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Le istanze di composizione negoziata. Dati UnionCamere aggiornati al 15 aprile 2024


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La prededuzione prima e dopo il codice della crisi*


Federico Pani

Data pubblicazione
18 agosto 2022

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Sommario: 1. Introduzione; 2. I debiti di massa nel fallimento e nelle procedure minori; 3. Le riforme degli anni 2000 e la crescita esponenziale della prededuzione; 4. Nuovi spazi per la prededuzione: le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento…; 5. … e la (nuova) composizione negoziata della crisi; 6. Le ipotesi più problematiche; 6.1. Premessa; 6.2. I crediti sorti «in funzione» della domanda di concordato; 6.3. I crediti sorti «in funzione» degli accordi di ristrutturazione dei debiti (e dei piani attestati di risanamento); 6.4. I crediti sorti «in occasione» della procedura di concordato preventivo; 6.5. I crediti sorti «in occasione» del concordato omologato; 7. L’articolo 6: tra novità e discontinuità; 7.1. Inquadramento generale; 7.2. I crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese dall'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (lettera a); 7.3. I crediti professionali sorti in funzione degli accordi di ristrutturazione e dei piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione (lettera b); 7.4. I crediti professionali sorti in funzione delle domande di concordato preventivo (lettera c); 7.5. I crediti professionali sorti in funzione della richiesta di misure protettive; 7.6. La riduzione forfetaria del 75%: una misura davvero utile?; 7.7. I crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi (lettera d); 7.8. Altre prededuzioni tipiche; 7.9. Le prededuzioni escluse; 8. La consecuzione tra procedure.


1. Introduzione

L’articolo 6 del Codice della crisi si colloca nel capo dedicato ai «principi generali» della nuova disciplina organica della crisi debitoria, attore protagonista della (micro)sezione dedicata alla «pubblicazione delle informazioni ed economicità delle procedure». Economicità che, per il legislatore, passa (unicamente) attraverso la disciplina della prededuzione; ciò a dimostrazione di quanto i crediti rientranti in siffatta categoria siano cresciuti di consistenza e rilevanza nell’arco degli ultimi anni, divenendo uno degli argomenti maggiormente controversi e forieri di problemi teorici e applicativi.

La centralità della tematica in questione nel dibattito dottrinario e giurisprudenziale, unitamente alla trasversalità della prededuzione (che intercetta tutte le procedure riguardanti le crisi debitorie, che siano esse d’impresa o meno), rendono perfino ovvia la collocazione della disciplina in una posizione così prestigiosa del nuovo corpus normativo. Gettando però lo sguardo dietro le spalle, non può non rilevarsi come il termine «prededuzione», nell’originaria versione della legge fallimentare, non esisteva neppure, e che la situazione è rimasta immutata fino alla riforma del 2006-2007. Inoltre quest’ultima, in perfetta continuità con l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale del fenomeno, non ha introdotto una disposizione ad hoc, tracciando la definizione di «prededuzione» all’interno dell’art. 111 della legge fallimentare, rubricato «ordine di distribuzione delle somme».

Pare doveroso, allora, dare conto in questa sede delle elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali che hanno preceduto l’avvento del Codice della crisi, poiché è solo tenendo bene a mente questo percorso che può correttamente inquadrarsi la meta.

 

2. I debiti di massa nel fallimento e nelle procedure minori

Come anticipato, nell’originario assetto della legge fallimentare il termine «prededuzione» era semplicemente sconosciuto. Il suo utilizzo, tuttavia, era tutt’altro che alieno alla pratica giurisprudenziale[1] e alle elucubrazioni dottrinarie, che anzi associavano tale concetto a quelli che, secondo la tassonomia dell’epoca, venivano chiamati «debiti di massa»[2]. La norma di riferimento era l’art. 111, disciplinante l’ordine di distribuzione delle somme ottenute dalla liquidazione dell’attivo fallimentare e che collocava, al primo posto, «spese» e «debiti contratti per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa». Ciò stava a dire che, prima di poter soddisfare i creditori concorrenti, il curatore avrebbe dovuto “dedurre” le uscite relative al funzionamento stesso della procedura concorsuale[3].

Nonostante che la disposizione in parola disciplinasse unitariamente le modalità di pagamento sia dei c.d. debiti di massa che dei debiti concorrenti, pacifica era ritenuta la differenza tra le due categorie sotto il profilo (non solo satisfattivo, ma anche) genetico: come si legge nella più ricca monografia sul tema, «in virtù della loro funzione i debiti di massa hanno natura processuale o meglio procedurale, perché nascono nell’ambito di una procedura concorsuale e per consentirne lo svolgimento, a differenza di quelli concorrenti, che generalmente hanno natura sostanziale, perché hanno origine prima della procedura concorsuale e fuori di essa»[4].

Questa distinzione trova ancora oggi riscontro in giurisprudenza, ed anzi giustifica la distinzione, comunemente affermata, tra prededuzione e prelazione[5]. Come ribadito recentemente dalla Suprema Corte, con efficace sintesi, «il privilegio infatti è una prelazione accordata in considerazione della causa del credito, ex artt. 2741, comma 2, e 2745 cod. civ., e consiste in una qualità del credito che, in caso di concorso con altri creditori nell'esecuzione forzata, consente una soddisfazione prioritaria; la prededuzione invece è un'operazione di prelevamento che si realizza tramite la separazione delle somme necessarie per la copertura delle spese della procedura dal ricavato dell'espropriazione forzata dei beni del debitore. Dunque il primo, quale eccezione alla par condicio creditorum, riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in un rapporto di accessorietà con il credito garantito, poiché ne suppone l'esistenza e lo segue; la seconda, diversamente, attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull'intero patrimonio del debitore, ha natura procedurale perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione»[6].

La categoria della prededuzione, pertanto, nasceva da un’elaborazione dottrinale a partire da una disposizione collocata nella disciplina del fallimento. Grazie alle sollecitazione di un’ampia fetta della dottrina, tuttavia, l’ambito applicativo veniva esteso anche alle procedure minori o, per meglio dire, venivano assimilati l’esercizio provvisorio dell’impresa fallita – pacificamente suscettibile di generare crediti prededucibili proprio in forza del dettato legislativo – con la gestione dell’impresa medesima nelle procedure concorsuali eventualmente antecedenti al fallimento. A tale assimilabilità si associava, poi, il fenomeno della consecuzione tra procedure aventi ad oggetto la medesima insolvenza[7]; e proprio la consecutio diveniva il veicolo attraverso il quale “scaricare” crediti sorti nella gestione d’impresa avvenuta nel corso delle procedure minori all’interno del fallimento, attribuendo loro la qualità prededucibile[8].

Più in particolare, la prededuzione aveva trovato terreno fertile nella procedura dell’amministrazione controllata (oggi abrogata), che consentiva all’imprenditore in temporanea difficoltà, in presenza di comprovate probabilità di risanamento, di ottenere una sospensione al massimo per due anni dei pagamenti verso i creditori, e di proseguire la sua attività sotto il controllo dell’autorità giudiziaria. La dottrina maggioritaria[9] e la giurisprudenza[10] avevano sostenuto che gli oneri concernenti l’esercizio dell’impresa potevano qualificarsi come prededucibili nel successivo fallimento se assunti nell’ambito dell’amministrazione controllata e nell’interesse della massa dei creditori.

Tale conclusione aveva trovato anche l’avallo della Corte costituzionale che, con la pronuncia n. 32 del 1995, aveva ritenuto ragionevole che venissero considerati in prededuzione «i crediti di gestione maturati nel corso della procedura di pregressa amministrazione controllata» in quanto ciò rispondeva all’esigenza di «riequilibrare la condizioni di maggior rischio contrattuale in cui tali crediti sono concessi e ad incentivarne così l’erogazione in funzione del positivo esito della procedura, nell’interesse di tutti i creditori»[11].

Opposta, invece, era stata la conclusione cui si era giunti rispetto al concordato preventivo che, fino alla riforma degli anni 2000, aveva connotazioni puramente liquidatorie. Si era sostenuto infatti che la finalità esclusivamente liquidatoria fosse incompatibile con il riconoscimento della prededuzione, tantoché i contratti stipulati e i pagamenti effettuati risultavano suscettibili di revocatoria[12].

 

3. Le riforme degli anni 2000 e la crescita esponenziale della prededuzione

Nonostante il suo crescente utilizzo, il lemma «prededuzione» ha fatto il suo esordio nella legge fallimentare soltanto con la riforma del 2006-2007. Per la nozione generale è stato scomodato nuovamente l’articolo 111, essenzialmente con la sostituzione del comma secondo che così recita: «sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge […]». Due, dunque, sono le categorie di prededuzione riconosciute dalla legge fallimentare: quella di natura tipica, associata ad espresse disposizioni di legge, e quella di natura atipica, associata al criterio cronologico («in occasione») e a quello teleologico («in funzione»).

La prima categoria, di per sé sola considerata, non può considerarsi un elemento di novità rispetto al passato, giacché anche nel precedente assetto alcune uscite della procedura concorsuale erano considerate «spese» in prededuzione senza la necessità di un espresso richiamo all’articolo 111 della legge fallimentare[13]. Deve tuttavia segnalarsi che le riforme degli anni 2000 hanno spostato progressivamente il baricentro della politica di gestione della crisi d’impresa dallo schema liquidatorio allo schema della ristrutturazione e della conservazione del valore aziendale. È in questo contesto che si sono inseriti, ad esempio, l’avvento dell’accordo di ristrutturazione (art. 182-bis l.f.), la nuova fisionomia del concordato preventivo (aperto all’ipotesi della continuità aziendale con l’introduzione dell’art. 186-bis l.f.) ed i piani attestati di risanamento (pur non organicamente disciplinati ma collocati in seno alla disciplina della revocatoria fallimentare all’art. 67 l.f.).

Il neonato assetto della concorsualità è divenuto così il terreno fertile per un «caleidoscopio»[14] di prededuzioni tipiche e intimamente connesse alle procedure minori, prima d’allora, invece, completamente trascurate dal legislatore. E così – solo per evocare qui le fattispecie più rilevanti – hanno potuto fregiarsi della qualità prededucibile: - i finanziamenti erogati in funzione della procedura di concordato preventivo (o dell’accordo di ristrutturazione), se previsti dal piano (o dall’accordo), purché la prededuzione sia disposta nel decreto di ammissione al concordato o l’accordo sia omologato (art. 182-quater, comma 2, l.f.); - i finanziamenti autorizzati dal tribunale, anche nel concordato con riserva, previa attestazione da parte di un professionista indipendente circa il fatto che tali finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori (art. 182-quinquies, comma 1, l.f.); - i finanziamenti erogati in via d’urgenza funzionali a urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale, sempre previa autorizzazione del tribunale e in favore del debitore che avesse presentato una domanda di concordato con riserva o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o anche solo una proposta di accordo (art. 182-quinquies, comma 3, l.f.); - i crediti nascenti dagli atti di ordinaria amministrazione legalmente posti in essere dal debitore durante il concordato con riserva, nonché dagli atti urgenti di straordinaria amministrazione autorizzati dal tribunale nello stesso periodo (art. 161, co. 7, l.f.); - i crediti originanti dai medesimi atti (nel caso di quelli di straordinaria amministrazione, previa autorizzazione da parte del giudice delegato) posti in essere dall’impresa successivamente all’apertura della procedura e prima dell’omologazione (art. 167, commi 1 e 2, l.f.); - i finanziamenti erogati in esecuzione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione omologato (art. 182-quater, comma 1, l.f.)[15].

Si deve tuttavia alla seconda categoria di prededuzione, vale a dire al binomio occasionalità-funzionalità, un vero e proprio cambio di prospettiva da parte del nostro ordinamento, poiché l’atipicità della formulazione ha consentito l’ingresso nel mondo della prededuzione non già a crediti di nuovo conio (come quelli sopra elencati), bensì a crediti connessi a prestazioni già tipicamente collegate alla gestione della crisi di impresa, e principalmente quelli dei professionisti che, a vario titolo, assistono il debitore prima dell’accesso o durante una procedura concorsuale (sul punto si tornerà diffusamente).

Per il vero, nel binomio in esame ridonda, pur con qualche approssimazione, l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sviluppatasi nell’epoca dei “debiti di massa”[16]. Si erano infatti fatte strada tre diverse teorie definitorie dei crediti prededucibili: quella cronologica, che attribuiva rilievo al sol fatto che un’obbligazione fosse sorta dopo l’apertura del concorso; quella soggettiva, che faceva leva sulla riconducibilità del fatto genetico all’attività degli organi fallimentari; infine, quella strumentale, tesa a valorizzare la funzione procedurale del debito di massa, vale a dire la sua strumentalità rispetto all’attività liquidatoria fallimentare lato sensu intesa. Teorie che, singolarmente considerate, si rivelavano in realtà poco appaganti perché incapaci di racchiudere le numerose ipotesi di debiti di massa disseminate nella legge fallimentare[17]. Da qui, per l’appunto, l’opzione da parte del legislatore per l’occasionalità (riecheggiante il primo criterio proposto in dottrina) e per la funzionalità (sintonica rispetto al terzo criterio sopra richiamato). E non pare certamente casuale il fatto che l’altro criterio (il secondo, quello soggettivo) sia stato sostanzialmente recuperato dalla giurisprudenza di legittimità come elemento «integrativo» dell’occasionalità (come presto si vedrà).

Siffatta continuità teorica parrebbe dunque sminuire il portato innovativo dell’introduzione della categoria atipica della prededuzione. Così non è, però, se si pone mente al fatto che, nella neonata nozione, i crediti prededucibili non sono connessi soltanto alla procedura fallimentare, ma a tutte le procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare. Ciò, unito al forte investimento da parte del legislatore sulle nuove formule di soluzione della crisi di impresa, ha contribuito alla crescita esponenziale del fenomeno della prededuzione, probabilmente ben oltre le intenzioni originarie dello stesso riformatore.

Il risultato è stato quello di gettare le basi per «nuove diseguaglianze funzionali»[18], con ciò intendendosi l’incentivo (più o meno voluto) a generare crediti prededucibili (specie di tipo professionale) destinati fatalmente a calamitare nel fallimento, e quindi a “scavalcare” nella catena di soddisfacimento dalla liquidazione dell’attivo i creditori concorsuali, assistiti soltanto dalle cause di prelazione ma non anche dal rango prededucibile[19].

 

4. Nuovi spazi per la prededuzione: le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento…

Nel novero delle novità legislative foriere della crescita del fenomeno giuridico della prededuzione va iscritta anche la Legge n. 3 del 2012, recante «Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento». Trattasi di un corpus normativo tra i più frammentari e lacunosi nell’apparato normativo italiano, destinato anch’esso ad andare in pensione con l’avvento del Codice della crisi che, in maniera più organica (ma non troppo), ingloba le tre procedure oggi disciplinate dalla Legge sopra citata ed essenzialmente destinate all’imprenditore non fallibile e al consumatore.

Per ciò che strettamente interessa in questa sede, pur non essendo impiegato dalla legge il lemma «prededuzione» (se non in un’occasione)[20], viene espressamente previsto che i crediti sorti «in occasione o in funzione» delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento devono essere soddisfatti in via prioritaria (si vedano gli articoli 13, comma 4-bis, e 14-duodecies, comma 2)[21]. La nozione di prededuzione, quindi, viene data per scontata, con un implicito richiamo alla disciplina della legge fallimentare, essendo ormai un principio immanente alla disciplina della crisi debitoria che i crediti funzionali od occasionali rispetto a una procedura concorsuale debbano essere pagati prima di tutti gli altri creditori.

Tra questi crediti viene pacificamente annoverato il compenso spettante all’organismo di composizione della crisi, il quale recita un ruolo cruciale in svariate fasi delle procedure: dalla predisposizione della proposta o del ricorso alla redazione di una relazione particolareggiata da porre all’attenzione dell’organo giudicante; dalle comunicazioni da compiere ai soggetti istituzionali e ai creditori ai depositi presso il tribunale; dalla trascrizione del decreto di apertura della procedura presso gli uffici competenti ai compiti di vigilanza nella fase esecutiva. Maggiori dubbi, invece, si pongono in relazione al professionista (normalmente un avvocato) che assista il debitore nella presentazione del ricorso giurisdizionale. Sul punto si tornerà meglio infra; per ora basti dire che, dopo la novella del 2020 (Legge n. 176 del 2020, che ha convertito il Decreto Legge n. 137 del 2020), l’articolo 13, comma 4-bis, ricomprende espressamente tra i crediti sorti «in occasione o in funzione» anche «quelli relativi all'assistenza dei professionisti», mentre analogo innesto non ha riguardato l’articolo 14-duodecies.

 

5. … e la (nuova) composizione negoziata della crisi

Nel lungo intermezzo tra l’approvazione del Codice della crisi (avvenuta a inizio 2019) e la sua effettiva entrata in vigore, il legislatore è intervenuto a vario titolo sulla disciplina della crisi d’impresa, talvolta anticipando alcuni istituti innovativi coniati proprio dal Codice, e altre volte plasmando nuovi modelli concorrenti con quelli codicistici e fatalmente destinati a soppiantarli. È annoverabile tra quest’ultimi la composizione negoziata dalla crisi, istituto già introdotto nella primigenia versione del Codice al Titolo II della Parte Prima (in congiunzione con la disciplina dei c.d. segnali d’allerta), reinventato dal Decreto Legge n. 118 del 2021, convertito in Legge 147 del 2021 e, quindi, impiantato nel Codice dal correttivo immediatamente antecedente alla sua entrata in vigore (Decreto Legislativo n. 82 del 2022).

Per meglio dire, quella emergenziale si presenta alla stregua di una disciplina-ponte tesa a fornire all’imprenditore «un percorso, guidato e protetto, sostitutivo non dell’allerta, ma della composizione assistita del Codice della crisi, per coprire quello spazio che oggi precede la domanda ex art. 161, sesto comma, legge fallimentare, istituzionalizzando la fase delle trattative e creando un raccordo tra le forme di mediazione già esistenti in materia di rapporti d’impresa (per esempio, la mediazione bancaria) e tavoli di facilitazione allargati contestualmente a tutti i creditori»[22]. Sennonché, come del resto da alcuni già immaginato[23], i contenuti del D.L. 118 – nonché del successivo D.L. 152 del 2021 – sono stati trasposti nel Codice sostituendo il vecchio Titolo II.

Per quanto strettamente d’interesse in questa sede, la (nuova) composizione negoziata vede come figura cardine quella dell’esperto, regista delle trattative da svolgere con il ceto creditorio e demiurgo dell’esito finale delle stesse, che può consistere o in un contratto di natura privatistica o in una delle tante procedure disciplinate dalla legge ed oggi (in gran parte) dettate dal Codice (si vedano gli articoli 10 e 17 del D.L. 118). Il Decreto Legge attribuisce espressamente natura prededucibile al compenso dell’esperto (art. 16, comma 9).

Al fine di assicurare la continuità aziendale, e sempre se ciò risponde al miglior soddisfacimento dei creditori, il Decreto Legge contempla inoltre alcuni finanziamenti che assumono natura prededucibile, dietro autorizzazione disposta dal tribunale.

 

 

 

6. Le ipotesi più problematiche

6.1. Premessa

Le considerazioni sin qui compiute offrono uno spaccato sufficientemente chiaro dello “stato dell’arte” della prededuzione alle soglie dell’avvento del Codice della crisi. Per meglio dire, lasciano già chiaramente comprendere per quale ragione la prededuzione viene regolamentata tra i principi generali nella sezione dedicata alla «economicità delle procedure»: il legislatore, infatti, ha inteso in qualche misura porre un argine alla moltiplicazione delle prededuzioni tenuto conto del fenomeno messosi in moto nel corso degli ultimi quindici anni circa. È tuttavia solo analizzando le fattispecie più articolate o controverse che possono comprendersi appieno le ragioni che hanno portato all’esatta formulazione dell’articolo in commento[24].

 

6.2. I crediti sorti «in funzione» della domanda di concordato

Almeno fino all’inizio del 2022 la fattispecie più controversa e ricca di diatribe interpretative è stata rappresentata dal rango da attribuire al credito maturato dai professionisti che abbiano assistito l’imprenditore nella presentazione della domanda di concordato e nella redazione della proposta e del piano. Ciò, in particolare, nell’ambito del c.d. concordato in bianco o con riserva, che poi costituisce concretamente l’opzione largamente più ricorrente nella pratica.

Prima delle riforme degli anni 2000 questo genere di crediti non beneficiava di alcun trattamento preferenziale all’interno delle procedure concorsuali, fatto salvo, ovviamente, il privilegio disciplinato dall’articolo 2751-bis del codice civile, comunque pienamente rispettoso della regola del concorso sostanziale tra creditori[25]. È essenzialmente l’avvento del binomio occasionalità-funzionalità ad aver aperto la strada alla prededuzione ai crediti professionali; una strada, tuttavia, tortuosa e lastricata di interpretazioni non sempre coerenti che hanno serpeggiato non solo (come è fisiologico, soprattutto in ambito fallimentare) nella giurisprudenza di merito, ma anche in quella di legittimità.

Volendo sintetizzare al massimo, tre erano gli orientamenti affacciatisi in giurisprudenza prima del fondamentale arresto delle Sezioni Unite[26].

In fase di prima applicazione, la prevalente giurisprudenza di merito aveva ricondotto questa categoria di crediti al criterio della funzionalità, da intendersi però come utilità in concreto, attraverso una verifica a posteriori. In buona sostanza, veniva sovente sostenuto che in tanto i professionisti meritassero la prededuzione in quanto il loro lavoro si fosse rivelato effettivamente utile per il ceto creditorio e, in particolare, la procedura concordataria non fosse fatalmente sfociata nel fallimento.

Il secondo orientamento, sostanzialmente riconducibile alla posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità, aveva anch’esso fatto ricorso al criterio della funzionalità, tuttavia chiarendo fin da subito che la verifica del nesso di strumentalità avrebbe dovuto essere compiuta controllando se l'attività professionale prestata potesse essere ricondotta nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo in particolare l'evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale comportare di per sé sola la frustrazione dell'obiettivo della norma, escludendo il ricorso all'istituto[27]. Ciò significa che l’esclusione del rango prededucibile non avrebbe potuto fondarsi – quantomeno in via esclusiva – sulla non utilità in concreto della procedura stessa, attraverso una valutazione ex post, essendo piuttosto la funzionalità ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui erano state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluivano nel disegno di risanamento da quest'ultimo predisposto in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne fosse dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all'iniziativa assunta[28] o finanche la conoscenza da parte del professionista del carattere fraudolento dell’iniziativa assunta dal debitore[29].

Un terzo orientamento (per il vero poco nutrito) aveva sostenuto, invece, che la natura prededucibile del credito fosse riconoscibile, da un lato, perché si sarebbe trattato di «atto legalmente compiuto» del corso della procedura di concordato, come tale costituente una prededuzione tipica ai sensi dell’art. 161, comma 7, della legge fallimentare; dall’altro lato, facendo leva sul criterio dell’occasionalità[30].

In questo scenario si è collocata la sentenza n. 42093 del 31 dicembre 2021 delle Sezioni Unite. La Suprema Corte, nel suo massimo consesso, ha anzitutto inteso superare il terzo degli orientamenti citati. Invero, secondo la sua lettura gli «atti legalmente compiuti» a cui fa riferimento l’art. 161, comma 7, della legge fallimentare sarebbero solo quelli che si inseriscono nel perimetro della gestione aziendale in senso stretto, rispondendo tale disposizione alla logica di salvaguardare i normali rapporti commerciali dell'impresa e di tutelare i terzi che, nonostante la proposizione della domanda di concordato, decidano di intessere relazioni commerciali in pendenza della procedura concordataria[31]. Del pari, per le Sezioni Unite non sarebbe pertinente il richiamo al criterio della «occasionalità» che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (sul quale peraltro si avrà modo di tornare), non si esaurirebbe nel puro e semplice dato cronologico, dovendo essere ravvisata altresì una connessione tra la prestazione sorta «in occasione» della procedura e l’attività degli organi della stessa[32].

Ciò posto, le Sezioni Unite hanno sostanzialmente dato continuità all’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, mostrandosi tuttavia maggiormente sensibili a quanti, da più parti, avevano focalizzato l’attenzione sull’esigenza con le prestazioni rese dai professionisti raggiungessero quantomeno il risultato minimo aspirato, vale a dire il superamento della fase “in bianco” e l’apertura della procedura concordataria vera e propria[33]. In buona sostanza, hanno fatto propria una nozione «relazionale» della funzionalità, strumentalizzata, cioè, non a qualsivoglia approdo concorsuale, ma esattamente a quello aspirato dall’imprenditore assistito dal professionista. E così – si legge nella pronuncia in esame – «la funzionalità può dirsi sussistente allora quando l’attività originante il credito sia ragionevolmente assunta, nella prospettazione delle circostanze ad essa coeve, proprio per assecondare, con l’instaurazione o lo svolgimento della specifica procedura concorsuale cui è volta, le utilità (patrimoniali, aziendali, negoziali) su cui può contare tipologicamente, cioè secondo le regole del modello implicato, l’intera massa dei creditori, destinati a prendere posizione sulla proposta del debitore; ciò ne permette l’assimilazione ad una nozione di costo esterno sostenibile al pari di quelli prodotti dalle attività interne degli organi concorsuali, se e quando potranno operare».

Detto in altre parole, secondo la Suprema Corte proprio l’apertura della procedura concordataria costituirebbe il prerequisito minimo affinché il professionista possa aspirare al rango prededucibile[34]. Minimo ma – si badi bene – non per forza di cose sufficiente. Ed infatti il provvedimento di ammissione da parte del tribunale non potrebbe determinare una sorta di automatismo che dischiude le porte della prededuzione a tutti i professionisti che, in varia guisa, abbiano assistito l'imprenditore. Invero, non potrebbe attribuirsi lo stesso peso alle prestazioni necessarie (come, ad esempio, quelle del legale e dell'attestatore) e a quelle meramente eventuali (come, ad esempio, il c.d. advisor finanziario), rispetto alle quali sarebbe imprescindibile un vaglio giurisdizionale circa la "utilità prospettiva" di quella determinata attività, calibrata sulla specifica crisi aziendale concretamente affrontata[35].

 

 

 

6.3. I crediti sorti «in funzione» degli accordi di ristrutturazione dei debiti (e dei piani attestati di risanamento)

L’esondazione della prededuzione si è rivelata problematica anche con riguardo agli accordi di ristrutturazione disciplinati nella legge fallimentare dall’articolo 182-bis, e ciò a causa di un dubbio ermeneutico più profondo, afferente alla stessa riconducibilità di tale istituto nell’alveo delle procedure concorsuali (le uniche rispetto alle quali, in base al disposto dell’articolo 111 legge fallimentare, potrebbe predicarsi una funzionalità).

Invero, in un contesto nel quale la dottrina e la giurisprudenza di merito maggioritarie[36] si esprimevano in senso negativo, sono intervenute due decisioni della Suprema Corte che, dapprima in maniera (a dir poco) sintetica[37] e poi con un taglio decisamente più approfondito e sistematico[38], hanno ricondotto all’area della concorsualità gli accordi di ristrutturazione. In particolare, per superare le critiche mosse in maniera pressoché unanime da parte della dottrina alla prima delle due decisioni menzionate[39], la seconda sentenza ha affermato che «la cifra della moderna concorsualità, regolata dal diritto della crisi e dell'insolvenza, sembra essersi ridotta a tre profili minimali - i) una qualsivoglia forma di interlocuzione con l'autorità giudiziaria, con finalità quantomeno "protettive" (nella fase iniziale) e di controllo (nella fase conclusiva); ii) il coinvolgimento formale di tutti i creditori, quantomeno a livello informativo e fosse anche solo per attribuire ad alcuni di essi un ruolo di "estranei", da cui scaturiscono conseguenze giuridicamente predeterminate; iii) una qualche forma di pubblicità»[40]. Sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia poi dato convintamente continuità a tali approdi[41], nella giurisprudenza di merito si rinvengono ancora pronunce di segno opposto[42], preoccupate soprattutto del rischio che una simile estensione determini una moltiplicazione incontrollata delle prededuzioni.

Perfetta concordia tra giurisprudenza[43] e dottrina, invece, si è da sempre registrata circa l’esclusione dal novero delle procedure concorsuali dei piani attestati di risanamento previsti nella legge fallimentare dall’art. 67, comma 3, lettera d), con l’ovvia ricaduta che il compenso del professionista che abbia assistito in varia guisa il debitore nella predisposizione dello stesso, così come dell’attestatore del piano, non possono avere natura prededucibile.

 

6.4. I crediti sorti «in occasione» della procedura di concordato preventivo

Per crediti sorti «in occasione» della procedura di concordato preventivo si intendono quelli contratti dall’imprenditore a partire dal deposito del ricorso (ivi compreso quello “in bianco” che prelude all’apertura “con riserva”)[44] e fino al provvedimento di omologa da parte del tribunale. Nel tessuto della legge fallimentare, il fondamento di tali crediti si rinviene agli articoli 161, comma 7[45], e 167, commi 1 e 2[46]. Le regole che si desumono dalla congiunta lettura di tali disposizioni risultano piuttosto chiare: - l’impresa può contrarre nuovi debiti nel corso della procedura; - se gli atti conclusi sono di ordinaria amministrazione non è necessaria l’autorizzazione (del tribunale, prima dell’apertura, e del giudice delegato, dopo l’apertura); - viceversa, è necessaria la relativa autorizzazione; - i debiti regolarmente contratti assumono natura prededucibile. Come intuibile, però, inevitabili incertezze applicative sono generate dal binomio ordinaria/straordinaria amministrazione, trattandosi di formule necessariamente vaghe ed elastiche.

Sul punto deve registrarsi l’importante intervento chiarificatore della Suprema Corte di cassazione, sebbene solo a sezione semplice[47]. È stato affermato che «l'eccedenza in concreto dalla ordinaria amministrazione viene a dipendere dalla oggettiva idoneità dell'atto a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone comunque la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori, alla cui tutela la misura della preventiva autorizzazione è predisposta», sicché «sono di ordinaria amministrazione gli atti di comune gestione dell'impresa strettamente aderenti alle finalità e dimensioni del suo patrimonio e quelli che - ancorché comportanti una spesa - lo migliorino o anche solo lo conservino, ricadono invece nell'area della amministrazione straordinaria gli atti suscettibili di ridurlo o di gravarlo di pesi o vincoli cui non corrispondano acquisizioni di utilità reali e prevalenti».

Nel particolare ambito del concordato con riserva, è stato ulteriormente puntualizzato che il giudizio sul carattere ordinario o straordinario dell’atto dipende molto anche dal tipo di piano al quale l’impresa ricorrente risulta orientata. Invero, «un medesimo atto può bensì considerarsi come di ordinaria amministrazione dinanzi a una situazione implicante, per esempio, la continuità aziendale, ma non dinanzi a una situazione del tutto diversa, come quella connotata dal mero fine liquidatorio», ragion per cui, peraltro, «ai fini della possibilità di ravvisare il fondamento della prededuzione del credito derivante da atti di amministrazione ordinaria "legalmente compiuti", secondo la specifica previsione dell'art. 161, settimo comma, la prospettiva del concordato non può essere completamente "in bianco". In vero è necessaria quella che taluni hanno definito una minima discovery, vale a dire una certa qual indicazione, finanche nel caso solo di massima, ma comunque idonea a segnalare il tipo di proposta che si intenda presentare, così da stabilire almeno verso quale forma di concordato l'imprenditore abbia inteso indirizzarsi, per modo da confrontare rispetto a essa la valutazione degli atti consentiti».

Si pone senz’altro in coerenza con tale visione l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale gli incarichi conferiti ai professionisti per l’assistenza dell’imprenditore durante la fase di concordato “con riserva”, così come i pagamenti posti in essere in adempimento dei rapporti instaurati, debbano considerarsi alla stregua di atti di ordinaria amministrazione[48]. Sennonché tale impostazione andrebbe rivista alla luce della pronuncia n. 42093 del 31 dicembre 2021 delle Sezioni Unite, sulla quale ci si è già lungamente soffermati. La Corte, infatti, ha da un lato circoscritto l’area degli «atti legalmente compiuti» a quelli strettamente connessi alla gestione dell’attività d’impresa e, dall’altro lato, ha tratteggiato una nozione di «funzionalità» ancorata all’apertura del concordato, di talché astrattamente i pagamenti in favore dei professionisti compiuti in pendenza del termine di cui all’articolo 161, comma 6, della legge fallimentare, in caso di mancata ammissione alla procedura, sarebbero suscettibili di revocatoria fallimentare. Non a caso pressoché tutti gli autori che hanno commentato la pronuncia in questione hanno concordato nel ritenere che, nella fase “in bianco” del concordato, qualsivoglia pagamento andrebbe considerato de plano un atto di straordinaria amministrazione, necessitante di apposita autorizzazione da parte del tribunale[49].

 

6.5. I crediti sorti «in occasione» del concordato omologato

Come noto, dopo l’omologa da parte del tribunale prende avvio la parte esecutiva del concordato preventivo. Fase nel corso della quale l’impresa ricorrente, perfettamente in bonis, può continuare a concludere atti giuridicamente rilevanti, soprattutto (ovviamente) qualora il concordato sia in continuità aziendale. In assenza di una disposizione legislativa al riguardo[50], si è posto l’interrogativo circa la sorte dei crediti nascenti da tali atti nell’ipotesi in cui, nel corso dell’esecuzione concordataria, l’impresa venga dichiarata fallita.

Si è supra accennato allo stato della giurisprudenza antecedentemente alla modifica dell’articolo 111 legge fallimentare, e si è visto che, in passato, era tendenzialmente escluso che un credito sorto nel corso di un concordato potesse assumere connotati prededucibili. Il quadro è poi sensibilmente mutato; non solo per l’introduzione del binomio occasionalità-funzionalità, ma anche perché il concordato preventivo non ha più una finalità essenzialmente liquidatoria, potendosi coniugare (in tutto o in parte) con la prosecuzione aziendale, nel rispetto del paradigma dettato dall’articolo 186-bis. E non a caso sono diversi i casi in cui la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la prededuzione del credito sorto «in occasione» dell’esecuzione della procedura concorsuale minore.

In linea generale la Suprema Corte ha fatto proprio un concetto non eccessivamente esteso di occasionalità, negando che esso vada inteso come pura e semplice coincidenza tra sorgere del credito e pendenza della procedura concordataria. È stato infatti affermato che «il riferimento all'elemento cronologico («in occasione»), deve essere integrato, per avere un senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito all'attività degli organi della procedura; in difetto di una tale integrazione il criterio in questione sarebbe palesemente irragionevole, in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa»[51].

Se il concetto di «riferibilità» appare facilmente calabile nel contesto dei concordati liquidatori, più complesso risulta invece il quadro nel concordato con continuità aziendale poiché la giurisprudenza della Suprema Corte non pare essersi espressa in termini sempre perfettamente univoci.

Invero, alcune pronunce paiono assegnare particolare rilevanza al fatto che un certo credito sia espressamente contemplato all’interno del piano industriale oggetto dell’approvazione da parte dei creditori[52]. Un altro (probabilmente minoritario) orientamento, viceversa, non si sofferma solamente sul dato formale e fa leva, oltreché sull’occasionalità, sulla funzionalità di un certo credito nell’economia complessiva del concordato[53].

In controluce possono intravedersi le ragioni sottese a ciascuno dei due indirizzi ermeneutici. Il primo è maggiormente teso a tutelare la genuina espressione del diritto di voto da parte dei creditori coinvolti dal concordato in base all’assunto che essi debbano avere chiaro l’ammontare delle prededuzioni che potrebbero sorgere nel corso delle continuità e, quindi, di quanto possa essere elevato il rischio che il loro soddisfacimento venga pregiudicato nel caso in cui la procedura concordataria dovesse sfociare in un fallimento. Il secondo, invece, pare voler, da un lato, evitare che si determinino trattamenti differenziati fondati su profili di carattere meramente formale e, dall’altro lato, non penalizzare i terzi che si rapportino con un’impresa in crisi[54].

 

7. L’articolo 6: tra novità e discontinuità

7.1. Inquadramento generale

Come accennato in premessa, il primo (e vistoso) elemento di novità apportato dal Codice rispetto alla legge fallimentare è rappresentato dalla collocazione della disciplina della prededuzione nell’ordito normativo. Invero, se il legislatore del 2005-2006 aveva optato per l’inserimento della nozione di prededuzione nell’ambito della sezione dedicata alla ripartizione dell’attivo fallimentare, invece con il Codice si assiste a un salto di qualità, ritagliandosi la prededuzione uno spazio a sé stante.

Se può forse suscitare qualche perplessità l’inserimento dell’articolo 6 tra i «principi generali», sicuramente è apprezzabile la scelta di anteporre la nozione di prededuzione all’intero assetto disciplinare della liquidazione giudiziale e degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Ciò in quanto la prededuzione rappresenta un fenomeno trasversale a tutte le procedure concorsuali, lungi dal trovare spazio operativo soltanto nella procedura di liquidazione giudiziale.

Il riferimento al concetto di «economicità» contenuto nella rubrica della sezione suggerisce, inoltre, gli intenti perseguiti dal legislatore, vale a dire quello di ridurre i costi complessivi delle procedure concorsuali[55] e quello di incasellare in maniera più rigida la prededuzione onde evitare gli effetti moltiplicatori cui indubbiamente si è assistito nel corso degli ultimi quindici anni.

Da quest’ultimo punto di vista la novità più rilevante è rappresentata senza ombra di dubbio dalla scomparsa del binomio occasionalità-funzionalità e, quindi, dall’abbandono di una nozione atipica a vocazione aperta, suscettibile di applicazioni estensive. Come meglio si vedrà, tale elisione non è “indolore”, nel senso che condurrà alla scomparsa di alcune prededuzioni sinora ritenute pacifiche o comunque largamente condivise. Non va tuttavia eccessivamente sopravvalutata l’ondata innovativa del Codice: infatti, l’articolo 6 contempla ancora crediti «in occasione» delle procedure concorsuali (lettera d) nonché (e soprattutto) crediti «sorti in funzione» delle stesse (lettere b e c). Il vero è che il Codice non ha inteso fare terra bruciata dell’elaborazione giurisprudenziale avutasi dopo la riforma del 2005-2006, piuttosto puntando a recepirla e ad arginare la variabilità degli orientamenti ermeneutici. Detto altrimenti, l’articolo 6 si pone in sostanziale continuità con la giurisprudenza edificatasi sulla base del binomio occasionalità-funzionalità, selezionando (e tipizzando) tuttavia gli orientamenti ritenuti preferibili e – proprio nell’ottica dell’economicità – tentando di ridurre il peso della prededuzione nelle procedure concorsuali (lettere b e c).

In chiave di continuità si pone, poi, il comma secondo («la prededucibilità permane anche nell'ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali»), che attribuisce dignità normativa al principio giurisprudenziale della consecuzione tra procedure.

7.2. I crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese dall'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (lettera a)

Con l’avvento del Codice, la crisi da sovraindebitamento sarà disciplinata non più dalla Legge n. 3 del 2012[56], ma dagli articoli da 65 a 83 e da 268 a 277 del Codice medesimo. Come anticipato (paragrafo 4), non è mai stato in discussione il fatto che il compenso spettante all’organismo di composizione della crisi (abbr: OCC) vada soddisfatto in prededuzione per cui, sotto questo profilo, la lettera a) del primo comma dell’articolo 6 si pone perfettamente nel solco della disciplina previgente.

Una novità di non poco conto può invece apprezzarsi confrontando la disciplina codicistica con quella della Legge n. 3 del 2012. Invero, nel Codice – coerentemente con la scomparsa della c.d. prededuzione atipica – non sono stati replicati né il comma 4-bis dell’art. 13 (in materia di piano del consumatore e di concordato minore) né il comma 2 dell’art. 14-duodecies (in materia di liquidazione del patrimonio) i quali prescrivono che «i crediti sorti in occasione o in funzione di uno dei procedimenti di cui alla presente sezione […] sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri». E se nel Codice la mancata riproposizione dei crediti «sorti in occasione» può considerarsi riassorbita dalla portata generalizzante della lettera d) dell’articolo 6 (ai sensi della quale, come meglio si dirà, sono prededucibili «i crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa»), lo stesso non vale per i crediti «sorti in funzione». Il pensiero corre, ovviamente, a quelli relativi alle prestazioni dei professionisti cui il debitore si sia rivolto prima ancora di far riferimento all’OCC.

La cesura tra Legge 3 del 2012 e Codice della crisi parrebbe sul punto assolutamente netta; ciò tanto più se si considera che – come anticipato supra, al paragrafo 4 – dopo la novella del 2020 (Legge n. 176 del 2020, che ha convertito il Decreto Legge n. 137 del 2020), l’articolo 13, comma 4-bis, ricomprende espressamente tra i crediti sorti «in funzione» anche «quelli relativi all'assistenza dei professionisti». E se nel contesto della Legge n. 3 del 2012 ragioni di coerenza sistematica parrebbero suggerire la ricomprensione dei crediti professionali tra quelli «in funzione» anche nell’ambito della procedura di liquidazione del patrimonio (pur nel silenzio dell’articolo 14-duodecies, comma 2, non oggetto di contestuale modifica), ben più in salita si presenta il discorso nel contesto del Codice della crisi. Si potrebbe invero sostenere che l’aver espressamente attribuito rango prededucibile ai crediti dei professionisti che assistono il debitore nella predisposizione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o della domanda di concordato preventivo (lettere b e c dell’articolo 6) finisce per delineare un’irragionevole diversità di trattamento rispetto ai professionisti che, invece, assistono il debitore sovraindebitato, con tutte le conseguenze che ne discendono in termini di compatibilità con l’articolo 3 della Costituzione.

Sennonché non pare insostenibile affermare che il legislatore, proprio perseguendo lo scopo di rendere meno gravose le procedure concorsuali dal punto di vista economico, abbia scientemente inteso limitare la prededuzione all’OCC, trattandosi di organismo espressamente previsto dalla legge per ausiliare i consumatori e gli imprenditori più piccoli (o comunque non commerciali) nell’affrontare la propria crisi debitoria; organismo invece assente nella fase critica che connota l’impresa commerciale maggiore, ragion per cui in quel contesto il debitore non può fare a meno di rivolgersi a dei professionisti qualificati che lo supportino in un percorso tecnico e irto di ostacoli. Insomma, l’esclusione dal novero delle prededuzioni dei crediti dei professionisti nel campo del sovraindebitamento pare essere una scelta tanto consapevole quanto ragionevole sulla base della considerazione che, nel contesto di crisi debitorie tendenzialmente più semplici, sovente l’assistenza di un legale e/o di un commercialista si presenta ultronea perché duplicante quella già posta in essere, obbligatoriamente, dall’OCC.

Nella formulazione antecedente all’ultimissimo correttivo apportato dal decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83, la lettera a) dell’articolo 6 accomunava all’OCC anche l’OCRI, vale a dire l’organismo di composizione della crisi d'impresa aventi il compito di ricevere le segnalazioni di allerta e gestire il procedimento di allerta e, per le imprese diverse dalle imprese minori, il procedimento di composizione assistita della crisi. Il riferimento all’OCRI è scomparso in coerenza con il rimodellamento dell’intero Titolo II, incentrato non più sulla procedura di allerta ma sul procedimento di composizione negoziata della crisi che vede come protagonista non già l’OCRI, ma l’esperto. Quest’ultimo non figura nell’elencazione di cui all’articolo 6, ma trattasi pur sempre di una prededuzione tipica: l’articolo 25-ter, comma 12, infatti, ripropone pedissequamente l’articolo 16, comma 9, del D.L. 118/2021.

 

7.3. I crediti professionali sorti in funzione degli accordi di ristrutturazione e dei piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione (lettera b)

Le lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 6 probabilmente sono quelle dalla valenza più rilevantepoiché disciplinano le due fattispecie più controverse e dibattute in dottrina e giurisprudenza, vale a dire i crediti professionali sorti in funzione degli accordi di ristrutturazione (e dei piani di ristrutturazione) e delle domande di concordato. Evidente nella loro formulazione è la traccia del percorso giurisprudenziale avutosi sotto il vigore della legge fallimentare, nonché – pur con qualche puntualizzazione – la continuità rispetto all’assetto ermeneutico più recentemente affacciatosi.

Per quanto concerne gli accordi di ristrutturazione, già da qualche anno la Suprema Corte ha concluso che essi hanno natura concorsuale, così dischiudendo la strada all’applicazione dell’art. 111, comma 2, legge fallimentare. Il Codice della crisi rende chiara anche nel diritto positivo tale conclusione, sancendo espressamente la prededucibilità del credito del professionista che assista l’imprenditore nella fase di predisposizione dell’accordo destinato all’omologazione giudiziale.

Sotto il vigore della legge fallimentare la giurisprudenza, molto affaticata dal dilemma sulla natura degli accordi, aveva posto in secondo piano il tema della necessità o meno dell’omologazione dell’accordo ai fini del riconoscimento del rango prededucibile. La Suprema Corte, dando continuità all’indirizzo maggioritario prima dell’avvento delle Sezioni Unite n. 42093 del 31 dicembre 2021, aveva rigettato la tesi dell’utilità in concreto e sostenuto, in ossequio alla tesi dell’utilità in astratto, che l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione comportasse de plano l’attribuzione della prededuzione, sussistendo un rapporto di funzionalità[57]. Il Codice della crisi ha fatto definitiva chiarezza, rendendo l’omologazione un prerequisito indefettibile ai fini del riconoscimento della prededuzione.

La lettera b) menziona altresì i piani di ristrutturazione soggetti a omologazione, introdotti con la novella del giugno 2022 all’articolo 64-bis. Per ciò che strettamente rileva in questa sede, essi consistono in una proposta di soddisfacimento dei debiti rivolta ai creditori suddivisi in classi senza che questa debba necessariamente rispettare l’ordine dei privilegi, e fatto salvo l’obbligo di soddisfazione integrale dei lavoratori in tempi ristretti (trenta giorni dall’omologazione). L’omologazione è deliberata dal tribunale con sentenza soltanto in caso di unanimità delle classi. In ogni caso, un professionista deve attestare la veridicità dei dati e la fattibilità del piano.

L’assimilazione nel trattamento tra accordi di ristrutturazione e piano di ristrutturazione soggetti ad omologazione è perfettamente coerente con la dimensione ontologica di tali istituti. Si è già visto (paragrafo 6.3.) che, secondo il più recente orientamento della Suprema Corte, tre sono gli elementi decisivi ai fini della riconduzione di una determinata procedura nell’area della concorsualità: - il coinvolgimento dell’autorità giudiziaria, in chiave protettiva e di controllo; - il coinvolgimento di tutti i creditori, quantomeno a livello informativo; - l’esistenza di una qualche forma di pubblicità. Tutti questi elementi sono presenti non solo nel procedimento di omologazione degli accordi di ristrutturazione, ma anche in quello di omologazione del piano di ristrutturazione; e infatti: - il tribunale viene coinvolto sia ai fini della conferma o revoca delle misure di protezione (e dell’adozione delle misure cautelari), sia in sede di omologa; - tutti i creditori sono informati e possono esprimere un voto; - la domanda di accesso, così come la sentenza di omologazione, sono pubblicati nel registro delle imprese.

 

7.4. I crediti professionali sorti in funzione delle domande di concordato preventivo (lettera c)

Passando alla lettera c), come si accennava, anche in questo caso il Codice si è posto in continuità con la più recente giurisprudenza di legittimità e, segnatamente, con l’arresto delle Sezioni Unite del 31 dicembre 2021, sul quale ci si è abbondantemente soffermati supra (paragrafo 6.2.). Per il vero, il lungo periodo di degenza del Codice prima della sua vera e propria entrata in vigore ha favorito il fenomeno inverso, vale a dire l’adozione di interpretazioni ispirate al Codice e sostanzialmente anticipatorie dello stesso[58]. Ed infatti le stesse Sezioni Unite, quasi a completamento del proprio ragionamento, hanno attinto a piene mani alla disciplina del Codice, assurto a canone ermeneutico effettivo a dispetto della lunga vacatio legis.

In buona sostanza, dunque, anche in base al (e anzi dovrebbe forse dirsi grazie al) Codice della crisi il professionista che abbia assistito l’imprenditore nella predisposizione della domanda di concordato e nella formazione di proposta e piano in tanto può aspirare al rango prededucibile in quanto venga superata la soglia dell’apertura.

Tale soluzione, se da un lato ha riscosso plausi principalmente ispirati all’anelito di certezza del diritto[59] (principio cardine di qualunque ordinamento democratico e liberale[60]), dall’altro lato non ha invece trovato il favore di altre voce dottrinarie, a parere delle quali il carattere eccessivamente tranciante della soluzione adottata finisce per tradursi in un’ingiustizia sostanziale, oltre a rischiare di determinare implicazioni pratiche contrarie alle stesse aspirazioni del legislatore. Più nel dettaglio, è stato rilevato che in questo modo la prestazione del professionista finisce per subire una mutazione genetica, trasformandosi da obbligazioni di mezzi ad obbligazione di risultato, senza peraltro attentamente soppesare il fatto che l’attività preparatoria di proposta e piano sarebbe pressoché sempre di utilità funzionale per il ceto creditorio in caso di fallimento, venendo agevolato il lavoro del curatore nella disamina della contabilità aziendale, e il fatto che la non ammissione potrebbe dipendere da fattori del tutto estranei all’attività professionale. Inoltre, si è fatto notare che addossare esclusivamente sui professionisti il rischio della mancata ammissione del concordato può avere il riflesso di scoraggiare avvocati e commercialisti dall’ausiliare un imprenditore in difficoltà e alla ricerca di una delle soluzioni alla crisi aziendale alternative all’esito liquidatorio; soluzioni rispetto alle quali, come noto, il legislatore delle ultime riforme ha espresso un chiarissimo favor[61].

L’argomento secondo il quale, nell’assetto codicistico, l’obbligazione del professionista perderebbe i suoi connotati tipici (di mezzi e non di risultato) ci pare poco persuasivo. Come altrove già rilevato[62], infatti, tale approccio sembra confondere due piani tra di loro distinti, vale a dire quello del corretto adempimento della prestazione (che refluisce sul diritto al pagamento o, quantomeno, sul quantum debeatur) e quello dell’attribuzione di una preferenza processuale nella fase di soddisfacimento del credito in sede concorsuale. Sul punto anche la sentenza delle Sezioni Unite – che, come già detto, descrive la ratio sottesa alla regola impressa nel Codice – pare sufficientemente chiara. L’ammissione, infatti, non è il risultato minimo preteso dal professionista perché la sua prestazione possa considerarsi diligente ai sensi dell’art. 1176 del codice civile; a prescindere dal carattere diligente o meno della prestazione, l’apertura della fase procedurale che conduce all’adunanza dei creditori rappresenta lo step minimo perché la causa del concordato possa dirsi soddisfatta, e con essa – di riflesso – la preferenza processuale che la legge assegna al credito “funzionale”[63].

Per quanto concerne le altre considerazioni critiche, se da un lato sembra dover essere ridimensionato lo spauracchio dello scoraggiamento che il nuovo assetto normativo potrebbe produrre nei confronti dei professionisti, dall’altro lato non può mancarsi di osservare che, nel contesto della crisi d’impresa, la coperta – come suole dirsi – è sempre corta e, pertanto, su qualcuno dei creditori (vecchi o nuovi) il rischio di illiquidità deve necessariamente cadere. Ecco, in siffatto contesto non pare avventato affermare che la pur tranciante regola dettata dal Codice risponda a un criterio di ragionevolezza laddove privilegia i crediti nascenti dall’ordinaria attività aziendale rispetto a quelli nati nel bel mezzo della tempesta al solo scopo di portare la nave in salvo o, comunque, di ridurre i danni, ancorando la soddisfazione di quest’ultimi al raggiungimento di uno standard di utilità minimo per i primi[64].

 

7.5. I crediti professionali sorti in funzione della richiesta di misure protettive

La lettera b) accomuna alla fattispecie del professionista la cui prestazione è orientata verso la proposizione di un accordo di ristrutturazione o di un piano di ristrutturazione soggetto a omologazione anche la prestazione strumentale alla richiesta delle misure protettive.

Giova al riguardo premettere che quest’ultima richiesta può innestarsi in due diversi segmenti procedimentali.

Il primo è quello della composizione negoziata, che precede il ricorso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (articolo 18). Il secondo segmento è quello che si apre con la domanda di accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza promossa dal debitore stesso, disciplinata dagli articoli 40, comma 3, 54 e 55.

Ciò posto, la specifica collocazione di tali crediti nella sola lettera b) obbliga a perimetrare in maniera piuttosto netta l’ambito di applicazione della fattispecie. Ed infatti i crediti professionali in questione possono giovare della prededuzione soltanto «a condizione che gli accordi o il piano siano omologati». Pare dunque certo che gli unici crediti professionali che possono (autonomamente) aspirare alla prededuzione sono quelli concernenti richieste di misure protettive inserite all’interno di domande volte non già all’accesso di tutti gli strumenti di regolazione delle crisi e dell’insolvenza, ma soltanto dell’accordo di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione. Detto ancora in altre parole, dal momento che la stessa previsione non è ripetuta nella lettera c), che – come visto – disciplina le prestazioni strumentali alla domanda di concordato preventivo, è assolutamente indubbio che in quest’ultimo caso, benché sia perfettamente possibile (ed anzi per certi versi fisiologico) che l’avvocato chieda anche la concessione di misure protettive, non vi sia spazio per la prededuzione.

È obiettivamente poco comprensibile questa scelta del legislatore. Se, infatti, la diversità di trattamento tra la fattispecie di cui alla lettera b) e quella della richiesta di applicazione di misure protettive in seno alla composizione negoziata può trovare giustificazione nella diversità ontologica degli strumenti coinvolti (delle procedure concorsuali, da un lato, e una fase trattativa stragiudiziale che prevede episodicamente l’intervento del giudice, dall’altro lato), invece non appare ragionevole che le richieste di misure protettive strumentali rispetto ai concordati preventivi non valgano tanto quanto quelle funzionali agli accordi di ristrutturazione e ai piani di ristrutturazione.

Ad ogni modo, come anticipato, anche in questo caso la prededuzione si stabilizza soltanto in caso di omologazione.

 

7.6. La riduzione forfetaria del 75%: una misura davvero utile?

Le fattispecie disciplinate dalle lettere b) e c), fin qui sviscerate, si segnalano anche per un ulteriore aspetto, slegato dalla nozione di prededuzione ma indubbiamente collegato al principio di economicità che proprio la (nuova) disciplina dei crediti prededucibili sarebbe destinata a soddisfare. Ed infatti il legislatore ha previsto che i professionisti, in caso di (rispettivamente) ammissione/omologazione godono sì della prededuzione, ma «nei limiti del 75% del credito accertato». È insomma previsto un taglio forfetario del compenso, almeno all’apparenza rispondente all’opportunità che il vantaggio di cui i professionisti beneficiano a livello procedurale (vale a dire l’essere pagati prima di tutti gli altri creditori) venga controbilanciato da una riduzione delle pretese sul piano quantitativo.

Prima facie sembrerebbe legittimo dubitare dell’utilità di una simile previsione. Ed infatti nulla osta a che i professionisti, ben consci della decurtazione ex lege, si premurino di concordare con il debitore-mandante un compenso più alto di quello che, normalmente, avrebbero preteso, magari inserendo nell’incarico una success fee legata, per l’appunto, all’evento dell’ammissione/omologazione. In dottrina, tuttavia, è stato ipotizzato che un simile rischio possa essere sventato grazie all’attività di «accertamento» del tribunale. Più precisamente, è stato rilevato che l’utilizzo da parte del legislatore del participio «accertato» non sarebbe casuale e presupporrebbe una qualche verifica da parte del giudice delegato sull’ammontare del compenso[65].

Non ci sembra, tuttavia, che l’utilizzo – invero un po’ sfortunato – di tale termine autorizzi una conclusione tanto ardita, se non altro perché né l’una (concordato preventivo) né l’altra (accordo di ristrutturazione) procedura conoscono una fase di «accertamento» dei crediti, men che meno di natura prededucibile. Si intende con ciò dire che il tribunale assai difficilmente potrebbe sindacare l’ammontare dei compensi predeterminato dal ricorrente con il professionista, essendo rimessa ai creditori in sede di votazione ogni valutazione sulla ragionevolezza ed opportunità dell’ammontare.

Diverso, ovviamente, si presenta lo scenario nel contesto della liquidazione giudiziale. In tal caso, infatti, deve ritenersi che il giudice delegato possa non solo sindacare l’ammontare del compenso, escludendolo se ritenuto eccedentario rispetto alla prestazione concretamente svolta, ma finanche intaccare il credito nel suo complesso accogliendo l’eccezione di inadempimento del professionista. Ci muoviamo qui in un terreno diverso ed alternativo rispetto alla prededuzione, come ben spiegato dalle Sezioni Unite del 31 dicembre 2021 a parere delle quali «al rimedio civilistico viene [così] affidato frequentemente l’intento di evitare che pretese di credito sproporzionate o improduttive, a formazione negoziale non controllata né dai creditori, né dal giudice, gravino sull’attivo della procedura liquidatoria finale, nonostante la manifesta inutilità della prima procedura o della sua prosecuzione o anche il carattere fraudatorio dell’iniziativa del debitore, cui non era estraneo chi l’assisteva»[66].

Il vero è – come già segnalato altrove[67] – che l’unico modo per calmierare i compensi dei professionisti direttamente nel contesto concordatario onde evitare che gli stessi cadano in maniera troppo gravosa sugli altri creditori sarebbe quello di limitare il numero di professionisti nominabili dal debitore (chiaramente in funzione della complessità della crisi, valutabile sulla base dei dati di bilancio), nonché quello di regolamentare i compensi attraverso apposite tabelle. Un simile intervento, certamente incisivo nell’ambito di un sistema improntato alla libera concorrenza, sarebbe giustificato dall’esigenza di bilanciare i vari interessi contrapposti, e in particolar modo quello dei creditori più sensibili, tutelati dal privilegio di cui all’art. 2751-bis del codice civile.

 

7.7. I crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi (lettera d)

La lettera d) dell’articolo 6 è sicuramente quella che, più di tutte, si pone in diretta continuità con la disciplina normativa previgente. Già la legge fallimentare, infatti, fa riferimento ai crediti «legalmente sorti» nel corso delle procedure concorsuali e, segnatamente, nel corso del concordato preventivo (articolo 161, comma 7). Nel Codice la regola viene peraltro ribadita, proprio per il concordato preventivo – là dove è destinata a trovare maggiore attuazione – all’articolo 46, comma 4.

Il riferimento alla «legalità» degli atti dai quali possono sorgere i crediti prededucibili presuppone la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. Si intende con ciò dire che “legalmente compiuto” è solo l’atto di ordinaria amministrazione o anche quello di straordinaria amministrazione purché, tuttavia, l’imprenditore abbia ottenuto la necessaria autorizzazione da parte del tribunale o del giudice delegato (si vedano gli articoli 46, comma 1, e 94, comma 2).

È indubbio che le coordinate distintive degli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione tracciate dalla Suprema Corte potranno trovare applicazione anche sotto il regime del Codice. Conferma si ricava dal fatto che l’art. 46, comma 2, sancisce che «la domanda di autorizzazione contiene idonee informazioni sul contenuto del piano»; prescrizione nella quale si ode distintamente l’eco della sentenza n. 14713 del 2019 della Corte di Cassazione e del suo richiamo all’esigenza di adeguata discovery.

Se l’attribuzione del rango prededucibile agli organi preposti alle procedure concorsuali appare finanche ovvio, può sottolinearsi come l’attribuzione della prededuzione alle «prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi» abbia fatto proprio quell’orientamento giurisprudenziale che, nel tentativo di perimetrare il concetto di «occasionalità», fa leva sulla necessità che vi sia un «implicito elemento soggettivo», ossia una correlazione della prestazione svolta con gli organi della procedura concorsuale.

A ben vedere l’orientamento al quale si è appena fatto riferimento è sorto per tracciare i contorni della «occasionalità» non solo durante la procedura concordataria (che, come noto, culmina con il provvedimento di omologa), ma anche nella fase strettamente esecutiva del concordato[68]. Si è già segnalato che una parte della dottrina si è già espressa in maniera dubitativa circa la possibilità di associare la prededucibilità ai crediti sorti nella fase esecutiva del concordato mancando un’espressa disposizione in tal senso nella legge fallimentare. L’osservazione è stata ribadita con maggior forza in relazione al Codice che, per l’appunto, perimetra la prededuzione agli atti legalmente sorti nel corso della procedura concorsuale; procedura che, in ambito concordatario, pacificamente si conclude con il provvedimento di omologazione[69].

Non v’è alcun dubbio che sarebbe stato opportuno che il legislatore avesse approfittato dell’introduzione del Codice per fare chiarezza sulla questione, o dando una copertura normativa ad uno dei due sotto-filoni affacciatisi nella prima sezione della Suprema Corte e sui quali è già avuto modo di soffermarsi, oppure negando espressamente riconoscimento alla giurisprudenza corrente. Non è comunque avventato immaginare che, in continuità con il passato, anche sotto il vigore del Codice la giurisprudenza prediligerà un’interpretazione estensiva di «procedura concorsuale», ricomprendendovi anche la fase esecutiva del concordato, così da far abbracciare la categoria della prededuzione anche i «crediti legalmente sorti» in esecuzione del piano omologato[70].

 

7.8. Altre prededuzioni tipiche

Come accennato in sede di inquadramento generale, il legislatore ha preferito sostituire il binomio occasionalità-funzionalità (a vocazione aperta) con macro-fattispecie di crediti funzionali ed occasionali tipiche, fin qui esaminate. Tali macro-fattispecie, però, si sommano ai crediti espressamente qualificati dalla legge come prededucibili, nel senso che, in perfetta continuità con la legge fallimentare, anche il Codice ha fatto salve le prededuzioni tipiche disseminate nel Codice.

In questa sede sarebbe ozioso passare in rassegna tutti crediti prededucibili contemplati dal Codice, ma certo non ci si può esimere dall’affrontare le ipotesi più rilevanti o in qualche misura problematiche, anche alla luce delle novità che il nuovo corpus normativo presenta rispetto alla legge fallimentare.

Dal primo punto di vista, merita segnalare che il Codice ha sostanzialmente confermato tutte le ipotesi di finanziamento prededucibile strumentali rispetto ai concordati preventivi e agli accordi di ristrutturazione. Più nel dettaglio: - l’articolo 99, commi da 1 a 4, contempla i finanziamenti interinali e urgenti previsti dall’articolo 182-quinquies, comma da 1 a 4, della legge fallimentare; - l’articolo 99, comma 5, riproduce l’articolo 182-quater, comma 2, della legge fallimentare (c.d. finanziamenti ponte); - l’articolo 100, comma 1, esattamente come l’art. 182-quater, comma 1, della legge fallimentare, attribuisce la prededuzione ai finanziamenti in esecuzione del piano o di un accordo omologati; - infine, l’articolo 102 conferma la prededuzione ai finanziamenti dei soci, già disciplinata dall’articolo 182-quater, comma 3. Nel mezzo di questo insieme di conferme si colloca un interessante elemento di novità che riguarda tutti i finanziamenti suddetti (eccezion fatta per quelli dei soci). È stato infatti prevista la caducazione del beneficio della prededuzione qualora risulti (congiuntamente) che: a) il ricorso o l’attestazione contengono dati falsi ovvero omettono informazioni rilevanti o comunque quando il debitore ha commesso altri atti in frode ai creditori per ottenere l’autorizzazione; b) il curatore dimostra che i soggetti che hanno erogato i finanziamenti, alla data dell’erogazione, erano a conoscenza di tali circostanze (si vedano gli articoli 99, comma 6, e 101, comma 2).

Dal secondo punto di vista, un focus lo merita certamente la composizione negoziata. Come già altrove accennato[71], la prededuzione spetterà non soltanto all’OCC (articolo 6, comma 1, lettera a), ma anche alla figura dell’esperto secondo quanto stabilito dall’articolo 25-ter, comma 12. La composizione negoziata, tuttavia, può prevedere il coinvolgimento di altre figure professionali, rispetto alle quali manca un’espressa qualificazione in termini di prededucibilità. Si allude, in particolare: a) all’ausiliario di cui il tribunale può avvalersi nel corso dell’istruttoria finalizzata alla concessione delle misure protettive e cautelari (articolo 19, comma 4) o delle autorizzazioni all’erogazione di finanziamenti prededucibili (articolo 22, comma 2); b) all’ausiliario nominato dal tribunale per rendere un parere sulla proposta di concordato semplificato (articolo 25-sexies, comma 3); c) al liquidatore nominato dal tribunale con il decreto di omologa del concordato semplificato (articolo 25-septies, comma 1).

Orbene, l’ausiliario di cui alla lettera a) è in tutto e per tutto assimilabile al consulente tecnico d’ufficio, il cui compenso viene liquidato dall’autorità giurisdizionale ma va riscosso da parte del professionista direttamente nei confronti delle parti in causa. Se certamente il credito derivante dalla prestazione resa sarà assistito dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis del codice civile, può seriamente dubitarsi che vi sia uno spazio per l’attribuzione dell’ulteriore precedenza della prededuzione. Per quanto riguarda, invece, le altre due figure, i connotati di concorsualità propri del concordato semplificato sembrano poter ricondurre tali fattispecie nell’alveo della lettera d) del comma 1 dell’articolo 6; sempreché – almeno per quanto riguarda l’ausiliario, il cui ruolo pare accostabile, pur con non poche approssimazioni, a quello del commissario giudiziale – le figure medesime vengano parificate a tutti gli effetti a degli «organi preposti» alla procedura concorsuale[72].

 

7.9. Le prededuzioni escluse

Così descritto il ventaglio delle prededuzioni riconosciute dal Codice, non resta che concludere segnalando quali sono le prededuzioni che, nel nuovo assetto, non trovano riconoscimento.

In alcuni casi, per il vero, il Codice non fa altro che confermare quanto già affermato dalla giurisprudenza sotto il vigore della legge fallimentare. Si allude, in particolar modo, al credito dei professionisti in varia guisa coinvolti nell’ambito del piano attestato di risanamento (articolo 56) che, come già visto[73], a differenza degli accordi di ristrutturazione (ma, oggi, anche del piano di ristrutturazione), risulta privo dei connotati della concorsualità.

In altri casi, invece, l’entrata in vigore dell’articolo 6 ha effetti più dirompenti. In primo luogo, viene in interesse la posizione del professionista che abbia assistito l’imprenditore nella predisposizione della domanda di liquidazione giudiziale (in proprio). L’attuale assetto della giurisprudenza di legittimità[74] si è infatti attestato nel senso di riconoscere il rango prededucibile al credito del professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la proposizione dell'istanza di fallimento in proprio, qualificandolo come credito sorto «in funzione» della procedura fallimentare. La scomparsa della prededuzione atipica, invece, non può che “confinare” il credito del professionista nell’alveo del comune privilegio, senza nessuna preferenza procedurale.

Del pari, la prededuzione non potrà più essere riconosciuta al creditore che abbia occasionato la dichiarazione di apertura della liquidazione (giudiziale o controllata) per le spese legali sostenute in sede giudiziale. Per il vero il riconoscimento di tale rango è tutt’altro che pacifico[75], ma una parte della giurisprudenza di merito[76] è solita ammetterlo. La scomparsa della prededuzione atipica, invece, elimina in radice tale possibilità.

Si è poi già ampiamente concluso che la prededuzione non sarà riconosciuta a nessuno dei professionisti (avvocato, commercialista, attestatore) che abbiano assistito l’imprenditore nella predisposizione di accordi o piano ristrutturativi non omologati[77] o di concordati preventivi non omologati[78], così come il professionista che assista l’imprenditore nel corso della composizione negoziata, quantomeno qualora essa sfoci in un accordo/piano privo dei connotati della concorsualità oppure nel concordato semplificato. Inoltre, non potranno godere della prededuzione i professionisti che abbiano assistito l’imprenditore o il consumatore nella predisposizione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o della domanda di concordato minore[79].

 

8. La consecuzione tra procedure

Come già accennato, l’ultimo punto toccato dall’articolo 6 del Codice è quello che concerne la c.d. consecuzione tra procedure. Trattasi di un tema il cui respiro va ben oltre la sola categoria della prededuzione, ma che, tuttavia, ha avuto una grande importanza nell’evoluzione dell’elaborazione giurisprudenziale in subiecta materia. Come si è ampiamente illustrato, infatti, i nodi più intricati da sciogliere si sono formati nell’ambito delle procedure concorsuali minori, e segnatamente nell’alveo del concordato preventivo (nelle sue multiformi versioni). In quei contesti la prededuzione può assumere certamente un rilievo nello scrutinio di fattibilità giuridica del piano, ma assai di rado si prospetta come un profilo a tal punto problematico da richiedere l’intervento del tribunale. Il contesto nel quale, invece, il problema della prededuzione si è presentato come un vero e proprio “nervo scoperto” è quello delle verifiche del passivo fallimentari, sfociate (fatalmente) in opposizioni allo stato passivo e, quindi, in ricorsi per cassazione. E ciò è stato possibile, per l’appunto, in virtù del principio della consecuzione, che ha determinato il “trascinamento” dei crediti formatisi «in funzione o in occasione» di procedure concorsuali antecedenti al fallimento proprio nel passivo fallimentare.

Non è ovviamente questa la sede per approfondire tutti i risvolti applicativi della consecuzione. Per ciò che strettamente qui rileva basti evidenziare che, secondo l’attuale assetto giurisprudenziale, affinché possa riconoscersi la consecutio procedurarum è necessario verificare se le procedure coinvolte abbiano affrontato la stessa situazione di crisi; detto altrimenti, occorre valutare «partendo da un dato cronologico per passare, poi, ad una valutazione di carattere giuridico e/o economico, se l'imprenditore, nell'eventuale iato temporale fra le procedure susseguitesi fra loro, sia intervenuto fattivamente nella gestione dell'impresa ed abbia variato la consistenza economica del suo stato di dissesto in maniera sostanziale, introducendo elementi di rilevante difformità rispetto alla situazione in precedenza apprezzata dagli organi giudiziari»[80]. Circa la rilevanza del «dato cronologico», cui pure la pronuncia sopra citata fa riferimento, è opportuno segnalare che un’analisi approfondita della giurisprudenza di legittimità mostra come, laddove si sia fatto riferimento alla rilevanza dello iato temporale tra le procedure (per esempio Cass. 16 aprile 2018 n. 9290 e Cass. 26 giugno 1992 n. 8013), si è inteso soltanto presumere che la distanza cronologica possa aver ragionevolmente determinato una variazione della situazione di crisi. Ne consegue che l’elemento portante nell’accertamento della consecuzione è e resta l’identità del contesto di dissesto affrontato[81].

Relativamente alle procedure coinvolte dal fenomeno della prededuzione, costituisce ormai acquisizione assolutamente pacifica che la consecuzione riguarda non soltanto la successione tra concordato preventivo e fallimento, ma anche tra altre procedure concorsuali e fallimento e, infine, anche tra procedure concorsuali diverse dal fallimento[82].

L’articolo 6, comma 2, senza ombra di dubbio fa propria l’idea della consecuzione come «un fenomeno generalissimo» – per usare un’espressione utilizzata proprio dalla Suprema Corte – che abbraccia, cioè, tutte le procedure concorsuali. Ciò significa che la prededuzione maturata nell’ambito del concordato preventivo, dell’accordo di ristrutturazione o anche del piano di ristrutturazione soggetti ad omologazione potrà transitare o in una successiva procedura concorsuale minore o – invero più frequentemente – nella liquidazione giudiziale.

V’è da segnalare che il comma secondo, nel tracciare i contorni della consecutio procedurarum, non pare subordinarne gli effetti alla continuità della situazione di crisi affrontata dalle procedure volta per volta succedutesi, tanto da far sostenere ad autorevole dottrina che quello descritto dal legislatore sia un fenomeno diverso – e sostitutivo – della consecuzione coniata dalla giurisprudenza nel corso dei decenni[83]. Ci pare che tale conclusione non sia particolarmente convincente, se non altro perché scarsamente compatibile con la ratio complessiva che ispira l’articolo 6, vale a dire quella di assicurare l’economicità delle procedure concorsuali. Invero, immaginare che il legislatore abbia inteso sposare un principio di pura e semplice successione della prededuzione tra procedure, senza alcun vaglio di effettiva consecuzione, esporrebbe il ceto creditorio a rischi rilevantissimi di mancato soddisfacimento proprio a cagione della zavorra prededucibile prodotta da una o più procedure concorsuali antecedenti.

Da ultimo merita osservare che con il Codice il fenomeno del “travaso” delle prededuzioni riguarderà non soltanto due (o più) procedure concorsuali che si pongono in continuità tra di loro, ma anche le procedure concorsuali che siano state precedute dalla composizione negoziata (pacificamente priva dei connotati della concorsualità). Ed infatti gli articoli 24 e 25-quater, comma 6, sanciscono la regola per la quale i finanziamenti autorizzati ai sensi dell’articolo 22, connotati da prededucibilità, «conservano i propri effetti» nelle procedure concorsuali in cui dovessero sfociare le trattative (infauste) condotte sotto l’egida dell’esperto.

 



[1] L’utilizzo del termine “prededuzione” in ambito concorsuale è già ben evidente nella giurisprudenza degli anni ’60: per uno dei tanti esempi si veda Cassazione civile, Sentenza n. 423 del 11/02/1966.

[2] Sulle correlazioni tra il concetto di “prededuzione” e la categoria dei “debiti di massa” basti il rinvio a G. Alessi, Debiti di massa nelle procedure concorsuali, Milano, Giuffré editore, 1987.

[3] Sull’incapacità del concetto di «prededuzione» di descrivere il fenomeno tratteggiato dall’art. 111, nella sua originaria versione, si veda S. Pacchi, Le prededuzioni dei professionisti nel concordato preventivo, in Diritto della crisi, 2021, f. 3, p. 21 e seguente.

[4] G. Alessi, Debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 10.

[5] Si soffermano particolarmente su tale aspetto G. Bozza e G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, Giuffré, 1992, p. 470 e seguenti.

[6] Cassazione civile, Sentenza n. 15724 del 11/06/2019.

[7] Per ciò che strettamente interessa (almeno per il momento), il principio in questione veniva enunciato per la prima volta dalla Suprema Corte in una pronuncia nel 1956 (la n. 3981) al fine di retrodatare il periodo sospetto rilevante nell'ambito dell'azione revocatoria alla data di pronuncia del decreto di ammissione al concordato preventivo. Nel corso degli anni, tuttavia, il principio trovava fortuna anche in altri ambiti del diritto fallimentare, con particolare riferimento – per l’appunto - all'estensione applicativa della categoria della prededuzione, idonea ad accogliere anche crediti sorti in una procedura rispetto alla quale il fallimento si poneva in "consecuzione". In termini generali, per “consecuzione di procedure” può intendersi quel fenomeno di stabilizzazione di alcuni effetti derivanti dall’apertura del fallimento non già a questa data, ma a quella dell’ammissione alla prima procedura, con ciò creandosi «una fictio unificatoria fondata “sulla costanza di una correlazione logica tra le varie situazioni”» (così recentemente G. Carmellino, Nuove questioni (ma non troppo) sull'applicazione del principio della consecuzione delle procedure: post hoc, ergo propter hoc (oppure no?), in Il Fallimento, 2022, f. 6, p. 806).

[8] Per un’efficace sintesi degli orientamenti favorevoli e contrari a tale estensione della prededuzione si veda V. Sicuracusa, La prededucibilità nel successivo fallimento dei crediti sorti in amministrazione controllata e concordato preventivo, in Giustizia civile, 1984, II, p. 153 e seguenti. Per una disamina più approfondita dell’argomento, anche con riferimenti comparatistici, cfr. V. Giorgi, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità dei crediti, Milano, Giuffré, 1996.

[9] Si veda, anche per altri riferimenti bibliografici, G. Alessi, Debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 115 e seguenti.

[10] Tra le altre si veda Cassazione civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 4370 del 14/10/1977.

[11] Per una disamina più approfondita si rimanda a G.B. Nardecchia, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, in Il fallimento, 2020, n. 2, p. 176 e seguenti, nonché a S. Pacchi, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, cit., p. 22 e seguente.

[12] Cassazione civile, Sentenza n. 3581 del 14/02/2011.

[13] Un esempio per tutti: dopo la riforma del 2006, il credito per l'indennizzo dovuto al locatore in caso di recesso da parte del curatore risulta espressamente «regolato dall' articolo 111, primo comma, n. 1)», mentre invece in passato l’art. 80 della legge fallimentare si limitava a sancire che il curatore dovesse corrispondere (ovviamente subito e indipendentemente, quindi, dalle logiche di riparto) l’indennizzo dovuto.

[14] Per riecheggiare l’espressione utilizzata da P. Vella, Le nuove prededuzioni nella procedure concorsuali, in www.treccani.it.

[15] Sui finanziamenti bancari prededucibili si rimanda all’approfondimento di S. Ambrosini, I finanziamenti bancari alle imprese in crisi dopo la riforma del 2012, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 2012, p. 478 e seguenti.

[16] Dello stesso avviso G. Limitone, Disciplina dei crediti prededucibili, in M. Ferro (a cura di), La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, Padova, Cedam, 2014, p. 1568.

[17] Per un rilievo di questo tipo cfr. G. Bozza e G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, cit., p. 465 e seguenti.

[18] L’espressione è di R. D'Amora, Le prededuzioni nell'anno di grazia 2013, in www.osservatorio-oci.org, 2013, p. 5.

[19] Considerazioni simili si leggono in G. Minutoli, La distribuzione dell’attivo e il rendiconto, in A. Jorio (a cura di), Fallimento e concordato fallimentare, Torino, Utet, tomo II, 2016, p. 2353.

[20] La parola «prededucibili» compariva una sola volta, vale a dire all’art. 12. Ivi viene previsto che, in caso di dichiarazione di fallimento dell’imprenditore che abbia fatto accesso alla procedura di accordo di composizione della crisi, i finanziamenti effettuati in funzione o in esecuzione dell’accordo stesso debbano considerarsi prededucibili nella procedura fallimentare. Ciò, a ben vedere, in perfetta assonanza con quanto previsto per i finanziamenti nel concordato preventivo, procedura (maggiore) che con l’accordo di composizione (poi ridenominato non a caso «concordato minore») condivide struttura e funzione.

[21] Sebbene «con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti». Con questa puntualizzazione la Legge n. 3 del 2012 si allinea alla regola impressa dall’art. 111-bis della legge fallimentare, oggi replicata dall’art. 222, secondo comma, del Codice. Non è questa la sede per soffermarsi sul delicato rapporto tra creditori prededucibili e creditori muniti di garanzia reale in sede di riparto, peraltro non affrontato dal Codice che si è limitato a replicare, sotto altra veste normativa (articoli 222 e 223) le (incerte) regole oggi dettate dagli articoli 111-bis e 111-ter della legge fallimentare. Per uno sguardo sulla tematica in questione sia consentito il richiamo a F. Pani, Prededuzioni e riparto: il rebus dei criteri di distribuzione in presenza di garanzie reali, in www.ristrutturazioniaziendali.it, 17 febbraio 2022. Per un focus calibrato più specificamente sulle procedure di sovraindebitamento, invece, si vedano da ultimo A. Mancini, Sovraindebitamento: ancora sul conflitto tra prededucibili e ipotecari nella liquidazione del patrimonio, in www.ilcaso.it, 2 maggio 2022, e F.M. Cocco, Conflitto tra crediti prededucibili e crediti ipotecari nella liquidazione dei beni e applicabilità per analogia dell’art. 111 ter L. fall.: giurisprudenza ancora divisa, in www.dirittodellacrisi.it, 11 maggio 2022.

[22] Così si legge in un contributo esplicativo degli stessi ideatori del decreto: I. Pagni e M. Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in www.dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021, pag. 5.

[23] Si veda, per tutti, G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, in www.dirittodellacrisi.it, 5 ottobre 2021, pag. 8.

[24] Per un’elencazione più analitica dei crediti potenzialmente prededucibili, ivi comprese le ipotesi assolutamente pacifiche e incontroverse, si rinvia a A. Coppola, Commento all’art. 111, in A. Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, CEDAM, 2013, p. 774 e seguenti.

[25] Cfr. sul punto anche S. Pacchi, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, cit., p. 22 e seguente.

[26] Per una disamina più diffusa sia consentito il richiamo a F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, in wwww.ristrutturazioniaziendali.it, 15 novembre 2021.

[27] In questo senso, ex plurimis, Cassazione civile, Ordinanza n. 12017 del 16/05/2018.

[28] Cassazione civile, Ordinanza n. 220 del 09/01/2020.

[29] Cassazione civile, Sentenza n. 13596 del 02/07/2020.

[30] In questi termini, Cassazione civile, Sentenza n. 25471 del 10/10/2019.

[31] Aspetto, per il vero, già sottolineato da convincente dottrina: si allude soprattutto ad A. Napolitano, La prededuzione per funzionalità del credito del professionista, in Diritto della crisi, 2021, f. 1, p. 53.

[32] Questa criticità era stata già sottolineata in F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, cit., p. 13.

[33] Così, ad esempio, si era espresso A. Napolitano, La prededuzione per funzionalità del credito del professionista, cit., p. 51: «dal momento che la prededuzione si attua all’interno della procedura concorsuale la cui apertura è lo scopo oggettivo della attività che genera il credito, la funzionalità di quest’ultima, e dunque del credito relativo, non può che essere apprezzata ex post, cioè dopo che la procedura, nella quale la prededuzione dovrebbe realizzarsi, sia stata aperta: il giudizio di funzionalità, in altre parole, implica che lo strumento impiegato abbia raggiunto il fine del suo impiego».

[34] Scrive la Corte: «la funzionalità, infatti, come parametro direttamente attributivo, appare per un verso antitetica al riconoscimento de plano di un credito solo perché afferente ad una prestazione che si sia inserita fenomenicamente nell’iter che ha condotto ad una procedura ovvero ne sia stata coeva, esigendo piuttosto – a necessario elemento integrativo - che il rapporto di inerenza alle finalità della procedura al cui vantaggio è stata rivolta trovi un apprezzamento anche nella transizione verso altra procedura che segua la prima, specie quando ne sia la conferma d’insuccesso del relativo progetto ristrutturativo; a tale requisito assolve la consecutività dei procedimenti, con l’avvertenza che il primo di essi, per quanto ad esito infausto, sia progredito oltre il mero accesso, raggiungendo almeno gli obiettivi minimali che lo caratterizzano tipologicamente, cioè possa dirsi, quanto al concordato, procedura concorsuale pervenuta alla fase di possibile coinvolgimento dei creditori».

[35] La pronuncia in questione è stata favorevolmente commentata da G.B. Nardecchia, La prededuzione secondo le Sezioni Unite, in Il Fallimento, 2022, f. 3, pp. 365-375. Del pari positivo è il commento di F. Casa, La "quadratura del cerchio"; note minime su una sentenza importante (Cass. Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093), in www.ristruttuazioniaziendali.it, 24 gennaio 2022. Per una lettura critica si veda, invece, M. Greggio, La prededuzione dei compensi dei professionisti secondo le Sezioni Unite: per la certezza si rischia l'ingiustizia?, in www.dirittodellacrisi.it, 18 gennaio 2022.

[36] Per una ricca raccolta di riferimenti bibliografici sia sufficiente il rinvio a C. Trentini, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono una "procedura concorsuale": la Cassazione completa il percorso, in Il Fallimento, 2018, f. 8-9, pp. 988-997, spec. pp. 990-991.

[37] Cassazione civile, Sentenza n. 1182 del 18/01/2018.

[38] Cassazione civile, Sentenza n. 9087 del 12/04/2018.

[39] Si vedano S. Ambrosini, Nota a Cass. 18 gennaio 2018, n. 1182, in www.osservatorio-oci.org; S. Bonfatti, La natura giuridica dei "piani di risanamento attestati" e degli "accordi di ristrutturazione", in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2018, fasc. 1, pp. 175-184, pt. 1; M. Fabiani, La nomenclatura delle procedure concorsuali e le operazioni di ristrutturazioni, in Il Fallimento, 2013, f. 3, pp. 288-298. Pressoché tutti questi autori non ritenevano possibile parlare di «procedura» vera e propria in assenza di un provvedimento giudiziale di apertura con contestuale nomina (anche solo rimessa alla facoltà del tribunale) di un organo deputato al controllo e/o alla gestione della procedura, e dubitavano anche della ricorrenza del predicato della «concorsualità» in assenza dell'universalità degli effetti (tanto sul lato attivo che su quello passivo) e dell'obbligo di rispettare l'ordine delle cause di prelazione

[40] Parla di «conclusione ideologica» M. Arato, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti tra la giurisprudenza della Cassazione e il Codice della Crisi e dell'Insolvenza, in www.ilcaso.it, 9 ottobre 2018. L’A. vuole con ciò sottolineare che, in assenza di una nozione di «procedura concorsuale» a livello legislativo, spetta all’interprete fornire una definizione, valorizzando ora l’una, ora l’altra caratteristica. E così, se venisse seguita l’impostazione della dottrina tradizionale, qualora «si dovesse invece ritenere che per entrare nel “catalogo” delle procedure concorsuali sia necessario (i) un provvedimento giudiziale di apertura, con la nomina di un organo deputato alla gestione della procedura; (ii) l’universalità degli effetti su tutto il patrimonio del debitore e sulla generalità dei creditori; (iii) l’apertura del concorso con il blocco di ogni azione e del decorso degli interessi per i chirografari; (iv) il rispetto del principio della (tendenziale) parità di trattamento, allora difficilmente l’accordo di ristrutturazione rientra tra le procedure concorsuali». In termini adesivi rispetto alla pronuncia richiamata si è espresso, invece, C. Trentini, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono una "procedura concorsuale": la Cassazione completa il percorso, cit.

[41] Si veda soprattutto Cassazione civile, Sentenza n. 15724 del 11/06/2019, in tema di consecuzione tra procedura ai fini del riconoscimento della prededuzione. La pronuncia più recente sulla natura degli accordi è però Cassazione civile, Sentenza n. 40913 del 21/12/2021.

[42] Si veda, ad esempio, Tribunale di Reggio Emilia, 19/07/2018, in www.ilcaso.it, con nota di S. Bonfatti, Estraneità degli Accordi di Ristrutturazione alla “sfera della concorsualità”, in materia di prededuzione.

[43] Cfr. Cassazione civile, Sentenza n. 1895 del 25/01/2018, nonché, più di recente, Cassazione civile, Ordinanza n. 9026/2020 del 05/03/2020.

[44] Va a tal proposito osservato che una pronuncia recente della Suprema Corte, già altrove citata (Sentenza n. 639 del 15/01/2021), ha messo in dubbio la tesi (invero radicata) che la fase prenotativa del concordato possa già considerarsi una “procedura concorsuale” in termini tecnico-giuridici, al precipuo scopo di disinnescare il requisito dell’occasionalità. A tale argomento, tuttavia, non è stato dato seguito dalle Sezioni Unite.

[45] «Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111».

[46] «Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato».

[47] Cassazione civile, Sentenza n. 14713 del 29/05/2019.

[48] In questo senso si veda soprattutto Cassazione civile, Sentenza n. 280 del 10/01/2017, della quale si riporta un estratto significativo della motivazione: «Pertanto le prestazioni dell'attestatore, dello stimatore titolato, del professionista redattore o coadiutore del piano in preparazione, del legale redigente la domanda (con crediti nella fattispecie pagati) per un verso integrano attività almeno astrattamente collocabili in relazione alla procedura instauranda o pendente (già con il deposito della domanda giudiziale) e per altro verso interrogano un preliminare e parallelo quesito sulla ragione per la quale dovrebbero essere considerate eccedenti l'ordinaria amministrazione. Non basta invero né il loro costo assolto in modo diretto dal debitore (assai modesto nel caso, risultando pagamenti per crediti di 44 mila euro pari a circa lo 0.33% della massa debitoria, lo 0.54% del patrimonio stimato), né la datazione temporale del pagamento (a concordato pendente) per trasformare i relativi atti solutori in straordinaria amministrazione. Dovendo dunque incentrarsi la presente disamina su tale ultima tipologia, avendo la censura investito la pronuncia di inammissibilità ex art.173 1.f., si può sostenere che vi rientrano le spese e gli impegni propri di una attività non corrente dell'impresa, né intrinsecamente coerenti con un complessivo allestimento degli atti necessari all'instaurazione o all'ordinata evoluzione della procedura concorsuale; vi fuoriescono invece, dunque non necessitando di alcuna autorizzazione giudiziale, le operazioni — come accaduto nella specie - enunciativamente richieste dalla legge stessa e ragionevolmente proprie di una prassi attinente all'obbligatorio complessivo corredo della domanda di apertura della procedura concorsuale, competendo all'organo concorsuale che ne invochi l'eccedentarietà rispetto a tale scopo dimostrarne (anche solo per una eventuale parte) superfluità ovvero casualità di assunzione quanto al profilo debitorio che ne sia scaturito oltre che l'intento frodatorio».

[49] Cfr. G.B. Nardecchia, La prededuzione secondo le Sezioni Unite, cit., p. 374; F. Casa, La "quadratura del cerchio"; note minime su una sentenza importante (Cass. Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093), cit., p. 12; M. Greggio, La prededuzione dei compensi dei professionisti secondo le Sezioni Unite: per la certezza si rischia l'ingiustizia?, cit., pp. 15-17.

[50] Assenza che ha indotto autorevole dottrina a ritenere che, nella fase esecutiva del concordato, non vi sarebbe alcuno spazio possibile per la prededuzione: si veda L. Panzani, Ancora sulla prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo, in Il Fallimento, 2021, n. 7, p. 939. Sul tema si veda anche V. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, in Il Fallimento, 2020, f. 4, p. 556 e seguente.

[51] Cfr. Cassazione civile, Sentenza n. 1513 del 24/01/2014 e Cassazione civile, Ordinanza n. 20113 del 07/10/2016.

[52] È il caso di Cassazione civile, Ordinanza n. 17911 del 09/09/2016 che, occupandosi della fattispecie riguardante il credito di un fornitore di materie prime di un’impresa in concordato con continuità (e poi fallita), ha ritenuto di dover qualificare come prededucibile il credito sorto da rapporti instaurati «in conformità del piano industriale oggetto dell’approvazione da parte dei creditori e dell’omologazione da parte del Tribunale, in modo che si realizzi quella piena coerenza tra le obbligazioni assunte dall’impresa in concordato e il piano approvato». Nello stesso senso Cassazione civile, Ordinanza n. 18488 del 12/07/2018 con riferimento a un contratto di leasing avente a oggetto un bene mobile aziendale, nella quale può leggersi: «in sostanza, non è sufficiente perché il credito sia ammesso al concorso in prededuzione, che lo stesso abbia a maturare durante la pendenza di una procedura concorsuale, essendo presupposto indefettibile per il riconoscimento del detto rango, che la genesi dell'obbligazione sia temporalmente connessa alla pendenza della procedura medesima - ché in caso contrario tutti i crediti sorti nell'ambito dei rapporti di durata sarebbero prededucibili - e che, comunque, l'assunzione di tale obbligazione risulti dal piano e dalla proposta». Si veda anche, ancor più di recente, Cassazione civile, Ordinanza n. 22604 del 10/08/2021.

[53] Particolarmente significativa è Cassazione civile, Ordinanza n. 380 del 10/01/2018, riguardante il credito di un fornitore di energia elettrica: in tal caso la Corte, sul rilievo che l’erogazione della fornitura fosse obiettivamente essenziale affinché l’attività della società in concordato con continuità (poi fallita) potesse proseguire, ha sancito la natura prededucibile del credito, precisando però come fosse del tutto irrilevante che il provvedimento di cui all’art. 180 l.f. (vale a dire l’omologa) «non prevedesse espressamente, fra le modalità di esecuzione del concordato, il rinnovo o la stipula di un nuovo contratto di somministrazione alla scadenza di quello in corso alla data dell’omologazione». Il focus di tale pronuncia, insomma, risiede nella valorizzazione della stretta funzionalità dell’obbligazione rispetto agli obiettivi previsti dal piano, indipendentemente da un’espressa menzione della stessa nel decreto di omologa o nel piano. Negli stessi termini, recentemente, si è espressa Cassazione civile, Ordinanza n. 2656 del 04/02/2021.

[54] Per alcune notazioni più approfondite sull’argomento si rinvia a F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, cit., p. 6 e seguente, nonché a G.B. Nardecchia, La prededuzione e la lesione della par condicio creditorum, in Il Fallimento, 2018, f. 4, p. 418 e seguenti e a L. Panzani, Ancora sulla prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo, cit., f. 7, p. 938 e seguenti.

[55] Finalità peraltro particolarmente auspicata dalla Direttiva (UE) 2019/1023, meglio nota come “Direttiva Insolvency”: nei suoi “considerando”, infatti, è ricorrente la sollecitazione rivolta agli Stati membri di ridurre i costi di ristrutturazione a carico delle imprese. Ma analoghi “principi direttivi” si rinvengono anche nella legge delega dalla quale è scaturito il Codice: si veda, in particolare, la lettera l) dell’art. 2.

[56] Se non per i procedimenti già aperti e per le domande già depositate prima del 15 luglio 2022: si veda l’articolo 390 del Codice.

[57] Cfr. Cassazione civile, Sentenza n. 1182 del 18/01/2018.

[58] Su tale modus operandi (per il vero ondivago) della Suprema Corte si veda S. Ambrosini, Il ricorso “a corrente alternata” alla continuità normativa fra legge fallimentare e codice della crisi: la diversa (dubbia) soluzione adottata dalle Sezioni Unite, in www.ristrutturazioniazionali.it, 17 marzo 2022.

[59] In questo senso G.B. Nardecchia, La prededuzione secondo le Sezioni Unite, cit., p. 374 e seguente. Sebbene in maniera più sfumata, ci pare favorevole anche il giudizio di F. Casa, La "quadratura del cerchio"; note minime su una sentenza importante (Cass. Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093), cit.

[60] Sul tema si vedano (almeno) F. Lopez De Oñate, La certezza del diritto, Milano, Giuffré editore, 1968 (ed. orig. 1942); M. Corsale, Certezza del diritto e crisi di legittimità, Milano, Giuffré editore, 1979; A. Pizzorusso, voce “Certezza del diritto”, in Enc. giur. Treccani, v. VI, 1990; C. Luzzati, L’interprete e il legislatore. Saggio sulla certezza del diritto, Milano, Giuffré editore, 1999; G. Gometz, La certezza giuridica come prevedibilità, Torino, Giappichelli, 2005.

[61] Per tutti questi rilievi si veda soprattutto M. Greggio, La prededuzione dei compensi dei professionisti secondo le Sezioni Unite: per la certezza si rischia l'ingiustizia?, cit. Condivide queste critiche anche P. Bosticco, L'impervia (e sdrucciolevole) via per il riconoscimento dei compensi professionali nell'ambito delle procedure alternative, in Ilfallimentarista.it, f. 4, 4 aprile 2022.

[62] F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, cit., pagina 15 e seguente.

[63] Come scrive F. Casa, La "quadratura del cerchio"; note minime su una sentenza importante (Cass. Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093), cit., p. 7, «in questo senso le Sezioni Unite insistono sull’”utilità ex ante”, non tanto in opposizione alla utilità concreta, ma quale possibilità di connotazione della causa del contratto professionale. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con una possibile obbligazione di risultato, poiché questo non è eletto a criterio dell’adempimento, ma con la costituzione di un particolare rapporto professionale, la cui causa inerisce a quella della procedura concorsuale cui esso è intimamente collegato».

[64] Il tema dell’allocazione del rischio da illiquidità, sotto lo specifico angolo visuale del riparto dell’attivo, è stato affrontato anche in F. Pani, Prededuzioni e riparto: il rebus dei criteri di distribuzione in presenza di garanzie reali, cit.

[65] Per questa ipotesi si vedano M. Serra, Consecuzione tra procedure di concordato preventivo e prededuzione dei crediti dei professionisti. Il sigillo della Suprema Corte, in Banca Borse Titoli di Credito, 2021, f. 4, p. 537 e seguenti, ultimo paragrafo, e P. Bosticco, L'impervia (e sdrucciolevole) via per il riconoscimento dei compensi professionali nell'ambito delle procedure alternative, cit., p. 10.

[66] È per questa ragione che, diversamente da quanto pur sostenuto altrove (si allude a F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, cit., p. 18), deve condividersi l’opinione di quanti hanno affermato che la prededuzione prevista dall’articolo 6 non venga travolta dall’eventuale pronuncia di revoca dell’ammissione. La presunzione congegnata dall’articolo 6, infatti, è assoluta, e semmai la revoca può costituire la spia di un’attività tutt’altro che diligente (se non addirittura fraudolenta) da parte del professionista, con conseguente onere del curatore dell’eventuale liquidazione giudiziale successiva alla revoca di eccepire l’inadempimento. Per tale posizione si vedano già A. Napolitano, La prededuzione per funzionalità del credito del professionista, in Diritto della crisi, 2021, n. 1, p. 56 e G.B. Nardecchia, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, in Il fallimento, 2020, f. 2, p. 181.

[67] Si rinvia nuovamente a F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, cit., p. 17 e seguenti.

[68] Si veda supra il paragrafo 6.5.

[69] In questi termini, L. Panzani, Ancora sulla prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo, cit., p. 940, nonché G.B. Nardecchia, La prededuzione e la lesione della par condicio creditorum, cit., p. 558.

[70] Pare esprimersi in questo senso V. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, cit., p. 559.

[71] Si veda il paragrafo 7.2.

[72] Pare propendere per questa soluzione, peraltro distinguendo nettamente la figura di questo “ausiliario” da quello previsto nelle ipotesi di cui alla lettera a), G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, cit., p. 23 e seguenti. Esclude, invece, la qualifica di organo della procedura all’ausiliario S. Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in www.dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021, p. 15.

[73] Si rinvia al paragrafo 6.3.

[74] Cfr. da ultimo Cassazione civile, Ordinanza n. 25313 del 20/09/2021.

[75] Invero, la Suprema Corte, in un vecchio arresto finanche antecedente alle riforme del 2006-2007 (Cassazione civile, Sentenza n. 6787 del 2000) ma poi nuovamente più di recente (Cassazione civile, Sentenza n. 26949 del 23/12/2016), sulla base dell’assimilazione tra il fallimento e l’esecuzione individuale, affermò che il creditore istante, per le spese legali sostenute, avrebbe diritto alla collocazione in privilegio ai sensi degli artt. 2755 e 2770 del codice civile.

[76] Si veda, tra le tante, Tribunale di Milano del 23 novembre 2017, pubblicata nel sito www.ilcaso.it.

[77] Paragrafo 7.3.

[78] Paragrafo 7.4.

[79] Paragrafo 7.2.

[80] In questi termini si è espressa Cassazione civile, Sentenza n. 15724 del 11/06/2019.

[81] Per questa chiave di lettura si vedano M. Serra, Consecuzione tra procedure di concordato preventivo e prededuzione dei crediti dei professionisti. Il sigillo della Suprema Corte, cit. e G. Carmellino, Nuove questioni (ma non troppo) sull'applicazione del principio della consecuzione delle procedure: post hoc, ergo propter hoc (oppure no?), cit., p. 806.

[82] Si veda l’ottima sintesi contenuta nella motivazione della già menzionata sentenza n. 15724/2019.

[83] V. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, cit., p. 559.