Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Crediti postergati e compensazione: le conclusioni del Procuratore De Matteis.


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Focus

NPL e UTP: in parlamento ci sono diversi ddl per affrontare il fenomeno del credito deteriorato bancario


Data pubblicazione
10 settembre 2023

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Sommario: 1. Premessa; 2. Confronto tra i ddl AC 843 e AC 1246; 3. Le principali differenze tra i ddl AC 843 e AC 1246; 4. Considerazioni di carattere generale.


1. Premessa

In questi ultimi anni, il Parlamento italiano ha affrontato in varie occasioni, l’ormai endemico fenomeno dei crediti deteriorati delle banche che, nonostante gli sforzi compiuti dagli operatori di questo settore, non riesce ad essere debellato. Ad oggi, tra banche e istituti finanziari cessionari, il volume complessivo di circa 350 miliardi è sostanzialmente identico a quello del 2015, un anno record. E la preoccupazione diffusa è che l’andamento congiunturale possa aggravare ancor di più la situazione.

Al momento sono in discussione quattro ddl: AC 843, primo firmatario Congedo, AS 4141, primo firmatario Sallemi, AS 669, primo firmatario Ancorotti e AC 1246 Vaccari.

I primi due sono quasi identici[1] e riprendono integralmente il ddl 788 presentato nella XVIII legislatura dal sen. Urso. Il ddl 669 è la riproposizione di un ddl presentato nella precedente legislatura dalla ex senatrice Ruocco [2]. Il ddl 1246 riprende in larga parte un ddl presentato sempre nella precedente legislatura dal sen. Buccarella quale tentativo di sintesi dei ddl 788, 79, 128 e 2098.

Contrariamente a quanto accaduto in passato quando, nonostante la numerosità delle proposte avanzate da quasi tutti i gruppi parlamentari sia di maggioranza che di opposizione; quindi, con una alta probabilità teorica di essere approvati (cosa che non avvenne), non vi furono particolari echi mediatici, oggi il ddl 843 ha conquistato l’onore delle cronache con interventi quasi quotidiani molto critici, provenienti dagli ambienti dei servicer, delle società di recupero crediti e dei fondi. La preoccupazione principale è che l’intervento provochi una crisi del mercato degli NPL con ricadute negative anche su stabilità ed efficienza del sistema bancario. Alcune di queste critiche sono evidentemente strumentali ed interessate, ma altre hanno fondamento specie perché il ddl 843 è tecnicamente mal impostato e, in linea di massima, inefficace per affrontare il problema che vorrebbe risolvere (riportare in bonis decine di migliaia di famiglie, professionisti e PMI) mentre, se mai approvato, rischia di creare incertezze per gli operatori del settore.

Da notare che sui media non si parla mai del ddl 1246 presentato da un partito di opposizione. Probabilmente ai più è sconosciuto.

 

2. Confronto tra i ddl AC 843 e AC 1246

La prima differenza sostanziale è che i ddl 843 si riferisce esclusivamente a crediti deteriorati già ceduti dalle banche alle società cessionarie. Il ddl 1246, come tutti i precedenti, si occupa, invece, di normare anche soluzioni transattive per i crediti deteriorati ancora sui bilanci delle banche, quindi non ancora ceduti.

Se lo scopo del legislatore, oltre che tentare di rimettere in bonis molti di quei debitori che non sono stati in grado di pagare i debiti con le banche a seguito delle crisi susseguitesi dal 2008 in poi, era anche quello di ostacolare il vulnus di gettito erariale dovuto alle perdite registrate dalle banche nelle cessioni massive dei crediti deteriorati, vulnus non compensato dalla tassazione sui redditi degli investitori esteri in Npls, lo scopo non è conseguito dal ddl 843 mentre potrebbe esserlo in qualche misura dal ddl 1246.

 

3. Le principali differenze tra i ddl AC 843 e AC 1246

AC 843:

⁃ le norme si applicano esclusivamente a crediti deteriorati classificati a sofferenza o Utp ceduti a terzi in operazioni di cessione massiva o di cartolarizzazione. Sono esclusi i crediti deteriorati ancora nei bilanci delle banche.

⁃ I debitori possono essere solo famiglie, liberi professionisti, Pmi e microimprese.

⁃ Per ogni cessionario il debitore può esercitare il diritto di opzione per un debito singolo o cumulato dell’ importo massimo di 25 milioni, parecchio elevato per le tipologie di debitori interessati.

⁃ Non sono soggetti alla norma tutti i crediti deteriorati esistenti ad una certa data, ma solo quelli ceduti entro il 31/12/22 purché classificati a sofferenza o Utp tra il 1/1/2018 ed il 31/12/2021. Si potrebbe porre una questione di costituzionalità per disparità di trattamento tra soggetti debitori nelle medesime situazioni. In ogni caso i soggetti interessati sarebbero una frazione ben modesta del totale dei debitori insolventi.

⁃Il debitore ha il diritto di estinguere il debito pagando un importo pari al valore risultante “dal rapporto percentuale tra valore nominale lordo del credito e prezzo effettivamente pagato per il portafoglio dei crediti in cui rientra" il suo debito, maggiorato del 20% oppure del 40% se un procedimento giudiziario o stragiudiziale sia stato già attivato dal creditore. Poiché si tratta di crediti ceduti entro il 31/12/2022, si applicherà quasi sempre la maggiorazione del 40% essendo stati sicuramente attivati giudizialmente o estragiudizialmente. Anche qui un rischio di incostituzionalità perché si lede il principio della tutela dell’ autonomia privata di cui all’art. 41 della Carta in quanto il creditore sarebbe obbligato ad accettare la proposta del debitore.

⁃ La formula descritta al punto b) del secondo comma dell’art. 2, sopra riportata, non ha alcun senso tecnico. La logica avrebbe consigliato che il debitore pagasse il 20 o il 40% in più del prezzo pagato dal cessionario per comprare dal cedente lo specifico credito deteriorato. Invece, forse a beneficio degli interessi del cessionario, si è voluto introdurre il concetto del prezzo medio pagato per il portafoglio complessivo acquistato, con la conseguenza che alcuni debitori potrebbero essere favoriti ed altri penalizzati. Così come è scritta la formula di calcolo non è utilizzabile e può portare al paradosso estremo che un debitore debba pagare più del debito originario ovvero che il creditore abbia perdite secche non giustificate. Andrebbe ripensata. 

AC 1246:

- In questo ddl non vi sono limiti di importo del debito estinguibile né requisiti soggettivi particolari.

⁃ Per evitare rischi di incostituzionalità dovuta alla violazione dell’autonomia negoziale privata, qui non si impone quasi mai una transazione ope legis, ma si prevede che, se il creditore accetta la proposta transattiva del debitore secondo i criteri indicati dalla norma, beneficia di un vantaggio fiscale (5% in più di deducibilità sulle perdite da crediti non riscossi). Se invece non aderisce, non può dedurre fiscalmente perdite ulteriori nei tre anni successivi al rifiuto. Inoltre, se cede il credito a terzi ad un prezzo inferiore a quello proposto dal debitore per la transazione, non può dedurre fiscalmente la maggior perdita. Una sorta di moral suasion rafforzata.

⁃ Per indurre il debitore a formulare proposte coerenti con le previsioni di legge, questi ha il vantaggio fiscale di non veder tassata la sopravvenienza attiva derivante dalla radiazione del debito transatto.

⁃ Se il creditore intende cedere il credito deteriorato a terzi deve comunicarlo al debitore il quale ha diritto di offrire a saldo, stralcio e transazione un valore pari al proprio debito diminuito degli accantonamenti eseguiti dal creditore in bilancio.

⁃ Il debitore viene parimenti liberato ed esdebitato se paga al creditore cedente lo stesso prezzo che il cessionario è disposto a pagare. Queste due ultime previsioni andrebbero meglio coordinate.

⁃ In ogni caso il creditore non può rifiutare la proposta transattiva del debitore se l’importo offerto in pagamento da quest’ultimo coincide con il valore netto di bilancio aumentato del 10%.

⁃ Per i crediti ipotecari deteriorati, in alternativa alla transazione a saldo e stralcio di cui sopra, è possibile prorogare fino a vent’anni il mutuo limitando però il debito residuo in linea capitale al valore di bilancio del credito stesso al netto degli accantonamenti già registrati.

⁃ Se il creditore si rifiuta di aderire alle proposte transattive del debitore, sempre che siano rispettose delle norme previste, nei tre anni successivi al rifiuto della transazione non può cedere a terzi il credito per un importo inferiore al valore netto di bilancio.

⁃ il debito deteriorato deve essere stato classificato a sofferenza o inadempienza probabile (UTP) entro il 30 giugno 2023. Questo limite è indispensabile per evitare di indurre in futuro i debitori a non pagare.

 

4. Considerazioni di carattere generale

Appare legittimo che la politica, e quindi il legislatore, voglia intervenire sul fenomeno dei crediti deteriorati avendone presente l’impatto sociale ed i suoi risvolti in termini di stabilità del sistema bancario e di riduzione netta dei flussi di gettito erariale.

Gli aspetti più critici di cui tener conto appaiono i seguenti:

-       Il principio del pactum sunt servanda è intoccabile, ma il suo rispetto va temperato quando i soggetti coinvolti, debitore e creditore, sono in qualche misura reciprocamente corresponsabili del default sopravvenuto, i primi per i motivi più vari (incompetenza, accidenti esterni, azzardo, scarsa lungimiranza, ecc., quando non spirito truffaldino), i secondi per non aver agito con la necessaria oculatezza, sia in sede di erogazione del credito che di controllo concomitante, la delicata funzione, di interesse pubblico, di infrastrutture necessarie al prudente collocamento fruttifero del risparmio, avendo spesso alimentato un appetito al rischio eccessivo derivato da obiettivi di valorizzazione economica dell’azienda bancaria a beneficio di azionisti e management.

-       La circostanza che il mostro Paese, nonostante tutto, soffra ancora di un livello eccessivo di NPL che non tende a ridursi, ma piuttosto a crescere a quasi quindici anni dalla “ crisi dei subprime “ avvalora la tesi che ciò sia conseguenza di eventi di portata mondiale non dominabili e quindi subiti sia dai prenditori che dagli intermediari bancari. Se questo attenua in parte la corresponsabilità di cui si diceva, pone il problema politico di adottare strumenti atti ad interrompere il circolo vizioso recessione/bassa crescita – credit crunch – NPL.

-       Ancora: la circostanza che alcuni milioni di cittadini ed imprese siano costretti alla marginalizzazione economica e sociale e rischiano, se non già avvenuto, di venir spogliati di beni e prospettive, è un tema di cui il legislatore deve farsi carico a costo di adottare provvedimenti straordinari e non ripetibili.

-       Il sistema bancario e la sua stabilità vanno salvaguardati nell’interesse non solo degli azionisti e dei depositanti, ma anche e soprattutto dell’efficienza complessiva del sistema economico nazionale.

-       La soluzione adottata (le cessioni massive di NPL sul mercato), se hanno avuto il pregio di liberare le banche dal peso della gestione del credito deteriorato, non hanno eliminato la fragilità dell’azienda bancaria che si è difesa, per quanto possibile, con operazioni straordinarie di derisking consegnando la gestione del suo “scarto di produzione” (le sofferenze e gli UTP) a soggetti professionalmente dotati e capaci, ma con strategie essenzialmente liquidatorie, quando non espropriative, del patrimonio del debitore, spesso nocive per gli equilibri economici di categorie produttive ed interi territori. Il riconoscimento della straordinarietà dello strumento adottato ne giustifica il tentativo di superamento alla luce di alcune conseguenze negative riscontrate.

Il meccanismo di trasferimento fuori del sistema bancario del credito deteriorato ha prodotto ed ampliato il noto fenomeno della socializzazione delle perdite delle banche sia per la ricaduta negativa sul loro conto economico e quindi sulla quantità di reddito imponibile prodotto, sia per gli impegni che il Tesoro ha dovuto assumersi per stimolare il mercato secondario degli NPL (v. GACS).

-       Non si può trascurare che centinaia di miliardi NPL sono oggi (e continueranno anche in futuro) oggetto di investimenti rischiosi effettuati da operatori specializzati (fondi di investimento) cui non si può imporre improvvisamente un sacrificio oltre misura adottando provvedimenti ad efficacia retroattiva. Ne va anche delle credibilità prospettica del nostro Paese.

D’altra parte:

-       È necessario prendere atto quanto sia iniquo e controproducente che un debitore non possa avere il diritto, o almeno l’opportunità, di liberarsi del debito in proporzione a quanto il suo creditore sia disposto a rinunciare al proprio credito cedendolo a sconto a terzi. Impedirlo ha come unica conseguenza che la socializzazione delle perdite della banca crea un vantaggio economico (spesso non tassabile per la residenza all’estero del cessionario) per un investitore legittimante speculativo. Per il sistema Paese complessivamente inteso ciò costituisce una perdita netta con trasferimento di parte della ricchezza nazionale ad altre economie.

-       La prospettiva di riportare in bonis centinaia di migliaia di aziende e di famiglie oggi in default va apprezzata in relazione alla capacità futura di queste entità di tornare a produrre reddito e materia imponibile.

-       Va preso atto che qualunque provvedimento si voglia assumere per intervenire sul fenomeno non potrà discernere tra debitori meritevoli e non poiché non si è in grado di elaborare un meccanismo di vaglio preventivo della meritevolezza compatibile con tempi e costi dell’intervento.

-       Per rispettare l’autonomia privata e salvaguardare diritti perfetti, ma anche l’efficienza del mercato, le norme non possono essere cogenti né per le banche né per i cessionari. L’articolazione dell’intervento deve basarsi su una moral suasion rafforzata indotta da una equilibrata struttura di vantaggi e svantaggi di natura fiscale in modo tale che la libera determinazione di adottare o meno il “suggerimento” normativo sia il frutto, non di costrizioni legali, ma di un calcolo di convenienza che, se necessariamente va ad alterare le impostazioni originarie di cedente e cessionario, lasciano comunque liberi gli attori di scegliere.

-       Il meccanismo di vantaggi e svantaggi fiscali va ponderato rispetto alle conseguenze di minor gettito atteso in mancanza dei provvedimenti in questione.

-       Altri aspetti che non vanno sottovalutati nel quadro generale sono quelli che danno origine alla necessità di contenere fenomeni noti come la disintermediazione bancaria, la rarefazione della presenza delle reti bancarie sul territorio, la riduzione della biodiversità del sistema creditizio, l’eccesso di concentrazione che mina l’efficienza del mercato. Tutti fenomeni che in una economia bancocentrica come quella italiana sono nefasti.

Dino Crivellari



[1] Per una disamina critica dei testi: Dino Crivellari,” Crediti deteriorati, nuove proposte in Parlamento: prime osservazioni”, Ristrutturazioni Aziendali, Il Caso.it, 17 agosto 2023.

[2] Per una valutazione critica del testo del ddl originario: Dino Crivellari, Relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. Primi commenti” in Quaderni di Ristrutturazioni Aziendali, Il Caso.it, fascicolo 4/2022.