, 06 settembre 2024, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Nella attuale formulazione del Codice l’art. 112 che disciplina l’omologazione del concordato preventivo non contiene accenni espliciti al cram down fiscale, la cui disciplina si rinviene nell’art. 88 CCII che, al comma 2-bis, consente l’omologazione anche in mancanza di adesione degli uffici fiscali e previdenziali se detta adesione è “determinante per il raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 109 comma 1”[1] e la proposta è “conveniente o non deteriore rispetto alla alternativa liquidatoria”.
Nessun dubbio che tale possibilità sussista in caso di concordato non in continuità aziendale, mentre dubbi sono emersi per quanto attiene al concordato in continuità, posto che l’incipit del citato art. 88 sul trattamento dei crediti tributari e contributivi premette “Fermo restando quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dall’articolo 112, comma 2 […]”, [2] il quale, appunto, non contiene alcun cenno all’istituto.
Ovviamente il problema si pone unicamente nel caso in cui tutte le classi non abbiano votato a favore, posto che, in presenza di un voto plebiscitario, il tribunale non ha titolo per sindacare il contenuto della proposta accettata, come si desume, a contrario, dal dettato del comma 2 del citato art. 112 che prescrive accurati controlli in presenza di classi dissenzienti.
Un primo intervento giurisprudenziale ha escluso l’ammissibilità del cram down fiscale nell’ambito del concordato in continuità sulla base, soprattutto, di due considerazioni.
- Sotto un primo profilo si osserva che, da un punto di vista letterale, l’art. 88 fa salvo il dettato dell’art. 112 comma 2 (che tratta dell’approvazione a maggioranza nel concordato in continuità), mentre il comma 2-bis dello stesso art. 88 che si occupa del cram down fiscale non richiama l’art. 112 ma solo il comma 1 dell’art. 109, che si occupa delle maggioranze nel concordato liquidatorio, ma non anche il comma 5 dello stesso articolo dedicato alle maggioranze nel concordato in continuità.
- Sotto un diverso profilo si sostiene che sussisterebbe, dal punto di vista sistematico, l’incongruità di rendere vincolante la proposta, grazie alla fictio iuris dell’adesione, non solo per il creditore fiscale ma, grazie alla maggioranza ex lege così raggiunta, anche per tutti gli altri creditori dissenzienti che in conseguenza del cram down sono costretti a subire l’omologazione della proposta che non ha avuto la maggioranza dei consensi [3].
Su un punto si può convenire con la tesi contraria all’ammissibilità del cram down nel concordato in continuità nel caso in cui tutte le classi, escluse quelle dei creditori pubblici, si siano pronunciate a favore. La disposizione sul coinvolgimento coattivo del creditore fiscale o previdenziale è infatti prevista solo per supportare il mancato raggiungimento della maggioranza e non anche per il raggiungimento della unanimità e la lettera della disposizione, stante l’eccezionalità della stessa[4], non consente il ricorso all’analogia.
Ciò premesso e con tutte le cautele necessarie nell’interpretazione letterale di un testo che ha subito numerosi interventi, alla tesi negativa che nega in ogni caso la possibilità di accesso all’istituto può obbiettarsi che la circostanza che nell’incipit dell’art. 88 sia stata fatta salva l’applicazione dell’art. 112 comma 2 che non fa cenno alla possibilità di coinvolgimento forzoso del voto del Fisco, non significa che tale ultima norma contenga tutta la disciplina applicabile ai crediti fiscali in caso di concordato in continuità e che quindi a questo non si applichi l’art. 88 ma, essendo il richiamo inserito nel comma che tratta del possibile contenuto della proposta al creditore fiscale o previdenziale, può anche solo significare che, in caso di concordato in continuità, il trattamento del Fisco non può che essere quello di cui al citato comma 2 dell’art. 112, se si vuole ambire all’omologazione in caso di approvazione a maggioranza[5].
Neppure decisiva è la circostanza che nel comma 2-bis dell’art. 88 che disciplina il cram down fiscale, sia richiamato solo il comma 1 dell’art. 109 che tratta delle maggioranze necessaire per l’approvazione del concordato non in continuità, in quanto, come è stato osservato[6], l’attuale formulazione è il frutto del D.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, con cui in detto comma è stato trasfusa la formulazione di cui al comma 5 dell’art. 48 il quale richiamava effettivamente il solo comma 1 dell’art. 109 in una fase, tuttavia in cui tale disposizione, per quanto attiene alle regole di approvazione della proposta concordataria, non distingueva fra concordato liquidatorio e concordato in continuità e quindi il richiamo riguardava entrambi i tipi di concordato.
In ogni caso, il citato comma 1 fa salvo “quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dal comma 5” e quindi anche questa tipologia di concordato è considerata nell’art. 88 attraverso il rimando all’art. 109 contenuto proprio nel comma 2-bis dell’art. 88 dedicato al cram down fiscale[7].
Quanto poi al criterio sistematico non si ravvisano ragioni forti per escludere l’applicabilità dell’istituto in quanto l’imposizione alla maggioranza dei creditori di una soluzione dalla stessa non condivisa è non solo un fenomeno non diverso da quanto si verifica nel concordato preventivo liquidatorio, ma è ancora più giustificato nel concordato in continuità che contempla anche l’approvazione da parte di una sola classe indipendentemente dalla sua rilevanza dal punto di vista dell’ammontare del credito rappresentato ma solo per la sua indicatività dal punto di vista qualitativo e sarebbe incongruo che l’omologazione, sotto il profilo in discussione, fosse facilitata nel concordato non in continuità e resa più difficile in quello che il legislatore ha ampiamente dimostrato di prediligere prescindendo, sostanzialmente, dalla volontà dei creditori.
Ne varrebbe, infine, il rilievo secondo cui nel PRO il cram down non sia previsto in quanto tale procedura non prevede, in radice, la transazione fiscale.
Sempre in tema di fittizia rilevanza quale voto favorevole quello in realtà contrario dell’Amministrazione giova aggiungere che la condizione data dalla presenza necessaria, perché sia sufficiente la sola maggioranza delle classi ai fini dell’omologazione, dell’approvazione da parte di una classe di creditori privilegiati (art. 112, comma 2, lett. d), non dovrebbe però ritenersi integrata dal voto presunto per fictio iuris della classe del creditore fiscale o previdenziale, in quanto il voto favorevole della classe condizionante deve essere effettivo perché solo questo costituisce un indice di accettabilità della proposta in quanto proveniente da una classe che ritiene conveniente la proposta pur subendo un trattamento deteriore rispetto a quello che i creditori otterrebbero applicando integralmente il criterio della APR[8].
Concludendo: il cram down non è ammissibile a) quando tutte le classi votano a favore; b) quando la maggioranza è già stata raggiunta; c) quando il raggiungimento della maggioranza non rileva in quanto non c’è una classe di privilegiati pregiudicati; d) quando c’è la golden class favorevole che da sola consente l’omologazione.
Come cambia il panorama alla luce del Decreto correttivo in fieri?
Cambia radicalmente in quanto il testo sposa all’evidenza la tesi favorevole al possibile ricorso al cram down.
In primo luogo, verrebbe eliminato dall’incipit dell’art. 88 la frase “fermo restando quanto previsto per il concordato in continuità aziendale dall’art. 112, comma 2”, e quindi viene meno l’argomento basato sul mancato richiamo in quest’ultima disposizione, dedicata al concordato in continuità, al cram down.
Ma soprattutto, sempre nel comma 1 dell’art. 88 si prevede espressamente che
4. Nel concordato in continuità aziendale, ferme restando le altre condizioni previste dall'articolo 112, comma 2, il tribunale omologa il concordato anche in mancanza di adesione, che comprende il voto contrario, da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie, se la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie risulta non deteriore rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale.
In parte innovative sono invece le condizioni ulteriori rispetto a quella della necessaria non deteriorità della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria. Si tratta di condizioni alternative, come reso evidente dalla congiunzione disgiuntiva “oppure”.
All’omologa si perviene, come prima ipotesi, se la “adesione è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza delle classi prevista dal primo periodo dell’articolo 112, comma 2, lettera d)”e quindi “dalla maggioranza delle classi, purchè almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione”
Ma all’omologa si perviene anche, come seconda ipotesi, “se la stessa maggioranza è raggiunta escludendo dal computo le classi dei creditori di cui al comma 1”, e cioè “dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie” e quindi calcolando le classi votanti e la maggioranza escludendo dal computo quelle dei creditori pubblici.
E’ evidente l’ulteriore incremento delle possibilità di omologazione del concordato in quanto se il voto dei creditori pubblici dissenzienti non è sufficiente a raggiungere la maggioranza, la loro posizione può incidere per sottrazione in quanto la sterilizzazione della loro presenza quali classi contrarie ovviamente aumento la proporzione del quelle favorevoli.
Conferma invece parzialmente quella che si è in precedenza ritenuta l’interpretazione corretta e cioè che la trasformazione del voto contrario in voto corretto non consente di considerare le classi dei creditori pubblici inseriti coattivamente nelle classi favorevoli anche quali classi qualitativamente rilevanti.
Precisa infatti l’ultima parte del comma 4 che “In ogni caso, ai fini della condizione prevista dall’articolo 112, comma 2, lettera d), seconda parte, l’adesione dei creditori pubblici deve essere espressa”
Il legislatore del correttivo esclude infatti l’efficacia della fictio iuris del voto favorevole e pretende il voto espresso solo con riferimento alla classe che consente l’omologazione anche quando nessuna maggioranza si può formare alla “classe di creditori: 1) ai quali è offerto un importo non integrale del credito; 2) che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte qualora si applicasse l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.» ma di contro, implicitamente, pare consentirlo allorquando la classe di creditori privilegiati il cui voto favorevole consente l’approvazione a maggioranza in base al disposto dell’art. 112, comma 2, lett. d) prima parte, è costituita da creditori pubblici astenuti o che espressamente hanno votato contro.
Se si conviene che la logica della rilevanza dell’approvazione da parte di una determinata classe si rinviene nel valore simbolico che la stessa ha, essendo espressa da chi potrebbe avere un interesse contrario all’omologazione, attribuire tale valore al voto contrario del Fisco pare essere una forzatura. Certo è che la soluzione adottata, condivisibile o no, è una chiarissima espressione, se mai ve ne fosse bisogno, della volontà del legislatore di favorire in ogni modo ogni soluzione diversa dalla liquidazione giudiziale.
Può piuttosto rilevarsi che la precisazione sopra riportata secondo la quale l’approvazione da parte della c.d golden class che da sola consente l’omologazione deve essere espressa appare sostanzialmente ultronea in quanto l’inversione del tenore del voto omesso o contrario in voto favorevole è ammissibile solo se ciò contribuisce a raggiungere la maggioranza di classi favorevoli mentre nella fattispecie il valore particolare della classe si evidenzia solo “in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi” (art. 112, c. 2, lett. d, ) .
Sempre con riferimento al testo del correttivo sarebbe opportuno integrare la previsione secondo cui “la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori …”) inserendo prima di “in mancanza” la congiunzione “anche” per chiarire che l’approvazione da parte di una sola classe specialmente qualificata rileva non solo quando non è stata raggiunta alcuna maggioranza o non abbia votato a favore nessun’altra classe ma anche nel caso in cui una maggioranza sia stata raggiunta ma ciò non sia sufficiente in quanto tra le classi favorevoli manca quella dei privilegiati, situazione che, stando alla lettera della norma, impedirebbe di dare rilevanza alla classe specialmente qualificata e quindi di procedere all’omologazione.
[1] Art. 109 co. 1 “Salvo quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dal comma 5, il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Nel caso in cui un unico creditore sia titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato è approvato se, oltre alla maggioranza di cui al primo periodo, abbia riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se la maggioranza dei crediti ammessi al voto è raggiunta inoltre nel maggior numero di classi”.
[2] Sul tema, ampiamente, G. Andreani, Il cram down fiscale nel concordato preventivo in continuità, in Diritto della crisi, 3.10.2023,
[3]Trib. Lucca, 18 luglio 2023, in https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/29658. Di recente anche Trib. Roma, 10 luglio 2024, https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/31805; Trib. Cosenza, 21 giugno 2024, Trib. Grosseto, 9 maggio 2024, in Diritto della crisi.
[4] Così anche Trib. Milano, 30 novembre 2023.
[5] Art. 112 co. 2 “[…] a) il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall’articolo 84, comma 7; c) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito; d) la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”.
[6] Trib Spoleto, 29 dicembre 2023, https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/30761.
[7] Art. 88 co. 2-bis “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 109, comma 1, e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente o non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria”.
[8] Nello stesso senso Trib. Genova, 13 giugno 2024, https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/31667; in senso contrario Trib. Spoleto, 29 dicembre 2023, cit., che addirittura ritiene omologabile un concordato in cui l’inversione del voto riguardasse una classe di creditori pubblichi qualificabile come golden class.