Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Concessione abusiva di credito e risarcimento del danno da violazione di norme di condotta


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Articolo

Misure protettive e cautelari e
composizione negoziata della crisi*


Antonio Carratta

Data pubblicazione
18 maggio 2022

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Sommario: 1. Le misure protettive e cautelari nel CCI e nella composizione negoziata. – 2. Le peculiarità delle misure protettive e cautelari nella composizione negoziata. – 3. Tipicità delle misure protettive specificamente connesse alla composizione negoziata. – 4. I provvedimenti «cautelari» e la loro strumentalità sui generis. – 5. Il procedimento per la conferma o la modifica delle misure protettive e la pronuncia di quelle cautelari. – 6. Considerazioni conclusive

* Una versione più ampia del presente contributo sarà pubblicata su Diritto fallimentare.


1.        Le misure protettive e cautelari nel CCI e nella composizione negoziata.

Come noto, il quadro delle misure protettive e cautelari, già notevolmente articolato emergente dal CCI, si è andato ulteriormente arricchendo a seguito del D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modifiche, dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147, il quale, oltre a disporre differimento dell’entrata in vigore del CCI[1], ha anche previsto la possibile adozione (su istanza dello stesso imprenditore) delle misure protettive e cautelari nell’ambito della nuova procedura (stragiudiziale) di composizione negoziata della crisi e per il perseguimento degli obiettivi di tale procedura[2]. Facendo emergere, di conseguenza, inevitabili problemi di coordinamento con quanto stabilito in termini generali dal CCI.

Occorre rilevare, d’altro canto, che è lo stesso CCI, nell’art. 2, a fornire la definizione sia delle misure protettive, sia di quelle cautelari, marcandone le notevoli differenze sostanziali. Ed è a questa definizione che occorre far capo, evidentemente, per comprendere se essa valga anche per individuare l’oggetto e la natura delle misure protettive e cautelari alle quali ha fatto riferimento il successivo D.L. 118/2021 nell’ambito della nuova procedura di composizione negoziata della crisi.

Di conseguenza, secondo la specifica definizione dell'art. 2, lett. p, CCI, le misure protettive sono quelle «misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza». Va anche rilevato che il riferimento alle misure «richieste dal debitore» è stato inserito dal decreto correttivo (D.Lgs. n. 147/2020), mentre in precedenza l’art. 2, lett. p, faceva riferimento alle misure «disposte dal giudice competente».

Per quanto riguarda, invece, le misure cautelari, l’art. 2, lett. q, CCI, le definisce come provvedimenti «emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio e dell'impresa del debitore che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza»[3]. Si tratta, quindi, di misure analoghe a quelle disciplinate dall’attuale art. 15, 8° comma. L. Fall., secondo cui il tribunale, su istanza di parte, può emettere provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del procedimento in attesa che si concluda il procedimento per la dichiarazione del fallimento[4].

Già alla luce di queste definizioni delle due categorie di misure si deve rilevare che, mentre esse ben si attagliano alle procedure disciplinate all’interno dello stesso CCI (liquidazione giudiziale, concordato preventivo o omologazione degli accordi di ristrutturazione), non altrettanto si può dire con riferimento alla procedura di composizione negoziata della crisi, caratterizzata dal fatto che è di natura stragiudiziale e coinvolge il solo imprenditore.

 

2.        Le peculiarità delle misure protettive e cautelari nella composizione negoziata.

Una volta prevista la possibilità che l’imprenditore (commerciale o agricolo) in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da far ritenere probabile il sopraggiungere della crisi o dell’insolvenza avanzi al segretario generale della Camera di commercio dove ha sede l’impresa la nomina di un esperto per il risanamento, l’art. 6 D.L. 118/2021 ammette anche che, con l’istanza per la nomina dell’esperto o con atto successivo, l’imprenditore possa manifestare la volontà che siano applicate anche le misure protettive e che in tal caso dette misure «scattano» automaticamente[5] (previa pubblicazione nell’apposito registro delle imprese)[6]. Aggiungendo – sulla falsariga di quanto previsto dagli artt. 54, 2° comma, e 55, 3° comma, CCI per le misure protettive connesse ad una delle procedure disciplinate dallo stesso Codice – che esse debbono essere poi confermate o modificate dal Tribunale competente ai sensi dell’art. 9 L. Fall., su richiesta dello stesso imprenditore da avanzare con ricorso «lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto», pena l’inefficacia delle stesse misure (art. 7, 1° comma, D.L. 118/2021).

Non solo. L’art. 7, 1° comma, D.L. 118/2021 aggiunge che l’imprenditore, con la stessa richiesta al Tribunale competente ex art. 9 L. Fall. di conferma, revoca o modifica delle misure protettive già «scattate», possa richiedere allo stesso Tribunale «l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative» dirette a superare lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario nel quale versa. Ciò che, ancora una volta, pone seri problemi ricostruttivi in relazione sia alla più precisa individuazione del contenuto di tali provvedimenti cautelari, sia alla possibilità di riconoscere ad essi un’effettiva funzione strumentale, com’è tipico dei provvedimenti propriamente cautelari, stante la provenienza dell’istanza per la loro pronuncia da parte dello stesso imprenditore per conseguire gli obiettivi che si è prefissato con l’adozione della procedura di composizione negoziata[7].

 

3.        Tipicità delle misure protettive specificamente connesse alla composizione negoziata.

La prima questione da chiarire attiene all’individuazione delle misure protettive che «scattano» automaticamente con l’avvio della procedura di composizione negoziata della crisi, ove l’imprenditore in questo senso manifesti la sua volontà.

E’ il 1° comma dell’art. 6 D.L. 118/2021, come detto, a chiarire che l’imprenditore, contestualmente all’istanza di nomina dell’esperto, che avvia la procedura di composizione negoziata davanti alla Camera di commercio, o con una successiva istanza presentata comunque con le medesime modalità, possa anche «chiedere» l’applicazione delle misure protettive del patrimonio, provvedendo poi a pubblicare tale istanza nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto. Non si rinviene, nel testo normativo, alcune definizione delle misure protettive, in quanto, evidentemente, essa coincide con la definizione già contenuta nell’art. 2, lett. p, CCI. Del resto, in questo stesso senso fa propendere la stessa Relazione illustrativa alla legge di conversione del D.L. 118/2021 (AS/2371, poi divenuta la L. 147/2021), la quale, parlando di tali misure, esplicitamente fa riferimento – sulla falsariga della definizione contenuta nell’art., lett. p, CCI, all’«esigenza di proteggere il patrimonio dell’imprenditore da iniziative che possono turbare il regolare corso delle trattative e mettere a rischio il risanamento dell’impresa».

Desta qualche perplessità, semmai, la circostanza che l’art. 6, 1° comma, cit., ricolleghi l’adozione di tali misure protettive ad un’«istanza» dell’imprenditore, con la quale egli ne «chiede» l’applicazione, come se la loro adozione fosse subordinata ad una preventiva valutazione giudiziale, che è richiesta, invece, solo nel momento in cui le misure debbono essere confermate o modificate[8]. Sennonché, a fugare qualsiasi dubbio in proposito è lo stesso 1° comma dell’art. 6, quando stabilisce che, dal giorno della pubblicazione dell’«istanza» nel registro delle imprese, automaticamente si producono le misure protettive volute dall’imprenditore.

Parimenti inequivoca sembra essere la risposta che il legislatore offre al quesito su quali siano (debbano essere) le misure protettive speciali connesse alla nuova procedura negoziata.

Ancora una volta soccorre in proposito il citato art. 6 nel disporre che, dal giorno della pubblicazione dell’istanza nel registro delle imprese: a) i creditori non possono acquisire diritti di prelazione, se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive[9] e cautelari sia sui beni del patrimonio dell’imprenditore, sia  sui beni e i diritti con i quali viene esercitata l’attività dell’impresa[10] (non rientranti nel suo patrimonio, ma che l’imprenditore utilizza per l’esercizio dell’impresa: ad es., per effetto di un contratto di leasing o di comodato)[11]; b) le misure protettive sub a) non impediscono eventuali pagamenti spontanei compiuti dall’imprenditore a favore agli stessi creditori[12] e comunque non si applicano ai diritti di credito dei lavoratori[13]; c) peraltro, è possibile che, «su richiesta dell’imprenditore e sentito l’esperto», il Tribunale, in sede di conferma o modifica delle misure protettive di cui al 1° comma dell’art. 6, limiti le misure stesse «a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori», giustificando tale limitazione sempre con il perseguimento dell’obiettivo di risanamento[14]; d) in ogni caso i creditori interessati dalle misure protettive sub a) non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori; e) fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata della crisi non può essere pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza[15], sebbene ciò non escluda affatto che la domanda giudiziale di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza possa essere avanzata e il conseguente procedimento svolgersi normalmente fino alla pronuncia della sentenza[16].

A completare il quadro delle misure protettive connesse alla composizione negoziata della crisi sopravviene, poi, l’art. 8 D.L. 118/2021, il quale aggiunge che l’imprenditore può anche dichiarare – sempre al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi di risanamento del suo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario – che, dalla pubblicazione dell’istanza riguardante le misure protettive e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti gli artt. 2446, 2° e 3° comma, 2447, 2482-bis, 4°, 5° e 6° comma, e 2482-ter c.c., né la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale, di cui agli artt. 2484, 1° comma, n. 4, e 2545-duodecies c.c.[17]

Ciò che conferma, se ce ne fosse bisogno, non solo l’automaticità dell’operare delle misure protettive previste dall’art. 6, 1° comma, D.L. 118/2021, ma anche la volontà del legislatore di limitare a queste sole le misure protettive connesse alla composizione negoziata della crisi e di escludere, di converso, la possibilità di ipotizzare misure diverse e atipiche, suscettibili di essere richieste al Tribunale[18].

4.        I provvedimenti «cautelari» e la loro strumentalità sui generis.

Anche con riferimento alla possibile pronuncia di provvedimenti cautelari collegati alla procedura di composizione negoziata della crisi non si può fare a meno di evidenziare alcune peculiarità, che li differenziano sia dai provvedimenti cautelari pronunciabili nelle more del giudizio prefallimentare, ai sensi dell’art. 15, 8° comma, L. Fall., sia da quelli pronunciabili ai sensi dell’art. 54, 1° comma, CCI. Infatti, mentre quest’ultime sono funzionali ad assicurare il conseguimento degli effetti delle procedure (liquidative o concordatarie), le misure cautelari collegate alla composizione negoziata sono funzionali a garantire il buon esito delle trattative (avviate o da avviare) per il risanamento dell’impresa.

Proprio in considerazione di ciò, i provvedimenti cautelari collegati con la composizione negoziata della crisi possono essere richiesti solo dal debitore al Tribunale competente a seguito dell’accettazione da parte dell’esperto e contestualmente[19] all’istanza di conferma o modifica delle misure protettive precedentemente «scattate» e sono anch’essi finalizzati, come le misure protettive, ad assicurare il raggiungimento dell’obiettivo del risanamento e che si rendono «necessari per condurre a termine le trattative». Di conseguenza, sono provvedimenti che, sebbene definiti cautelari, rispondono alla stessa finalità delle misure protettive e rispetto ai quali non si rinviene la tradizionale strumentalità al diritto da tutelare in sede di merito dei veri e propri provvedimenti cautelari. Non foss’altro per il fatto che nella procedura di composizione negoziata manca del tutto il giudizio di merito nel quale il diritto inciso dal provvedimento verrà tutelato.

In realtà, se proprio si vuol parlare di «strumentalità» di tali provvedimenti, questa si rinviene nel collegamento fra i provvedimenti richiesti dall’imprenditore e il suo diritto di perseguire, attraverso la composizione negoziata, l’obiettivo del risanamento dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario nel quale versa[20]. Una «strumentalità» indubbiamente sui generis, ma che si riflette poi anche sulla configurabilità dei due requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora connessi all’esercizio dell’azione cautelare: il primo andrà evidenziato in relazione all’obiettivo del risanamento; il secondo in relazione ai possibili pregiudizi che tale obiettivo subirebbe ove le misure cautelari richieste non venissero adottate.

Gli esempi che si possono ipotizzare vanno dalla sospensione a favore dell’imprenditore dell’esecuzione di un contratto pendente al divieto di pubblicazione di segnalazioni alla centrale dei rischi, al rilascio del documento di regolarità contributiva (Durc) nonostante le pregresse inadempienze contributive, al fine di consentire all’imprenditore di poter procedere a nuove commesse[21].

D’altro canto, se la «strumentalità» dei provvedimenti cautelari in questione va correlata alla composizione negoziata della crisi, non avrebbe alcun senso ricondurre la loro efficacia alla disciplina generale dei provvedimenti cautelari di cui agli artt. 669-octies e 669-novies c.p.c. o ipotizzare che essi possano sopravvivere alla conclusione della stessa procedura o alla sua archiviazione. E dunque, sebbene non si rinvenga alcuna specifica disposizione in proposito, sembra inevitabile ammettere che, al pari delle misure protettive, essi siano destinati a permanere fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, così come espressamente stabilito dal 4° comma dell’art. 6 D.L. 118/2021 per quel che riguarda l’inibizione della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza. Ciò, ovviamente, sempre che nel frattempo tali misure cautelari (al pari di quelle protettive) non siano stati revocate o non ne sia stata disposta l’abbreviazione della durata, ai sensi del 6° comma dell’art. 7, «quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti».

Quanto, infine, all’eventualità che, dopo l’avvio della procedura di composizione negoziata e l’attivazione delle misure protettive o la pronuncia dei provvedimenti cautelari, venga introdotta anche la domanda di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza dell’imprenditore, sembra d’obbligo escludere che il Tribunale davanti al quale sia stata avanzata tale domanda possa pronunciare i provvedimenti cautelari previsti dall’art. 15, 8° comma, L. Fall.

Infatti, sebbene non si possa escludere che tale domanda venga esercitata, visto che l’inibizione di cui al 4° comma dell’art. 6 D.L. 118/2021 viene limitata, come detto, alla sola pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dell’insolvenza, si deve escludere, invece, che possano essere pronunciati i relativi provvedimenti cautelari.

E questo sia perché, disposte le misure protettive di cui al 1° comma dell’art. 6 D.L. 118/2021, ai creditori sarà impedito di avanzare o proseguire azioni cautelari sul patrimonio del debitore[22]; sia perché, siccome le misure cautelari nel giudizio prefallimentare hanno la finalità di salvaguardare il patrimonio dell’imprenditore in attesa della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza, nel pronunciarle il Tribunale non sarebbe in grado di valutare il periculum in mora da neutralizzare in attesa della pronuncia di detta sentenza, che comunque non potrà essere pronunciata.

Diverso è, invece, il discorso da fare laddove l’istanza per la composizione negoziata venga avanzata dopo che sia stata già avanzata domanda di fallimento e siano stati pronunciati e attuati i provvedimenti cautelari di cui all’art. 15, 8° comma, L. Fall. In questo caso, infatti, siccome la sopravvenuta istanza di ammissione alla composizione negoziata non comporta l’inefficacia delle misure cautelari già attuate, queste dovrebbero comunque sopravvivere, salvo che il giudice chiamato a confermare o modificare le misure protettive e a pronunciare le misure cautelari collegate alla composizione negoziata non ritenga opportuno disporre, sempre in via cautelare, la sospensione provvisoria dell’efficacia delle cautele disposte ai sensi dell’art. 15 L. Fall. al fine di consentire il conseguimento dell’obiettivo del risanamento.

 

5.        Il procedimento per la conferma o la modifica delle misure protettive e per la pronuncia di quelle cautelari.

Con una soluzione alquanto discutibile, anche tenendo conto delle scelte operate dal CCI, il D.L. 118/2021 ha preferito prevedere un procedimento identico sia per la conferma o la modifica delle misure protettive «scattate» con l’istanza di ammissione alla composizione negoziata, sia per la pronuncia di eventuali provvedimenti cautelari «necessari per condurre a termine le trattative».

Ai sensi dell’art. 7 D.L. 118/2021, anzitutto, l’imprenditore ha l’onere di depositare il ricorso diretto ad ottenere la conferma o la modifica delle misure protettive lo stesso giorno in cui formula la richiesta di ammissione alla composizione negoziata, aggiungendo che con lo stesso ricorso può anche richiedere la pronuncia di provvedimenti cautelari. La sanzione per il mancato deposito nel termine stabilito del ricorso per la conferma o la modifica delle misure protettive si rinviene nel 3° comma dello stesso art. 7, a tenore del quale «il tribunale, se verifica che il ricorso non è stato depositato nel termine previsto dal comma 1, dichiara l’inefficacia delle misure protettive senza fissare l’udienza prevista dal primo periodo». Andando ad incidere direttamente sull’efficacia delle misure protettive, è ragionevole ritenere che – sebbene nulla dica in proposito il legislatore – esso sia sottoponibile al medesimo rimedio previsto avverso l’ordinanza con la quale, all’esito del procedimento, il Tribunale conferma o modifica le misure protettive, ossia, come vedremo, il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.

Insieme al ricorso, l’imprenditore deve depositare, oltre ai bilanci degli ultimi 3 esercizi (o, se non è tenuto al deposito del bilancio, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi 3 periodi di imposta), alla descrizione della situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata, a un piano finanziario per i successivi 6 mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare[23], a un’autocertificazione, basata su criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata e al nome dell’esperto nominato dalla Camera di commercio e al suo indirizzo p.e.c., l’elenco dei creditori, individuando i primi 10 per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi p.e.c., se disponibili, o degli indirizzi di posta elettronica non certificata.

A seguito del deposito del ricorso, il Tribunale - entro 10 giorni (pena la cessazione degli effetti protettivi prodotti)[24] - fissa con decreto l’udienza, che si terrà preferibilmente con sistemi di videoconferenza, e le modalità con le quali detto decreto (presumibilmente insieme al ricorso) dovrà essere notificato, oltre che all’esperto[25], ai creditori (non indistintamente a tutti i creditori potenzialmente controinteressati, bensì) controinteressati effettivi rispetto alle misure protettive operanti o rispetto alle misure cautelari richieste[26].

Quanto, poi, all’identificazione dei legittimati passivi del procedimento di conferma o modifica delle misure protettive essi emergeranno già, probabilmente, dal ricorso introduttivo, nel quale l’imprenditore ha chiesto la conferma delle stesse misure, e comunque andranno individuati nei creditori che abbiano già esercitato l’azione esecutiva o ne abbiano annunciato l’esercizio con la notificazione del precetto o siano intervenuti nel processo esecutivo pendente e nei creditori che abbiano esercitato l’azione cautelare per instaurare un processo cautelare ancora pendente o che abbiano già ottenuto un provvedimento cautelare ancora efficace. Nel novero dei legittimati passivi; destinatari della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, vanno fatti rientrare anche i terzi i cui diritti siano incisi, i quali – come recita il 4° comma dell’art. 7 D.L. 118/2021 - «devono essere sentiti».

All’udienza fissata il Tribunale, sentite le parti e chiamato l’esperto a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, nomina, se occorre, un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c. e provvede agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti o ai provvedimenti di conferma o modifica delle misure protettive.

Per come formulata questa disposizione, non sembrerebbe esserci spazio per l’applicazione dell’art. 669-sexies, 2° comma, c.p.c., ai fini della pronuncia dei provvedimenti cautelari inaudita altera parte, né si comprende la previsione del 7° comma dell’art. 7 D.L. 118/2021 secondo cui il procedimento in questione si svolgerebbe «nella forma prevista dagli artt. 669-bis e seguenti c.p.c.». Tanto più se si considera che subito dopo lo stesso 7° comma prevede espressamente che l’ordinanza, con la quale si pronuncia il Tribunale e con la quale viene stabilita anche la durata, non inferiore a 30 giorni e non superiore a 120 giorni (prorogabile fino ad un massimo di 240 giorni), delle misure protettive[27] e, se occorre, dei provvedimenti cautelari disposti, è reclamabile solo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c.[28]

Anche se non emerge alcuna indicazione esplicita in proposito, questo stesso procedimento dovrebbe essere seguito, con i dovuti adattamenti, anche quando il Tribunale debba procedere all’esame dell’istanza successiva di revoca o abbreviazione della durata delle misure protettive o di quelle cautelari. Il 6° comma dell’art. 7 D.L. 118/2021, infatti, ammette esplicitamente che, una volta confermate le misure protettive o pronunciate quelle cautelari, su istanza dello stesso imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto, il giudice che ha emesso i provvedimenti di conferma delle misure protettive o i provvedimenti cautelari possa disporre la revoca delle stesse misure o l’abbreviazione della loro durata, nel caso in cui le stesse non sembrano in grado di soddisfare l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative legate alla composizione negoziata o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio che arrecano ai creditori istanti.

Circa il procedimento da seguire per pervenire a tale pronuncia, tuttavia, il citato 6° comma dell’art. 7 si limita a prevedere che il giudice debba provvedere «sentite le parti». Ma sembra ragionevole ipotizzare che la voluntas del legislatore sia di applicare anche in questo caso, in quanto compatibile, la disciplina processuale del 3° e del 4° comma, integrata con quanto previsto dal 7° comma.

 

6.        Considerazioni conclusive.

In conclusione, non si può fare a meno di notare come, nel «confezionare» il D.L. 118/2021, il legislatore abbia voluto muoversi – a proposito delle misure protettive e cautelari da affiancare alla composizione negoziata della crisi - lungo una traiettoria divergente da quella seguita dal CCI.

Ciò solo in parte è diretta conseguenza della particolare procedura stragiudiziale introdotta e delle esigenze di adeguamento della disciplina interna a quella imposta dalla Direttiva UE 2019/1023. Del resto, una procedura stragiudiziale assimilabile a quella della composizione negoziata era già presente nell’originaria formulazione del CCI, sebbene strutturata come composizione assistita. Il riferimento è, in primo luogo, alla possibilità prevista nell’originaria formulazione del Codice di avanzare domanda per la composizione assistita della crisi, ai sensi dell’art. 20 CCI. In questo caso, infatti, dopo l’audizione del debitore davanti al collegio di tre esperti costituito presso l’OCRI (come previsto dall’art. 17 CCI), ai fini dell’adozione delle misure ritenute opportune per porre rimedio alla crisi (art. 18, 4° comma, CCI), lo stesso debitore avrebbe potuto richiedere alla sezione specializzata in materia di impresa, territorialmente competente in base alla sede dell’impresa, la pronuncia di misure protettive «necessarie per condurre a termine le trattative in corso» (art. 20, 1° comma, CCI)[29].

Nonostante ciò, tuttavia, il legislatore del 2021 ha preferito, da un lato, rivedere l’impianto originario del CCI sulle misure protettive connesse alla composizione assistita e, dall’altro lato, introdurre un nuovo procedimento ad hoc per la conferma o modifica di queste misure e per la pronuncia di quelle cautelari o per la loro revoca. Con la conseguenza di allargare il novero delle misure protettive adottabili e un altro procedimento giurisdizionale va ad aggiungersi ai diversi procedimenti che il CCI ha già previsto, nell’art. 55, con riferimento alle misure protettive e cautelari.

Tutto ciò certamente non contribuisce a semplificare il quadro normativo di riferimento. Tanto più se si considera che non solo quanto previsto con il D.L. 118/2021 è destinato ad essere integralmente recepito nel CCI, come prevede lo Schema di Decreto Legislativo[30], approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 17 marzo 2022, con l’obiettivo di dare attuazione alla Direttiva UE 2019/1023, ma questo stesso Schema contiene ulteriori modifiche agli artt. 54 e 55 CCI.



[1] Ciò è avvenuto attraverso l’inserimento del comma 1-bis nell’art. 389 del CCI, il quale prevede l’entrata in vigore delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi il 31 dicembre 2023 e quella del CCI nella parte restante il 16 maggio 2022. Di recente, tuttavia, il D.L. 30 aprile 2022, n. 36 l’entrata in vigore del CCI è stata ulteriormente rinviata al 15 luglio 2022.

[2] V., in proposito, S. Ambrosini, La “miniriforma” del 2021: rinvio (parziale) del CCI, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. Fall., 2021, I, p. 919 ss.; Id., La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it; in  G. Costantino, Le «misure cautelari e protettive». Note a prima lettura degli artt. 6 e 7 d.l. 118/2021, in www.inexecutivis.it; F. Platania, Composizione negoziata: misure protettive e cautelari e sospensione degli obblighi ex artt. 2446 e 2447 c.c., in www.ilfallimentarista.it; L.A. Bottai, La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative, ibidem; L. Baccaglini-F. De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziata della crisi: profili processuali, in www.dirittodellacrisi.it; I. Pagni-M. Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), ibidem; S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, ibidem; F. De Santis, Le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi d’impresa, in Fall., 2021, p. 1536 ss.; M. Montanari, Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it; A. Didone, Appunti su misure protettive e cautelari nel D.L. 118/2021, ibidem; R. D’Alonzo, La composizione negoziata della crisi e l’interferenza delle misure protettive nelle procedure esecutive individuali, in Riv. es. forz., 2021, p. 874 ss.; L. Panzani, La composizione negoziata alla luce della Direttiva Insolvency, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it.

[3] Lo Schema di D.Lgs. approvato dal Consiglio dei ministri il 17 marzo 2022, sostituisce il riferimento della lett. q) alle procedure di «regolazione della crisi» con quello ai «quadri di ristrutturazione preventiva», per adeguare il Codice alla Direttiva UE 2019/1023. Secondo la definizione che viene introdotta nella lett. m-bis) dell’art. 2 CCI i «quadri di ristrutturazione preventiva» sono «le misure e le procedure volte al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività del capitale».

[4] In proposito v., ex multis, G. Trisorio Liuzzi, Il procedimento per la dichiarazione di fallimento, in Diritto delle procedure concorsuali, a cura di G. Trisorio Liuzzi, Milano, 2013, p. 34 ss.; M. FabianiIl diritto della crisi e dell'insolvenza, Bologna, 2017, p. 101 ss.; M. Simeon, La tutela cautelare nell’istruttoria prefallimentare, in Giur. comm., 2014, I, p. 934 ss.; P. Farina, Misure cautelari ed istruttoria prefallimentare. Un contributo per la ricostruzione della disciplina stabilita dall’art. 15, 8° comma, l. fall., in Dir. fall., 2013, II, p. 294 ss.; F. FimmanòI provvedimenti cautelari a tutela dell'impresa in crisi, in Dir. fall., 2011, I, p. 417 ss.; R. BellèIstruttoria prefallimentare: i provvedimenti cautelari e conservativi a tutela del patrimonio e dell'impresa, in Fall., 2011, p. 5 ss.; I. Pagni, Nuovi spazi per le misure cautelari nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, ivi, 2011, p. 854 ss.

[5] In questo senso anche G. Costantino, Le «misure cautelari e protettive», cit., p. 8; F. De Santis, Le misure protettive e cautelari, cit., p. 1537; G. Donnici, Uno sguardo d’insieme, cit., p. 5; M. Montanari, Il procedimento, cit., p. 3.

[6] Lo sottolinea anche Trib. Brescia, 2 dicembre 2021, in www.ilfallimentarista.it, con nota di F. Cesare, La prima decisione sulle misure protettive: per la convalida occorrono pubblicazione e accettazione, e in www.dirittodellacrisi.it, con nota di F. De Santis, Istanza di conferma delle misure protettive e coeva pendenza delle procedure giudiziali pattizie: primi rompicapi interpretativi, osservando che l’intervento del Tribunale «presuppone logicamente che un qualche effetto protettivo si sia già concretamente sprigionato, non ricorrendo alcunché, diversamente, né da confermare né da modificare. Ma, affinché questo accada, è necessario che l’istanza di applicazione delle misure, unitamente all’accettazione dell’esperto, sia pubblicata nel registro delle imprese».

[7] Il 2° comma dell’art. 2 D.L. 118/2021, infatti, puntualizza che l’esperto nominato dal segretario generale della Camera di commercio «agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1 [lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario], anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa».

[8] V. anche Trib. Milano, 17 gennaio 2022, in ww.ilcaso.it, secondo il quale, in sede di conferma o modifica delle misure protettive, il Tribunale è tenuto a verificare, nel contraddittorio fra l’esperto e i creditori concretamente incisi dalle stesse, l’esistenza di una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento; Trib. Viterbo, 14 febbraio 2022, in www.dirittodellacrisi.it, che ha negato la conferma delle misure protettive in presenza di un marcato disequilibrio economico/finanziario; Trib. Ferrara, 21 marzo 2022, ibidem.

[9] Di conseguenza, i relativi processi esecutivi pendenti entrano in uno stato di quiescenza in funzione dello svolgimento delle trattative della composizione negoziata (v. anche Trib. Milano, 27 gennaio 2022, in www.dirittodellacrisi.it.

[10] Come, ad es., la procedura esecutiva di sfratto sugli immobili presso cui viene esercitata l’impresa (Trib. Asti, 3 marzo 2022, in www.ilcaso.it).

[11] Va rilevato, peraltro, che il 2° comma dell’art. 54 CCI prevede che, se il debitore ne ha fatto richiesta nella domanda di cui all’art. 40 (quella introduttiva del procedimento unitario), «dalla data di pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese» i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio e dalla stessa data «le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano». Quest’ultima previsione non si ritrova nell’art. 6 D.L. 118/2021 con riferimento alla composizione negoziata della crisi.

[12] Ciò che è una diretta conseguenza del fatto che, come espressamente previsto dall’art. 9 D.L. 118/2021, «nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa» (1° comma), anche se è tenuto ad informare «preventivamente l’esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione, nonché dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento» (2° comma). D’altro canto, «l’esperto, quando ritiene che l’atto può arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnala per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo» (3° comma) e se, nonostante la segnalazione, l’atto viene comunque compiuto, egli «nel successivi 10 giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese» (4° comma) e procede alla segnalazione al Tribunale per la revoca delle misure protettive e cautelari eventualmente concesse, ai sensi dell’art. 7, 6° comma.

[13] Peraltro, ai sensi dell’art. 7, 4° comma, D.L. 118/2021, è possibile che, «su richiesta dell’imprenditore e sentito l’esperto», il Tribunale possa, in sede di conferma o modifica delle misure protettive di cui al 1° comma dell’art. 6, limitare le misure stesse «a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori», giustificando tale limitazione sempre con il perseguimento dell’obiettivo di risanamento.

[14] V., infatti, Trib. Torino, 23 febbraio 2022, in www.ilcaso.it, che ha ritenuto ammissibile l’esclusione, dalla richiesta di misure protettive riguardanti le procedure esecutive sul patrimonio dell’imprenditore, di una specifica procedura nell’ambito della quale il trasferimento dell’immobile aggiudicato risulti conveniente e comunque non idoneo a pregiudicare le ragioni dei creditori nell’ambito di un eventuale riparto in sede concorsuale.

[15] Per come formulato il 4° comma dell’art. 6 D.L. 118/2021 e stante la natura di misura protettiva che essa riveste, l’inibizione della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza sembra essere subordinata alla presentazione dell’istanza, da parte dell’imprenditore, di voler applicare le misure protettive. Ed in effetti, essa diventa efficace «dal giorno della pubblicazione [nel registro delle imprese] dell’istanza di cui al comma 1» dello stesso art. 6. In questo stesso senso anche Trib. Palermo, 29 novembre 2021, in www.ilcaso.it; v. anche Trib. Brescia, 2 dicembre 2021, cit.; Trib. Roma, 3 febbraio 2022, in www.ilcaso.it, per il quale il divieto di pronunciare sentenza di fallimento «costituisce un effetto di legge (art. 6, 4° comma, d.l. n. 118/2021), che non presuppone, né richiede, la conferma o la modifica della misura da parte del giudice».

[16] La disposizione recepisce quanto stabilito dalla Direttiva UE 2019/1023, il cui art. 7, § 2, prevede espressamente che «la sospensione delle azioni esecutive individuali … sospende, per la durata della sospensione, l’apertura, su richiesta di uno o più creditori, di una procedura di insolvenza che potrebbe concludersi con la liquidazione delle attività del debitore». Sebbene si debba evidenziare che, mentre la normativa europea inibisce la stessa apertura della procedura, il recepimento del nostro legislatore limita l’inibizione alla pronuncia della sentenza, consentendo, invece, l’apertura della relativa procedura.

[17] Sulle quali v., in modo approfondito, A. Didone, Appunti su misure protettive e cautelari, cit.

[18] Come, pure, è stato sostenuto: v., infatti, F. Platania, Composizione negoziata, cit., p. 5, secondo il quale il D.L. 118/2021 risulterebbe «ambiguo» sul punto e tuttavia, considerato che le misure protettive indicate dall’art. 6, 1° comma, dello stesso D.L. «conseguono per effetto della sola richiesta di adozione di misure protettive, mentre le misure protettive come definite dal codice della crisi … sono tutte quelle che genericamente sono dirette ad evitare azioni dei creditori che possono pregiudicare il buon esito delle iniziative assunte per il superamento della crisi, sussistono spazi per richiedere altre misure rispetto a quelle già previste direttamente dal decreto legge»; in senso sostanzialmente analogo anche L.A. Bottai, La composizione negoziata, cit., p. 10; S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata, cit., p. 13. Nel senso del testo, invece, F. De Santis, Le misure protettive e cautelari, cit., p. 1539; I. Pagni-M. Fabiani, La transizione, cit., p. 10; M. Montanari, Il procedimento, cit., p. 3.

[19] E’ da escludersi, perciò, la possibilità di una richiesta successiva (v. anche Trib. Ivrea, 10 febbraio 2022, in www.ilcaso.it).

[20] In questo senso anche I. Pagni-M. Fabiani, La transizione, cit., p. 12.

[21] V. anche G. Costantino, Le «misure cautelari e protettive», cit., p. 6, il quale rileva che «appare ragionevole ritenere che i provvedimenti cautelari previsti dall’art. 6, comma 1, d.l. 24 agosto 2021, n. 118, siano diretti ad ottenere la sospensione o lo scioglimento di contratti in corso, in sintonia con quanto previsto dall’art. 169 bis, comma 1, l.f., corrispondente all’art. 97 c.c.i.».

[22] Né convince il rilievo (v. I. Pagni-M. Fabiani, La transizione, cit., p. 16), secondo cui il riferimento dell’art. 6 D.L. 118/2021 ai «creditori» indurrebbe alla conclusione che le azioni cautelari inibite siano quelle individuali e che, di conseguenza, «le misure cautelari dell’art. 15, 8° comma, legge fall. non dovrebbero venire colpite dal divieto dato che, sebbene siano anch’esse chieste dai creditori, vengono concesse, tuttavia, a protezione di un interesse collettivo». E non convince, sia per le considerazioni svolte nel testo, sia perché l’art. 6 cit. non sembra affatto distinguere fra azioni cautelari con finalità di protezione individuale e con finalità di protezione collettiva e sia perché non si può affatto escludere che alla base dei provvedimenti cautelari di cui all’art. 15, 8° comma, L. Fall. vi sia anche l’esigenza della protezione individuale del diritto di credito.

[23] Ha rilevato Trib. Milano, 24 febbraio 2022, in www.ilcaso.it, che il ricorso «può essere proposto anche se corredato da un piano industriale ancora in fase di perfezionamento, tenuto conto del carattere meramente preliminare del test operato». V. anche Trib. Milano, 28 dicembre 2021, in www,dirittodellacrisi.it, per il quale il Tribunale, nel fissare l’udienza, può anche richiedere all’imprenditore l’integrazione della documentazione, assegnandogli all’uopo un termine per l’ulteriore deposito, e questo non solo in conseguenza dell’evidente favor per la composizione della crisi, ma anche dell’applicazione analogica degli artt. 162, 1° comma, L. Fall. e 9, comma 3-ter, L. 3/2012 sul sovraindebitamento.

[24] E’ stato opportunamente rilevato che la previsione dell’inefficacia delle misure protettive in caso di mancato rispetto da parte del giudice del termine di 10 giorni per fissare l’udienza appare di dubbia legittimità costituzione in quanto condiziona il permanere degli effetti protettivi, voluti dall’imprenditore, alla diligenza del giudice (G. Costantino, Le «misure cautelari e protettive», cit., p. 9).

[25] E’ evidente, infatti, che l’esperto debba essere sentito ai fini della conferma o modifica delle misure protettive o della pronuncia degli eventuali provvedimenti cautelari richiesti. Ed infatti, a questo dovrebbe servire l’indicazione nel ricorso del nominativo dell’esperto e del suo indirizzo p.e.c., ai sensi dell’art. 7, 2° comma, lett. f. V. anche Trib. Roma, 24 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it

[26] In questo senso anche Trib. Roma, 24 dicembre 2021, cit.; Trib. Firenze, 29 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it; Trib. Bergamo, 19 gennaio 2022, in www.ilcaso.it; Trib. Roma, 3 febbraio 2022, cit., per il quale la legittimazione passiva del procedimento non può riconoscersi «in capo alla massa indifferenziata dei creditori che possono astrattamente promuovere azioni esecutive nei confronti del debitore e che, tuttavia, non abbiano ancora avviato i relativi procedimenti o minacciato di avviarli, con la notifica di un precetto»; Trib. Milano, 24 febbraio 2022, cit., che ha ritenuto inammissibile, perché generica, la richiesta di misure protettive e cautelari che faceva riferimento a quelle misure «che l’esperto dovesse ritenere necessarie o opportune per assicurare il buon esito delle trattative»; Trib. Bergamo, 24 febbraio 2022, in www.dirittodellacrisi.it. Per una diversa conclusione v. Trib. Milano, 27 febbraio 2022, in dirittodellacrisi.it; Trib. Padova, 25 febbraio 2022, in www.ilcaso.it, che ha ritenuto ammissibile le misure protettive richieste dall’imprenditore «in forma generale ed estesa», stante l’assenza di controindicazioni da parte dell’esperto incaricato; Trib. Milano, 26 gennaio 2022, ibidem, per il quale le misure protettive «possono essere disposte anche in assenza di iniziative cautelari od esecutive e prevedere che i creditori per titolo o causa anteriore alla data di pubblicazione dell’istanza di composizione negoziata della crisi d’impresa non possano, a pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari».

[27] Ai sensi del 5° comma dell’art. 7 D.L. 118/2021, il giudice «su istanza delle parti e acquisito il parere dell’espero, può prorogare la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative», fino alla durata massima complessiva di 240 giorni. Ma la richiesta di proroga non può essere utilizzata per ampliare le misure già disposte o per estenderle diversi (così Trib. Bergamo, 22 aprile 2022, in www.dirittodellacrisi.it).

[28] L’esclusione della natura definitiva e decisoria di queste misure impedisce la ricorribilità per Cassazione ai sensi dell’art. 111, 7° comma, Cost. delle ordinanze rese in sede di reclamo ex art. 669-terdecies.  A questa stessa conclusione, del resto, è pervenuta anche la Cassazione sia con riferimento alla misura protettiva dello scioglimento o della sospensione dei contratti in pendenza del procedimento per l’accesso al concordato preventivo, di cui all’art. 169-bis L. Fall. (Cass., 25 maggio 2021, n. 14361; Cass., 2 marzo 2016, n. 4176, in www.ilcaso.it; Cass., 3 settembre 2015, n. 17520, in Foro it., 2016, I, c. 1377 ss.), sia con riferimento alle misure protettive di cui all’art. 182-bis L. Fall. (Cass., 19 giugno 2018, n. 16161, in Fall., 2019, p. 180 ss.).

[29] Rinvio, in proposito, ad A. CarrattaLa composizione assistita della crisi e le misure di protezione “anticipate” nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Dir. fall., 2020, I, p. 267 ss.

[30] L’art. 6 del citato Schema di D.Lgs., infatti, recepisce negli artt. 12 ss. del CCI la procedura di composizione negoziata della crisi, attualmente disciplina dal D.L. 118/2021 (conv. dalla L. 147/2021).