Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Crediti postergati e compensazione: le conclusioni del Procuratore De Matteis.


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Articolo

L’Esperto: un’ “alta” professionalità dinanzi alle trattative e alla gestione dell’impresa*


Stefania Pacchi

Data pubblicazione
24 dicembre 2022

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Sommario: 1. Da dove proviene. – 2. La nomina. - 3. La piattaforma telematica nazionale. – 4. I doveri delle parti e quelli dell’esperto. – 5. Il protocollo di conduzione della composizione negoziata. – 6.Le attività iniziali dell’esperto: L’esame della documentazione e l’individuazione delle parti interessate. – 7. Il parere dell’esperto sulle misure protettive e cautelari. – 8. Le trattative nei gruppi di imprese. – 9. La gestione dell’impresa in pendenza delle trattative e il ruolo dell’esperto.


1. Da dove proviene

La composizione negoziata [1] coinvolge la nuova figura del professionista esperto nel campo della ristrutturazione, che ha il compito di affiancare – senza sostituire – l’imprenditore nello svolgimento delle trattative con i creditori e individuare una soluzione rivolta al superamento delle condizioni di “squilibrio” dell’impresa. Molteplici e diversificati sono i compiti assegnatigli dalla legge[2].

L’esperto – “il professionista indipendente monocratico” [3] - viene nominato consultando degli elenchi di soggetti muniti di precisa esperienza o di competenze [4]. L’art. 13 CCI, nei commi 3, 4 e 5, CCI, disciplina l’elenco degli esperti a fianco e a integrazione del quale si colloca il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 che fornisce le disposizioni di dettaglio richieste dalla normativa primaria per assicurare l’operatività della composizione negoziata[5].

Tale elenco ha dimensione regionale e, infatti, è tenuto presso la camera di commercio di ciascun capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e Bolzano.

La formazione degli elenchi regionali è stata affidata dal comma 5 dell’art. 13 agli Ordini professionali, chiamati a svolgere l’attività di raccolta e verifica delle domande di iscrizione dei propri iscritti ed a trasmettere alla competente Camera di commercio regionale i nominativi selezionati. Al fine di consentire una selezione equa ed omogenea su tutto il territorio nazionale, il legislatore ha inoltre statuito che: "I consigli nazionali degli ordini professionali disciplinano con regolamento le modalità di formazione, tenuta e aggiornamento dei dati raccolti dagli ordini professionali e comunicati alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la formazione dell'elenco dì cui al comma 3" (così comma 5, ottavo periodo dell’art. 13 CCI).

Agli elenchi (costituiti presso la CCIAA, ovvero la Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura) possono essere iscritti, se muniti della specifica formazione:

o              gli iscritti da almeno 5 anni all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili all’albo degli avvocati che documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa;

o              gli iscritti da almeno 5 anni all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere concorso, almeno in 3 casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati;

o              i soggetti che, sia pure non iscritti in albi professionali, documentino di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza.

Con circolare del 29 dicembre 2021[6], il Ministero della giustizia, ha chiarito agli Ordini professionali che l'efficacia della composizione negoziata e la sua effettiva capacità di ridurre l'aumento dei procedimenti giudiziari concorsuali previsto a causa della crisi economica innescata dalla pandemia da Covid-19, sono infatti strettamente collegate alla preparazione aziendale dell'esperto indipendente che, da un lato, deve saper analizzare rapidamente la situazione dell'impresa per evitare l'avvio di trattative se non vi sono prospettive concrete di risanamento e, dall'altro, deve possedere le conoscenze e la preparazione necessarie per garantire che le trattative siano costantemente finalizzate alla soluzione della crisi d'impresa.

Per tale ragione è stato previsto che possono ricoprire il ruolo dell’esperto, quei soggetti che hanno conseguito almeno due incarichi nel settore concorsuale, ad esclusione della figura del curatore (ieri del fallimento, oggi della liquidazione giudiziale).

Nello specifico, gli incarichi e le prestazioni professionali rappresentativi delle esperienze nella ristrutturazione aziendale e nella crisi d'impresa sono i seguenti:

- commissario giudiziale e commissario straordinario di grandi imprese in stato di insolvenza;

- attestatore ai sensi degli articoli 67, terzo comma, lett. d), 161, terzo comma, 182-bis, primo comma, e 186-bis della legge fallimentare ed oggi ai sensi dell’art. 56 del codice della crisi;

- gestore della crisi incaricato della ristrutturazione dell'impresa agricola ai sensi dell'articolo 7 della

legge n. 3/2012 ed oggi ai sensi dell’art. 25 quater del codice della crisi;

- advisor, anche legale, con incarico finalizzato alla predisposizione e presentazione di piani di risanamento attestati, di piani in accordi di ristrutturazione dei debiti, di convenzioni e/o accordi di moratoria con più creditori e, infine, di piani e proposte di concordati preventivi o fallimentari in continuità o misti;

- advisor, anche legale, con incarico finalizzato all'individuazione e alla soluzione delle problematiche fiscali per la ristrutturazione del debito tributario e previdenziale e funzionale alla ristrutturazione di imprese in crisi;

- advisor, anche legale, con incarico in ambito giuslavoristico, purché strettamente funzionale alla gestione dei rapporti con i dipendenti nell'ambito della ristrutturazione di imprese in crisi.

I soggetti legittimati che intendono iscriversi all’elenco degli esperti e che a tal fine presentano una specifica domanda all’ordine professionale di appartenenza, il quale è chiamato a valutare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge.

È previsto che la domanda di iscrizione all’elenco, sia presentata:

o              da parte dei professionisti iscritti agli albi professionali (dottori commercialisti, esperti contabili, avvocati, consulenti del lavoro) agli Ordini professionali di appartenenza dei professionisti;

o              da parte degli altri soggetti, invece, alla CCIAA.

Alla domanda devono essere allegati (art. 13, co.5):

o              la documentazione che comprova il possesso dei requisiti di legittimità per l’iscrizione all’elenco degli esperti e della necessaria formazione professionale;

o              un’autocertificazione che attesta l’assolvimento degli obblighi formativi;

o              un curriculum vitae dal quale risulta ogni esperienza formativa in materia.

Merita osservare che “un'attenta lettura del comma 5 porta a ritenere che i requisiti di cui al comma 3, dunque l'esistenza di precedenti esperienze nell'ambito della ristrutturazione aziendale e della crisi di impresa, secondo le precise indicazioni della normativa quanto a procedure ed esiti delle medesime, debbano essere documentati, mentre l'assolvimento dell'obbligo formativo richiesto dal comma 4 ed il curriculum vitae possono essere oggetto di autocertificazione ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR n. 445/2000”[7].

Colui che chiede l’iscrizione all’elenco degli esperti deve così attentamente adempiere alle prescrizioni di legge sui punti sopra riportati perché un peso specifico ai fini dell’individuazione dell’esperto è attribuito in larga misura alla formazione già maturata e che risulti dal curriculum vitae che può conteneretutte quelle indicazioni che attengono a esperienze conseguite nella materia delle crisi di impresa, delle ristrutturazioni ed anche nelle tecniche di facilitazione e mediazione, quest'ultime particolarmente importanti in quanto - come già è stato scritto - l'esperto svolge eminentemente un ruolo di facilitatore-mediatore delle trattative tra l'imprenditore, i creditori e gli altri soggetti interessati[8].

Come è già stato indicato, l’iscrizione all’elenco è, inoltre, subordinata al possesso della specifica formazione sulle materie la cui conoscenza approfondita è ritenuta indispensabile per adempiere al ruolo di esperto. A tal fine il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia (28 settembre 2021) generali Corso (55 ore) e sull’estrazione professionale (magistrati, avvocati, dottori commercialisti, docenti universitari) richiesta ai Docenti per ciascuna lezione.

Per quanto riguarda gli obblighi formativi dell’esperto, - passaggio fondamentale ed armonico con la Direttiva UE 2019/1023 che postula (nel considerando 87 e poi nell’art. 26) un’adeguata formazione dei professionisti che operano “nel campo della ristrutturazione, dell’insolvenza e dell’esdebitazione[9] - è dunque previsto che il professionista (o manager) che intenda assumere l’incarico di esperto, debba assolvere ad uno un percorso di 55 ore suddivise per argomenti che spaziano dalle materie giuridiche (diritto societario, concorsuale, tributario, processuale e del lavoro) a quelle aziendaliste oltre a cenni sulla mediazione.

L’eventuale rigetto della domanda non preclude la possibilità di ripresentarla. Ai fini del primo popolamento dell’elenco e fino al 16.5.2022, l’aggiornamento dei dati comunicati dagli ordini professionali è stato continuo. Dal 17.5.2022, l’aggiornamento ha cadenza annuale. In ogni modo è previsto un collegamento tra la tenuta degli albi professionali e l'elenco degli esperti indipendenti.

Gli ordini professionali sono, quindi, tenuti a comunicare alle Camere di commercio le eventuali più gravi sanzioni disciplinari erogate nei confronti degli iscritti e la cancellazione dei professionisti dagli albi di appartenenza. Sulla base di queste segnalazioni le Camere di commercio aggiornano l'elenco degli esperti[10].

 

2. La nomina

L’imprenditore commerciale o agricolo[11], indipendentemente dalla sua dimensione, in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l'insolvenza può chiedere al segretario generale della Camera di Commercio del luogo in cui l'impresa ha la propria sede legale la nomina di un esperto indipendente, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa stessa[12].

Con il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto (utilizzando un modello nel quale l’imprenditore fornisce le generalità dell’impresa e rende le informazioni economiche utili anche per individuare l’esperto dotato delle competenze professionali utili per le caratteristiche dell’impresa[13]) tramite una piattaforma telematica nazionale gestita dal sistema delle camere di commercio, per il tramite di Unioncamere (art. 17), l’imprenditore dà avvio alla procedura.

L’art. 17 comma 3 prescrive che a corredo dell’istanza sia allegato un corposo corredo documentale[14], dal quale l’esperto trarrà le prime informazioni necessarie alla conduzione delle trattative.

La richiesta di una così vasta documentazione indica – e documenti ulteriori sono richiesti quando l'istanza è presentata da un gruppo di imprese in forma unitaria o disgiunta (art. 25) - che, ai fini della funzionalità del percorso, l’imprenditore deve accedere allo stesso previa adeguata preparazione.

Così, “la necessità di predisporre questi documenti porta implicitamente l'imprenditore verso un <> confronto interno e un approccio costruttivo verso il ricorso ad un advisor di qualità che possa aiutarlo a predisporre un info-package adeguato alla negoziazione che interverrà, la cui qualità dovrà essere vagliata dall'esperto”[15].

La norma richiede in primo luogo:

1)        i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso l'ufficio del registro delle imprese. Se si tratta di imprenditori non tenuti al deposito dei bilanci, alla domanda dovranno allegarsi le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IVA (se, evidentemente, si tratta di soggetto passivo IVA) degli ultimi tre periodi di imposta;

2)        una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione dell'istanza;

3)        un progetto di piano di risanamento[16]funzionale a delineare fin da subito il percorso - liquidativo o conservativo - che l’imprenditore intende intraprendere - e una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata che riporti un piano finanziario per i successivi 6 mesi e le iniziative che lo stesso intende adottare. Tale relazione dovrà rispondere ai seguenti canoni e, quindi, contenere: una parte descrittiva dell’attività in concreto esercitata; la tipologia delle difficoltà economico finanziarie e patrimoniali, un piano finanziario che abbracci i successivi sei mesi, la illustrazione delle iniziative industriali che l’imprenditore intende adottare.

4)        l'elenco dei creditori (scaduti ed a scadere) con separata indicazione di dipendenti, fornitori, banche, erario ed enti previdenziali, per ciascuno dei quali occorrerà riportare l’importo, la data di scadenza e gli diritti reali o personali di garanzia;

5)        una dichiarazione, resa dall’imprenditore, attestante la eventuale pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l'accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale l'imprenditore attesta di non avere depositato domande di accesso a strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza;

6)        una serie di certificati relativi ai debiti tributari, previdenziali, assicurativi e bancari[17] per consentire la ricostruzione di tale esposizione debitoria;

7)        infine, in presenza di un gruppo di imprese, l’art. 25, co. 3, prevede che sia depositata una relazione contenente informazioni analitiche sulla struttura del gruppo, il bilancio consolidato, se redatto, e l’indicazione del registro delle imprese o dei registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell'art. 2497-bis c.c.

Per il procedimento di nomina dell’esperto è prevista una tempistica rapida. In seguito al deposito dell'istanza di nomina dell'esperto, il Segretario della camera di commercio che la riceve deve comunicarla entro i successivi due giorni lavorativi ad una commissione costituita presso le camere di commercio dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e Bolzano[18].

Il Segretario generale della camera di commercio, tuttavia potrebbe non procedere alla trasmissione dell’istanza ove ne ravvisasse l’incompletezza, invitando allora l’imprenditore a integrare le informazioni o la documentazione mancante entro un termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale l’istanza non sarà esaminata ma l’imprenditore potrà, cionondimeno, riproporla.

La commissione, alla quale è demandata la nomina dell’esperto, resta in carica per 2 anni[19], ed è composta da:

o              un magistrato designato dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale;

o              un membro designato dal presidente della CCIAA presso la quale è costituita la commissione;

o              un membro designato dal prefetto.

La commissione è coordinata dal membro più anziano e decide a maggioranza.

Entro i 5 giorni lavorativi successivi alla ricezione dell’istanza da parte del segretario generale della camera di commercio, la commissione nomina – con decisione assunta a maggioranza - l’esperto nel campo della ristrutturazione tra gli iscritti nell’elenco, secondo criteri che assicurano la rotazione e la trasparenza, avendo cura che ciascun esperto non riceva più di due incarichi contemporaneamente. La commissione può individuare l’esperto “anche al di fuori dell’ambito regionale” (art. 13, co. 7), evidentemente quando nell’elenco della regione non vi sia un professionista dotato delle competenze necessarie per seguire la crisi di quella determinata impresa. In tal modo l’elenco acquisisce dimensione nazionale[20].

Alla commissione viene messa a disposizione la domanda presentata dall’impresa e la documentazione ad essa allegata, comprensiva di una nota sintetica redatta dal segretario generale della camera di commercio nella quale vengono esplicati i parametri dimensionali dell’impresa – volume d’affari e numero dei dipendenti – e il settore in cui opera, affinché la commissione possa scegliere l’esperto più adatto allo specifico caso. La commissione, se lo ritenesse opportuno, potrebbe acquisire il parere non vincolante di un’associazione di categoria sul territorio[21].

L’esperto deve essere munito di specifici requisiti di indipendenza ed è soggetto ad obblighi di riservatezza. È terzo rispetto a tutte le parti ed è tenuto ad operare in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente[22].

A presidio del corretto esercizio della sua attività, la legge gli impone professionalità, equidistanza, riservatezza e “lontananza” dall’impresa e dalle parti[23], tali che lo rendano “impermeabile” alla vicenda che sta esaminando, valutando, dipanando e agli sviluppi che potrebbero caratterizzarne il corso successivo.

Nessuna implicazione, quindi, né relazionale né professionale dovrebbe condizionare la libertà di pensiero, di valutazione e di decisione dell’esperto perché soltanto collocandosi in questa posizione potrà lucidamente analizzare e monitorare la gestione passata, quella in corso, così come i risultati e rendere le previsioni che si ribalteranno sull’indirizzo delle trattative.

L’autorevolezza dell’esperto dinanzi alle parti deriva proprio dalla sua indipendenza che permea l’atteggiamento con cui conduce la vicenda determinando così un setting veramente “asettico” in quanto scevro da condizionamenti e retropensieri. In ogni modo eventuali “osservazioni sull’indipendenza” provenienti dalle parti possono sfociare nella sostituzione dell’esperto (art. 17, co. 6)[24].

Se quello dell’indipendenza intellettuale è un requisito del quale solo lo stesso professionista nominato può predicarne l’effettività, vi sono tuttavia situazioni e/o legami pregressi che la legge pone come cause ostative alla nomina. In base all’art. 16 CCI, quindi:

o              l’esperto non deve essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale;

o              i soggetti con i quali l’esperto è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi 5 anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell’imprenditore né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa.

Siccome però alla legge preme anche evitare che non vi siano “inquinamenti” successivi allo svolgimento dell’incarico, la legge dispone che chi ha svolto l’incarico di esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore se non sono decorsi almeno 2 anni dall’archiviazione della composizione negoziata (il cosiddetto “freezing out”).

Da un lato il legislatore sottolinea la necessità che l’esperto sia indipendente, dall’altra – per delimitarne la responsabilità - specifica che non è equiparabile al professionista indipendente incaricato dal debitore nell’ambito delle procedure di crisi[25]. L’insistenza del legislatore è volta ad evitare che siano attribuite all’esperto responsabilità pari a quelle dell’attestatore come quella di attestare la veridicità dei dati aziendali.

Nello stesso tempo, però, il legislatore pare anche voler specificare che se l’esperto – garante della serietà ed efficienza delle trattative - non attesta non per questo non deve verificare in quanto dallo svolgimento rigoroso di tale attività egli trae dinanzi alle parti l’autorevolezza indispensabile per condurre le trattative.

A me pare che l’attribuzione di tale compito di verifica della documentazione contabile sia supportata dalla previsione dell’art. 16, co. 2, II cpv. che, ponendo a carico dell’esperto la verifica della “coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore chiedendo al medesimo e ai creditori tutte le informazioni utili o necessarie”, - e tra queste rientrano anche le informazioni contabili - giunge a prevedere la possibilità che egli si avvalga di “soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l'imprenditore e di un revisore legale, non legati all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale”. A mio avviso è proprio il richiamo alla facoltà di nominare un revisore legale che fa intuire una verifica sulla contabilità e sugli altri documenti contabili depositati dall’imprenditore[26].

 

 

3. La piattaforma telematica nazionale

Uno strumento sicuramente innovativo e armonico con la Direttiva UE 2019/1023[27] è la piattaforma telematica, la cui istituzione, con la descrizione delle sue molteplici funzioni, è scolpita nell’art. 13 CCI.

Tale strumento digitale è gestito dal sistema delle camere di commercio attraverso Unioncamere, sotto la vigilanza del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico[28]. Gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono accedere alla piattaforma tramite il website di ogni camera di commercio[29].

Possiamo dire che il tema della tempestiva emersione e rilevazione della crisi, soprattutto rapportato alle PMI, ha indotto il legislatore, peraltro nel solco della Direttiva Insolvency (2019/1023), ad affidare ad algoritmi la soluzione della crisi. Ma la piattaforma non è stata creata soltanto come strumento di elaborazione di dati e di fornitura di proiezioni, perché dovrebbe agevolare nel suo impianto, tutto il percorso di “dialogo” fra le parti[30],

Diverse sono le funzioni svolte dalla piattaforma telematica perché oltre a costituire – come diremo tra poco - il veicolo per la presentazione dell’istanza, offre all’imprenditore (come già è stato illustrato e v. supra parr. 4.1. e 4.2.) un importante supporto - con la lista di controllo particolareggiata (dotata delle indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento), un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento oltre a un protocollo di conduzione della composizione negoziata.

Oltre a ciò, la piattaforma è il “serbatoio” nel quale confluisce il flusso informativo relativo all'impresa e ai creditori i quali, nel corso della composizione negoziata, potranno accedervi inserendo informazioni e dati o acquisendo la documentazione e le informazioni messe a disposizione dall'imprenditore. L’obbiettivo ulteriore della piattaforma “così come articolata nei suoi vari livelli di utilizzo, è quello di garantire, nel corso delle trattative con i creditori, la riservatezza delle operazioni compiute e delle informazioni cambiate”. Ciò perché “la tutela equilibrata ed informata delle parti virgola in procedure come quella della composizione negoziata in cui gli interessi delle posizioni chiamate possono essere perlopiù divergenti virgola e essenziale”[31].

Iniziando a elencare le sue diverse funzioni, vediamo che l’istanza di accesso alla composizione negoziata si presenta tramite la piattaforma unica nazionale, attiva dal 15 novembre 2021[32], accessibile attraverso il sito internet istituzionale della Camera di commercio ove l’impresa ha la propria sede legale. La piattaforma contiene:

·            un test pratico, utilizzabile in via preventiva rispetto al deposito dell’istanza, per auto- diagnosticare la situazione in cui si trova l’impresa e l’effettiva perseguibilità del risanamento;

·            una check-list, per consentire all’imprenditore che voglia accedere alla composizione negoziata di redigere un piano di risanamento affidabile, nonché all’esperto di effettuare l’analisi di coerenza del piano presentato dall’imprenditore[33].

L’accesso alla piattaforma – tramite Spid o Cns/Token wireless o carta di identità elettronica – consente di visionare tutta la documentazione preliminare prevista dalla legge nell’art. 13 (test rapido, check-list eccetera) e di depositare l’istanza di nomina dell’esperto.

La piattaforma camerale è composta da due aree, una pubblica di tipo informativo e l’altra “riservata” alle istanze formali, che guidano passo dopo passo, l’imprenditore nel percorso individuato dalle misure attuative messe a punto dal ministero della Giustizia, per cercare di raggiungere, se ne esistono le condizioni, il punto di equilibrio migliore tra le diverse esigenze dei creditori e del debitore[34].

L’accesso alla sezione pubblica permette all’imprenditore di svolgere il test facoltativo sulla perseguibilità – o meno - del possibile risanamento aziendale e di ottenere tutti gli altri elementi informativi relativi al nuovo strumento stragiudiziale. Si tratta di un programma informatico gratuito che elabora i dati necessari per accertare la sostenibilità del debito consentendo, inoltre, all’imprenditore di condurre il test pratico di autovalutazione, per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento (comma 1).

Si permette così all’impresa di effettuare un’autodiagnosi precoce, anche senza dover obbligatoriamente presentare l’istanza di accesso alla composizione, in modo tale da fornire all’imprenditore l’indicazione dello stato di salute dell’impresa.

Una volta effettuato il testpraticodirisanamento, l’imprenditore può discrezionalmente decidere se usufruire o meno della composizione negoziata. Qualora scegliesse di utilizzarla, si procederà con la nomina di un esperto. Quindi, a tal fine, l’imprenditore entrerà nell’area riservata.

La piattaforma mette a disposizione degli imprenditori e dei professionisti dal medesimo incaricati, - come sopra anticipato - anche una lista di controllo (check-list) particolareggiata, adeguata particolarmente alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, con indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento e un protocollo di conduzione della composizione negoziata.

Agli imprenditori deve pertanto essere consentito di valutare, in modo semplice e rapido sia la sostenibilità del debito accumulato tramite i flussi finanziari futuri, sia l’eventuale reversibilità dello squilibrio finanziario esistente.

Da ultimo, è stato istituito (art.25-undecies)[35] – all’interno della piattaforma unica nazionale della composizione negoziata – un programma informatico di verifica della sostenibilità del debito maturato e di elaborazione di piani di rateizzazione automatici per facilitare e velocizzare la gestione delle crisi.

Per creare una rete di informazioni, è prevista (art. 14) l’interoperabilità[36] tra la piattaforma e le altre banche dati pubbliche. Si prevede, infatti, che la piattaforma per la composizione negoziata delle crisi d’impresa sia collegata alla centrale rischi della Banca d’Italia e alle banche dati dell’Agenzia delle entrate, dell’INPS e dell’Agente della riscossione.

Si tratta di uno strumento che agevola il lavoro dell'esperto che, munito del consenso dell’imprenditore, può accedere alle informazioni rese disponibili dalle amministrazioni estraendo la documentazione e le informazioni necessarie per l’avvio o la prosecuzione delle trattative con i creditori e le parti interessate.

A seguire, è regolamentato lo scambio delle informazioni, inserite nella piattaforma, tra imprenditore e creditori, per le quali viene richiamata la disciplina sulla protezione dei dati personali.

È previsto, nel dettaglio, che i creditori accedano alla piattaforma e vi inseriscano le informazioni sulla propria posizione creditoria e i dati eventualmente richiesti dall’esperto. Tali informazioni e la relativa documentazione saranno accessibili previo consenso prestato dall’imprenditore e dal singolo creditore.

Così, le informazioni che il debitore è tenuto ad inserire nella piattaforma per la composizione negoziata sono disponibili tanto presso la centrale rischi della Banca d’Italia e le banche dati pubbliche, quanto per l’esperto indipendente.

Se l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non supera i trentamila euro e, all’esito dell’elaborazione condotta dal programma, tale debito risulta sostenibile, – per ridurre i tempi senza addossare ulteriori costi all’impresa – il programma elabora (per ristrutturare il debito accumulato) un piano di rateizzazione che l’imprenditore comunicherà ai creditori interessati avvertendoli che entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione possono manifestare il loro dissenso. Si applica la regola del silenzio-assenso.

È questo un mezzo per aiutare l’imprenditore a risolvere celermente la situazione e con riduzione dei costi perché tramite l’impiego di algoritmi si crea una sorta di “accordo automatico” in quanto con il mancato dissenso dei creditori entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione contenente il piano di rateizzazione determina si considera approvato il piano che sarà eseguito secondo tempio e modalità in esso previsti[37].

Il piano di rateizzazione sarà eseguito secondo la tempistica e le modalità in esso previste.

È fatta salva l’applicazione delle disposizioni in materia di riscossione di crediti fiscali e previdenziali e di crediti di lavoro, e restano altresì ferme le responsabilità per l’inserimento – operato dall’imprenditore – nel programma di dati o informazioni non veritieri.

La legge (art. 25-undecies, co.3) ha affidato a un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, la fissazione delle informazioni e dei dati da inserire nel programma informatico, le specifiche tecniche per il suo funzionamento e le modalità di calcolo del tasso di interesse applicabile ai crediti rateizzati.

 

4. I doveri delle parti e quelli dell’esperto

Nella Sez. I del Capo II, dedicato ai “Principi generali”, sono scolpiti negli artt. 3, 4 e 5, gli “Obblighi dei soggetti che partecipano alla regolazione della crisi o dell’insolvenza” scanditi tra: a) il dovere dell’imprenditore di predisporre specifiche misure organizzative idonee a una rilevazione tempestiva dei segnali di crisi (art. 3)[38]; b) la regola della condotta (art. 4, comma 1), che deve improntare l’agire del debitore e dei creditori; c) le regole - dirette all’autorità giudiziaria e alla commissione di cui all’art. 13 - che devono presidiare le nomine degli organi e degli esperti della composizione negoziata. Le regole poste negli artt. 4 e 5, che si rivolgono (anche) alla composizione negoziata trovano poi un’ulteriore articolazione nell’art. 16 con riferimento specifico alla composizione negoziata.

Relativamente al citato art. 4 la regola comportamentale impartita al debitore e ai creditori[39] si estrinseca nel dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza nel corso della composizione negoziata, delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza[40].

Si tratta di canoni comportamentali pilastri del diritto delle obbligazioni e che si rinvengono nel Codice civile con riferimento alla disciplina del contratto sia relativamente alle trattative (art. 1337 c.c.) che alla interpretazione (art. 1366 c.c.) e all’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.) mentre l’art. 1175 c.c. stabilisce nella disciplina generale delle obbligazioni che debitore e creditore debbono comportarsi secondo le regole della correttezza.

 La suddetta regola comportamentale viene poi, nello stesso art. 4, partitamente declinato tra debitore e creditori plasmandolo rispetto al ruolo che ciascuno ricopre nello specifico strumento per la soluzione della crisi nel quale si incontrano.

Il comma 2 dell’art. 4 elenca dettagliatamente gli obblighi del debitore distinguendoli in tre diverse categorie che attengono rispettivamente: A) agli obblighi di informazione dei creditori sulle condizioni dell’impresa; B) alla tempestiva individuazione delle soluzioni idonee a risolvere la crisi o l’insolvenza ed al rapido avviamento della procedura prescelta; C) alla gestione del patrimonio e dell’impresa nell’interesse prioritario dei creditori.

Tra gli obblighi informativi si colloca il dovere del debitore di illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, fornendo tutte le informazioni necessarie ed appropriate allo strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza prescelto. Per quanto riguarda “la tempestività” la legge impone una rapida individuazione e applicazione dello strumento idoneo, anche al fine di non pregiudicare i diritti dei creditori. Relativamente, infine, alla gestione del patrimonio o dell’impresa, la norma impone l’obiettivo – centrale e unico – di compiere ogni scelta operativa nell’interesse prioritario dei creditori.Resta fermo quanto previsto dagli articoli 16, comma 4, e 21.

L’informazione deve, quindi, essere esauriente dovendo trasmettere tutto ciò che sia non solo necessario ma anche appropriato “rispetto alle trattative avviate”. Le informazioni saranno appropriate quando il creditore potrà avere da esse un quadro sufficientemente completo delle condizioni in cui versa l’impresa. In sostanza non sono ammessi “silenzi ed omissioni” strategiche nel tentativo di “carpire” un assenso dei creditori che dinanzi ad idonee informazioni avrebbero dato una valutazione contraria[41].

Con tutta evidenza si tratta di articolazioni specifiche del dovere di buona fede e correttezza. Da ciò deriva che il debitore dovrà considerare che se vi sono creditori (come i creditori finanziari e le banche) che già possiedono molte informazioni estraibili da banche dati e dalla centrale rischi della Banca d’Italia, altri invece ne sono sguarniti. Nei confronti di questi ultimi il debitore dovrà avere particolare attenzione nel rendere le informazioni, niente dando per scontato.

Riguardo all’estensione delle informazioni occorre tener presente non solo le norme del Codice della crisi ma anche il decreto dirigenziale che elenca le informazioni che l’imprenditore deve fornire per redigere la lista di controllo insieme all’esperto o per accedere al test pratico.

Da questa lettura ricaviamo che le informazioni devono attenere ad ogni profilo dell’attività dell’impresa. Vi sono però limiti alla completezza dell’informazione. Questi si riscontrano per le informazioni inerenti al ciclo produttivo e alle attività commerciali.

Qui l’informazione impatta sul diritto al segreto industriale. In questi casi la divulgazione di notizie (inerenti ad es. a Know-how) può danneggiare l’impresa per cui parrebbe ammissibile una comunicazione generica quando fosse necessaria al fine di valutare una cessione di ramo d’azienda[42].

La norma di cui all’art. 4, co. 2, lett. a), CCI, indica poi che le informazioni debbono essere complete, veritiere e trasparenti offrendo nel contempo le necessarie “chiavi di lettura”. Così, relativamente ai bilanci dovrà essere “data notizia anche dei criteri valutativi adottati, che in linea di massima dovranno corrispondere a quelli ordinariamente previsti per la redazione del bilancio tutte le volte che non vi sia specifica ragione per discostarsene. In tale ipotesi occorrerà spiegare quali diversi parametri sono stati utilizzati”[43].

Così procedendo l’informazione resa sarà (anche) trasparente. Ai menzionati requisiti dell’informazione (in particolare quella contabile) deve aggiungersi quello della chiarezza come si ricava dall’art. 2423 c.c. in tema di bilancio

Va del resto considerato che alcuni creditori, in particolare i creditori finanziari e le banche, sono già in possesso di molte informazioni che il debitore può aver fornito in precedenza o che risultano dall’accesso alle banche dati, sia la centrale rischi della Banca d’Italia sia banche dati private.

Questo dovere informativo disposto dall’art. 4, comma 2, lett. a) è ribadito dall’art. 16, co. 4, che se per un verso riproduce il contenuto, per l’altro va a specificare l’ambito al quale è destinato. Emerge allora che il flusso informativo, dai requisiti suddetti, si dirige non solo ai creditori ma anche all’esperto e agli altri soggetti interessati che partecipano alle trattative.

Nonostante che l’art. 4 non faccia alla destinazione delle informazioni ai terzi diversi dai creditori pare ragionevole ritenere che il richiamo da parte dell’art. 16 a questi soggetti, possa valere anche nel caso delle altre situazioni disciplinate dall’art. 4, gli interessi di terzi potendosi riscontrare anche al di fuori della composizione negoziata.

Passando all’obbligo di “assumere tempestivamente le iniziative idonee alla individuazione delle soluzioni per il superamento delle condizioni di cui all’art. 12, comma 1”, statuito dall’art. 4, comma 2, lett. b), a carico del debitore, in primo luogo, osserviamo che fa da contrappunto al dovere - scolpito negli artt. 2086 c.c. e 3 CCI - di rilevazione delle disfunzioni e di attivazione tempestiva per porre rimedio alla crisi, dovere puntigliosamente affermato a livello Unionale (prima con la Raccomandazione CE del 14 marzo 2015 e poi con la Direttiva UE 2019/1023) e internazionale (nella Legislative Guide di UNCITRAL e nei Principi della Banca Mondiale).

Con il richiamo all’art. 12 CCI il legislatore intende sottolineare che deve trattarsi di soluzione funzionale al superamento dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l'insolvenza dell’impresa, a condizione, però, che il risanamento sia ragionevolmente perseguibile.

Quest’ultimo costituisce un leit-motiv della disciplina della composizione negoziata, come emerge dall’art. 17, co. 5, che in primis prevede come valutazione da effettuare “senza indugio” da parte dell’esperto proprio quella circa l’“esistenza di una concreta prospettiva di risanamento” la cui centralità viene ulteriormente rimarcata nel corso del citato comma sancendo che l’esperto, all’esito della convocazione del debitore o in un momento successivo quando non ravvisi concrete prospettive di risanamento, ne dia notizia all’imprenditore e al segretario della camera di commercio che procede all’archiviazione dell’istanza. Inoltre, nello stesso art. 17, co. 7, CCI è disposto che l’incarico dell’esperto si considera concluso quando decorsi 180 giorni dall’accettazione della nomina, non è stata individuata una soluzione adeguata a porre rimedio alle condizioni di cui all’art. 12, lasciando così intendere per un verso l’essenzialità del requisito della risanabilità dell’impresa e per un altro il dovere dell’esperto di valutare inizialmente e monitorare dopo costantemente la presenza di tale condizione dalla cui sussistenza dipende la percorribilità del percorso e l’approdo ad una soluzione di cui all’art. 23.

E un tale risultato (il risanamento dell’impresa) sarà, appunto possibile quanto più tempestivamente la crisi sarà affrontata e celermente gestita la sua soluzione, evitando così un pregiudizio per i diritti dei creditori.

Sotto questo profilo il collegamento tra la regola in esame ed il principio di buona fede è particolarmente evidente perché ancora una volta si rientra nell’ambito dei doveri di protezione dell’altro contraente che sono una declinazione tipica del principio generale.

Fa da pendant alla disposizione ora commentata, l’art. 16, co. 6, dove è posto l’obbligo a carico di tutte le parti di collaborare lealmente ed in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto e di dar riscontro rapidamente alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative onde consentire la fluidità e la rapidità del dialogo. La norma si rivolge in particolare alle banche, causa sovente di rallentamenti nelle trattative, ponendo a loro carico l’obbligo di partecipare alle trattative in modo attivo e informato (art. 16, co.5).

Per concludere l’esame del comma 2 dell’art. 4, dobbiamo portare l’attenzione sulla gestione, da parte del debitore, del patrimonio o dell’impresa (durante la composizione negoziata, le trattative o i procedimenti propedeutici all’accesso a uno strumento di regolazione della crisi). L’attività – dispone la norma che richiama sia l’art. 16, co.4, che l’art. 21, – deve essere condotta dal debitore “durante i procedimenti” nell’interesse prioritario dei creditori. Il plesso normativo (art. 4, co.2, art. 16, co.4 e art. 21) utilizza formule differenti.

L’art. 16, co. 4, prevede, infatti, che l’imprenditore debba gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori. L’art. 21, sotto la rubrica “gestione dell’impresa in pendenza di trattative” sancisce invece che l'imprenditore in stato di crisi gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività.

Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta però che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori[44].

Dalla lettura della disciplina degli obblighi a carico del debitore nel corso della composizione negoziata e secondo i principi generali dettati dall’art. 4 emergono differenze di non poco conto.

Intanto l’art. 4, co. 2, lett. c) distingue tra i “procedimenti” (id est i procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza) per i quali vale la regola gestoria funzionale all’interesse prioritario dei creditori e la composizione negoziata alla quale si applicano come regole gestorie quelle di cui agli art. 16, co. 4 (“gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori”) e 21 che distingue tra situazione di crisi (la gestione deve evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria) e situazione d’insolvenza risanabile (la gestione deve essere condotta nel prevalente interesse dei creditori).

Ora, la lettura delle succitate norme deve muovere dalla considerazione che siamo dinanzi a due fattispecie diverse - da una parte i procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza (art. 4, comma 2, lett. c) e dall’altra il percorso volontario della composizione negoziata (art. 12 e ss.), funzionale a giungere, attraverso trattative regolate, protette e facilitate da un esperto, a una delle soluzioni di cui all’art. 23.

Inoltre osserviamo che delle tre disposizioni citate, una (l’art. 16, comma 4) si rivolge alle regole comportamentali (così come gli altri commi) – siamo nell’ambito dei canoni di correttezza e buona fece - e rimarca che nella gestione dell’impresa l’imprenditore non “non deve pregiudicare gli interessi dei creditori tutte le volte in cui tale pregiudizio sia ingiusto, e dunque quando compia atti gestori che superano la normale alea dell’attività d’impresa o quando trascuri gli altri doveri che l’art. 4 pone a suo carico, in particolare i principi di buona fede, di comunicazione ai creditori delle informazioni relative alla situazione dell’impresa, di rapido svolgimento delle trattative”[45]. Il pregiudizio per i creditori che segue alle scelte gestorie può esservi, ma non può determinare un danno ingiusto.

Rimane, quindi il raffronto tra il comma 2, lett. c) dell’art. 4 e l’art. 21 CCI.

È chiaro che mentre nella prima norma siamo già nell’ambito di una procedura concorsuale nella quale il debitore è (più o meno) spossessato e l’interesse dei creditori è sempre e comunque prioritario, nella seconda siamo nel solco di una ricerca di composizione della crisi – l’imprenditore è in bonis e, quindi, non spossessato - il cui baricentro è la risanabilità, vi sia crisi o invece insolvenza. La risanabilità è compatibile anche con l’insolvenza, ciò significando che permane la fiducia dei creditori per una soluzione positiva.

Tutto ciò però comporta una ristrutturazione che implica un rischio per i creditori ed allora il legislatore pone “vincoli di scopo” ad una gestione sostanzialmente libera nella quale l’imprenditore conserva i poteri sia per l’ordinaria che per la straordinaria amministrazione con intervento “segnalatorio” dell’esperto. I limiti alle scelte gestorie sono due: 1) non recare pregiudizio alla sostenibilità economico finanziaria dell’attività e 2) gestire nel prevalente interesse dei creditori in caso di insolvenza, purché vi siano concrete prospettive di risanamento.

Così se vi è crisi la legge pretende che il costo economico-finanziario della ristrutturazione possa essere sopportato nel bilanciamento tra costi e ricavi e che, così, la gestione, sostanzialmente libera. Se, invece, vi è insolvenza “risanabile”, occorre gestire avendo presente che tra interesse alla conservazione dell’impresa e interesse dei creditori al soddisfacimento, la considerazione di quest’ultimo dovrà guidare nelle scelte perché ci si sta avventurando in una fase nella quale torna il soddisfacimento come obbiettivo prevalente dei creditori.

Per quanto riguarda gli obblighi dei creditori (comma 4 dell’art. 4) rinveniamo qualcosa di inedito, segnale dell’attenzione che il legislatore rivolge alle trattative Sui creditori, fino ad oggi concepiti come titolari di diritti, si appuntano specifici doveri verso il debitore: da una parte il dovere di leale collaborazione con il debitore e con gli organi istituzionali coinvolti nelle singole procedure - per quanto attiene alla composizione negoziata, con l’esperto, - e, dall’altra, quello di riservatezza “sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite”.

L’art. 4, co.4, CCI dispone che i creditori hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria e amministrativa. Siamo dinanzi al dovere di cooperazione fondato sul canone della correttezza che nel codice civile (art. 1175) è configurato quale vero e proprio obbligo di cui al citato c.c. si configura per il creditore quale vero e proprio obbligo di cooperare oltre la sua sfera di competenza, perché gli è imposto “di attivarsi anche in ciò che non è previsto dal titolo o che non attiene al suo potere di controllo, ma sempre nella misura in cui ciò non importi un apprezzabile sacrificio”[46].

È inoltre fatto obbligo ai creditori di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite. Si aggiunge poi, con specifico riferimento alla composizione negoziata, quanto previsto dall’articolo 16, commi 5 (norma rivolta alle banche e agli intermediari finanziari) e 6 (che sottolinea nuovamente i doveri delle parti - debitore, creditori e terzi partecipanti alle trattative - relativi all’obbligo di collaborazione e di riservatezza).

Quelli disegnati nell’art. 4, ult.co., sono obblighi (che rinviano a quello di buona fede) di leale collaborazione con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dal giudice o dalla P.A.

Il precetto è articolato in modo più specifico nell’art. 16, co. 5, per quanto concerne le banche, gli intermediari finanziari, i loro mandatari ed i cessionari dei loro crediti. Per questi soggetti corre l’obbligo di partecipare attivamente ed informato alle trattative.

Inoltre, la norma, in armonia con il divieto previsto dalla Direttiva delle c.d. clausole ipso facto, dispone che l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore, ferma restando naturalmente la liceità della revoca per motivi obbiettivi relativi all’andamento del conto o al mancato rispetto dei limiti dell’affidamento o quando la decisione della banca sia imposta dal rispetto dei principi di sana e prudente gestione ai quali essa è tenuta a conformarsi[47].

Nella trattazione degli obblighi delle parti, incontriamo l’art. 5 che detta regole che devono essere seguite nelle nomine dei professionisti effettuate dalla commissione di cui all’art. 13, comma 6 (oltre che dall’autorità giudiziaria o amministrativa e dagli organi da esse nominati).

Tali nomine devono essere improntate a criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza.

Com’è chiaro, le esigenze di rotazione degli incarichi e di effi­cienza nel loro svolgimento vanno tra loro opportunamente con­temperate. Ed infatti, “trat­tandosi di incarichi connotati da un certo grado di fiduciarietà, deve riconoscersi un margine di irrinunciabile discrezionalità in capo a chi procede alla nomina del professionista: come per ogni esercizio di di­screzionalità, peraltro, ciò rende necessario che vi si accompagni il massimo possibile di trasparenza”.

Sembra però eccessivo che, in ossequio al dovere di trasparenza, per ogni provvedimento di nomina, debbano essere rese diffuse motivazioni, parendo essenziale che siano seguiti “criteri prestabiliti e tali da garantire la rotazione, di cui sia stata data preventivamente adeguata pubblicità, e illustrare le ragioni per le quali da quei criteri abbia in ipotesi inteso discostarsi”[48].

Per ultimo, un tema sul quale il legislatore ha portato l’attenzione quando ha disciplinato la composizione negoziata è stato quello dei rapporti di lavoro che occupano senza dubbio una posizione di centralità nelle soluzioni della crisi d’impresa. Come è stato efficacemente scritto: “È meritorio e degno di plauso, infatti, che il legislatore, negli ultimi provvedimenti in materia di crisi d’impresa e lato sensu concorsuale, si sia ricordato di disciplinarne anche il versante lavoristico e non l’abbia abbandonato – com’è successo ab immemorabili, salvi, tutt’al più, taluni interventi rapsodici ed episodici – alla creatività artigianale dei giusperiti e degli interpreti”[49].

 In una situazione di crisi generalizzata, il legislatore, ha, così, il compito di realizzare il più efficiente equilibrio tra l’interesse dei debitori (quello della continuità) e l’interesse di creditori (quello ad ottenere soddisfacimento), perché in questo equilibrio riposa l’interesse generale. Ecco, in sintesi, il problema: né eliminare subito il debitore quando è in crisi, né convertire i creditori in debitori. In entrambi i casi si distruggono posti di lavoro. Pertanto, il principio della ripartizione delle perdite tra tutti gli stakeholders dell’impresa deve essere regolato con estrema cautela[50].

In armonia con la Direttiva UE 2019/1023 che tutela in modo particolare i lavoratori nell’ambito delle trattative e dello svolgimento delle procedure concorsuali[51], l’art. 4, comma 3, CCI introduce una previsione relativa alle procedure di informazione e consultazione nell’interesse dei lavoratori[52] che si applica soltanto quando non siano già previste “diverse procedure di informazione e consultazione” ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. g D.Lgs. n. 25/2007.

In base ad essa il datore di lavoro, che occupa complessivamente più di quin­dici dipendenti[53], informa con comunicazione scritta, trasmessa anche tramite posta elettronica certificata, i soggetti sindacali di cui all’art. 47, comma 1, l. 29 dicembre 1990, n. 428, delle rilevanti determinazioni, assunte nel corso delle trattative della composizione negoziata e nella predisposizione del piano nell’ambito di uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori, anche solo per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni.

I sindacati possono chiedere un incontro entro tre giorni dall’informativa. La consultazione deve aver inizio entro cinque giorni dal ricevimento dell’istanza presentata dalla parte sindacale e s’intende esaurita dopo dieci giorni, salvo diverso accordo tra i partecipanti.

Alla consultazione partecipa anche l’esperto, ma con funzioni più di testimone che di gestore. È previsto che l’esperto debba redigere un verbale sottoscritto soltanto dall’imprenditore e dall’esperto perché di tale impegno si tenga conto ai fini del compenso, che è comunque determinato per questa parte in misura ridotta, vale a dire 100 euro per ogni ora di presenza, come prevede l’art. 16, comma 5, del codice.

La consultazione si svolge con vincolo di riservatezza rispetto alle informazioni qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti nel legittimo interesse dell’impresa.

 

5. Il protocollo di conduzione della composizione negoziata

Il legislatore ha importato la Composizione negoziata (d.lgs. 83/2022) nel Codice della Crisi non solo come sistema alternativo di allerta, volontaria e assolutamente priva di profili autoritativi, ma soprattutto come fase dedicata a intessere contatti e intavolare confronti per ricercare una soluzione condivisa[54].

È uno spazio libero – l’imprenditore decide se accedervi o meno e i creditori di partecipare o meno – riservato, eventualmente protetto, regolato e strutturato[55] per condurre le trattative rapidamente ed efficacemente nel rispetto reciproco dei diritti di cui ciascuna parte è portatrice.

A tal fine – tentando di combinare interessi di diversa natura anziché azionare soltanto diritti soggettivi [56]– la legge pone le condizioni di un terreno di gioco sul quale le parti si confrontino, scambiandosi informazioni, agevolando così la dissoluzione del conflitto con la ricerca di un ordine negoziato.

È uno spazio – un percorso - scandito da regole per tessere dialoghi facilitati dall’esperto quando l’impresa presenti comprovati profili di risanabilità determinando allora un risultato utile per debitore, creditori e impresa.

Il ruolo dell’esperto è centrale ponendosi come garante della serietà ed efficienza delle trattative[57].

È definito all’art. 2, comma 1, lett. o bis) come “il soggetto terzo e indipendente, iscritto nell'elenco di cui all'articolo 13, comma 3 e nominato dalla commissione di cui al comma 6 del medesimo articolo 13, che facilita le trattative nell'ambito della composizione negoziata”, senza essere equiparabile al professionista indipendente di cui all’art. 2, comma 1, lettera o) (il professionista incaricato dal debitore nell’ambito di uno degli strumenti di regolazione della crisi dell’insolvenza)[58].

Mentre si svolge un processo di reciproco apprendimento di informazioni, l'esperto “agevola” la negoziazione delle parti guidandole in un binario volto ad “ingegnerizzare” soluzioni utili per combinare gli interessi patrimoniali e non patrimoniali in gioco.

A lui non compete di presentare e strutturare la soluzione[59] – non è l’advisor – bensì di condurre le parti, avvalendosi dell’arte della maieutica e dell’esperienza della mediazione, verso una proposta partorita e elaborata dal debitore a che, se condivisa dai creditori, potrà comporre la crisi[60]. L’equilibrio deve contraddistinguere l’esperto non solo nel valutare se le trattative possano intavolarsi ma anche se debbano concludersi. Come dispone l’art. 17, co. 5, CCI, infatti, “se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all’esito della convocazione o in un momento successivo […] ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata”.

La composizione negoziata è un terreno di gioco privo della presenza dell’autorità giudiziale ma soltanto governato dalla presenza di questo soggetto terzo, indipendente e imparziale con il compito di verificare il requisito (la risanabilità) e la correttezza e buona fede dei partecipanti al tavolo delle trattative delle quali è predisposto un canovaccio che scandisce i momenti tipici di questa fase e che l’esperto facilitatore deve seguire, monitorare, annotare per renderlo esplicito in una puntuale relazione nel momento della chiusura. Per il resto vi è libertà dell’imprenditore e dei creditori.

A un’impostazione autoritativa marcatamente caratterizzante il sistema d’allerta disciplinato nella prima versione del Codice della crisi si contrappone la volontarietà della composizione negoziata, un percorso - antefatto di uno degli strumenti previsti dall’art. 23 CCI – che consente la ricerca di un ordine condiviso[61]. Si tratta, quindi, di un percorso, di uno spatium temporis regolato, guidato, nel quale, avendo i requisiti, si può entrare e rimanere per il tempo massimo previsto senza che il mancato raggiungimento di soluzione condivisa marchino a fuoco l’impresa condizionandone il futuro.

Per razionalizzare l'intervento dell’esperto e per renderlo prevedibile agli occhi dell'imprenditore e dei creditori, il Ministero della Giustizia, in osservanza del D.L. 118/2021, conv. dalla L. 21.10.2021, n. 147, con decreto dirigenziale 28.09.2021, ha recepito il documento predisposto dalla Commissione di studio “Pagni” contenente le linee guida per l’applicazione delle disposizioni in merito allacomposizionenegoziata.

NellasezioneIII dedicata al "Protocollo di conduzione della composizione negoziata", Il documento enuclea gli adempimenti che l’esperto deve eseguire nello svolgimento delle trattative ed “al pari della lista di controllo, costituisce una sorta di linguaggio comune tra imprenditori ed esperto, oltre che tra imprenditore e parti interessate, consentendo di evitare perdite di tempo, fraintendimenti o incomprensioni”[62].

 Questo Protocollo, pur non contenendo precetti assoluti, recepisce le migliori prassi per una soluzione concordata della crisi. D'altronde il termine circoscritto in sei mesi della durata della composizione negoziata necessita di norme di comportamento e percorsi chiari che consentano all'esperto un agevole orientamento. Così la “tabella di marcia” disegnata dal Protocollo, seguendo un ordine logico, individua le tappe più delicate che l’esperto deve effettuare[63].

Nel “Protocollo” individuiamo varie fasi della composizione negoziata. La prima fase – di verifiche sullo stato dell’impresa, la documentazione, il progetto di piano – è tesa a cogliere l’esistenza o meno della risanabilità e culmina – ove quel giudizio sia positivo – nell’individuazione delle parti interessate alle trattative.

A partire da quel momento prende avvio la fase delle trattative durante la quale l’attività dell’esperto, in veste di facilitatore e stimolatore nella dialettica delle proposte che le parti si scambiano, riveste un ruolo centrale. Segue la fase conclusiva con apertura dei diversi scenari raffigurati nell’art. 23 CCI. Anche durante questa fase, l’attività dell’esperto come “narratore qualificato” di ciò che si è dibattuto e concluso e di come le parti si sono reciprocamente rapportate, valutando l’attenzione che essi hanno rivolto ai canoni di correttezza e buona fede, costituisce il punto di riferimento.

Quasi come un’attività trasversale a ciascuna delle fasi, l’esperto interloquisce con l’imprenditore sulla gestione straordinaria e sull’eventuale cessione d’azienda e con il giudice attraverso il parere ex art. 19 per la conferma delle misure protettive e “anche se la legge non lo dice espressamente, pare evidente che il tribunale sentirà sempre l'esperto negoziatore, (…) sia nel caso di cessione d'azienda, che di finanziamenti”[64].

 

6. Le attività iniziali dell’esperto: L’esame della documentazione e l’individuazione delle parti interessate

La nomina[65] viene immediatamente comunicata all’esperto il quale deve effettuare una serie di verifiche prima di comunicare - entro due giorni lavorativi dalla nomina - l’accettazione.

Innanzi tutto, deve verificare il possesso dei requisiti di cui all’art. 16, co. 1 CCI e, in particolare, la propria indipendenza. Deve, quindi, esaminare sommariamente la domanda e i documenti caricati sulla Piattaforma Telematica e accertare l’assenza delle cause di incompatibilità, il possesso delle competenze occorrenti “in aggiunta a quella generale (per esempio, con riferimento al settore in cui opera l’impresa o alla struttura della stessa, alla complessità delle questioni che emergono dalla documentazione depositata, o alla localizzazione delle sedi operative in Italia ed all’estero)” e della disponibilità di tempo “avendo riguardo alla complessità ed alle dimensioni dell’impresa ed alla propria organizzazione” e la propria indipendenza[66].

Solo dopo aver effettuato queste verifiche, compilando il modulo riportato nell’allegato 3 del decreto dirigenziale[67] che inserirà sulla piattaforma, potrà comunicare all’imprenditore, a mezzo pec, l’accettazione [68] con riserva di verificare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento[69].In caso contrario lo comunicherà al soggetto che lo ha nominato che lo sostituirà con altro esperto.

Dal momento dell’accettazione, l’esperto deve compiere una serie di complesse attività, a ritmo serrato, volte a verificare le concrete prospettive di risanamento dell’impresa. A tal fine è necessario che egli si doti di uno “strumentario” che consenta un incedere veloce e contestualmente affidabile.

È questa una fase che vede come interlocutori dell’esperto: l’imprenditore, gli advisor, organi di controllo e revisore contabile.

Ancora il percorso è tutto interno e si snoda tra l’esame di documenti e un dialogo.

Riguardo al primo, l’esperto procede all’esame della documentazione allegata all’istanza di nomina dell’esperto, del risultato del test pratico (Sez. I del decreto dirigenziale), del piano (o del progetto) di risanamento (redatto secondo le linee guida di cui alla Sez. II del decreto dirigenziale), dell’eventuale dichiarazione dell’imprenditore avente valore di certificazione (resa ai sensi dell’art. 19, co.2, lett. e), attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata. Questa dichiarazione, che deve essere sufficientemente motivata, può essere di ausilio per l’esperto[70].

Riguardo al secondo punto (il dialogo), l’esperto interloquisce con l’imprenditore, gli advisor, organi di controllo e il revisore contabile per poter giungere ad una conoscenza compiuta dell’impresa, sia per quanto riguarda la struttura dimensionale, societaria e organizzativa che la situazione finanzia-patrimoniale ed economica. Prima di tutto dovrà verificare se l’impresa è sopra o sottosoglia, in ragione della parziale diversità di disciplina che la composizione negoziata sconta nell’uno o nell’altro caso.

Deve inoltre verificare se l’impresa appartiene ad un gruppo, verificando nell’apposita sezione del registro delle imprese quale società esercita la direzione e coordinamento e quali vi sono soggette, e se questa informazione manca verifichi qual’è l’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria costituita dalla voce D del passivo nello stato patrimoniale.

L’esame della documentazione depositata a corredo della domanda costituisce momento fondamentale perché consentirà all’esperto di conoscere: l’andamento economico patrimoniale dell’impresa nell’ultimo triennio (attraverso l’esame degli ultimi tre bilanci o delle ultime tre dichiarazioni dei redditi); la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ultimo bimestre; le prospettive finanziare e aziendali che l’imprenditore ha ipotizzato; la composizione qualitativa e quantitativa dei crediti; la eventuale pendenza di procedure prefallimentari; l’esposizione debitoria aggiornata nei confronti del fisco, degli enti previdenziali ed assicurativi. In questa raccolta iniziale di dati attinenti all’impresa, l’esperto deve tener conto anche di alcuni peculiari dati ricavabili dalla domanda presentata, e che riguardano: la richiesta di misure protettive o cautelari, la presenza o meno del DURC, il numero dei dipendenti (che, se superiore a 15 unità, imporrà di tenere conto delle iniziative da assumere ai sensi dell’art. 4, comma 8).

Raccolte queste prime notizie necessarie per avere una prima conoscenza dell’impresa e orientare il proprio operato, l’esperto convoca senza indugio l'imprenditore per valutare l'esistenza di una concreta prospettiva di risanamento (at. 5 comma 5 e decreto dirig. Sez. III, art. 2.1.).

Contestualmente alla convocazione dell’imprenditore l’esperto invierà una richiesta di informazioni all’organo di controllo ed al revisore legale (che secondo il citato comma 5 devono essere appositamente compulsati).Dalla lettura del decreto dirigenziale si evince inoltre che devono essere “intervistate” anche le principali funzioni aziendali (commerciale, operativa, risorse umane, contabile), cui l’esperto deve chiedere di individuare quali siano le cause del declino dell’andamento aziendale (Sezione II, punto 3.2).

Il bagaglio conoscitivo che queste attività e le informazioni acquisite forniranno all’esperto gli consentirà una interlocuzione consapevole con l’imprenditore, e gli permetterà di verificare l’affidabilità dei dati riferiti e delle prospettazioni compiute.

Nell’esame della documentazione l’esperto si avvale, oltre che dell’esperienza professionale, delle linee guida tracciate nel decreto dirigenziale partendo dal Test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento che deve esaminare, correggendolo se necessario, o compilando insieme all’imprenditore se mancante, il test online di norma allegato all’istanza.

Il successivo passaggio è costituito dall’analisi della coerenza del piano di risanamento con la check-list. Per condurre questa analisi, l’esperto raccoglierà ogni informazione che ritenga utile non fermandosi a quelle previste nella check-list. Tenendo conto del quadro che ha dinanzi, l’esperto deve verificare la coerenza del piano di risanamento, - il cui esame “costituisce elemento fondante del giudizio di risanabilità”[71] - richiedendo al medesimo, all’organo di controllo e al revisore, informazioni e segnalando carenze e incongruenze.

La concretezza si impone in questa valutazione dell’esperto. “Se l’esperto ravvisa, diversamente dall’imprenditore, anche a seguito dei primi confronti con i creditori, la presenza di uno stato di insolvenza, questo non necessariamente gli impedisce di avviare la composizione negoziata.

Occorre però che l’esperto reputi che vi siano concrete prospettive di risanamento che richiedano, per essere ritenute praticabili, l’apertura delle trattative, perché dovranno essere valutate sulla base della effettiva possibilità di accordi con i creditori o di una cessione dell’azienda i cui proventi consentano la sostenibilità del debito. Si terrà conto del fatto che, a fronte (i) di una continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) dell’indisponibilità dell’imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) dell’assenza di valore del compendio aziendale, le probabilità che l’insolvenza sia reversibile sono assai remote indipendentemente dalle scelte dei creditori, e dunque che in questi casi è inutile avviare le trattative”[72].

Soltanto se l’esperto ritiene concrete le prospettive di risanamento dell’impresa, potrà passare ad analizzare le linee di intervento individuando con l’imprenditore le tipologie di soggetti con le quali è opportuno intraprendere trattative, valutando gli elementi negoziali, le richieste e il numero.

Il criterio che guiderà la selezione delle parti sarà quello dell’utilità di certe presenze rispetto al piano di risanamento e dell’incidenza della proposta sugli interessi da alcuni rappresentati. Si potranno “chiamare” anche le “altre parti interessate” quali fornitori, potenziali acquirenti o affittuari dell’azienda, organizzazioni sindacali ecc.

“Sotto altro profilo, sono portatori di un interesse alla trattativa, coloro che potrebbero essere danneggiati dall’apertura di una procedura concorsuale a carico dell’impresa, come chi potrebbe essere soggetto (i) ad azioni revocatorie o risarcitorie, come quelle di responsabilità verso gli organi sociali o di concessione abusiva di credito, oppure (ii) al rischio dell’estensione del fallimento a terzi, comprese le società che fanno parte di un gruppo di imprese. Questi soggetti potrebbero portare risorse esterne utili alla ristrutturazione del debito anteriore”[73].

Occorre precisare che se l’individuazione delle parti spetta all’imprenditore e ai suoi consulenti in funzione delle proposte che intendono presentare, l’esperto tuttavia verifica la coerenza della scelta rispetto alle proposte e se riscontra la necessità di estendere la negoziazione ad altre parti[74], - pur non essendo necessario che tutti i creditori siano coinvolti nelle trattative - lo segnala all’imprenditore.

Dopo l’esame, preliminare e propedeutico, sull’impresa finalizzato ad individuare l’esistenza o meno di concrete prospettive di risanamento,[75] l’esperto, se ha riscontrato tali concrete possibilità, scioglie la riserva, e convoca i creditori e le altre parti interessate dal processo di risanamento, avviando la seconda fase della composizione negoziata, vale a dire la fase negoziale.

In caso contrario, anche all’esito del primo incontro, oppure in qualunque momento del percorso in cui vengano meno le concrete prospettive di risanamento, lo comunica all’imprenditore e al segretario generale della CCIAA che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.

Le trattative hanno una durata fissata per legge in 180 giorni (decorrente dall’accettazione della nomina dell’esperto), decorsi i quali, se le parti non raggiungono un accordo su una soluzione idonea al superamento della crisi, l'incarico dell'esperto cessa ipso iure. Il termine può essere prorogato per non oltre 180 giorni quando tutte le parti lo richiedano e l'esperto acconsenta o quando sia necessario perché l'imprenditore ha chiesto la conferma di una misura protettiva (art. 19) o l’autorizzazione al compimento di uno degli atti di cui all'articolo 22.

Siccome le misure protettive non possono avere una durata superiore a 240 giorni, risulta tuttavia difficile immaginare che le parti travalichino questo ambito temporale correndo il rischio che una procedura esecutiva sospesa segua il suo corso a meno che nel frattempo non sia intervenuta una dichiarazione di rinuncia all'esecuzione ex art 629 c.p.c.

Durante le trattative[76] l’esperto stimola e favorisce la formulazione di proposte concrete – anche diversificate a misura d’interlocutore, come suggerisce l’allegato 1 del decreto dirigenziale - da parte dell’imprenditore e delle parti interessate per individuare una delle soluzioni possibili. Egli deve rappresentare “l'esigenza che esse assicurino l'equilibrio tra i sacrifici richiesti alle singole parti virgola in modo quanto più possibile proporzionato al grado di esposizione al rischio di ciascuna di esse e alle utilità alla loro derivanti dalla continuità aziendale dell'impresa”[77].

 

7. Il parere dell’esperto sulle misure protettive e cautelari

È previsto che il percorso offerto dalla composizione negoziata possa essere protetto cristallizzando, al momento dell’avvio delle trattative, le attività processuali che i creditori possono esercitare a tutela del loro diritto. Il legislatore ha così ritenuto che questa protezione sia compatibile con la pendenza di trattative per giungere a una soluzione della crisi che non necessariamente dovrà condurre ad uno degli strumenti concorsuali nei quali esse sono tradizionalmente previste.

Venuto meno – come predicato dagli interventi unionali – l’automatic stay generalizzato, stabile nel tempo e senza coinvolgimento partecipativo dei creditori - il Codice della crisi prevede che una protezione possa aversi ma solo su domanda dell’imprenditore stesso da sottoporre, in ogni modo a conferma da parte dell’autorità giudiziaria[78]. Questa è anche la sintassi delle misure protettive all’interno della composizione negoziata[79].

Si tratta di una scelta sommamente impegnativa per l’imprenditore che deve soppesare attentamente l’esigenza di protezione da un lato con l’interesse alla riservatezza dall’altro. Avere l’una implica la perdita dell’altra.

La richiesta di misure protettive da un lato rivela la presenza di un’impresa già in stato (almeno) di crisi se ipotizza una immediata aggredibilità del patrimonio, dall’altra svela all’esterno di essere in composizione negoziata (che altrimenti rimarrebbe riservata), dall’altra ancora inizia a “consumare” lo spatium temporis oggi assegnato dal Codice alle misure protettive limitato nel complesso ad un periodo di 12 mesi, comprese eventuali proroghe, tenuto conto appunto delle misure concesse nel corso della composizione negoziata ex art 18.

A queste valutazioni che l’imprenditore compie alla luce dello stato e dell’interesse dell’impresa e, quindi, della convenienza per questa, si aggiunge quella che conduce l’esperto circa l’incidenza delle misure sui diritti dei creditori da una parte e sulle trattative dall’altra. È questa una valutazione che porta l’esperto – attraverso il parere che gli sarà richiesto - ad essere l’interlocutore del giudice.

Gli articoli 18 e 19 dipanano la materia[80] e l’intervento dei varii soggetti: imprenditore, esperto, creditori e giudice.

Su questa linea, l’art.18 CCI prevede la facoltà per l’imprenditore (commerciale o agricolo) “che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa” (art. 12) di chiedere - con l’istanza di nomina dell’esperto (oppure con una successiva istanza) - l’applicazione – per un certo arco temporale - di misure protettive del proprio patrimonio[81]. Queste, secondo la definizione posta nell’art. 2, lett. p), CCI, si identificano con “le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza”.

Inoltre, l’art. 19, comma 1, prevede che, con la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto (o anche con istanza successiva), l’imprenditore possa chiedere l’adozione dei provvedimenti cautelari “necessari per condurre a termine le trattative”.

Mentre le misure protettive perseguono la stessa finalità che esse hanno nella normativa concorsuale anteriore al CCI, i provvedimenti cautelari subiscono, rispetto a quella normativa, una modifica dal punto di vista dell’interesse ad agire, perché legittimato a richiederli è il debitore, al fine di condurre a termine le trattative e non già il creditore per porsi al riparo dal rischio della dispersione del patrimonio del debitore nella pendenza dell’iniziativa concorsuale attivata dal creditore[82].

È lo stesso art.18, comma 1, CCI che determina in cosa possano consistere: nel divieto – anche selettivamente operante - di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore o di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.

Si è discusso se l’elenco dell’art. 6 sia onnicomprensivo o se vi sia spazio per altre forme di protezione, al netto di quanto previsto nell’art. 20 (sospensione degli obblighi di cui agli artt. 2446, 2447, 2482-bis, 2482-ter, 2484 e 2545-duodecies c.c.)[83]. Vista la funzione di proteggere le trattative, pare lecito ritenere che tali misure possano avere un contenuto atipico.

L’art. 18 statuisce che:

(i) l’istanza di applicazione delle misure protettive deve essere pubblicata nel registro delle imprese (unitamente all’accettazione dell’esperto)[84];

(ii) dal giorno della pubblicazione, si producono automaticamente gli effetti richiesti: i creditori non possono acquisire diritti di prelazione, se non concordati con l’imprenditore, “né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa”;

(iii) dal giorno della pubblicazione dell’istanza e fino alla conclusione delle trattative (o all’archiviazione dell’istanza), non può essere pronunciata né sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, né di accertamento dello stato di insolvenza (salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive), non potendo peraltro i creditori interessati dalle misure protettive, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori[85].

La disposizione (comma 3) – interpolata dal d.lgs. 83/2022 – accorda all’imprenditore di instare affinché l’applicazione delle misure protettive sia limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori. Sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori.

La norma si preoccupa di specificare che la richiesta di applicazione di misure protettive non inibisce (art. 18, comma 1, ult. cpv.) i pagamenti che secondo la logica del sistema si riferiscono anche ai debiti anteriori all’istanza e non solo a quelli sorti successivamente. Per effettuare questi pagamenti – a conferma dell’assenza di uno spossessamento nella composizione negoziata - l’imprenditore, dunque, non deve munirsi di autorizzazione del giudice (disposta per ipotesi specifiche), senza che ciò possa minare la stabilità di tali atti. Cionondimeno per la trasparenza della dialettica che deve caratterizzare i rapporti interni alla composizione negoziata, pare consigliabile che l’imprenditore informi l’esperto anche di questi pagamenti.

Non è prevista la declaratoria di inefficacia dell’eventuali ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni antecedenti l’iscrizione dell’istanza di misure protettive, alcun richiamo essendo operato all’art. 46 comma 5 CCI[86].

Con riferimento al contenuto del ricorso con cui l’imprenditore richiede al Tribunale la conferma (o la modifica) delle misure protettive, “e ove occorre, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari” - inserite nella piattaforma telematica le dichiarazioni richieste dall’art. 18, comma 2 e che offrono un quadro rispetto ai procedimenti esecutivi (singolari e concorsuali) in corso - il CCI prevede (art. 19) che debba essere allegato alla richiesta[87]:

-            un progetto di piano di risanamento[88];

-            un piano finanziario per i successivi 6 mesi;

-            un prospetto delle iniziative che l’imprenditore intende adottare.

La protezione decorre dal giorno della pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure protettive, unitamente all’accettazione dell’esperto, nel registro delle imprese mail consolidamento degli effetti protettivi dipende dall’intervento dell’autorità giudiziaria[89] alla quale l’imprenditore (già protetto – ma temporaneamente - dal giorno della pubblicazione dell’istanza nel registro delle imprese) deve rivolgersi con ricorso depositato entro il giorno successivo[90] a quello della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, chiedendo la conferma o la modifica delle misure protettive o l’adozione di provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative[91], restando preclusa ex lege (dunque, indipendentemente dalla pronuncia giudiziale sulle misure protettive) - fino al completamento del percorso della composizione negoziata - una dichiarazione di fallimento[92].

L’esperto non deve semplicemente essere sentito. Il tribunale deve chiamarlo – nel contraddittorio che si viene ad instaurare[93] - a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative, potendo richiedergli anche “ una relazione sugli elementi utili alla valutazione dei presupposti per l’accesso alla composizione negoziata della crisi, alla situazione economico-finanziaria del ricorrente e alle prospettive di risanamento di quest’ultimo”[94].

È previsto inoltre (art. 19, comma 4) che il tribunale possa sentire i primi dieci creditori per ammontare del credito da ciascuno vantato. In questo procedimento “i legittimati passivi sono i soli creditori specificamente individuati dal ricorrente e concretamente limitati dalle misure richieste”[95].

Quanto ai poteri del tribunale[96] in ordine alla conferma delle misure protettive, viene esclusa la necessità della preventiva istanza del debitore perché il giudice possa limitare le misure a determinate iniziative intraprese o a determinati creditori o categorie di creditori (u. cpv. comma 4 art. 19). Indipendentemente, quindi, dall’oggetto dell’istanza dell’imprenditore, il tribunale – ascoltato sul punto l’esperto – potrà circoscrivere il raggio d’azione delle misure protettive.

Al Tribunale compete la verifica in ordine alla funzionalità e utilità dello strumento per uno svolgimento fluido delle trattive, valutando quindi se possa essere eccessivo o sproporzionato rispetto alla condizione in cui versa l’imprenditore e alle soluzioni che si stanno configurando nel dialogo tra le parti, dovendosi evitare l’applicazione di uno strumento che possa generare un sacrificio ingiustificato e/o eccessivo ai diritti dei creditori[97].

Il costo della ristrutturazione[98] è influenzato, infatti,anche dalle misure protettive e non solo dalle predededuzioni.

Se le misure protettive costituiscono supporto indispensabile all’operazione di risanamento[99], cionondimeno sono da considerarsi oggi pilastri essenziali i limiti segnati dal legislatore unionale (a partire dalla Raccomandazione della Commissione europea del 14 marzo 2014 per giungere alla Direttiva 2019/1023) e recepiti nel CCI: 1) la prescrizione di una durata massima delle misure protettive fissata per la CN in 240 giorni e 2) la previsione di una immediata conferma da parte del tribunale.

La ristrutturazione dell’impresa viable è favorita – e anche in tale direzione vanno le misure protettive[100] - ma per essere efficace sia per la stessa operazione che per i creditori deve giungere a compimento in tempi rapidi. La protezione è necessaria ma deve fare i conti con il diritto di credito che non può essere messo in un limbo per tempi lunghi e con la par condicio creditorum[101]. La misura protettiva deve essere valutata sulla base di un principio di proporzionalità, del minimo mezzo e di lesività non oltre lo stretto necessario delle aspettative creditorie.

La misura protettiva può essere “tagliata su misura” al caso concreto, limitandola ai creditori che stanno osteggiando con le azioni esecutive l’operazione e che, in tal modo, non consentono il rispetto della par condicio.

Questo percorso, disegnato in chiave privatistica e deformalizzata, si può innestare la presenza giudiziale con il compito di presidiare interessi, quelli dei creditori, che meritano pur sempre una tutela pubblica e che devono essere protetti al cospetto di iniziative strumentali che potrebbero essere attivate al solo fine di conseguire tempo, ma non un effettivo risanamento.

Ciò è quanto avviene in presenza della richiesta di misure protettive[102].

La concessione delle misure protettive deve essere frutto di un equo bilanciamento tra interesse dell’impresa “meritevole di risanamento” alla protezione e interesse dei creditori a non subire una compressione “inutile” dei propri diritti di credito[103].

D’altra parte, in tutta la disciplina della composizione negoziata possiamo individuare un sistema di “check and balance” che, in via principale, consente all’imprenditore di proseguire nella propria attività imprenditoriale nei limiti in cui la stessa appaia coerente con ragionevoli prospettive di continuità aziendale sempre che le manovre non provochino un eccessivo appesantimento delle ragioni dei creditori. Così, ad esempio, la legge riconosce all’esperto la possibilità di intervenire rispetto ad atti di straordinaria amministrazione che rechino un pregiudizio sproporzionato ai creditori (art. 21 commi 4 e 5). E’ la sproporzione del sacrificio che determina l’intervento dell’esperto.

Essendo l’esperto un “facilitatore” nell’ambito delle trattative, il potere di controllare l’attività dell’imprenditore e di (eventualmente) ingerirsi - seppure formalmente dall’esterno - nella gestione dell’impresa è limitato alle ipotesi più gravi, ossia quelle nelle quali - in dispregio dei principi di correttezza e buona fede - le scelte dell’imprenditore appaiono in contrasto con la tutela dei creditori, l’andamento delle trattative o le prospettive di risanamento. “Quando sono state concesse misure protettive o cautelari l’esperto, iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, procede alla segnalazione di cui all’art. 7, comma 6, ossia informa il tribunale ai fini della possibile revoca (art. 19, comma 6)”. Vale a dire ai fini della revoca delle misure.

La presenza dell’esperto nella “vicenda” delle misure protettive è fondamentale. Deve rilasciare un parere che muoverà dallo stato delle trattative; passando all’indicazione dell’attività svolta; per poi riferire in ordine all’esito del test pratico di cui all’art. 3 comma 2 per poi incentrarsi sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative. Tali misure devono essere “utili e proporzionali”.

L’utilità deve essere intesa in concreto nel senso che deve esservi coerenza tra ciò che chiede il debitore, il suo piano di risanamento in formazione e la concreta ed attuale possibilità di successo di quel piano. Nel contempo le misure richieste devono essere proporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti e quindi valutate anche con rispetto alla durata, vale a dire al “tempo necessario per assicurare il buon esito delle trattative”.

Il parere dell’esperto per la conferma delle misure protettive è, quindi, centrale per il tribunale dovendosi convincere: (i) che esiste una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris) e che (ii) le misure, nella gradazione necessaria (art. 19, comma 4 u.c.), sono funzionali a raggiungere quel risultato, sicché la loro assenza potrebbe pregiudicare il risanamento (periculum in mora)[104].

Si tratta di una delicata valutazione perché deve essere soppesata “l’utilità di un percorso che dovrebbe restituire valore e benessere collettivo ai consociati e nuove opportunità all’imprenditore, senza pregiudicare ingiustamente i creditori”[105].

L’Esperto – lungi dall’appiattirsi su ciò che è stato depositato[106] - deve compiere un’attenta analisi critica di ciò che l’imprenditore presenta e chiede rapportandola allo stato dell’impresa, l’orientamento emerso nelle trattative e le reali possibilità. Inoltre, dovrà anche procedere a verificare l’individuazione dei soggetti passivi destinati a subire gli effetti delle misure protettive. Tale esame – ha ritenuto la giurisprudenza[107] - deve essere condotto con riguardo ai creditori che abbiano posto in essere condotte dalle quali possa evincersi una posizione “antagonista” rispetto all’imprenditore che conduce le trattative. In altri termini, deve trattarsi di soggetti che possano assumere a stretto giro iniziative potenzialmente lesive del patrimonio del ricorrente e, quindi, tali che, in difetto di misure protettive, le trattative verrebbero vanificate.

Pare inoltre importante che l’esperto si esprima anche sullo stato delle trattative sia per quanto riguarda i tempi ancora necessari per giungere a una composizione sia per le probabilità di esito proficuo, per favorire il quale anche le misure protettive assumono significato potendo effettivamente bilanciare gli interessi in giuoco e non costituire, invece, elemento di ulteriore appesantimento dei diritti dei creditori. Come è stato efficacemente scritto, nella valutazione deve potersi riscontrare: “utilità e proporzionalità, laddove l’utilità va intesa in concreto nel senso che deve esservi sempre coerenza tra ciò che chiede il debitore, il suo piano di risanamento in formazione e la concreta ed attuale possibilità di successo di quel piano”[108].

Si tratta di un’analisi che muove dalla verifica del presupposto dell’intera composizione negoziata – la risanabilità dell’impresa e quindi le sue potenzialità – con il quale l’esperto (definito “primo argine rispetto a possibili strumentalizzazioni”[109]) deve fin dall’inizio fare i conti per poter dare avvio alle trattative. L’esperto effettua poi un monitoraggio continuo sulla persistente funzionalità e adeguatezza delle misure confermate dovendo prontamente reagire in presenza di “elementi fattuali che facciano apparire manifestamente impraticabile ogni forma di risanamento”[110].

L’esperto sarà sentito anche quando sia richiesta, a norma dell’art. 19, comma 5, la proroga della durata delle misure cautelari o protettive adottate, nel qual caso “egli dovrà anche esprimere il proprio parere in ordine alla sussistenza, a quella data, della praticabilità del risanamento ed alla esigenza di prorogare in funzione di esso le misure adottate”[111].

Infine, l’esperto dovrà esprimere il proprio punto di vista qualora sia formulata richiesta di revoca delle misure, ed è altresì legittimato egli stesso a chiederla.

In sostanza “l’articolato iter appena descritto, evidentemente dettato dalla necessità di scongiurare abusi, impone all’esperto un’attenta vigilanza, costituendo egli il primo argine rispetto a possibili strumentalizzazioni, che si declinerà nella verifica dell’osservanza di questa scansione procedimentale, e nella tempestiva segnalazione del verificarsi di una causa di perdita di efficacia della misura protettiva”[112].

 

8. Le trattative nei gruppi di imprese

Il legislatore del Codice della crisi, sulle orme della Legislative Guide on Insolvency Law di Uncitral ai quali altri ordinamenti (in prevalenza di common law) si erano già conformati, ha colmato un vuoto legislativo in tema di crisi e insolvenza del gruppo di imprese[113].

A conclusione di un lungo dibattito[114] il legislatore ha aderito all’impostazione secondo cui più imprese appartenenti ad un gruppo possano accedere con unico ricorso allo stesso strumento per risolvere la crisi, offrendo una disciplina “dedicata” che muove dalle trattative per approdare agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, sia infine alla liquidazione giudiziale. A tal fine il Codice contiene una disciplina della composizione negoziata che reca disposizioni specificatamente indirizzate al gruppo (art. 25 “Conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese” e art. 22 dove al comma 1, lett. c) è posta la disciplina dei finanziamenti infragruppo realizzati nell’ambito del percorso protetto, regolato e guidato per le trattative)[115].

A questa disciplina segue quella di cui al Titolo VI dedicata alla regolazione della crisi o dell’insolvenza e poi alla liquidazione giudiziale del gruppo è rivolto il titolo VI del CCII [116]. In ogni modo il Codice della crisi è rimasto legato (artt. 284 e 287) alla inevitabile separazione delle masse attive e passive[117] che rimane con un dato imprescindibile della nostra impostazione sulla soluzione della crisi di gruppo, come del resto è in una delle discipline che hanno ispirato il legislatore del CCI(art. 4-bis, comma 2, d.l. 347/2003) e come la legge delega 155/2017 confermava, prevedendo soltanto la facoltà di proporre con unico ricorso la domanda di ammissione al concordato preventivo o alla liquidazione giudiziale.

Nelle norme sopra richiamate il legislatore assume due nozioni che si rinvengono nel primo comma dell’art. 2 CCII: quella di “gruppo di imprese” di cui alla lett. h – dove è riprodotta la definizione contenuta nell’art. 13, c. 1, D.L. n. 118/2021) - e quella di “gruppi di rilevanti dimensioni”, di cui alla lett. i).

Centrale è la definizione di “gruppo di imprese” come «l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545 septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica»[118]. La stessa disposizione prosegue statuendo che «a tal fine si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci oppure dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto»[119].

La configurazione del gruppo poggia sulla nozione di direzione e coordinamento che si rinviene negli artt. 2497 ss. c.c., “mutuando dalla disciplina codicistica la presunzione relativa di esercizio dell’eterodirezione fondata sull’obbligo di redigere il bilancio consolidato e sul rapporto di controllo, di cui all’art. 2359 c.c., che nella norma in esame viene ora estesa anche all’ipotesi di controllo congiunto[120].

La richiamata definizione - allineata a quella già contemplata nell’art. 13 del D.L. n. 118 – costituisce, quindi, la base della disciplina della composizione negoziata e degli strumenti per la crisi e l’insolvenza di gruppo contenuta nel codice della crisi.

Rivolgendoci al tema di questo paragrafo, possiamo in estrema sintesi affermare che la Composizione negoziata di “gruppo” è attivabile dalleimpreseappartenentiadunmedesimogruppoe consente lagestionedelletrattativeconicreditoridellevariesocietàdapartediununicoesperto. Siamo dinanzi ad una facoltà di accesso unitario alla CN concessa alla singola impresa, tanto ciò è vero che è previsto anche che l'impresa possa non avvalersi di tale opportunità.

La composizione negoziata può infatti declinarsi secondo due diverse modalità. Può avvenire che l'istanza di accesso a questo percorso sia presentata congiuntamente da due o più imprese del gruppo chiedendo la nomina di un unico esperto che condurrà unitariamente la gestione delle trattative.

Può, però, anche avvenire che le imprese appartenenti ad un medesimo gruppo presentino più istanze separate ed in questo caso gli esperti nominati potranno proporre la conduzione unitaria della composizione negoziata per tutte o per talune delle imprese del gruppo avendo come guida l'esperto nominato di comune accordo[121].

È l’articolo 25 del Codice che disciplina la conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese, al fine di prevedere la possibilità che la composizione negoziata si svolga in forma unitaria. Al fine dell’applicazione di questa disciplina, la norma prevede alcuni presupposti.

Possono chiedere al segretario generale della camera di commercio (ove è iscritta la società che esercita l’attività di direzione e coordinamento oppure l’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria) la nomina di un unico esperto indipendente di cui all’articolo 12, comma 2, più imprese:

·            che si trovano nelle condizioni indicate nell’articolo 12, comma 1 (squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa)[122];

·            appartenenti al medesimo gruppo;

·            che hanno, ciascuna, il proprio centro degli interessi principali nel territorio dello Stato italiano[123].

In presenza di tali presupposti la legge dispone “una opportunità rimessa alle società coinvolte (ciò implica una deliberazione in tal senso da parte delle singole imprese) – e, dunque, in linea di principio, a una decisione discrezionale dell’ente che esercita direzione e coordinamento – e che si traduce, a monte, in un atto di indirizzo della capogruppo e in un eventuale specifico accordo fra le società coinvolte e, a valle, in una istanza unitaria per la nomina di un unico esperto, cui consegue l’accentramento in un unico tribunale della competenza all’adozione delle misure protettive e cautelari per tutte le entità del gruppo”[124]. La presentazione dell’istanza unitaria fa sì che la gestione unitaria delle trattative sia affidata a un solo esperto.

L’istanza per la nomina dell’esperto sarà presentata dalla capogruppo presso la CCIAA ove è iscritta la società o l’ente, avente il proprio centro di interessi principali nel territorio dello Stato e che, in base alla pubblicità prevista nell’art. 2497-bis c.c., esercita l’attività di direzione e coordinamento. “La presenza della sede legale in Italia, ma non del Comi virgola non consentirà l'accesso alla composizione negoziata”[125].

In assenza di tale presupposto (nei casi in cui la capogruppo non verrà coinvolta o nei casi in cui non si possa ricorrere al criterio della pubblicità ex art. 2497-bis c.c.), l’istanza sarà presentata alla CCIAA dove l’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria, - come risultante dalla voce D del passivo dello stato patrimoniale di cui all’art. 2424 c.c., in base all’ultimo bilancio approvato e inserito nella piattaforma telematica nazionale – ha, nel territorio dello Stato, il centro degli interessi principali.

L’art. 25 CCI, preoccupandosi di assicurare la completezza delle informazioni sulla conformazione del gruppo, esige che sia inserita nella piattaforma telematica (di cui all’art. 13) oltre alla documentazione indicata nell’articolo 17, comma 3, una relazione analitica contenente i dati identificativi della struttura del gruppo, dei vincoli partecipativi contrattuali, con l’indicazione del registro o dei registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell’art. 2497 - bis c.c. e, ove redatto, il bilancio consolidato. In tal modo l’esperto può ricostruire l’interconnessione finanziaria e le relazioni contrattuali e patrimoniali esistenti tra le diverse imprese o società appartenenti al gruppo.

La nomina dell’esperto indipendente (comune) ha luogo con le modalità fissate nell’art. 25 e dovrà assolvere i propri compiti in modo unitario per tutte le imprese che hanno presentato l’istanza[126], salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative (art. 25, comma 5, CCI).La valutazione è demandata esclusivamente all’esperto e il decreto dirigenziale 28 settembre 2021 informa come essa possa essere effettuata anche successivamente all’avvio delle trattative, qualora, ad esempio, le imprese rendano eccessivamente gravosa la conduzione unitaria non mettendo l’esperto in condizione di disporre di flussi informativi adeguati (3.4.).

In questo caso l’esperto può decidere – con discrezionalità che potrebbe essere in contrasto con quanto il proponente aveva deciso[127] - che le trattative si svolgano per singole imprese. Pare condivisibile ritenere che “il criterio predetto” - della gravosità – “richiede la presenza di ragioni oggettive non soggettive e, in caso di disaccordo tra esperto ed imprenditore, non si può escludere che il proponente decida di ricorrere all'autorità giudiziaria competente, anche in via d'urgenza, qualora ne sussistano i presupposti”.

È stato ritenuto che la decisione di proseguire in forma individuale la composizione negoziata di gruppo potrebbe rendere necessaria la presentazione, da parte di ciascuna società, di una propria istanza per la nomina dell'esperto alla Camera di Commercio competente, non trovando più applicazione, nel caso in questione, la norma di cui al comma 2 dell'articolo 25[128].

È anche previsto, però, che avviata la gestione atomistica delle trattative e con differenti esperti, questi ultimi, sentiti i richiedenti e i creditori, propongano che la composizione negoziata si svolga unitariamente ovvero per più imprese specificatamente individuate, vale a dire per sottogruppi di imprese. Al verificarsi di quest’ultima ipotesi, risulta con una certa evidenza l’importante potere decisionale attribuito agli esperti che, di fatto, possono sostituire la propria decisione alle deliberazioni precedentemente assunte da ciascuna impresa.

“La rinuncia alla conduzione unitaria della trattativa andrà peraltro soppesata con adeguata cautela: i potenziali corollari virtuosi che discendono da quest’ultima tendono invero a far trascolorare l’attivazione dell’art. 25 CCII da mera opportunità ad onere per poter usufruire degli importanti vantaggi che si correlano alla composizione negoziata di gruppo.

Nulla vieta, in linea astratta, alle imprese del gruppo di optare per una pluralità di istanze atomistiche: una opzione verso la quale gli organi delle società coinvolte potrebbero inclinare in particolare nei gruppi a conduzione fortemente decentrata, caratterizzati da un elevato tasso di autonomia della gestione o da un elevato tasso di disomogeneità fra le attività economiche delle imprese che ne fanno parte; o, ancora, in contesti nei quali i segnali di crisi risultino effettivamente circoscrivibili entro un settore limitato, che potrebbe in ipotesi coincidere con una o alcune delle singole entità soggettive in cui il gruppo è articolato[129] .

La disciplina del CCI non offre, tuttavia, indicazioni né su un eventuale procedimento da seguire per la raccolta dei consensi degli esperti né sull’individuazione di criteri che potrebbero giustificare il mutamento della conduzione delle trattative da atomistica a unitaria.

Alcune indicazioni possono essere tratte dall’art. 2 del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 dove - nella sezione III dedicata al protocollo per la conduzione delle trattative, e più specificatamente nel par. 3 dedicato al gruppo di imprese – è previsto che, in caso di presentazione di distinte istanze, gli esperti nominati dovranno sentire i richiedenti e i creditori con i quali sono in corso le trattative e valutare congiuntamente l’opportunità o meno di una trattazione unitaria condotta da un unico esperto.

In tal caso, è opportuno che gli esperti diversi da quello designato alla prosecuzione della composizione negoziata (individuato, - comma 7 dell’art. 25 - per sventare eventuali conflitti, nella prevalenza dell’esperto nominato sulla base dell’istanza presentata per prima) trasmettano tempestivamente a quest’ultimo la relazione sull’attività già svolta (3.6.).

In ogni modo occorre ipotizzare che le separate istanze potrebbero essere state presentate dinanzi a CCIAA differenti alle quali seguirà la nomina di distinti esperti.

Sul punto il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 (sezione III, 3.7.), in linea, con quanto previsto nell’art. 288 CCII in relazione alla cooperazione tra gli organi di gestione nominati nelle procedure cui risultino assoggettate separatamente più imprese appartenenti al medesimo gruppo, precisa che, “qualora non si intraveda la possibilità di ”riunire” la conduzione delle trattative in capo all’unico esperto individuato di comune accordo, ovvero, in caso di assenza di accordo, in capo all’esperto nominato a seguito della prima istanza presentata, sarà comunque necessario che ciascuno esperto solleciti l’impresa per la quale è stato designato (e, se del caso, l’impresa esercitante la direzione e il coordinamento) a facilitare lo scambio di flussi informativi che ritenga necessari per la più efficace conduzione delle trattative (ad esempio, informazioni occorrenti per la riconciliazione delle partite creditorie e debitorie, le previsioni in ordine ai reciproci rapporti economici e finanziari, i rischi di escussioni di garanzie concesse nell’interesse dell’impresa da altra impresa del gruppo)”[130].

Questa ora illustrata è senza dubbio l'ipotesi più problematica essendo rimesso – senza limite di tempo - alla decisione degli esperti nominati separatamente di optare per la formula della conduzione unitaria “il che presuppone il preventivo (e non certo agevole) accertamento da parte degli stessi di legami tra le imprese aspiranti alla composizione negoziata, tali da rendere scarsamente proficua la strada della composizione atomistica, che pure le imprese interessate, nell'esercizio della propria autonomia imprenditoriale, avevano valutato come coerente con le rispettive esigenze e con le peculiarità della specifica aggregazione di gruppo”.

Occorre, infine, osservare sulla questione che dalle norme (art. 25 commi 5 e 7) non emerge alcuna possibilità di contestazione da parte delle imprese investite dalle scelte discrezionali dell’esperto[131].

A conferma da una parte della finalità della composizione negoziata di risanare tempestivamente l’impresa e dall’altra dell’elevato grado di discrezionalità riconosciuto all’esperto, l’art. 25, c. 6, prevede che possa invitare alle trattative anche imprese del gruppo che non si trovino nelle condizioni indicate dalla normativa per l’accesso alla composizione negoziata (per es. a imprese in bonis facenti parte del gruppo ovvero a imprese non aventi il COMI nel territorio dello Stato)[132].

Al riguardo, il decreto ministeriale del 28 settembre 2021 specifica che l’invito dell’esperto alle imprese che non si trovino in condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario – invito per il quale non è richiesta alcuna motivazione[133] - potrebbe essere loro rivolto per poter disporre del contributo di questi soggetti ai fini dell’individuazione di una conclusione positiva delle trattative come nel caso in cui alcune imprese abbiano concesso garanzie nell’interesse del debitore ovvero in presenza di un loro interesse nel risanamento dello stesso (3.5.); in definitiva per rendere più efficienti le trattative e il successo della composizione negoziata[134].

La partecipazione alla vicenda di alcune imprese in bonis potrà avere la finalità, verosimilmente, di offrire supporto operativo, finanziario o anche di semplice patronage alle trattative intraprese o che si vanno ad intraprendere”[135].

Ciò che deve essere chiaro è che la chiamata al tavolo delle trattative delle imprese in bonis del gruppo non importa coinvolgimento nella composizione negoziata che rimane riservata alle sole imprese in crisi. Ciò, con tutta evidenza, impedisce di strutturare un piano che coinvolga sinergicamente anche imprese in bonis (le quali, come sopra è già stato segnalato, possono evidentemente “partecipare” al piano apportando finanziamenti o garanzie, ma non ne sono parte)[136].

Le imprese chiamate in causa, però, “destinatarie di un mero invito”, potrebbero declinarlo rimanendo estranee al le trattative, così come potrebbero essere loro ad offrirsi spontaneamente “senza che la loro iniziativa possa incontrare ostacoli nei poteri di conformazione delle parti del negoziato attribuiti all’esperto”[137]. Naturalmente, trattandosi di imprese in bonis, non si produce alcun effetto sugli atti posti in essere dall’impresa per il fatto di partecipare alle trattative. Ciò almeno fino a quando essa non decida, individualmente o nel contesto della procedura di gruppo, di chiedere l'accesso alla composizione negoziata[138].

Momento cruciale della CN sia nell’impresa monade che nel gruppo è costituito sia dalla domanda di misure protettive o cautelari[139]. A tal fine ciascuna – sulla base del principio di separazione delle masse attive e passive – ciascuna impresa deve presentare istanza motivata, non essendo ammessa domanda in via unitaria.

Queste devono essere confermate dal tribunale competente[140], vale a dire dal tribunale individuato ai sensi dell’art. 27 CCII rispetto alla società o all’ente che in base alla pubblicità di cui all’art. 2497 - bis c.c. esercita l’attività di direzione e coordinamento, oppure, in mancanza, rispetto all’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria.

Il legislatore, tenendo conto della dimensione unitaria di gruppo e della necessità di reperimento di risorse interne, all’art. 13 comma 9 prevede che i finanziamenti eseguiti in favore di società controllate oppure sottoposte a comune controllo in qualsiasi forma pattuiti dopo la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 2 comma 1 sono esclusi dalla postergazione di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.

Tale favor per il sostegno finanziario infragruppo nel contesto della composizione negoziata della crisi è soggetto alla condizione che l’imprenditore abbia informato l’esperto e che egli non abbia segnalato che l’operazione può arrecare pregiudizio ai creditori ed abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese. Qualora l’esperto manifesti dissenso gli accordi di sostegno finanziario e gli atti esecutivi di essi non saranno esentati dal regime delle azioni revocatorie in caso di apertura successiva di una procedura concorsuale

 

9. La gestione dell’impresa in pendenza delle trattative e il ruolo dell’esperto

Il cambiamento di impostazione verificatosi nell’ordinamento delle crisi d’impresa che oggi vede la continuità[141] come obiettivo da perseguire ogni volta che l’impresa, in crisi o in stato d’insolvenza, sia risanabile, ha indotto il legislatore a prendere in considerazione l’introduzione di principi flessibili per la “gestione dell’impresa” durante percorsi (come la composizione negoziata) o strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza, iniziando ad abbandonare il regime autorizzatorio per atti, tipico di un regime imperniato sull’ e sull’effetto dello spossessamento quale mezzo nel contempo per sanzionare il debitore e tutelare i creditori da possibili atti dispersivi del patrimonio durante procedure concorsuali dalla natura più o meno marcatamente esecutiva.

La gestione dell’impresa - durante la ricerca, l‘elaborazione di una soluzione o quando lo strumento è nella fase applicativa in attesa dell’omologazione[142] - emerge adesso come momento dinamico e imprescindibile negli strumenti in cui si ragiona (sopra) o già si imposta una sistemazione negoziale della crisi.

Il Codice della crisi porta una “nuova” attenzione sulla gestione dell’impresa in quattro norme: l’art. 4, comma 2 (Doveri delle parti); l’art. 16 (Requisiti di indipendenza e doveri dell’esperto e delle parti); art. 21 (Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative) e (anche) art. 64-bis, commi 5 e 6 (Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione).

Il mutamento di rubrica dell’art. 21 – avrebbe potuto essere “Effetti” o “Amministrazione del patrimonio” - e dell’accento posto nelle altre norme sopra citate non è allora né casuale, né privo di significato.

Al contrario è denso di implicazioni che vanno dall’acquisita centralità del momento gestorio anche nella fase di applicazione di uno strumento per risolvere la crisi, alla svalutazione dell’aspetto sanzionatorio degli effetti per il debitore (sia nelle procedure strettamente liquidative che in quelle compositive) alla spinta verso una limitata presenza sia del practitioner (organo emanazione del giudice) sia dell’autorità giudiziaria.

Ciò non significa libertà incondizionata di gestione, quanto piuttosto evoluzione del controllo su di essa. Non si imbriglia la gestione come non si manda esente da conseguenze in punto di responsabilità l’imprenditore che abbia operato incurante degli obiettivi e dei diritti delle parti. A tal fine la legge pone canoni comportamentali generali e canoni specifici a seconda dello stadio dell’iter verso la soluzione della crisi (composizione negoziata, procedimento di accesso agli strumenti e fase procedimentale).

L’informazione da parte dell’imprenditore/debitore da una parte e il potere di reazione del suo interlocutore (esperto o commissario) con conseguenze variamente modulate, caratterizzano la disciplina della gestione dell’impresa nella composizione negoziata (il tema che qui ci occupa) e nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologa (al quale facciamo soltanto un cenno).

La disciplina della gestione dell’impresa nel corso delle trattative che si dipanano durante la “Composizione negoziata” costituisce un angolo di osservazione privilegiato dal quale riflettere su questo percorso protetto, regolato e agevolato[143] nel quale un imprenditore si può volontariamente immettere quando “si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente prevedibile il risanamento dell’impresa” (art. 12), anziché avventurarsi nel più insidioso sentiero di trattative stragiudiziali “a schema libero”[144] - alle quali la Composizione negoziata costituisce un’alternativa[145] - magari rafforzato da una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ex art. 44.

Questo percorso messo a disposizione di ogni imprenditore – a prescindere dall’oggetto e dalla dimensione – è peculiare quanto vantaggioso. L’imprenditore che voglia affrontare tempestivamente – e forse efficacemente – una situazione di incipiente difficoltà può sfruttare la “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa” - introdotta dal d.l. 118 (conv. nella L. 147/2021/ e recepita dal CCI per opera del d.lgs. 83/2022 – conseguendo alcuni effetti profittevoli automatici che si “ribaltano” in positivo sulla gestione della propria impresa nella fase delle trattative[146]:

i)          la conservazione da parte dell’imprenditore della gestione dell’impresa con i relativi poteri sia per l’ordinaria che per la straordinaria amministrazione[147];

ii)        il conseguimento di “misure premiali” di carattere fiscale (art. 25-bis): divengono operative a far seguito dell’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto;

iii)      la sospensione degli obblighi di capitalizzazione di cui agli articoli 2446 e 2447 cod. civ. (articolo 20). L’effetto si produce a seguito di semplice “dichiarazione” dell’imprenditore di volerne approfittare, e – a sua scelta – o da subito (“con l’istanza di nomina dell’esperto”), ovvero dal successivo momento preferito (“o con dichiarazione successivamente presentata”);

iv)      una più accentuata garanzia di “riservatezza” alla quale tutte le parti coinvolte sono tenute (art. 16, u. co.). Riservatezza che si infrange solo per iniziativa dello stesso imprenditore (domanda di conferma di misure o autorizzazioni ex art. 22 o compimento di atti di straordinaria che provochino reazione dell’esperto);

v)        l’opportunità di conseguire – sia pure a determinate condizioni – le misure protettive e cautelari, l’assunzione di finanziamenti prededucibili o la cessione d’azienda o di suoi rami, con il beneficio dell’esenzione della solidarietà passiva, ex art. 2560 c.c.

Venendo al tema – la gestione dell’impresa nella composizione negoziata – intanto osserviamo che l’art. 21 CCI – come ci ricorda la sua rubrìca – è funzionale alla proficua conduzione delle trattative per superare la situazione di squilibrio e giungere al risanamento dell’impresa, tratteggiando, come vedremo, i doveri gestori con una previsione generale a geometria variabile.

L’imprenditore non incontra limitazioni salvo quelle che egli decida di accettare per favorire l’andamento delle trattative. Ciò è in linea con la natura della composizione negoziata: non è una procedura concorsuale, bensì un percorso nel quale – sussistendo i presupposti - possono incardinarsi con le “parti interessate” (e non soltanto con i creditori) trattative, agevolate da un esperto indipendente, terzo imparziale, facilitatore, equidistante dalle parti.

La CN si presenta, infatti, come un percorso durante il quale si cerca di elaborare una via d’uscita dalla crisi. La mente non può non correre all’abrogata amministrazione controllata (disciplinata negli artt. da 187 a 193 della legge fallimentare) – procedura concorsuale che costituiva un momento di “sospensione” in attesa che, una volta chiusa, fosse magicamente ripristinata la solvibilità.

Era quasi un “non facere” anche se la gestione proseguiva ma, a differenza della CN, non era un percorso strutturato né con cadenze, né con indicazioni operative su possibili trattative. Il contenuto dell’AC era il controllo[148]. L’imprenditore in stato di spossessamento attenuato era sottoposto a controlli anche incisivi con possibile sostituzione dell’imprenditore da parte del commissario giudiziale[149].

Come si presenta il sistema della gestione dell’impresa in questo percorso protetto, agevolato e regolato della CN?

Le trattative devono svolgersi nel binario della buona fede e correttezza e a tal fine la gestione dell’impresa, se pur libera da vincoli non trattandosi di procedura concorsuale, deve cionondimeno seguire alcuni principi che possono sussumersi in un dovere di informazione dell’esperto e in obbiettivi vincolati (v. artt. 16, co.4 e 21).

In questo percorso l’autonomia gestionale dell’imprenditore non è scalfita neppure dall’inserimento di eventuali momenti giurisdizionali sollecitati da richieste dello stesso imprenditore. L’estraneità della CN al circuito giudiziale[150] “implica un arretramento dell’intervento giurisdizionale”[151] e rispetto ai poteri gestori dell’imprenditore è confermata dall’assenza di un regime autorizzatorio come, peraltro, si ritrova nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologa[152].

Il legislatore della composizione negoziata, nell’intento di non ingessare la conduzione dell’impresa con un regime autorizzatorio, consegna all’imprenditore (art. 21) per un verso una serie di criteri funzionali al risanamento dell’impresa (sostenibilità) e alla tutela dei creditori (prevalente interesse dei creditori), per l’altro, indicazioni circa il dialogo che (almeno) su determinati atti gestori deve instaurarsi tra imprenditore ed esperto.

Il primo comma dell'articolo 21 fissa, dunque, i criteri di massima che l'imprenditore è tenuto a rispettare nell'ambito delle trattative per consentire il risanamento dell'impresa e tutelare i creditori. In particolare, l'imprenditore, in caso di ricorrenza di un attuale stato di crisi, deve improntare la gestione dell'impresa in modo da salvaguardare la sostenibilità economico-finanziaria dell'attività, così da mantenere l'equilibrio economico-finanziario non solo nel breve ma anche nel medio termine[153].

Nell'ipotesi in cui nel corso della composizione negoziata risulti, però, che l'imprenditore è insolvente ma sussistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso deve fare in modo che la gestione dell'impresa persegua il prevalente interesse dei creditori.

Nel caso di incapacità patrimoniale che si concretizza nell’incapacità di onorare regolarmente delle proprie obbligazioni, si chiede dunque all'imprenditore – che non produce a suo carico alcun spossessamento neppure attenuato - di organizzare la gestione in modo da consentire il soddisfacimento quanto più possibile delle pretese creditorie.

Queste previsioni si pongono in un continuum con quella di cui all'articolo 2086 comma 2, c.c., per la quale l'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, così come con quella di cui all'articolo 2486 comma 1, c.c., per la quale, al verificarsi di una causa di scioglimento, gli amministratori conservano il potere di gestire la società, ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale.

Il rispetto dei criteri di gestione sopra indicati è nel complesso funzionale ad assicurare all'imprenditore l'ordinata prosecuzione delle trattative, ed evitare l'eventualità che l'esperto si formi un'opinione negativa sul possibile esito delle stesse e suggerisca l'archiviazione della procedura. Il secondo comma dell'articolo 21 dispone, infatti, che l'imprenditore debba informare preventivamente l'esperto del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell'esecuzione dei pagamenti che non siano coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento[154].

Gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione[155] che necessitano di preventiva comunicazione all'esperto da parte dell'imprenditore sono quelli che modificano o alterano la consistenza del patrimonio su cui incidono, in particolare in tema di crisi di impresa il perimetro degli atti di straordinaria amministrazione è stato precisamente delimitato dalla giurisprudenza: sono gli atti idonei ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determinano la riduzione ovvero lo gravano di vincoli e di pesi cui non corrisponde l'acquisizione di utilità reali prevalenti su questi[156].

Costituiscono invece atti di ordinaria gestione, non soggetti a preventiva comunicazione, quelli strettamente aderenti alle finalità e alle dimensioni del suo patrimonio, che - ancorché comportanti una spesa elevata - lo migliorino o anche solo lo conservino, nonché quelli relativi alla prosecuzione dei rapporti negoziali pendenti, ove inerenti alla gestione caratteristica dell'impresa e non incidenti in modo innovativo sul suo patrimonio[157]. Ne discende che la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione dovrà essere valutata di volta in volta, alla luce dell'attività concretamente svolta dall'impresa, della sua dimensione, della natura dell’atto e della sua incidenza sul patrimonio aziendale[158].

In questo binario come deve muoversi l’imprenditore? Questi deve seguire alcuni principi che possono sussumersi in un dovere di informare l’esperto che – quasi in un contrappunto – può manifestare la sua contrarietà all’atto fino ad incidere sulle trattative ma, comunque, non sull’atto. All’imprenditore corrisponde il dovere di disclosure mentre l’esperto è investito del compito dirispondere segnalando/ammonendo circa la potenzialità dell’atto a pregiudicare i creditori, le trattative e le prospettive di risanamento.

Nella fase delle trattative a seguito della segnalazione dell'atto deve essere seguito il procedimento disciplinato dai commi 3 e 4 dell'articolo 21. Cosa fa l’esperto rispetto alla conduzione dell’impresa del debitore? Monitora se sussistono le condizioni di risanabilità e sorveglia che la gestione dell’impresa non pregiudichi l’andamento delle trattative compromettendo il risanamento e, quindi, recando pregiudizio all’interesse dei creditori.

Anzitutto, l'esperto deve, quindi, segnalare per iscritto all'imprenditore e all'organo di controllo (se nominato) l'atto che ritiene possa recare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento.

Relativamente al pregiudizio ai creditori il decreto dirigenziale (nella sezione terza. 7.6) evidenzia che l'esperto tiene anche conto della sostenibilità economico finanziaria dell'impresa e dei vantaggi per i creditori derivanti, secondo una ragionevole valutazione prognostica, dalla continuità aziendale.

Non ricorre alcun pregiudizio, ad esempio, quando i finanziamenti richiesti siano necessari ad assicurare la continuità aziendale e l'impresa sia in grado di rimborsare gli stessi attraverso i soli flussi derivanti dalla prosecuzione dell'attività.

Vi è viceversa pregiudizio, ad esempio, quando le utilità per i creditori vengano compromesse, anche solo parzialmente, dalla maggiore esposizione debitoria derivante dal finanziamento (Sezione terza. 7.9)

 L'imprenditore può fornire chiarimenti in proposito, come segnala il decreto dirigenziale al punto 7.9 della sezione terza e quando ritenga ugualmente di compiere l'atto nonostante la predetta segnalazione, l'esperto, con atto non impugnabile, puoi scrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese nei successivi 10 giorni. Tale facoltà diviene invece un preciso dovere quando l'atto di gestione compiuto pregiudica gli interessi dei creditori.

Nel caso in cui l'esperto ometta la segnalazione di cui al comma 3 ovvero l'iscrizione di cui al comma 4, si forma il tacito assenso sull'atto di gestione da parte dell'esperto.

Nell'ipotesi in cui l'imprenditore ometta di comunicare il compimento dell'atto, il decreto dirigenziale, alla sezione terza. 7.10, prevede che l'esperto, venuto a conoscenza dell'atto del pagamento, possa esprimere in ogni momento il proprio dissenso, se ne sussistono i presupposti, attraverso l'iscrizione nel registro delle imprese.

Se nonostante la segnalazione dell’esperto l’atto venga egualmente compiuto, il potere dell’esperto assume un’incisività superiore sigillando l’opposizione con l’iscrizione nel registro delle imprese – obbligatoria se l’atto è fonte di pregiudizio per i creditori – e, in presenza di misure protettive, con segnalazione al tribunale. In tal caso la censura sull’atto si riflette sulla composizione negoziata in atto con possibili pesanti conseguenze secondo quanto raffigurato nel comma 6 dell’art. 19 CCI.

L'iscrizione nel registro delle imprese del dissenso dell'esperto rispetto agli atti compiuti è, dunque, gravida di pesanti conseguenze per l'imprenditore.

Innanzitutto, la segnalazione implicherà ragionevolmente la perdita di credibilità dell'imprenditore nei confronti dei creditori e del fallimento delle trattative in corso: ne discende che, nella sostanza, anche se non formalmente, il compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte dell'imprenditore rimane fortemente condizionato dalle valutazioni dell'esperto.

Sotto differente profilo, l'iscrizione del dissenso nel registro delle imprese ha come effetto quello di rendere pubblica la procedura, che - di per sé - è caratterizzata da riservatezza. Ma non solo.

Con l’esercizio di questo potere che può culminare nell’iscrizione del dissenso nel R.I. – nel caso in cui non vi fosse stata ancora richiesta da parte dell’imprenditore con conferma da parte del tribunale di misure protettive – si apre una breccia nella riservatezza (uno dei caratteri appetibili della CN) mentre nel caso in cui la protezione fosse stata acquisita, grazie alla segnalazione dell’esperto al giudice che ha emesso i provvedimenti di cui al comma 4 dell’art. 19, si incrina la campana di vetro sotto la quale stavano avvenendo le trattative, potendo il giudice revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviarne la durata, alla luce del comportamento dell’imprenditore risultando inutili al buon esito di trattative, probabilmente già compromesse, e pregiudizievoli per i creditori.

Ma c’è di più perché da un lato art. 24, co. 3) “Gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 165 e 166 se, in relazione ad essi, l’esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 21, comma 4, o se il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell’articolo 22” e, dall’altro, se “Le disposizioni di cui agli articoli 322, comma 3, e 323 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto in coerenza con l’andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell’impresa valutata dall’esperto ai sensi dell’articolo 17, comma 5”, tale esenzione viene meno quando siano state effettuate le iscrizioni previste dall'articolo 21, comma 4.

Si consideri, inoltre, che l'articolo 24, comma 4, prevede la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti, norma questa che è all'evidenza si riferisce anche agli atti posti in essere nonostante la segnalazione per iscritto dell'esperto e per i quali è stato regolarmente iscritto il dissenso. Quella contemplata dall'articolo 24 è una responsabilità civile per violazione, non solo dei doveri di informazione imposti dall'articolo 21, ma anche dei più generali doveri comportamentali di buona fede e correttezza (art 16, comma 4) e di gestire il patrimonio e l'impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori.

Il risarcimento sarà misurato al pregiudizio causato agli interessi dei creditori.

In ipotesi di atti posti in essere in pregiudizio dei creditori per i quali eventualmente sia intervenuta l'iscrizione del dissenso si potranno inoltre configurare eventuali responsabilità penali dell'imprenditore, ricavabili a contrario dall'ultimo comma dell'articolo 24, laddove si prevede l'inapplicabilità dei reati di bancarotta fraudolenta e di bancarotta semplice per i pagamenti e le operazioni compiute nel periodo successivo all'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto, effettuati in coerenza con l'andamento delle trattative nella prospettiva del risanamento dell'impresa nonché per gli atti autorizzati dal tribunale a norma dell'articolo 22.

L’autonomia privata, così confermata in termini illimitati (come riferisce anche la Relazione al provvedimento normativo in esame), registra talora dei “controlli” (misure protettive, cessione d’azienda e finanziamenti; ed è accompagnata talvolta da “integrazioni”: ma in nessun caso con l’effetto di condizionare la validità giuridica ovvero la opponibilità ai terzi dell’atto interessato.

Esso non è meno valido ed opponibile di quanto lo sarebbe nel contesto di una “trattativa stragiudiziale” tradizionale, dovendosi continuare a fare applicazione del principio dettato dall’art. 2086 cod. civ. Per tale ragione si può affermare il principio secondo il quale la procedura di Composizione negoziata della crisi d’impresa è improntata al principio della autonomia privata illimitata dell’imprenditore.

A chiusura possiamo condividere l’osservazione secondo cui i commi 3 e 4 dell’art. 21 CCI delineano nel loro complesso un sistema di check and balance[159] che, da un lato, consente all'imprenditore di proseguire nella propria attività imprenditoriale nei limiti in cui la stessa appaia coerente con ragionevoli prospettive di continuità aziendale, dall'altro, riconosce all'esperto la possibilità di intervenire rispetto a condotte pregiudizievoli, segnalando la propria contrarietà[160].


* Il presente contributo è destinato, con alcune variazioni, a un volume collettaneo diretto da Michele Monteleone. 

[1] 

 Sulle applicazioni giurisprudenziali del nuovo istituto v., da ultimo, AMBROSINI, La composizione negoziata compie un anno: breve itinerario fra le prime applicazioni, in Ristrutturazioni aziendali, 12 dicembre 2022.

[2] R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze, in Dir. della crisi, 11 gennaio 2022.


[3] S. AMBROSINI, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in Ristrutturazioni aziendali, 23 agosto 2021, 21.

[4] Nel sistema della composizione negoziata la costituzione di questo albo (definito elenco degli esperti) è centrale, L. CALCAGNO, La figura dell’esperto, in Dir. della crisi, 25 gennaio 2022.

[5] Il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 è composto da cinque sezioni, rispettivamente concernenti:

·            Sezione I “Test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento” disponibile on line,

·            Sezione II “Check-list (lista di controllo) particolareggiata per la redazione del piano di risanamento per la analisi della sua coerenza”,

·            Sezione III “Protocollo di conduzione della composizione negoziata”,

·            Sezione IV “La formazione degli esperti”,

·            Sezione V “La piattaforma”

e tre allegati, a loro volta concernenti:

·            Allegato 1 “Indicazioni per la formulazione delle proposte alle parti interessate”,

·            Allegato 2 “Istanza on line”,

·            Allegato 3 “Dichiarazione di accettazione della nomina di esperto di composizione negoziata”.

 

[6] Linee di indirizzo agli Ordini professionali per l’attività di selezione delle domande per la formazione degli elenchi regionali degli esperti indipendenti nella composizione negoziata della crisi d’impresa (articolo 3, decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147).

[7] L. CALCAGNO, La figura dell’esperto, cit.,5.

[8] Questo ruolo di mediatore viene in luce “a tutto tondo” nel decreto dirigenziale del Ministero della giustizia del 28 settembre 2021 nella Sezione III dedicata al “Protocollo di conduzione della composizione negoziata” dove viene sottolineato il ruolo dell’esperto quale “stimolatore di proposte concrete in uno con quello di custode del rispetto dell'equilibrio dei diversi interessi in gioco in termini di sacrificio e bilanciamento dei rischi e delle utilità derivanti dalla continuità aziendale” (L. CALCAGNO, La figura dell’esperto, cit.,6). L’attribuzione di questo apporto professionale di negoziatore emerge, del resto e, direi, consequenzialmente, anche dal contenuto della formazione obbligatoria che deve appunto portare l’attenzione alla materia della mediazione.

[9] Nel solco della Direttiva UE 2019/1023 si era già posto il Codice della crisi che nell’art. 356 ha posto gli obblighi di formazione specifica per la quale la Scuola superiore della magistratura è chiamata ad elaborare le linee guida generali per la definizione dei programmi dei corsi di formazione. Al momento – fino a quando non saranno redatte le linee guida aggiornate anche alla luce delle esigenze formative degli esperti - si può fare riferimento alle linee guida generali per la definizione dei programmi dei corsi di formazione e di aggiornamento nella materia della crisi d’impresa e dell’insolvenza (ai sensi dell’art. 356, comma 2, quinto periodo, CCI) pubblicate alla fine del 2019 e rinvenibili nel sito della Scuola Superiore della Magistratura.

[10] Sui riflessi delle più lievi sanzioni erogate dagli Ordini agli iscritti sull’elenco degli esperti, e sull’unica ipotesi di cancellazione dall’elenco che si possa prevedere per il soggetto non iscritto ad alcun Albo professionale (l’intervenuta causa di ineleggibilità ai sensi dell’art. 2382 c.c. derivante da un provvedimento di interdizione, inabilitazione, condanna ad una pena comportante interdizione, anche temporanea dai pubblici uffici, sottoposizione a liquidazione giudiziale) con evidente disparità di trattamento rispetto all’iscritto ad un Albo, si rinvia a L. CALCAGNO, op. e loc. cit., 7 ss.

[11] Per quest’ultimo l’art. 25-quater, CCI, introduce una disciplina parzialmente diversa.

[12] In tema di nomina, di fase preliminare e negoziazione v. P. RINALDI, La struttura del percorso, in Diritto della crist, 27 ottobre 2021.

[13] Sul punto v. anche il Decreto dirigenziale del 28 settembre 2021.

[14] La procedura semplificata prevista per le imprese sottosoglia comporta anche una ridotta documentazione da allegare all’istanza (art. 25-quater, comma 2).

[15] P. RINALDI, La struttura del percorso, in Dir. della crisi, 27 ottobre 2021, 3.

[16] La prescrizione circa il deposito di un progetto di piano di risanamento è stata introdotta dal d.lgs. 83/2022 di recepimento della Direttiva UE 2019/1023. Già il I cpv. della Sezione II del decreto dirigenziale riteneva, però, “utile, anche se non imprescindibile virgola che l'imprenditore, nel momento in cui decide di intraprendere il percorso di risanamento, abbia già redatto un piano. In ogni caso occorre che lo rediga in tempi brevi nel corso della composizione negoziata per individuare le proposte da formulare alle parti interessate e la soluzione idonea per il superamento della crisi”. Su questa scia, R. RANALLI, (Dall’allerta alla composizione negoziata. Flessibilità, semplificazione e trasparenza del nuovo strumento, 24 febbraio 2022) avvertiva che “L’imprenditore deve avere chiara la direzione in cui deve andare e come raggiungere la meta; è ben vero che tra gli allegati della domanda non vi è il piano di risanamento; tra di essi però compare il piano di tesoreria e una relazione recante l’individuazione delle iniziative che egli intende intraprendere. Da qui ad arrivare ad un piano il passo è molto breve (…)”.

[17] Si tratta del certificato unico dei debiti tributari di cui all'art. 364, comma 1, d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14; della situazione debitoria complessiva da richiedere alla Agenzia delle entrate riscossione; il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi di cui all'art. 363, comma 1, d. lgs. n. 14/2019; un estratto delle informazioni presenti nella centrale dei rischi gestita dalla Banca d'Italia non anteriore di tre mesi rispetto alla presentazione dell'istanza.

[18] Critica sia l’istituzione che la composizione delle commissioni, G. SCARSELLI, La composizione negoziata della crisi di impresa, ovvero la libertà economica sotto il controllo pubblico, in judicium.it, 21 ottobre 2021.

[19] Per i membri della commissione non è previsto alcun compenso né rimborso spese.

[20] L. CALCAGNO, La figura dell’esperto, in Dir. della crisi, 25 gennaio 2022, 3.

[21] Previsione introdotta con il d.lgs. 83/2022 di recepimento della Direttiva UE 2019/1023, ritenuta da V. ZANICHELLI, Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in G. U. il 1° luglio 2022, in Dir. della crisi, 1° luglio 2022, 5, “concessione, questa, abbastanza modesta di una possibilità di interlocuzione della categoria imprenditoriale (soprattutto se rapportata alla presenza, abbastanza estranea, nella commissione del prefetto)”.

[22] L’art. 2, comma 1, lett. o-bis) definisce l’esperto come “il soggetto terzo e indipendente, iscritto nell'elenco di cui all'art. 13 comma 3 è nominato dalla commissione di cui al comma 6 del medesimo articolo 13, che facilita le trattative nell'ambito della composizione negoziata”. A questi requisiti dell’esperto è stata ricollegato il successo della composizione negoziata: “La sua terzietà e la sua imparzialità sono la chiave del successo; è, in particolare, ciò che permette il rispetto del termine dei 180 giorni” (R. RANALLI, Dall’allerta alla composizione negoziata. Flessibilità, semplificazione e trasparenza del nuovo strumento, 24 febbraio 2022).

[23] La nozione di “parti” è assai più lata comprendendo sia i creditori che l’imprenditore ma non solo. Sono “parti”: i lavoratori dipendenti, i soci, le banche e gli intermediari finanziari.

[24] La disposizione è opera del d.lgs. 83/2022 di recepimento della Direttiva UE 2019/1023.

[25] È questa una puntualizzazione introdotta dal d.lgs. 83/2022 di recepimento della Direttiva 2019/1023. Sulle modifiche alla disciplina della composizione negoziata operate dal citato decreto legislativo, v. anche A. CIMOLAI, Le novità sulla composizione negoziata, in Dir. della crisi, 20 settembre 2022.

[26] Sul punto, in tal senso anche V. ZANICHELLI, Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in G. U. il 1° luglio 2022, in Diritto della crisi, 1° luglio 2022, 5.

[27] Il Considerando n. 17 prevede che “al fine di aiutare i debitori a ristrutturarsi a basso costo, dovrebbero essere altresì elaborate a livello nazionale e rese disponibili online liste di controllo particolareggiate per i piani di ristrutturazione, adeguate alle esigenze e alle specificità delle PMI. Così l'art. 8 par. 2 della Direttiva prevede espressamente la lista di controllo particolareggiata per i piani di ristrutturazione, destinata a includere indicazioni pratiche su come debba essere redatto il piano di ristrutturazione a norma del diritto nazionale.

[28] La disciplina della struttura della piattaforma è stata rimessa (art. 13, co.2, II cpv.) al decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia, adottato ai sensi dell’art. 3 del d.l. n. 118/2021. Si tratta del decreto dirigenziale (più volte richiamato) del 28 settembre 2021, col quale veniva recepito un documento predisposto nell’ambito dei lavori della Commissione di studio istituita dalla Ministra della giustizia e presieduta dalla Prof. Ilaria Pagni.

[29] Vi è appunto un sito dedicato: www.composizionenegoziata.camcom.it.

[30] Così si esprime S. PETTINATO, Dall’allerta alla Composizione negoziata. Il ruolo delle camere commercio, in Diritto della Crisi, 21 febbraio 2022.

[31] A. MAZZANTI, La domanda e la relativa documentazione disponibile nella piattaforma, in S. BONFATTI e R. GUIDOTTI (a cura di), Il ruolo dell'esperto nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa, Torino, 2022, 52.

[32] In concomitanza con l’entrata in vigore degli artt. 2-19 del d.l. 118/2021.

[33] La lista di controllo è adeguata alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese ed è risultato delle migliori prassi di redazione dei piani d’impresa. Per un approfondimento sul tema, cfr. R. RANALLI, Le indicazioni contenute nella piattaforma: il test, la check-list, il protocollo e le possibili proposte, in Diritto della Crisi del 26 novembre 2021, secondo il quale: “L’imprenditore per accedere tempestivamente ad un strumento di composizione tempestiva della crisi deve trovare risposte alle sue legittime e comprensibili perplessità che possono essere sintetizzate nei seguenti interrogativi: ricorrendovi, non rischio di generare ulteriori sospetti presso i fornitori o i clienti? L’esperto che verrà nominato saprà come agire? Quali sono le probabilità di successo? Il Decreto dirigenziale aiuta l’imprenditore a rimuovere queste perplessità. Le indicazioni che si ritraggono dalla congiunta lettura del d.l. 118 e del Decreto Dirigenziale consentono di comporre un primo corredo utile per orientare l’imprenditore e l’esperto. In particolare, il Protocollo di conduzione delle negoziazioni gli permette di conoscere in anticipo come si muoverà l’esperto; come meglio si vedrà in appresso, gli permetterà anche, ad un esame più attento, di cogliere il valore associato al fatto che l’esperto sia chiamato ad operare in modo imparziale rispetto a tutte le parti coinvolte. La check-list e gli esempi delle proposte che potrà formulare alle diverse parti interessate gli chiariranno come perseguire il risanamento. Il test di praticabilità, infine, gli permetterà di valutare ex ante se “risulta ragionevole il risanamento dell’impresa” (art. 2, comma 1) e, finanche, di comprendere se, all’esito della prima convocazione o in un momento successivo, l’esperto potrà o meno ravvisare la sussistenza di “concrete prospettive di risanamento dell’impresa”.Su questi strumenti messi a disposizione dell’imprenditore, cfr. L. GAMBI, La ratio ed il funzionamento del test pratico per l’accesso al percorso di risanamento, in Dirittodellacrisi.it, 21 dicembre 2021; R. BOGONI-M. CHIAPETTI, Primi spunti sul c.d. “test pratico” previsto dall’art. 3 della L. n. 147/2021 e relativo decreto dirigenziale, in Dirittodellacrisi.it, 10 novembre 2021; R. RANALLI, Le indicazioni contenute nella piattaforma: il test, la check-list, il protocollo e le possibili proposte, in Dirittodellacrisi.it, 26 novembre 2021.

[34] Attraverso l’area riservata, l’impresa in crisi può presentare l’istanza, e una volta nominato l’esperto, continuare l’iter della procedura, che può concludersi positivamente con un accordo con i creditori e altri soggetti interessati all’operazione di risanamento. Tale risanamento può assumere diverse forme, come un contratto, una convenzione di moratoria, un accordo che produce gli stessi effetti del piano di risanamento, un accordo di ristrutturazione dei debiti, un piano di risanamento, e per le imprese che non rispettano i limiti dimensionali previsti dalla legge fallimentare, le soluzioni previste dalla legge 3/2012. L’area pubblica, accessibile dalla home page, consente in primo luogo di visualizzare la procedura in tutte le sue fasi (cliccando su “scopri come funziona”), ossia l’apertura dell’istanza, la nomina dell’esperto (chissà perché indicato come “soggetto idoneo”), l’accettazione dell’incarico da parte di quest’ultimo, e infine la conduzione delle trattative (tra debitore e creditori, ed eventuali terzi), che può portare ad uno dei risultati sopra richiamati (curiosamente non è indicata la fase più importante, ossia la conclusione dei negoziati).

[35] La norma riproduce l'articolo 30-quinquies del decreto-legge n. 152/2021, convertito, con modificazioni, nella legge n. 233/2021.

[36] Per “interoperabilità” si intende (Treccani.it, voce “interoperabilità”) “la capacità di due o più sistemi, reti, mezzi, applicazione o componenti, di scambiare informazioni tra loro e di essere poi in grado di utilizzarle”. Dal punto di vista giuridico v. European Interoperability Framework (EIF) che fornisce orientamenti alle PA Europee su come operare le iniziative relative al tema dell’interoperabilità.

 

[37] Sulla norma sono stati avanzati dubbi. In particolare (A. PICARDI, sub art. 25-undecies, in F. DI MARZIO (diretto da), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2022, 149) è stato osservato che necessiterebbe di essere integrata “dovendosi, in particolare, specificare se è sufficiente il diniego di un solo creditore per non approvare il piano oppure se il raggiungimento di una determinata percentuale di consensi consente la sua approvazione. Infine, la lettera della norma sembra escludere la possibilità di modifiche unilaterali del piano da parte dell'imprenditore, con la conseguenza che il suo contenuto è destinato ad essere interamente determinato dal programma informatico”.

[38] Tale obbligo consiste nella predisposizione, per l’imprenditore individuale, di generiche misure e per l’imprenditore societario negli specifici assetti idonei/adeguati alla rilevazione tempestiva dello stato di crisi – a tal fine strutturati secondo i canoni sfissati nel comma 3 per essere funzionali a recepire i segnali indicati nel comma 4 - e all’assunzioni di conseguenti idonee iniziative (temi sui quali v. supra par. ).

[39] Merita osservare che se l’art. 4 (sostituito dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. 83/2022) è rubricato “Doveri delle parti” – e analogamente l’art. 5 che si riferisce alle “parti interessate alle trattative” e poi l’art. 7 dove si accenna alle “parti” per quanto riguarda il procedimento per la conferma delle misure protettive – le disposizioni in esso contenute individuano puntualmente i loro destinatari nel debitore e nei creditori (tutti). È rispetto agli artt. 5 e 7 che - così N. MANZINI e F. CARELLI, Il ruolo dei creditori nella composizione negoziata, in Ristrutturazioni aziendali, 27 marzo 2022 “Risulta (…) necessario comprendere il modo con cui un creditore diviene parte della composizione negoziata, così da poter definire quando in capo ad esso sorgono gli obblighi previsti dal Decreto. In questo modo potremo anche comprendere quali eventuali doveri siano previsti in capo al creditore che, invece, non è parte della composizione negoziata”.Sul tema dei “doveri delle parti” in dottrina cfr. L. PANZANI; Doveri delle parti, in Dirittodellacrisi.it, 22 febbraio 2022; R. RORDORF, I doveri dei soggetti coinvolti nella regolazione della crisi, in Il Fall., 2021, 589 e ss.; G. D’ATTORRE, I principi generali nel diritto della crisi d’impresa, in Nuova giur.civ. e comm., 2019, 1090; S. AMBROSINI, I principi generali, in AA.VV., Commento al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, nella collana I Quaderni di In executivis a cura di D’ARRIGO, DE SIMONE, DI MARZIO, LEUZZI, 2019, 29, pubblicato anche in www.ilcaso.it, 27 gennaio 2020.

[40] Sulla codificazione nel Codice della crisi dell’obbligo di buona fede e correttezza, “come criterio ispiratore delle parti durante le trattative e nell’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, R. BROGI, Clausole generali e diritto concorsuale, in Fallimento, 2022, 877 ss., ivi 885.

[41] Sul punto anche L. PANZANI, Doveri delle parti, cit.

[42] L. PANZANI, op. ult.cit., osserva in proposito che “Il principio di buona fede e correttezza, di cui l’obbligo di informazione è una conseguenza diretta, non richiede che queste informazioni vengano condivise con i creditori, perché i dettagli tecnici non sono indispensabili per valutare la capacità produttiva e la forza di penetrazione commerciale dell’impresa”.

[43] L. PANZANI, Doveri delle parti, cit.

[44] Sulla tutela del credito v. anche la giurisprudenza della CEDU, e in particolare le decisioni 15 aprile 2014, causa Steffanetti c. Italia e CEDU, 3 settembre 2012, causa M.C. e altri c. Italia, con le quali è stato affermato che l’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione tutela il diritto di credito da ogni illegittima ingerenza.

[45] L. PANZANI, Doveri delle parti, cit.

[46] S. AMBROSINI, Principi generali, in PACCHI – AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza2, Bologna, 2022, 64.

[47] L’art. 16, co. 5, prevede che: a) L'accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all'imprenditore e che b) in ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta. La norma è stata ritenuta possibile causa di comportamenti “non collaborativi della banca in quanto” i principi affermati dal legislatore non varranno ad impedire comportamenti formalmente corretti, con cui la banca comunichi la mancanza di interesse alla trattativa. La loro violazione comporterà però la possibilità che, in caso di fallimento, la curatela possa agire nei confronti del creditore con l’azione di danni ove sia in grado di provare che il silenzio o il ritardo nella risposta ha causato quantomeno un aggravamento del dissesto. Per altro verso il dovere di rispondere alle proposte del debitore determinerà necessariamente una diversa organizzazione interna di alcuni creditori bancari e v’è da sperare che, una volta presa in considerazione la posizione del debitore, non vi siano più ragioni per perseverare in pratiche attendiste, prive di reale utilità anche per il creditore” (L. PANZANI, l doverti delle parti, cit., e Id., D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in Diritto della Crisi, 25 agosto 2021..

[48] S. AMBROSINI, Principi generali, cit.,65.

[49] F. APRILE, Osservazioni chiaroscurali sui risvolti giuslavoristici della procedura di composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 3 novembre 2021,

[50] Queste notazioni erano state proposte in un mio scritto, Una possibile alternativa per la continuità indiretta: l’acquisto dell’azienda da parte dei lavoratori, in Ristrutturazioni aziendali, 27, 2021, 3.

[51] Il principio ha fatto la sua comparsa prima nell’art. 4, comma 8, del D.L. n. 118/21 e riguardava quindi soltanto la composizione negoziata, mentre in seguito al d.lgs. 83/2022 ha un ambito di applicazione più ampio.

[52] Critico sulla soluzione disegnata F. APRILE, Osservazioni chiaroscurali sui risvolti giuslavoristici della procedura di composizione negoziata, cit., dove parla di “snodo dissonante”. In altro scritto (Bella e incompiuta. La procedura di informazione (e di quasi-consultazione) sindacale ex art. 4, comma 3, del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in Lavoro, Diritti, Europa, fasc. 3/2022) Fabrizio Aprile l’ha definita “bella e incompiuta

[53] L’art. 13 della Direttiva UE 2019/1023, attraverso il richiamo della precedente Direttiva n. 2002/14/CE, prevede l’obbligo della consultazione soltanto al di sopra dei 50 occupati, ma il nostro legislatore lo ha esteso a tutti gli imprenditori che superino i 15 dipendenti. Sul margine temporale per il calcolo del livello occupazionale cfr, da ultimo, Cass., 26 febbraio 2020, n. 5240, la quale (sebbene in materia di licenziamenti collettivi e di cassa integrazione guadagni) ha chiarito che il limite dei quindici dipendenti va verificato “con riguardo all’occupazione media dell’ultimo semestre”. Inoltre, sempre a proposito del limite occupazionale, occorre fare riferimento all’art. 18, comma 8, Statuto dei Lavoratori, secondo il quale i quindici dipendenti rilevano qualora occupati “in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo” in cui si articola l’impresa interessata, oppure quando quest’ultima li occupa “nell’ambito dello stesso comune [...], anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti”.

[54] Per una efficace presentazione della composizione negoziata come percorso che poggia su un’impostazione diversa da quella della composizione assistita, I. PAGNI – M. FABIANI, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in Dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021.

[55] Sulla rilevanza dell’essere un percorso strutturato, P. RINALDI, La struttura del percorso, in Dirittodellacrisi.it, 27 ottobre 2021.

[56] A. MONORITI, Composizione negoziata della crisi d'impresa o negoziazione per la rigenerazione d'impresa?, in www.ilfallimentarista.it, 12 maggio 2022.

[57] R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze, in Dirittodellacrisi.it, 11 gennaio 2022; A. GUIDOTTO, Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti, in Dirittodellacrisi.it, 2 dicembre 2021; S. BONFATTI – R. GUIDOTTI, Il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, Torino, 2022.

[58] La Relazione Illustrativa al D.Lgs. n. 83/2022 spiega così questa distinzione “…la possibilità che al termine delle trattative l’esperto sottoscriva insieme all’imprenditore ed ai creditori un accordo che produce i medesimi effetti di un piano attestato di risanamento, ha creato dubbi sulla natura delle sue funzioni e, di conseguenza, sulle responsabilità, anche penali, in cui può incorrere giungendo ad interpretazioni che hanno equiparato appunto l’esperto al professionista attestatore.”

[59] Si legge nella Relazione ministeriale di accompagnamento al d.l. 118/2021 che l’esperto “non si sostituisce all'imprenditore ma lo affianca fornendogli la professionalità e le competenze necessarie per la ricerca di una soluzione della situazione di difficoltà dell'impresa e facilitando il dialogo con tutte le parti coinvolte nel processo di risanamento dell'impresa”.

[60] Questo aspetto risulta nettamente dal Decreto Dirigenziale, ai punti 8.1; 8.2. È efficacemente sottolineato, tra gli altri, da R. RANALLI, Le indicazioni contenute nella piattaforma: il test, la check-list, il protocollo e le possibili proposte, in Dirittodellacrisi.it, 26 novembre 2021.

[61] Sulla differenza dall’allerta della prima versione del Codice della crisi, S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 27 settembre 2021. Per una critica basata sull’eccessiva attenzione portata dall’allerta codicistica sull’aspetto finanziario a scapito di quello economico-aziendale, G. SANCETTA e D. GASBARRO, La crisi d’impresa e il piano finanziario, in G. SANCETTA – A. I. BARATTA – C. RAVAZZIN, La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, Milano, 2022, 45-47.

 

[62] R. RANALLI, Il comportamento dell'imprenditore ed il ruolo dell'esperto anche alla luce del decreto dirigenziale, In Fallimento, 2021, 1521.

[63] I profili affrontati sono quelli inerenti a: la perseguibilità del risanamento, la presenza di un gruppo di imprese, l'esame del piano e la sua coerenza con la lista di controllo, la gestione dell'impresa in pendenza della composizione negoziata, lo svolgimento delle trattative e la formulazione delle proposte, il contenuto dei pareri da rendere in caso di nuovi finanziamenti, la rinegoziazione dei contratti, la cessione d'azienda o di suoi rami, il tema della stima della liquidazione dell'intero patrimonio sia in funzione del concordato semplificato che della valutazione dell'interesse da parte dei creditori, la conclusione dell'incarico e la relazione finale.

[64] F. PIPICELLI, Il ruolo dell’esperto nei giudizi autorizzativi, in S. BONFATTI e R. GUIDOTTI, Il ruolo dell’esperto cit., 182.

[65] [65] Il conferimento dell'incarico insieme al curriculum vitae del professionista prescelto vengono pubblicati nell'apposita sezione del sito della Camera di Commercio sia del luogo di nomina che del luogo di tenuta dell'elenco.

[66] Punto 1.1. della Sezione III del decreto dirigenziale. Circa la valutazione del profilo della indipendenza l’esperto deve scandagliare in ogni direzione anche sottoponendo “alle parti ogni altra circostanza che possa astrattamente compromettere la sua indipendenza” (punto 1.4.)

[67] Decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 adottato ai sensi dell’art. 3, comma 2 CCI.

[68] A tal fine dovrà compilare il modulo riportato in allegato al decreto dirigenziale 28.9.2021 e inserirlo nella piattaforma.

[69] F. MICHELOTTI, La gestione dell’impresa e il ruolo dell’esperto, in Fallimento, 2021, 1564.

[70] F. MICHELOTTI, La gestione dell’impresa e il ruolo dell’esperto, cit., 1565.

[71] R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto nella composizione negoziata ecc., cit., 6.

[72] Così al punto 2.4. della Sez. III (Protocollo di conduzione della composizione negoziata) del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021.

[73] F. MICHELOTTI, La gestione dell’impresa ecc., 1565. Secondo l’Autore sarebbe possibile anche raggruppare le parti per interessi economici anticipando la creazione delle classi di un successivo concordato, anche semplificato o di altri strumenti quali accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa o convenzione di moratoria. Inoltre parti interessate sono anche coloro che hanno proposto azioni giudiziarie ostili (dalla domanda di liquidazione giudiziale all’iscrizione di ipoteca giudiziale, pignoramento ecc. Circa l’individuazione degli interessi della singola parte al raggiungimento di un accordo, l’esperto terrà conto anche delle indicazioni contenute nel decreto dirigenziale nei punti 5.2- 5.2.1 – 5.2.2 – 5.2.3 – 5.2.4.

[74] Sull’attenta valutazione dei soggetti con i quali è utile interloquire, R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto ecc., cit., 9, dove parla di “esperto politropo, capace di cogliere le sfumature e di adattare al contesto intersoggettivi poi proprio atteggiamento, nell'interesse di tutte le parti coinvolte”.

[75] Niente è detto circa la durata di questa prima fase, F. MICHELOTTI, La gestione dell’impresa ecc., cit., 1565.

[76] Ad una prima convocazione nella quale saranno riassunti i dati dell’impresa, si effettuerà una circolarizzazione di debiti e crediti e quindi saranno illustrate le strategie d’intervento con le proposte, potranno seguire diversi incontri da tenersi “con cadenza periodica ravvicinata” (art. 17, co.5).Gli incontri possono essere tenuti separatamente; tuttavia, gli intermediari finanziari con i quali esistono esposizioni dovrebbero essere invitati tutti contemporaneamente. Sull’opportunità della redazione di un processo verbale degli incontri e del censimento in piattaforma delle parti interessate che di volta in volta partecipano all’incontro, R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto ecc., cit., 10.

[77] Così al punto 9. e 9.2 della Sez. III del decreto dirigenziale.

[78] M. FABIANI, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, Riv. Dir. proc., 2019, 849 ss.; I. PAGNI, Le misure protettive e le misure cautelari nel codice della crisi e dell'insolvenza, società, 2.019,441; L. GAMBI, Le nuove misure protettive nel codice della crisi, in www. Il fallimentarista.it.

[79] L. BACCAGLINI, il procedimento di conferma, revoca una modifica delle misure protettive e di concessione delle misure cautelari nella composizione negoziata della crisi, Riv. dir. proc., 2022, 635; A. CARRATTA, Misure protettive cautelari e composizione negoziata della crisi, in ilcaso.it, 18 maggio 2022; G. COSTANTINO, Note a prima lettura degli artt. 6 e 7 d.l. n. 118 del 2021, in inexecutivis.it, 15 ottobre 2021; R. D’ALONZO, La composizione negoziata della crisi e l'interferenza delle misure protettive nelle procedure esecutive individuali, in REF, 2021, n. 4, 874;F. DE SANTIS, le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi di impresa, in Fallimento, 2021, 1536; M. MONTANARI, il procedimento relativo alle misure protettive cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi di impresa: brevi notazioni, in ilcaso.it, 24 dicembre 2021;

[80] Per una completa e lucida esposizione e commento sulle misure protettive nel Codice della crisi e nella composizione negoziata, v. il saggio di A. DIDONE, Le misure protettive/cautelari, in Fallimento, 2022, 1251 ss.

[81] L’elemento della risanabilità è centrale. La sua presenza inquadra sotto una luce di “positività” anche l’insolvenza. Significa, infatti, che vi è consenso, “fiducia” dei creditori verso quell’impresa che, in tal modo, può recuperare con una manovra compositiva la propria solvibilità. Sul punto v. Trib. Bologna, 8 novembre 2022, secondo cui “L’insolvenza non pregiudica l’accesso alla composizione negoziata per la soluzione della crisi né tanto meno preclude l’applicazione o la conferma delle misure protettive e cautelari richiesta dall’imprenditore, a condizione che tale condizione risulti coerente alle finalità recuperatorie dell’istituto e quindi reversibile mediante interventi di risanamento utili al ripristino della solvibilità”. In senso contrario, ponendo l’insolvenza di per sé come situazione dell’impresa che preclude l’accesso alla CN, Trib. Siracusa, 14 settembre 2022. Sulla rilevanza del presupposto della risanabilità, quale prospettiva concreta di permanenza dell'impresa sul mercato e come motivo di rigetto della conferma delle misure protettive, v. Trib Arezzo, 16 Aprile 2022.

[82] In materia di composizione negoziata, l’equo contemperamento degli interessi impone che con la misura cautelare l’imprenditore non possa ottenere risultati ulteriori e diversi rispetto alla propria ristrutturazione. Conseguentemente, sarà possibile imporre alla controparte delle trattive un pati legato a un provvedimento giurisdizionale di sospensione dei pagamenti delle rateizzazioni in corso che gli precluda, in via provvisoria, l’afflusso finanziario derivante dall’esecuzione del contratto sospeso, ma non un facere. (Trib. Catania, 25 luglio 2022).

[83] A. DIDONE, Le misure protettive/cautelari, cit., 1255, alla luce della nuova formulazione della norma, osserva “se il l'imprenditore ha chiesto anche l'applicazione di misure protettive del patrimonio ai sensi degli artt. 18 e 19 CCII, la sospensione degli obblighi e delle cause di scioglimento di cui innanzi cessa a partire dalla pubblicazione nel registro delle imprese del provvedimento con il quale il tribunale dichiara l'inefficacia delle misure richieste, ai sensi dell'art. 19, comma 3, o ne dispone la revoca (v. nuovo art. 20, comma 2, CCII) mentre, in mancanza di richiesta di misure protettive, la sospensione perdura sino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata”.

[84] Trib. Brescia, 2 dicembre 2021, che costituisce la prima pronuncia che ha operato l’individuazione del nesso di funzionalità tra CN e misure protettive, ha osservato che la norma istituisce un sistema di protezione attivabile nel caso in cui “vi sia l’esigenza di proteggere il patrimonio dell’imprenditore da iniziative che possono turbare il regolare corso delle trattative” e mettere dunque “a rischio il risanamento dell’impresa”, con tre precisazioni: (i) l’imprenditore, già con la domanda di nomina dell’esperto o con successiva istanza, può chiedere l’applicazione di misure protettive consistenti nel divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, nonché di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari tanto sul suo patrimonio quanto sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa; (ii) la protezione decorre dal giorno della pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure protettive, unitamente all’accettazione dell’esperto, nel registro delle imprese; (iii) il consolidamento degli effetti protettivi dipende dall’intervento dell’autorità giudiziaria alla quale l’imprenditore (già protetto) deve rivolgersi con ricorso depositato lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, chiedendo la conferma o la modifica delle misure protettive o l’adozione di provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative, restando preclusa ex lege (dunque, indipendentemente da una pronuncia giudiziale sulle misure protettive) una dichiarazione di fallimento sino al completamento del percorso compositivo della crisi”.

[85] Nell’ambito di un procedimento prefallimentare radicato da un creditore di una società commerciale, seguito dall’istanza da parte di quest’ultima per l’accesso alla CN, il Tribunale di Palermo, (29 novembre 2021) che nel dichiarare il fallimento della società debitrice ha precisato che “la preclusione alla pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento scatta unicamente quanto l’imprenditore abbia chiesto l’applicazione di misure protettive del patrimonio e, segnatamente, dal giorno della pubblicazione nel registro delle imprese dell’istanza stessa unitamente all’accettazione dell’esperto, e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata”. Sul tema:, di poco successiva, Tribunale di Roma, 3 dicembre 2021 secondo cui che il divieto di pronunciare una sentenza di fallimento nei confronti del debitore che abbia domandato l’applicazione di misure protettive del patrimonio, dal giorno della pubblicazione a Registro Imprese dell’istanza e sino alla conclusione delle trattative (o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata della crisi, costituisce un effetto di legge (art. 6 D.L. 118/2021), che non presuppone, né richieste, la conferma o la modifica della misura da parte del giudice.

[86] Sul punto, Trib. Bergamo, 24 febbraio 2022.

[87] Con riguardo alle eventuali integrazioni documentali prodotte a corredo della richiesta di conferma delle misure protettive ex artt. 6 e 7 D.L. n. 118/2021, il Tribunale di Milano, 28 dicembre 2021, ha rilevato che, qualora la documentazione sia carente, fa capo al Tribunale, nel fissare l’udienza, l’esercizio del potere-dovere di ottenere l’integrazione documentale, assegnando all’uopo all’imprenditore un termine per l’ulteriore deposito, trovando ciò giustificazione non solo dall’evidente favor legislativo per la CN, ma anche dalla possibilità di applicazione analogica dei principi di cui all’art. 162, comma 1, l. fall. e all’art. 9, comma 3-ter, L. n. 3/2012. Trib. Torino, 25 febbraio 2022, nel rilevare che le misure protettive di cui la società ricorrente ha chiesto la conferma sono strumentali al buon esito delle trattative con i creditori, e che le iniziative individuali dei creditori verosimilmente precluderebbero l’attuazione del piano di risanamento ipotizzato, ha anche dato atto dell’esistenza di due procedimenti prefallimentari radicati anteriormente all’avvio della procedura di composizione negoziata.

[88] Sull’essenzialità del piano v. Trib. Roma, 6 ottobre 2022, in quanto deve permettere “al Giudice di effettuare una valutazione prognostica, o quantomeno realistica, circa la possibilità di un reale superamento della crisi finanziaria ed industriale che consenta di mantenere la continuità aziendale,non giustificandosi, in caso di soluzioni che comportino la liquidazione dell’impresa, l’adozionedi siffatti strumenti fortemente incisivi dei diritti dei terzi e dei creditori”.

[89] Tribunale di Roma, 24 dicembre 2021 si è occupato del tema della notifica del ricorso per l’accesso alla composizione e del decreto di fissazione dell’udienza per la conferma delle misure in parola, decidendo che vanno notificati all’esperto e personalmente a ciascuno dei creditori, diversi dai lavoratori, che abbiano promosso procedure esecutive o cautelari nei confronti del ricorrente, o che siano intervenuti nei relativi procedimenti, nonché agli eventuali destinatari di specifiche misure cautelari. Sul medesimo tema è intervenuto anche il Tribunale di Firenze, 29 dicembre 2021 secondo il quale qualora la richiesta di misure protettive sia rivolta da debitore “erga omnes” e non sia riferita a determinati soggetti, la notifica del decreto di fissazione dell’udienza per la conferma delle misure ex art. 7 D.L. 118/2021 va disposta nei confronti dell’esperto e dei creditori che abbiano promosso azioni esecutive o cautelari o depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. Secondo Trib. Milano, 24 febbraio 2022, il debitore ha l’onere di instaurare in contraddittorio con i creditori che subirebbero gli effetti delle misure protettive in caso di loro conferma. L’omessa notifica rende pertan- to inammissibile detta istanza.

[90] Questo termine è stato differito di un giorno ad opera del d.lgs.83/2022. Il d.lgs. ora citato – sulla falsariga del d.l. 118 - dispone la cessazione degli affetti protettivi se il tribunale non fissa tempestivamente l’udienza ma viene aggiunto che l’istanza può essere ripresentata, sempreché, nel frattempo, cessata la sospensione della possibilità di aprire la liquidazione giudiziale, il tribunale non abbia provveduto in tal senso.

[91] Con riferimento al termine di deposito del ricorso per la conferma delle misure protettive di cui all’art. 7 D.L. n. 118/2021, il Tribunale di Trani, 23 marzo 2022, ha precisato che il tardivo deposito del ricorso comporta, oltre al rigetto della domanda di conferma senza fissare udienza, la declaratoria di inefficacia della protezione e il conseguente ordine di cancellazione dal Registro delle Imprese della pubblicazione di cui all’art. 6, comma 1°, D.L. n. 118/2021, con effetto una volta decorsi trenta giorni dal giorno della medesima pubblicazione.

[92] Trib. Brescia, 5 agosto 2022, ha statuito che “Al termine di durata delle misure protettive non si applica la sospensione feriale sia perché si tratta di un procedimento connotato da intrinseca urgenza, sia alla luce dell’art. 9, comma 1, CCII il quale in riferimento al procedimento di cui all’art. 19 CCII (disposizione, quest’ultima, che si pone in diretta continuità con quella di cui all’art. 7 del D.L. n. 118/2021) suggerisce di escludere che i termini ivi previsti siano “feriabili””.

[93] Il Tribunale di Bergamo, 19 gennaio 2022, ha chiarito che, nel procedimento di conferma delle misure protettive il contraddittorio deve comprendere tutti i soggetti le cui sfere giuridiche patrimoniali e processuali possano essere attinte dal provvedimento che si chiede di adottare.

[94] In tal senso Tribunale di Avellino, 27 gennaio 2022.

[95] il Tribunale di Roma, 3 febbraio 2022, ha chiarito che non sono legittimati passivi né il creditore istante il fallimento – che invero sconta un divieto ex lege di pronuncia della relativa declaratoria –, né l’intera massa dei creditori del ricorrente astrattamente in grado di promuovere azioni esecutive nei confronti del debitore.

[96] Sull’individuazione della competenza del tribunale, il Tribunale di Salerno, 4 febbraio 2022 ha precisato che è esclusivamente competente il Tribunale del luogo in cui l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa, e non anche quello avanti al quale pendono procedimenti esecutivi nei confronti dello stesso imprenditore. Secondo Trib. Roma, 10 ottobre 2022, la competenza in ordine alla conferma delle misure protettive e cautelari spetta al Tribunale del luogo ove ha sede l’impresa richiedente e non al Giudice del luogo ove eventualmente già penda altra causa relativa ad una misura cautelare già adottata. Conseguentemente, il Tribunale fallimentare, in veste di Giudice cautelare, non può accertare in via incidentale l’inefficacia di una misura cautelare già adottata da altro giudice, potendo tutt’al più, ove l’istanza sia avanzata nell’ambito della richiesta di misure protettive, pronunciarne l’inibitoria in caso di accoglimento della richiesta. (Nel caso di specie era stata avanzata in via cautelare la richiesta di accertare in via incidentale l’inefficacia del sequestro già disposto da altro Giudice).

[97] Con riferimento alla valutazione in ordine alla conferma delle misure protettive, il Tribunale di Viterbo 14 febbraio 2022 ha chiarito che è necessario delibare, secondo un’analisi prognostica, le possibilità che attraverso la prosecuzione della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa possa essere risanata l’impresa, operando un bilanciamento tra l’esigenza di non sottrarre l’impresa insolvente alle procedure di composizione della crisi con la necessità di evitare che siffatte procedure abbiano una funzione dilatoria invece che finalizzata ad un tempestivo risanamento dell’impresa. Così deve quindi essere negata la conferma delle misure in presenza di un marcato disequilibrio economico/finanziario evidenziato dall’indice di livello di difficoltà del risanamento relativo al rapporto tra debito che deve essere ristrutturato e ammontare annuo dei flussi a servizio del debito, attestato su valori ampiamente superiori a quello massimo.

[98] Secondo F. DI MARZIO, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. un banco di prova per noi, Giust.civ., Editoriale del 18 luglio 2022: “Ristrutturare significa accogliere una sfida, moltiplicare i sacrifici economici in intensità e distribuzione, ridimensionare settori portanti del diritto privato (come quello della responsabilità patrimoniale e delle garanzie). I creditori sono chiamati a condividere un severo rischio d’impresa (connesso al successo delle pianificazioni di ritorno al valore)”.

[99] Il Tribunale di Milano, 26 gennaio 2022 ha statuito nel senso dell’ammissibilità – e quindi della possibilità di rendere la stessa oggetto di conferma da parte del Tribunale – dell’istanza di adozione di misure protettive del patrimonio, anche in assenza di azioni esecutive in atto. E ciò, in quanto tali misure hanno la primaria funzione di consentire l’avvio e la prosecuzione delle trattative tra il debitore e i suoi creditori, in una prospettiva che non sia sbilanciata a favore di nessuno dei due interlocutori. Da ciò il Tribunale meneghino ha fatto discendere che ove la relazione dell’esperto nominato dia atto della sussistenza di condizioni idonee a consentire il superamento dello stato di crisi dell’imprenditore, le misure protettive del patrimonio richieste vanno confermate, pur in pendenza di procedimento prefallimentare allo scopo di consentire l’avvio e la prosecuzione delle trattative tra l’imprenditore e i suoi creditori in una prospettiva non sbilanciata a favore di nessun soggetto.

[100] Sottolineando l’esigenza di consentire la continuità dell’impresa, Trib. Roma, 21 novembre 2022, ha deciso che Meritano conferma le misure protettive, domandate con l'istanza di accesso alla composizione negoziata, che perseguano l'obiettivo di mettere la continuazione dell'attività d'impresa e le trattative fra il debitore e i suoi creditori al riparo da iniziative pregiudizievoli di alcuni di questi, bilanciando gli interessi del ceto creditorio e di quelli ordinamentali alla conservazione del valore e delle potenzialità reddituali dell’impresa in crisi (nel caso di specie, il Tribunale ha confermato le misure miranti, fra l'altro, a sospendere il rilascio forzato dei locali aziendali soltanto per il tempo concesso al debitore da un terzo per confermare l'acquisto di un nuovo plesso aziendale per la prosecuzione dell'attività).

[101] Il tema della par condicio è stato affrontato da Trib. Bergamo, 24 febbraio 2022 secondo cui le suddette misure non possono essere concesse erga omnes, bensì nei confronti dei soli creditori specificatamente individuati dal ricorrente, in quanto titolari di una posizione suscettibile di pregiudicare la par condicio creditorum, i quali sono posti in grado di contraddire la domanda e di richiedere la revoca delle misure medesime, ferma restando la necessità di instaurare il contraddittorio con i terzi sui cui diritti le misure protettive o i provvedimenti cautelari dovessero incidere. In senso contrario v. però Tribunale di Padova, 25 febbraio 2022 secondo cui, quando le misure protettive vengono richieste dall’imprenditore in crisi in forma generale ed estesa, nell’ambito del procedimento di composizione negoziata, ritenuta l’assenza di controindicazioni da parte dell’esperto incaricato, esse vanno confermate dal Tribunale (erga omnes), perché altrimenti le trattative sarebbero inevitabilmente pregiudicate, se i creditori potessero agire individualmente in via esecutiva o potessero risolvere i contratti pendenti, precludendo così il piano di risanamento dell’impresa. In quest’ultimo senso anche Tribunale di Milano, 27 febbraio 2022.

[102] Nella importazione nel CCI ad opera del d.lgs.83/2022, “La disciplina delle misure protettive e cautelari ricalca quella del D.L. n. 118/2021 con alcune differenze. Innanzitutto, si stabilisce che la richiesta può anche essere selettiva e quindi limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori o a determinati creditori o categorie di creditori. Si precisa poi che la sospensione della possibilità di dichiarare l’insolvenza o di aprire la liquidazione giudiziale cessa non solo con l’archiviazione o la conclusione delle trattative ma anche con la revoca delle misure. Rilevante è la precisazione secondo cui “Restano fermi i provvedimenti già concessi ai sensi dell’articolo 54, comma 1” e quindi le misure adottate dal tribunale nella fase che precede la decisione sull’istanza di apertura della liquidazione giudiziale” (V. ZANICHELLI, Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in G.U. il 1° luglio 2022, in Dirittodellacrisi.it,

[103] S. BONFATTI e R. GUIDOTTI, Il ruolo dell’spero nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, Torino, 2022, 192 e ss., 196.

[104] In merito allo specifico ruolo del tribunale nel procedimento, Trib. Milano, 17 gennaio 2022, ha deciso che, in tema di CN, le misure protettive possono essere confermate qualora, sentito l’esperto in contraddittorio con i soli creditori concretamente incisi dalle stesse, il Tribunale reputi, in base alle motivate dichiarazioni del predetto, l’esistenza di una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris), valutando, altresì, le misure come funzionali ad assicurare tale risultato (periculum in mora). Secondo il Tribunale di Milano sono confermabili, in particolare, le misure selettivamente mirate a inertizzare le azioni esecutive che abbiano attinto le somme presenti in conti correnti bancari facenti capo all’impresa, ove i pignoramenti impediscano l’operatività aziendale, precludendo le disponibilità di risorse liquide, e vanifichino il rispetto della par condicio creditorum e gli esiti della composizione negoziata. In detta ipotesi, i creditori incisi non possono opporsi alla conferma semplicemente adducendo l’inadempimento di pregressi accordi transattivi da parte dell’imprenditore, resosi inadempiente in relazione al pagamento di somme irrisorie, in quanto il Tribunale adito è chiamato a compiere un bilanciamento tra le aspettative dei creditori e gli interessi del debitore a condurre in porto il risanamento dell’impresa attraverso il percorso intrapreso.

[105] I. PAGNI E M. FABIANI, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in Dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021. In questa prospettiva è stata negata la domanda di conferma delle misure protettive (Trib. Bergamo, 15 febbraio 2022, qualora l’impresa versi in stato di liquidazione e non sia dedotta, né documentata la sussistenza dei presupposti per la revoca della causa di scioglimento e dello stato di liquidazione, a mente dell’art. 2487-ter c.c., essendo il procedimento di composizione negoziata della crisi riservato alle ipotesi in cui risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

[106] Trib. Brescia, 15 settembre 2022 in una sua decisione censura che “l’esperto, per mezzo del proprio parere, si è sostanzialmente limitato a riportare quanto rappresentatogli da parte dell’imprenditore senza svolgere al riguardo alcuna considerazione critica o verifica di sorta (e quindi neppure in termini sommari, come pur imposto dalle esigenze di speditezza della procedura e dalla dimensione embrionale del percorso negoziato)”.

[107] Trib. Milano, 24 febbraio 2022.

[108] G. RANA, Questioni pratiche sul procedimento relativo alle misure protettive nel D.L. n. 118/2021, in Dirittodellacrisi.it, 23 febbraio 2022.

[109] G. RANA, Questioni pratiche sul procedimento relativo alle misure protettive ecc., cit.

[110] R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze, in Dirittodellacrisi.it, 11 gennaio 2022.

[111] R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto nella composizione negoziata ecc., cit.

[112] R. D’ALONZO, I compiti dell’esperto nella composizione negoziata ecc., cit.

[113] Fino ad oggi il legislatore aveva operato sporadici e settoriali interventi sulla crisi del gruppo dettando alcune norme (artt. 80 e ss. del D.lgs n. 270 del 1999 e 4-bis d.l. 347/2003, convertito nella l. 39/2004) sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese con riferimento a circostanze specifiche, quali la possibilità per il Commissario dell’impresa madre: (a) di attrarre le imprese del gruppo insolventi alla procedura di a.s. dell’impresa “madre” a prescindere dai requisiti dimensionali (n. dipendenti e debiti) previsti per relativa ammissione, e (b) di proporre la revocatoria nei confronti degli atti e pagamenti compiuti dalle imprese del gruppo in un “periodo sospetto” più esteso rispetto a quello previsto dalla legge fallimentare (3 e 5 anni invece di 6 e 12 mesi). Questa disciplina ha, con tutta evidenza, influenzato l’intervento legislativo del 109 (CCI). Inoltre, la disciplina di gruppo risultava presente nella materia di amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa dei gruppi bancari od assicurativi insolventi (artt. 98 ss. d. lgs. 1° settembre 1993, n 385 e art. 275 ss. d. lgs. 209/ 2005). Una disciplina della crisi dei gruppi transfrontalieri si incontra nel Regolamento UE 848/2015 che ha modificato il regolamento UE/2000 sulle procedure di insolvenza, introducendo la disciplina in questione all'articolo 56 e ss.

[114] Nonostante alcune favorevoli pronunce dei giudici di merito (Trib. Benevento, 19 ottobre 2011; Trib. Roma, 14 novembre 2012) la S.C. ha negato soluzioni unitarie non tanto sul piano ontologico, quanto piuttosto su quello del diritto positivo. In adesione all’orientamento maggioritario, Cass., 13 ottobre 2015, n. 20559 ribadiva che “l'attuale sistema del diritto fallimentare, in particolare per quanto attiene al concordato preventivo, non conosce il fenomeno, non dettando alcuna disciplina al riguardo, che si collochi sulla falsariga di quella enunciata in tema di amministrazione straordinaria alla L. 8 luglio 1999, n. 270, art. 80 e ss., o dal D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, art. 4 bis, sulla ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, convertito, con modificazioni, in L. 18 febbraio 2004, n. 39, o con riguardo ai gruppi bancari od assicurativi insolventi”. Sul punto, v. anche Cass., 13 luglio 2018, n. 18761.

[115] La disciplina della Composizione negoziata di gruppo era contenuta originariamente nell’art. 13 del d.l. 118/2021 che, nel momento della sua trasfusione nel Codice della crisi ad opera del d.lgs. 83/2022 (Recante modifiche al CCII in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023) ha operato alcuni ritocchi al testo originario dell’articolo citato. In particolare, si segnala si segnalano l’eliminazione della definizione di gruppo recata dall’art. 13, c. 1, D.L. n. 118/2021 perché contenuta nell’art. 2, lett. h) CCII, e la sostituzione del COMI (centro degli interessi principali del debitore) con la sede legale delle imprese.

[116] Il Titolo VI del Codice (“Disposizioni relative ai gruppi di imprese”) è suddiviso in quattro capi, dedicati rispettivamente alla “Regolazione della crisi o insolvenza del gruppo” (Capo I, artt. 284, 285 e 286 CCII), alla “Procedura unitaria di liquidazione giudiziale” (Capo II, artt. 287 e 288 CCII), agli “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e procedure di insolvenza di imprese appartenenti a un gruppo” (Capo III, composto dal solo art. 289 CCII). A queste si aggiungono alcune “Norme comuni” (Capo IV, artt. 290, 291 e 292 CCII), relative alle azioni di inefficacia tra imprese del gruppo, alle azioni di responsabilità e alla postergazione dei finanziamenti infragruppo. A quest’ultimo profilo è dedicato anche l’ultimo comma dell’art. 164 CCII, che sancisce l’inefficacia rispetto ai creditori del “rimborso dei finanziamenti effettuati a favore della società assoggettata alla liquidazione giudiziale da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti””.

[117] Separatezza ribadita da Cass., 17 ottobre 2018, n. 26005. Per la gestione della presenza di un gruppo di imprese nella composizione negoziata, il Decreto dirigenziale 28 settembre 2021 offre, all’interno del protocollo di conduzione del percorso, un intero paragrafo (n. 3 della Sez. III) dove indica in dettaglio i compiti dell’esperto e i principi che deve seguire nello svolgimento di questi. Al punto 3.2. del paragrafo 3, prevede che “Nella conduzione delle trattative e nella valutazione delle operazioni infragruppo l'esperto tiene conto dell'interesse dei creditori delle singole imprese del gruppo”, con ciò sottolineando la distinzione delle masse passive ed attive.

[118] Più imprese, commerciali o agricole, - senza che sia richiesto il rispetto di limiti dimensionali nei minimi, né massimi - appartenenti al medesimo del gruppo che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza (reversibile) e che abbiano ciascuna il proprio centro di interessi nel territorio dello Stato (v. però sul punto la critica di N. ABRIANI – G. SCOGNAMIGLIO, Crisi dei gruppi e composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 23 dicembre 2021 secondo i quali “si tratta di scelta di “dubbia giustificazione” e “meritevole di essere ripensata” soprattutto con riferimento al percorso di trattative) possono presentare istanza di composizione negoziata al segretario generale della CCIAA.

[119] Nella definizione del gruppo, trasfusa nel CCII ad opera del d.lgs. 83/2021, è stata espunta la precisazione contenuta nell’art. 13, c. 1, d.l. 118/2021 relativa all’esistenza di vincoli partecipativi o contrattuali da cui derivava l’attività di direzione e coordinamento mentre resta la possibilità che l’attività di direzione e coordinamento possa essere esercitata non solo da un ente o da una società, bensì anche da una persona fisica, con conseguente ampliamento del perimetro tracciato nella disciplina del codice civile. Secondo M. ARATO, Il gruppo di imprese nella composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 23 novembre 2021, la eliminazione dell’inciso non rileva nella configurazione del gruppo perché “era una inutile sintesi dell’art. 2359 c.c. che nella nozione di vincolo partecipativo riuniva i due concetti di controllo partecipazione di diritto e di fatto trattati separatamente dall'art 2359 c.c.”.

[120] N. ABRIANI, La disciplina dei gruppi di imprese nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 10 novembre 2022.

[121] R. D’ALONZO, I compiti dell'esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze, in Dir. della crisi.it, 11 gennaio 2022.

[122] Come diremo più avanti è comunque ammessa su invito dell’esperto la partecipazione alla CN di un’impresa in bonis appartenente a un gruppo, al cui interno operano imprese che si trovandosi nella situazione descritta all’art. 12, comma 1, hanno chiesto la nomina dell’esperto (art. 13 comma 7). Sull’opportunità della dilatazione del presupposto oggettivo, N. ABRIANI, La disciplina dei gruppi di imprese nel Codice della crisi e dell’insolvenza, cit.

[123] Se così non fosse troverebbe applicazione la disciplina dei regolamenti sulle insolvenze transfrontaliere di cui al Regolamento UE/848/2015 e REG. UE/1346/2000.

[124] N. ABRIANI, La disciplina dei gruppi di imprese nel Codice della crisi e dell’insolvenza, cit.

[125] L. PANZANI, La composizione negoziata dopo lo schema di decreto legislativo del C.d.M. del 17 Marzo 2021, in Dir. della crisi.it, 19 Aprile 2022.

[126] “È possibile che si produca anche un fenomeno per c. d. intermedio, in forza del quale per una (o più) “procedure”, originariamente avviate, emerga la esigenza di “estensione” ad altre imprese del gruppo, originariamente non coinvolte quale ne sia stata la ragione. In tale ipotesi pare irrinunciabile la presentazione della istanza di nomina dell'esperto da parte delle singole imprese del gruppo per le quali l'esigenza si sia posta in un secondo momento; e pare possibile ipotizzare che, su istanza delle stesse, la speciale commissione legittimata a disegnare l'esperto, valuti l'opportunità di indicare lo stesso professionista già designato a favorire le trattative dell'impresa o delle imprese del gruppo che per prima abbia avviato la procedura di composizione negoziata”, S. BONFATTI, I gruppi di imprese: illustrazione dei requisiti di riconoscibilità del gruppo ai fini della composizione negoziata; in carico unitario la pluralità di esperti e la decisione di prosecuzione con incarico unitario ovvero con conduzione congiunta della composizione negoziata nelle diverse imprese; l'estensione delle trattative ad altre imprese del gruppo in difficoltà; Il coinvolgimento come parte interessate di altre imprese del gruppo non in difficoltà; l'esito, in S. BONFATTI - R. GUIDOTTI, Il ruolo dell'esperto nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa, Torino, 2022, 226.

[127] G. MAGNANTI, Trattative nel gruppo d’imprese, in G. SANCETTA - A.I. BARATTA - C. RAVAZZIN, La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa, Milano, 2022, 161.

[128] G. MAGNANTI, Trattative nel gruppo d’imprese, cit., 162.

[129] N. ABRIANI, La disciplina dei gruppi di imprese nel Codice della crisi e dell’insolvenza, cit. e del resto, come l’A. osserva, una unificazione potrebbe avvenire anche successivamente su impulso degli esperti nominati.

[130] C. BAUCO, Composizione negoziata in caso di crisi: qual è il ruolo dell'esperto nelle trattative, in Quotidiano giuridico, 11 giugno 2022.

[131] A. PICARDI, Sub art. 25, F. DI MARZIO (diretto da), Codice della crisi e dell’insolvenza, Milano, 2022, 102.

[132] C. BAUCO, Composizione negoziata in caso di crisi ecc., cit. Secondo M. ARATO, Il gruppo di imprese nella composizione negoziata ecc., cit., 6, “la circostanza che si tratti di imprese e soggettivamente in bonis non impedisce la loro adesione a uno strumento di ristrutturazione (la composizione negoziata) che non è riservato alle sole imprese in crisi o insolventi ma anche (e probabilmente prioritariamente) alle imprese che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che rendano probabile la crisi o l'insolvenza. Ed infatti, l'art. 13 fa riferimento al gruppo in crisi insolvente attualmente o prospetticamente, gruppo che può essere composto anche da imprese in bonis che ben possono partecipare all'avaria comune per il perseguimento di un interesse di gruppo”.

[133] Sul punto v. A. PICARDI, Sub art. 25, cit., 102, il quale osserva la differente statuizione posta per i casi disciplinati rispettivamente nei commi 5 e 7 dell’art. 25.

[134] G. ANDREANI-A. TUBELLI, Composizione negoziata di gruppo anche se ci sono realtà in salute, in Crisi d’impresa. Le nuove misure. Strumenti, iter e responsabilità, Il Sole 24Ore, 9 settembre 2021, 9.

[135] A. PICARDI, Sub art. 25, cit., 102. Nel senso che “trattandosi di una vicenda che si dipana sul terreno dell'autonomia contrattuale e dell'autonomia di impresa, la previsione di limiti alla partecipazione di altre imprese del gruppo (diverse da quelle in condizioni di squilibrio) sarebbe stata disfunzionale rispetto alle esigenza di massimizzare lo sforzo negoziale complessivo, con l'obiettivo di conseguire, quanto prima possibile, una soluzione condivisa della crisi o del pericolo di crisi o di insolvenza che ha investito alcune articolazioni del gruppo, ABRIANI-SCOGNAMIGLIO, Crisi dei gruppi e composizione negoziata, cit.

[136] P. BOSTICCO, La composizione negoziata: trattative e gruppo di imprese, in Fallimentarista.it, 13 settembre 2021.

[137] A. PICARDI, Sub art. 25, cit., 102.

[138] S. BONFATTI, I gruppi di imprese: illustrazione dei requisiti di riconoscibilità del gruppo ai fini della composizione negoziata; ecc.,cit., 226.

[139] E. RICCIARDIELLO, Composizione negoziata: qual è la disciplina per i gruppi di imprese,

[140] Con la previsione circa la competenza del tribunale si vogliono arginare fenomeni di forum shopping. Giova osservare come nel caso di gruppi di imprese di rilevante dimensione la competenza dovrebbe essere del tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di impresa.

 

[141] Sulla continuità come fine, anziché come mezzo, v. l’approfondito saggio di P. VELLA, I quadri di ristrutturazione preventiva nella Direttiva UE 2019/1023 e nel diritto nazionale, in Fallimento, 2020, 1034.

[142] Che ciascuna di queste norme, assumendo un diverso momento in cui si colloca la gestione dell’impresa, si ponga diversamente rispetto la Business Judgement Rule è stato immediatamente e lucidamente posto in evidenza da S. AMBROSINI in Doveri degli amministratori e azioni di responsabilità alla luce del Codice della Crisi e della “miniriforma” del 2021, in dirittobancario.it, 11 novembre 2021; ID., La “miniriforma” del 2021: rinvio (parziale) del cci, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall., 2021, I, pp. 901 ss. e in Il codice della crisi dopo il d. lgs. n. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell’impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo, in Ristrutturazioni aziendali, 17 luglio 2022.

 

[143] Il tema fornisce probabilmente anche un interessante punto di osservazione per riflettere su alcune trasformazioni in corso del nostro diritto delle crisi e che si stanno verificando a partire sia dall’emanazione del d.l. 118/2021 che della lettura che il nostro legislatore ha dato della Direttiva Insolvency, lettura materializzatasi nel d.lgs. 83/2022.

[144] La CN non presenta alcun inconveniente rispetto alla “trattativa stragiudiziale” (tradizionale) nella quale la gestione dell’impresa da parte dell’imprenditore è totalmente libera salvo le eventuali limitazioni che egli intenda accettare “allo scopo di favorire lo sviluppo delle trattative (per es. lasciare inalterato il quadro delle garanzie eventualmente concesse – o non concesse – ai creditori partecipanti alle trattative)”, S. BONFATTI, Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa – Gestione dell’impresa; Rinegoziazione dei contratti e cessione dell’azienda; Composizione negoziata della crisi “di gruppo “, in Dirittodellacrisi.it., 22 febbraio 2022.

[145] Con la Composizione negoziata viene operata dal legislatore l’“istituzionalizzazione della fase delle trattative, così I. PAGNI e M. FABIANI, La transizione dal Codice della Crisi alla Composizione negoziata (e viceversa), in Dir. crisi, 2 novembre 2021, p. 4. Conduce una lucida comparazione tra le trattive protette della CN e quelle stragiudiziali, S. BONFATTI, Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa – Gestione dell’impresa; Rinegoziazione dei contratti e cessione dell’azienda; Composizione negoziata della crisi “di gruppo “, in Dirittodellacrisi.it., 22 febbraio 2022.

[146] Oltre agli effetti “disponibili” scaturenti dall’accesso alla composizione negoziata vi è il “paniere” di strumenti, tra i quali il debitore, con il consenso delle parti, può selezionare quello utile a sistemare la crisi. Questi – indicati nell’art. 23, commi 1 e 2 (tra i quali, in particolare, il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio) e v. infra cap. 2, par. 1 – non potrebbero mai essere disponibili all’esito di una “trattativa stragiudiziale”, perché postulano il preventivo avvio (e conduzione) della “trattativa agevolata” rappresentata dalla “procedura” della composizione negoziata. La protezione “segue” gli atti posti in essere durante questo percorso: v. art. 24, commi 2 e 3, CCI (per l’esenzione da revocatoria concorsualedi cui all’art. 166, comma 2) e comma 5 (per quanto riguarda l’esenzione dai reati di cui agli artt. 322, comma 3, e 323 CCI).

[147] Tale previsione è in armonia con le indicazioni più radicali sul c.d. debtor in possession di cui all’art. 5 della Direttiva UE 2019/1023. Nel CAPO 2 dedicato alle Agevolazione delle trattative sul piano di ristrutturazione preventiva, l’art. 5 (Debitore non spossessato) prevede che: 1. Gli Stati membri provvedono affinché il debitore che accede alle procedure di ristrutturazione preventiva mantenga il controllo totale o almeno parziale dei suoi attivi e della gestione corrente dell'impresa. 2. Ove occorra, la nomina da parte dell'autorità giudiziaria o amministrativa di un professionista nel campo della ristrutturazione è decisa caso per caso, eccetto in determinate situazioni in cui gli Stati membri possono richiedere sempre la nomina obbligatoria di tale professionista. 3. Gli Stati membri provvedono alla nomina di un professionista nel campo della ristrutturazione per assistere il debitore e i creditori nel negoziare e redigere il piano almeno nei seguenti casi: a) quando, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, una sospensione generale delle azioni esecutive individuali è concessa da un'autorità giudiziaria o amministrativa e detta autorità decide che tale professionista è necessario per tutelare gli interessi delle parti; b) quando il piano di ristrutturazione deve essere omologato dall'autorità giudiziaria o amministrativa mediante ristrut­turazione trasversale dei debiti conformemente all'articolo 11; oppure c) quando la nomina è richiesta dal debitore o dalla maggioranza dei creditori, purché, in quest'ultimo caso, i creditori si facciano carico del costo del professionista.

[148] Sulla funzione dell’amministrazione controllata, in giurisprudenza, Cass., 25 luglio 1996, n. 6715.

[149] A. BONSIGNORI, Dell'amministrazione controllata, in Commentario Scialoja-Branca a cura di F. Bricola, F. Galgano, G. Santini, Bologna-Roma, 1992; G. LO CASCIO, L’amministrazione controllata, Milano, 1998; S. PACCHI, L’amministrazione controllata, in A. CICU-F. MESSINEO (diretto da), Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2004.

[150] S. AMBROSINI, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in ilcaso.it, 3.

[151] F. CESARE, La nuova composizione negoziata della crisi e il concordato liquidatorio semplificato, in il fallimentarista.it, 19 agosto 2021.

[152] Sotto quest’ultimo profilo sarebbe probabilmente interessante in futuro svolgere approfondite considerazioni. Stiamo andando verso una disciplina dell’impresa in procedura per la quale la conservazione di skills impone la permanenza dell’imprenditore alla guida. Nel contempo la disciplina degli effetti della procedura per l’imprenditore si allontana dall’impostazione originaria che poggiava su una connotazione “mista” dello spossessamento, rispondendo da un lato ad istanze sanzionatorie e dall’altro all’esigenza di tutelare i creditori. Siccome oggi la tutela dei creditori passa sempre meno dal pagamento di una somma di denaro e sempre più dalla conservazione dei rapporti commerciali, forse tutto ciò impone al legislatore un ripensamento anche sul sistema autorizzativo causa spesso di rallentamenti nocivi per l’impresa. Tutto sta in un sistema che bilanci l’ interesse dell’impresa con quello dei creditori su una gestione armonica con lo strumento impostato e, nel contempo, attenta ad evitare un aggravamento del rischio.

[153] A tal riguardo il decreto dirigenziale chiarisce alla sezione terza nel punto 7.5, che non vi è di norma pregiudizio per la sostenibilità economico finanziaria quando nel corso della composizione negoziata ci si attende un margine operativo lordo positivo, al netto delle componenti straordinarie, o quando, in presenza di margine operativo lordo negativo, esso sia compensato dai vantaggi per i creditori, derivanti, secondo una ragionevole valutazione prospettica, dalla continuità aziendale (ad esempio, attraverso un miglior realizzo del magazzino dei crediti, il completamento dei lavori in corso, il maggior valore del compendio aziendale rispetto alla liquidazione atomistica dei beni che lo compongono).

 

[154] In ogni caso, anche alla luce del rapporto virtuoso e collaborativo tra debitore ed esperto auspicato dal legislatore, sarà buona prassi che l'imprenditore, laddove incerto sulla natura dell'atto che intende porre in essere, non esiti a notiziare prontamente l'esperto di tale atto. Al fine di consentire all'imprenditore di assolvere agli obblighi informativi sullo stesso gravanti il decreto dirigenziale precisa alla Sezione terza( 7.2) che “è opportuno che l'esperto, nel corso del primo incontro, faccia presente all'imprenditore che, con preavviso adeguato, deve informarlo preventivamente per iscritto e tramite la piattaforma telematica quando intenda porre in essere atti di straordinaria amministrazione e tutte le volte che i pagamenti che intende eseguire possano non risultare coerenti con l'andamento delle trattative e le prospettive di risanamento. A tal fine opportuno che l'esperto indichi i tempi in cui l'informativa dovrà intervenire”.

[155] Questi sono elencati, ancorché in via soltanto esemplificativa, nel decreto dirigenziale (Sezione terza, 7.3) il quale annovera: le operazioni sul capitale sociale e sull'azienda; La concessione di garanzie; i pagamenti anticipati delle forniture; la cessione pro soluto di crediti; L'erogazione di finanziamenti a favore di terzi e di parti correlate; La rinunzia alle liti e le transazioni; Le ricognizioni di diritti di terzi; il consenso alla cancellazione di ipoteche; la restituzioni di pegni; L'effettuazione di significativi investimenti; i rimborsi di finanziamenti ai soci o a parti correlate; La creazione di patrimoni destinati e forme di segregazione del patrimonio in generale; Gli atti dispositivi in genere.

[156] Così, Cass. , 20 ottobre 2005, n. 20291.

[157] Tra le decisioni della S.C. che più chiaramente ha disegnato il perimetro degli atti di ordinaria amministrazione, Cass. 21 ottobre 2011, n. 2194.

[158] Tale clausola, assai generica, rischia di dar luogo a difficoltà applicative di non poco momento: per esempio in tema di pagamento dei crediti indifferibili o dei crediti c.d. strategici, laddove si potranno prevedibilmente registrare visioni differenti tra l'imprenditore - per il quale spesso tutto è urgente e indifferibile – e l'esperto, che sarà normalmente portato a valutare in un'ottica prudenziale i pagamenti necessari per la gestione delle imprese e coerenti con le trattative in corso e le prospettive di risanamento. Anche riguardo i pagamenti, la loro non coerenza andrà valutata caso per caso in relazione sia allo stato delle negoziazioni in essere con i creditori, sia alle concrete possibilità di risanamento dell'impresa e quindi di uscita dallo stato di crisi della stessa. Pure in tale caso in presenza di un qualsiasi dubbio circa la coerenza del pagamento è buona prassi che l'imprenditore comunichi all'esperto l'atto che intende compiere. Cercando di risolvere a monte i problemi, il decreto dirigenziale con uno sforzo apprezzabile e non di poco momento suggerisce - nella sezione terza. 7.4 - di fare particolare attenzione a pagamenti diversi da seguenti: pagamento di retribuzioni ai dipendenti, pagamento di provvigioni ad agenti e compensi a collaboratori coordinati e continuativi, pagamento di debiti fiscali e contributivi, pagamento di debiti commerciali nei confronti di coloro che non siano parti correlate e comunque nei termini d'uso se finalizzati a non pregiudicare il ciclo degli approvvigionamenti di beni o servizi, il pagamento di rate di mutuo e canone di leasing alle scadenze contrattuali, quando non è in essere una moratoria dei pagamenti, tutte le ipotesi in cui il mancato pagamento determini la perdita del beneficio del termine in caso di rateazione. I pagamenti non ricompresi in questo elenco, quindi, potenzialmente possono essere non coerenti in virtù di una specie di presunzione legale e devono essere valutati con particolare attenzione dall'imprenditore e quindi dall'esperto.

[159] A. FAROLFI, Le novità del d.l. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, in Dir. della crisit, 6 settembre 2021.

[160] Essendo l'esperto un facilitatore nell'ambito delle trattative, il potere di controllare l'attività dell'imprenditore e di (eventualmente) ingerirsi, seppure formalmente dall'esterno, nella gestione delle imprese è limitato alle ipotesi più gravi, ossia quelle nelle quali, in spregio dei principi di correttezza e buona fede, le scelte dell’imprenditore appaiono in contrasto con la tutela dei creditori, l'andamento delle trattative e le prospettive del risanamento.