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Le istanze di composizione negoziata. Dati UnionCamere aggiornati al 15 aprile 2024


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Focus

Dove sta Zazà? L’esperto, questo sconosciuto


Data pubblicazione
19 dicembre 2021

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Giuseppe Fauceglia

Piero Calamandrei amava ripetere che i termini processuali per gli avvocati erano perentori, quelli per i giudici canzonatori. Ora scopriamo che i termini canzonatori non sono solo una prerogativa dei giudici, ma pure del legislatore[1].

L’occasione per questa riflessione ci è offerta da una recente ordinanza del Tribunale di Brescia[2], la quale, tra gli altri motivi da ritenersi tutti condivisibili, ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’adozione delle misure protettive di cui all’art. 6 della L. 147/2021, di conversione con modificazione del D.L. 118/2021[3], sulla scorta della considerazione che l’ombrello protettivo richiesto avrebbe presupposto idonea pubblicità nel Registro delle Imprese non solo dell’istanza, ma pure dell’accettazione dell’esperto (come previsto dall’art. 5, comma 4°, della stessa legge). Invero, l’art. 27 L. n. 147/2021, dispone che gli articoli 2 e 3, commi 6, 7, 8  e 9, e gli articoli da 4 a 19 si applicano a decorrere dal 15 novembre 2021 (in sostanziale conformità con quanto disposto dall’art. 27 D.L. n. 118/2021). Della mancata nomina dell’esperto (e del conseguente difetto di pubblicità), il provvedimento in oggetto offre contezza, laddove ricorda la comunicazione del 22 novembre 2021 della commissione prevista dall’art. 3, comma 6°, D.L. n. 118/2021 presso la Camera di Commercio di Milano, Monza, Brianza e Lodi, con la quale si rappresentava di “non poter procedere alla nomina dell’esperto (…) dal momento che ad oggi non risulta iscritto alcun nominativo di esperto negli elenchi della piattaforma, sia regionali sia extra Regione Lombardia”. Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che “per l’apertura dell’ombrello protettivo previsto dal D.L. 118/2021 sia indispensabile la pubblicazione tanto dell’istanza applicativa quanto dell’accettazione dell’esperto”, ciò apparendo in linea sia con il dato letterale degli artt. 6 e 7 dello stesso D.L. n. 118/2021 che con la ratio complessiva del sistema della composizione negoziata della crisi.

La vicenda, se volessimo per un attimo sottrarci alla tragicommedia del “moderno”, potrebbe iscriversi nel contesto dei diversi principi che hanno sorretto soluzioni dogmatiche differenti in relazione ai conflitti tra norme nel tempo, che privilegiano ora la sopravvivenza della legge antica ora l’applicazione immediata della legge nuova, seguendo esigenze di conservazione o di mutamento del diritto[4]. Ma la questione qui proposta non conserva nulla di quell’antico e fecondo dibattito, posto che pur essendo prevista espressamente l’entrata in vigore della legge al 15 novembre 2021, questa poi non trova applicazione perché difetta di un presupposto necessario, con la conseguenza che non la nuova disposizione finisce per applicarsi, bensì l’antica, tradotta nell’ircocervo della dichiarazione processuale di inammissibilità.

Orbene, pare necessario ricordare che uno dei presupposti della decretazione di urgenza sia stato esplicitato nella necessità di approntare un efficace strumento per far fronte alle conseguenze che l’emergenza pandemica ha prodotto sull’intera economia, tanto da indicare, poi, termini alquanto stringenti per l’entrata in vigore del nuovo procedimento della composizione negoziata della crisi. Se così è, pare altrettanto illogico che il legislatore abbia previsto per il 15 novembre 2021 l’entrata in vigore della legge, senza, poi, considerare il difetto di necessario completamento del procedimento amministrativo presupposto, ovvero la formazione dell’elenco degli esperti. In sostanza, si offre, da una parte, un valido strumento per la soluzione della crisi d’impresa e, poi, si vanifica il risultato voluto a seguito del mancato elenco proprio del soggetto “motore” ovvero dell’esperto[5].

E’ appena il caso di evidenziare che la “risposta disarmante” della Camera di Commercio, da cui consegue la privazione di ogni valenza al ricorso allo strumento negoziale, finisce per comportare degli effetti a catena, particolarmente pericolosi e antitetici alle finalità previste dal legislatore, quali il venir meno dell’automatismo in ragione del quale “dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza dichiarativa di fallimento o l’accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata” (art. 6, comma 4, L. n. 147/2021). In sostanza, si imputa all’imprenditore (incolpevole) che abbia presentato l’istanza, il difetto successivo di nomina dell’esperto, sulla scorta che esperto non vi è ovvero che nessun nominativo è incluso nel relativo elenco di cui al comma 3° dell’art. 3 stessa legge.

Ora, può pure ritenersi che il comma 3°, a differenza degli altri commi del medesimo articolo, sempre indicati dal predetto art. 27, non sia entrato in vigore il 15 novembre 2021, ma poi bisognerebbe offrire adeguata spiegazione del motivo per cui per tutte le altre, e ben più caratterizzanti, disposizioni della stessa legge sia stato espressamente prevista l’entrata in vigore per quella data. Verrebbe, in tal modo, ad insinuarsi un dubbio di un vero e proprio effetto “propaganda” del nuovo istituto, di cui vengono magnificate le “sorti”, il quale, però, non avrebbe alcuna possibilità di pratica attuazione, in quel tempo, più o meno indefinito, richiesto per la formazione degli elenchi.

Una soluzione al disordinato procedere normativo potrebbe essere individuata, ma l’opzione può dar luogo ad obiezioni soprattutto in ragione dei termini indicati dai commi 4 e 5 dell’art. 5, nel distinguere tra la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto  (la cui pubblicazione, con effetti di pubblicità notizia, potrebbe ritenersi differente dai successivi adempimenti pubblicitari previsti dalla legge) e la successiva nomina dell’esperto, a seguito del  completamento del procedimento amministrativo di formazione degli elenchi. La conseguenza è che l’istanza, che altro non manifesta se non la volontà di voler accedere al procedimento negoziale, avrebbe in sé l’effetto di evitare, nello spazio intertemporale innanzi indicato, la dichiarazione di insolvenza o di fallimento, stante la dichiarata volontà del debitore di voler superare lo stato di crisi o di pre-crisi in un contesto differente da quello processuale, la quale conserva – nell’impianto della disciplina – una indubbia valenza “preventiva” rispetto alle più gravi conseguenze dissolutorie, incidenti sulla preferita continuità aziendale, del valore dell’impresa (principio fondante anche della Direttiva UE 1023/2019).

Da ciò, l’ulteriore conseguenza che se pure le misure protettive non potrebbero essere concesse in assenza degli effetti di nomina e di conseguente pubblicità previsti dalla legge, sicuramente lo stesso risultato non potrebbe essere richiamato per la “sospensione” (utilizzo il termine in senso processualmente atecnico) delle possibili istanze di fallimento[6] (se è vero che la dichiarazione di insolvenza renderebbe “inutile” il ricorso a qualsiasi opzione preventiva).

Un’ultima notazione: le misure protettive e cautelari previste dall’art. 6 sono poste a vantaggio dell’imprenditore al fine di consentirgli, medio tempore nel corso delle trattative, di evitare che i creditori inizino o proseguano azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’impresa. Ed allora, se l’intento sotteso dal legislatore resta anche quello di evitare, nel contesto delle nuove disposizioni, il ricorso all’autorità giudiziaria, in senso chiaramente deflattivo, mi chiedo se non sarebbe stato più logico prevedere un meccanismo protettivo automatico, come quello indicato dall’art. 168 l. fall.. Certamente, potrebbe obiettarsi che in questo caso, le misure protettive sono giustificate in una prospettiva processuale che si sviluppa sotto il controllo del giudice e del commissario giudiziale, ma è pur vero che un effetto caratterizzato da un certo automatismo attenuato (ad esempio, ampliare nel corso delle trattative, e a seguito di una valutazione dell’esperto sul concreto utile svolgersi delle stesse, la facoltà del creditore di rivolgersi al  giudice al fine di acquisire diritti di prelazione) avrebbe certamente reso più efficiente ed efficace, oltre che più snello, il procedimento negoziale per la soluzione della crisi.

Ma questa è un’altra storia, che rinveniamo nelle pagine scritte per evitare (sempre) possibili abusi dello strumento previsto. Si ricorda, però, che se non sono previsti presupposti rigidi di ammissibilità, se non quelli connessi alla produzione documentale di cui all’art. 5, sicuramente più caratterizzanti restano quelli di proseguibilità, sia nella fase preventiva-valutativa che nel corso delle trattative, tali, se opportunamente “governati” dall’esperto, da evitare un utilizzo distorto dello strumento contrattuale.

 



[1] E’ antica la positivizzazione del principio della certezza dell’entrata in vigore della legge, quale manifestazione della tutela dell’interesse pubblico alla imperatività del precetto e di quello dei consociati alla vincolatività nei rapporti tra le parti: G. SAREDO, Trattato delle leggi, Firenze, 1896, 23 ss.

[2] Trib. Brescia, ord. 2 dicembre 2021, in questa Rivista, 6 dicembre 2021.

[3] Fra i contributi più recenti sul tema cfr. A. Didone, Appunti su misure protettive e cautelari nel D.L. 118/2021, in questa Rivista, 17 novembre 2021.

[4] D. DONATI, Il contenuto del principio di irretroattività delle leggi, in Riv. it. sc. giur., 1915, ora in Scritti di diritto pubblico, Padova, 1966, 279 ss.

[5] Sul tema, mi limito a richiamare: F. LAMANNA, Composizione negoziata e nuove misure per la crisi d’impresa, in Il Civilista, Milano, 2021, 48 ss; A. PASSANTINO, L’esperto nella composizione negoziata della crisi. Funzioni, poteri e responsabilità, in questa Rivista, 21 novembre 2021; P. Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto “facilitatore”, in questa Rivista, 30 settembre 2021

[6] Sul tema: F. LAMANNA, op. ult. cit., 82