, 02 gennaio 2023, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario: 1. La definizione della fattispecie della concessione abusiva di credito. - 2. Le linee guida EBA come strumento di verifica del merito creditizio alla luce dei principi sanciti dal recente indirizzo giurisprudenziale - 3. La valutazione del merito creditizio dell’impresa in crisi e la rilevanza del piano di risanamento - 4. Riflessioni conclusive e punti aperti.
Abstract: Nel corso del 2021, con due pronunzie ravvicinate (Cass., 30 giugno 2021, n. 18610 e Cass., 14 settembre 2021, n. 24725), la Suprema Corte ha ridefinito i contorni del tema della responsabilità della Banca per abusiva concessione di credito sistematizzando la definizione della “concessione abusiva di credito” rispetto a due elementi: la legittimazione all’azione e la definizione della fattispecie nel suo presupposto. Il presente contributo si concentra sul secondo elemento, ovvero la ricostruzione degli elementi precipui della diligenza professionale della Banca rispetto alla concessione di credito ad un’impresa che attraversa una situazione di crisi, seppur non deflagrata in una procedura. Particolare attenzione viene rivolta alle linee guida in materia di concessione di credito dell’EBA-European Banking Authority, individuate come una delle fonti che concorrono alla definizione di una condotta esimente dell’abusiva concessione. Si conclude che, la Banca può evitare, con buona approssimazione, di incorrere in responsabilità laddove sia in grado di provare ex post di avere valutato ex ante l’adeguatezza del piano industriale predisposto dall’impresa finanziata, anche quando già allora i margini di risanamento fossero limitati, seppur questa prova non possa essere incardinata unicamente in una valutazione meramente discrezionale ed avulsa dagli elementi condivisi cui deve ispirarsi l’operato del “Prudente ed accorto banchiere“.
1. La definizione della fattispecie della Concessione abusiva di credito
Nel corso del 2021, con due pronunzie ravvicinate (Cass., 30 giugno 2021, n. 18610 e Cass., 14 settembre 2021, n. 24725), la Suprema Corte ha segnato una pietra angolare nella ricostruzione sistematica del tema della responsabilità della Banca per abusiva concessione di credito delineando con buona precisione i contorni della sua responsabilità e sistematizzando la definizione della “concessione abusiva di credito” rispetto a due elementi: la legittimazione all’azione e la definizione della fattispecie nel suo presupposto. La discontinuità rispetto al precedente indirizzo giurisprudenziale, in un momento nel quale emergono gli effetti delle difficoltà che il sistema economico ha accumulato negli ultimi anni, lascia immaginare un profondo mutamento dei rapporti tra procedure concorsuali ed istituti bancari e l’affievolirsi di pratiche ormai diffuse, e secondo alcuni, abusate[1].
Nel corso del tempo la dottrina e la giurisprudenza hanno delineato la fattispecie atipica della concessione “abusiva” di credito in riferimento alla situazione che si verifica allorquando un finanziatore (solitamente una banca), mediante l’elargizione del credito, sostiene un’impresa già in stato di insolvenza che, successivamente, venga assoggettata ad una procedura concorsuale. Il rinvio nel tempo dell’emersione della crisi, talvolta dovuto alla mera capacità dell’impresa di tacitare i creditori più incalzanti attraverso l’utilizzo delle somme dei nuovi finanziamenti (anche incorrendo in comportamenti manifestamente preferenziali), causa un danno ai creditori dell’imprenditore, ed in particolare a quelli di grado prelatizio superiore, tratti in inganno da una prosperità artificiale, che non di rado si accompagna al forte incentivo a porre in essere scelte rischiose che connota la gestione di un’azienda divenuta fragile (il c.d. gambling for resurretion) i cui esiti avversi contribuiscono spesso a rendere una crisi solo potenziale irreversibile per il loro effetto[2].
Nella figura dell’abusiva concessione del credito si fa riferimento agli istituti di credito sulla preliminare considerazione che le banche, in ragione della specifica attività svolta, si trovino in una posizione privilegiata per valutare la solvibilità dei soggetti che richiedono il credito[3] e debbano, inoltre, osservare standard di prudenza e di diligenza adeguati allo status professionale da essi rivestito (cioè, quello riassunto dalla formula del cd. bonus argentarius o con diversa formulazione "il Comportamento Diligente dell’Accorto Banchiere”[4]). La concessione di credito da parte degli istituti bancari può infatti ingenerare nei terzi l’erronea percezione della solvibilità dell’impresa affidata, percezione dalla quale scaturiscono due scenari: da un lato l’aggravamento del dissesto (cd. danno incrementale) di una realtà a tutti gli effetti “funzionante” ma in crisi economica-finanziaria nonchè in possibile stato di decozione, dall’altro propagando agli stakeholders che operano con l’impresa il rischio latente dell’emersione della crisi (c.d. spillover effect).
A partire dalla sentenza n. 343 del 1993 della Corte di Cassazione, la giurisprudenza ha individuato gli estremi per valutare l’abusività di una concessione creditizia allorquando la banca o l’ente creditizio, pur a fronte di un cliente che versi in una instabile e precaria situazione finanziaria mantiene i fidi in essere o concede nuovi crediti. In tal caso, l’attività della banca potrà essere qualificata come un illecito civile, solo attraverso l’accertamento degli elementi costitutivi imposti dalla legge ex art. 2043 c.c. Pertanto, relativamente all’interesse leso, sebbene parte della dottrina abbia tentato di rilevare che si tratti di una fattispecie plurioffensiva, con difficoltà si riteneva di poter imputare profili di responsabilità in capo alla banca verso il debitore per il fatto di aver adempiuto un obbligo contrattuale nei suoi confronti atteso peraltro che di norma è proprio il debitore a richiedere l’erogazione del finanziamento[5]. Pertanto, nel presupposto che la concessione di credito determini unicamente l’obbligo di restituzione di capitale e interessi, la giurisprudenza è stata per lungo tempo ferma nel ritenere che il danno dovesse essere riscontrato con riferimento ai terzi creditori in considerazione della loro posizione antecedente o successiva alla concreta insolvenza del debitore, e singolarmente valutata nell’effettiva misura degli interessi patrimoniali colpiti (in sostanza nella misura della perdita monetaria sopportata). Per quanto concerne l’elemento soggettivo dell’illecito, è stato rilevato quindi che questo non possa essere delimitato solo ai casi di dolo, in quanto ci si deve riferire all’applicazione dei generali principi sull’illecito extracontrattuale che estendono l’imputazione anche ai comportamenti connotati da un elevato grado di colpa[6], ovvero “la responsabilità della banca sussiste finanche nel caso di condotta colposa dettata da errori di valutazione del finanziatore, benché non diretti a conseguire vantaggi di alcun tipo”[7].
Superando il precedente approccio giurisprudenziale, la sentenza Cass., 1° sez. civ., 30/06/2021, n. 18610, chiarisce che “"L'erogazione del credito che sia qualificabile come "abusiva", in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere egli venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l'aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell'attività d'impresa". Essendo richiesta al banchiere una particolare diligenza professionale (riassunta nella citata formula del bonus argentarius), l’elemento soggettivo dovrà essere valutato con il ricorso al criterio della diligenza professionale in riferimento alle disposizioni generali e settoriali, così come emergono dalle norme bancarie e dalle Istruzioni dell’Autorità di Vigilanza (ed in senso lato come richiamato nelle sentenze in esame alle convenzioni internazionali in materia di credito e di intermediazione finanziaria), e che si esprimono nella corretta istruttoria attinente alla valutazione della meritevolezza del sovvenuto all’erogazione del credito[8].
Specifica inoltre la Suprema Corte come “Non integra abusiva concessione di credito la condotta della banca che, pur al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi dell'impresa, abbia assunto un rischio non irragionevole, operando nell'intento del risanamento aziendale ed erogando credito ad un'impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di proficua permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite, da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito ai detti scopi".
Nella valutazione circa l’abusività del finanziamento concesso, quel che rileva dunque, non è più il fatto in sé che l’impresa finanziata sia in istato di crisi o d’insolvenza, pur noto al finanziatore, onde questi abbia così cagionato un ritardo nella dichiarazione di fallimento (rectius liquidazione giudiziale): quel che rileva è unicamente l’insussistenza di fondate prospettive, in base a ragionevolezza e ad una valutazione ex ante, di superamento di quella crisi. In sostanza, sovente il confine tra finanziamento “meritevole” e finanziamento “abusivo” si fonderà sulla ragionevolezza e fattibilità di un piano aziendale.
Concludiamo questa parte introduttiva richiamando una possibile chiave interpretativa: “Da ciò non deriva, e perché mai, che ora esista un divieto di concedere credito se non quando ciò sia motivato da un interesse generale di carattere pubblico; del tutto diversamente, esiste un divieto di concedere credito se non quando la concessione sia motivata bensì dall’interesse privato della banca, ma da un interesse che sia coerente con la sana e prudente gestione[9]”.
2. Le linee Guida EBA come strumento di verifica del merito creditizio alla luce dei principi sanciti dal recente indirizzo giurisprudenziale
Secondo lo spirito delle pronunzie del 2021 quindi la condotta del soggetto finanziatore è da ritenersi incauta allorquando essa si ponga in contrasto con gli obblighi previsti a suo carico dal sistema normativo complessivamente considerato[10]. In tale ambito assumono rilievo: (i) gli obblighi legali primari di cui all’art. 1176, comma 2, c.c.; (ii) la disciplina primaria e secondaria di settore, nonché (iii) gli accordi e le convenzioni internazionali in materia di credito e di intermediari finanziari.
Non avendo l’ambizione di approfondire in queste sede l’intera materia, e richiamando lo spirito delle sentenze richiamate, riteniamo che possa essere utile individuare quali siano gli elementi che integrano una condotta consona ai principi di sana e prudente gestione ai quali debba ispirarsi la condotta della banca chiamata a valutare la richiesta di credito, ritenendo che detta chiave interpretativa possa emergere come uno degli elementi della valutazione ex post della condotta del finanziatore bancario.
La nostra analisi parte dalla considerazione che nella valutazione del merito creditizio di un’impresa la banca debba tenere conto del rispetto dei “I principi e le regole dell’ordinamento settoriale del credito”, tra le quali ai fini della presente trattazione prendiamo in considerazione le Linee Guida Eba “Orientamenti in materia di concessione e monitoraggio di prestiti”, (rif. Guidelines EBA/GL/2020/06 del 29 maggio 2020 emanati dalla European Banking Authority), emanate nell’ottica di armonizzare i comportamenti delle banche a livello europeo: tali linee guida forniscono indicazioni in merito ai requisiti procedurali per la valutazione del merito creditizio dei clienti e per la gestione delle informazioni e dei dati necessari a questo fine[11].
Elemento di novità delle Linee Guida è la previsione di una quantità minima non vincolante di informazioni e dati che gli intermediari dovrebbero prendere in considerazione durante la fase istruttoria propedeutica alla valutazione del merito creditizio[12], che si raccomanda basata sull’interazione di 2 approcci di valutazione:
→ un approccio valutativo retrospettivo (backward-looking approach) per l’analisi dei dati e delle informazioni aziendali di carattere storico e consuntivo, con lo scopo anche di individuare eventuali correlazioni tra ambiente esterno e risultato dell’impresa;
→ un approccio valutativo prospettico (forward-looking approach) per la valutazione dei dati e delle informazioni aziendali future, nelle quali una parte rilevante è rappresentata dalla valutazione della “Fonte della capacità di Rimborso” dalla gestione ordinaria, spesso approssimata dall’EBITDA;
Riteniamo che l’approccio valutativo retrospettivo (backward-looking approach) sia di minor interesse rispetto alla fattispecie della concessione abusiva di credito, in quanto è ragionevole ipotizzare e che a fronte di un’impresa che presenti una situazione critica, anche se non ancora in crisi conclamata, la proiezione dei risultati passati sia di minimo interesse, nella considerazione che il loro valore informativo sia superato dagli eventi[13], ovvero che il consolidarsi della situazione di crisi tenda a rendere progressivamente meno rappresentativi i dati di un passato che la precede. Si sottolinea a riguardo come la situazione di crisi, che spesso rappresenta l’esito dell’accumularsi di elementi critici nel corso di più esercizi, possa diventare il metro normale dell’esercizio dell’attività di un’impresa, pur ammettendo che in situazioni particolari possano continuare a restare in attività le c.d. “zombie company”[14]: si tratta comunque di situazioni marginali, spesso intrinsecamente collegate allo specifico favor del legislatore o di gruppi di creditori intimoriti dagli effetti reputazionali dell’emersione della crisi, ma comunque di scarsa rilevanza rappresentativa rispetto alla fattispecie della concessione abusiva di credito.
In questa sede ci focalizzeremo quindi sull’approccio Forward Looking che prevede come l’impresa che richiede il finanziamento a medio lungo termine non possa prescindere dalla predisposizione di un piano economico, finanziario e patrimoniale di medio periodo (idealmente per una durata pari a quella del finanziamento richiesto), in cui sia dimostrata la necessità, la congruità e l’idoneità del finanziamento richiesto a sostenere lo sviluppo aziendale o ad integrare anche sostituendole altre poste passive, con particolare attenzione alla coerenza tra natura tecnica della linea di credito e fine dichiarato del suo impiego[15].
Assurge ad elemento centrale la “Fonte del rimborso”, ovvero il flusso di cassa generato dalla gestione operativa dell’impresa che può essere destinato al rimborso del finanziamento e l’attitudine delle poste finanziarie a questa connesse a tornare in forma liquida sulla base delle normali condizioni di mercato[16], cui corrisponde il superamento della concessione di credito esclusivamente basata sulle garanzie[17].
Constatiamo inoltre che le previsioni richiamate sono nella sostanza analoghe all’impostazione della giurisprudenza (“la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito allo scopo del risanamento aziendale secondo un progetto oggettivo, ragionevole e fattibile“), fornendo quindi un primo riscontro della correttezza del possibile percorso logico argomentativo di analisi proposto[18]: la valutazione del “Piano” richiamato dalle Linee Guida (che appare analogo al “progetto” cui si riferisce la giurisprudenza nelle sentenze del 2021) diventa tanto più importante quanto più uno dei focus della richiesta di credito sia la destinazione delle somme per rimuovere le ragioni della crisi, od almeno ad un loro parziale superamento che non le renda ripetibili nell’immediato futuro[19].
Il set informativo rispetto al quale deve essere svolta la valutazione della “Fonte del rimborso”, è dato dal Business Plan (ove non esista un Piano di risanamento come tale formalizzato), dal quale deve emergere la coerenza tra evoluzione economico finanziaria e coerenza con “la struttura organizzativa, il modello di business e la strategia aziendale del cliente[20]”. La valutazione diventa quindi tanto più difficile quanto più si allunga l’orizzonte temporale di riferimento cui l’operazione si riferisce (o alla quale si riferisce il Piano) e quanto più l’impresa è unica nel suo settore o nel suo modello di business, fatto quest’ultimo che potrebbe rendere ardua una valutazione di tipo comparativo da parte dell’intermediario.
Rispetto a questa valutazione le linee guida EBA prevedono di conseguenza il seguente richiamo: “Gli enti dovrebbero assicurare che le proiezioni finanziarie utilizzate nell’analisi siano realistiche e ragionevoli. [Omissis]. Gli enti dovrebbero valutare se tali proiezioni sono in linea con le proprie previsioni economiche e di mercato. Laddove nutrono timori sostanziali riguardo all’affidabilità di tali proiezioni finanziarie, gli enti dovrebbero effettuare le proprie proiezioni sulla posizione finanziaria e sulla capacità di rimborso dei clienti”[21].
Appare quindi a giudizio di chi scrive che nella valutazione “ex ante” delle prospettive future e della connessa congruità della Fonte del Rimborso cui la giurisprudenza richiamata in premessa si riferisce come esimente della concessione abusiva di credito, debbano essere oggetto di valutazione:
→Flussi di cassa prospettici della gestione ordinaria, o
rinvenienti dalle attività cui il finanziamento è stato finalizzato, la cui analisi
deve essere necessariamente integrata in chiave comparativa rispetto al settore
di appartenenza[22]. ;
→Il modello di business, che deve essere letto anche alla luce degli elementi che la prassi professionale ha individuato come dirimenti nella valutazione della continuità aziendale (per esempio le previsioni del Principio di Revisione ISA 570);
→nel caso di impresa che presenti alcuni dei sintomi dello stato di crisi, anche solamente in nuce,l’intrinseca coerenza tra le differenti azioni ipotizzate (alcune delle quali nel breve periodo alternative tra di loro) e la concreta capacità del Business Plan (ove non esista un Piano di Risanamento come tale identificato) a rimuovere le ragioni della crisi, od almeno ad un parziale superamento che non le renda ripetibili nell’immediato futuro[23];
→la valutazione secondo la diligenza richiesta all’operatore professionale della coerenza intrinseca tra le informazioni presentate dal BP (o dal piano di risanamento) e le fonti di conoscenza che l’intermediario finanziario possiede in ragione sia della sua attività (si pensi alle informazioni desumibili sul portafoglio clienti sulla base dell’analisi del processo di smobilizzo dei castelletti autoliquidanti), sia in termini di notizie che l’intermediario deve comunque valutare nella misura in cui queste sianorivelatrici dello stato di decozione dell’impresa[24].
Richiamando quanto evidenziato in precedenza (“…abbia assunto un rischio non irragionevole, operando nell'intento del risanamento aziendale ed erogando credito ad un'impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di proficua permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite, da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito ai detti scopi") il Piano (sia esso il BP od un vero e proprio Piano di Risanamento) deve essere valutato alla luce della Diligenza Professionale e dello Scetticismo Professionale (“doveri primari di una prudente gestione”), rispetto alle seguenti aree di attenzione:
→ “sulla base di documenti, dati e notizie acquisite” che focalizza l’attenzione della banca sulla qualità delle informazioni e della documentazione fornita, ma anche del processo che ha contribuito alla loro raccolta, e messa a disposizione del soggetto finanziatore[25]. Si ribadisce come la banca abbia in ragione della sua attività specifica accesso privilegiato ad informazioni andamentali (ad esempio: gli incassi e pagamenti, i tempi medi di pagamento del portafoglio allo sconto, la distribuzione degli insoluti per categorie omogenee di clienti, ecc) che devono essere lette anche nella loro dinamica comparativa rispetto alle risultanze della Centrale dei Rischi (onde evitare effetti di bias selettivo), ed inoltre attraverso il confronto tra i saldi di bilancio e con il contenuto della nota integrativa[26];
→l’Adeguatezza degliAssetti organizzativi e la competenza funzionale dei soggetti che sono intervenuti nel processo di definizione della documentazione e del BP, alla luce dell’organizzazione del soggetto che richiede il finanziamento e sulla base di una congruità tra il contenuto del documento e la qualifica dei soggetti che hanno concorso alla sua redazione[27];
→ “utilizzare il credito allo scopo del risanamento aziendale secondo un progetto oggettivo, ragionevole e fattibile”, che richiama innanzitutto la valutazione, sulla base delle linee fornite in primis dalle scienze aziendali (e dalla prassi professionale), della congruità intrinseca delle finalità del credito come strumento effettivamente finalizzato al superamento della crisi rispetto alla sua forma tecnica[28].A riguardo emerge il problema di una valutazione particolarmente delicata, poiché mentre la banca è chiamata a fornire la sua valutazione ex ante, l’eventuale valutazione a posteriori della sua condotta non potrà non essere influenzata dagli eventi successivi, ed in particolare da una crisi che ormai deflagrata che si è riflessa nella chiamata in giudizio della banca che aveva concesso il credito[29].
La previsione delle Linee Guida EBA che la Banca effettui una valutazione realistica della fattibilità del business plan, considerando anche la sua coerenza con la situazione macroeconomica e con l’evoluzione del mercato di riferimento, nonché con le conoscenze, l’esperienza e la capacità dell’imprenditore di gestire le operazioni aziendali e le attività o gli investimenti legati al finanziamento a medio lungo termine richiesto[30] sembra a nostro parere rappresentare una possibile chiave valutativa della diligente professionalità e prudenza nella concessione del credito richiesta dalla richiamata giurisprudenza.
Autorevole Dottrina ha rilevato a riguardo come detta esigenza di professionalità «richiede che, nella formulazione delle proprie valutazioni, la banca proceda secondo lo standard di conoscenze e di capacità, alla stregua della diligenza da parte dell’operatore professionale qualificato, e ciò sin dall’obbligo ex ante di dotarsi dei metodi, delle procedure e delle competenze necessari alla verifica del merito creditizio»[31], considerazione che richiama l’insieme di norme e regolamenti che presiedono all’organizzazione della funzione creditizia. Detto processo si estrinseca anche, e non solo, nella definizione di strutture organizzative, processi interni e meccanismi di monitoraggio concomitante e conseguente che investono tutta la banca, ma rispetto alle quali particolare attenzione deve essere rivolta alle strutture deputate alla valutazione delle posizioni a rischio di insolvenza[32], almeno rispetto ai seguenti elementi di attenzione:
i) assenza di incentivi di natura monetaria o non monetaria per il soggetto chiamato a formulare la valutazione creditizia rispetto all’esito della stessa, anche per i connessi rischi di Moral hazard propri della funzione;
ii) estraneità del valutatore (o del deliberante) nella racconta o conferma degli elementi alla base del giudizio, ed impossibilità “tecnica” della funzione commerciale o di front office proponente di modificare direttamente in tutto od in parte detti elementi successivamente alla proposta e comunque nel corso dell’istruttoria creditizia;
iii) impossibilità per i soggetti che partecipano al processo di valutazione creditizia di intervenire attraverso c.d. override sui risultati nei sistemi aziendali di rating creditizio, prevedendo che questa debba essere sempre e comunque attribuita ad un soggetto gerarchicamente superiore a quello cui gli effetti dell’override sono destinati;
Concludendo riteniamo che dall’applicazione dei principi delineati dalle linee guida emerge in capo al finanziatore l’obbligo di rispettare il principio di c.d. sana e corretta gestione che permea l’intero ordinamento bancario e impone alla Banca di verificare il merito creditizio del cliente che abbia richiesto un finanziamento sulla base di adeguate informazioni che spetta al finanziatore stesso reperire ed anche verificare, sulla base della diligenza sin qui descritta ed attraverso la creazione di chinese walls tra le differenti funzioni in ottica di minimizzazione del moral hazard.
3. La valutazione del merito creditizio dell’impresa in crisi e la rilevanza del Piano di Risanamento
Osserva, la Suprema Corte nella citata pronunzia n. 24725 del Settembre 2021, come “dal sistema normativo nel suo complesso emerga la rilevanza primaria per l’ordinamento dell’obbligo di valutare con prudenza, da parte dell’istituto bancario, la concessione del credito ai soggetti finanziati, in particolare ove in difficoltà economica. L’erogazione del credito che sia qualificabile come ‘abusiva’, in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere egli venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa”.
La Suprema Corte sembra evidenziare come i finanziamenti erogati ad imprese in crisi (“difficoltà economica“) non siano di per sé illeciti, pur nella constatazione che il confine tra finanziamento lecito ed illecito è sovente labile nella realtà operativa; la linea di demarcazione è individuabile qualora la concessione del finanziamento non alteri la correttezza delle relazioni di mercato[33]. D’altro canto la possibilità, ed anche ci sia concesso, il favor del legislatore, nei confronti dei finanziamenti destinati a sostenere le imprese nella fase di crisi, od avviate sul percorso di uscita da questa, appare consolidato alla luce del percorso evolutivo dell’ultimo decennio[34].
La Suprema Corte appare consapevole della complessità della scelta del “buon banchiere”, “stretto com’è tra il rischio di mancato recupero dell’importo in precedenza finanziato e la compromissione definitiva della situazione economica del debitore, da un lato, e la responsabilità da incauta concessione di credito, dall’altro lato” e demanda agli organi giudicanti di merito il compito di valutare se la Banca, nella concessione del finanziamento in favore dell’impresa, abbia (a parte il caso di eventuale dolo) agìto con imprudenza, negligenza, violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline, o abbia viceversa, pur nella concessione del credito, agito con ogni dovuta cautela, al fine di prevenire l’evento.
Tale “esimente” ricorrerà ove l’organo giudicante, ad esempio, accerti che la Banca abbia operato nell’intento del risanamento aziendale, erogando credito ad impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di razionale permanenza sul mercato. La valutazione ex ante dovrà essere integrata, in questa precisa fase storica, dalla consapevolezza che il ripetersi di “crisi esogene all’impresa”[35] impone notevole prudenza nella valutazione ex post dei risultati del business plan, perché altrimenti la crisi stessa successiva all’erogazione del credito diventerebbe prova dell’irrealizzabilità del piano prospettato a prescindere dagli eventi esogeni ed imprevedibili che ne hanno compromesso la realizzazione[36].
La legittimità della condotta della Banca nella concessione di credito ad un’impresa in difficoltà presuppone, quindi, il compimento da parte della medesima di una valutazione preventiva da cui sia possibile desumere ragionevoli prospettive di risanamento in capo al soggetto richiedente il finanziamento; tale valutazione ex ante dovrà essere effettuata, “sulla base di documenti, dati e notizie acquisite”, da cui possa in buona fede desumersi la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito allo scopo del risanamento aziendale, secondo un progetto oggettivo, ragionevole e fattibile.
La valutazione del piano industriale eseguita in conformità al principio generale di “ragionevolezza” assurge, dunque, ad elemento dirimente al fine di escludere l’eventuale responsabilità della Banca per incauto affidamento di credito ad un’impresa in difficoltà economico finanziaria. La ragionevolezza deriva dal fatto che l’apporto finanziario costituisce spesso l’unico modo per perseguire un progetto di ristrutturazione dell’impresa che l’ordinamento ritiene meritevole, in quanto volto a determinare il risanamento e a conservare il valore della stessa[37], anche attraverso il ripristino o la reintegrazione degli elementi che la prassi professionale e le scienze aziendali hanno individuato come indice di ragionevole continuità aziendale[38]. In questa prospettiva, il rapporto finanziario fra la banca e l’imprenditore che accede alle soluzioni negoziali della crisi configura, non già un negozio bilaterale lesivo dei terzi creditori, bensì l’apporto di un vantaggio per questi ultimi, che rimarrebbero meno soddisfatti nel caso in cui si percorressero le altre soluzioni concretamente praticabile[39]. Considerato quanto rilevato sin qui, appare evidente che un problema che rimane aperto e attiene all’esistenza di spazi entro cui individuare una responsabilità in capo al finanziatore per concessione abusiva di credito nel caso di insuccesso di un percorso di risanamento sfociato però in una procedura di liquidazione giudiziale.
Infatti, per quanto concerne l’elemento oggettivo, questo non potrà più essere ricercato nel comportamento che induce il terzo ad una percezione di normale solvibilità, ma nell’indurre a fare affidamento su un risanamento od una ristrutturazione che trovi fondamento in un piano dolosamente o colposamente inattendibile[40]. Appare evidente che sul banchiere finanziatore del piano incombe, quantomeno, un obbligo di diligente valutazione professionale di quella attuabilità e fattibilità, e una particolare responsabilizzazione nei confronti degli altri creditori e di terzi, potenziali contraenti dell’imprenditore in crisi, nel sostenere il piano di risanamento e/o di ristrutturazione.
Sembra allora opportuno puntualizzare che, nella contemplazione del comportamento professionale dell’impresa del credito, il piano attestato dal professionista non può – in sé stesso – sostituire un’assente, o deficitaria, valutazione del merito del credito, né quest’ultima di certo potrebbe ridursi in una piatta, acritica, adesione dei contenuti di un piano attestato[41].
Sicché la responsabilità della banca deve essere sempre affermata nel caso in cui essa abbia agito con dolo, cioè quando si dimostri che essa era a conoscenza, sin dall’origine, dell’irrealizzabilità del piano, nonostante l’avvenuta attestazione di fattibilità (finanche in ipotesi di intervenuta omologazione), ovvero in tutti i casi nei quali la diligenza richiesta, e l’applicazione dei principi individuati come intrinsecamente connessi alla condotta del Bonus Argentarium avrebbero suggerito maggior prudenza nell’erogazione del credito, seppur ricordando sempre che “ le valutazione sull’operato degli amministratori dovranno essere sempre rispettose della business judgement rule, anche nelle situazioni di crisi, è auspicabile che il comportamento delle banche sia a sua volta vagliato secondo un obbiettivo apprezzamento ex ante del contesto di un tentativo di ristrutturazione”[42]. Riteniamo che la citata responsabilità possa scaturire in parte anche dalla mancata valutazione di quei dati e quelle informazioni andamentali per loro stessa natura nell’immediata disponibilità della banca (ad esempio: gli incassi e pagamenti, i tempi medi di pagamento del portafoglio allo sconto, la distribuzione degli insoluti per categorie omogenee di clienti, ecc). Parimenti ci sembra di poter asserire che un BP le cui ipotesi prospettiche siano in evidente discontinuità con l’andamento precedente dovrebbe indurre specifici approfondimenti e richieste di chiarimenti, volte a verificarne l’effettiva ragionevolezza soprattutto quando riferiti ad eventi solo possibili nella loro realizzazione.
La valutazione ex ante del contesto di un tentativo di ristrutturazione pone il soggetto che lo valuta spesso di fronte a quello che autorevole dottrina ha definito “il dilemma del buon banchiere”, proprio per l’aleatorietà connaturata ai possibili esiti del percorso di ristrutturazione, e per la frequente celerità di risposta che il piano può richiedere[43].
L’introduzione all’interno dell’ordinamento della Composizione Negoziata della Crisi, con la previsione di una verifica della perseguibilità per piano ivi presentato in sede di conferma delle misure protettive fornisce alcune ulteriori indicazioni giurisprudenziali circa le caratteristiche ed il contenuto del piano nel caso si imprese in una situazione di crisi non conclamata, che integrano ulteriormente le fonti a disposizione del creditore avveduto nella valutazione ex ante richiesta, e delle quali sarà utile tenere conto per i tempi a venire.
Da un lato è stato ripetutamente sottolineato come “il risanamento (omissis) deve consistere in un reale superamento della crisi finanziaria ed industriale, che consenta di mantenere la continuità aziendale, mentre non consiste in soluzioni che comunque conducano alla liquidazione dell'impresa[44]”, impostazione, confermata anche da altre pronunce giurisprudenziali[45] e che ribadisce quanto già rappresentato.
Dall’altro, in via del tutto eventuale una prima, seppur parziale, controverifica della valutazione effettuata dalla banca potrebbe essere ulteriormente rappresentata dal test pratico che consente a ciascuna impresa di verificare la sua attuale situazione e la ragionevole perseguibilità del risanamento[46] introdotta con l’art. 3, c.2, D.L. n. 118/2021 introducendo un altro importante elemento di novità che agevola la valutazione del “rischio ragionevole” della concessione, e che potrebbe costituire una delle strategie processuali introdotte in sede di giudizio ex post[47].
La verifica ex ante che viene richiesta alle banche si incardina quindi in un insieme di fonti di natura diversa, nelle quali un ruolo preminente potrà essere riservato alle citate Linee Guida EBA, ma nella considerazione che permane sempre una discrezionalità tecnica, non assoluta, ma fondata su un insieme di valutazioni e check and balance che trovano il loro fondamento nei principi e nelle regole che presidiano l’ordinamento del credito, e che dovranno di volta in volta essere esperite rispetto ai casi concreti[48].
4. Riflessioni Conclusive e Punti Aperti
La Suprema Corte sembra ben comprendere (anche se non è stato oggetto della presente disamina) che la legittimazione autonoma del curatore ad agire nei confronti della Banca può aprire un ampio e articolato fronte di iniziative giudiziarie ed individua una preziosa contromisura idonea a paralizzare l’eventuale promozione “a tappeto” di cause civili, volte spesso ad integrare attraverso accordi transattivi l’incapiente attivo concorsuale[49].
Nella fase in cui la crisi mostra i primi segnali, ma non diventa conclamata, si appalesa l’acuta tensione fra due esigenze, spesso percepite in chiave antitetica come un gioco a somma zero, ma che invece dovrebbero, per contro, coordinarsi nel superiore interesse della buona riuscita del piano di risanamento: l’esigenza della banca di assumere tempestivamente le necessarie iniziative a tutela delle proprie ragioni di credito e la consapevolezza che il denegato accesso a queste facilitazioni creditizie rischia di provocare l’interruzione dell’attività d’impresa o di pregiudicarne il processo di risanamento o la miglior liquidazione nell’interesse dei creditori[50]. Nell’esperienza pratica infatti i primi segnali della crisi, ove acriticamente collegati ad un’immediata revoca degli affidamenti, che spesso si accompagna a più stringenti condizioni di pagamento richieste dai fornitori con maggior potere contrattuale, condurranno quasi sicuramente ad un acuirsi della crisi stessa, dando sostanza a quella che la dottrina ha definito “una profezia che si auto avvera”.
In questo contesto, la Banca può evitare, con buona approssimazione, di incorrere in responsabilità laddove sia in grado di provareex post di avere valutato ex ante l’adeguatezza del piano industriale predisposto dall’impresa finanziata, anche quando già allora i margini di risanamento fossero limitati, seppur questa prova non possa essere incardinata unicamente in una valutazione meramente discrezionale ed avulsa dagli elementi condivisi cui deve ispirarsi l’operato del “Prudente ed accorto banchiere”.
Diviene strategico per il ceto bancario dotarsi di documentati processi valutativi riguardanti la fattibilità delle assumption contenute nei piani industriali predisposti dal cliente, attraverso l’acquisizione di documenti, notizie, ed ove possibile, valutazioni di propri advisors esterni rispetto alle situazioni maggiormente complesse, che comprovino un operato ispirato alla diligente prudenza del banchiere professionale, seppur nel percorso strettissimo di un equilibrio costi-benefici sempre più stringente per le banche commerciali.
In assenza di ciò, ed in difetto di una congrua allegazione documentale in sede contenziosa e prima dell’indicazione dei consulenti tecnici, il rischio concreto è che le procedure concorsuali cerchino legittimamente di pescare nelle deep pocket degli istituti bancari, avvantaggiandosi anche degli effetti, che qui possiamo solo richiamare, di una notevole riluttanza dei creditori bancari ad incorrere in contenziosi dall’esito incerto ma carichi di rilevanti rischi economici e non ultimo reputazionali, quest’ultimi da leggersi anche in chiave di rispetto dei parametri ESG.
[1]“I curatori fallimentari, quindi, “orfani” ormai, o quasi, della revocatoria fallimentare, sono stati, fino alla pronuncia della Suprema Corte, fatalmente spinti a tentare di percorrere, al fine di impinguare gli attivi delle procedure, proprio la strada di azioni risarcitorie e, in particolare, quelle nei confronti delle banche in relazione al credito concesso o mantenuto al debitore nell'imminenza del fallimento.“ BOCCHINI R., La concessione abusiva del credito nell’epoca post pandemica: modello predittivo o fallibilità umana?, Rivista di Diritto Bancario, Aprile/Giugno 2022, pag. 237.
[2] LONGHOFER, S. D., e C. T. CARLSTROM “Absolute Priority Rule Violations in Bankruptcy.” Federal Reserve Bank of Cleveland Economic Review 31 (4): 21–30 (Q4), 1995. Il gambling for resurrection potrebbe essere tradotto con la locuzione “cercare di sopravvivere giocandosi il tutto per tutto”. Più nello specifico ci si riferisce a quei contesti nei quali rispetto ad un dato progetto l’allocazione dei benefici (per quanto improbabili) è completamente diversa da quella dei risultati negativi (altamente probabili), ma un soggetto decide comunque di intraprendere il progetto in quanto destinatario dei benefici. In situazioni di crisi è per esempio il caso degli amministratori che intraprendano investimenti finanziari estranei all’attività di impresa al fine di garantirsi bonus “legittimi”, oppure di imprese che diversificano in settori contigui nella speranza di future operazioni straordinarie, ecc. In questi casi gli amministratori ed i soci potrebbero giocarsi “il tutto per tutto” contando sul fatto che essendo la società ormai avviata ad una crisi irreversibile eventuali risultati positivi andrebbero principalmente a loro vantaggio, mentre, soprattutto se e nella misura in cui possano opporre in sede concorsuale limitazioni della propria responsabilità patrimoniale, gli esiti negativi verrebbero di fatto scaricati sulla massa concorsuale, venendo la loro perdita limitata alla perdita dell’intero capitale ma non altro. Si veda sul tema il contributo di BEBCHUK, L. A. “Ex Ante Costs of Violating Absolute Priority in Bankruptcy” CEPR Discussion Paper No. 2914, Centre for Economic Policy Research. Più in generale in tema di teoria dell’impresa e del rapporto tra azionisti, manager ed altri stakeholders aziendali, ci si riferisce al lavoro fondante di JENSEN M.C., e W. H. MECKLING “Theory of the Firm: Managerial Behavior, Agency Costs and Ownership Structure.” Journal of Financial Economics 3 (4), 1976, Pagg. 305–360 (Ottobre).
[3] STIGLITZ J. E. e A. WEISS „Credit Rationing in Markets with Imperfect Information“ The American Economic Review, Vol. 71, No. 3. (Giugno 1981), pagg. 393-410
[4]Cassazione 12.10.1982 n. 5267.
[5] BIONDONI M. “Gli incerti confini della concessione abusiva del credito”, in Dir. bancario, 2018.
[6] FRANCHI A. La responsabilità delle banche per concessione «abusiva» del credito, cit., 593; NIGRO A., La responsabilità della banca nell’erogazione del credito, cit., 246. Ed anche NIGRO A. La responsabilità della banca nell’erogazione del credito alle imprese in «crisi», Giur. Comm., 2011, pag. 219; INZITARI B., Le responsabilità della banca nell’esercizio del credito, 276. Rivista di Diritto del Risparmio – fascicolo 2/2021 presuppone la valutazione del merito creditizio dell’impresa richiedente, la cui omissione o superficiale esplicazione implicherebbe potenzialmente la inescusabile violazione dei canoni di diligenza in cui si concretizza l’elemento soggettivo della colpa grave.
[7] BOTTAI L.A: “L’abusiva concessione di credito alle imprese in crisi e la loro gestione in tempi di emergenza Covid”, in BOTTAI L.A. e A. GALLOTTA, “I finanziamenti alle imprese in crisi”, Giuffrè Francis Lefebvre, 2021.
[8] È la diligenza a definire il comportamento dell’agente e delimitare, a contrario, l’antigiuridicità in caso di inosservanza delle norme bancarie e delle Istruzioni dell’Autorità di Vigilanza. La valutazione del rispetto delle regole richiamate consente di valutare il comportamento che nella specie doveva essere tenuto dalla banca alla luce della conoscenza o della conoscibilità dello stato di insolvenza dell’impresa finanziata. L’ipotesi di responsabilità si colloca insomma nell’ambito della colpa specifica ed è «facilmente individuabile nella violazione delle norme (...) create proprio al fine di agevolare lo scoring delle domande creditizie ed il monitoring delle posizioni» SARTORI, F. “Deviazioni del bancario e dissociazione dei formanti”, in Giustizia Civile, n. 3, pag. 591, del 2015.
[9] MAFFEIS D. “L’ufficio di diritto privato della banca e la concessione di credito abusiva, o imprudente”, in Dirittobancario.it, del 10 novembre 2021.
[10] Sul punto di veda DELLE MONACHE S. “Concessione abusiva di credito e legittimazione del curatore” Il Fallimento, 11/2021 pagg. 1329-1344.
[11] GUIOTTO A. “Il finanziamento bancario e i rapporti tra banca e impresa”, Il Fallimento 10/2021 pag. 1199.
[12] DE VINCENTIIS P., “Le nuove linee guida dell'EBA in merito di affidamento e monitoraggio dei prenditori. Aspetti tecnici e ricadute sugli istituti di credito”, in Diritto ed Economia dell’Impresa, n. 3 del 2021, pag. 407 segg. Si veda anche BOCCHINI R., op. cit. pag. 257.
[13] BRODI E. “Tempestiva emersione e gestione della crisi d’impresa. Riflessioni sul disegno di un efficiente «sistema di allerta e composizione” Questioni di Economia e Finanza, N. 440, Giugno 2018, pag. 25.
[14] Si definisce come “Zombie Company” un’impresa che non è in grado di coprire il debito (inteso come pagamento di capitale ed interessi) a valere dei flussi di cassa ordinari, e che nonostante questo permane in attività per motivi regolamentari, legislativi o semplicemente per la convenienza dei suoi creditori a procrastinarne la continuità aziendale. R. BANERJEE, B. HOFMANN, „The rise of zombie firms: causes and consequences”, BIS Quarterly Review, Settembre 2018.
[15] Linee Guida EBA, Par. 5, c. 86, a.
[16] Per una ricostruzione teorica si vedano BESTER, H. e HELLWIG, M. “Moral Hazard and Equilibrium Credit Rationing: An Overview of the Issues“. In: BAMBER G., SPREMANN, K. (eds) Agency Theory, Information, and Incentives. Springer, Berlino 1987.
[17]E’ fatto salvo il caso in cui il fine del finanziamento sia quello di realizzare il bene oggetto di garanzia in vista di una sua cessione a terzi, come nei finanziamenti immobiliari a SAL. Per una ricostruzione generale del tema del rapporto tra credito e garanzie si vedano: BERGER A.N e UDELL G.F “Collateral, loan quality and bank risk”, Journal of Monetary Economics Volume 25, F. 1, Gennaio 1990, Pagg. 21-42.
[18] In proposito, Campobasso M. secondo il quale non è possibile stabilire ex ante, in via astratta e generale, il livello di indebitamento massimo sopportabile da un’impresa senza che fallisca, poiché si tratta di circostanza accertabile solo analizzando tutte le peculiarità del caso concreto – tra cui l’ammontare dei debiti, la capacità redditizia, la struttura dei costi, il tipo di attività svolta, le prospettive generali del mercato – con valutazione compiuta da analisti che assegnano un giudizio al merito creditizio di un debitore (rating). Perciò, ai fini dell’applicazione della norma in commento, sono utilizzabili come elementi di prova i rating assegnati al debitore da banche o società indipendenti, formulati su adeguate informazioni, secondo principi generalmente accettati. Campobasso M. “La postergazione dei finanziamenti dei soci”, in Dolmetta A.A. e Presti G. (a cura di), S.r.l. Commentario dedicato a G.B. Portale, Milano, 2011, pag. 239 ss..
[19] Riprendiamo in questo senso l’approccio evidenziato laddove si asserisce che “Se la cautela e la rigorosa applicazione delle Linee Guida dell’EBA in termini di vigilanza prudenziale appare lodevole e persino ovvia nel caso di imprese in stato di insolvenza reversibile o di accesso alle misure protettive” PanzaNI L. “Stagflazione, guerra, pandemia: il Codice della crisi alla prova dei fatti”, in Diritto Della Crisi, 2 Dicembre 2022.
[20] Linee Guida EBA, Par 5, c. 144, lettera b.
[21] Linee Guida EBA, Par 5. C. 129.
[22] Si pensi, a mero titolo esemplificativo, al mai sopito tema del Business Plan nel quale le condizioni di incasso e pagamenti delle operazioni ordinarie commerciali appaiano ictu oculi incoerenti con le prassi di settore, e ciononostante dette condizioni vengano confermate in sede di presentazione del BP.
[23] In questo senso si può leggere il principio “6.4.1. L’Attestatore deve verificare che le ipotesi afferenti alle grandezze economiche e finanziarie del Piano siano compatibili con le ipotesi strategiche formulate” di cui al Documento CNDCEC, Nuovi Principi di Attestazione dei Piani di Risanamento, versione 2020.
[24] In questo senso sia Cassazione, 15/02/2016 n. 2916 ed anche Cass. 11695 del 14/05/2018 e più recentemente Cassazione n. 23650 del 31/08/2021. Si veda inoltre il principio 6.4.4. Documento CNDCEC, Nuovi Principi di Attestazione dei Piani di Risanamento, versione 2020, laddove si prevede che “Le ipotesi a fondamento delle previsioni dei flussi economici e finanziari devono manifestare evidenze in termini di coerenza esterna. Le ipotesi riguardanti le grandezze economiche e finanziarie devono trovare riscontro in fonti esterne sufficientemente attendibili (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, ricerche accademiche, note società di ricerca e di consulenza)”. Sul tema si vedando anche QUATTROCCHIO L.M. e F. Bellando, “Profili concorsuali della concessione abusiva del credito”, in Diritto ed Economia dell’Impresa, n. 3 del 2021, pagg. 430 segg..
[25] Rinaldi P. “La composizione negoziata della Crisi ed i rapporti con gli intermediari creditizi”, Rivista Ristrutturazioni Aziendali, 9 Settembre 2021, pag. 2.
[26] Nella sentenza Corte. Appello Firenze 11.11.2019 la corte ha indicato “nella centrale dei rischi e nei bilanci societari - con “eventuali note esplicative dell’amministratore” in caso di incongruenze od incompletezze, le fonti informative dalle quali gli istituti di credito possono e debbono trarre dati sui richiedenti. Con formulazioni analoghe la dottrina ha parlato di “È necessario, in altre parole, fare riferimento alle condizioni conosciute o conoscibili nel momento in cui il credito è stato erogato”, in QUATTROCCHIO L.M. e F. Bellando, op. cit. pag. 430. Si veda anche BOCCHINO R., op. cit. pag. 257.
[27] Bastia P. e Ricciardiello E, “Gli adeguati assetti organizzativi funzionali alla tempestiva rilevazione e gestione della crisi: tra principi generali e scienza aziendalistica”, Banca Impresa e Società, 2020, 3, pag. 348.
[28] FALCONE G, “Concessione Abusiva di Credito e concorso della banca nel ricorso abusivo al credito”, pag. 825. L’esperienza operativa ci porta a ritenere come uno dei primi indici di anomalia nella concessione di un credito in una situazione di pre-crisi sia rappresentato da una forma tecnica funzionalmente non congrua, come potrebbe essere il mutuo a sostegno della liquidità senza periodo di pre-ammortamento.
[29] DEL PORTO R. “ Brevi Note in tema di Concessione Abusiva di credito”, in Ristrutturazioni Aziendali, 3 ottobre 2022. Rilevano al riguardo le seguenti note estrapolate dal citato documento CNDCEC “6.8. Il giudizio di fattibilità 6.8.1. Il giudizio di fattibilità si sostanzia in una valutazione prognostica circa la realizzabilità dei risultati attesi riportati nel Piano in ragione dei dati e delle informazioni disponibili al momento del rilascio dell’attestazione. 6.8.2. La qualità del giudizio di attestazione non può essere valutata negativamente ex post a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi indicati nel Piano. Infatti, gli obiettivi possono non essere stati conseguiti per effetto della normale incertezza di ogni attività d’impresa, nonché di accadimenti imprevedibili, eventi, fatti e circostanze non conoscibili alla data dell’attestazione o di mancata implementazione del Piano da parte dell’azienda. Viceversa, la valutazione del lavoro dell’Attestatore deve essere svolta, in un ambito di ragionevolezza della previsione, con riferimento ai dati ed alle informazioni disponibili alla data di sottoscrizione della relazione.”
[30] Sul punto di veda DELLE MONACHE S. “Concessione abusiva di credito e legittimazione del curatore” Il Fallimento, 11/2021 pagg. 1329-1344, laddove commentando l’evoluzione giurisprudenziale in tema di concessione abusiva di credito sottolinea la difficoltà ricostruttiva del concetto di “la “ragionevolezza e fattibilità” - per riprendere il linguaggio della Corte - del piano aziendale, come criterio scriminante tra finanziamenti non abusivi e, per contro, abusivi, soprattutto alla luce di una valutazione che sarà sempre ex post, e quindi risentirà del giudizio sugli esiti di quei piani. Analoga posizione è espressa da Boccuzzi G., allorquando sottolinea come “Si tratta di valutare approfonditamente la natura del Cliente, la validità del suo business, la correttezza delle relazioni d’affari, i progetti e le potenzialità di crescita, la redditività di lungo periodo, elementi questi che assumono particolare rilievo anche al fine di attenuare gli effetti della crisi finanziaria sull’economia reale, e la pro-ciclicità della regolamentazione prudenziale”, cit. pag. 117.
[31] DOLMETTA A.A. „ Merito del credito e concessione abusiva. Dopo Cass. n. 18610/2021”, in Rivista di Diritto bancario, 8 Ottobre 2021.
[32] BOCCUCCI G. „Crisi d‘impresa ed Attività Bancaria”, Cacucci, 2012, pag. 110 e segg..
[33] “La corte afferma pertanto, con apprezzabile chiarezza, che le banche: i) possono supportare finanziariamente anche imprese in crisi; ii) possono farlo anche al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi di impresa; iii) e ciò “sino al limite, tuttavia, in cui tali condotte finiscano per alterare – con colpa o dolo – la correttezza delle relazioni di mercato e a costituire fattori di disinvolta attitudine cd. predatoria rispetto ad altro soggetto economico in dissesto” in DEL PORTO R., op. cit..
[34] GUIOTTO A., “I finanziamenti alle imprese in Crisi”, in IlFallimento, 10/2017, pag. 1063 segg. A riguardo c’è chi ha giustamente evidenziato come “va detto che il legislatore non è interessato ad una mera diagnostica per una storicizzazione della crisi e dell’insolvenza d’impresa o per individuare profili di responsabilità, almeno come prima istanza, ma esprime un orientamento precettivo, cogente e pragmatico, ponendo al centro la continuità aziendale e il riequilibrio dell’azienda, come beni da tutelare, affidandone il compito all’imprenditore stesso, purché solerte e dotato di adeguati strumenti” così BASTIA P. “Crisi ed Insolvenza dopo il Codice della Crisi”, in Ristrutturazioni Aziendali 22 agosto 2022.
[35] Facciamo riferimento, senza la presunzione di completezza, alle seguenti crisi nell’ultimi 15 anni: 2008-2009 Crisi Mutui Subprime, 2011-2012 Crisi Debito Sovrano, 2020-2021 Pandemia Covid e 2022 Guerra Russo-Ucraina, ecc..
[36] Sul punto di veda Delle Monache S., cit. Sul tema appare concorde Del Porto, laddove asserisce che “Di responsabilità della banca si discuterà poi, come ovvio, solo quando il tentativo di risanamento sarà fallito e la difficoltà sarà quindi quella di valutare ex post, ma sulla base di una prospettiva rigorosamente ex ante, se il credito sia stato erogato abusivamente o nel rispetto delle regole di diligenza del “buon banchiere”. in Del Porto R., cit. pag. 8.
[37] Si veda a riguardo quanto delineato in GUIOTTO. A., “I finanziamenti alle imprese in Crisi”, in IlFallimento, 10/2017, pag. 1063 segg..
[38] Facciamo per esempio riferimento al ripristino entro margini di ragionevole prospettiva aziendale degli indici individuati dal documento CNDCEC “ Crisi d’Impresa- Gli indici di Allerta”, Versione Ottobre 2019, che per più pronto richiamo elenchiamo di seguito: (i). Indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra gli oneri finanziari ed il fatturato;(ii) Indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali; (iii) Indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto fra cash flow e attivo; (iv) Indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passività a breve termine; (v) Indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.
[39] Abriani N. e L. Benedetti, “Finanziamenti all’impresa in crisi e abusiva concessione di credito”, Rivista di Diritto del Risparmio – fascicolo 2/2021, pagg. 67 e segg..
[40] Si veda F. Di Marzio, “L’abuso nella concessione di credito”, in Contr. impr., 2015, pagg. 323 s. afferma che “la concessione di credito è stabilita sulla scorta di una condotta negligente (quando non dolosa) posta a verificare e affermare un merito creditizio invece inesistente nella realtà” e descrive la condotta richiamando “il dolo o la negligenza nel merito creditizio”.
[41] Dolmetta A.A:, cit..
[42] Mazzoletti V. “Ruoli e Responsabilità delle banche nelle fasi di allerta e composizione della crisi”, in Il Fallimento, 3/2020, pag. 311.
[43] Irrera M. “L’abusiva concessione di credito ovvero del dilemma del buon banchiere”, Dialoghi di Diritto dell’Economia, Maggio 2022.
[44] Tribunale di Roma, Rg 12333/2022del 10/10/2022.
[45] In questo senso si veda Trib. Di Catania, r.g. 3013/2022, 14/06/2022.
[46] Impostazione anticipata dalla sentenza RG 1373/2022 del 30/03/2022 Tribunale di Bergamo, ove si ribadisce come la finalità della c.d. check list sia “verificare la coerenza del Piano di Risanamento”. Questa impostazione sembra ripresa anche da Panzini, laddove sostiene che “Se la cautela e la rigorosa applicazione delle Linee Guida dell’EBA in termini di vigilanza prudenziale appare lodevole e persino ovvia nel caso di imprese in stato di insolvenza reversibile o di accesso alle misure protettive, forse non altrettanto può dirsi quando il ricorso alla composizione negoziata è tempestivo, non vi sono ragioni per ritenere che il credito vantato dall’intermediario non sarà pagato alla scadenza, non vi sono istanze di sospensiva di azioni esecutive, i risultati del test di ingresso e della compilazione della Check List mostrano che il patrimonio netto non è negativo”. Panzani L. cit.. Della stessa opinione, ovvero dell’attitudine del test pratico ai sensi del d.l. n. 118/2021 per la verifica della “ragionevole perseguibilità del risanamento” (corsivo nostro) anche Manzi L.M. e S. Gordano, in “La sostenibilità del debito e il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, ai sensi del d.l. n. 118/2021, Diritto ed economia dell’impresa, n. 6 del 2022, pag. 701.
[47] Bocchini, cit. pag. 257.
[48]La discrezionalità tecnica di cui indiscutibilmente le banche dispongono è basata sulla verifica della sussistenza di determinati pre-requisiti di natura tecnica, per l’appunto, richiesti dalla legge. Ancora: la discrezionalità è data dall’ambito di valutazione da realizzarsi secondo le nozioni e la tecnica della scienza bancaria, Sartori F. op. cit. pag. 598. A riguardo si veda anche BASTIA P. “Prime Considerazioni Aziendalistiche sulla Composizione Negoziata della Crisi”, in Ristrutturazioni Aziendali, 4 Novembre 2021 che sottolinea come “Un aspetto di grande interesse e di non semplice soluzione concerne l’inclusione dell’insolvenza tra le situazioni aziendali considerate “a priori”, quindi in astratto, reversibili, che andranno ovviamente valutate nel caso concreto.”
[49]BOCCHINI R. cit, pag. 237.
[50]TULLIO A., “Finanziamento all’Impresa in Crisi e Merito Creditizio. Una Performance Impossibile?”, in Crisi d’Impresa e Fallimento, 19 Febbraio 2016.