Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Crediti postergati e compensazione: le conclusioni del Procuratore De Matteis.


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Articolo

Le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale


Vittorio Minervini

Data pubblicazione
15 dicembre 2024

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Sommario: 1. Il tema: le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi e grandissime imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale. – 2. Il quadro normativo. L’applicabilità delle procedure conservative previste nel nuovo Codice alle imprese assoggettabili all’amministrazione straordinaria (e l’opportunità di introdurre norme di coordinamento). – 3. Le norme transitorie e le questioni di diritto intertemporale. – 4. Le norme di rinvio dell’amministrazione straordinaria al Codice e alla legge fallimentare. Ipotesi ricostruttive e possibili soluzioni interpretative. – 5. Conclusioni (e qualche ipotesi di lavoro, anche in vista di un possibile intervento di riforma).


1. Il tema: le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi e grandissime imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale.

Il punto di avvio di queste riflessioni è in un dato, che si offre – sul piano empirico e normativo – all’interprete: nel nuovo ordinamento concorsuale della crisi d’impresa, profondamente riformato rispetto alla previgente legge fallimentare anche sulla spinta di princìpi e direttive unionali[1], il Codice della crisi e dell’insolvenza, anche dopo i vari “correttivi”[2],  non ha in sostanza toccato le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, che sono rimaste assoggettate alla previgente disciplina (che è stata talora solo lievemente modificata e integrata con disposizioni di dettaglio, per esigenze contingenti di alcune grandi o grandissime imprese). Pertanto, l’intelaiatura normativa delle “due” procedure-base di amministrazione straordinaria – quella “comune”, regolata dalla cd. Prodi-bis, e quella “speciale”, disciplinata dalla cd. legge Marzano[3], nelle quali convivono, pur con diversa intensità e peso[4], competenze giudiziali e competenze amministrative di tipo governativo – è rimasta in definitiva pressoché inalterata (salvo che per alcune disposizione di rinvio a norme del nuovo Codice[5], di cui a breve meglio si dirà).

Occorre anche precisare che, in realtà, il sistema normativo delle procedure di amministrazione straordinaria risulta più complesso e articolato perché, oltre alla disciplina “comune” e “speciale”, di cui ora s’è detto, v’è anche quella, in parte ulteriormente derogatoria, stabilita per le imprese di rilevanti dimensioni operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali[6]; nonché, a rigore, le altre (che in passato  ho definito di diritto “singolare”[7]), costruite quali cornici giuridiche ad hoc – e di volta in volta integrate e modificate, anche con decretazione d’urgenza – per assicurare la gestione dello stato d’insolvenza di grandissime impresa di rilevante interesse nazionale (com’è stato ad es. per Parmalat, Cirio, Alitalia, Ilva ecc.).

Si ricorderà, al riguardo, che nello schema di d.d.l. del nuovo Codice della crisi derivato dai lavori della Commissione Rordorf era stata inizialmente compresa anche la riforma organica delle procedure di amministrazione straordinaria (art. 15)[8]; ma la decisione politica, guidata probabilmente dall’idea di fondo rappresentata dall’esigenza di preservare la specialità di tali procedure (innanzitutto per la rilevante commistione di interessi pubblici che le connota e pervade[9] e per il diverso – e spesso deteriore – trattamento che viene per di conseguenza garantito ai creditori[10]) aveva portato allo stralcio di tale previsione, a favore di un d.d.l. ad hoc[11] che, però, come noto, non ha (almeno sin qui) visto la luce[12].

In conseguenza, nel nuovo ordinamento concorsuale riformato, il sistema normativo delle amministrazioni straordinarie convive[13] con quello – oggi più articolato e che si avvale di una pluralità di strumenti e procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, con finalità conservative e di risanamento aziendale[14] – dettato dal nuovo Codice per le imprese comuni.

E tuttavia, proprio muovendo da questa constatazione, la sensazione, al di là del problema delle norme di rinvio (che si approfondirà meglio nel prosieguo: v. infra, par. 4), è che sia almeno in parte mutato il rapporto tra i due sistemi normativi (di trattamento “della crisi e dell’insolvenza” dell’impresa comune; e dell’insolvenza di quella grande o grandissima), nel senso di un (forse definitivo) superamento dell’originaria contrapposizione[15] tra il regime tipicamente conservativo dell’amministrazione straordinaria e quello di diritto comune incentrato invece, almeno nell’impostazione primigenea della legge fallimentare[16], teleologicamente, in modo esclusivo sulla soddisfazione dei creditori e, metodologicamente, sulla disgregazione dell’impresa insolvente e sulla sua espulsione dal mercato.

Infatti, e in particolare dopo il recepimento delle direttive europee, l’intera disciplina del Codice mira anch’essa a conservare e risanare l’impresa (obiettivamente considerata) tutte le volte che ciò risulti possibile, anche perché questo risultato è, almeno in tesi, nel miglior interesse degli stessi creditori[17], oltre che del sistema economico nel suo complesso[18] (purché si evitino, s’intende, indebite forzature e accanimenti terapeutici[19]); e in questo nuovo paradigma[20] la liquidazione giudiziale dell’impresa costituisce una scelta (e una disciplina) in sostanza residuale, che trova applicazione per imprese medio-piccole[21] e quando non vi siano altre strade da tentare (perché un’organizzazione produttiva ormai non esiste più o non sia comunque strutturalmente più in grado di generare nuova ricchezza) o comunque quando i tentativi, pur svolti, non abbiano sortito gli effetti sperati.

Vi sono certo – tra amministrazione straordinaria e procedure conservative regolate dal nuovo Codice – modalità e tecniche di intervento differenti e specifiche[22]; e tuttavia, pur con le peculiarità che, sul piano funzionale[23] e valoriale, ancora connotano le procedure di amministrazioni straordinarie, i due mondi tendono ormai sempre più ad avvicinarsi[24], al fine di consentire il tentativo di risanamento dell’impresa in crisi, o anche insolvente[25], tutte le volte in cui appaia possibile ripristinarne l’equilibrio economico-finanziario[26], preservando il valore intrinseco dell’impresa come organizzazione produttiva[27] (si diceva: in primo luogo nell’interesse degli stessi creditori), in una dialettica[28] che non è più, allora, di contrapposizione[29] e che potrebbe forse meglio ricostruirsi in termini di specialità.

In questo senso, e come si vedrà meglio nel paragrafo che segue, l’ordinamento   concorsuale riformato dal Codice offre oggi una pluralità di “strumenti di  regolazione della crisi e dell’insolvenza[30] (e si noti l’endiadi), in primo luogo di stampo negoziale e con diversi livelli e gradi di giudizialità (che lo stesso Codice definisce come “le misure, gli accordi e le procedure, diversi dalla liquidazione giudiziale e dalle liquidazione controllata [anch’essi] volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale…”), che “a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi” e che sono astrattamente accessibili anche all’impresa di dimensione “grande” e “grandissima”[31]. E solo quando questi strumenti non siano stati in grado di offrire soluzioni adeguate e la crisi evolva in una situazione di “insolvenza” (che tuttavia può essere anche reversibile[32]), per queste imprese, in luogo della procedura di fallimento[33] (e ora di liquidazione giudiziale), l’ordinamento concorsuale prevede l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, peraltro diversamente declinata in funzione della dimensione dell’impresa nonché della natura dell’attività svolta[34], in ragione del rilievo anche d’interesse generale che la vicenda finisce allora inevitabilmente per assumere[35].

Sotto questo profilo, è stato anche acutamente osservato che l’amministrazione straordinaria, oltre all’accertamento dello “stato di insolvenza” (giudiziale, nella Prodi-bis; inizialmente anche solo ministeriale, ai fini dell’avvio della procedura nella Marzano e salva però la successiva conforme valutazione del tribunale[36]), ha in più un presupposto specifico, funzionale all’ammissione alla procedura delle imprese dichiarate insolventi, costituito dall’esistenza di “concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali” (così in particolare dispone l’art. 27 d. lgs. 270/99), che compete al commissario di nomina giudiziale valutare, ad esito della prima fase della procedura, detta perciò di “osservazione”[37]. Con l’importante conseguenza sistematica[38] che anche lo stato di insolvenza non può – nonostante la florida tradizione giurisprudenziale che conclude tralaticiamente in questo senso – essere definito in termini assoluti come situazione “irreversibile”, posto che proprio la norma in parola identifica invece, quale presupposto specifico di avvio della procedura di amministrazione straordinaria, una situazione sì di insolvenza, ma “reversibile”, quando risulti cioè in concreto possibile ripristinare l’equilibrio economico finanziario dell’impresa insolvente, nei modi e nei tempi massimi previsti dalla procedura medesima[39].

Deve peraltro evidenziarsi che, al fine di dare attuazione ai “quadri di ristrutturazione preventiva” di matrice unionale, il medesimo concetto ha ormai trovato cittadinanza anche nel nuovo Codice, essendo stato anche anticipato dall’introduzione (prima extracodicistica) della composizione negoziata[40], che può essere esperita quando la situazione (di crisi, ma anche) di insolvenza appaia, in concreto, appunto come “reversibile”.

 In questa luce, nel nuovo ordinamento concorsuale fondato sulla coesistenza dei due sistemi normativi (quello del Codice; e quello dell’amministrazione straordinaria) viene così ad assumere centrale rilevanza (non più e non solo) il concetto (di insolvenza, ma, invero, come si diceva, quello) di “risanabilità” dell’impresa[41].

Solo quando sia considerato (o sia risultato in concreto) impossibile ripristinare l’equilibrio economico-finanziario dell’impresa insolvente (e non sia neppure possibile cedere a terzi i complessi aziendali mantenuti vitali) si accede alla logica disgregatrice e puramente liquidatoria, che era propria prima del fallimento e ora della liquidazione giudiziale, dove la soddisfazione dei creditori “ritorna”, per così dire, ad essere la stella polare e lo scopo unico (o comunque assolutamente prevalente) del concorso[42].

E questo avviene però anche nell’amministrazione straordinaria (per lo meno in quella comune), che appunto in tale ipotesi seguirà un iter diverso, con la cd. “conversione” in fallimento (oggi, nel vigore del nuovo Codice, “in liquidazione giudiziale”, si vedrà); tanto che, a questo riguardo, attenta dottrina qualifica l’amministrazione straordinaria come una “procedura complessa”, regolata sia dal d. lgs. 270/99 (nella fase iniziale di valutazione dell’esistenza di concrete prospettive di risanamento, anche ai fini della cessione a terzi dei compendi aziendali e in quella successiva, di  effettiva realizzazione del piano proposto dal Commissario e approvato dal Ministero), sia dalla legge fallimentare (e ora, come si vedrà, dal nuovo Codice, nelle norme previste per la liquidazione giudiziale), nella fase, solo eventuale, in cui tali prospettive siano considerate (o si rivelino in itinere) insussistenti[43].

In definitiva i due sistemi di governo dell’insolvenza (reversibile[44] o irreversibile che sia) dell’impresa commerciale convivono, in una logica che è stata puntualmente segnalata in termini di complementarietà[45], secondo relazioni invero complesse, che meritano di essere più attentamente indagate. 

 

2. Il quadro normativo. L’applicabilità delle procedure conservative previste nel nuovo Codice alle imprese assoggettabili all’amministrazione straordinaria (e l’opportunità di introdurre norme di coordinamento).

La possibilità per le imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria di accedere al concordato preventivo o alle altre procedure di tipo preventivo e negoziale era, come noto, discussa, nel vigore della legge fallimentare; e tuttavia, dopo iniziali perplessità, aveva finito per prevalere la tesi favorevole[46] (e non a caso, sul piano empirico, è agevole osservare che sono state molte le procedure di amministrazione straordinaria avviate dopo l’insuccesso di un concordato preventivo o di altra procedura di carattere negoziale)[47].

Occorre ora chiedersi se la stessa soluzione trovi ingresso, allo stesso modo, anche rispetto alle altre procedure e agli strumenti di regolazione “della crisi e dell’insolvenza” previsti dal nuovo Codice[48], o se vi siano ragioni o disposizioni che depongono, invece, in senso contrario.

Al riguardo, fermando innanzitutto l’analisi sul piano normativo, le disposizioni da cui occorre a mio avviso prendere le mosse sono l’art. 1 del d.lgs. 270/99[49], a mente del quale “l’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente”, che va ora letto in relazione a quanto disposto dall’art. 1, c. 2, lett. a) del nuovo Codice che, nel fare “salve le disposizioni delle leggi speciali in materia di: a) amministrazione straordinaria delle grandi imprese”, aggiunge un sintagma – giudicato da alcuni di significato davvero oscuro[50] – secondo cui “se la crisi o l’insolvenza di dette imprese non sono disciplinate in via esclusiva, restano applicabili anche le procedure ordinarie regolate dal presente codice”.

Occorre dunque cercare di attribuire un significato logico e possibilmente coerente a questi due enunciati normativi.

A me pare che le due norme possano (e debbano) essere lette “a sistema” nel senso di riconoscere che, nell’ordinamento concorsuale vigente, alle imprese definite “grandi” o “grandissime” (ai fini della loro  assoggettabilità alla procedura di amministrazione straordinaria “comune” o “speciale”, nell’accezione sopra indicata) si applicano senz’altro anche tutti gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza previsti nel nuovo Codice[51], con esclusione dunque della procedura di liquidazione giudiziale perché, quando ricorrano i presupposti dimensionali (ovvero, ora, anche di tipo qualitativo, in relazione al rilievo d’interesse generale dell’attività svolta) stabiliti dalle leggi speciali in materia di amministrazione straordinaria, il Tribunale deve dare avvio a tali procedure conservative speciali, in luogo della (normale, per le altre imprese che tali limiti non raggiungano) liquidazione giudiziale, quando si accerti la sussistenza del requisito specifico di cui all’art. 27 della Prodi-bis, ossia quand’esse “presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali”.

E questo apre oggi a una serie assai più ampia e variegata di opzioni, rispetto al passato.

Un’importante conferma sistematica di tale – a mio sommesso avviso piana – conclusione viene oggi anche da un’altra norma del Codice, dettata in tema di composizione negoziata della crisi, ossia dall’art. 23, comma 2, lett. d), a mente del quale, quando la composizione negoziata non abbia successo, l’impresa può “accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal presente codice, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39”.

La norma presuppone, in modo assai chiaro, che alla composizione negoziata disciplinata dal nuovo Codice della crisi possano accedere anche le imprese grandi e grandissime assoggettabili alle procedure di amministrazione straordinaria, prevedendo al riguardo che, quando all’esito delle trattative condotte con l’ausilio dell’esperto non sia raggiunta una delle soluzioni previste dal comma l del medesimo art. 23 (in termini di accordi con i creditori), le imprese possano proseguire nel tentativo di conservazione della continuità aziendale anche attraverso le procedure di amministrazione straordinaria che risultino applicabili, a seconda delle dimensioni e/o del tipo e rilievo dell’attività svolta[52].

Il legislatore stabilisce così, espressamente, un potenziale continuum, tra le procedure e gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza “ordinari”, disciplinati dal Codice, e le procedure conservative “speciali” di amministrazione straordinaria che ha mantenuto comunque in vita per le imprese qualificabili come “grandi” o “grandissime” (ovvero d’interesse strategico per il rilievo dell’attività svolta) [53].

Alla luce di tali previsioni, e considerata altresì la ratio complessiva della riforma recata dal Codice (che mi pare possa essere individuata nell’incentivazione dell’emersione precoce della crisi d’impresa e nell’ampliamento delle forme e degli strumenti di sua regolazione, al fine di aumentare le chances di recupero e risanamento dell’impresa intesa in senso oggettivo, ossia come organizzazione produttiva), non solo non vedrei ostacoli  a che una grande o grandissima impresa in crisi assoggettabile alla procedura di amministrazione straordinaria (comune o speciale) cerchi di evitare il determinarsi di uno stato di insolvenza agendo in prevenzione, e sfruttando a tal fine uno dei vari strumenti e procedure di regolazione della crisi (e della stessa insolvenza) che il nuovo Codice mette oggi a disposizione di tutte le imprese[54] (con l’esclusione, s’è detto, della liquidazione giudiziale almeno quanto alla fase genetica della procedura di AS e fatta salva invece la possibilità di successiva “conversione”). Ma direi anzi che questo esito (con la correlata massimizzazione delle possibilità di successo dei tentativi di risanamento aziendale e di recupero dell’equilibrio economico-finanziario dell’impresa, funzionali alla  conservazione, totale o parziale, della sua organizzazione produttiva) sia pure “doveroso”, in funzione degli obblighi di rilevazione tempestiva della crisi imposti oggi in termini stringenti agli amministratori e agli organi di controllo, e risulti semmai ancor più importante (per gli stessi creditori, oltre che il sistema economico nel suo complesso e per la collettività) quando il tentativo di recupero “mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali[55] riguardi imprese grandi e grandissime, le cui vicende di crisi involgono – e qui è la ragion d’essere delle procedure di amministrazione straordinaria – interessi di rilievo anche generale.

Ed anzi, a questo riguardo, va evidenziato che la regola generale, stabilita all’art. 18, comma 4 del Codice, è nel senso che la pendenza di un procedimento di composizione negoziata, quando siano state concesse misure protettive, sia ostativa all’apertura della procedura di amministrazione straordinaria (e questo perché “la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga le revoca delle misure protettive”).

Si segnalata tuttavia che tale regola non trova applicazione ai fini dell’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria per le società direttamente o indirettamente partecipate da amministrazioni statali che esercitino almeno uno stabilimento strategico d’interesse nazionale (cd. “variante Ilva”): in tal caso, infatti, ai sensi dell’art. 2, comma 2 della Marzano (per come modificato da ultimo dal d.l. 18 gennaio 2024, n. 4), la presentazione da parte dei soci (anche solo di minoranza, purché detengano almeno il 30% delle azioni o quote) dell’istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria impedisce l’accesso a uno degli strumenti ordinari di regolazione della crisi e dell’insolvenza previsti dal Codice, e comunque ne preclude la prosecuzione[56].

Tanto precisato, c’è tuttavia da chiedersi se l’indicato continuum di procedure e strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza secondo le disposizioni recate oggi dal Codice realizzi adeguatamente anche gli interessi, di rilievo collettivo, che hanno portato all’introduzione nel nostro ordinamento delle procedure di amministrazione straordinarie (e poi al loro mantenimento, al di fuori della sistematica del nuovo Codice), anche in quella fase, così cruciale e delicata, antecedente all’insorgere di una situazione di vera e propria “insolvenza”, nella quale le probabilità di conservazione dei complessi produttivi e dei rapporti di lavoro ad essi correlati sono senz’altro ben più concrete e pregnanti[57].

Sotto questo profilo, c’è da osservare che se le procedure di amministrazione straordinaria sono caratterizzate, e proprio a tutela di tali più ampi interessi, dalla compresenza di un apparato di controllo e di indirizzo della procedura di matrice anche amministrativa, che si affianca a (e a certi limitati fini talora sostituisce) quello giudiziale, un potenziale (e fors’anche utile) elemento di integrazione della disciplina vigente sarebbe quello di prevedere anche in tali strumenti e procedure di regolazione preventiva della crisi che abbiano ad oggetto imprese grandi o grandissime astrattamente assoggettabili all’amministrazione straordinaria forme e momenti di opportuno raccordo e intervento anche dell’autorità amministrativa, a tutela di tali interessi collettivi.

In questo senso potrebbe essere opportuno prevedere ad esempio che, per le imprese assoggettabili all’amministrazione straordinaria, il potere di nomina dell’esperto nella composizione negoziata appartenga al Ministro competente (oggi il MIMIT), magari con obbligo dell’esperto di relazionare circa l’esito della negoziazione anche in sede ministeriale (dove potrebbero svolgersi alcuni più delicati incontri con i creditori e i rappresentanti dei lavoratori e dove gli apparati dell’unità di crisi del medesimo Ministero potrebbero intervenire per facilitare il raggiungimento di possibili accordi, anche grazie a qualche misura specifica di ausilio e sostegno, purché di carattere temporaneo). Analogamente, e sempre a tutela d’interessi di carattere generale, in caso di piani di ristrutturazione soggetti a omologazione che riguardino imprese assoggettabili all’amministrazione straordinaria sarebbe forse logico prevedere che, prima dell’omologa da parte del tribunale, il piano sia sottoposto ad un vaglio (ovvero ad un’approvazione, almeno nella forma del silenzio-assenso) anche in sede ministeriale (a maggior ragione quando il percorso di risanamento si avvalga di misure temporanee di sostegno o finanziamento pubblico). Nella stessa logica, per le procedure di concordato con continuità aziendale che coinvolgano imprese o gruppi di imprese grandi o grandissime ai fini dell’amministrazione straordinaria, sarebbe coerente stabilire che i commissari giudiziali siano scelti dal tribunale tra le liste dei commissari tenute dal MIMIT, ovvero all’interno di una rosa di nomi indicati dallo stesso Ministero, cui potrebbero essere inviate anche informative relative ai contenuti del piano e della proposta sottoposta al voto dei creditori, nonché le relazioni periodiche sull’andamento della procedura e sull’esecuzione degli obblighi concordatari, prevendendo fors’anche un’informativa specifica – con la possibilità di formulare osservazioni o rilievi – prima dell’omologa giudiziale.

Tanto chiarito quanto alla possibilità, anche per le imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria, di accedere a tutti gli strumenti di regolazione della crisi disciplinati dal nuovo Codice, correlativamente, il riferimento alla supposta “esclusività” della procedura di amministrazione straordinaria, contenuta implicitamente nella definizione dell’art. 1 d.lgs. 270/99 (“la procedura”) e in modo esplicito (ma impreciso e improprio) nella locuzione utilizzata dal legislatore nell’art. 1, comma 2, lett. a) del Codice (nel lemma che apre la norma e che ne condiziona l’applicazione: “se la crisi o l’insolvenza di dette imprese non sono disciplinate in via esclusiva”) vanno intese, coerentemente, come indici della volontà del legislatore a che, una volta avviata la procedura di amministrazione straordinaria, sia  quest’ultima a regolare, appunto “in via esclusiva”, la vicenda, salva la possibilità di “conversione” verso il fallimento (e ora, verso la liquidazione giudiziale: a meno di non voler ritenere che la conversione sia anche oggi regolata verso le norme e la procedura di fallimento ante Codice, il che non mi pare sia: v. comunque meglio infra su questo), quando le prospettive di risanabilità e/o di cessione dei complessi aziendali mantenuti attivi non siano concrete e realistiche.

Così ricostruito, l’ordinamento concorsuale riformato presenta una sorta di gradualità tra gli strumenti “ordinari” conservativi, disciplinati dal Codice, e quelli “speciali”, previsti per alcune tipologie di imprese la cui crisi e/o insolvenza sia suscettibile, per varie ragioni, di sollevare risvolti d’interesse generale, dalle norme in materia di amministrazione straordinaria[58]. Con la necessaria precisazione, però, non di poco conto (anche sul piano ricostruttivo più generale), che nei casi regolati dalla legge Marzano (e in quelli riguardanti imprese fornitrici di servizi pubblici essenziali o esercenti almeno uno stabilimento strategico d’interesse nazionale) la sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria, con lo “spossessamento” che ne consegue e l’affidamento della gestione dell’impresa a uno o più commissari di nomina governativa, può essere immediata e discendere inizialmente da un atto della pubblica autorità (purché lo stato di insolvenza sia poi confermato da un provvedimento giurisdizionale del tribunale), a condizioni però che l’avvio della procedura “speciale” si fondi su un’istanza di parte (il che potrebbe apparire invero contraddittorio per la più marcata presenza di interessi pubblici che l’insolvenza di tali particolari imprese tipicamente involge, per  natura dell’attività svolta e magnitudine gli interessai incisi).

Tale ultima considerazione consente di mettere in evidenza un (ulteriore e importante) profilo di specialità della disciplina dell’amministrazione straordinaria (che protegge, s’è detto, l’impresa in sé, oggettivamente considerata, anche nei rapporti negoziali funzionali al suo esercizio e con un particolare riguardo alla conservazione di quelli di lavoro subordinato), rispetto agli strumenti conservativi “ordinari” codicistici, in punto di gestione dell’impresa in corso di procedura, posto che questi ultimi, diversamente da quanto accade nell’amministrazione straordinaria, risultano improntati non già allo spossessamento[59] (che è invece praticato solo nella liquidazione giudiziale), ma all’opposto principio, di matrice anglosassone[60], della DIP-Debtor In Possession che, coerentemente con la natura qui solo privata degli interessi in gioco, rimette al debitore stesso il compito di scegliere lo strumento di regolazione della crisi ritenuto più confacente anche ai propri bisogni e interessi, organizzandone di conseguenza, sotto il controllo e la vigilanza degli organi di procedura, anche tempi e modalità operative[61].

Si tratta di un elemento differenziale che va tenuto – nel vigore del nuovo Codice e nel lavoro interpretativo di ricerca di soluzioni ermeneutiche idonee ad assicurare la corretta interazione tra i due sistemi normativi di regolazione dell’insolvenza delle imprese grandi e grandissime – in attenta e doverosa considerazione.  

 

3. Le norme transitorie e le questioni di diritto intertemporale.

Tutto questo quando sia chiara, ratione temporis, l’applicazione del nuovo Codice alla vicenda di crisi e di insolvenza di imprese assoggettabili all’amministrazione straordinaria.

Ma vi è anche da capire come risulti ordinata la relazione tra i due sistemi disciplinari quando una procedura di amministrazione straordinaria sia invece pendente e se (e in caso come) il Codice abbia stabilito (ovvero limitato) la propria applicazione alle procedure di amministrazione straordinaria già in corso, con disposizioni di carattere transitorio.

Occorre infatti innanzitutto chiedersi (per tornare così all’ipotesi sopra considerata) che cosa accada in particolare se le prospettive di recupero siano accertate come non sussistenti e l’insolvenza sia considerata dunque come “non reversibile”, ai fini della cd. “conversione in fallimento” della procedura di amministrazione straordinaria[62], per le procedure già avviate prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice e per quelle che siano state avviate invece successivamente; e, più in generale, come debbano essere interpretati i residui rinvii alla legge fallimentare che nella disciplina delle due amministrazioni straordinarie sono assai frequenti e che permangono inalterati[63], non essendo stati oggetto di interventi di armonizzazione da parte del legislatore della riforma, e ciò anche alla luce del fatto che invece, in altri casi, le norme di rinvio alla legge fallimentare sono stati oggetto di previsioni normative specifiche da parte del Legislatore, in particolare nel d. lgs. 83/2022, di recepimento della direttiva Insolvency[64],ad alcune e ben individuate disposizioni del nuovo Codice; e, inoltre, come debba essere letto e interpretato il rinvio (più generale e di carattere residuale) contenuto nell’art. 36 d. lgs. 270/99, alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa (e ciò tenendo anche conto di quanto disposto dell’art. 294 del nuovo Codice, a mente del quale “i rinvii al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 contenuti in leggi speciali in materia di liquidazione coatta amministrativa si intendono fatti alle disposizioni del presente codice della crisi e dell’insolvenza e secondo le norme di coordinamento[65]).

I temi sono, invero, complessi e, a mio avviso, per vari profili anche interconnessi. E non credo che la soluzione ai vari quesiti appena formulati possa discendere semplicemente dalla norma, che qualificherei di adeguamento lessicale, di cui all’art. 349 del Codice, rubricata infatti significativamente “sostituzione dei termini fallimento e fallito”, secondo la quale “nelle disposizioni vigenti i termini ‘fallimento’, ‘ procedura fallimentare’ e ‘fallito’ nonché le espressioni dagli stessi termini derivate devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le espressioni ‘liquidazione giudiziale’, ‘procedura di liquidazione giudiziale’ e debitore assoggettato a liquidazione giudiziale’ e loro derivati, con salvezza della continuità della fattispecie[66].

In prima battuta (e fatte salve le notazioni di maggior dettaglio che seguono), può dirsi innanzitutto che, per le procedure di amministrazione straordinaria avviate prima dell’entrata del nuovo Codice, la “conversione in fallimento”, ove disposta, sarà da considerarsi come regolata (e continuerà pertanto ad essere disciplinata) dalle norme della legge fallimentare.

È quanto mi pare debba evincersi dal precetto di cui al comma 2 dell’art. 390 del Codice (significativamente rubricato “Disciplina transitoria”), a mente del quale “le procedure di fallimento … pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto … sono definite secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” (e non vedrei ragioni e disposizioni che consentano – o suggeriscano – di poter giungere a una diversa conclusione per le procedure di fallimento derivanti dalla conversione di procedure di amministrazione straordinaria).

Da tale disposizione dovrebbe altresì desumersi, a contrario, che le conversioni (di procedure di amministrazione straordinaria in “fallimento”) che avvengano invece nel vigore del nuovo Codice possano intendersi (e svolgersi) come regolate dalle norme sulla “liquidazione giudiziale” recate dal nuovo Codice[67].

Oltre che dall’argomento interpretativo appena menzionato, la soluzione proposta mi pare anche logica e rispettosa della ratio legis, perché non vedrei ragioni per non applicare le norme del nuovo Codice alla fase disgregativa e liquidatoria in senso stretto dell’amministrazione straordinaria, una volta cioè che le prospettive di conservazione a fini di cessione ovvero di risanamento dei compendi produttivi siano state valutate come irrealistiche e che la liquidazione degli attivi avvenga allora a fini dichiaratamente satisfattivi dei creditori in concorso.

Va peraltro segnalato che a dare conferma della correttezza di questa lettura viene (ora) anche la disposizione di cui al comma 1-bis dell’art. 73 del d.lgs 270/99 (introdotta dall’art. 4-bis, comma 1, lett. d) del d.l. 18 gennaio 2024, n. 4[68]), in forza della quale, quando sia stata realizzata la cessione dei complessi aziendali e sia stato adottato dal tribunale, su istanza del commissario straordinario, il decreto di “cessazione dell’esercizio dell’impresa”, il medesimo “commissario straordinario, previa autorizzazione ministeriale, chiede al tribunale la conversione dell’amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale”; con la conseguenza, stabilita dal comma 3 del medesimo articolo, interessante anche sul piano sistematico, che a far data dal decreto che accerta la cessazione dell’esercizio dell’impresa “l’amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria”.

In definitiva la norma, in vigore dal 19 marzo 2024, stabilisce espressamente che, esaurita la fase di esercizio dell’impresa nella procedura di amministrazione straordinaria, il commissario straordinario debba chiedere al tribunale la conversione della procedura “in liquidazione giudiziale”, la quale dovrà svolgersi allora, per intero e in diretta consecuzione rispetto alla procedura di amministrazione straordinaria già pendente, secondo regole e modalità liquidatorie stabilite dal nuovo Codice; e ciò anche per le amministrazioni straordinarie aperte prima della sua entrata in vigore (purché la conversione avvenga, invece, in un momento successivo).

 

4. Le norme di rinvio dell’amministrazione straordinaria al nuovo Codice e alla legge fallimentare. Ipotesi ricostruttive e possibili soluzioni interpretative.

Tanto chiarito quanto alla consecutio delle procedure, altro e delicato problema è, come si anticipava, quello posto dai numerosi rinvii presenti nella disciplina dell’amministrazione straordinaria a norme (e talora a interi capi) della legge fallimentare, perché in tal caso si tratta, invece, di disciplina della fase “propria” e conservativa della procedura di amministrazione straordinaria, che certo è ispirata a logiche sue proprie, non sempre e non necessariamente coincidenti con quelli delle norme richiamate o con quelle corrispondenti del nuovo Codice[69]

A tale riguardo si tratta in particolare di capire se, con l’entrata in vigore del Codice, i rinvii non oggetto di un intervento novativo verso sue disposizioni (e che dunque mantengono il riferimento a norme della legge fallimentare) debbano essere interpretati come “fissi”, “materiali” o “statici” (nel senso che continuino cioè a riferirsi e a rendere applicabile la norma espressamente richiamata, come enunciato precettivo, indipendentemente dalle modifiche che vi fossero nel tempo apportate), ovvero come “mobili”, “formali” o “dinamici” (ossia come riferiti ormai alla disciplina attualmente vigente nel Codice della crisi che corrisponda, ratione temporis, alla norma ab origine richiamata)[70].

Il problema interpretativo è acuito in questo caso dal fatto che, come si accennava, mentre in alcuni casi il legislatore si è fatto carico di adeguare direttamente taluni rinvii, che sono stati novati con richiami a ben individuate norme del nuovo Codice (v. ad es. artt. 8, 15 e 19, che richiamano ora disposizioni del Codice), negli altri (e più numerosi) casi di rinvio alla legge fallimentare nulla è stato disposto[71], lasciando così ancor più incerta[72] l’individuazione della corretta soluzione ermeneutica.

Come noto, il tema è stato affrontato in dottrina da diverse angolazioni e prospettive.

Secondo una prima tesi, sostenuta in particolare da Antonio Rizzi, dovrebbero continuare a trovare applicazione le norme della legge fallimentare, quali precetti in senso “materiale”. L’Autore, pur riconoscendo in premessa (con una notazione a mio avviso corretta ed ermeneuticamente rilevante) che la “profonda trasformazione che da un decennio a questa parte sta investendo tutte le procedure concorsuali (e che l’intervento di riforma organica … intende portare a compimento), consente di affermare che oggi anche le procedure ordinarie sono prevalentemente orientate, quando ciò sia possibile, alla salvaguardia della continuità aziendale e sono perciò tese a considerare la liquidazione dell’impresa come un approdo soltanto residuale. Il che indiscutibilmente avvicina questi due mondi un tempo così lontani e dissonanti dell’universo concorsuale”, ritiene tuttavia (non senza – rilevo sommessamente – un’intrinseca contraddizione) che le norme del nuovo Codice non potrebbero mai applicarsi all’interno della disciplina dell’amministrazione straordinaria, e ciò in virtù della scelta, fatta a monte dal legislatore, di “sottrarre” tale disciplina alla riforma da esso operata[73]. Da questa considerazione deduce allora che, per rispettare pienamente la voluntas legis ed evitare un (altrimenti insormontabile) problema (anche costituzionale) di mancanza di copertura normativa a livello primario e di eccesso di delega, i (numerosi) rinvii non espressamente novati ancora presenti nella disciplina della Prodi-bis andrebbero intesi come fissi e materiali, e pertanto anderebbero sempre e comunque applicate le norme della legge fallimentare (o della liquidazione coatta amministrativa, se del caso) che vengano richiamate dalle fonti di disciplina dell’amministrazione straordinaria. Si avrebbe, in questo modo, una piena sopravvivenza delle norme della legge fallimentare, per non alterare la disciplina materiale dell’amministrazione straordinaria, come posta e voluta dal legislatore storico, la quale deve restare, a suo avviso, “intangibile[74].

Pur con alcuni distinguo, sembra seguire tale linea argomentativa anche Massimo Fabiani che, riferendosi più in dettaglio alla questione della disciplina applicabile ai contratti pendenti nell’amministrazione straordinaria, ritiene in ogni caso preferibile, e anzi necessario, conservare al riguardo l’applicazione delle norme della legge fallimentare, evidenziando che la cesura introdotta in materia di prededuzione nel nuovo Codice, nel non riconoscere in particolare la prededucibilità dei crediti anteriori al concorso anche per i contratti che siano oggetto di prosecuzione, mal si attaglierebbe alla funzione conservativapropria dell’amministrazione straordinaria, che richiede (al contrario) di garantire la piena continuità, anche quanto ai rapporti pregressi, per i contratti la cui prosecuzione il commissario straordinario abbia ritenuto necessaria o comunque opportuna per garantire il miglior esito del percorso di cessione o risanamento dei complessi produttivi[75].

Secondo altra tesi, sostenuta in particolare da Giacomo D’Attorre, i rinvii dovrebbero essere invece considerati tutti come mobili, tenuto conto in particolare del disposto dell’art. 349 del nuovo Codice, che Egli legge in senso forte e “sostanziale”, ossia come volontà del legislatore di applicare anche le “norme” della “liquidazione giudiziale”, in luogo di quelle della “legge fallimentare”, tutte le volte in cui queste siano richiamate da altre disposizioni; e ciò deve valere, allora, anche per tutti i rinvii a norme della legge fallimentare presenti nella disciplina dell’amministrazione straordinaria, che saranno da leggere pertanto tutti come (“mobili” e dunque come) operanti verso le corrispondenti norme della liquidazione giudiziale[76].

Secondo un’ulteriore posizione, sostenuta più di recente da Massimo Rossi, premesso che non può stabilirsi, sul piano normativo e delle fonti, una regola generale per valutare la natura fissa o mobile di un rinvio (e che semmai vi sarebbe spazio, nel caso di specie, per una “presunzione di dinamicità”, e dunque di “mobilità” dei rinvii[77]), il metodo più rigoroso di procedere sarebbe quello di cercare “caso per caso” la soluzione più convincente e compatibile con la disciplina speciale  dell’amministrazione straordinaria, valutando cioè l’identità o meno di ratio sottostante delle soluzioni cui si perverrebbe applicando le norme materiali richiamate della legge fallimentare, ovvero quelle “analoghe” e corrispondenti, ove esistenti, siccome disciplinate dal nuovo Codice. A tal riguardo, seguita l’attento studio di Rossi, anche al fine di fornire criteri atti a guidare il più corretto esercizio di questo delicato lavoro ermeneutico, si dovrebbe innanzitutto differenziare il caso dei rinvii a singole norme da quelli relativi, invece, a interi capi o sezioni della legge fallimentare, potendosi in quest’ultimo caso più plausibilmente presumere, con un maggior grado di attendibilità, che si tratti di rinvii dinamici[78]; ma anche così, la corretta soluzione ermeneutica andrebbe cercata, sempre e comunque, tramite un’analisi “caso per caso[79]. 

Tale pur pregevole lettura sembra tuttavia aprire notevoli (e forse eccessive) incertezze nell’individuazione della disciplina applicabile, lasciando in definitiva per intero sulle spalle dell’interprete l’onere di accertare, appunto caso per caso e in funzione della ratio sottostante (dell’amministrazione straordinaria, in relazione alle norme della previgente legge fallimentare e a quelle analoghe o corrispondenti del nuovo Codice), quale sia la norma da applicare[80]: il che minerebbe però la (invece fondamentale, specie per procedure che riguardano imprese di maggior rilievo economico e sociale) certezza e prevedibilità ex ante della disciplina applicabile, con il rischio di derive arbitrarie ovvero “opportunistiche” .   

Al riguardo, a me pare che la soluzione da preferire, stante la (pur riconosciuta, anche da Rizzi e da Rossi), assonanza funzionale del nuovo Codice (a maggior ragione dopo il recepimento della Direttiva Insolvency[81]) con quella (a suo tempo, invece, sostanzialmente sovversiva dei normali valori e princìpi del diritto concorsuale[82]) dell’amministrazione straordinaria, possa essere quella di considerare i rinvii in via presuntiva come mobili[83], salva verifica della compatibilità e coerenza della soluzione così raggiunta con i princìpi e le regole interne e proprie dell’amministrazione straordinaria[84].

E in questo senso c’è da convenire con Massimo Fabiani (benché sulla base di un iter argomentativo in parte diverso) sulla conclusione secondo cui il regime di non prededucibilità dei crediti anteriori derivanti da contratti pendenti confermati dal Commissario straordinario come funzionali alla migliore riuscita della conservazione dei compendi aziendali (a fini di cessione o risanamento) sia probabilmente incoerente e potenzialmente di ostacolo[85] al raggiungimento degli obiettivi (appunto di conservazione dei complessi produttivi e dei connessi posti di lavoro) dichiarati qui espressamente come prevalenti[86].

In ogni caso, nell’operazione di verifica della coerenza assiologica e funzionale dei risultati raggiunti (con la disciplina peculiare e tipica dell’amministrazione straordinaria, per la tutela di interessi anche e prioritariamente collettivi cui essa è preordinata) occorrerà tenere in considerazione anche l’importante elemento differenziale che si è sopra segnalato, quello cioè dello “spossessamento” (e che viene qui operato in via definitiva, in caso di programma che preveda la cessione dei complessi produttivi; ovvero in via solo temporanea, quando si attui invece un programma di risanamento, al realizzarsi del quale l'impresa torna nelle mani di chi ne risulti per allora proprietario); ciò che impedisce in ogni caso impropri automatismi e impone dunque una verifica di compatibilità di ratio nei risultati interpretativi ottenuti (applicando la presunzione di dinamicità qui suggerita).

In conclusione può aggiungersi anche che l’attuale assetto normativo (di cui s’è detto al paragrafo che precede), nello stabilire ora espressamente la conversione dell’amministrazione straordinaria “in liquidazione giudiziale”, sembra ulteriormente avvalorare, per coerenza intrinseca della disciplina che ne risulta, anche la presunzione di dinamicità dei rinvii qui considerata. 

 

5. Conclusioni (e qualche ipotesi di lavoro, anche in vista di un possibile intervento di riforma).

Volendo a questo punto provare a tracciare alcune rapide note conclusive di queste riflessioni, può dirsi innanzitutto che l’ordinamento concorsuale italiano si caratterizza (a differenza di quello di altri Paesi europei[87]) per la compresenza di questi due sistemi normativi di trattamento (della crisi e) dell’insolvenza, uno (di applicazione comune) recentemente riformato, e uno (per la tutela d’interessi di rilievo generale per la particolare magnitudine dell’impresa o per l’attività svolta) no (o non ancora). È allora compito dell’interprete, almeno fino quando non si sarà realizzata una (pur per molti versi auspicabile) riforma della disciplina dell’amministrazione straordinaria[88], individuare le soluzioni che rendano tale convivenza (e l’interazione che ne deriva) logicamente coerente e quanto più possibile armonica.

In questo senso, un primo punto fermo da cui la ricostruzione dei rapporti tra nuovo Codice e disciplina delle amministrazioni straordinarie deve muovere mi pare possa essere che alle imprese definite “grandi” o “grandissime” ai fini della loro assoggettabilità alla procedura di amministrazione straordinaria “comune” o “speciale” (nell’accezione sopra indicata) si applicano anche le norme che disciplinano gli “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” previsti nel Codice[89]; con la conseguenza, allora, che anche tali imprese – quale che sia la dimensione, il numero di dipendenti o l’attività svolta – potranno avvalersi in via preventiva di tutti gli strumenti che il nuovo Codice riformato anche sulla scorta delle direttive europee mette a disposizione (di tutte le imprese) per superare una condizione di crisi e persino di insolvenza[90]. Il che apre anche alle imprese assoggettabili all’amministrazione straordinaria molteplici e variegate possibilità di intraprendere un percorso di soluzione della crisi che cerchi sin da subito di invertire la rotta e di individuare le soluzioni atte a evitare che si determini un più grave stato di insolvenza (e, non a caso la prassi mostra non pochi esempi di vicende di crisi di imprese grandi o grandissime affrontate inizialmente attraverso l’uso degli strumenti comuni e l’approdo verso l’amministrazione straordinaria come extrema ratio, quando i primi siano risultati, in concreto, impraticabili o non abbiano comunque portato ai risultati attesi[91]).

Vi è dunque, anche nei fatti (oltre che sul piano giuridico), una sorta di gradualità, tra gli strumenti “ordinari” previsti dal Codice e quelli “speciali” consentiti dalle norme in materia di amministrazione straordinaria, per le vicende di crisi cui siano sottesi interessi anche di rilievo collettivo.

Quando però i tentativi svolti (anche in ambito “amministrativo”: si veda, al riguardo, la rilevante esperienza dei “tavoli di crisi” attivati in sede ministeriale[92]) non abbiano avuto successo e la situazione di crisi sfoci nell’insolvenza, per le imprese grandi e grandissime (e per quelle che svolgono attività d’interesse strategico o eroghino servizi pubblici essenziali) l’ordinamento prevede che, in luogo della liquidazione giudiziale, si debba aprire, invece, la procedura di amministrazione straordinaria, nelle sue diverse ipotesi e declinazioni, per verificare se, attraverso le regole “di favore” che tale procedura temporaneamente accorda, sia ripristinabile l’equilibrio economico-finanziario e sia dunque possibile, alternativamente, preservare e cedere i complessi produttivi mantenuti vitali ovvero risanare l’impresa riorganizzandone i fattori produttivi; in entrambi i casi salvaguardando, per quanto possibile, i livelli occupazionali.

Quando il commissario (ovvero anche il tribunale, d’ufficio o su istanza di parte) accerti però che questi obiettivi non siano ragionevolmente conseguibili (ab origine, ovvero secondo una valutazione compiuta ex post e in itinere, dopo la presentazione e approvazione del piano), la procedura torna nell’alveo naturale del Codice e va convertita in una liquidazione giudiziale ordinaria, che dovrà svolgersi secondo le regole comuni, con l’esitazione degli attivi aziendali a finalità prettamente satisfattive degli interessi dei creditori in concorso. E questo appare logico e coerente, perché se l’impresa non può essere risanata (o non sia possibile cederne almeno i complessi produttivi con i connessi rapporti di lavoro), l’ordinamento richiede che il trattamento di favore – di carattere derogatorio e strutturalmente transitorio[93] – consentito per svolgere (per un periodo di tempo circoscritto, individuato dalla legge) il tentativo di conservazione dell’impresa in continuità debba cessare ed essa debba essere allora liquidata ed espunta dal mercato, perché brucia ricchezza invece di produrne e la sua sopravvivenza “forzata”, a spese dei creditori, costituisce un’alterazione delle corrette dinamiche concorrenziali che non può essere accettata sine die (fuori da situazioni eccezionali, com’è ad es. quello dell’ILVA di Taranto, dove vengono in gioco altri interessi costituzionali sovraordinati, quali la salute pubblica e la tutela dell’ambiente e del territorio, che in un pur necessario bilanciamento di interessi devono avere la prevalenza sull’interesse economico e su quello concorrenziale[94]).

Ma se così è, nella coesistenza dei due sistemi normativi all’interno dell’ordinamento concorsuale riformato (in questi termini ricostruito) si annida oggi un’almeno apparente aporia.

Infatti, se presupposto della procedura di amministrazione straordinaria resta l’accertamento giudiziale di uno stato d’insolvenza, ma il nuovo Codice e il diritto societario impongono agli amministratori di attivarsi senza indugio per avviare un percorso di risanamento al primo manifestarsi dei segnali di crisi, attraverso la scelta di uno degli strumenti predisposti per la sua regolazione[95], il rischio, neppure tanto remoto, è che all’apertura della procedura di amministrazione straordinaria si arrivi quando è già troppo “tardi”, quando cioè altri tentativi siano stati inutilmente svolti e quando altro tempo prezioso sia stato allora perso, aggravando ulteriormente il dissesto dell’impresa assoggettabile ad amministrazione straordinaria e riducendo così, inevitabilmente, anche le possibilità di sua conservazione e/o risanamento[96].

Questo risultato (che sembra oggi necessitato sul piano normativo) finisce per cozzare, però, con la ratio stessa dell’amministrazione straordinaria e per rendere senz’altro più problematico il tentativo condotto dal commissario straordinario – sulla base delle indicazioni di ordine più generale provenienti dal Ministero[97] e in conformità ai contenuti del piano in tal sede approvato – di conservazione della capacità produttiva e/o risanamento proprio delle imprese più importanti e di maggior rilievo, anche sociale, che a tale procedura sono destinate.

In definitiva, e per coerenza: o si ritiene che l’amministrazione straordinaria sia divenuta ormai superflua, perché la tutela dell’impresa intesa in senso obiettivo,  come organizzazione produttiva, è divenuta patrimonio comune dell’ordinamento concorsuale riformato (anche sulla scorta dei princìpi di derivazione unionale) per tutte le imprese, indipendentemente da fattori di tipo quantitativo o qualitativo, legati anche al numero dei posti di lavoro da salvaguardare[98], e allora di essa si può in futuro anche fare a meno; oppure, se si ritiene che la procedura conservi una sua precipua e specifica funzione, a tutela di interessi collettivi preminenti su quelli creditori[99], occorre adottare alcuni opportuni accorgimenti.

In particolare, e coerentemente con la ratio complessiva di tale disciplina, appare necessario anticipare l’accesso alla procedura di amministrazione straordinaria delle imprese più importanti e di maggior rilievo sociale, in modo da poter così realizzare al contempo, in modo più realistico ed efficace, anche gli obiettivi di politica economica generale del Governo, consentendone allora l’avvio, su istanza di parte, anche in presenza di uno stato (di crisi[100] o) di insolvenza solo prospettica o potenziale[101] (e che appaia, però, al contempo, come ragionevolmente reversibile)[102].

Occorre inoltre raccordare in modo coerente e secondo un disegno unitario le varie procedure conservative previste oggi dall’ordinamento concorsuale riformato, introducendo allora strumenti e momenti di intervento anche amministrativi in quelle “comuni”, regolate dal Codice, quando riguardino imprese assoggettabili, per dimensione o attività svolta, ad amministrazione straordinaria e la tutela di interessi collettivi lo richieda[103].



[1] Nella ormai sterminata letteratura fiorita a commento e analisi del nuovo Codice della crisi si segnala, in particolare, per l’approfondita disamina dei rapporti con le fonti unionali, Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2022 (spec. Sez. I, 10 ss.); sia consentito, per brevità, anche il rinvio a quanto più ampiamente osservato in Dalla legge fallimentare alla direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, in Giur. comm., 2023, I, 499 ss..

[2] Da ultimo, in virtù del cd. “terzo correttivo”, quello recato dal d. lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (pubblicato in GU, 27 settembre 2024, Serie Generale, n. 227).

[3] Per questa distinzione cfr. da ultimo, autorevolmente, A. Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi. Analisi de iure condito e prospettive de iure condendo, a cura di D. Vattermoli, Pisa, 2024, 11 ss.; in senso analogo, al plurale e con classificazione tuttavia lievemente diversa, v. anche S. Bonfatti, Gli effetti delle Amministrazioni Straordinarie, ivi, 79 ss. (che contrappone l’amministrazione straordinaria che definisce “normale” a quelle invece “speciali”). Una ricostruzione storica dell’introduzione della disciplina dell’amministrazione straordinaria nel nostro ordinamento, nelle sue varie versioni, è ora in S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, in Ristrutturazioni Aziendali, 11 dicembre 2024, ove anche più ampie indicazioni bibliografiche (in particolare quanto alla prima stagione della prima “legge Prodi”, l. 95/79, qui non trattata).

[4] Per qualche maggiore precisazione v. ancora le puntuali notazioni di Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., spec. 14 ss., che sottolinea come la disciplina dell’amministrazione straordinaria “comune” sia indicata come applicabile anche a quella “speciale”, ove non diversamente disposto, sia pur nei limiti di una valutazione di compatibilità, rimessa all’interprete e non sempre di agevole soluzione. Di qui, anche, l’idea che quella “speciale”, delineata per le imprese definite come “grandissime”, sia una sorta di variante dell’amministrazione straordinaria comune, con più marcati profili di interesse pubblico e dunque di esercizio di poteri autoritativi (assai evidenti, in particolare, nella fase di avvio della procedura, che non richiede l’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza). 

[5] Il tema è stato di recente investigato in particolare da M. Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, in ivi, 51 ss..

[6] Ci si riferisce alla cornice normativa regolata in termini generali dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, recante Nuove disposizioni urgenti a tutela dell’ambiente, della salute e del lavoro nell’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale, nata come generalizzazione di alcune disposizioni speciali adottate per la gestione della crisi dell’Ilva (su cui v. da ultimo Bonfatti, Gli effetti delle Amministrazioni Straordinarie, cit., spec. 91 ss.), nonché alle disposizioni dettate per le amministrazioni straordinarie di imprese di carattere strategico dalla legge 15 marzo 2024, n. 28 (di conversione, con modificazioni, del d.l. 18 gennaio 2024, n. 4).

[7] Cfr. Insolvenza e mercato. Itinerari per la modernizzazione delle discipline sulla crisi d’impresa, Napoli, 2018, in partic. 151 ss..

[8] Per maggiori dettagli sul contenuto di tale progetto si veda in particolare S. Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, Trattato diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, Milano, 2016, Tomo III, 4015 ss. (spec. 4150 ss.), nonché Id, Profili di riforma delle leggi in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in NDS, 2018, 549 ss..

[9] Cfr. da ultimo anche D. Vattermoli, Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi: prospettive de jure condendo, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi. Analisi de iure condito e prospettive de iure condendo, cit., 209 ss.; la presenza di interessi pubblici quale presupposto della disciplina ha indotto parte della dottrina a parlare, a questo proposito (e con riferimento altresì alla liquidazione coatta amministrative), di “procedure amministrative”, per distinguerle da quelle definite invece come “giudiziali” (così ad es. A. Nigro e D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, 5^ ed., Bologna, 2021, in partic. Sez. II, 511 ss.). In questi termini v. anche il lavoro monografico di M.V. Ferroni, Le procedure amministrative di gestione delle imprese in crisi, Torino, 2022 nonché, per un più ampio inquadramento teorico del tema, N. Longobardi, Crisi d’impresa e intervento pubblico, Milano, 1985.

[10] Lo nota (criticamente) Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit.; sul punto, con diverse sfumature, v. anche G. Minervini, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Giur. comm., 1979, I, 619 ss.; A. Jorio, Le procedure concorsuali tra tutela del credito e salvaguardia dei complessi produttivi, in Giur. comm., 1994, I, 492 ss. e G. Oppo, Diritti e interessi nella nuova disciplina dell’insolvenza delle “grandi imprese”, in Riv. dir. civ., 2000, II, 519 ss.. Per un’analisi organica dell’istituto v. invece, tra gli altri, in riferimento al modello originario di cui alla cd. “legge Prodi” (l. 3 aprile 1979, n. 95), F. Vassalli e Castiello d’Antonio, Amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1996, 1 ss.; per la versione comune di cui alla cd. Prodi-bis (d. lgs. 270/99) v. A. Nigro, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi. Appunti di diritto fallimentare, Roma, 2000; V. Zanichelli, L’amministrazione straordinaria, in Fallimento e altre procedure concorsuali, Trattato diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, Torino, 2009, 2010 ss.; G. Meo, Il risanamento finanziato dai creditori. Lettura dell’amministrazione straordinaria, Milano, 2013; Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, cit., 4015 ss.; F. Di Marzio e F. Macario, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio e B. Sassani, V, Milano, 2017, 601 ss.. Per i profili di potenziale criticità concorrenziale della disciplina “derogatoria” in cui ha luogo la continuazione dell’attività della grande o grandissima impresa insolvente, nella cornice delle diverse amministrazioni straordinarie, sia consentito il rinvio a Insolvenza e mercato, cit., in partic. 128 ss..

[11] Per qualche ulteriore riferimento su tali vicende si veda ad es. ancora Ambrosini, Profili di riforma delle leggi in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, cit. 549 ss., nonché M. Fabiani, Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza tra definizioni, principi generali e qualche omissione, in Foro it., 2019, I, 162 ss. (v. pure il mio Insolvenza e mercato,cit., spec. 254 ss.).

[12] Appare peraltro assai interessante osservare che la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi e grandissime imprese insolventi deriva concettualmente (e direi anche storicamente) dall’amministrazione straordinaria di tipo “amministrativo” prevista per gli istituti di credito dagli artt. 57 e ss. della legge bancaria del ’36. Maggiori approfondimenti sul punto in A. Nigro, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese. Lineamenti generali, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, vol. XXV, Torino, 2012, 105 ss.. Interessante altresì notare come, anche in questo caso, una “soluzione” peculiare nata e sperimentata in ambito bancario abbia fatto da modello concettuale per una procedura nuova, creata ad hoc per la regolazione della crisi di  imprese non bancarie, grandi o grandissime, le cui vicende involgevano rilevanti interessi pubblici (sul punto sia consentito anche il rinvio a quanto più ampiamente osservato in Interesse pubblico, concorrenza e concorsualità nella disciplina delle crisi bancarie, in Riv. dir. comm., 2021, II, 119 ss.).

[13] Che l’amministrazione straordinaria sia da qualificarsi come “procedura concorsuale” lo chiarisce del resto lo stesso legislatore, all’art. 1, comma 1, d. lgs. 270/99 (“l’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali”). Per la conferma, sul piano sistematico, della correttezza di tale qualifica v. comunque anche Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., 15 ss..

[14] Autorevolmente sul punto cfr. A. Maffei Alberti, L’interesse dei creditori e la continuazione dell’attività nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: un’analisi trasversale, in Ristrutturazioni Aziendali, 30 marzo 2023 (e nel volume collettaneo Assetti aziendali, crisi d’impresa e responsabilità della banca, a cura di S. Ambrosini, Pisa, 2023, 81 ss.), secondo il quale, anche se in virtù di un complesso di disposizioni non sempre coerenti, “nel sistema del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è sicuramente presente la volontà di tutelare la conservazione dell’attività d’impresa e sono state sicuramente introdotte norme che danno piena attuazione a tale volontà, facilitando il percorso volto alla conservazione dell’attività d’impresa”.

[15] Lo rileva lucidamente ora anche Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., in partic. 13.

[16] A sua volta, come noto, progressivamente integrata e riformata, proprio per arricchire lo spettro delle soluzioni di regolazione non solo dell’insolvenza in senso stretto, ma anche della “crisi”, e anche al fine di evitare, quando possibile, la perdita di valore – a beneficio in primo luogo degli stessi creditori (ma d’interesse anche più generale) – inevitabilmente derivante alla dissoluzione dell’organizzazione produttiva e della rete di rapporti e relazioni che ad essa fanno capo (il tema è ben noto e non richiede ulteriore illustrazione in questa sede; in ogni caso, per un inquadramento di questo nuovo corso impresso alle discipline concorsuali, con notazioni anche comparatistiche, cfr. ad es. J. Pulgar Ezquerra, “Holdout” degli azionisti, ristrutturazione di impresa e dovere di fedeltà del socio, in Dir. fall., 2018,  I, 13 ss., ovvero il mio Insolvenza e mercato, cit., passim).

[17] Sotto questo profilo il nuovo Codice, sulla scia dei princìpi e delle disposizioni normative della Direttiva, riconosce in modo esplicito l’esistenza “di creditori per i quali l’interesse alla continuazione dell’attività d’impresa può essere prevalente rispetto all’interesse dell’entità del soddisfacimento del credito anteriore” (così ancora Maffei Alberti, L’interesse dei creditori e la continuazione dell’attività nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 7). Sul punto, per l’analisi della matrice concettuale da cui promana tale affermazione, v. ancora Dalla legge fallimentare alla direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, cit., 502 ss.; per alcune più puntuali esemplificazioni di categorie di creditori che tipicamente possono essere più interessati alla continuità aziendale e alla prosecuzione dei rapporti giuridici che essa comporta (piuttosto che alla percentuale di soddisfazione del credito anteriore insoluto) si rinvia invece a quanto osservato in La direzione unitaria nella crisi di gruppo e i trasferimenti interni nelle operazioni riorganizzative a tutela della continuità aziendale, in Dir. fall., 2024, I, 296 ss. (ivi in partic. 312-3). 

[18] Emblematici, in questo senso, appaiono ad es. i Considerando della Direttiva Insolvency; sul punto, e per più ampi riferimenti, anche comparatistici, si rinvia ad es. a Insolvency, Competition, and the Theory of the Firm, in (32) European Business Law Review, 2021, 743 ss..  

[19] Su questi concetti, per non ripetere cose già dette, v. ancora quanto più ampiamente argomentato in Dalla legge fallimentare alla direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, cit., passim; ma in tema, autorevolmente, v. ora in particolare M. Libertini, Crisi d’impresa e diritto della concorrenza, in Merc. Conc. Reg., 2021, 9 ss. (anche in Le crisi d’impresa e del consumatore. Liber Amicorum per Alberto Jorio, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2021, 969 ss.).

[20] Per un’analisi comparata del nuovo paradigma della “business rescue” in numerosi ordinamenti stranieri si vedano ad es. A. Flessner, La conservazione delle imprese attraverso il diritto fallimentare. Uno sguardo di diritto comparato, in Dir. fall., 2009, 1 ss. e C. Bridge, Insolvency – a second chance? Why modern insolvency laws seek to promote business rescue, in Law in transition, 2013, 28 ss..

[21] Su questa linea, ante litteram e in riferimento alla legge fallimentare v. anche Meo, Il risanamento finanziato dai creditori. Lettura dell’amministrazione straordinaria, cit., 23 ss.; concorde anche Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., 21.

[22] Cfr. ad es. l’analisi condotta con molta precisione nell’evidenziare le diverse finalità e tecniche di intervento (anche se un tema specifico come quello della sorte dei contratti pendenti) da M. Fabiani, I contratti pendenti nell’amministrazione straordinaria alla luce del codice della crisi, in Giur. comm., 2022, I, 787 ss..

[23] Cfr., da ultimo, su questo profilo, il contributo di G. Ferri jr, Profili funzionali dell’amministrazione straordinaria, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi. Analisi de iure condito e prospettive de iure condendo, cit., 29 ss. (pur volutamente limitata al modello “comune” di cui al d. lgs. 270/99, sulle cui conclusioni v. però meglio infra. Una critica alle stesse è ora in Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., 8 ss. e, in modo ancor più specifico, 11 ss.).

[24] Lo evidenzia anche M. T. della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, in Fallimento, 2024, 1226 ss. (e in partic. 1235, la quale sottolinea – a mio avviso correttamente – che “aver incentrato il fulcro della composizione e degli altri strumenti regolatori sul concetto di risanabilità in senso oggettivo dell’impresa e l’aver reso tale prospettiva non più incompatibile con una situazione di insolvenza (ancorché reversibile o prospettica) conduce a un singolare avvicinamento assiologico tra la procedura concorsuale amministrativa e gli strumenti codicistici”. A ciò si aggiunga, a ulteriore conferma del processo di progressivo avvicinamento dei due mondi, l’insistito e ripetuto rinvio, nel Codice, alla necessità che gli strumenti di regolazione della crisi debbano essere utilizzati anche “preservando, nella misura del possibile, i posti di lavoro” (così ad es. l’art. 12, comma 2, dopo i correttivi). Per un’analisi più puntuale su questi profili si rinvia a quanto osservato da S. Ambrosini, Concordato preventivo e soggetti protetti nel Codice della crisi dopo la direttiva Insolvency: i creditori e i lavoratori, in Ristrutturazioni Aziendali, 1 giugno 2022 e, da ultimo, Id, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., 11 ss., ove anche la puntuale ricostruzione della gerarchia degli interessi protetti, anche in relazione agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza di cui al nuovo Codice.

[25] Sia pur dopo qualche inziale incertezza, ha finito per prevalere l’idea che la composizione negoziata sia accessibile anche per le imprese in stato di insolvenza, ove questa si presenti, però, come reversibile (v. meglio infra su questo). Per qualche ulteriore notazione sul punto v. ad es. M. Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, in Fall., 2024, 1217 ss. (e ivi in partic. 1224, nota 24, ove anche riferimenti giurisprudenziali nel senso appena indicato).

[26] Ciò diventa particolarmente evidente nell’istituto della composizione negoziata, assurta (poi) a strumento ordinario a disposizione di tutte le imprese, all’interno del nuovo Codice: per qualche più puntuale notazione in merito v. ad es. il mio Composizione negoziata, norme unionali e (nuovo) Codice della crisi, in Diritto della crisi, 30 marzo 2022, 1 ss. e in Diritto della crisi (Rivista quadrimestrale), 2022, 64 ss.; ma sul punto, ben più autorevolmente, v. A. Jorio, Introduzione, in Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, cit., 1 ss., nonché il bell’affresco storico magistralmente tracciato dallo stesso Autore in Il diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2023 (in partic. 1 ss.). Di “concreta risanabilità dell’impresa” come “presupposto normativo della compressione degli interessi dei creditori” parla, da ultimo, Ferri jr, Profili funzionali dell’amministrazione straordinaria, cit., che si sforza anche di mostrare la tendenziale coerenza di obiettivi (ossia la tutela dei creditori in concorso) tra l’amministrazione straordinaria comune e la liquidazione giudiziale nel nuovo Codice, sia pur con l’eccezione (che a suo dire andrebbe rimossa o adeguatamente armonizzata) rappresentata dal sacrificio degli interessi dei creditori espressamente consentito, nell’amministrazione straordinaria comune, nella fase di vendita di complessi aziendali mantenuti in esercizio; ma sul punto v. anche le notazioni che seguono).

[27] Sul punto si rinvia, per brevità, a quanto osservato, con notazioni anche storiche e comparatistiche, in Insolvenza e mercato. Itinerari per la modernizzazione delle discipline sulla crisi d’impresa, cit., specie 211 ss.; e vedi però già, ben più perspicuamente, S. Pacchi, Dalla meritevolezza dell’imprenditore alla meritevolezza del complesso aziendale, Milano, 1989. 

[28] Pur riconoscendo il cambiamento epocale in atto nella disciplina concorsuale comune, oggetto di una “vera e propria rivoluzione”, tende a ricostruire il rapporto tra le due discipline in termini di “incomunicabilità”, tanto da determinare una “incoerenza del sistema”, Vattermoli, Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi: prospettive de jure condendo, cit., 210 (e che non di meno auspica, poco appresso – e a mio sommesso avviso condivisibilmente, in linea di principio – il pieno inserimento delle procedure di amministrazione straordinaria riformate “nel contesto della Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”). Di contrario avviso, invece, Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1224, secondo il quale occorrerebbe invece differenziare in modo più netto i due sistemi normativi, accentuando i caratteri di specialità dell’amministrazione straordinaria. 

[29] Così, mi pare, anche Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 2 ss..

[30] Come precisa oggi il nuovo art. 2, comma 1, lett. m-bis) del Codice.

[31] Lo afferma in modo netto, quale punto di partenza delle sue riflessioni ricostruttive, anche della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1227 ss.; per una più ampia e puntuale giustificazione dell’assunto con particolare riferimento alla composizione negoziata cfr. invece Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1219 ss. (v. comunque anche infra, testo e note).

[32] In questi termini v. ad es. Le soluzioni negoziate della crisi d’impresa, a cura di S. Ambrosini, Torino, 2021 (e quanto alla necessità di individuare, nel nuovo ordinamento concorsuale, le imprese risanabili e non, cfr. in particolare la Prefazione di Alberto Maffei Alberti, XV); per una più ampia argomentazione, mi permetto di richiamare quanto osservato in Il (necessario) ripensamento delle procedure concorsuali dopo il “lockdown”: dal concetto di “insolvenza” a quello di “risanabilità”?, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 2020, parte I, 965 ss.; ma ben più autorevolmente v. ora anche Jorio, Introduzione, cit., 5.

[33] Lo prevede, in particolare, l’art. 3, comma 2, d. lgs. 270/99, nel testo novellato dal Codice, in relazione anche a quanto disposto in particolare dagli articoli 19 e ss., tra i quali si segnala, in particolare, quello di cui all’art. 21, a mente del quale “il tribunale, con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza o con successivo decreto, adotta i provvedimenti conservativi opportuni nell’interesse della procedura”. 

[34] Propone in questo senso una classificazione quadripartita delle procedure di amministrazione straordinaria Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1217.

[35] Piace al riguardo richiamare innanzitutto B. Libonati, Il gruppo insolvente, Firenze, 1981 (ora anche in Opere monografiche, vol. II, Milano, 2017, 191 ss.).

[36] Infatti, ai sensi dell’art. 4, comma 1-bis della Marzano, “qualora il tribunale respinga la richiesta dichiarazione dello stato di insolvenza ovvero accerti l’insussistenza di anche uno solo dei requisiti previsti nell’art. 1, cessano gli effetti del decreto di cui all’art. 2, comma 2”, ossia di ammissione dell’impresa alla procedura. Nondimeno, seguita la norma, anche in tal caso “restano in ogni caso salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura”.

[37] Su tale delicata fase preliminare della procedura di amministrazione straordinaria, che ne determina gli snodi successivi secondo percorsi alternativi, v. in partic. L. Farenga, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. La fase prodromica di commissariamento giudiziale (cd. fase di osservazione), Milano, 2005. Sulla centralità sistematica di tale disposizione, quale “norma cardine” dell’intera disciplina, v. in ultimo, condivisibilmente, Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., 8 ss..

[38] Ben evidenziata ancora da Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., 20.

[39] Lo si desume assai chiaramente anche dall’art. 30, comma 1, d. lgs. 270/99, il quale prevede che, entro trenta giorni dal deposito della relazione del Commissario Giudiziale, il “tribunale … dichiara con decreto motivato l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, se sussistono le condizioni indicate dall’art. 27. In caso contrario, dichiara con decreto motivato il fallimento”.

[40] Sia consentito, per brevità, il rinvio a quanto già osservato in La nuova “composizione negoziata” alla luce della direttiva “Insolvency”. Linee evolutive (extracodicistiche) dell’ordinamento concorsuale italiano, in Dir. fall. 2022, parte I, 251 ss..

[41] Concetto effettivamente centrale nelle moderne discipline concorsuali, eppure non scevro di intrinseca problematicità (come cercato di evidenziare anche in Disciplina della crisi e diritto della concorrenza, in Riv. dir. comm., 2019, I, 299 ss., e in partic. 366 ss.), essendo affidato a una valutazione variabile in funzione di fattori esterni e mutevoli, in parte opinabile e comunque propria di altri saperi tecnici.

[42] Per qualche necessaria puntualizzazione su questa affermazione, in particolare ai fini della procedura di concordato preventivo per come emerge dal nuovo Codice, v. in partic. S. Ambrosini, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, in Ristrutturazioni Aziendali, 10 marzo 2024 (una versione di questo lavoro, con qualche modifica e integrazione, è in corso di pubblicazione anche in Giur. comm.); per qualche ulteriore riflessione (con diverse sfumature), in ordine al trattamento della crisi di gruppo anche in deroga al tradizionale principio di separazione delle masse e, sul piano sistematico, sul primato che ne deriva del principio di tutela dell’impresa oggettivamente considerata, sia consentito il rinvio a La direzione unitaria nella crisi di gruppo e i trasferimenti interni nelle operazioni riorganizzative a tutela della continuità aziendale, cit., 296 ss..

[43] Così ancora Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., 20 ss.. Su questo punto si veda comunque meglio infra nel testo.

[44] Di “insolvenza reversibile” parla lucidamente Jorio, Introduzione, cit., 5. Per la centralità, nel contesto del nuovo Codice armonizzato con le direttive europee, del concetto di “risanabilità” si rinvia a quanto ho cercato di argomentare sin da Il (necessario) ripensamento delle procedure concorsuali dopo il “lockdown”: dal concetto di “insolvenza” a quello di “risanabilità”?, cit., 965 ss.. 

[45] Lo segnala lo stesso Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., 21.

[46] Quanto al concordato preventivo, è stato lo stesso legislatore a definire la questione: cfr. art. 3, comma 2, d lgs. 270/99, ai sensi del quale il tribunale accerta lo stato di insolvenza ai fini dell’avvio della procedura di amministrazione straordinaria “anche quando, in base alle disposizioni contenute nei titoli III e IV del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (“legge fallimentare”), si dovrebbe far luogo alla dichiarazione di fallimento di un’impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata”.  In ogni caso, per una recente, sintetica ricostruzione del dibattito v. da ultima della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1231 ss..

[47] Lo conferma, anche sulla scorta di alcuni interessanti dati statistici, la stessa della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1237 ss. e lo rileva a contrario anche Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1221.

[48] Lo considera scontato della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1227.

[49] E ciò anche in virtù del fatto che la procedura di AS “comune” di cui al d.lgs. 270/99 è richiamata e considerata applicabile, in via residuale e ove non diversamente disposto, ai fini di quella “speciale” di cui al d.l. 347/2003, in forza del rinvio previsto nell’art. 8, nei limiti di compatibilità.

[50] In questi termini ad es. A. Rizzi, La disciplina dell’amministrazione straordinaria nella sistematica della riforma della crisi d’impresa e del diritto concorsuale, in Giur. comm., 2020, I, 1267 ss. (e ivi 1298). 

[51] Così anche, autorevolmente, Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., 25. Conforme sul punto anche Vattermoli, Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi: prospettive de jure condendo, cit., 212 e, pur con qualche titubanza, anche Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., 52-3; lo afferma ora in termini assai netti (ma senza motivare la conclusione) anche della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1227 ss..

[52] Sulla stessa linea Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1219 ss..

[53] Per più ampi riferimenti cfr. in particolare Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1217 ss., che condivide pienamente l’idea della compatibilità logica – e dunque di una possibile consecutio – tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria.

[54] Cfr. ancora Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1219, il quale sottolinea al riguardo che “molte delle composizioni negoziate che hanno avuto successo hanno riguardato imprese di dimensioni medio-grandi o, proprio, grandi e tali, in caso di insuccesso, da tracimare nella AS”, sicché “non vi è, dunque, alcuna incompatibilità tra la dimensione dell’impresa assoggettabile ad AS e il percorso della composizione negoziata”.

[55] Secondo la limpida formula usata dal legislatore nell’art. 1 della Prodi-bis.

[56]Considera la norma in questione “fortemente eterodossa”, perché “sottrare all’organo amministrativo, in contraddizione con quanto è previsto nell’art. 120-bis CCII, la competenza esclusiva a deliberare la scelta sullo strumento di regolazione della crisi da adottare”, anche quanto all’accesso alla composizione negoziata, Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1221 ss.. Sul punto si vedano anche le considerazioni critiche di L. Stanghellini, Sui rapporti tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria delle società che gestiscono impianti di interesse strategico nazionale (D.L. n. 4/2024), alla luce dell’art. 7 della Direttiva 2019/1023, in Diritto della crisi, 5 febbraio 2024, che considera la previsione in contrasto con l’art. 7, par. 2, della Direttiva UE 2019/1023; esprime dubbi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione di tale disciplina “singolare” (per la previgente formulazione che riservava tale prerogativa al solo socio pubblico) anche S. Cassese, L’amministrazione straordinaria delle società partecipate in base all’art. 2 del decreto legge 2 del 2023, che dispone misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale, in Diritto della crisi, 19 gennaio 2023.

[57] E, almeno sul piano sistematico, la disposizione derogatoria appena esaminata di cui all’art. 2, comma 2 della Marzano, sembra deporre in senso contrario.

[58] Sul rilievo d’interesse generale della gestione della crisi d’impresa, e dell’amministrazione straordinaria in modo ancor più pregnante, si veda anche la recente analisi svolta da R.L. Perfetti, Crisi d’impresa ed interesse pubblico tra amministrazione e giurisdizione, in Riv. dir. banc., 2023, 223 ss.; per un più ampio inquadramento dei profili d’interesse anche generale legati alla regolazione e alla gestione dei fenomeni di crisi d’impresa, specie quanto alle esternalità negative che possono determinarsi sul corretto funzionamento del mercato concorrenziale, in particolar modo per le vicende di crisi di imprese grandi e grandissime, sia consentito anche il rinvio, per brevità (e per non ripetere cose già dette), a quanto più ampiamente osservato in Insolvenza e mercato, cit., passim.

[59] Si noti peraltro che, nella fase “preliminare” di avvio della procedura di amministrazione straordinaria, può non realizzarsi lo spossessamento e che la gestione dell’impresa può restare anche nelle mani del debitore (appunto secondo lo schema – ordinario nelle procedure conservative del Codice – della DIP-Debtor In Possession, che certamente agevola, almeno in una primissima fase, la continuità aziendale), invece che essere affidata ai commissari giudiziali, in particolare ove il Tribunale non ravvisi la sussistenza di fatti distrattivi o il pericolo di compimento di atti pregiudizievoli (cfr. art. 8, comma 1, d. lgs. 270/99). In ogni caso, e per maggiori dettagli, si rinvia all’analisi svolta in ultimo da Bonfatti, Gli effetti delle Amministrazioni Straordinarie, cit., in partic. 80 ss..

[60] Per più puntuali riferimenti, anche comparatistici, si rinvia ancora a Insolvenza e mercato, cit. (in partic. 211 ss.).

[61] Lo rileva efficacemente ad es. M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, Piacenza, 2023 (in partic. 201 ss.). Questo tratto differenziale tra amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal nuovo Codice è ben evidenziato anche in della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1236 ss., che giunge a parlare, anche per questa ragione, di una “astratta preferibilità” degli strumenti conservativi e negoziali comuni, per come disciplinati ora dal Codice sulla spinta delle fonti unionali (in particolare quanto ai “quadri di ristrutturazione preventiva” richiesti dalla Direttiva Insolvency: sul punto, per un’analisi di maggior dettaglio, cfr. ancora Dalla legge fallimentare alla direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, cit., 499 ss.; ma si veda pure P. Vella, La nuova era della ristrutturazione preventiva nel Codice della crisi e dell’insolvenza dopo l’attuazione della Direttiva (UE) 2019/2023, in Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2022, 10 ss., nonché L. Stanghellini, La tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, ivi, 75 ss.). Per un’analisi comparativa in ordine all’attuazione dei “quadri di ristrutturazione preventiva” in Italia e Germania e per le differenze che è dato scorgere nei due sistemi normativi v. in particolare J. Heck, Singolarità e pluralità nei preventive restructuring frameworks – Profili evolutivi di regolazione della crisi e del Restrukturierungsplan alla luce della Direttiva (UE) 2019/1023, in Diritto della crisi, 12 novembre 2024 (ove anche ampia bibliografia e interessanti appendici statistiche).

[62] In argomento v. in particolare C. Costa, La conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento e i poteri dell’autorità giudiziaria, in Società, banche e crisi d’impresa. Liber amicorum Pietro Abbadessa, vol. 3, Torino, 2014, 2918 ss., il quale nota condivisibilmente che il rapporto tra le due tipologie di procedure (“ordinarie” da legge fallimentare – e ora Codice della crisi – e speciali di cui all’A.S.) non sia di reciproca esclusione né di esclusività, essendo invece previsti numerosi momenti di interazione e possibile “passaggio” tra le stesse.

[63] Su tale delicato problema (su cui si tornerà meglio infra, par. 4), oltre a Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., in partic. 63 ss., v. pure G. Leogrande, Le liquidazioni nelle a.s., in Fall., 2023, 1292 ss. (per il quale la norma di cui all’art. 1, comma 2 lett. a) del nuovo Codice, già citata, andrebbe letta non nel suo senso letterale, come rinvio alle “procedure” regolate dal Codice, quanto piuttosto come rinvio alle singole norme richiamate) e G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2022, in partic. 467.

[64] Lo evidenzia puntualmente anche Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., 54, notando tuttavia che nella disciplina dell’amministrazione straordinaria “comune” di cui al d. lgs. 270/99 permangono non di meno numerosissimi rinvii a norme o a interi capi della legge fallimentare (segno, questo, secondo l’Autore, della forte “compenetrazione” tuttora esistente tra le due tipologie di procedure). In linea, sul punto, mi sembra anche l’opinione espressa da ultimo da Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., spec. 17-18.

[65] Le opinioni dei primi commentatori non sono concordi al riguardo: sembra favorevole a usare il tramite di questa norma per consentire l’applicazione di disposizioni del nuovo codice all’amministrazione straordinaria “comune” S. Bonfatti, La procedura di liquidazione coatta amministrativa nel fallimento e nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Pisa, 2022 (in partic. 129 ss.); in senso contrario v. invece Rizzi, La disciplina dell’amministrazione straordinaria nella sistematica della riforma della crisi d’impresa e del diritto concorsuale, cit., 1285 ss., seguito da Fabiani, I contratti pendenti nell’amministrazione straordinaria alla luce del codice della crisi, cit., 801-2, che conclude sul punto affermando (piuttosto nettamente) che “le norme del codice della crisi sui contratti pendenti non possono essere recuperate, neppure, mediante il transito dalla disciplina della liquidazione coatta amministrativa”.

[66] Come invece sembrerebbe fare D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., in partic. 467.

[67] In questi termini, e valorizzando in primo luogo proprio il disposto dell’art. 390 del Codice, v. ad es. Trib. Venezia, decreto n. 32/2023 del 31 marzo 2023 (ined.), secondo cui appare corretto “convertire la procedura di amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale (e non in fallimento), posto che la norma di cui all’art. 390 ccii fa riferimento ai ‘ricorsi’ proposti anteriormente al 15.7.2021, mentre la presente pronuncia viene assunta in data successiva alla entrata in vigore del Codice su istanza di un organo della amministrazione giudiziale”. Da segnalare che nel caso di specie, su richiesta del commissario straordinario, con il medesimo decreto di conversione (della procedura di amministrazione straordinaria) in liquidazione giudiziale il Tribunale ha anche autorizzato, ai sensi dell’art. 211 del Codice, l’esercizio provvisorio dell’impresa sino alla data indicata nelle relazioni del commissario straordinario.

Vi è inoltre da dire che la conclusione proposta nel testo sembrerebbe avvalorata anche dall’art. 56 del cd. “II Correttivo” (d. lgs. 17 giugno 2022, n. 83) che, nel regolare la sua entrata in vigore, stabilisce che “salva diversa disposizione, il presente decreto si applica alle composizioni negoziate, ai piani attestati di risanamento, ai procedimenti instaurati ai sensi dell’art. 40 del decreto legislativo n. 14/2019, alle procedure di liquidazione giudiziale … e alle procedure di amministrazione straordinaria pendenti alla data della sua entrata in vigore e a quelli instaurati o aperti successivamente”; nonché  dall’analoga disposizione contenuta nell’art. 56 del cd. “III Correttivo” (d. lgs. 13 settembre 2024, n. 136).

[68] Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 2024, n. 28.

[69] E che anch’esso vuole, si ricordi, siano regolate dalla sua disciplina “in via esclusiva”, secondo la previsione del già menzionato art. 1, comma 2, lett. a), cci.

[70] Sul punto, che si cercherà di esplorare meglio appresso, cfr. in particolare Rizzi, La disciplina dell’amministrazione straordinaria nella sistematica della riforma della crisi d’impresa e del diritto concorsuale, cit., 1267 ss.; Nigro e Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, cit., in partic. 546 ss.; Fabiani, I contratti pendenti nell’amministrazione straordinaria alla luce del codice della crisi, cit., specie 798 ss.; Leogrande, Le liquidazioni nelle a.s., cit., 1292 ss.. Da ultimo si veda in merito l’attenta analisi svolta da Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., in partic. 66 ss. (su cui v. meglio infra). Altri Autori giungono a sostenere la natura fissa e non dinamica dei rinvii attraverso un percorso logico-argomentativo diverso, che valorizza in particolare la carenza in capo al legislatore delegato, ai sensi della legge delega n. 155/2017, del potere di modificare le disposizioni dell’amministrazione straordinaria (al di fuori del ristretto ambito della regolazione della competenza giurisdizionale, con norma trasfusa poi nella previsione di cui all’art. 27 del Codice, la quale, expressis verbis, si applica anche all’amministrazione straordinaria). In questi termini, e in modo molto netto, v. per es., lo stesso Rizzi, La disciplina dell’amministrazione straordinaria nella sistematica della riforma della crisi d’impresa e del diritto concorsuale, cit., 1295, il quale che conclude che, proprio per tale ragione, “il CCII non può avere una efficacia innovativa sulla disciplina dell’amministrazione straordinaria”.

[71] Un elenco esaustivo delle norme che nel d. lgs. 270/99 rinviano a disposizioni della legge fallimentare è in Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., 32, nt. 6. In ogni caso, per un esempio, si veda l’art. 18, comma 1, d. lgs. 270/99, che nel testo vigente continua a disporre che “la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina gli effetti previsti dagli articoli 45, 52, 167, 168 e 169 della legge fallimentare. Si applica altresì, nei medesimi limiti che nel fallimento, la disposizione dell’art. 54, terzo comma, della legge fallimentare”.

[72] Lo rilevano anche G. Guerrieri, Art. 1 CCII, in Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa e insolvenza, diretto da A. Maffei Alberti, VII ed., Padova, 2023, 7 e lo stesso Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., in partic. 66, il quale osserva acutamente che, almeno in prima battuta “la scelta del legislatore delegato di intervenire non in tutte le sedi in cui il d.lgs. n. 270/1999 rinvia alla legge fallimentare, ma soltanto in alcuni luoghi, secondo un ragionamento a contrario, potrebbe … rafforzare l’idea che nei casi residui si sia in presenza di rinvii ‘fissi’ …  e che “anche i nuovi richiami al codice della crisi siano da intendere in termini altrettanto ‘fissi’” (evidenze nel testo). Lo scarso livello tecnico della legislazione vigente in materia concorsuale è stato segnalato più volte, in termini assai critici, in particolare da A. Nigro, (da ultimo in) Qualità della legislazione e Codice della crisi: considerazioni critiche e qualche puntualizzazione in tema di strumenti di regolazione della crisi dell’insolvenza delle società, in Diritto della crisi, 28 novembre 2024 (ove più ampi riferimenti bibliografici).

[73] Rizzi, La disciplina dell’amministrazione straordinaria nella sistematica della riforma della crisi d’impresa e del diritto concorsuale, cit., 1269 ss..

[74] Cfr. Id, ibidem, 1271 ss..

[75] Cfr. Fabiani, I contratti pendenti nell’amministrazione straordinaria alla luce del codice della crisi, cit., specie 798 ss., che però, sia pur in via dubitativa, sembra comunque aprire marginalmente ad alcune possibili “innovazioni” (della disciplina dell’A.S. ad opera del nuovo codice), in particolare in tema di definizioni (ad es. ai fini del trattamento del contratto di leasing, secondo la regola, solo in parte nuova, recata oggi dall’art. 177 c.c.i.), purché ciò avvenga salvaguardando la ratio e la funzione specifica propria dell’amministrazione straordinaria (ossia, in primis, come s’è detto, di conservazione dei complessi produttivi). La posizione è stata più di recente ribadita anche in Id, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1218 ss..

[76] Così in particolare D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 467; nella prospettiva dell’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi sembra propendere per questa tesi anche L. Panzani, I rapporti pendenti nell’amministrazione straordinaria, in Fallimento, 2018, 1204 ss.. E tuttavia può sommessamente osservarsi al riguardo che, a ben vedere, la norma di “adeguamento lessicale” di cui all’art. 349 cci non sarebbe d’aiuto a questi fini perché, anche sostituendo “i termini” nella disposizione di rinvio alla legge fallimentare, non si otterrebbe, a rigore, alcun risultato immediatamente utile allo scopo.

[77] Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit. (la citazione ripresa nel testo è a pag. 70).

[78] Nello steso senso anche Nigro e Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, cit., in partic. 546.

[79] Cfr. ancora Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., 70 ss., che in epilogo del suo studio prova anche ad offrire esempi concreti di analisi “caso per caso” in relazione ai vari tipi di rinvii alla legge fallimentare presenti in particolare nella “Prodi-bis”.

[80] Di problema grave, divenuto per certi versi “patologico”, parla a questo riguardo lo stesso Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., 78.

[81] Lo rileva puntualmente anche della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1236.

[82] Di “sovvertimento gerarchico degli interessi protetti” e di “centralità della salvaguardia dei complessi produttivi” come fulcro e fine della disciplina dell’amministrazione straordinaria (rispetto alla tutela dei creditori, cui era primariamente improntata, invece, la legge fallimentare) parla ad es. S. Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, Trattato diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, Milano, 2^ ed., in corso di pubblicazione (2025) per i tipi di Wolters Kluwer (che ho potuto leggere in anteprima grazie alla cortesia dell’Autore, che ringrazio anche per gli arricchenti scambi di vedute).

[83] Di “natura tendenzialmente mobile e dinamica” dei rinvii parla ora anche Ambrosini, op. ult. cit.; giunge ad analoga conclusione anche G. Leogrande, Le interazioni del Codice della crisi con la disciplina della procedura di amministrazione straordinaria, in Lavoro Diritti Europa, 2/2024, 1 ss., sia pur con diverso e più sintetico iter argomentativo, che evidenzia, da un lato, il coordinamento operato direttamente dal legislatore tra il nuovo Codice e la disciplina della liquidazione coatta amministrativa (che, come noto, funge da disciplina di chiusura, in via residuale, per la stessa amministrazione straordinaria) e, da un altro, il disposto dell’art. 294 del Codice che, proprio a proposito della liquidazione coatta amministrativa, stabilisce ancora, in modo espresso, che “i rinvii al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 contenuti in leggi speciali in materiali di liquidazione coatta amministrativa si intendono fatti alle disposizioni del presente codice della crisi e dell’insolvenza e secondo le norme di coordinamento”. Non ritengono però conferente né persuasivo, in questo senso, il riferimento all’art. 294 cci Rizzi, La disciplina dell’amministrazione straordinaria nella sistematica della riforma della crisi d’impresa e del diritto concorsuale, cit., 1283; Fabiani, I contratti pendenti nell’amministrazione straordinaria alla luce del codice della crisi, cit., 799 e Rossi, La disciplinaA applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., 67,  giacché la norma avrebbe il diverso scopo di precisare (solo) il termine del rinvio di disposizioni di leggi speciali che si occupano (esclusivamente) di liquidazione coatta amministrativa, senza che tale materiale normativo possa essere (per tale tramite) utilizzato ai fini del completamento della disciplina dell’amministrazione straordinaria.

[84] La tesi proposta sarebbe applicabile in via generale, e fermo il caveat che segue, anche alla procedura di amministrazione “speciale” della legge “Marzano”, che all’art. 8 contiene, come detto, un rinvio generale, per quanto non espressamente disposto, alla disciplina dell’amministrazione straordinaria “comune” regolata dalla “Prodi-bis”.

[85] Potrebbe peraltro sommessamente osservarsi che, a un risultato almeno in parte “analogo”, che preveda cioè il pagamento dei crediti anteriori per i fornitori ritenuti “strategici” ai fini della tutela della continuità aziendale, potrebbe giungersi anche applicando la disciplina del nuovo Codice, ancorché su autorizzazione del tribunale e previa attestazione di un professionista indipendente che confermi che le prestazioni “sono essenziali per prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori” (v. in partic. art. 100 cci). Vi è in ogni caso che, nell’amministrazione straordinaria, il pagamento in prededuzione dei crediti anteriori relativi a contratti pendenti in cui il commissario intenda subentrare non deve sottostare alla dimostrazione dell’essere funzionali all’interesse dei creditori, dovendo piuttosto rilevare l’inerenza del contratto all’organizzazione aziendale, in senso obiettivo, che si intende salvaguardare.

[86] In forza del chiaro principio posto nella disposizione d’esordio della Prodi-bis (art. 1, d. lgs. 270/99), che assegna in modo assai chiaro alla procedura “finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali”, da leggere in correlazione con il disposto dell’art. 27, che stabilisce la condizione al cui ricorrere della quale le imprese dichiarate insolventi possono essere ammesse alla procedura (“qualora presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali”), prevedendo anche le diverse modalità (alternative) attraverso cui il commissario potrà perseguire il risultato atteso e dunque, nel testo oggi vigente del comma 2: “a) tramite la cessione dei complessi aziendali (o dei contratti o dei diritti, anche di natura obbligatoria, aventi a oggetto, in tutto o in parte, gli stessi complessi aziendali), sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno (‘programma di cessione dei complessi aziendali’); b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni (‘programma di ristrutturazione’); b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno (‘programma di cessione dei complessi di beni e contratti’)”. Sulla centralità sistematica di tali norme si vedano anche le (condivisibili) considerazioni di Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, op. ult. cit.

[87] Lo mette in evidenza anche lo stesso Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., 14 (evidenziando che l’amministrazione straordinaria resta a tutt’oggi “un unicum nel panorama delle legislazioni dei Paesi occidentali” nel trattamento della crisi e dell’insolvenza).

[88] Si vedano al riguardo le condivisibili considerazioni svolte autorevolmente da Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., specie 26-27; quanto ad un possibile programma di lavoro per la riforma delle procedure di amministrazione straordinaria, e che suggerisce in particolare (a mio modo di vedere condivisibilmente) di uniformare le varie  procedure di amministrazione straordinaria oggi esistenti, v. anche quanto più ampiamente osservato da Vattermoli, Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi: prospettive de jure condendo, cit.,  202 ss..

[89] Conforme sul punto Vattermoli, Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi: prospettive de jure condendo, cit., 212; così anche Rossi, La disciplina applicabile alle amministrazioni straordinarie, cit., 52-3.

[90] Con la solo parziale eccezione, sopra considerata, relativa alle imprese partecipate da amministrazione statali ed esercenti almeno uno stabilimento strategico d’interesse nazionale (AS “versione Ilva”), per le quali la presentazione dell’istanza di ammissione alla procedura di AS impedisce l’accesso ad altro strumento di regolazione della crisi previsto dal Codice, o ne rende preclude la prosecuzione (art. 2, comma 2, Legge Marzano). 

[91] A conforto dell’affermazione, si guardino gli interessanti dati empirici e statistici riportati nella recente analisi svolta da della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1237 ss.. 

[92] Su cui vedi ancora della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1237-9 (e, per l’inquadramento normativo, in particolare nt. 58). 

[93] Sulla necessaria transitorietà (e anzi breve durata) del regime derogatorio “di favore” concesso per portare a compimento il tentativo di risanamento dell’impresa insolvente v. già Insolvenza e mercato, cit., in partic. 138 ss., cui adde ora, autorevolmente, Libertini, Crisi d’impresa e diritto della concorrenza, cit., 9 ss.; è qui anche la ragione, criticata da molti senza comprenderne la necessità giuridica, del limite di durata imposto alle misure protettive, anche ai sensi del nuovo Codice e sulla scorta della direttiva Insolvency.

[94] Sul punto v. ancora Insolvenza e mercato, cit., in partic. 151 ss. e, ora, Libertini, Crisi d’impresa e diritto della concorrenza, cit., 9 ss.; in giurisprudenza cfr. Corte Costituzionale, sentenze 9 maggio 2013, n. 85 e 23 marzo 2018, n. 58 (sul caso Ilva); e tuttavia, sul “valore basilare” della concorrenza nell’ordinamento interno e unionale v. da ultimo Corte Costituzionale, sentenza 21 novembre 2024, n. 183 (ove anche il richiamo alle precedenti sentenza della Corte, in cui anche il riconoscimento della concorrenza come tutela anche “della collettività, in quanto l’esistenza di una pluralità di imprenditori, in concorrenza tra loro, giova a migliorare la qualità dei prodotti e a contenere i pressi (sentenza n. 223 del 1982), così ulteriormente connotando la concorrenza come ‘valore basilare della libertà di iniziativa economica’ (sentenza n. 241 del 1990)”.

[95] Su cui si veda ad es. S. Pacchi, La scelta dello strumento di regolazione della crisi, in Ristrutturazioni Aziendali, 4 marzo 2024.

[96] Lo rileva anche Vattermoli, Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi: prospettive de jure condendo, cit., 223. In questa luce, non possono troppo stupire i risultati  certo non esaltanti, soprattutto in un’ottica di medio-lungo periodo, sin qui conseguiti dalle procedure di amministrazione straordinaria, che devono necessariamente far riflettere sull’adeguatezza dell’attuale assetto normativo, specie ove si consideri l’impiego ingente (e spesso assai poco proficuo) di denaro pubblico, sottratto ad altre e più utili destinazioni: si vedano, sul punto, i dati raccolti e le analisi svolte in particolare da A. Danovi, Managing Large Corporate Crisis in Italy. An Empirical Survey on Extraordinary Administration, in Journal of Global Strategic Management, n. 4/2010, 61 ss. e, più recentemente, da A. Danovi - A. Falini, La  valutazione dell’efficacia della procedura di amministrazione straordinaria, in Impresa Progetto - Electronic Journal of Management, n. 3/2018, 1 ss.. Per un recente tentativo di mettere a sistema politica industriale (anche a tutela dei posti di lavoro) e impiego efficiente (e non concorrenzialmente distorsivo) di denaro pubblico v. A. Pezzoli, La politica industriale e l’antitrust (in corso di pubblicazione in Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, a cura di L.F. Pace, che ho il piacere di poter leggere e commentare in anteprima grazie alla cortesia dell’Autore). Per una riflessione su più vasta scala si veda anche J. Tirole, Competition and Industrial Policy in the 21st Century, in Oxford Open Economics, 2024, Vol. 3, 1^ supplemento, 983 ss..

[97] Cfr. sul punto, quanto evidenziato da G. Guizzi, La “programmazione” nella gestione della crisi delle grandi imprese, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi. Analisi de iure condito e prospettive de iure condendo, cit., 117 ss., che conclude auspicando un rafforzamento delle prerogative ministeriali nella definizione dei programmi delle amministrazioni straordinarie.

[98] Nemmeno l’apertura della liquidazione giudiziale costituisce oggi, nel nuovo Codice, causa automatica di cessazione dell’attività d’impresa (cfr. art. 211, commi da 1 a 3), né giusto motivo di licenziamento dei dipendenti (cfr. art. 189, commi 1 e 4). E tuttavia, come correttamente rileva in ultimo Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., in partic. 11 ss., la gerarchia degli interessi protetti non è coincidente.

[99] Così, e assai chiaramente, cfr. da ultimo Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria, cit., 13.

[100] Per la tesi secondo cui la distinzione tra “crisi” e “insolvenza” non vada a questi fini eccessivamente enfatizzata, anche perché, in concreto, è spesso assai difficile tracciare una chiara e ben demarcata linea di confine tra le due situazioni (e a fortiori tra tutte quelle intermedie e proprie della cd. twilight zone) e che il valore sovraordinato da tutelare sia, piuttosto, quello della “certezza dei traffici commerciali” cfr. Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1225.

[101] Del resto, che il presupposto dello stato di “insolvenza” debba essere interpretato ai fini dell’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, in modo diverso rispetto a quanto avviene per l’avvio della liquidazione giudiziale da Codice), e ciò proprio per non frustrare le possibilità di salvataggio della grande impresa che alla prima intenda sottoporsi occorra interpretarne in senso più ampio e lato il presupposto, lo afferma da ultimo in modo chiaro anche Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, op. ult. cit. (in partic. par. 2.2), che richiama peraltro a conforto il precedente giurisprudenziale relativo all’accertamento in senso (appunto solo) prospettico dell’insolvenza di Alitalia ai fini della sua ammissione alla (prima) amministrazione straordinaria ex lege Marzano (e dunque Trib. Roma, 5 settembre 2008; sulla stessa linea v. anche Trib. Torino, 14 novembre 2008, nel caso Bertone).

[102] Valorizza – a mio avviso condivisibilmente – l’importanza di questa valutazione, da compiersi in funzione dell’accertamento della sussistenza delle “concrete” prospettive di recupero dell’equilibrio economico finanziario stabilite dall’art. 27 d. lgs. 270/99, anche al fine di evitare impropri automatismi nell’ammissione alla procedura (che si tradurrebbero peraltro in parallele criticità sotto il profilo del rispetto della disciplina unionale del divieto di aiuti di Stato ex art. 107 ss. TFUE) C. M. Bianca, La dichiarazione dello stato di insolvenza nell’amministrazione straordinaria, in L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dopo il d. lgs. 12.9.2007, n. 169, a cura di C. Costa, Torino 2008, 44. Per più ampi riferimenti sui poteri del tribunale e sulle scansioni procedimentali previste ai fini dell’accertamento della sussistenza dei requisiti stabiliti dall’art. 27, anche in caso di amministrazione straordinaria “di gruppo”, v. ancora Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, op. ult. cit. (in partic. par. 2.5).

[103] Almeno uno spunto in questa direzione mi sembra di ravvisare anche in quanto suggerito da della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, cit., 1240, peraltro sulla base di interessanti dati empirici, dai quali sembra emergere il crescente rilievo (anche per la regolazione della crisi e dell’insolvenza delle imprese grandi o grandissime astrattamente assoggettabili ad amministrazione straordinaria) delle procedure negoziate, anche all’interno dei “tavoli di crisi” aperti in sede ministeriale, nell’ambito dei quali è possibile valutare in modo più approfondito la percorribilità e le condizioni per l’eventuale erogazione di misure di sostegno pubblico, ad es. ai fini della ricollocazione/riqualificazione del personale non mantenuto in servizio nei complessi aziendali ceduti o risanati o per il mantenimento delle piante organiche di stabilimenti industriali da riconvertire. Da segnalare il contrario avviso che sembra esprimere invece Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, cit., 1224, che auspica (de jure condendo) un più netto distacco della disciplina dell’amministrazione straordinaria dalla logica e dalle regole del nuovo Codice, in modo da accentuarne ulteriormente i caratteri di specialità (e fors’anche di residualità).