'imprenditore già insolvente non potesse accedervi. Questa lettura, indubbiamente legittima alla luce della lettera della legge, rischiava però di circoscrivere l'applicazione della parte più innovativa della riforma delle procedure concorsuali alle sole imprese in crisi, innalzando un ingiustificato steccato fra crisi e insolvenza e destinando le imprese già insolventi alla sola soluzione giudiziale.
Questa restrittiva interpretazione era stata respinta dalla parte più attenta della dottrina[13], fra cui Alberto Jorio, che aveva giustamente rilevato che anche l’impresa insolvente, «se alleggerita da buona parte dei debiti mediante un accordo con il ceto creditorio, può avere a volte opportunità di sopravvivenza»[14]. Condivisibilmente, pertanto la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa può essere chiesta, stando al combinato disposto degli artt. 2 e 9 del D.L. n. 118 del 2021, non solo dall’imprenditore in crisi, ma anche da quello insolvente[15], purché vi sia una prospettiva di risanamento dell’impresa[16].
Un’altra novità riguarda l’individuazione del giudice competente a concedere le misure protettive del patrimonio; in base al D.L. n. 118 del 2021, la competenza spetta alla sezione fallimentare del Tribunale e non alla sezione specializzata in materia di imprese, scelta invece operata dal Codice della crisi[17]. La nuova opzione permetterà di sfruttare l’esperienza maturata in materia fallimentare dai Giudici della relativa sezione.
Ulteriore tratto distintivo è che le misure protettive, a differenza dell’omologo istituto previsto dall’art. 20 del Codice crisi, operano automaticamente, per effetto della semplice pubblicazione nel registro delle imprese della relativa istanza, anche se contestualmente l’imprenditore deve proporre un ricorso avanti all’autorità giudiziaria per ottenerne la conferma o la modifica. Il favor per un certo automatismo era già stato manifestato da Alberto Jorio, il quale si chiedeva se la libertà di aggressione dei creditori sul patrimonio del debitore fosse compatibile con qualsiasi tentativo di composizione stragiudiziale della crisi e se non fosse invece preferibile prevedere che l’ombrello protettivo dovesse essere necessariamente aperto sin dal momento nel quale la procedura di composizione stragiudiziale ha inizio e dovesse essere mantenuto per tutta la durata del tentativo di composizione[18], naturalmente – va aggiunto – nei limiti temporali oggi indicati dalla Direttiva insolvency.
Perdono inoltre rilievo gli indicatori e gli indici di cui all’art. 13 del Codice della crisi[19] e si semplifica la disciplina degli obblighi di allerta, soprattutto con riferimento alla c.d. allerta esterna, confermandosi la scelta di far gravare l’innesco delle misure di allerta sulle parti private (in questo caso sugli organi di controllo). Ed infatti, a fronte del complesso sistema disegnato dal Titolo II del Codice della crisi e imperniato sugli indicatori e sugli indici, la cui elaborazione veniva rimessa al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, l’articolo 15 del D.L. n. 118 del 2021, rubricato laconicamente Segnalazione dell'organo di controllo, impone a quest’ultimo di segnalare per iscritto all'organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell'istanza di composizione negoziata, con l’assegnazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni entro il quale l'organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese. La tempestività della segnalazione viene valutata al fine di soppesare la responsabilità dell’organo di controllo, stimolandolo dunque ad attivare questo campanello d’allarme[20]. Non grava più, però, sull’organo di controllo, a differenza di quanto previsto nell’originaria versione del Titolo II, l’obbligo di segnalazione all’esterno, che imponeva la convocazione del debitore di fronte all’OCRI (art. 14, 2° comma del Codice): nel sistema disegnato dal D.L. n. 118/21 la scelta di rivolgersi al segretario della Camera di commercio per ottenere la nomina dell’esperto chiamato ad assistere il debitore nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa spetta esclusivamente all’organo amministrativo.
Il ruolo dell’organo di controllo è ulteriormente valorizzato: esso diventa, infatti, l’interlocutore “privilegiato” dell’esperto che, dopo l’accettazione dell’incarico, deve immediatamente dedicarsi alla valutazione della possibilità o meno di un risanamento della società e, a tal fine, si avvale anche delle informazioni fornite dall’organo di controllo. Ed infatti, quando l’esperto ritiene che un atto del cui compimento è stato preventivamente informato dall’imprenditore possa arrecare pregiudizio ai creditori, lo segnala per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo[21]. Semmai proprio in considerazione del ribadito ruolo centrale rivestito dall’organo di controllo nel sistema disegnato dal D.L. n. 118 del 2021 si può manifestare qualche perplessità nella scelta, operata dal medesimo provvedimento, di rinviare all’approvazione dei bilanci dell’esercizio 2022 la nomina dell’organo di controllo o del revisore da parte delle s.r.l. e delle cooperative di piccole dimensioni. Come è stato giustamente rilevato, «alla fine, in un quadro in cui il legislatore ha preteso un affilamento dei poteri dell’organo di controllo in funzione (anche) della positiva conduzione della composizione negoziata, non possiamo tacere che costituisce una turbativa la previsione contenuta nell’art. 1-bis del D.L. 118 che, nel novellare nuovamente l’art. 379 del CCII, consente alle s.r.l. ed alle società cooperative di piccole dimensioni che non abbiano già provveduto alla nomina dell’organo di controllo (vigente dal 16 dicembre 2019,) di differire la nomina obbligatoria di tale organo, anche monocratico, o il revisore legale (persona fisica o società), alla data di approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2022 e, dunque, al 2023 ingenerando l’idea che la figura dell’organo di controllo rappresenti un costo e non un valore»[22].
Nel nuovo impianto cambia anche radicalmente l’allerta esterna ovvero l’obbligo di segnalazione da parte dei creditori qualificati. Il D.L. n. 118 del 2021 non menziona soglie di indebitamento che fanno scattare l’obbligo di segnalazione da parte di questi creditori, ma alcune soglie sono state introdotte dall’art. 30-sexies del D.l. 152 del 2021 e analoghe soglie sono previste anche dall’art. 25-novies dello schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva Insolvency. Si tratta di soglie più basse di quelle contemplate nel Codice della crisi[23], ma le tempistiche previste per la segnalazione sono tali da rendere tale attivazione esterna comunque tardiva[24]. In ogni caso, il superamento delle soglie così individuate impone al creditore qualificato soltanto di indirizzare una comunicazione all’imprenditore e, ove esistente all’organo di controllo. Non è invece previsto un potere di attivazione della procedura quale quello regolato nel Codice della crisi, il cui art. 15 assegnava ai creditori qualificati il potere-dovere di effettuare la segnalazione all’OCRI, pena la perdita del titolo di prelazione spettante sui relativi crediti per l’INPS e l’Agenzia delle Entrate o, per l’Agente della Riscossione, pena l’inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione. Non è dunque più comminata alcuna sanzione a carico del creditore qualificato che omette di effettuare la segnalazione nei termini indicati. Dunque anche a questo riguardo la nuova disciplina valorizza i compiti dell’organo di controllo; al contempo l’assenza di sanzioni a carico dei creditori qualificati che omettono di effettuare la segnalazione rischia di rendere irrilevante la stessa previsione. Si può quindi convenire con quanto ha recentemente scritto Stefania Pacchi sul fatto che la cifra dello strumento plasmato dal D.L. 118 del 2021 resta la stragiudizialità e la spontaneità: è sì autorizzata «qualche “ingerenza” e pungolo esterno, ma senza inarrestabili scivolamenti in un procedimento dagli inquietanti scenari per possibili pericolose degenerazioni»[25].
Infine, la novità più significativa è certamente costituita dalla espunzione del collegamento fra l’insuccesso dell’allerta e l’apertura della liquidazione giudiziale. Stando all’art. 22 del Titolo II del Codice della crisi, infatti, nel caso in cui l’allerta non consentisse il superamento della crisi ed emergesse lo stato di insolvenza del debitore, il collegio di esperti nominato presso l’OCRI sarebbe stato tenuto a riferirlo al referente presso l’OCRI e quest’ultimo avrebbe dovuto comunicarlo al PM, al fine dell’attivazione dei suoi poteri di iniziativa per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale[26]. Questo epilogo, per cui l’allerta rischiava in molti casi di diventare l’anticamera della liquidazione giudiziale e che era frutto di una visione un po’ dirigista, era stato stigmatizzato dalla prevalente dottrina nelle more dell’entrata in vigore del Codice stesso: Alberto Jorio, ad esempio aveva manifestato perplessità di fronte alla duplice natura del collegio di esperti, da una parte organismo preposto ad aiutare il debitore a trovare un accordo con i creditori e dall’altra autorità investita del compito di evitare, nell’interesse pubblico, che l’insolvenza generasse ulteriore pregiudizio ai creditori e all’economia: una sorta di Giano bifronte poco in linea, aggiungo, con le indicazioni della stessa Direttiva Insolvency.
Al contrario il D.L. n. 118 del 2021 statuisce soltanto che al termine del proprio incarico l’esperto designato redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e che comunica all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari, al giudice che le ha emesse, che ne dichiara cessati gli effetti; non è previsto né in capo all’esperto, né in capo alla Commissione che lo nomina o al segretario generale della Camera di Commercio alcun obbligo di comunicazione al Pubblico Ministero della mancata individuazione di una soluzione idonea al superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario.
4. Conclusioni
Ci sarebbero ancora molti altri aspetti su cui soffermarsi, ma il tempo non lo consente e occorre concludere, cercando di tracciare un bilancio del nuovo istituto introdotto dal D.L. n. 118 del 2021? A me pare che il bilancio sia largamente positivo, proprio nella misura in cui il provvedimento del Governo abbandona l’impostazione dirigista che emergeva dal Titolo II del Codice della crisi, ma forse, più in generale, dall’intero impianto del Codice stesso, ove le misure di allerta risultavano più concentrate sull’obiettivo dell’emersione tempestiva della crisi come valore in sé, piuttosto che su quello dell’effettivo salvataggio delle imprese in difficoltà reversibile[27], che viene invece valorizzato e perseguito dalla Direttiva Insolvency.
Credo dunque che il nuovo istituto soppianterà definitivamente le procedure di allerta, come sembrerebbe confermato anche dalle previsioni dello schema di D.L. PNRR2. Ciò comporta che tutti i commenti dedicati al Titolo II della Parte Prima del Codice della crisi siano destinati al macero, constatazione che desta un po’ di sconforto a chi vi si è dedicato. Dimostra però, al contempo, che in questa materia il dialogo con l’Accademia è ancora vivo, in quanto molte delle soluzioni adottate dal D.L. n. 118/21 sono state stimolate dalle critiche mosse dalla dottrina all’impianto del Titolo II, critiche che hanno colpito nel segno, inducendo il Governo ad abortire sul nascere le misure di allerta, così come disegnate nel Codice della crisi, prima ancora che entrassero in vigore.
Richiamandomi al titolo dell’intervento, posso quindi concludere constatando che anche questa volta la saggia Penelope docet: quando può essere utile alla causa le tele, anche se faticosamente intessute, possono e debbono essere disfatte.
* L’articolo riproduce, con alcune integrazioni e con il corredo delle note, il testo della relazione svolta nel Convegno di studi La “lunga marcia” del diritto della crisi in Italia. Le “miniriforme” del 2021, la Direttiva UE e il Codice della Crisi, tenutosi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino in occasione della Presentazione del volume Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d.l. 118/2021, Liber Amicorum per Alberto Jorio, a cura di Stefano Ambrosini, Torino, 2021, ed è destinato ad un volume collettaneo sulla riforma a cura di S. Ambrosini.
[1] Per un sintetico (ma compiuto) quadro dell’evoluzione dell’approccio in materia della Comunità Europea prima e dell’Unione Europea poi, si vedano S. PACCHI- S. AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza, Bologna, 2020, 25 ss.
[2] Si tratta della Direttiva UE 2019/1023 del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva UE 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza).
[3] A. JORIO, Su allerta e dintorni, in Giur. comm., 2016, I, 261 ss.; Id., Orizzonti prevedibili e orizzonti improbabili del diritto concorsuale, in A. JORIO-B. SASSANI (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, Milano, 2017, V, 1321 ss., pubblicato anche in AA.VV., Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e del 2016, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2017, 24 ss.
[4] La Loi 84-148 (1° marzo 2014) è stata abrogata il 21 settembre 2000 ad opera dell’Ordonnance 912 (2000). Attualmente esistono nell’ordinamento francese alcuni strumenti di allerta, fra cui il diritto di allerta economica (droit d’alerte économique) che gli artt. L.2323-78 ss. e R.2323-18 del Code de travail assegnano al comité d’entreprise e l’allerta disciplinata dagli artt. L.611-1 ss. del Code de commerce, contenuti nel Chapitre Ier di tale codice e dedicati alla prevenzione delle difficoltà delle imprese (De la prévention des difficultés des entreprises, du mandat ad hoc et de la procédure de conciliation). Per un ampio resoconto al riguardo, v. G. CARMELLINO, Le droit francais des entreprises en difficulté e i rapporti con la normativa europea, in Fall., 2015, 1057 ss. Sulla normativa francese si veda anche P.M. LE CORRE, Droit et pratique des procédures collectives 2019/2020, XX ed., Parigi, 2018.
[5] Si legge ancora nella Relazione che accompagna il Decreto Liquidità, che l’entrata in vigore delle nuove disposizioni sarebbe intervenuta in un momento storico «in cui l’intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi» per cui «gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli».
[6] A. JORIO, La riforma della legge fallimentare fra utopia e realtà, in Crisi e insolvenza. Scritti in ricordo di Michele Sandulli, Torino, 2019, 404 ss. Sull’istituto dell’allerta e sulle sue criticità si vedano anche, ex multis, G. BONFANTE, Le misure di allerta, in G. BONFANTE (a cura di), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Giur. it., 2019, 1970-1976, R. RANALLI, Le misure di allerta, Milano, 2019 e, recentemente, S. PACCHI, L’allerta tra la reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore. Dal Codice della crisi alla composizione negoziata. Con un cenno allo schema di decreto legislativo recante modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Ristrutturazioniaziendali.it, 14 marzo 2022. Sia consentito altresì rinviare a E. DESANA, Le procedure di allerta (e cenni al loro probabile tramonto), in Liber Amicorum per Alberto Jorio, cit., 87 ss. L’esigenza di introdurre nel nostro ordinamento le misure di allerta era già stata manifestata da A. JORIO, Su allerta e dintorni, cit., 261.
[7] Quel che resta del giorno (The Remains of the Day) è il terzo romanzo dello scrittore nippo-britannico Kazuo Ishiguro, pubblicato nel 1989. Vinse il premio Booker lo stesso anno e fu il primo vero successo di vendite dell'autore. In ambito concorsuale la metafora è stata utilizzata per primo (con riferimento al concordato preventivo) da S. Ambrosini, Il concordato preventivo, relazione al Convegno Prospettive e innovazioni del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza CCI, svoltosi all’Università Bicocca di Milano il 13 marzo 2019.
[8] Sia consentito rinviare a E. DESANA, Le procedure di allerta (e cenni al loro probabile tramonto), in Liber Amicorum per Alberto Jorio, cit., 87 ss. e in particolare all’ultimo paragrafo.
[9] Condivido al riguardo il pensiero espresso da A. JORIO, La riforma della legge fallimentare fra utopia e realtà, cit., 418 secondo il quale sarebbe stato più semplice e probabilmente più efficace «l’individuare nel presidente del tribunale o direttamente nel presidente della sezione fallimentare, ove esistente, l’autorità alla quale rivolgersi per la nomina di un professionista esperto (perché necessariamente tre professionisti per la crisi di ogni piccola-media impresa?), il quale verificatane la fattibilità, coadiuvasse il debitore nella rapida predisposizione di un accordo con il ceto creditorio, lasciando che il debitore continuasse ad essere assistito anche dal proprio professionista di fiducia.»
[10] Cfr. S. AMBROSINI, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in Ristrutturazioniaziendali.it, 23 agosto 2021, 11.
[11] Il preambolo del decreto legge fa riferimento alla straordinaria necessità e urgenza di introdurre misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e superare gli effetti negativi che l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 ha prodotto e sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale e di l'esigenza di introdurre nuovi strumenti che incentivino le imprese ad individuare le alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale e di intervenire sugli istituti di soluzione concordata della crisi per agevolare l'accesso alle procedure alternative al fallimento.
[12] Gli imprenditori sottosoglia ex art. 1 L.F. possono presentare l’istanza i) all’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC) oppure ii) al Segretario generale della Camera di Commercio (art. 17)
[13] Al riguardo, fra gli altri A. JORIO, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, cit., 409 ss. e G. BONFANTE, Le misure di allerta, cit., 1976 cui si rinvia; in particolare A. JORIO ha osservato come nelle realtà italiane delle piccole e medie imprese (PMI), che costituiscono il nerbo del nostro tessuto produttivo e che sono caratterizzate dalla «frequente immedesimazione dei soggetti detentori del capitale di comando in quelli preposti alla gestione, il che rende difficile il confronto dialettico fra proprietà e amministrazione», è facile che il ricorso agli strumenti dell’allerta venga posticipato al momento in cui l’insolvenza si è già manifestata.
[14] A. JORIO, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, cit., 412.
[15] In proposito cfr. S. AMBROSINI, Doveri degli amministratori e azioni di responsabilità alla luce del Codice della Crisi e della “miniriforma” del 2021, in dirittobancario.it, 11 novembre 2021.
[16] Dispone l’art. 9 che […] quando nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente, ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori.
[17] Se entrerà in vigore il Codice della crisi, si tratterà del Tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali (art. 27), tranne per le imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevanti dimensioni per i quali sarà competente la sezione specializzata in materia di imprese ai sensi dell’art. 27 del Codice della crisi.
[18] A. JORIO, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, cit., 419.
[19] Dispone l’art. 13 del Codice che «1. Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell'attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell'assenza di prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso o, quando la durata residua dell'esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare e l'inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell'articolo 24». Ai sensi del comma 2, «Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elabora con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T., gli indici di cui al comma 1 che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell'impresa […]».
[20] L’art. 2 dello schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva Insolvency è volto a recuperare, seppure solo in parte e semplificandoli, gli indici; sostituendo l’art. 3 del Codice della crisi l’art. 2 prevede, infatti, che costituiscono segnali di allarme ai fini della tempestiva rilevazione della crisi alcune specifiche esposizioni debitorie: «a) l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; b) l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1».
[21] Sul punto S. PACCHI, L’allerta fra la reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore, cit., 50.
[22] La critica è mossa da S. PACCHI, L’allerta fra la reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore, cit., 50.
[23] Il comma 1° dell’art. 25-novies (Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati) individua così le nuove soglie « […]: a) per l'Istituto nazionale della previdenza sociale, il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore: 1) per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30 per cento di quelli dovuti nell'anno precedente e all'importo di euro 15.000; 2) per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all'importo di euro 5.000; b) per l'Agenzia delle entrate, l'esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all'imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all'articolo 21-bis del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 […], superiore all'importo di euro 5.000; c) per l'Agenzia delle entrate-Riscossione, l'esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all'importo di euro 100.000, per le società di persone, all'importo di euro 200.000 e, per le altre società, all'importo di euro 500.000».
[24] Basti considerare quanto disposto dal 2° comma dell’art. 25-novies, ai sensi del quale «2. Le segnalazioni di cui al comma 1 sono inviate: a) dall'Agenzia delle entrate, entro sessanta giorni dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; b) dall'Istituto nazionale della previdenza sociale e dall'Agenzia delle entrate-Riscossione, entro sessanta giorni decorrenti dal verificarsi delle condizioni o dal superamento degli importi indicati nel medesimo comma 1. 3. Le segnalazioni di cui al comma 1 contengono l'invito alla presentazione dell'istanza di cui all'articolo 12, comma 1 se ne ricorrono i presupposti. 26 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano: a) per l'Istituto nazionale della previdenza sociale, in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022; b) per l'Agenzia delle entrate, in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre dell'anno 2022; c) per l'Agenzia delle entrate-Riscossione, in relazione ai carichi affidati all'agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.»
[25] S. PACCHI, L’allerta fra la reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore, cit., 48.
[26] Ai sensi dell’art. 22 del Codice, infatti «1. Se il debitore non compare per l'audizione, o dopo l'audizione non deposita l'istanza di cui all'articolo 19, comma 1, senza che sia stata disposta dal collegio l'archiviazione di cui all'articolo 18, comma 3, o all'esito delle trattative non deposita domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza nel termine assegnato ai sensi dell'articolo 21, comma 1, il collegio, se non risulta che il debitore ha comunque depositato domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza e se ritiene che gli elementi acquisti rendano evidente la sussistenza di uno stato di insolvenza del debitore, lo segnala con relazione motivata al referente che ne dà notizia al pubblico ministero presso il tribunale competente ai sensi dell'articolo 27, con atto redatto secondo la normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. 2. Il pubblico ministero, quando ritiene fondata la notizia di insolvenza, esercita tempestivamente, e comunque entro sessanta giorni dalla sua ricezione, l'iniziativa di cui all'articolo 38, comma 1».
[27] A. MAFFEI ALBERTI, Prefazione, in AAVV, Le soluzioni negoziate della crisi, a cura di S. Ambrosini, Torino, 2021, XV, richiamato anche da S. AMBROSINI, Il (doppio) rinvio del cci: quando si scrive “differimento” e si legge “ripensamento”, in Ristrutturazioniaziendali.it, 22 settembre 2021, 7.