Recensione

Si è spento Giuseppe Niccolini


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Focus

Breve storia di risparmi, truffe e umana avidità


Data pubblicazione
18 ottobre 2022

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Franco Baiguera      


Sommario: 1. Premessa; 2. Dallo schema Ponzi alla Chimera srl; 3. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi; 4. Conclusioni.    


1. Premessa

Nonostante la cultura finanziaria nel nostro Paese si sia sempre più diffusa grazie – ma non solo – alla tecnologia informatica e alla stampa economica, non solo cartacea, è proprio il caso di ribadire che c’è sempre qualcuno, attirato dal coro delle “sirene di Ulisse”, che cade nella trappola di malfattori che adescano, senza scrupoli, persone ingenue ma anche – va detto – decisamente avide.

Nel caso che verrà poco oltre illustrato un gruppo di persone numeroso e disomogeneo per estrazione culturale, zona geografica di residenza o età, viene attirato nella rete tesa da un imbonitore – per usare un eufemismo – che, promettendo interessi ben al di sopra della media di mercato sulle somme investite[1], raccoglie ingenti somme da destinare a propri scopi personali.  

La ricostruzione di alcuni fatti significativi: lo schema Ponzi

Alcuni geni del male del mondo finanziario utilizzano la c.d catena di Sant’Antonio; altri, strumenti più sofisticati, come la clonazione delle carte di credito o di bancomat. Quello che stupisce, nel caso che ci interessa, è che il sig. Massimo Raggiro[2] utilizzava un metodo ben noto da tempo e risalente nel tempo: lo schema Ponzi, uno schema economico truffaldino di allocazione di prodotti finanziari ideato da Charles Ponzi (1882-1949), che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi "investitori", a loro volta vittime della truffa.

Lo schema, in breve, funziona così: un truffatore promette guadagni fuori dagli standard, ad esempio il 10% al mese; e quando gli viene chiesto in cosa consiste l'investimento, risponde riferendosi in termini fumosi a meccanismi complessi o incomprensibili.

Il truffatore diffonde la sua proposta, ad esempio con un passaparola, e attira un primo gruppo di vittime, ognuna delle quali versa la sua quota da "investire"; così inizia ad accumulare una prima somma di denaro data dal totale delle quote di capitale versate dai primi (sprovveduti) risparmiatori.

In questa prima fase, senza un investimento documentato, solo pochi investitori danno fiducia al truffatore, il quale assicura loro di rispettare i patti: promette di pagare quanto pattuito, anche se per farlo dovesse andare in perdita.

Per fingere che l'investimento stia avendo successo, dopo un mese il truffatore riconosce ad ogni vittima il 10% della quota versata, spacciandolo per il profitto promesso; in realtà, non fa altro che sottrarre quel denaro al capitale iniziale.

I primi "investitori", ripagati, reinvestono, del tutto o parzialmente i fondi, reimmettendoli “nel giro”, e soprattutto parlano bene dell'investimento attirando a loro volta nuove vittime; questo afflusso di nuovi "investitori" è importante perché la truffa possa continuare, dato che il "guadagno" è mensile o a scadenza periodica breve; in caso contrario, il capitale iniziale si esaurirebbe in poco tempo e la truffa verrebbe scoperta quasi subito.

Se l’imbonitore sa essere davvero convincente, il meccanismo può durare abbastanza a lungo, magari anche a costo di qualche sacrificio che consiste nel dover rimborsare tutto il capitale e gli interessi maturati a chi, ad esempio per sopraggiunte necessità impellenti, lo richiede. Ma questo sacrificio è solo temporaneo, perché rafforza con effetto immediato l’illusoria affidabilità dello schema Ponzi. L’importante è che il truffatore riesca a giocare sporco il più a lungo possibile per massimizzare il guadagno senza essere scoperto prematuramente.

Prima che ciò accada, infatti, l’organizzatore della truffa sparisce nel nulla con i soldi disponibili in quel momento, probabilmente già dirottati verso lidi inesplorabili[3]. Presto o tardi, tuttavia, la difficoltà di reperire nuovi adepti porterà lo schema a collassare da solo, non riuscendo a ripagare gli investimenti o venendo scoperto dalle forze dell'ordine[4].

Lo schema Ponzi è stato replicato più volte nella storia anche recente: una delle più note applicazioni dello schema si è avuto con il caso Madoff, che rappresenta anche una delle più grandi frodi mai poste in essere, che vanificò nel nulla circa 65 miliardi di dollari.

Ma noto fu anche quello di Jan Lewan: era un immigrato polacco, trasferitosi da anni negli U.S.A., che organizzava show e spettacoli con la sua band che, a suon di musica polka, intratteneva il pubblico più anziano. Gli affari però non gli andavano per il meglio e lo showman decise di proporre ad alcuni dei più affezionati spettatori un sistema di investimento ad alto interesse e al di fuori delle banche, dando vita ad un vero e proprio schema Ponzi che attrasse sempre più finanziatori: la storia è stata recentemente proposta all’attore Jack Black, interprete del film Il re della Polka, un’esilarante pellicola rielaborata comicamente dalla quale pare abbia attinto in maniera molto fedele il signor Massimo Raggiro. In luogo degli intrattenimenti a base di Polka, durante i quali Jan raccoglieva i fondi, Massimo Raggiro organizzava eventi in location lussuose nelle quali sopraggiungeva ovviamente sempre in ritardo come le prime donne dello spettacolo con automobili di gran lusso, autisti privati e circondato da sedicenti professionisti del settore.


2. Dallo schema Ponzi alla Chimera srl

Massimo Raggiro non poteva non operare tramite una società di facciata che chiameremo Chimera srl, braccio formale utilizzato per la raccolta delle somme di denaro da persone fisiche, indicando in contabilità causali fantasiose: naturalmente nessuno le avrebbe lette, né ad alcuno potevano interessare; ma era necessario garantire un minimo di credibilità se chicchessia ne avesse fatto richiesta.

Un riassunto di alcuni dei fatti e dei movimenti più significativi può aiutare a comprendere bene come Massimo Raggiro aveva organizzato il giro di denaro tramite la Chimera srl a danno di numerose persone.

Attraverso un vero e proprio martellamento psicologico – come sopra brevemente esposto – e grazie al passaparola, venivano raccolte ingenti somme da vari soggetti (tutte persone fisiche) e, contestualmente o poco dopo, venivano rimborsate anche somme titolo di interessi;  alcune volte, anche l’intero capitale investito: il rimborso del capitale investito ad alcuni risparmiatori costava di più a Chimera Srl, ma aveva il grosso vantaggio di rendere più credibili le promesse fatte e di rendere lo schema più durevole nel tempo.

Per ricostruire nel modo più preciso possibile la truffa, si è dovuto procedere analizzando la contabilità della Chimera srl[5] nonché le pezze giustificative provenienti da terzi, soprattutto dalle banche, ma anche i contratti reperiti, la copia degli assegni e dei bonifici, eccetera, al fine di far quadrare un cerchio molto spigoloso.

Un esempio può essere di aiuto, partendo da un estratto della contabilità e precisamente dalla scheda contabile della Blind Bank del mese di Maggio 202X:

1. Incasso 200.000 € da un “risparmiatore” il 15/5/202X e, il giorno seguente,

2. rimborso di importi a molti soggetti che in precedenza avevano già provveduto ad effettuare versamenti, pari ad una percentuale in conto interessi molto elevata.

Lo schema, collaudato, funzionava. Il conto corrente della Blind Bank si incrementa nel corso del 202X fino a circa 5 milioni di euro, per poi inesorabilmente azzerarsi prima di fine anno.

Come anticipato, i flussi sono stati riscontrati anche per mezzo degli estratti conto della Blind Bank: sempre a titolo di esempio: in data 10/6/202X vengono accreditati 100.000 € sul c/c n. 123456789 della Blind Bank da parte di un'altra persona fisica, con la causale “Acquisto prima casa”; causale del tutto fantasiosa, in quanto la Chimera srl non svolgeva attività immobiliari di alcun tipo.

Sono emersi poi numerosi altri versamenti di rilevante importo, ai quali si “accoppiavano” in modo assolutamente contestuale minori prelievi finalizzati a foraggiare i soggetti entrati precedentemente nello schema Ponzi.

E così, tra versamenti a favore ed alcuni rimborsi, lo “schema Ponzi” prosegue senza alcun ostacolo. Ma, nel frattempo, Chimera srl disponeva anche alcuni bonifici all'estero a favore della Chimera con sede in Lussemburgo e con la causale “aumento capitale sociale per conto di Massimo Raggiro”: come è facilmente intuibile, la società aveva come beneficiario effettivo lo stesso Raggiro. Quest’ultimo era dotato di una innata capacità di convincimento tale che, per un buon lasso temporale, fece aumentare gli incassi: sono stati reperiti, ad esempio, sottoscrizioni da 220.000 € in un sol colpo!

Il sistema procede fino a quando ben 900.000 € vengono trasferiti alla Chimera di diritto lussemburghese in un sol giorno.

Ma lo schema non avrebbe funzionato perfettamente se non si fosse riusciti, nell'arco di poco tempo, a svuotare il salvadanaio - sia pure con diverse causali: prima con la fantomatica sottoscrizione di capitale sociale, poi con descrizioni generiche del tipo “trasferimento fondi” sino all’azzeramento di conti italiani.  


3. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi

La truffa dura circa tre anni, o meglio tre esercizi sociali della Chimera srl. Ma dietro a tutte queste movimentazioni finanziarie, dove stava la redditività aziendale, necessaria a non allarmare né i risparmiatori (di cui i più avveduti richiedevano copia del bilancio o lo estraevano presso il registro delle imprese) né le banche?

È proprio il caso di dire che il diavolo ha fatto le pentole (lo schema Ponzi) ma non è riuscito a creare il coperchio per nascondere le malefatte: semplicemente la redditività non era mai esistita, era piuttosto un falso di bilancio, in quanto di tutto faceva la Chimera srl fuorché pensare di svolgere un'attività economica.

Ma, allora, come facevano i bilanci ad appalesare un pareggio o addirittura un utile?

Nel primo esercizio di attività il bilancio e la nota integrativa non dicono nulla in merito ai ricavi; questo, in verità, nemmeno per gli anni successivi. Sono state reperite però, sempre in contabilità, due scritture di fine anno che fanno ben comprendere la creatività applicata per la generazione di ricavi inesistenti al fine di determinare un sia pur modesto risultato economico positivo: modesto perché in questo modo non generava eccessivi debiti tributari, positivo per poterlo rendere presentabile ai lettori.

Le scritture contabili, ovviamente al 31/12, erano del seguente tipo:

------------------------------- 31/12/201x e x+1------------------------------
FATTURE DA EMETTERE A PRESTAZIONI DI SERVIZI
------------------------------------     -------------------------------------------

Fino a questo punto tutto quadra: si tratta di una tipica scrittura di fine esercizio, necessaria a far confluire in bilancio i ricavi maturati e non ancora contabilizzati per fatture che possono essere legittimamente emesse nell'esercizio successivo (per le società con esercizio coincidente con l’anno solare a gennaio o nei primissimi mesi dell'esercizio successivo). La scrittura ha l'effetto di incrementare i ricavi (nel caso Chimera srl, prestazioni di servizi) e, conseguentemente, l'utile. Allo stesso tempo, si incrementa l'attivo circolante dello stato patrimoniale in quanto il conto fatture da emettere rappresenta un credito a breve (in particolar modo, per una società che sostiene attività di consulenza).

In realtà, cosa avveniva? Alla fine dell’esercizio X la società presentava una perdita contabile ingente, ad esempio di 250.000 €; il che determinava un bilancio impresentabile, con patrimonio netto assolutamente perso (dato che il capitale sociale ammontava a 100.000,00 €) che avrebbe implicato tutte le conseguenze di legge. L'idea, molto banale, fu quella di contabilizzare ricavi fittizi per prestazioni di servizi pari a 260.000 €: questo espediente permetteva di chiudere il bilancio con un utile di 6.000 € al netto di 4.000 € di imposte stanziate (anche queste mai versate).

Il problema si è riproposto nell’esercizio successivo, X+1, quando pur rimanendo aperto il credito fittizio per fatture da emettere dell'anno X, il bilancio presentava una perdita contabile di 200.000 €: che fare allora? Niente di più semplice: quasi immodificata l'annualità X, Chimera Srl (o, meglio, il suo amministratore) pensò bene di stanziare ulteriori 205.000 € per fatture da emettere e chiudere anche l’esercizio X+1 con un utile di 3.000 € stanziando imposte per 2.000 €.

Dai bilanci non risultano ricavi reali a prova che, di fruttuosità dei fantomatici investimenti, non vi era traccia.

E così, ecco artefatti e modificati due bilanci in perdita  con una semplice annotazione contabile di due righe (una per esercizio): ma, si potrebbe obiettare, le fatture sono state emesse o potevano essere emesse nei periodi successivi, come assolutamente lecito ma anche doveroso: purtroppo nessuna fattura a tale titolo risulta essere stata emessa successivamente: il puerile ma efficace giochetto delle fatture da emettere era strumentale soltanto a mantenere in vita la società Chimera Srl per il tempo necessario a chiudere lo schema Ponzi. Così com'è purtroppo avvenuto: il coperchio, se c’era, non ha tenuto, a danno dei risparmiatori – avidi - ma beffati.


4. Conclusioni

La vicenda si è chiusa con quasi cinque milioni di euro (accertati) di risparmi sottratti alle persone che hanno creduto in Massimo Raggiro e nella sua scatola vuota, la Chimera srl, e andati in fumo. Molti altri creditori, in realtà, non hanno nemmeno voluto richiedere alcunché preferendo restare nell’oblio: troppa la vergogna di essersi scioccamente fatti scippare i risparmi di una vita.

Ma come è possibile, ci si potrebbe giustamente chiedere, che nel mondo attuale, dove la comunicazione e le informazioni di ogni tipo sono ampiamente diffuse e facilmente fruibili, tante persone si facciano ancora raggirare da un incantatore di serpenti?

Massimo Raggiro era fuor di dubbio una persona dotata di un certo fascino, seppur a servizio del male; mitomane, al punto di riuscire a credere lui stesso alle fantasie che raccontava; scaltra, tanto da creare un ambiente scenografico quasi teatrale: automobili di lusso, ambienti di elevata qualità, titoli nobiliari artefatti hanno indotto i più in una sorta di torpore cerebrale, tanto da non distinguere più la realtà dalla finzione.

Inoltre, il tragico quadro della truffa è avvenuto in un contesto normativo e fattuale favorevole: nessuna autorità può, senza segnalazione alcuna, intervenire tempestivamente sua una società “meteora” (con tre anni di vita effettiva). E l’unico soggetto terzo concretamente coinvolto in diretta che, in aderenza alla normativa antiriciclaggio, avrebbe potuto - anzi dovuto - agire con segnalazioni all’autorità competente[6] la potenziale attività criminosa (invero, ve ne erano tutti gli elementi indiziari) era la banca, spettatrice privilegiata dei vorticosi flussi finanziari. Sul motivo per cui la Blind Bank non si sia attivata vi sono due ipotesi plausibili: o la normativa in tema di antiriciclaggio non è – in certi casi – efficace, perché caratterizzata da lacune che non possono essere qui esplorate; oppure vi fu connivenza di uno o più funzionari della banca con la Chimera srl.

Da ultimo, ma forse primo in ordine di importanza, un motivo che risale alla notte dei tempi: la credulità popolare è tale da indurre a fidarsi più dell’amico del bar che non di seri professionisti o delle principali istituzioni (pubbliche o private) che, in realtà, in questi casi, funzionano molto bene nella fase preventiva. Molto meno, purtroppo, in quella successiva e repressiva, quando i risparmi sono spariti ormai per sempre.

Per non dire, infine, dell’inguaribile avidità umana.              


[1] In realtà, come vedremo, non esisteva alcun investimento, se non in quello nelle tasche del manipolatore.

[2] Nome “autoreferenziale” di fantasia, per ovvi motivi.

[3] Solitamente, Paesi che non aderiscono ai trattati internazionali per il controllo e la repressione dei flussi finanziari illeciti.

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Schema_Ponzi#Esempio

[5] Società poi inevitabilmente fallita.

[6] L'art. 35 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 impone ad un'ampia platea di soggetti (cd. "soggetti obbligati") – costituita da intermediari bancari e finanziari, altri operatori finanziari, professionisti nell'esercizio della professione in forma individuale, associata o societaria, altri operatori non finanziari, prestatori di servizi di gioco, società di gestione accentrata di strumenti finanziari e di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari (art. 3) di portare a conoscenza della UIF, mediante l'invio di una segnalazione di operazioni sospette, le operazioni per le quali "sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa"