Giurisprudenza

I doveri di controllo previsti a carico dei sindaci dall'art. 2403 c.c. devono estendersi alla legittimità sostanziale dell'attività degli amministratori della società


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Articolo

Le segnalazioni per la anticipata emersione della crisi.
Così è se vi pare *


Stefania Pacchi

Data pubblicazione
09 agosto 2022

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Sommario: 1. Premessa – 2. La segnalazione dell’organo di controllo – 3. Le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati – 4. Gli obblighi di comunicazione a carico di banche e intermediari finanziari – 5. Il programma informatico di verifica della sostenibilità del debito e per l’elaborazione di piani di rateizzazione – 6. Conclusioni.


1. Premessa

Da tempo la tempestività è diventata “la cifra” del diritto delle crisi. La produzione legislativa unionale - dalla Raccomandazione della Commissione Europea del 2014 alla Direttiva 2019/1023 - ci addita insistentemente questa direzione perché “Quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un'insolvenza imminente o, nel caso di un'impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione”[1].

Su questa linea nel 2015, muovendo ormai dalla sfiducia in comportamenti virtuosi dell’imprenditore, si affidava a una commissione di riforma, presieduta da Renato Rordorf, la mission di un cambio di cultura, che si riteneva indifferibile, finalizzato a un tempestivo accesso alle procedure grazie alla realizzazione di una rete di controlli funzionali al raggiungimento di un risultato utile per l’impresa, i creditori e per tutti gli stakeholders.

Il recepimento tempestivo dei segnali di crisi avrebbe indotto ad una pronta adozione di contromisure, a quel punto realmente efficaci, per conservare complessi produttivi ancora vitali con un miglior soddisfacimento dei creditori e indubbi vantaggi per la collettività.

Così, come punto di arrivo di un lungo percorso culturale, sociale e politico[2], accertata la “scarsa capacità delle imprese italiane – soprattutto le medie o piccole imprese - di promuovere autonomamente processi di ristrutturazione precoce, sia a causa di un qualche personalismo autoreferenziale dell’imprenditore, sia per la cronica debolezza degli assetti organizzativi dell’impresa, privi di adeguati strumenti di monitoraggio e di pianificazione anche a breve termine”[3], il Codice della Crisi e dell’insolvenza[4] introduceva la disciplina a “maglie strette”[5] degli “Strumenti di allerta” e del “Procedimento di composizione assistita” [6].

A tal fine, in quella che oggi[7] possiamo indicare come la prima versione del Codice della crisi (d.lgs. 14/2019, pubblicato nella G.U. del 14 febbraio 2019), il sistema di allerta – ossia l’impalcatura che spiegava, direi consequenzialmente, la disciplina degli strumenti per la regolazione della crisi o dell’insolvenza[8] - importava un sensibile cambiamento per tutte le imprese.

Il cambio di passo si esprimeva attraverso un organizzato monitoraggio interno - consegnato agli organi societari -, sulla gestione e sui segnali di crisi, rafforzato poi dal coinvolgimento di una serie di soggetti esterni (revisore, banche e altri intermediari finanziari, creditori pubblici qualificati) in veste di segnalatori/pungolatori che avrebbero dovuto essere incentivati a un comportamento attivo da un corredo sanzionatorio e/o premiale[9]. 

In quel quadro, sugli organi interni dell’impresa - imponendo sia l’istituzione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati che la verifica incessante sulla loro conformazione e funzione (adeguatezza) - incombeva il compito di cogliere ogni sintomo di malfunzionamento mentre ai creditori qualificati, esterni ma pur collegati all’attività, vigilando sullo stato delle obbligazioni facenti capo all’impresa, spettava quello di denunciare tempestivamente agli amministratori alterazioni o ritardi significativi negli adempimenti, provocando una loro attivazione.

La rete del “primo” Codice aveva però un’ulteriore funzione di impulso – che distingueva quel regime di allerta – dovendo l’organo amministrativo, recepite le segnalazioni, attivarsi immediatamente e, allora, scegliere il percorso ritenuto più adeguato alla dimensione e natura della crisi, altrimenti innescandosi un meccanismo che avrebbe forzatamente immesso l’impresa nella composizione assistita – sbocco di un percorso la cui gestione era affidata agli OCRI - o, altrimenti, verso la liquidazione giudiziale.

Si trattava di un sistema di allerta che sarebbe stato oggetto o di plauso (da parte di chi fosse convinto della necessità di un regime cogente) o, viceversa, di aspre censure da parte di chi vedeva nella rigidità del palinsesto e nella spinta (forte, niente affatto “gentile”) verso la concorsualità, un attentato alla libertà di iniziativa economica.

Appena scoppiata la pandemia, la presenza di un sistema di allerta “forte” ed eterogestita è stata la causa principale del rinvio del Codice della crisi seguita dall’introduzione della composizione negoziata, dapprima quale misura compensativa e poi sostitutiva dell’allerta di cui al d.lgs. 14/2019. L’inadeguatezza dell’allerta codicistica rispetto al mutato contesto economico - soprattutto in termini di eccessiva onerosità di quel modello, ruotante attorno agli OCRI, rispetto a quello di preallarme caratterizzante la composizione negoziata - veniva sottolineata nel dicembre 2021 anche dallo stesso Ministero della giustizia nelle note di avanzamento delle misure del PNRR.

La sua sostituzione con la composizione negoziata[10] (introdotta dal d.l. 118/2021, conv. in L. 147/2021, e poi – ad opera del d.lgs. 83/2022 - rifluita nel Titolo II, artt. 12 e ss. del codice della crisi in sostituzione della disciplina dell’allerta) ha sancito il rifiuto di questo cambio di cultura[11] e il passaggio da una “spinta forte” a una “spinta gentile”.

Questa transizione è evidenziata non solo dall’introduzione della composizione negoziata quale sostituta dell’impianto codicistico dell’allerta ma, soprattutto, dall’altalenante esistenza e consistenza[12] delle segnalazioni esterne che, rispetto all’originaria previsione, escono marginalizzate a partire (come diremo anche più avanti) dalla loro collocazione in seno alla disciplina.

Se, infatti, la spinta gentile dell’iniziale disciplina del d.l. 118/2021 riposava evidentemente nella convinzione della sufficienza di un input proveniente dall’organo di controllo interno (non più accompagnato da quello del revisore), escludendo quindi le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, è con la L.233/2021 (di conversione del d.l. 152/2021) che queste vengono reintrodotte se pure aggiustate al nuovo registro stilistico della tempestività[13].

Con il d.l. 152/2021, il legislatore fa tornare alla ribalta l’allerta esterna, perché in quel momento probabilmente è stato incalzato, da una parte, dalle critiche[14] per un rinvio della disciplina che pareva significare la messa in soffitta del “cuore” del Codice, - l’allerta appunto –  dall’altra dai dubbi di efficacia della spinta “gentile” che avrebbe dovuto caratterizzare l’istituto della composizione negoziata e, dall’altra ancora, dall’appuntamento, ormai indifferibile con il recepimento della Direttiva Insolvency che lega in una relazione simbiotica i quadri di ristrutturazione preventiva alla tempestività[15].

Successivamente, però, le segnalazioni vengono risistemate ad opera del d.l. 83/2022 di recepimento della Direttiva senza, tuttavia, riacquisire la posizione di centralità che avevano nel disegno originario del codice, né la loro carica di meccanismo per l’immissione quasi “coattiva” nello strumento concorsuale.

Ma ciò non è tutto.

Entrato in vigore dopo ripetuti rinvii - il 15 luglio 2022 – il Codice della crisi, molte imprese hanno iniziato a ricevere da parte dell’Agenzia delle Entrate le segnalazioni circa l’esistenza di inadempimenti. Così il legislatore è nuovamente intervenuto per ridurre le criticità derivanti dall’ammontare del debito IVA collegato al meccanismo d’allerta dell’Agenzia delle Entrate.

A pochi giorni di distanza dall’entrata in vigore del Codice, con un emendamento approvato dalla Camera in sede di conversione in legge del D.L. n.73/2022 (c.d. Decreto Semplificazioni fiscali), è stata quindi modificata ulteriormente la disciplina delle segnalazioni,a carico dell’Agenzia delle Entrate, finalizzate a indurre l’impresa verso la composizione negoziata.

 

2. La segnalazione dell’organo di controllo

La composizione negoziata - percorsoriservato, protetto e facilitato per il risanamento tempestivo di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, abbiano le potenzialità necessarie per rimanere sul mercato –si colloca nell’ampio ambito di armonizzazione sul piano del rafforzamento degli strumenti di allerta precoce, volti ad individuare il prima possibile situazioni economico finanziarie tali da rendere concretamente probabile l’insolvenza del debitore. Su tale sfondo, il diritto interno si arricchisce mediante uno strumento extragiudiziario per ricercare una soluzione della crisi anticipata, che sia in grado di evitare ove possibile anche il ricorso ai quadri di ristrutturazione preventiva, oltre che le procedure di insolvenza”[16].

 

Conseguentemente la composizione negoziata è stata corredata di un sistema di segnalazioni per indurre l’impresa a valutare tempestivamente questa opzione.

L’idea di fondo che pervade la disciplina scolpita nel Capo III del Titolo II agli artt. da 25-octies a 25-decies fa perno sulla predisposizione di un monitoraggio continuo – condotto sia all’interno che all’esterno dell’impresa – sui risultati di gestione e sull’adempimento di obbligazioni selezionate sulla base della particolare collocazione pubblicistica. In funzione di ciò la composizione negoziata – pur trattandosi di un percorso volontario – può essere attivata su impulso dell’organo di controllo, di alcuni creditori pubblici qualificati e delle banche.

A questi soggetti la legge attribuisce il compito di trasmettere all’impresa il rilevamento di una situazione o di singoli episodi, possibili espressioni di disagio economico e/o di tensione finanziaria, tali da consigliarne una valutazione da parte degli amministratori al fine di decidere l’opportunità di accedere alla composizione negoziata.

Il codice pretende (art. 3) che tutte le imprese – individuali, societarie, commerciali e no, e anche quelle non formalmente imprenditoriali (associazioni, fondazioni e consorzi che esercitano un’impresa), – siano dotate di una rete di monitoraggio attraverso - nelle imprese individuali - la predisposizione di misure idonee e – in quelle collettive - la creazione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati e funzionali alla tempestiva rilevazione dello stato di crisi attraverso determinati segnali (art. 3, comma 4) e all’assunzione di idonee iniziative.

All’organo di controllo (art. 2403, comma 1, c.c.) compete il monitoraggio incessante sulla loro conformazione, sull’adeguatezza (in termini di corrispondenza alla dimensione dell’impresa e alle esigenze gestionali) e sulla capacità di cogliere ogni sintomo di malfunzionamento o di disagio economico, finanziario o patrimoniale[17]. A ciò si accompagna, in virtù della sua funzione di controllo, la rilevazione di ogni segno di possibile crisi.

Il codice della crisi (art. 25-octies) attribuisce, infatti, all’organo di controllo il compito – proprio della funzione di «vigilante e referente» – di segnalare tempestivamente il rilevamento di una condizione di «sofferenza» che integri gli estremi dei presupposti per la richiesta della nomina dell’esperto.

Operativamente l’organo di controllo deve individuare i sintomi (presupposto per la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto ex art. 12), e descriverli con una immediata segnalazione agli amministratori dotata però di efficacia meramente interna alla società.

Siamo, quindi, sulla linea di un flusso informativo tra organo di controllo e organo amministrativo in virtù della reciproca collaborazione per la ricerca di soluzioni idonee. All’organo di controllo non compete, quindi, la decisione (circa) e l’attivazione della procedura, la cui titolarità spetta esclusivamente agli amministratori. Anche in presenza di segnali di crisi, la ripartizione di competenze tra gli organi della società rimane netta.

La sequenza che dobbiamo immaginare è la seguente. In primo luogo, l’organo di controllo svolge – in funzione della prevenzione – la vigilanza sull’adeguatezza degli assetti amministrativi, organizzativi e contabili, nel contempo, però, cogliendo tempestivamente gli eventuali sintomi di squilibrio[18]. In secondo luogo, nel caso in cui questi ultimi emergano, lo stesso organo di controllo è tenuto a informare e stimolare l’organo amministrativo perché compia le proprie valutazioni alla luce della complessiva attività gestoria e se del caso assuma i rimedi finalizzati a prevenire la degenerazione della crisi.

L’art. 25-octies, comma 1, non si limita, però, a descrivere il contenuto dell’obbligo di segnalazione perché poi dispone anche in ordine alle modalità con cui la segnalazione dell’organo di controllo deve essere veicolata all’organo gestionale. Il tracciamento è d’obbligo.

La segnalazione deve essere formulata per iscritto ed indirizzata al consiglio di amministrazione o all’amministratore unico con modalità che ne assicurino la prova di avvenuta ricezione; deve altresì essere motivata e contenere un congruo termine non superiore a trenta giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve fornire indicazioni circa le misure intraprese per fronteggiare la situazione oggetto di segnalazione da parte dell’organo di controllo, il quale valuterà, quindi, le iniziative assunte.

A seguito della comunicazione ricevuta, infatti, l’organo amministrativo potrà presentare istanza di composizione negoziata oppure dovrà confutare con valide argomentazioni le analisi condotte o le conclusioni tracciate dal creditore pubblico nella segnalazione.

Oltre a ciò, l’art. 25-octies investe il collegio sindacale di un ruolo di controllo e vigilanza, secondo i tradizionali canoni civilistici, anche nella fase successiva all’entrata nella composizione negoziata e, quindi, nel corso delle trattative, restando così onerato dei controlli di cui all’art. 2403 c.c. e conseguentemente dovendo proseguire il monitoraggio sul rispetto della legge, dello statuto e della corretta amministrazione.

Tale organo è l’interlocutore «privilegiato» – perché particolarmente qualificato – dell’esperto che, nello svolgimento delle sue valutazioni sullo stato di risanabilità dell’impresa e nella conduzione delle trattative, si avvale, appunto, delle informazioni fornite dall’organo di controllo.

Di indubbia rilevanza è la sua funzione di interlocuzione con l’esperto rispetto alla gestione esercitata e agli eventuali atti pregiudizievoli posti in essere dagli amministratori. In proposito, l’organo di controllo dovrà vigilare sull’osservanza dell’art. 9 accertando il rispetto della informativa preventiva nei confronti dell’esperto di cui è onerato l’organo amministrativo nel caso di esecuzione di atti di straordinaria amministrazione.

In sostanza, nel corso della composizione negoziata la vigilanza dell’organo di controllo dovrà essere intensificata su tutti gli atti programmatici e gestori dell’impresa, in particolare dovendo verificare che il patrimonio e l’impresa vengano gestiti in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria e, quindi, nel pieno rispetto di quei criteri finalizzati alla tutela degli interessi dei creditori.

Infine, occorre segnalare che (art. 25-octies, comma 2) la tempestiva segnalazione all’organo di gestione da una parte e la vigilanza sulle trattative dall’altra, sono valutate ai fini della sua responsabilità ai sensi dell’art. 2407 c.c.

Preme sottolineare che l’adempimento da parte dell’organo di controllo esclusivamente al dovere di tempestiva segnalazione non può essere ritenuto di per sé una causa di esclusione della responsabilità, qualora l’organo amministrativo, a seguito della segnalazione, abbia tenuto un comportamento inerte ovvero abbia adottato iniziative anomale senza che ciò abbia determinato una reazione supplementare del controllante. L’ordinamento attribuisce, infatti, all’organo di controllo ulteriori strumenti di tutela (la convocazione dell’assemblea ex art. 2406, comma 2, c.c. o anche, sussistendone i presupposti, la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c.) all’esperimento dei quali l’organo di controllo è comunque tenuto.

Questa conformazione dell’attività dell’organo di controllo societario rispetto al meccanismo dell’allerta del Codice adesso vigente ha suscitato forti perplessità in quanto aprirebbe a un ampliamento della responsabilità nel giudizio ex post sull’operato dei sindaci. In un attento commento viene rilevato che l’ampiezza delle previsioni di cui all’art. 15 d.l. 118/2021 “lascia un maggior ambito di discrezionalità all’organo giudiziale, sia sotto il profilo dell’an della responsabilità, che del nesso causale con i danni, ponendo la necessità di riflettere anche sulla sua possibile applicazione ai fini della quantificazione del danno”[19].

La successiva valutazione di ogni elemento sintomatico compiuta alla luce dei fatti poi realmente accaduti potrebbe condurre a una responsabilità dei sindaci per la loro omessa reazione per fatti ancorché prima non fossero conoscibili[20].

Conseguentemente il vertice rappresentativo della categoria professionale più frequentemente chiamata a ricoprire la carica di sindaco ha dichiarato in più occasioni che il sistema attuale risulta incoerente, proponendo di tracciare il perimetro delle responsabilità e di introdurre una soluzione tecnica per una determinazione quantitativa al danno risarcibile che potrebbe ricondursi alla tecnica dei multipli dei compensi attribuiti[21].

3. Le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati

Il codice della crisi intende costruire una solidarietà per raggiungere un risultato utile per le parti e per tutti gli stakeholders.

Così sono coinvolti anche alcuni qualificati creditori pubblici (Inps, Inail, Agenzia delle entrate, Agenzia delle entrate-riscossione) perché diano il loro contributo all’emersione tempestiva della crisi in presenza di inadempimenti di un determinato importo.

In questo senso il ruolo dei creditori pubblici qualificati riveste importanza per due motivi. In primo luogo, è noto che le imprese dinanzi alle prime difficoltà si finanziano sospendendo i pagamenti dovuti nei confronti di questi enti che così nelle procedure concorsuali vantano per lo più importi cospicui. In secondo luogo, per la natura e l’oggetto della loro attività, sono investiti di una funzione socialmente rilevante che impone un loro contributo attivo nell’emersione tempestiva della crisi.

Ai creditori pubblici qualificati, quali soggetti esterni ma pur collegati all’attività, spetta quindi il compito di vigilare sullo stato delle obbligazioni facenti capo all’impresa debitrice denunciando tempestivamente all'imprenditore (o, se impresa societaria, agli amministratori) e, se esistente, all'organo di controllo - in caso di organo collegiale, al presidente del collegio sindacale -ritardi significativi negli adempimenti affinché questi si attivino per verificarli e valutarli assumendo eventualmente la decisione di chiedere la nomina dell’esperto per la composizione negoziata o di accedere direttamente ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza.

Le segnalazioni dovranno essere anche valutate dagli organi di controllo societario (art. 25-octies) i quali dovranno stimolare gli amministratori, in primis, ad una verifica della situazione e, solo se da essi ritenuti sussistenti i presupposti, ad attivare la composizione negoziata.

Si tratta, dunque, di una disciplina (necessariamente) diversa rispetto a quella racchiusa nella prima versione del codice perché funzionalmente orientata non già ad immettere forzatamente l’impresa in un sentiero tracciato bensì a incentivare i destinatari delle comunicazioni ad attivarsi preventivamente per la verifica del presupposto del “going concern[22].

Si tratta, quindi, di una disciplina diretta essenzialmente a migliorare l’efficienza della composizione negoziata favorendone l’utilizzazione, tanto ciò è vero che queste segnalazioni – a differenza di quelle presenti nella prima versione del codice – sono rivolte esclusivamente al debitore, e devono contenere l’invito a richiedere la composizione negoziata della crisi, rimettendo però allo stesso debitore la valutazione se gli inadempimenti rilevati determinino quella situazione di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario che legittima l’accesso al percorso negoziale.

Rispetto agli obblighi di segnalazione della prima versione del codice sono consequenzialmente calibrati su soglie inferiori, tenuto conto che hanno una funzione esclusivamente informativa nei confronti dell’impresa. Gli obblighi di segnalazione previsti dal Codice della crisi d’impresa sono, invece, indirizzati a costringere l’impresa ad attivarsi quando la situazione è già grave.

Si tratta, allora, di un supporto all’impresa che – grazie alla segnalazione - viene posta in grado di valutare se ricorrano i presupposti per l’apertura della composizione negoziata e non di un “attacco” per costringere l’impresa ad immettersi in un percorso quando non sia necessario.

La segnalazione non ha come conseguenza inevitabile l’attivazione della composizione negoziata della crisi. «La segnalazione non comporta, dunque – si legge nella circolare Assonime n. 8 del 17 febbraio 2022 –, alcun obbligo di attivazione della composizione negoziata, ma solo un dovere in capo agli organi sociali di verificare se i ritardi segnalati costituiscano sintomi di crisi o di minaccia per la continuità aziendale, al fine dell’adozione dei rimedi più idonei. Tale attività di verifica si inserisce nel quadro degli ordinari obblighi degli organi sociali delineati dall’articolo 2086 e 2403 del Codice civile».

È un intervento legislativo da leggersi sotto il profilo dell’incremento dell’efficienza dello strumento, efficienza per la quale è stato introdotto, come diremo, anche un nucleo di disposizioni tecniche a supporto della circolazione delle informazioni e della documentazione.

Come deve essere letto allora il meccanismo? La disciplina racchiusa nell’art. 25-novies individua i creditori pubblici qualificati investendoli di un ruolo propulsivo nei confronti dell’imprenditore (unico soggetto legittimato all’iniziativa) affinché questi, in presenza di determinati inadempimenti (con particolare valenza sociale), valuti l’opportunità di avvalersi della composizione negoziata. Questi creditori hanno a disposizione (artt. 14, comma 1, e 15) – attraverso la piattaforma telematica di accesso alla composizione negoziata – le informazioni relative a Centrale rischi di Bankitalia, oltre alla documentazione caricata dall’imprenditore nella fase di ingresso alla procedura o successivamente.

La norma fissa: 1) gli importi dei debiti in presenza dei quali scatta a carico del creditore l’obbligo della segnalazione; 2) il termine entro cui trasmettere la segnalazione; 3) l’ambito di applicazione temporale delle disposizioni di cui all’art. 25-novies.

La disposizione prevede che:

1) l’Inps (Istituto nazionale della previdenza sociale) segnali i ritardi di oltre novanta giorni del pagamento di contributi per somme superiori al trenta per cento di quelli relativi all’anno precedente; e a 15.000 euro, ridotti a 5.000 se non ci sono dipendenti;

2) l’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) segnali l’esistenza di un debito per premi assicurativi scaduto da oltre novanta giorni e non versato superiore all’importo di euro cinquemila;

3) l’Agenzia delle entrate, segnali l’omesso versamento del debito Iva superiore all’importo di euro 5.000, che emerge risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all’art. 21-bis, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. in l. 30 luglio 2010, n. 122);

4) l’Agenzia delle entrate-riscossione, segnali l’esistenza di crediti affidati, autodichiarati o definitivamente accertati scaduti da più di novanta giorni e superiori a centomila, duecentomila o cinquecentomila euro rispettivamente per imprese individuali, società di persone, altre società.

Si nota un abbassamento della soglia del debito insoluto che fa scattare la segnalazione rispetto all’art. 15 (della prima versione del Codice della crisi) che, tuttavia, è in linea con la volontà legislativa di indurre da una parte il creditore ad entrare in azione precocemente secondo quanto il nuovo setting di cui al d.l. 118 impone  – nell’attuale situazione forse con eccessiva anticipazione – e, dall’altra, il debitore a non fare ricorso alla leva tributaria e, se vi ricorra, a regolarizzare quanto prima la posizione debitoria o ad accedere alla composizione negoziata.

L’art. 25-novies non si applica alle situazioni di sofferenza esistenti alla data di entrata in vigore del codice della crisi. Queste disposizioni, infatti, si applicano:

a) per l’Inps, in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022 e per l’Inail in relazione ai debiti accertati a decorrere dall’entrata in vigore del codice della crisi.

b) per l’Agenzia delle entrate, in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre dell’anno 2022;

c) per l’Agenzia delle entrate-riscossione, in relazione ai carichi affidati all’agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.

Le segnalazioni devono essere inviate entro sessanta giorni dall’avveramento delle seguenti condizioni:

a) per l’Agenzia delle entrate, dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all’art. 21-bis, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. in l. 30 luglio 2010, n. 122);

b) per l’Inps, l’Inail e l’Agenzia delle entrate-riscossione, dal verificarsi delle condizioni o dal superamento degli importi indicati nell’art. 25-novies, comma 1.

La disciplina delle segnalazioni esterne continua però – come ho avvertito fin dall’inizio - ad essere travagliata[23]. Queste previsioni contenute nel Codice della crisi al momento della sua entrata in vigore hanno, infatti, generato subito diffusi malumori[24] approdati in ripetute censure tali da indurre il legislatore a un ulteriore ripensamento. È stato paventato – come conseguenza delle segnalazioni da parte dell’Agenzia delle entrate – un effetto domino, le imprese dovendo “fare i conti con possibili i rischi bancari e il peggioramento del rating”[25].

Così – come ho già detto nella premessa - il 30 luglio 2022 è stato licenziato dalla Camera il testo di conversione in legge del decreto sulle “Semplificazioni” (D.L. 21 giugno 2022, n. 73), che è passato al Senato per l’approvazione definitiva.

In base all’emendamento approvato (n. 37.0.500) si dispone che la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate vada effettuata in presenza di un debito IVA non inferiore al 10% del volume d’affari dell’impresa relativo al periodo d’imposta precedente, e comunque di un debito IVA superiore a 20.000 euro. Nella formulazione originaria della norma, invece, era contemplata una segnalazione del creditore fiscale in presenza di un debito IVA superiore a 5.000 euro. Alla luce del suddetto emendamento, dunque, nessuna comunicazione sarà effettuata dall’Agenzia delle entrate in caso di debito delle imprese inferiore al 10% del volume d’affari, se, comunque, lo stesso non è superiore alla soglia di 20mila euro.  

È inoltre previsto che le segnalazioni siano inviate dall’Agenzia delle Entrate contestualmente alla comunicazione di irregolarità di cui all’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 e, comunque, non oltre 150 giorni (e non più 60) dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all’art. 21-bis del D.L. n. 78/2010. L’emendamento contiene anche una modifica dei termini di vigenza della disposizione, non più applicabile in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre dell’anno 2022, ma dal secondo trimestre.

Una disposizione analoga dovrebbe essere introdotta anche in relazione agli importi del debito cui sono riferite le segnalazioni degli altri “creditori pubblici qualificati”, quali l’INPS (debito per contributi superiore a 15.000 euro in presenza di lavoratori subordinati) e l’INAIL (debito per premi assicurativi superiore a 5.000 euro).

La segnalazione diretta (soltanto) all’imprenditore e, ove esistente, all’organo di controllo, innesca un’induzione alla composizione negoziata in quanto deve contenere l’invito a richiederla. La segnalazione, qualunque sia l’effetto che produce sull’impresa non ha però “capacità espansiva”, rimanendo sconosciuta all’esterno.

La segnalazione deve essere tracciabile per cui la legge ne dispone l’invio tramite posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’indirizzo risultante dall’anagrafe tributaria.

Alla luce di queste previsioni, si tratta di obblighi di natura informativa, diretti ad attivare un meccanismo di monitoraggio esclusivamente interno all’impresa, funzionale ad incentivare l’imprenditore a valutare la portata della propria esposizione debitoria verso i creditori pubblici e se essa possa determinare, anche in concomitanza con altri fattori, la condizione di squilibrio economico, patrimoniale o finanziario che consente di richiedere la nomina dell’esperto e di avviare il tentativo di ristrutturazione negoziale.

Amministratori e organo di controllo dovranno valutare le informazioni e desumerne la capacità segnaletica della condizione di crisi. Il ritardo di un modesto versamento Iva può essere dovuto a semplice dimenticanza, regolarizzabile facilmente. L’omesso versamento di importi più significativi, perdurante dopo centocinquanta giorni indica, invece difficoltà maggiori che richiedono un’immediata investigazione.

Quindi, l’organo di controllo dovrà chiedere agli amministratori (art. 25-octies), di riferire tempestivamente sulle iniziative intraprese, valutare poi l’adeguatezza delle azioni proposte, anche alla luce dei dati consuntivi e prospettici che l’assetto amministrativo e contabile adottato dovrebbe rendere disponibili. Se la reazione degli amministratori non apparisse sufficientemente solida o credibile, l’organo di controllo potrebbe rinnovare l’invito a valutare il ricorso alla composizione negoziata o ad altri strumenti di soluzione della crisi.

Ove, invece, gli amministratori assumano una qualsiasi iniziativa per comporre la crisi, l’organo di controllo vigilerà sulla realizzazione dello strumento adottato.

In assenza di reazione da parte degli amministratori, l’organo di controllo dovrà invece adottare – come già detto nel paragrafo precedente – le iniziative che la legge gli riconosce, che per i sindaci possono giungere fino alla denuncia di gravi irregolarità (art. 2409 c.c.).

 

4. Gli obblighi di comunicazione a carico di banche e intermediari finanziari

Nell’ambito della spinta verso l’emersione e la composizione tempestiva della crisi, il legislatore richiede oggi anche alle banche – e questo è un novum per il nostro ordinamento – pur non ricomprese tra i creditori pubblici qualificati, un comportamento attivo, facilitato dal monitoraggio sul rischio di credito di ciascuna posizione che esse continuativamente eseguono.

Nel quadro, scolpito nell’art. 4 e contraddistinto (nel comma 4) dal dovere di leale collaborazione posto a carico dei creditori, emerge (art. 25-decies) l’obbligo per le banche e gli intermediari finanziari di dare notizia agli organi di controllo societari delle variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti comunicate al cliente, vale a dire di ogni mutamento significativo – sia successivo che preventivo – di ciascun rapporto in corso o della valutazione della banca rispetto all’impresa nella concessione di finanziamenti richiesti[26].

Di nuovo, quindi, la sollecitazione, che si provoca mediante il flusso informativo, - peraltro duplicazione di un’informazione già resa all’impresa e, quindi, all’organo gestorio - è diretta «anche» all’organo di controllo (dopo che è stata rivolta all’organo gestorio) affinché questi possa intervenire prontamente sia individuando i motivi – muovendo dalla verifica dell’adeguatezza degli assetti – delle variazioni dei suddetti rapporti bancari al fine di cogliere l’esistenza o meno di indizi di crisi in atto, sia interpellando gli amministratori – vigilando quindi sul comportamento degli amministratori – sulle contromisure che ritengono di dover preparare per rispondere efficacemente.

Dal punto di vista dell’oggetto della comunicazione, la norma parla di «variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti».

Come è stato rilevato per «affidamento» deve intendersi qualsiasi operazione che abbia generato erogazione di credito (quindi, non solo fidi ma anche mutui e prestiti ecc.) e quindi una posizione debitoria dell’impresa nei confronti della banca a fronte della quale sia stata decisa dall’ente finanziatore una variazione di non minima portata.

Questa posizione debitoria dell’impresa dovrà allora essere contestualizzata da parte dell’organo di controllo nel quadro della situazione economico-finanziaria attuale (al momento della comunicazione della banca) e prospettica per valutare la possibilità di adempimento o meno e, quindi, l’esistenza, di nuovo attuale o prospettica, di una crisi.

Inoltre, l’organo di controllo dovrà anche valutare la ricaduta di queste variazioni contrattuali disposte dalla banca non solo sulle disponibilità necessarie per far fronte (anche) alle altre obbligazioni in corso ma anche sulla prosecuzione della gestione. Insomma, ricevuta la comunicazione, sulla base del dovere di diligenza scolpito negli artt. 3 ss del codice, l’impresa deve attivarsi compiendo una verifica interna anche ricorrendo, se necessario, al programma informatico disponibile nella piattaforma telematica nazionale per effettuare una autodiagnosi della situazione. Nessuna sanzione è prevista per la banca o l’intermediario finanziario che non adempia all’obbligo di comunicazione.

Non è però da escludersi che possa configurarsi, qualora dall’omessa comunicazione ne derivi un aggravamento della crisi, una responsabilità risarcitoria o in via diretta per lesione del credito o indiretta (concorso nell’inadempimento dell’organo di controllo).

 

5. Il programma informatico di verifica della sostenibilità del debito e per l’elaborazione di piani di rateizzazione

Il tema della tempestiva emersione e rilevazione della crisi, soprattutto rapportato alle PMI, ha indotto il legislatore, peraltro nel solco della Direttiva Insolvency, ad affidare ad algoritmi la soluzione della crisi.

A tal fine è stato istituito (art.25-undecies) – all’interno della piattaforma unica nazionale della composizione negoziata – un programma informatico di verifica della sostenibilità del debito maturato e di elaborazione di piani di rateizzazione automatici per facilitare e velocizzare la gestione delle crisi.

È prevista l’interoperabilità tra la piattaforma e le altre banche dati pubbliche. Così, le informazioni che il debitore è tenuto ad inserire nella piattaforma per la composizione negoziata sono disponibili tanto presso la centrale rischi della Banca d’Italia e le banche dati pubbliche, quanto per l’esperto indipendente.

La piattaforma mette a disposizione un programma informatico gratuito che elabora i dati necessari per accertare la sostenibilità del debito consentendo, inoltre, all’imprenditore di condurre il test pratico di autovalutazione, per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento (comma 1).

Se l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non supera i trentamila euro e, all’esito dell’elaborazione condotta dal programma, tale debito risulta sostenibile, – per ridurre i tempi senza addossare ulteriori costi all’impresa – il programma elabora (per ristrutturare il debito accumulato) un piano di rateizzazione che l’imprenditore comunicherà ai creditori interessati avvertendoli che entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione possono manifestare il loro dissenso. Si applica la regola del silenzio-assenso.

Il piano di rateizzazione sarà eseguito secondo la tempistica e le modalità in esso previste.

È fatta salva l’applicazione delle disposizioni in materia di riscossione di crediti fiscali e previdenziali e di crediti di lavoro, e restano altresì ferme le responsabilità per l’inserimento – operato dall’imprenditore – nel programma di dati o informazioni non veritieri.

La legge affida a un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, la fissazione delle informazioni e dei dati da inserire nel programma informatico, le specifiche tecniche per il suo funzionamento e le modalità di calcolo del tasso di interesse applicabile ai crediti rateizzati.

 

6. Conclusioni

Da una carrellata sull’inquadramento legislativo delle segnalazioni quale meccanismo per l’anticipata emersione della crisi, emerge una evidente progressiva “mutazione genetica”[27] dello strumentario per un tempestivo approccio al governo della crisi.

Nel passaggio dalla prima alla seconda versione del codice della crisi non solo abbiamo assistito all’abbandono – quasi per cancellare le tracce di una diversa cultura -  del vocabolo “allerta” e insieme della sua coercitività[28] - sostituita dalla fiducia in una decisione spontanea dell’imprenditore - ma anche a una marginalizzazione dei meccanismi per la tempestività che si esprime a livello di una loro ridotta funzione (“suadenti” comunicazioni) chiaramente espressa dall’attuale collocazione in seno alla disciplina. Mi riferisco, come è già stato rilevato, in primis dal Consiglio di Stato (nell’Adunanza della Commissione speciale del 1° aprile 2022) e poi dalla dottrina[29], dall’inversione dell’ordine logico della disciplina, dove le segnalazioni (che costituiscono nella Direttiva Insolvency i meccanismi di allerta) sono poste in coda al Titolo II del Codice adesso occupato dalla Composizione negoziata.

La perdita di centralità e la marginale funzione di questo meccanismo è evidente.

In una lettura della composizione negoziata quale percorso, sostitutivo dell’originaria allerta codicistica e caratterizzato dalla volontarietà – soltanto l’imprenditore può decidere se utilizzarlo o meno - osserviamo la rimessione dei compiti di stimolo “a richiedere la composizione negoziata” soprattutto in capo all’organo di controllo.

Il ruolo dei creditori pubblici qualificati – così come delle banche attraverso le comunicazioni all’organo di controllo delle “variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti” peraltro già effettuate agli amministratori - si riassume esclusivamente nella segnalazione del mancato pagamento ma spetta in definitiva agli organi interni valutare l'effettiva rilevanza di tale avviso.

Sotto tale profilo la disciplina dell’allerta si colloca sulla linea di confine tra diritto fallimentare e diritto societario. Da un lato le segnalazioni incidono sulla responsabilità degli organi societari interni; dall’altro, anticipano l’area della tutela dei creditori ad una fase precedente a quella in cui, per tradizione storica, il diritto fallimentare entra in azione[30].

L’allerta esterna affidata ai creditori pubblici qualificati dovrebbe trovare la propria ragion d’essere nella funzione di valvola di sicurezza della composizione negoziata. Ciononostante, non è stata completata dai necessari contrappesi perimetrali/valutativi e sanzionatori venendo così lasciata alla mercé del creditore o troppo scrupoloso o niente affatto coscienzioso. Questa assenza potrebbe condurre “a sacche di arbitrarietà nelle condotte dei creditori pubblici qualificati nell’azionare il campanello di allarme, di per sé ingiustificate dal tenore letterale della norma”[31].

In definitiva, allora, possiamo ritenere che oggi il pendolo del deterrente dell’allerta esterna ricada, in punto di responsabilità, sugli organi societari mentre ieri ricadeva più pesantemente sull’impresa attraverso la composizione assistita gestita dall’OCRI e il possibile finale noir.

Alla fine dell’operazione di “mutazione genetica”, la conformazione dell’allerta esterna (di ciò che rimane) ha la funzione di “persuadere” l’organo di controllo – nel timore di un successivo rilevamento di una sua responsabilità - a fare pressione sugli amministratori per la domanda di nomina dell’esperto.

Delicato sarà, allora, il compito dell’organo di controllo nel soppesare scrupolosamente la effettiva realtà dell’impresa, senza anteporre la propria impunità. Il rischio di un meccanismo “ipersensibile” che potrebbe generare “falsi positivi” è indubbiamente reale[32].

Passando poi al fronte dei creditori pubblici qualificati, altrettanto delicato sarà il loro compito che dovrebbe essere guidato non dall’egoistico opportunismo del singolo ma da un’ampia considerazione dell’interesse di tutti gli stakeholder. La loro lettura della norma – priva di “bastoni e di carote” potrebbe indurli (anche perché forti della garanzia che accompagna il loro credito)[33] o a rimanere passivi, consentendo al debitore di ritardare a suo piacimento l’entrata in un percorso protetto o in una procedura, o, al contrario, ad operare meccanicamente inviando segnalazioni a pioggia che, dovendo essere valutate (anche) dall’organo di controllo – proteso a proteggersi da possibili future responsabilità – potrebbero alla fine condurre a domande “ a pioggia” (e talvolta inutili) di nomina di esperti. Tutto questo genererebbe costi per le imprese e la collettività che dovrebbero, invece, essere evitati.

Per concludere ogni “personaggio” al quale la disciplina assegna il compito di effettuare, in presenza di certi fatti, una segnalazione, avrà un proprio modo di vedere la realtà.

Corriamo il rischio che non esista un’unica realtà oggettiva, ma tante realtà quanti sono i personaggi, perché ciascuno sarà mosso dal proprio personale tornaconto…così è se vi pare.



[1] Così si esprime la Dir. 2019/1023 al Considerando 22.

[2] Ricorda efficacemente i “lunghi anni nei quali di prevenzione non si voleva neanche sentir parlare ed ove, anzi, i timidi accenni a strumenti di early warning erano visti come fumo negli occhi”, A. JORIO, Qualche ulteriore considerazione sul d.l. 118/2021, ecc., cit.,3 e nota 6 ove citazioni dottrinali.

[3] R. RORDORF, Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, in I contratti, 2019, 133.

[4] D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, emanato in attuazione della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155 e pubblicato nella G.U. del 14 febbraio scorso. La disciplina dell’allerta costituiva il punto più innovativo sul quale il Legislatore del CCII puntava molto, come dimostra anche la creazione dell’Osservatorio permanente istituito con decreto congiunto del MISE e del MEF (art. 353 CCII) deputato a testare l’impatto delle misure d’allerta e l’utilizzo delle procedure di composizione assistita in relazione agli ambiti di operatività. Sull’evoluzione dell’istituto dell’allerta dalla prima versione del Codice della crisi a quella attuale, rinvio a S. PACCHI, L’allerta tra la reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore. Dal Codice della crisi alla composizione negoziata, in Dir. fall., 2022, I, pp. 501 ss. (contributo anticipato su ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it).

[5] R. RORDORF, Il tormentato iter della riforma del diritto concorsuale, in Questione giustizia, 3/2021, afferma che “nella versione finale del codice ha preso corpo un’impostazione alquanto più burocratica e proceduralizzata, scandita da una molteplicità di termini di adempimento e di soglie di rilevanza, in cui sembra quasi che l’imprenditore sia chiamato a giustificarsi e difendersi piuttosto che ad essere coadiuvato, in un contesto che rischia perciò di evocare il clima di una procedura prefallimentare, rafforzato dalla previsione dell’intervento finale del pubblico ministero in caso di cattivo esito dei tentativi di risanamento”. Sulla stessa linea già M. FABIANI, La fase dell’allerta non volontaria e il ruolo dell’Ocri, in www.ilcaso.it, 9 ottobre 2019, 13.

[6] Il Codice sarebbe dovuto entrare in vigore il 15 agosto 2020. Per far fronte alla situazione emergenziale scatenata dalla pandemia per il Virus Corona-19, la prima decisione assunta dal Governo è stata quella di cui all’art. 5 del d.l n. 23 dell’8 aprile 2020 che, modificando l’art. 389 comma 1 del CCII, ne rinviava al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore. La crisi indotta dalla pandemia determinava il Governo ad assumere questa decisione perché – secondo quella che era la motivazione dominante - l’introduzione dei nuovi sistemi di allerta, in un contesto economico scompigliato dalle misure sanitarie per fronteggiare il virus, avrebbe determinato la segnalazione anche di imprese notoriamente solide ma fiaccate dalla contrazione della domanda e dai ritardi nei pagamenti. S. AMBROSINI, La <<falsa partenza>> del codice della crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell’insolvenza incolpevole, in www.ilcaso.it, 21 aprile 2020.

[7] Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è entrato in vigore – armonizzato con la Direttiva UE 2019/1023 dal d.lgs. 83/2022 - lo scorso 15 luglio. Per una perimetrazione del d.lgs. 83/2022, in particolare, S. AMBROSINI, Il codice della crisi dopo il d. lgs. n. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell’impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo), in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 18.7.2022. Per una esposizione sul codice vigente, S. PACCHI – S. AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza, II ed., aggiornata al d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, Bologna, 2022.

[8] Sulla centralità del sistema di allerta nell’impianto originario del Codice insiste anche M. SCIUTO, Quel che resta degli obblighi di segnalazione nel Codice della crisi, in www.ilfallimentarista, Focus del 29 luglio 2022.

[9] Il corredo sanzionatorio ha prodotto però perplessità e v. M. SCIUTO, op.cit.

[10] Tra i molti commenti al d.l. n. 118 che evidenziano il cambio di registro rispetto all’allerta della prima versione del codice della crisi, S. PACCHI, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Ristrutturazioni aziendali, 9 agosto 2021; S. AMBROSINI, La nuova composizione negoziata: caratteri e presupposti, in www.ilcaso.it, 2021; I. PAGNI E M. FABIANI, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata e viceversa, su www.dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021; S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal d.l. 118 del 202, in www.dirittodellacrisi.it, 28 settembre 2021; A. JORIO, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma, in www.dirittodellacrisi.it, 1° ottobre 2021; A.I. BARATTA, I nuovi strumenti disciplinati dal d.l. 118/2021: le mutate esigenze a seguito della pandemia, in G. SANCETTA – A.I. BARATTA – C. RAVAZZIN, La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, Milano, 2022, p. 1 ss.

[11] Per un accenno al rifiuto del cambio di cultura, S. PACCHI, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), cit.

[12] Non vi è dubbio che la disciplina delle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati è stata, fin dall’inizio, tormentata. La prima modifica all’originaria disposizione (di cui all’art. 15 del Codice della crisi) fu introdotta ad opera del DLgs. 26 ottobre 2020 n. 147 (decreto “correttivo”) che stabilì l’obbligo per l’Agenzia delle Entrate di attivare di attivare la segnalazione quando l’esposizione debitoria dell’impresa avesse superato l’importo “rilevante”. Originariamente l’art. 15 prevedeva che la quantificazione dell’importo “rilevante” fosse ancorata a parametri percentuali ( al totale del debito scaduto e non versato per IVA, risultante dalla comunicazione della liquidazione periodica, pari ad almeno il 30% del volume d’affari del medesimo periodo e, nel contempo, non inferiore a 25.000, 50.000 e 100.000 euro, rispettivamente per imprese con volume d’affari realizzato nell’anno precedente fino a 2.000.000, 10.000.000 e oltre 10.000.000 di euro). Abrogata dal correttivo la soglia rilevante necessaria per attivare l’allerta esterna da parte dell’Agenzia delle Entrate, la norma risultante dal correttivo richiedeva un debito IVA scaduto e non versato, risultante dalla comunicazione della liquidazione periodica, non inferiore a 100.000, 500.000 e 1.000.000 di euro rispettivamente per un’impresa con volume d’affari, risultante dalla dichiarazione dell’anno precedente, fino a 1.000.000, 10.000.000 e oltre 10.000.000 di euro. Il d.lgs. 147/2020 fissava, inoltre, in sessanta giorni dalla comunicazione di irregolarità (art. 54-bis, comma 1 del DPR 633/1972), il limite di tempo entro cui l’Agenzia era tenuta ad effettuare la segnalazione all’impresa. Con il decreto correttivo veniva innalzata la soglia dell’allerta con l’effetto di ridurre il numero di segnalazioni dell’Agenzia delle Entrate. Di fatto assistevamo al primo depotenziamento del sistema per “emersione anticipata della crisi” per il quale il legislatore aveva introdotto le procedure di allerta e di composizione assistita.

[13] F. CESARE, Torna l’allerta esterna ridimensionata nella composizione negoziata della crisi, in ilfallimentarista.it, 4 gennaio 2022.

[14] D. GALLETTI,È arrivato il venticello della controriforma? Così è, se vi pare, in www.ilfallimentarista.it; ID.,Breve storia di una (contro)riforma “annunciata”, ivi, 1°settembre 2021; F. LAMANNA, Nuove misure sulla crisi d’impresa del D.L. 118/2021: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il "de profundis" per il sistema dell'allerta, ivi, 25 agosto 2021.

[15] Il nesso tra early warning tools e quadri di ristrutturazione viene evidenziato da ultimo da L. PANZANI, La composizione negoziata alla luce della Direttiva Insolvency, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 31 gennaio 2022, 3 ss.

[16] Così si è espresso – a p.11 - il Consiglio di Stato nel parere del 1° aprile 2022 sullo Schema di decreto legislativo recante modifiche al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.

[17] Le misure e gli assetti sono idonei recettori quando consentono di: a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore; b) verificare la non sostenibilità dei debiti e l'assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme identificati dall'art. 3, comma 4; c) ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento (di cui all’art. 13 del codice e a suo tempo introdotto dal d.m. 28 settembre 2021 recependo l'art. 3 della l. 147/21).

 

[18] Sono per il codice elementi di allarme: a) l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; b) l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; c) l'esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; nonché d) l'esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall'articolo 25-novies, comma 1, che siano oggetto di segnalazioni dei creditori pubblici.

 

[19] R. BROGI, Conversione decreto crisi d’impresa in G.U.: ultima chiamata per l’emersione volontaria della crisi?, in Quotidiano giuridico.it, 25 ottobre 2021.

[20] Sulle responsabilità dell’organo di controllo, v. anche N. ABRIANI – N. CAVALLUZZO, Composizione negoziata e stop all’allerta esterna, Crisi d’impresa. Le nuove misure, in Il Sole  24 Ore, 9 settembre 2021.

[21] Con una lettera scritta dal Presidente dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili al ministro della giustizia e al sottosegretario (riportata per brani nella nota redazionale Limiti quantitativi alla responsabilità dei sindaci: la richiesta del Cndcec, in ilsocietario.it, 27 giugno 2022)si chiede una revisione oggettiva della responsabilità civile dei componenti degli organi di controllo delle società di capitali  in quanto vi è la “necessità di sistema che ad una sempre più ampia discrezionalità di giudizio attribuita all’organo di controllo societario finalizzata a favorire la più tempestiva emersione della crisi di una impresa, non debba corrispondere una responsabilità indiscriminatamente ampliata nel giudizio ex post che può esser dato di quell’operato”. Peraltro, tale esigenza di riforma – melius di perimetrazione – del regime della responsabilità dell’organo di controllo societario è emersa anche nei lavori Parlamentari, relativi allo schema di decreto legislativo recante modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione alla direttiva Ue 2019/1023. Le Commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno osservato come il compito di segnalare all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto per l’avvio della composizione negoziata, “rende molto incerta la responsabilità degli organi di controllo”, facendo peraltro presente che “andrebbe valutata l’introduzione di una migliore delimitazione della responsabilità degli organi di controllo, anche in ottica della riforma delle norme penali fallimentari”.

[22] Da atto di questa mutata impostazione anche la Circolare di Assonime n. 8 del 17 febbraio 2022 dal titolo “Composizione negoziata della crisi: segnalazioni dei creditori pubblici qualificati e altre misure”.

 

[23] Già in seguito all'emergenza pandemica fu previsto uno slittamento dell’obbligo delle segnalazioni di cui agli artt. 14 e 15 (M. POLLIO e S. BRAMBILLA, Crisi, procedure d’allerta pericolose come il virus, in ItaliaOggi, n. 52, del 3 marzo 2020, p.25). Ad opera dell'art. 22 del d.l. 23/2020 fu introdotto un ulteriore periodo al secondo comma dell'art. 389 del Ccii, in base al quale «le disposizioni di cui agli articoli 14 e 15, relative all'obbligo di segnalazione, si applicano a decorrere dal 15 febbraio 2021». La norma si dirigeva alle segnalazioni cui sarebbero stati obbligati i sindaci e revisori (segnalazioni interne) e a quelle a carico dei creditori pubblici.

[24] M. POLLIO, Imprese obbligate alla composizione della crisi, in ItaliaOggi, n. 140, del 16 giugno 2022, p.27.

[25] La notazione è di M. POLLIO, Alert del fisco con effetto domino, in ItaliaOggi, n. 156, del 5 luglio 2022, p.25.

[26] R. RORDORF, L’obbligo delle banche di comunicare le modifiche degli affidamenti agli organi di controllo delle società loro clienti ex art. 14, comma 4, CCII, in dirittodellacrisi, 4 maggio 2021.

[27] Sottolineava tale necessaria trasformazione S. AMBROSINI, Il (doppio) rinvio del cci: quando si scrive “differimento” e si legge “ripensamento”, in Ristrutturazioni aziendali, 22 settembre 2021, 7.

[28] Fortemente critico su questo punto F. LAMANNA, Nuove misure sulla crisi d’impresa del d.l. 118/2021: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il “de profundis” per il sistema dell’allerta, in ilfallimentarista.it, 25 agosto 2021, 2 ss.

[29] M. SCIUTO, Quel che resta degli obblighi di segnalazione nel Codice della crisi, cit.

[30] G. BALP, Early Warning Tools at the Crossroads of Insolvency Law and Company Law, in Global Jurist, 31 luglio 2018, leggibile in https://doi.org/10.1515/gj-2018-0037.

[31] S. BELLOCCHIO, Le segnalazioni operate dai creditori pubblici qualificati, in G. SANCETTA – A. I. BARATTA – C. RAVAZZIN, La nuova composizione negoziata ecc., cit., 392.

[32] Sul punto M. SCIUTO, Quel che resta degli obblighi di segnalazione nel Codice della crisi, cit.

[33] Sull’importanza dell’apparato sanzionatorio v. L. DE BERNARDIN, Le misure di allerta interna ed esterna nel nuovo codice della crisi di impresa, in Giustizia Insieme, 26 novembre 2020.