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Giurisprudenza

Accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis e 182-septies l.f. e cram down fiscale


Appello Venezia, 02 novembre 2023.

Data pubblicazione
12 dicembre 2023

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Giurisprudenza

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Appello Venezia, 02 novembre 2023. Pres. Tagliatela. Rel. Bressan.

Accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f. – Efficacia estesa degli accordi ex art. 182-septies l.f. – Transazione fiscale e cram down ex art. 182-bis, quarto comma, l.f. – Rispetto del termine di novanta giorni – Conteggio del voto di ADE per il raggiungimento del 75% ex art. 182-speties l.f. anche in caso di mancata adesione

E' possibile depositare una domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione del debito con transazione non approvata dai creditori istituzionali (nella specie, dall’A.d.E.) prima ancora che sia scaduto il termine di cui all’art. 182-bis, comma 4, ultima parte, l.f., non essendo questo delineato come termine dilatorio della presentazione della domanda, quanto piuttosto della adozione del provvedimento giudiziale conclusivo del procedimento di ristrutturazione del debito, sicchè la norma va ritenuta pienamente rispettata laddove il Tribunale fissi l’udienza di omologazione successivamente alla maturazione del termine di 90 giorni dal deposito della proposta, non potendo legittimamente pronunciarsi prima che lo stesso sia interamente decorso.

Ciò, peraltro, risulta aderente alla ratio della norma, che nel prevedere il termine di 90 giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento per la formalizzazione dell’adesione risponde all’esigenza di permettere ai soggetti istituzionali (Amministrazione finanziaria ed enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie) di disporre di un periodo di tempo adeguato per poter assumere scelte consapevoli prima che il Tribunale si determini in via definitiva sull’omologa dell’accordo, ma non impedisce certamente il deposito del ricorso prima che sia scaduto il termine, né che l’Amministrazione possa determinarsi anche prima dello scadere del termine laddove ritenga di disporre già degli elementi necessari e sufficienti per potersi esprimere consapevolmente, come in effetti è avvenuto nel caso di specie.


Con riferimento al requisito del voto positivo espresso dai creditori (compresa A.d.E.) per il raggiungimento della percentuale del 75% ex art. 182-speties l.f., la tesi dell’Agenzia si basa su un errato presupposto, e segnatamente su quello secondo cui la disposizione dettata dal richiamato art. 182-septies richiederebbe la previa adesione formale dei creditori rappresentanti il 75 per cento del valore dei crediti della categoria svantaggiata.

Tale interpretazione esegetica trascura invero di considerare:

a) che la sussistenza dei presupposti per il cram down va verificata (e quindi può operare laddove il tribunale ritenga di farne applicazione) prima che gli effetti dell'accordo siano estesi ai creditori non aderenti, con la conseguenza che per effetto della valutazione favorevole, la mancata adesione dell'agenzia fiscale – sia espressa che tacita - viene riconfigurata in voto positivo, con ogni conseguenza legale, e quindi anche ai fini dell'estensione degli effetti (nella specie dell'omologa forzosa della transazione fiscale non accolta) agli altri creditori appartenenti alla categoria dei creditori pubblici non aderenti;

b) che in relazione alla classe dei creditori tributari il voto che rileva non è quello espresso dal Fisco, in quanto evidentemente illegittimo ove sia passibile di conversione forzosa da parte del tribunale, ma quello risultante dal cram down. E del resto non vi è ragione per cui dovrebbe essere dato peso a un provvedimento illegittimo dell'amministrazione finanziaria e non a quello, legittimo per definizione, dell'Autorità Giudiziaria concernente la riforma dell'atto amministrativo da cui il voto deriva. Mentre gli altri creditori possono, infatti, esprimere un voto anche contro il proprio interesse (peraltro, anche in questo caso entro certi limiti), ciò non è consentito ai creditori pubblici, la cui azione è soggetta al principio della discrezionalità vincolata, in base al quale le entrate, come gli enti previdenziali, sono tenute a ricercare il miglior recupero dei loro crediti anche alla luce della situazione del debitore, con la conseguente approvazione delle proposte convenienti rispetto alla liquidazione giudiziale e il conseguente rigetto di quelle non convenienti.

Segnalazione e massime a cura dell'Avv. Filippo Lo Presti - Studio SC&A