Giurisprudenza

L’art. 47, c. 4, CCII, secondo la Corte d’Appello di Milano


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Articolo

Misure protettive e cautelari nel Codice della crisi alla prova della bolletta di luce e gas


Giuseppe Limitone

Data pubblicazione
04 ottobre 2022

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Sommario: 1. Osservazioni generali. Analogie e differenze – 2. Misure selettive e contraddittorio (notifiche e poteri del giudice). – 3. La sospensione cautelare dei pagamenti o dei contratti (la bolletta della luce e del gas).


1) Osservazioni generali. Analogie e differenze.

Art. 2, co. 1, lett. p):

“p) «misure protettive»: le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza;”

Art. 2, co. 1, lett. q):

“q) «misure cautelari»: i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi o e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza;”

Da queste definizioni generali già ricaviamo alcuni tratti distintivi delle due tipologie di misure:

1a) - le misure protettive sono temporanee, durano 4 mesi (art. 55, co. 3) prorogabili al massimo a 12 mesi (artt. 8 e 55, co. 4)[2], comprensivi dei 240 gg. (ca. 8 mesi) delle misure protettive concesse nell’ambito della composizione negoziata (artt. 8 e 19, co. 5); le misure protettive perdono comunque efficacia al momento della pubblicazione delle sentenze di omologazione degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza, o se il giudice non provvede alla conferma entro trenta giorni dall’iscrizione della domanda nel registro delle imprese, ma la domanda, in quest’ultimo caso, può essere riproposta (art. 55, co. 3); nella composizione negoziata le misure protettive perdono altresì efficacia se: - il tribunale ha verificato che il ricorso non è stato depositato entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto nel registro delle imprese, ma la domanda può essere riproposta (art. 19, co. 3); - il ricorrente non ha chiesto la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato, entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto (art. 19, co. 1); - il giudice designato non ha fissato l’udienza per la conferma delle misure protettive entro dieci giorni dal deposito del ricorso, ma la domanda può essere riproposta (art. 19, co. 3)[3]; le misure protettive possono essere modificate o revocate: - su richiesta del debitore o del commissario giudiziale o, in caso di atti di frode, su istanza dei creditori o del pubblico ministero, ovvero se il tribunale accerta che le misure protettive concesse non soddisfano più l’obiettivo di agevolare le trattative (art. 55, co. 5) e, nella composizione negoziata, su istanza dell’imprenditore, o di un creditore, o su segnalazione dell’esperto, e in ogni caso a seguito dell’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, possono essere revocate le misure protettive e cautelari, o abbreviata la loro durata, quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti (art. 19, co. 6);

1b) – le misure cautelari non hanno una scadenza, ma confluiscono, venendone assorbite, nel provvedimento del procedimento in funzione del quale sono state emesse (art. 55, co. 2, u.p.);

2a) – le misure protettive possono anche essere attivate direttamente dalla parte (art. 54, co. 2), salvo conferma successiva del giudice (art. 55, co. 3), quando sono chieste con la domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale (art. 54, co. 2), come pure possono essere disposte dal giudice (artt. 55, co. 2), quando sono chieste nel corso delle trattative (art. 54, co. 3) o nel corso del procedimento (art. 54, co. 2, 3° periodo) o prima del deposito della domanda di accesso ad una procedura di composizione negoziata (artt. 17 e 18) o di preconcordato (art. 44, co. 1), previste nell’ambito dell’art. 40 (art. 54, co. 4);

2b) – le misure cautelari sono solo quelle disposte dal giudice su istanza di parte (art. 55, co. 2), nel corso del procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale o della procedura di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione soggetto ad o omologazione, anche dopo la pubblicazione dell’istanza di attivazione della composizione negoziata di cui all’art. 18, co. 1 (art. 54, co. 1), o le ulteriori misure temporanee (che possono essere sia protettive che cautelari) che il debitore può richiedere per evitare che determinate azioni di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza (art. 54, co. 2, 3° periodo), di cui in dottrina si auspica l’applicazione analogica anche alla composizione negoziata[4], che potrebbe quindi giovarsi, nel suo corso, anche di “ulteriori misure temporanee”;

3a) – le misure protettive sono tipiche, quali:

- divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari (art. 54, co. 2: norma generale; art. 18, co. 1: norma prevista per la composizione negoziata);

- sospensione delle prescrizioni (art. 54, co. 2: norma generale);

- non operatività delle decadenze (art. 54, co. 2: norma generale);

- divieto di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti senza l’autorizzazione del tribunale (art. 46, co. 5: effetto della domanda di accesso al concordato preventivo; una norma di tal genere manca in ambito generale; divieto non strettamente connesso alla finalità di protezione delle trattative, ex art. 2, co. 1, lett. p);

- divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore (art. 18, co. 1: norma prevista per la composizione negoziata);

- inefficacia rispetto ai creditori anteriori delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso (art. 46, co. 5: effetto della domanda di accesso al concordato preventivo, non strettamente connessa alla finalità di protezione delle trattative, ex art. 2, co. 1, lett. p);

- divieto di pronunciare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza (art. 18, co. 4: nella composizione negoziata; art. 54, co. 2: in generale);

- (come conseguenza delle misure protettive nella composizione negoziata) “I creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1.” (art. 18, co. 5); qui il mancato pagamento di crediti anteriori non consente la sospensione delle prestazioni da parte del contraente in bonis per il futuro, che dovranno perciò essere pagate in prededuzione dal contraente in composizione negoziata; tuttavia, “I medesimi creditori possono sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 fino alla conferma delle misure richieste.”, per cui, se le misure non sono confermate, le cose restano come erano prima della richiesta di composizione negoziata, se invece le misure vengono confermate, vale il co. 5 cit. e le prestazioni da parte del contraente in bonis debbono riprendere e debbono essere pagate in prededuzione, salvo quanto si dirà per i contratti essenziali; un’eccezione si potrebbe concepire per i contratti e le forniture essenziali, come tali non suscettibili di alcuna interruzione (v. infra);

- “Dalla data del deposito della domanda per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione disciplinati dagli articoli 57, 60 e 61 ovvero della richiesta di misure cautelari e protettive ai sensi dell’articolo 54 relative ad una proposta di accordo di ristrutturazione e sino all'omologazione, non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, numero 4, e 2545-duodecies del codice civile.” (art. 64, co. 1: negli accordi di ristrutturazione; art. 89, co. 1: nel concordato preventivo; art. 20, co. 1: nella composizione negoziata);

- “In caso di domanda proposta ai sensi dell’articolo 54, comma 3, o di domanda di concessione delle misure protettive in funzione della omologazione degli accordi di ristrutturazione, i creditori non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del deposito delle medesime domande. Sono inefficaci eventuali patti contrari.” (art. 64, co. 3: come effetto degli accordi di ristrutturazione sui contratti pendenti, qualora siano concesse misure protettive, la parte in bonis non può rifiutare la sua prestazione, che comunque dovrà essere pagata in prededuzione);

- “I creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti essenziali in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto di non essere stati pagati dal debitore. Sono essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell'impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell'attività del debitore.” (art. 64, co. 4: come effetto degli accordi di ristrutturazione sui contratti essenziali pendenti, in caso di concessione di misure protettive, la parte in bonis non può sospendere la prestazione, se non vengono pagate non solo le prestazioni anteriori, ma anche quelle future, cioè “per il solo fatto di non essere stati pagati dal debitore”, mancando nel testo di legge la precisazione che deve trattarsi di crediti “anteriori” rimasti impagati, presente invece negli artt. 18, co. 5, per tutti i contratti pendenti nella composizione negoziata, e 94-bis, co. 2, per i contratti essenziali nel concordato in continuità aziendale); così intesa la norma, benché prevista per i soli accordi di ristrutturazione, non può che essere espressione di un principio generale, stante che in nessuna procedura di risanamento sarebbe mai ipotizzabile l’interruzione (neanche per un giorno) di servizi essenziali per il normale funzionamento dell’impresa (“necessari per la continuazione della gestione corrente dell'impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell'attività del debitore”), pena il mancato successo del tentativo di risanamento;

- “I creditori non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del deposito della domanda di accesso al concordato in continuità aziendale, dell’emissione del decreto di apertura di cui all’articolo 47 e della concessione delle misure protettive o cautelari. Sono inefficaci eventuali patti contrari.”  (art. 94-bis, co. 1: nei contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale la parte in bonis non può rifiutare l’adempimento della propria prestazione, che dev’essere pagata in prededuzione);

- “Fermo quanto previsto dal comma 1, i creditori interessati dalle misure protettive concesse ai sensi dell’articolo 54, comma 2, non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti essenziali in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo in continuità aziendale. Sono essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell'impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell'attività del debitore.” (art. 94-bis, co. 2: nei contratti essenziali pendenti nel concordato in continuità aziendale, il mancato pagamento dei debiti anteriori al concordato non legittima la sospensione della prestazione da parte del contraente in bonis, ma il pagamento delle future prestazioni deve essere fatto in prededuzione);

3b) – le misure cautelari sono atipiche, quali più spesso:

- sequestro conservativo (art. 671 c.p.c.);

- sequestro giudiziario, svincolato peraltro dal presupposto tipico della controversia sulla proprietà o sul possesso (art. 670 c.p.c.);

- sospensione dei contratti (art. 97);

- scioglimento dei contratti, tenuto conto però dell’effetto definitivo che ne segue, incompatibile con la natura necessariamente reversibile della misura cautelare (art. 97);

- la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio (art. 54, co. 1: norma generale);

- la nomina di un amministratore giudiziario, non espressamente prevista dall’art. 54, co. 1 (come la nomina del custode), tanto che potrebbe ritenersi per ciò solo inammissibile, mancando il presupposto della mala gestio degli amministratori sociali, ex art. 2409 c.c., ma la dottrina ritiene che la stessa possa avere spazio come misura non sanzionatoria, concessa perciò non contro gli amministratori (cioè all’impresa come soggetto), ma a favore dell’impresa (come attività), in un’ottica quindi meramente conservativa[5];

- l’inibizione al proseguimento di specifiche azioni esecutive o cautelari;

- comunque qualunque misura che appaia, secondo le circostanze, la più idonea ad assicurare provvisoriamente l’attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza).

La dottrina ha peraltro sostenuto che anche per le misure protettive sarebbe possibile concederne di atipiche, in quanto, anche con riguardo ad esse, “non vi è un catalogo perché ciò che conta è l’efficacia, l’effettività e la strumentalità”[6].

Tutte le misure (protettive e cautelari) hanno in comune l’istanza di parte e la causa.

La causa delle misure dev’essere grandemente valorizzata ai fini della comprensione dello strumento offerto dal Legislatore, soprattutto nel caso delle misure cautelari, perché, non essendo tipicamente previste dalla legge, diventa possibile applicarle non come tali, cioè per la loro struttura (tipo), ma per il loro funzionamento, cioè se ed in quanto esse siano funzionali allo scopo perseguito in concreto del risanamento dell’impresa (“assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi o e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza”).

In altre parole, lo strumento cautelare sarà in concreto utile, a prescindere dall’eventuale tipo normativo eventualmente coincidente in astratto, se è in grado di assicurare la realizzazione dello scopo delle procedure di insolvenza e, ove lo sia, non dovrebbe sottostare ai limiti previsti dalla legge per il tipo normativo con esso eventualmente in astratto coincidente.

Le misure protettive sono efficaci se portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, perciò è previsto che il conservatore del registro delle imprese ne faccia espressa menzione, quando siano chieste insieme alla domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e della insolvenza e alla liquidazione giudiziale (art. 40, 3); similmente, nella composizione negoziata, è previsto che l’istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto (art. 18, co. 1).

Le misure protettive conservano efficacia anche quando il debitore, prima della scadenza fissata dal giudice ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. a), propone una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza diverso da quello indicato nella domanda depositata ai sensi dell’art. 44 (per l’accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza con riserva di deposito di documentazione).

Al di fuori delle procedure concorsuali, in cui i crediti di lavoro sono adeguatamente tutelati dai normali meccanismi del concorso e dalla prioritaria collocazione del privilegio di legge, oltre che da particolari disposizioni (v. gli artt. 64-bis, co. 1 e 7, 84, co. 7, 86, co. 1), i diritti di credito dei lavoratori (tenuti in particolare riguardo nella riforma, insieme con lo scopo del risanamento aziendale e, con esso, della tutela dell’impresa come cellula produttiva valoriale) sono stati esclusi dall’applicazione delle misure protettive. Questa particolare protezione del credito di lavoro è prevista infatti in modo espresso solo nel caso della composizione negoziata (art. 18, co. 3) e “nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione” (art. 54, co. 7), cioè in due situazioni in cui non si è (ancora) aperta alcuna procedura concorsuale, ed in cui gli stessi diritti di credito potrebbero essere pregiudicati dalle iniziative extraconcorsuali del debitore.

Misure protettive, includenti anche il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati, sono previste anche nel piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 70, co. 4, 5, 10), nel concordato minore (art. 78, co. 2, lett. d; art. 80, co. 5), e nella liquidazione controllata (art. 270, co. 5, che richiama l’art. 150 e le disposizioni sul procedimento unitario di cui al titolo III).

Le misure protettive sono dunque essenzialmente misure difensive dagli attacchi dei creditori ed hanno un catalogo tipico a cui fare ricorso per la scelta della misura più appropriata.

Le misure cautelari, per parte loro:

- sono misure atipiche, non catalogabili in via preventiva, analoghe ai provvedimenti adottabili ex art. 700 c.p.c.;

- hanno natura essenzialmente conservativa del patrimonio;

- non possono essere definitive e devono essere reversibili, perciò non è ammesso lo scioglimento di un contratto, che non sarebbe reversibile;

- si fondano sui presupposti di ogni cautela, cioè il fumus boni iuris (la probabile fondatezza del diritto, cioè lo realizzabilità dello scopo del risanamento) ed il periculum in mora (il pericolo che lo scopo venga vanificato per il ritardo con cui viene attuato con i normali strumenti previsti dalla legge): tali presupposti non devono essere accertati epressamente, se non implicitamente con la scelta della misura in concreto funzionale allo scopo, le cui necessità e realizzabilità sono in re ipsa, se si è ammessi ad utilizzare in concreto uno strumento di risanamento;

- devono essere proporzionate, quindi non possono andare oltre lo scopo prefisso, attribuendo vantaggi non strettamente funzionali alla parte che ne beneficia;

- possono riguardare i contratti ed i rapporti pendenti, incidendo sulle prestazioni delle parti;

- seguono il rito speciale del Codice della Crisi (artt. 55 e 19) e non quello ordinario del c.p.c.  


2) Misure selettive e contraddittorio (notifiche e poteri del giudice).

Le misure protettive e le misure cautelari non debbono riguardare necessariamente la generalità dei crediti, dei rapporti e dei creditori, infatti, nella composizione negoziata: “L’imprenditore può chiedere che l’applicazione delle misure protettive sia limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori.” (art. 18, co. 3) e “Sentito l’esperto, il tribunale può limitare le misure a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori.” (art. 19, co. 4).

Il tema delle misure selettive è rilevante, perché è collegato a quello dell’integrità del contraddittorio e della conseguente efficacia delle misure, in dipendenza della notificazione alle parti che siano da esse interessate.

A seguito della richiesta di conferma delle misure protettive e della eventuale richiesta delle misure cautelari, il tribunale deve infatti fissare l’udienza per sentire tutti gli interessati, cioè i soggetti coinvolti dalle misure, e deve indicare le migliori modalità per una celere instaurazione del contraddittorio (“Il ricorso, unitamente al decreto, è notificato dal ricorrente, anche all’esperto, con le modalità indicate dal tribunale che prescrive, ai sensi dell’articolo 151 del codice di procedura civile, le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento.”).

Dunque il tribunale deve indicare le modalità della notificazione e non i suoi destinatari, dato che, ove lo facesse, questi ultimi diventerebbero obbligatori litisconsorti e la mancanza della notificazione nei loro confronti farebbe caducare la misura richiesta.

A questo proposito, da un lato, vi è chi ritiene che le misure debbano essere specificamente rivolte a singoli creditori o controparti, e, dall’altro lato, che le misure possano operare anche erga omnes, senza uno specifico destinatario.

Invero, ove i destinatari fossero solo quelli indicati (dal ricorrente o dal tribunale), essi dovrebbero necessariamente partecipare all’udienza ed essere all’uopo avvisati.

Nel caso di misure operanti erga omnes, invece, non sarebbe necessaria la notifica a tutti i creditori, che potrebbe essere sostituita da una notizia formalmente efficace erga omnes, com’è appunto l’iscrizione della misura nel registro delle imprese.

Si consideri, invero, per le misure protettive, che esse operano sin dal giorno della loro pubblicazione (alla stregua dell’automatic stay del preconcordato preventivo[7]), per quanto debbano essere confermate successivamente, e, quindi, non possono che operare erga omnes per effetto della pubblicità.

D’altronde, le misure protettive hanno senso solo se funzionano erga omnes, non potendosi pensare che il debitore si debba attivare per chiedere questa forma di protezione nei confronti di ogni creditore che minacci l’azione esecutiva con la notificazione del precetto: la cosa sarebbe insostenibile[8].

Peraltro, in giurisprudenza è stata respinta la richiesta di estendere le misure protettive qualora l’interesse alla protezione nei confronti di un determinato creditore (non incluso tra i destinatari della notifica prescritta dal giudicante) sia sorto successivamente all’iniziale istanza di applicazione di misure protettive, per effetto della promozione di una procedura esecutiva che non era minacciata al momento dell’inizio della composizione negoziata della crisi[9].

Invero, la legge non attribuisce al giudice il potere di indicare gli specifici destinatari delle notificazioni ai fini della conferma delle misure, ma solo la modalità delle notificazioni[10], con la conseguenza che, quando il tribunale ha anche indicato i destinatari, ha poi negato la conferma delle misure protettive nei confronti dei creditori non avvisati[11].

In tal modo il tribunale si arroga un sindacato d’ufficio e senza contraddittorio con il ricorrente e con l’esperto (che pure dovrebbe essere sentito), che non trova riscontro nella legge[12].

Lo stesso provvedimento riconosce tuttavia, con un’apertura verso la tesi dell’efficacia erga omnes delle misure, che resta “fermo l’effetto protettivo già verificatosi anche nei loro confronti quanto al tempo oramai intercorso tra il deposito del ricorso e il deposito” del provvedimento, con ciò ritenendo che un effetto protettivo si possa produrre, sia pure medio tempore, anche senza alcuna specifica notificazione, solo per effetto della pubblicazione della misura.

Il medesimo tribunale, con un altro provvedimento[13], ha invece riconosciuto che “le misure protettive del patrimonio hanno ex lege effetto automatico generalizzato verso tutti i creditori, esclusi i lavoratori, a partire dal giorno di pubblicazione dell'istanza di nomina dell'esperto nel registro delle imprese”.

E’ comunque maggioritario in giurisprudenza l’orientamento che riconosce l’efficacia erga omnes alle misure protettive[14], anche sottolineando il fatto che nell’art. 55, co. 3, che si riferisce alle misure protettive di cui all’art. 54, co. 2, primo e secondo periodo (“Se il debitore ne ha fatto richiesta nella domanda di cui all’articolo 40, dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Dalla stessa data le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano e la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata.”), non è prevista alcuna udienza per la conferma delle misure, che è invece oggetto di un provvedimento emesso senza contraddittorio (“Il giudice (…) conferma o revoca le misure protettive entro trenta giorni dall’iscrizione della domanda nel registro delle imprese con decreto reclamabile”).

D’altronde, il tenore stesso della norma è che le misure, in tesi efficaci erga omnes, possono essere “limitate”, quindi si può passare da una applicazione generalizzata ad una più ristretta, e non viceversa (cioè partire da un’applicazione specifica ad alcuni creditori e poi estenderla ad altri).

Non va trascurata, infatti, la prescrizione di legge secondo cui le misure debbono essere iscritte nel registro delle imprese, realizzando così il tipico effetto della pubblicità dichiarativa che si produce con la pubblicità iscrizionale, secondo cui i fatti relativi all’impresa che sono iscritti nel registro sono opponibili alla generalità per il solo fatto dell’iscrizione, in forza della norma del Codice Civile che introduce una doppia presunzione relativa, quindi con la possibilità di fornire la prova contraria (art. 2193 c.c.: “I fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione, se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l'iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza. L'ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione non può essere opposta dai terzi dal momento in cui l'iscrizione è avvenuta.”.

Ne consegue che le misure protettive ad efficacia generale, come ad esempio il divieto di azioni esecutive e cautelari, sono già efficaci sin dalla loro pubblicazione e, se vengono confermate, rimangono efficaci anche nei confronti di chi non sia stato destinatario della notificazione relativa alla fissazione dell’udienza destinata alla loro conferma.

Peraltro, il contraddittorio è assicurato, per tutti i controinteressati, in sede (per così dire “di recupero”[15]) dell’eventuale reclamo di chi si assuma concretamente leso dalla misura.

D’altronde, l’art. 19, co. 4, stabilisce che “se le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti incidono sui diritti dei terzi, devono essere sentiti.”, ma va inteso nel senso che il soggetto inciso debba essere specificamente già individuato al momento della richiesta della misura (o della sua conferma) e che non si tratti di un generico creditore, ma, ad esempio, di chi abbia già promosso l’azione esecutiva o stia per farlo, per aver già notificato il precetto[16].

Quest’ultima norma è stata dettata per la composizione negoziata, mentre non è prevista l’instaurazione del contraddittorio per la conferma delle misure protettive richiamate dall’art. 55, co. 3, in relazione all’art. 54, co. 2, primo e secondo periodo.

Diverso discorso va fatto per tutte le misure cautelari, che possono riguardare singoli creditori o controparti contrattuali, che giocoforza dovranno partecipare al contraddittorio in udienza e dovranno perciò essere specificamente avvisati della stessa, liberi ovviamente di presenziare o meno.

Va segnalata, per i provvedimenti sulle misure protettive e cautelari, la norma relativa alla competenza, ex art. 27, co. 2, secondo cui provvede “il tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali”, cioè la sede effettiva, e quella relativa alla composizione negoziata, secondo cui la domanda per la nomina dell’esperto va presentata al “segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa”, con i disagi che si possono creare quando la sede legale non coincida con quella effettiva, peraltro con il correttivo previsto dall’art. 13, co. 7, nel caso in cui la sede effettiva sia altrove, per cui “La nomina può avvenire anche al di fuori dell’ambito regionale.”, sicché l’esperto potrà essere nominato presso la sede effettiva, a fortiori se la stessa fosse in altra provincia della stessa regione in cui si trova la sede legale con essa non coincidente.  


3) La sospensione cautelare dei pagamenti o dei contratti (la bolletta della luce e del gas).

La misura della sospensione dei pagamenti o dei contratti è senz’altro una misura cautelare, non è una misura protettiva, non avendo natura difensiva rispetto ad azioni aggressive dei creditori (cioè “per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza”).

Si è negato che la sospensione dei pagamenti, essendo riconducibile alla figura della sospensione dei contratti, possa essere utilizzata come misura cautelare nell’ambito della composizione negoziata, dovendosi ricorrere, per ottenerne l’effetto, alla fattispecie della rinegoziazione per eccessiva onerosità sopravvenuta, di cui all’art. 17, co. 5[17].

Questa lettura non è condivisibile, poiché, da un lato, la rinegoziazione è il frutto di un approccio sicuramente meno agile della misura cautelare, e potrebbe non arrivare in tempo, perciò inadatto allo scopo, e, dall’altro lato, essa presuppone sempre che si trovi un nuovo equilibrio contrattuale, cioè un diverso sinallagma funzionale inter partes, comunque equo per entrambe le parti, mentre la sospensione cautelare dei pagamenti o dei contratti può in concreto danneggiare una sola parte e quindi prescindere dalla ricerca di un diverso equilibrio contrattuale.

D’altronde, lo squilibrio contrattuale in sede cautelare è concepibile ed emerge con chiarezza dal tenore degli artt. 18, co. 5, e 94-bis, co. 2, secondo cui i creditori non possono rifiutare le loro future prestazioni al debitore per il mancato pagamento dei crediti anteriori alla pubblicazione della istanza di composizione negoziata o anteriori alla domanda di accesso al concordato preventivo in continuità aziendale.

Ne consegue che le misure cautelari non devono trovare il loro sostegno nel mantenimento di un equilibrio contrattuale.

In giurisprudenza, proprio per questo motivo, si è ammessa la sospensione dei pagamenti rateali al fisco[18], tuttavia seguendo un percorso argomentativo che non convince appieno, assimilando cioè la misura alla sospensione di un rapporto pendente, ravvisato in un “contratto di diritto pubblico” tra il fisco ed il contribuente e richiamando la norma per cui i creditori controparti non possono rifiutare l’adempimento della loro prestazione a fronte del mancato pagamento del dovuto (art. 18, co. 5).

In realtà, non è dato ravvisare alcun diretto sinallagma tra il fisco e il contribuente, sicché è arduo agganciarsi alla figura della sospensione del rapporto, e inoltre la sospensione dei pagamenti fiscali, ove ricondotta al tipo della sospensione del rapporto, potrebbe valere per i soli debiti scaduti e non anche per i pagamenti a venire (in negata tesi: a fronte di future, inesistenti, controprestazioni del fisco in un rapporto tributario che sinallagmatico non è).

Infine, se si dovesse comunque far riferimento alla figura della sospensione dei pagamenti o dei contratti pendenti (prevista dall’art. 97), che si è ritenuto in dottrina possa essere l’unico ambito di applicazione delle misure cautelari de quibus[19], si dovrebbe, comunque, ricercare un equilibrio contrattuale, nel senso che entrambe le prestazioni principali rimaste ineseguite o non compiutamente eseguite dovrebbero restare sospese, non solo una di esse, con la corresponsione di un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento[20], la qual cosa però ben difficilmente può trovare spazio in sede cautelare.

Va invece ribadito che le misure cautelari non debbono essere concesse sul presupposto di un equilibrio sinallagmatico, che invero quasi mai è realizzabile proprio in sede cautelare, in cui la misura dev’essere improntata al raggiungimento dello scopo voluto dalla legge, a prescindere dagli interessi della singola controparte, quindi tenendo conto non del singolo sinallagma, ma delle finalità specifiche ed autonome della misura, rinvenibili nel sistema normativo.

In un’altra pronuncia si è ritenuto possibile sospendere le linee bancarie autoliquidanti e le relative compensazioni (con ri.ba. ed sbf), così liberando liquidità per le finalità del risanamento aziendale, facendo aggio sull’effetto della misura cautelare di anticipare l’effetto concorsuale della “cristallizzazione del passivo”[21]: è qui evidente che la misura cautelare è stata concessa prescindendo sia dal riferimento all’art. 97, che presuppone la sospensione di prestazioni principali reciproche, assenti nel caso dei contratti bancari unilaterali, specie di quelli con unilaterale facoltà di compensazione (cc.dd. linee autoliquidanti), sia dalla fattispecie della rinegoziazione, nonché dalla ricerca di un qualsiasi nuovo equilibrio contrattuale: è stata cioè concessa perché serviva e basta, quindi con esclusivo riferimento alla causa specifica della misura cautelare (scopo del risanamento aziendale), ritenuta realizzabile mediante la cristallizzazione del passivo.

Bisogna perciò conclusivamente ritenere che la misura cautelare concedibile in materia di risanamento aziendale ha queste caratteristiche: 1) non deve essere riconducibile alla disciplina generale dell’art. 97, perché sarebbe sempre troppo sbilanciata in favore di una delle parti, cioè il ricorrente-debitore, cosa che la norma richiamata non consente; 2) la stessa cosa può dirsi della rinegoziazione nella composizione negoziata, che pure richiede la ricerca di un nuovo equilibrio contrattuale; 3) la misura cautelare ha sempre una sua propria giustificazione causale, distinta da quella di altre eventuali misure tipiche; 4) la causa autonoma della misura cautelare è quella prevista dall’art. 2, co. 1, lett. q), di “assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi o e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza;” e va misurata in concreto, ex ante, in quanto appaia secondo le circostanze la più idonea; 5) lo schema funzionale normativo più affine è quello previsto dall’art. 1322, co. 2, c.c., che prevede il riconoscimento e la protezione ordinamentale del contratto atipico (nel caso del risanamento, si tratta, invero, di misura cautelare atipica), purché sia diretto (=causa) a realizzare interessi ritenuti meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico; 6) è perciò decisiva la causa concreta della misura cautelare prescelta, cioè l’idoneità all’obiettivo del risanamento aziendale, anche se essa esula da schemi normativi noti[22].

Così ricostruita la misura cautelare nel suo funzionamento, si potranno ritenere ammissibili, sempre in via temporanea, e senza occuparsi della controprestazione (che talora è inesistente, come nel caso del rapporto fiscale):

- la sospensione dei pagamenti, anche fiscali e bancari, senza che la controparte possa sospendere la sua controprestazione, ove esistente (arg. ex artt. 18, co. 5, e 64, co. 4);

- la sospensione dei contratti, anche bancari, senza i vincoli di cui all’art. 97 (che richiede un equilibrio sinallagmatico);

- la reductio ad aequitatem dei contratti divenuti eccessivamente onerosi[23], al di fuori dei limiti di cui agli art. 97 e 17, co. 5, anche sospendendo la prestazione del solo debitore (arg. ex artt. 18, co. 5, e 64, co. 4).

Una analisi particolare merita in proposito l’art. 64, co. 4, secondo cui “I creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti essenziali in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto di non essere stati pagati dal debitore. Sono essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell'impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell'attività del debitore.”.

Tale norma non può che esprimere, a ragion veduta, un principio generale, utilizzabile anche in sede di “analogia iuris” (se non “legis”), operante anche al di fuori del caso specificamente previsto, cioè della misura protettiva applicata agli accordi di ristrutturazione, posto che i primi due commi dell’art. 64 fanno esplicito riferimento anche alle misure cautelari, non solo alle misure protettive.

Sarebbe, invero, impensabile – laddove si persegua il risanamento aziendale con uno qualsiasi degli strumenti offerti dalla legge (non solo gli ADR) - che la controparte di un contratto del debitore, in cui sia stato sospeso in via cautelare l’obbligo di pagamento delle prestazioni corrispettive, possa sospendere (anche per un solo giorno) una fornitura (ad esempio di luce o di gas), qualora questa risulti essenziale per la prosecuzione della attività aziendale.

La norma fa riferimento, infatti, nel vietare alla parte in bonis di rifiutare l’adempimento della sua prestazione, non al mancato pagamento delle prestazioni “anteriori” all’accesso allo strumento di risanamento (come espressamente detto in altre norme), ma al “solo fatto di non essere stati pagati dal debitore”, quindi anche al mancato pagamento delle bollette relative al rapporto in corso durante la procedura di risanamento o durante la composizione negoziata.

Il debitore potrà, pertanto, chiedere in via cautelare di sospendere il pagamento delle bollette anteriori e successive, senza che la controparte possa sospendere la fornitura (ad esempio di luce o di gas) per tutta la durata della cautela.    


[1] In argomento, cfr. BOZZA G., Le misure protettive e cautelari nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Ristrutturazioni Aziendali, 18.7.2021; DIDONE A., Appunti su misure protettive e cautelari nel D.L. 118/2021, in Ristrutturazioni Aziendali, 17.11.2021; MONTANARI M., Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni, in Ristrutturazioni Aziendali, 24.12.2021; CARRATTA A., Misure protettive e cautelari e composizione negoziata della crisi, in Ristrutturazioni Aziendali, 18.5.2022.  

[2] La dottrina (AMBROSINI S., Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o a una procedura  di insolvenza: iniziativa e procedimento unitario, in Pacchi S.-Ambrosini S., Diritto della crisi e dell’insolvenza, II ediz., ZANICHELLI, Bologna 2022, pagg. 141s) ha palesato il timore che detto termine sia troppo breve in relazione alle concrete esigenze del risanamento, che potrebbero risultare frustrate da una intempestiva ripresa delle azioni esecutive e cautelari dei creditori sul patrimonio del debitore ancora impegnato nel risanamento, ma che comunque il termine non sarebbe superabile neppure in via interpretativa, perché imposto dal tenore della Direttiva Insolvency n. 1023 del 20.6.2019, al Considerando n. 35: “Nell'interesse della certezza del diritto, il termine totale della sospensione [delle azioni esecutive individuali] dovrebbe essere limitato a dodici mesi.”.

[3] Su questa anomala divaricazione tra il responsabile della mancanza (giudice) e il soggetto che ne patisce le conseguenze (ricorrente), v. COSTANTINO G., Le misure cautelari e protettive, Note a prima lettura degli artt. 6 e 7 d.l. 118/2021, https://www.inexecutivis.it/approfondimenti/2021/ottobre/le-misure-cautelari-e-protettive/, pagg. 13 e 14, il quale solleva condivisibili dubbi di costituzionalità in relazione ai principi del giusto processo, ma, va aggiunto, anche per il principio di ragionevolezza. L’anomalia è solo temperata dalla possibilità di riproporre la domanda.

[4] PELLIZZATO M., L’insostenibile leggerezza delle misure protettive selettive, in Dir. della Crisi, 5.9.2022, pag. 11.  

[5] FABIANI M., Misure cautelari protettive nel codice della crisi, in I quaderni di “in executivis”, Commento al Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza, D’Arrigo-De Simone-Di Marzio-Leuzzi (a cura di), n. 3/2019, pag. 131.

[6] FABIANI, cit., pag. 133.

[7] PELLIZZATO, cit., pag. 2s.

[8] PELLIZZATO, cit., pag. 7.

[9] Trib. Milano 23.5.2022.

[10] PELLIZZATO, cit., pag. 4.

[11] Trib. Milano 24.2.2022.

[12] PELLIZZATO, cit., pag. 5.

[13] Trib. Milano 27.2.2022; v. anche Trib. Milano 26.2.2022.

[14] Trib. Firenze 29.12.2021; Trib. Padova, 25.2.2022; Trib. Salerno 10.5.2022; Trib. Padova, 20.7.2022; contra Trib. Roma 3.2.2022; Trib. Milano 24.2.2022.

[15] LEUZZI S., Cautela e protezione dell’impresa nelle procedure concorsuali, in I quaderni di “in executivis”, Commento al Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza, D’Arrigo-De Simone-Di Marzio-Leuzzi (a cura di), n. 3/2019, pag. 151.

[16] Secondo COSTANTINO, cit., pag. 14, si tratta di “tutti i creditori che abbiano esercitato o che abbiano anche annunciato, con la notificazione dell’atto di precetto, di voler esercitare azioni esecutive e cautelari e tutte le parti dei contratti dei quali l’imprenditore in crisi chiede la sospensione dell’esecuzione o la «rideterminazione» del contenuto”.

[17] Trib. Ivrea 10.2.2022.

[18] Trib. Catania 25.7.2022.

[19] COSTANTINO, cit., pag. 8, secondo cui i provvedimenti cautelari ottenibili nella composizione negoziata sono quelli diretti ad ottenere la sospensione o lo scioglimento dei contratti in corso, comunque in sintonia con quanto previsto dall’art. 97.

[20] In tale prospettiva, COSTANTINO, cit., pag. 11, ritiene che la sospensione dei contratti in corso, come misura cautelare, debba essere coordinata con le norme sulla rinegoziazione, secondo cui il contenuto negoziale può essere equamente rideterminato, assicurando un equilibrio tra le prestazioni e un indennizzo.

[21] Trib. Parma 10.7.2022.

[22] Similmente va intesa la dottrina che (riferendosi alle misure protettive e cautelari) parla di “palinsesto aperto (e non preconfezionato) purché vi sia, sempre, una rigida strumentalità con la procedura in cui si innestano” (FABIANI, cit., pag. 138), peraltro ammettendo che il debitore possa chiedere, in relazione al concordato o agli accordi di ristrutturazione, misure protettive volte ad evitare che alcuni creditori conseguano dei vantaggi in pregiudizio di tutti gli altri, e quindi, ad esempio, possa chiedere che non producano effetti, rispetto ai creditori concorsuali, atti e attività dei contraenti (potenziali creditori) che incidano sui rapporti giuridici pendenti, e ciò anche al di fuori delle inibizioni di cui agli artt. 95 e 97 (FABIANI, cit. 134).

[23] Ammessa in dottrina da COSTANTINO, cit., pag. 12, ma nei limiti della rinegoziazione, quindi con la necessità di ricercare un nuovo equilibrio contrattuale e corrispondendo un indennizzo.