, 02 gennaio 2025, n. 0. .
Abstract:
Abstract
The paper, seeks to outline a systematic and diachronic framework relating to the complex institute of the “amendments” to the arrangement with creditors and to provide a compliant analysis - also considering the new Corporate Crisis and Insolvency Code - of the substantive and procedural aspects within which, effectively, the debtor can make use of the aforementioned provision.
Keywords
Agreement with creditors – modifications - corporate crisis and insolvency code
Abstract
Il paper cerca di delineare un quadro sistematico e diacronico afferente al complesso istituto delle modifiche al piano (ed alla proposta) di concordato preventivo e di fornire una lettura conforme, anche alla luce del nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, degli aspetti sostanziali e processuali entro cui, effettivamente, il debitore può avvalersi dell'istituto di cui sopra.
Parole chiave
Concordato preventivo – modifiche alla proposta ed al piano – codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza
Sommario:
Sommario: Premessa – 1. Introduzione e profili processuali 2. Modifiche qualitative e quantitative 3. Tra Legge Fallimentare e CCII 4. Un caso recente e la soluzione della Suprema Corte 5. Il correttivo e l’introduzione dell’art. 118-bis. Lo ius variandi postumo 6. Conclusioni
Premessa
Secondo la formulazione del previgente art. 175, comma 2, l. fall., per lungo periodo oggetto di aspre discussioni, era possibile, per il debitore, modificare la proposta di concordato preventivo presentata unitamente al ricorso purché le variazioni intervengano prima dell’inizio delle operazioni di voto, con l’effetto che devono ritenersi inammissibili le modifiche del contenuto della proposta che siano intervenute dopo che i creditori hanno manifestato il proprio consenso alla soluzione prospettata dall’imprenditore.
1. Introduzione e profili processuali
Il prodromo del presente commento non può che sostanziarsi in una disseminazione sull’esatto inquadramento del combinato disposto[1] di cui agli articoli 172 e 175 l. fall., onde – prima di entrare nel merito della natura delle modifiche – meglio chiarire l’ambito applicativo entro cui il debitore possa legittimamente operare.
L’istituto della modifica della proposta di concordato rappresenta una facoltà concessa al debitore concordatario, purché la modifica concorsuale sia proposta entro determinati limiti temporali.
In particolare, nel regime previgente[2] l’art. 175, comma 2, l. f. statuiva espressamente che la proposta potesse subire delle modifiche sino all’inizio delle operazioni di voto[3],[4],[5].
Ma non basta. In giurisprudenza, si era pure fatto largo un certo orientamento giurisprudenziale che aveva ritenuto ammissibile la proposizione delle modifiche della proposta finanche successivamente all’adunanza e sino all’omologazione, purché “migliorative”[6],[7],[8],[9].
A seguito della promulgazione del D.L. 83/2015[10], l’arco temporale concesso al debitore è stato, indefettibilmente, compresso talché “le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possano essere modificate esclusivamente fino a quindici giorni prima dell'adunanza dei creditori”[11],[12],[13].
Il sopra citato orientamento giurisprudenziale, sull’ammissibilità delle modifiche “migliorative” sino all’omologazione[14], non pare applicabile nel novello CCII, anche alla luce del mantenimento dell’istituto delle proposte concorrenti.
Ad oggi, dunque, il termine entro cui il debitore può apportare modifiche alla proposta di concordato è espressamente stabilito dalla legge ed è il medesimo fissato dal summenzionato decreto del 2015. Nel regime anteriore, il termine in questione coincideva con quanto statuito dall’art. 175, comma 2, l. fall., in forza del quale “La proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto”.
La ratio della regola, ut supra ricordata in numerose pronunce, era quella di evitare che il calcolo delle maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato avesse come base voti espressi in ordine ad una proposta altro da sé rispetto a quella che sarebbe, poi, stata sottoposta al vaglio del tribunale ai fini dell’omologazione e ad essere eventualmente eseguita.
Nel regime introdotto dal citato decreto legge, il termine è quello di quindici giorni antecedenti all’adunanza dei creditori ex art. 172 comma 2 l. fall e ciò, a maggior ragione, vale laddove, oltre alla proposta del debitore, vi siano proposte concorrenti dei creditori[15].
La necessità di anticipare la “cristallizzazione” della proposta ad un momento naturalmente antecedente all’adunanza dei creditori risponde all’esigenza di permettere al commissario giudiziale di esprimere un parere motivato sulla proposta originaria e di restituire una valutazione comparativa con le eventuali proposte concorrenti[16] ovvero, finanche, quella ex parte debitoris, giunta nel limite di cui all’art. 172 l.fall..
Ed infatti - pur in assenza, ad oggi, di precedenti specifici sul punto che abbiano affrontato la questione dell’ammissibilità di eventuali modifiche migliorative - “oltre il termine”[17],[18] dei quindici giorni anteriori all’adunanza - sembra ragionevole escludere, teleologicamente che, allorquando occorrano proposte concorrenti, il debitore possa avanzare modifiche[19], ancorché migliorative[20] della proposta originaria, oltre il predetto termine, in quanto, in suddetta ipotesi, anche i creditori-proponenti dovrebbero avere la facoltà di modificare la loro proposta, impedendo, fattualmente, al commissario giudiziale una valutazione oggettiva e definitiva della totalità delle opzioni presentate[21].
2. Modifiche qualitative e quantitative
Prima facie, appare opportuno indagare sullo scope ed i presupposti della “modifica” della proposta di concordato, astrattamente altro da sé rispetto ad una vera e propria “nuova proposta”.
Non rinvenendo, al netto di quanto infra sul c.d. correttivo ter, una norma espressa in tal senso, chi scrive, al più può fornire una definizione di modifica “in negativo”.
Il punto di partenza non può che essere la “nuova proposta”, talché, a contrario, la totalità delle modifiche che non si atteggiano come una nuova proposta, in astratto, ben possono essere inquadrate quali mere e semplici modifiche. A tale proposito, pur nella diversità delle declinazioni date dalla giurisprudenza e dalla dottrina al concetto di “nuova proposta”[22], si può sostenere che le modifiche integrino una nuova proposta[23] in due ordini di casi.
Il primo caso è rappresentato dall’occorrenza per cui mutino la natura dell'accordo proposto alla massa dei creditori in guisa tale da rendere necessario un nuovo controllo di ammissibilità da parte del tribunale, una rinnovazione dell’attività di valutazione da parte dell’attestatore[24], nonché una nuova votazione (se già occorsa) da parte dei creditori.
In secondo luogo, si configura una nuova proposta[25] allorquando siano modificati elementi strutturali oggettivi della proposta tali da incidere sull’impianto esecutivo di soddisfacimento della massa.
3. Tra Legge Fallimentare e CCII
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, nell’ambito delle modifiche concordatarie, anticipa il contraddittorio sulla proposta del debitore - mutuando in alcuni passaggi quanto già statuito nel previgente dettato di cui all’art. 175 - ad un momento antecedente all’adunanza dei creditori che, de facto, forse inopinatamente, viene soppressa[26].
In guisa differente, permane, comunque, una prescrizione temporale atta a rappresentare il termine ultimo entro cui il debitore ha la facoltà di apportare delle modifiche alla proposta ed, a differenza della previsione di cui al fu art. 172, il novello Codice all’art. 105 statuisce che "le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a venti giorni prima della data iniziale stabilita per il voto dei creditori".
S’assiste, dunque, ad una fisiologica riduzione del termine che comunque va raccordata alla tempistica prevista per l’articolazione del contraddittorio tra la totalità dei soggetti concordatari.
4. Un caso recente e la soluzione della Suprema Corte
All’uopo, soggiunge, per una compiuta analisi teoretico-giurisprudenziale, una pronuncia della Suprema Corte[27]. La stessa trae origine dal ricorso avverso la sentenza del 18 gennaio 2017, con cui la Corte d’Appello di Firenze accoglieva il reclamo proposto dall’istituto di credito, ex art. 183, l. fall., contro il decreto di omologa del concordato preventivo della società proponente e rimetteva gli atti al tribunale competente affinché quest’ultimo statuisse sull’istanza di fallimento presentata dallo stesso istituto.
La Corte fiorentina, in particolare, pur evidenziando che non fosse occorso un abuso dello strumento concordatario per la sola circostanza fatto che il debitore avesse, precedentemente, già presentato una domanda di concordato ex art. 161 comma 6 l. fall. non approvata dai creditori, rilevava, tra l’altro, l’assenza di alcuni elementi minimi, espressamente prescritti dalla normativa, tra cui l’indicazione di taluni crediti prededucibili.
Avverso la pronuncia della Corte d’Appello, la società proponeva ricorso in Cassazione. In particolare, per quanto qui di interesse, il ricorrente si doleva della asserita inammissibilità eccepita dal giudice fiorentino in ordine alla integrazione o modifica della proposta concordataria, senza, invero, ravvisare che quanto depositato dalla società nella memoria censurata fosse da intendere alla stregua di una mera precisazione di quanto contenuto nella domanda di concordato e non già, dunque, un elemento novativo del piano.
Gli Ermellini ritenevano fondato il ricorso, chiarendo come la censurata inammissibilità sollevata dalla Corte fiorentina, in realtà avesse natura non costitutiva o modificativa, in quanto inidonea ad investire i dati aziendali e la loro veridicità ovvero ad alterare il piano o la proposta, e le di questi modalità ed i tempi di realizzazione e relative percentuali di soddisfacimento offerte ai creditori - rimasti praticamente immutati - né, tantomeno il quantum di cui al passivo accertato ovvero dell’attivo previsto.
La pronuncia si atteggia quale elemento di raccordo di primaria importanza tra la legge fallimentare ed il codice, nell’accezione in cui, fornendo un quadro sistematico degli istituti di cui alle modifiche concesse – ed è questo il profilo di maggior interesse della ordinanza – volge la mente ai possibili sviluppi futuri in materia a seguito dell’entrata in vigore del suddetto CCII.
In particolare, gli Ermellini ricordano come, a mente della formulazione dell’art. 175, comma 2, l. fall., applicabile ratione temporis, è facoltà, per il debitore, modificare la proposta concordataria di concordato presentata unitamente al ricorso purché le variazioni occorrano antecedentemente all’inizio delle operazioni di voto, talchè la conseguenza non possa non essere la inammissibilità per quelle modifiche soggiunte successivamente alla espressione di voto della massa dei creditori alla soluzione prospettata ab origine dall’imprenditore, in quanto, diversamente, non vi sarebbe identità tra proposta ed accettazione[28], sovvertendo ingiustificatamente i generali principi civilistici e concorsuali.
I creditori, difatti, debbono sempre essere in grado di effettuare una veritiera valutazione del piano alla luce di una corretta informativa approvando (o meno) la proposta ed il piano presentati dall’imprenditore e, parimenti, assumendosi in guisa consapevole l’alea connaturata alla esecuzione di una procedura concorsuale volontaria, altro da sé rispetto alla liquidazione giudiziale.
Sul piano qualitativo, nel merito, la modifica della proposta, onde assumere una connotazione rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 175, comma 2, l. fall., deve necessariamente inerire a quegli elementi che, se modificati, siano idonei ad alterare significativamente la identità summenzionata.
Tornando al caso di specie, l’asserita inammissibilità ravvisata dalla Corte d’Appello toscana circa la supposta modifica ovvero integrazione del piano concordatario, ad avviso della Suprema Corte non può trovare conferma, in quanto le memorie depositate avrebbero dovuto essere ricondotte nel naturale alveo dei fisiologici chiarimenti, affatto idonei a modificare da qualsivoglia angolo visuale la natura qualitativa e quantitativa della proposta.
5. Il correttivo e l’introduzione dell’art. 118-bis. Lo ius variandi postumo
Hic stantibus rebus per quanto riguarda la possibilità concessa al debitore di avanzare modifiche alla proposta di concordato preventivo prima della votazione dei creditori, si è, invece, in una situazione di attesa relativamente all’eventualità che il debitore possa proporre modifiche sostanziali al (solo) piano di ristrutturazione successivamente all’omologa del concordato preventivo in continuità aziendale da parte del Tribunale[29].
Infatti, al momento della redazione del presente articolo, si è concluso l’iter di approvazione dello schema di Decreto legislativo[30], attualmente al vaglio della Commissione Politiche dell’Unione Europea, destinato a modificare il D.lgs. n. 14/2019, ovvero il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Per quanto d’interesse in questa sede, il testo bollinato del Correttivo-ter al predetto Codice prevede l’introduzione del nuovo art. 118-bis CCII, rubricato “Modifiche al piano”[31],che consente al debitore di apportare modifiche sostanziali al piano di esecuzione (e non alla proposta) di un concordato preventivo in continuità aziendale già omologato.
La necessità di una previsione normativa in tal senso è sorta, come già ut supra ricordato, a seguito della grave crisi economica conseguente l’emergenza epidemiologica del Covid-19.
Il totale stravolgimento delle attività commerciali ed economiche prodotto dalle misure di contenimento della pandemia ha evidenziato l’impossibilità, per il debitore, in molti casi, di adempiere, nei tempi e nei modi stabiliti[32], alle obbligazioni derivanti da una domanda di concordato preventivo approvata dai creditori ed omologata dal Tribunale antecedentemente al dilagare del Covid-19[33].
In assenza di una specifica previsione che consentisse la modifica “postuma” da parte del debitore, nel caso in cui l’adempimento dell’obbligazione della proposta non avvenisse secondo le modalità e i tempi previsti dal piano, si configurava – e la summenzionata pronuncia della S.C. ne è la riprova - il rischio, in caso di inadempimento di non scarsa importanza, che anche uno solo dei creditori potesse avviare l’azione di risoluzione[34] dell’intera procedura concordataria[35], vanificando, così, tutti i tentativi di superamento della crisi dell’azienda che era stata considerata “salvabile”[36] nell’interesse sia dei creditori che del principio della continuità aziendale, posto in primo piano dalle linee unionali[37].
Infatti, nonostante le affinità teleologiche dell’accordo di ristrutturazione del debito e del concordato preventivo in continuità aziendale, entrambi volti, oltre che al soddisfacimento dei creditori, al superamento della crisi o dell’insolvenza, il Codice disciplina, all’art. 58 co. 2[38], le sole modifiche sostanziali al piano degli accordi, mentre tace su tale possibilità nell’ambito della procedura concordataria.
Sul punto, chi scrive ritiene che la mancata introduzione di una disciplina analoga a quella dell’art. 58 CCII con riferimento anche al concordato preventivo in continuità aziendale sottenda la volontà del Legislatore, con la formulazione originaria del Codice, di non modificare in tal senso la procedura concordataria[39] e che, quindi, il predetto articolo non potesse essere applicato, per analogia, a quest’ultima[40], rendendosi, pertanto, necessario ed improrogabile un intervento legislativo ad hoc, quale è il Correttivo-ter, che dovrebbe entrare in vigore a giorni.
Venendo al merito di un’analisi più approfondita del novello art. 118-bis CCII, è evidente ictu oculi che il testo dello stesso riprenda, con forma pressocché invariata, quello del predetto art. 58 CCII, a riprova di quanto sopra sostenuto.
Ora, all’entrata in vigore del Correttivo-ter, l’imprenditore-debitore che si trovi nell’esigenza di apportare modifiche sostanziali all’esecuzione del piano di concordato preventivo in continuità già omologato al fine di adempiere alle obbligazioni assunte con la proposta, potrà farlo, sottoponendo il piano modificato al vaglio del professionista indipendente, che dovrà rinnovare l’attestazione di fattibilità. Ottenuta tale attestazione, l’imprenditore dovrà presentare il piano modificato al commissario giudiziale, che lo sottoporrà al controllo del Tribunale in riferimento alla natura sostanziale delle modifiche al piano di esecuzione della proposta, che rimane invece invariata.
All’esito di tale controllo, il nuovo piano e la relativa attestazione verranno pubblicati nel Registro delle Imprese e notificati, dal commissario giudiziale, ai creditori, che avranno il termine di 30 giorni dalla notifica per opporsi alle modifiche, con ricorso al Tribunale.
Le modifiche di cui all’art. 118-bis CCII possono riguardare solo il piano e, quindi, esclusivamente le modalità e i tempi di esecuzione delle obbligazioni assunte con la proposta concordataria, che rappresenta l’oggetto del contratto e che, quindi, rimane necessariamente immutata: la modifica non integra una nuova obbligazione, ma soltanto una variazione delle modalità di adempimento di quella originariamente assunta. A riprova di ciò, vi è il fatto che non si renda necessaria una nuova votazione dei creditori, ma sia sufficiente che il piano modificato sia dichiarato fattibile dall’attestatore indipendente, salva la facoltà di opporsi comunque concessa ai creditori.
Inoltre, la presente modifica al piano, per rientrare nell’ambito di applicazione del novello art. 118-bis CCII, deve essere sostanziale, ovvero deve rappresentare la condicio sine qua non affinché il debitore possa tener fede agli impegni assunti con la proposta approvata dai creditori e poi omologata[41]; con questa specificazione, il Legislatore manifesta il proprio disinteresse verso le modifiche non rilevanti, considerate fisiologiche nella fase di attuazione del piano e per le quali, quindi, non è richiesto l’iter previsto dall’articolo in esame.
A ben vedere, il nuovo art. 118-bis CCII rappresenta il punto di bilanciamento tra le due principali finalità che la procedura concorsuale in continuità persegue, ovvero il soddisfacimento dei creditori e il ripristino dell’equilibrio aziendale: infatti, la massa creditoria non vede mutare le obbligazioni assunte dall’imprenditore e da essa approvate ab origine, ma al debitore viene concesso uno ius variandi post omologazione relativamente alle modalità di esecuzione e adempimento di tali obbligazioni, e solo quando ciò si renda necessario per adempiere alla proposta concordataria originaria.
In conclusione, l’art. 118-bis CCII si pone come uno strumento indispensabile alla realizzazione di quanto sancito dall’art. 118 co. 3 CCII, che dispone che “il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato”, conferendo al sistema la elasticità necessaria nel contesto dinamico della gestione imprenditoriale e della realtà economico-commerciale dei nostri giorni, nell’ambito del quale esplicherà i propri effetti.
6. Conclusioni
La consecuzione di norme e la recente pronuncia di legittimità forniscono lo spunto agli Autori di concludere osservando come, pur in un clima di apparente consolidamento giurisprudenziale, non sembra essere così peregrina l’ipotesi di un qualche arresto in contrasto giusta entrata in vigore del novello “correttivo”.
Secondariamente, al netto di quanto suesposto, gli Autori salutano con favore una (recente) pronuncia di legittimità in grado di delineare il ruolo rituale delle memorie – spesso necessarie ai fini – volte a chiarire alcuni aspetti di una procedura sì delicata come quella concordataria.
In ultima analisi, in attesa di pronunce di merito ed, eventualmente di legittimità, di derivazione codicistica, non sembra di secondaria importanza la milestone della Suprema Corte – forse definitiva – afferente all’inquadramento sistematico, qualitativo e quantitativo entro il cui scope il debitore avrà cura di effettuare le modifiche concesse.
[1] Per una enucleazione sistematica delle norme, si veda, M. Spadaro, Sub Artt. 172, 175 e 177, in La nuova riforma del diritto concorsuale, Commento operativo al d.l. n. 83/2015 conv. in l. n. 132/2015, Torino, 2015, 239-266.
[2] Antecedentemente, dunque al D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132.
[3] Cfr Cass. 28 aprile 2015, n. 8575, in Il Caso, secondo cui “in tema di modifiche alla proposta di concordato preventivo, l'art. 175, secondo comma, legge fall. (aggiunto dall'art. 15 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169), nel riconoscere espressamente tale facoltà, ne ha rigorosamente limitato l'ambito temporale di esercizio alla fase anteriore all'inizio delle operazioni di voto, senza distinguere tra modifiche migliorative e peggiorative, al fine di evitare che il calcolo delle maggioranze si fondi su voti espressi in riferimento ad un piano diverso da quello destinato ad essere effettivamente eseguito. Né l'ammissibilità di modifiche successive all'approvazione può fondarsi sull'art. 179, secondo comma, legge fall. (aggiunto dall'art. 33, comma 1, lett. d-ter), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modif. nella legge 7 agosto 2012, n. 134), il quale si rivolge ai creditori (e non al debitore) ed implica l'iniziativa del commissario giudiziale in relazione ad eventi estranei alla volontà del debitore e sopravvenuti all'approvazione del concordato, che hanno determinato un mutamento delle condizioni di fattibilità del piano, ed è quindi una norma non utilizzabile in relazione a carenze originarie della proposta.” Sul tema concordatario post riforma occorsa nel 2015, si rimanda a S. Ambrosini, La disciplina della domanda di concordato preventivo nella "miniriforma" del 2015, in Il Caso, 20 agosto 2015, nonché a G. B. Nardecchia, Le modifiche alla proposta di concordato, in Il Caso, 19 ottobre 2015.
[4] Di medesimo avviso, Trib. Torino, 27 novembre 2014, in Fallimento, 2016, 33, che ha statuito come la proposizione di una nuova domanda, contestualmente alla rinuncia non accettata, può avere una qualche validità solo come modifica della precedente proposta e, dunque, mantiene la legittimità, sino all'inizio delle operazioni di voto, talché, diversamente sia da considerarsi inammissibile, ed in ogni caso non può elidere il valore pregiudizievole di eventuali atti di frode scoperti dal commissario giudiziale.
[5] Sul tema della rinuncia e conseguente (contestuale) ripresentazione, si veda, in dottrina, V. Baroncini, I limiti della presentazione di una nuova proposta di concordato preventivo contestualmente alla rinuncia di altra precedentemente presentata, in Fallimento, 2019, 4, 479.
[6] Ex multis, App. Firenze, 18 febbraio 2014, in Il Caso, che ha operato un’approfondita analisi sulla distinzione tra modifica della proposta e modifica del piano per cui “la modifica delle modalità esecutive del piano concordatario, apportata dopo l'inizio delle operazioni di voto, non può considerarsi inammissibile ex art. 175, comma 2, l. fall. [formulazione ante riforma di cui al D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2015, n. 132, n.d.r.], ove resti immutata la proposta ai creditori; deve, invece, trovare applicazione l'art. 179, comma 2, l. fall., e, quindi, l'avviso del commissario giudiziale ai creditori, ai fini di un'eventuale modifica del voto con intervento all'udienza ex art. 180 l. fall. Se le modifiche al piano non sono sostanziali, non è necessario il supplemento di relazione da parte del professionista attestatore ex art. 161, comma 3, l. fall. Successivamente all'inizio delle operazioni di voto, la modifica della proposta di concordato è, invece, inammissibile e tamquam non esset, sicché il giudice deve pronunciarsi sull'omologazione della proposta originaria”. Giova ricordare come la succitata pronuncia fiorentina, sia stata severamente censurata e cassata senza rinvio dalla già summenzionata Cass. 28 aprile 2015, n. 8575, secondo cui “il secondo comma dell'art. 175 della Legge Fall., aggiunto dal D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 15, ha introdotto l'espresso divieto di apportare modifiche alla proposta di concordato dopo l'inizio delle operazioni di voto, in tal modo risolvendo il contrasto di opinioni precedentemente manifestatosi in dottrina ed in giurisprudenza relativamente all'individuazione del termine ultimo entro il quale la proposta di concordato poteva essere modificata. […] L'ammissibilità delle modifiche apportate alla proposta concordataria non può essere ricollegata neppure all'art. 179, comma 2 della Legge Fall., introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 33, comma 1, lett. d-ter), ed invocato dalla sentenza impugnata a sostegno dell'affermata possibilità di sottoporre ai creditori, successivamente all'approvazione del concordato, modificazioni non solo migliorative, ma anche peggiorative, per far fronte all'intervenuto mutamento delle condizioni di fattibilità del piano. La circostanza che le modifiche in questione siano state apportate per venire incontro alle osservazioni contenute nella relazione del commissario giudiziale non consente infatti di ricondurne la formulazione ad un'iniziativa di quest'ultimo, come previsto dalla norma citata, la quale, peraltro, nell'affidare al commissario il compito di rilevare eventuali mutamenti nelle condizioni di fattibilità del piano, presuppone il verificarsi di eventi, estranei alla volontà del debitore e sopravvenuti all'approvazione del concordato, idonei ad impedirne il corretto adempimento, escludendo pertanto che la predetta iniziativa possa essere assunta al fine di porre tardivamente rimedio a carenze originarie della proposta (cfr. Cass., sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, cit.); destinatari dell'avviso previsto dall'art. 179, secondo comma, sono d'altronde i creditori, rispondendo la segnalazione alla finalità di consentire non già al debitore di apportare alla proposta le modifiche necessarie per ottenere il voto favorevole dei creditori, ma a questi ultimi di costituirsi nel giudizio di omologazione, per modificare il voto precedentemente espresso. […]. Sul punto, si rimanda a E. M. Negro, Proposte concorrenti, rinuncia alla domanda e revoca della proposta di concordato preventivo, in Il Caso, 12 febbraio 2016.
[7] Trib. Torino, 9 gennaio 2014, in Il Caso, ha statuito che dopo che “la votazione dei creditori sulla proposta avanzata dalla società si concludeva con esito negativo, […] il Tribunale dichiarava inammissibile il ricorso. Con il presente ricorso la società ha provveduto a migliorare la propria proposta […]. Il Commissario nella relazione ai sensi dell’art 172 L.F. ha espresso parere favorevole rilevando che in ipotesi di fallimento il Curatore non potrebbe recuperare importi superiori da distribuire ai creditori. […] La votazione dei creditori sulla proposta avanzata dalla società si è conclusa con esito positivo. […] Ritiene il Collegio che alla luce di tali rilievi si debba addivenire all’omologazione del concordato, approvato dal ceto creditorio, essendosi positivamente verificata la conformità alla legge della procedura svolta nonché il regolare formarsi della maggioranza prevista”.
[8] Trib. Milano, 20 febbraio 2014, in Unijuris, ha ritenuto di ammettere alla procedura di concordato il debitore sulla base di una “domanda [che] segue una precedente iniziativa di concordato preventivo ex art. 161 comma 6 lf che si è conclusa con decreto di improcedibilità in quanto, all’esito dell’udienza fissata ex art. 179 lf, non è stata raggiunta la maggioranza prevista dall’art. 177 lf”, assumendo il nuovo ricorso quale meritevole di accoglimento anche alla luce del fatto che la stessa “si pone in termini migliorativi rispetto alla proposta non approvata nella precedente procedura ex art. 161 lf”.
[9] Vale la pena evidenziare che il favor concesso da parte della giurisprudenza in ordine a proposte modificative palesemente migliorative non trovi luogo in caso di riproposizione di analoga offerta ai creditori, poiché come ricorda Trib. Forlì, 12 marzo 2013, in Il Caso, “la normativa in vigore non dà spazio né a tentativi del debitore di provocare una nuova votazione sulla stessa proposta concordataria né a ripensamenti da parte dei creditori circa il voto già espresso […], non rimane che constatare come i creditori non abbiano alcun interesse a indugiare su una proposta identica alla precedente che hanno già ritenuto inadatta a meritare la loro approvazione”.
[10] Per una lettura organica e sistematica delle novità apportate dal decreto legge, si veda P. Beltrami, Le recenti (ulteriori) modifiche al concordato preventivo dell’estate 2015, in Il Caso, 2 marzo 2016, che, per quanto di stretto interesse del presente elaborato, ha osservato che “la legge espressamente prevede che le offerte devono essere pena la dichiarazione di inefficacia, standardizzate, ossia variare solo il prezzo. L’obiettivo della procedura competitiva è, infatti, scegliere, tra offerte strutturalmente omogenee, quella che aumenta il valore di realizzazione dei beni da trasferire, a vantaggio dei creditori. Naturalmente, anche l’originario offerente ha l’onere di partecipare alla procedura competitiva, modificando l’offerta secondo le forme previste dal decreto del tribunale, rendendo con ciò irrevocabile l’offerta stessa. (art. 163 bis, comma 3). Per quanto concerne le informazioni accessibili da parte dei terzi interessati all’acquisto, è facile immaginare come, nell’ipotesi delle offerte concorrenti, si ripropongano gli stessi problemi imputabili alle asimmetrie informative già presenti in tema di proposte”.
[11] L’art. 172 è stato sostituito, all’interno dell’impianto del Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza, entrato in vigore il 15.07.2022, così come modificato dal D.Lgs. 83/2022, dall’art. 105 che così statuisce:
1. Il commissario giudiziale redige l'inventario del patrimonio del debitore e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, precisando se l'impresa si trovi in stato di crisi o di insolvenza, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, e la deposita almeno quarantacinque giorni prima della data iniziale stabilita per il voto dei creditori. Copia della relazione è trasmessa al pubblico ministero.
2. Nella relazione il commissario illustra le utilità che, in caso di liquidazione giudiziale, possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi.
3. Qualora siano depositate proposte concorrenti, il commissario giudiziale riferisce in merito ad esse con relazione integrativa da depositare e comunicare ai creditori, con le modalità di cui all'articolo 104, comma 2, almeno quindici giorni prima della data iniziale stabilita per il voto dei creditori. Copia della relazione integrativa è trasmessa al pubblico ministero.
4. La relazione integrativa contiene, la comparazione tra tutte le proposte depositate. Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a venti giorni prima della data iniziale stabilita per il voto dei creditori.
5. Analoga relazione integrativa viene redatta qualora emergano informazioni che
i creditori devono conoscere ai fini dell'espressione del voto. Essa è comunicata ai creditori almeno quindici giorni prima della data iniziale stabilita per il voto ed è trasmessa al pubblico ministero
[12] La facoltà di cui all’art. 172 l.fall. è altro da sé rispetto alla straordinaria norma di stampo emergenziale ex art. 9 D.L. 23/2020 che, come ricordato da Trib. Varese, 9 marzo 2021, in Il Caso, “atteso che il D.L. n. 23/2020 precede la possibilità di presentare una proposta o un piano del tutto nuovi fino all'udienza fissata per l'omologa, per le medesime procedure devono ritenersi possibili mere modifiche anche oltre la data fissata per l'adunanza dei creditori e fino alla medesima data fissata per l'udienza di omologa; inequivoca la volontà di non rinunciare all'originaria proposta e piano concordatari, [ritenuto che] la Società non abbia inteso utilizzare il termine concesso dal Tribunale per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta (sul presupposto della sopravvenuta non attuabilità degli originari proposta e piano alla luce dell'emergenza sanitaria e economica causate dalla pandemia da COVID-19) ma abbia, invece, inteso modificare la propria proposta in senso migliorativo e senza incidere sulla sostanza dell'operazione concordataria inizialmente offerta ai creditori e già valutata come ammissibile dal Tribunale, con la conseguenza che deve ritenersi “superata” la fase procedimentale apertasi dopo l'ammissione e in seguito alla concessione della richiesta proroga ex art. 9 secondo comma d.l. n. 23/2020 e senza che possa ritenersi rinunciata e / o non più attuabile l'originaria proposta concordataria [e, dunque] è senz'altro consentito al debitore modificare la proposta e il piano nel termine di cui all'art. 172 l.fall.;”
[13] Nell’ambito del computo dei termini, si veda Trib. Alessandria, 30 aprile 2019, in Unijuris, secondo cui il differimento dell'adunanza dei creditori disposto dal tribunale su istanza del debitore, laddove sia già spirato il termine perentorio fissato dall'art. 172, comma 2, l.fall., per la modifica della proposta di concordato preventivo, non costituisce elemento idoneo per determinare la decorrenza di un nuovo termine per la modifica della proposta.
[14] Ciò detto, nel regime antecedente D.L. 83/2015, una parte della giurisprudenza di merito si era spinta sino a ritenere legittime le modifiche alla proposta concordataria potessero intervenire sino all’omologazione. Restava, comunque, fermo, che suddette modifiche - non potendo, invero, spiegare effetti nell’ambito dello scope concordatario, giusta regola imposta dall’art. 175, comma 2, l. fall. – integrassero delle mere “obbligazioni naturali” da addebitare integralmente alla società proponente, la quale poteva, per l’appunto, adempiere, parimenti, altresì, al di fuori della procedura concordataria, a suddette obbligazioni naturali, identificabili, essenzialmente, nella corresponsione di un quantum maggiore di quello offerto alla massa sulla base alla proposta approvata ed omologata, senza, comunque, poter ripetere quanto eventualmente a tale titolo corrisposto.
Ex multis, per quanto concerne la giurisprudenza di merito, si veda Trib. Novara, 7 marzo 2013, secondo cui “ferma l'inammissibilità di proposte modificative successive alla votazione dei creditori in sede di adunanza, la società debitrice può adempiere, al di fuori; della. procedura concordataria, alle obbligazioni naturali identificabili nella corresponsione di una percentuale maggiore di quella offerta ai creditori, approvata e omologata, seria facoltà di ripetere (trattandosi, appunto, di obbligazioni naturali) quanto eventualmente a tale titolo corrisposto” e, per quanto concerne la giurisprudenza di legittimità, invero assai risalente nel tempo, si veda Cass. Civ. sez. I, 18 giugno 1992 n. 7557, a mente della quale “una volta accertato il contenuto migliorativo della modifica rispetto alla proposta originaria, rettamente il Tribunale ha ritenuto superfluo riaprire la discussione tra i creditori. Questi criteri, cui si è attenuta la sentenza impugnata, non solo sono conformi al carattere pubblicistico dell'istituto, affermato anche da questa Corte (S.U. 2 luglio 1965 n. 1373), ma sono anche sorretti da solide ragioni logiche e giuridiche.
Infatti, la pretesa (sostenuta dal ricorrente) di ancorare irrimediabilmente la sorte del concordato alla proposta iniziale, si risolve in una ingiustificata limitazione al potere dispositivo delle parti e non tiene conto del carattere "prevalente" che va attribuita al requisito di convenienza, la cui valutazione è considerata, nella positiva disciplina dell'istituto (art. 181 n. 1, cit.), determinante rispetto alla volontà sia del debitore che dei creditori, per il conseguimento dei fini dalla legge assegnati all'istituto (cfr. Cass. 10 dicembre 1979, n. 6380 e Cass. 10 gennaio 1986, n. 68)”.
[15] Per un quadro sistematico sull’istituto delle proposte concorrenti e sui relativi riflessi, finanche procedurali, sul piano concordatario, si veda M. Spiotta, Chi formula la proposta di concordato non può votarla: il dictum delle Sezioni Unite, in Giur. it., 2018, 11, 2410-2417.
[16] Per una panoramica sull’ambito applicativo delle proposte ed offerte concorrenti nell’alveo del codice della crisi, si veda R. Guidotti, Le proposte (e le offerte) concorrenti nel concordato preventivo dopo il recepimento della Dir. Insolvency, in Ristrutturazioni Aziendali, 29 settembre 2022; nonché, più recentemente, M. Aiello, Le nuove proposte e offerte concorrenti, in Ristrutturazioni Aziendali, 15 gennaio 2024.
[17] Per completezza dell’opera, vale la pena evidenziare quanto rilevato da Cass., 19 novembre 2018, n. 29741, in Il Caso, secondo cui, in pendenza del procedimento teso alla revoca dell'ammissione al concordato ex art. 173 l.fall., nella formulazione della norma antecedente al D.L. 83/2015, ratione temporis, nel concordato preventivo le modifiche alla proposta presentata possono intervenire anche in pendenza del sub-procedimento di revoca; nonché Cass. 26 maggio 2022, n. 17145, in Diritto della Crisi, che ha statuito come “nell'ipotesi di concordato con riserva, in tema di termini feriali, sia applicabile anche all'ipotesi del termine di cui al sopra citato D.L. n. 23 del 2020, art. 9, comma 2, per la presentazione di una nuova proposta e di un nuovo piano di concordato preventivo, sempre che sia contemporaneamente pendente un'istanza di fallimento nei confronti dell'impresa già ammessa alla procedura pattizia, e ciò proprio in ragione del necessario richiamo alla regola prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3, che attraverso il richiamo al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92, esclude la sospensione feriale per i procedimenti relativi alla "dichiarazione e revoca dei fallimenti".
[18] Sempre nell’alveo delle declinazioni patologiche, si ricorda che, come enunciato da Cass., 25 ottobre 2018, n. 27120, in tema di rinuncia alla domanda di concordato, quest’ultima non soffra del limite temporale statuito ex art. 172 l.fall., in quanto destinata all'arresto definitivo dell'iter concordatario.
[19] Sulle condotte ostruzionistiche ovvero fraudolente del debitore in presenza di proposte concorrenti, si veda N. Abriani, Proposte concorrenti, operazioni straordinarie e dovere della società di adempiere agli obblighi concordatari, in Giustizia Civile, 2016, 2, 365-400.
[20] Per una lettura sistematica delle possibili modifiche “migliorative”, si veda D. Galletti, Il miglior soddisfacimento dei creditori: brevi note sui principi generali e sugli interessi tutelati (II), in Il Fallimentarista, 15 marzo 2019.
[21] Vale la pena ricordare, quale unicum, Trib. Vicenza, 30 aprile 2019 che ha ritenuto inammissibile la proposta presentata dal debitore “dato che l'originaria proposta […] prevedeva il soddisfacimento dei creditori per il 26,5% e che la percentuale è stata innalzata al 30,06% solo in data 29.3.2019 (dopo tre mesi e mezzo), al chiaro scopo di precludere l'ingresso della proposta concorrente […] insomma: le condizioni di partenza del gioco non possono cambiarsi in corso d'opera a scapito dei creditori, che pure hanno il diritto di votare su proposte concorrenti migliorative, tenuto conto che a loro è destinato in fin dei conti il patrimonio della società insolvente e che la legge consente ai soci di conservare il controllo sulla società solo a condizione di essere trasparenti e leali nei confronti del ceto creditorio, trasparenza e lealtà che verrebbero meno se si consentisse di sbarrare la strada alle proposte concorrenti "ad libitum", e nella sola misura ritenuta utile ai soci (nella specie: elevando la percentuale al mero minimo impeditivo di legge)”.
[22] Cfr Cass., 11 agosto 2021, n. 22663 e Cass., 14 febbraio 2017, n. 3836, entrambe in Il Caso.
[23] Si segnala in dottrina una pregevole nota a Trib. Busto Arsizio, 04/04/2018 a firma di A.F. Mainini, Concordato preventivo: validità delle modifiche alla proposta concordataria, in Diritto.it, 7 luglio 2020, secondo cui “per potersi configurare una nuova proposta, occorre verificare se il debitore abbia rinunciato alla iniziale domanda di concordato dal momento che la consecutio tra procedure di concordato non può che esplicarsi attraverso la sequenza temporale della rinuncia all’istanza originaria e la contestuale o successiva proposizione di una nuova domanda o se abbia incardinato la proposta di concordato avendo rinunciato ad una diversa soluzione della crisi di impresa precedentemente prospettata. Tale ultima precisazione è di utile spunto nel caso in cui, come spesso avviene, la procedura di concordato segue un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis della Legge Fallimentare”.
[24] Un interessante confronto tra le prescrizioni richieste in caso di presentazione di una nuova domanda, antecedentemente alla riforma del 2015, è fornita da M. Vacchiano, Revoca e modifica della proposta di concordato preventivo, in Fallimento, 2011, 1, 75. secondo cui "non vi è alcuna necessità né di una nuova relazione ai sensi dell'art. 161, terzo comma, l.fall., né di un nuovo provvedimento di ammissibilità da parte del tribunale. E' appena il caso di rilevare che se la modifica sarà in pejus, essa evidentemente (...) sarà verosimilmente in linea con la valutazione pessimistica già espressa dal commissario nella propria relazione ai sensi dell'art. 172 l.fall., sicché in tale fattispecie i creditori non avvertirebbero alcuna divergenza informativa tra la nuova proposta e il giudizio di fattibilità espresso da un organo parimenti imparziale. Ma, in verità, anche laddove la proposta fosse migliorativa e sopravanzasse le prudenti aspettative eventualmente già esternate dal commissario, non risulta affatto prevista dalla legge né la rinnovazione della relazione del professionista, né un nuovo provvedimento giurisdizionale riguardante l'ammissibilità al concordato".
[25] Nell’alveo delle declinazioni patologiche delle nuove domande, si veda nuovamente Cass. 25 ottobre 2018, n. 27120, in Il Caso, che ha precisato, tra le altre, come il tribunale sia “comunque tenuto a valutare il carattere eventualmente dilatorio, e come tale abusivo, della nuova proposta; che in simile contesto è invece inammissibile una "nuova domanda" di concordato cd. con riserva, ex art. 161, comma 6, legge fall., potendo al più il debitore confidare sulla concessione del termine ex art. 162, comma 1, legge fall. per eventuali integrazioni della nuova proposta”.
[26] Sulle modalità di approvazione del concordato preventivo nel nuovo Codice della Crisi, si veda M. Spiotta, Strumenti di regolazione della crisi, in Lineamenti di Diritto Commerciale a cura di Cottino, Zanichelli, Bologna, 2022.
[27] Cass., 15 giugno 2022 n. 22988, in Il Caso.
[28] Sui profili derivanti da una patologica dicotomia, si veda la nota a Trib. Asti, 11 febbraio 2016 di R. Tarolli e L. Riondato, Proposta “modificata” e proposta “nuova” nel concordato preventivo, in Il Fallimentarista, 9 giugno 2016.
[29] È evidente che la necessità di modifiche in itinere alle modalità di esecuzione della proposta (e, quindi, al piano) ricorra prevalentemente nell’ambito di concordati in continuità aziendale.
[30] Cd. Correttivo-ter.
[31] Schema di Decreto Legislativo recante disposizioni integrative e correttive al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza di cui al Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, art. 26, co. 7.
[32] E, quindi, con riferimento al piano e non alla proposta concordataria.
[33] Corte Suprema di Cassazione – Ufficio del massimario e del ruolo, Relazione tematica n. 56 del 8.07.2020, p. 14: “Ben difficilmente il piano iniziale potrà essere portato a compimento come inizialmente si è mostrato. Il mercato è sfigurato dal Covid, quindi cambia, si creano nuove opportunità che vanno colte, le dismissioni di beni non strategici che parevano opportune all’inizio, possono in una congiuntura adulterata non esserlo più o viceversa”.
[34] Anche nel caso in cui, quindi, il debitore fosse in grado di adempiere all’obbligazione, ma con modalità e tempi diversi da quelli stabiliti nella proposta concordataria omologata.
[35] A norma dell’art. 186 l.f. prima e dell’art. 119 CCII ora.
[36] Infatti, a norma dell’art. 87, co. 1, lett. e) CCII, in caso di domanda di concordato in continuità aziendale, il piano deve necessariamente indicare le modalità e i tempi previsti per il riequilibrio della società, e l’attestazione del professionista indipendente deve valutare la fattibilità di tali previsioni.
[37] Raccomandazione 2014/135/UE, “Raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza”; Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 5 giugno 2015; Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza), Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 26 giugno 2019.
[38]Art. 58 co. 2 CCII - Rinegoziazione degli accordi o modifiche del piano: “Qualora dopo l'omologazione si rendano necessarie modifiche sostanziali del piano, l'imprenditore vi apporta le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi, richiedendo al professionista indicato all'articolo 57, comma 4, il rinnovo dell'attestazione. In tal caso, il piano modificato e l'attestazione sono pubblicati nel registro delle imprese e della pubblicazione è dato avviso ai creditori a mezzo lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Entro trenta giorni dalla ricezione dell'avviso è ammessa opposizione avanti al tribunale, nelle forme di cui all'articolo 48”.
[39] Probabilmente, in virtù della connotazione “pubblicistica” che caratterizza le procedure concorsuali fin dalla Legge fallimentare e che, seppur notevolmente rivista dal Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, che ha ampliato gli spazi di autonomia negoziale nell’ambito del concordato preventivo, continua a differenziare quest’ultima procedura dallo strumento degli accordi di ristrutturazione del debito.
[40] In tal senso, tra gli altri, Trib. Milano, 17 novembre 2022, con nota di A. Zanardo, La rinegoziazione del concordato preventivo tra vecchie e nuove sollecitazioni, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2021, 2, 925, secondo cui “è assai dubbio che la mancata previsione legislativa della possibilità di modificazione della proposta e del piano concordatari, in sede di esecuzione, possa ritenersi una lacuna dell’ordinamento suscettibile di essere colmata con disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe ai sensi dell’art. 12 preleggi, piuttosto che una precisa scelta del legislatore, alla luce della peculiare natura del concordato”.
[41] In tal senso, F. Morri, L’art. 118-bis nella bozza di Correttivo-ter, ovvero le modificazioni del piano nel concordato preventivo in continuità aziendale, in IUS – Crisi d’Impresa, 2024.