Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Concessione abusiva di credito e risarcimento del danno da violazione di norme di condotta


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Articolo

Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato


Stefania Pacchi

Data pubblicazione
17 gennaio 2023

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Sommario: 1. Premessa. - 2. La soluzione idonea. – 2.1. Il contratto con uno o più creditori. -  2.2. La convenzione di moratoria. – 2.3. L’accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto. - 2.4. Conclusioni sulla soluzione idonea di cui all’art. 23, comma 1. - 3. Quando non è stata individuata una soluzione tra quelle di cui al comma 1 dell’art. 23 CCI. – 3.1. Il piano attestato di risanamento. – 3.2. Il ricorso agli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. – 3.3. Conclusioni sulle soluzioni indicate nel comma 2 dell’art. 23 CCI. - 4. Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio: quando si può domandare. - 5. La semplificazione e la dipendenza dalla relazione finale dell’esperto. -  6. I presupposti soggettivo ed oggettivo. - 7. La disciplina dell’istituto. - 8. La natura del concordato semplificato e gli elementi distintivi. - 9. Conclusioni sul concordato semplificato.


1. Premessa

Come premessa del tema che con questo studio mi propongo di affrontare, è utile ricordare che l’obiettivo della composizione negoziata è quello di individuare una soluzione idonea[1] al superamento della situazione di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che rendono probabile la crisi o l'insolvenza. Con la CN si incentiva la tempestività[2] al di là di quello che potrà essere l’impatto della soluzione finale sull’imprenditore.

Nella visione del legislatore al centro sta, infatti, l’obiettivo di evitare a qualunque costo la liquidazione disgregativa che per lo più si impone quando il ritardo nell’approccio alla crisi ha eroso il complesso aziendale e vanificato ogni interesse del mercato per l’impresa. Volendo scongiurare ciò, il legislatore incentiva il ricorso alla composizione negoziata – oltre che con la possibilità di chiedere misure protettive o cautelari, con il vantaggio di misure premiali e con la rassicurazione di esenzioni da revocatoria e da reati di bancarotta - anche con un ventaglio di soluzioni che possono comportare sia la conservazione diretta che indiretta. Come sbocco di ultima istanza, inserisce poi il concordato semplificato che, al di là delle facilitazioni che immediatamente si palesano per l’imprenditore, presenta una barriera protettiva rispetto all’interesse dei creditori non potendo recare loro pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale (art. 25-sexies, comma 5) che, a quel punto, sarebbe inevitabile.

In quest’ottica individuiamo allora come norma di particolare rilevanza quella contenuta nell’art. 23 che, disciplinando la conclusione delle trattative tra l'imprenditore e i suoi creditori, condotte con l’assistenza dell'esperto, offre un variegato paniere di opzioni, tra le quali alcune sono “tipiche e auspicabili soluzioni” di questo percorso protetto, mentre altre rinviano a strumenti “classici” dell’ordinamento concorsuale. “All’ampiezza del presupposto oggettivo per l’accesso alla composizione negoziata (crisi, pre-crisi, insolvenza) corrisponde” così “un’elevata flessibilità delle soluzioni con cui le trattative con i creditori possono concludersi (art. 23)”[3].

 

2. La soluzione idonea

Quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui all’art. 2, comma 1, le parti possono approdare alternativamente a una soluzione interamente stragiudiziale quale:

a)        un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all’art. 25-bis, comma 1, (la riduzione alla misura legale degli interessi sui debiti tributari e delle relative sanzioni) se, l’esperto nella relazione finale (art. 17, comma 8) dichiara che è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni.

b)        una convenzione di moratoriaai sensi dell’art. 62 CCI.

c)        Un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di cui agli artt. 166, comma 3, lett. d), e 324. Con la sottoscrizione dell’accordo l’esperto da atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza.

Se l'imprenditore in composizione negoziata è sottosoglia, occorre tener conto anche di possibili specifici esiti perché peculiari sono gli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza previsti dalla legge per questa categoria di imprenditori. Se è stato raggiunto un accordo con tutti o parte dei creditori, l'imprenditore sotto soglia può: a) concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi idoneo ad assicurare la continuità aziendale ex art. 25-quater, comma 3, lett. a); b) concludere un accordo avente il contenuto della convenzione di moratoria ex art 25-quater, comma 3, lett. b); c) concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto, idoneo a produrre effetti premiali sul piano della dilazione dei debiti tributari ex art 25-quater, comma 3, lett. c); d) per la sola impresa agricola, domandare l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 25-quater, comma 4, lett. d). Rispetto a quelli riservati all’imprenditore medio-grande questi strumenti presentano alcuni tratti differenziali per rendere appropriato lo strumento (in particolare) alle imprese sottosoglia.

Una prima notazione di fondo s’impone: gli strumenti previsti dall’art.23, comma 1, come ipotesi conclusive della composizione negoziata possono ritenersi espressione tipica dell’istituto in quanto esiti che per un verso sono raggiunti all’interno del percorso - tanto ciò è vero che saranno oggetto della relazione finale dell’esperto ex art. 17, comma 8 – e, per un altro, verosimilmente possibili in presenza di una situazione di pre-crisi o, al massimo, di temporanea difficoltà che rende perciò l’imprenditore ancora “degno” di credito e i creditori disponibili a collaborare in attesa di un superamento.

Su questa linea si collocano senza dubbio i primi due strumenti: il contratto con uno o più creditori (lett. a) e la convenzione di moratoria (lett. b).

 

2.1. Il contratto con uno o più creditori

Quello di cui alla lettera a) – il contratto con uno o più creditori – è finalizzato a consentire il mantenimento della continuità aziendale per almeno un biennio, come dichiarato dalla relazione finale dell’esperto. Tale contratto, in quanto risponda ai requisiti previsti, produce gli effetti di cui all'articolo 25-bis, che dispone le misure premiali di carattere fiscale.

Da una lettura testuale si potrebbe escludere la produzione di ulteriori effetti.

È stato tuttavia correttamente osservato che non possono mettersi in discussione gli effetti che si erano già prodotti in conseguenza dell'apertura della composizione negoziata purché l'idoneità ad assicurare la continuità aziendale sia certificata dall'esperto nella relazione finale.

Ciò significa che permangono gli effetti che si sono prodotti automaticamente in conseguenza dell'apertura e quelli prodottisi in conseguenza del rispetto dei controlli disposti sulla gestione dell'impresa. Rispetto a queste due categorie si tratta degli effetti della esimente penale ex art. 322, comma 3 e 323 e di quelli della “esenzione” da revocatoria prodotti dall’articolo 166, comma 2. Non vengono, invece, “trascinati” gli effetti di cui all’art. 22 CCI, relativi al collocamento in prededuzione dei crediti derivanti dai finanziamenti autorizzati dal Tribunale, perché il trascinamento di tali effetti è esplicitamente condizionato ad uno sbocco delle trattative in una delle soluzioni elencate nell’art. 24 CCI[4].

Per quanto riguarda le misure premiali di carattere fiscale disposte dall’art. 25-bis ed espressamente richiamate dall’art. 23 CCI, dobbiamo ritenere che permangano quelle relative al periodo anteriore alla conclusione delle trattative e che a queste si aggiungano quelle conseguenti all’accordo (come sbocco positivo delle trattative) relative al periodo successivo alla chiusura del percorso[5].

Ove il contratto, invece, non risponda ai requisiti di legge fissati nella lett. a) del comma 1 dell’art. 23, l'imprenditore non potrà beneficiare delle misure premiali ma il contratto produrrà comunque effetti negoziali vincolanti fra le parti che l'hanno sottoscritto[6].

La disposizione di cui alla lettera a) dell’art. 23, comma 1, CCI, è abbastanza scarna e priva di indicazioni circa il contenuto di detto contratto[7].

Si immagina – sulla falsariga dell’art. 87, comma 1, lett. d), CCI - una estrema varietà di contenuto: ristrutturazione dei debiti (stralci parziali, modificazioni quantitative o qualitative, concessione di nuove garanzie eccetera), cessione dei beni, accolli, operazioni straordinarie, attribuzione ai creditori di partecipazioni, cessione di azienda o conferimento in una newco ecc. Siccome il legislatore ha denominato lo strumento con il termine “contratto” pare possibile ritenere che vi sia spazio non solo per pattuizioni di carattere finanziario “bensì possa terminare anche in un negozio volto a riorganizzare l’attività operativa e gestionale del debitore - anche solo temporaneamente - così da far fronte alle possibili criticità emerse nel breve periodo” [8].

Tutto è ammissibile purché sia idoneo a risanare l’impresa e a soddisfare i creditori. Riguardo a questi ultimi, quando tutti non aderiscano, dovranno essere presenti risorse per soddisfare regolarmente gli estranei[9].

Dalla lettura della lett. a) di questo primo comma dell’art. 23 CCI, affiorano, però, alcuni dubbi.

In primo luogo, possiamo chiederci se parte del contratto possano essere soltanto i creditori come la letteralmente la legge dispone o se, invece, la rete di collaborazione necessaria ad assicurare la continuità debba essere ampliata ad altri soggetti (fornitori, investitori, clienti, società del gruppo, non creditori attuali ma sicuramente futuri).

Vista la flessibilità dello strumento pare necessario assumere un’interpretazione più ampia in quanto si tratta di presenze essenziali per sostenere l’impresa nel percorso di risanamento[10]. “Tale più ampia partecipazione, che testimonierebbe anche il credito dell'impresa sul mercato, potrebbe costituire un significativo elemento di conforto nella valutazione dell'esperto che non è finalizzata alla sola ristrutturazione dei debiti, ma alla verifica prospettica, sul piano economico e finanziario, della prospettiva di continuità aziendale, in un orizzonte temporale almeno biennale”[11].

Sempre con riferimento ai creditori, ci si chiede poi se controparte di questo contratto, perché esso possa produrre gli effetti previsti quale possibile sbocco positivo della Composizione negoziata, debbano essere soltanto coloro che hanno preso parte alle trattative e che sono, quindi, titolari di crediti sorti anteriormente all'instaurazione della composizione negoziata oppure, se possano intervenire anche i creditori rimasti fuori dal tavolo delle trattative perché successivi.

La norma, come è stato osservato[12], non distingue al riguardo ma, in ogni modo, non sussistono ragioni per escludere dalla partecipazione a questo contratto anche i creditori non partecipanti alle trattative e, in particolare, coloro che – sorti nel corso della composizione negoziata – hanno sostenuto l’esercizio dell’attività.

Un ulteriore punto sul quale fermare la riflessione è quello attinente all’arco temporale – un orizzonte biennale - al quale la norma circoscrive l’effetto del contratto sull’impresa.

Se il traguardo fosse una continuità (“a tempo”) per due anni, potremmo ritenere questa soluzione totalmente incongrua e lesiva per gli interessi dei creditori partecipanti e, ove presenti, anche dei terzi in quanto smentirebbe la mission stessa della composizione negoziata, che è quella di risanare l’impresa[13]. Occorre quindi immaginare che il contratto debba delineare anche l’effettivo punto d’arrivo ovvero il definitivo superamento dello stato di crisi[14] con il ritorno dell’impresa ad una completa dimensione concorrenziale essendo stata risanata. Se l’imprenditore fosse giunto alla composizione negoziata presentando effettivamente una situazione di pre-crisi, lo strumento potrebbe probabilmente rimettere “in carreggiata” l’impresa. Diversamente occorrerà un piano più articolato e di più ampio respiro temporale. 

Ciò comporta che l’esperto nella relazione finale debba in primo luogo redigere e motivare il proprio parere circa l’idoneità dell’accordo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni operando una previsione che poggia sulla proiezione di risultati attuali in uno prossimo scenario di mercato[15]. In secondo luogo, dovrà però anche valutare l’iter successivo al biennio sia in termini di piano industriale che di manovre finanziarie che potrebbero rendersi necessarie alla luce dei risultati raggiunti. In questa prospettiva la relazione finale dell’esperto appare compito particolarmente arduo e delicato.

Per quanto riguarda il soddisfacimento dei creditori la legge tutto rimette all’autonomia contrattuale potendosi allora immaginare una moratoria anche di due anni. Sul punto non è previsto un contenuto minimo specifico[16] visto che si possono convenire contrattualmente condizioni e termini differenti di soddisfacimento per ciascun aderente all'accordo non applicandosi (ovviamente) a questo strumento il principio della par condicio creditorum.

 

2.2. La convenzione di moratoria

Passando alla convenzione di moratoria di cui alla lett. b) del comma 1 dell’art. 23, possiamo innanzi tutto dire che, grazie al rinvio operato dalla disposizione all’art. 62 CCI, l’istituto rimanda a quello avente lo stesso nome e ormai conosciuto da tempo nell’ordinamento perché già disciplinato dalla legge fallimentare nell’art. 182-octies che poi il Codice della crisi ha riprodotto quasi pedissequamente.

La convenzione di moratoria è utilizzabile dall’imprenditore, anche non commerciale e anche sottosoglia come risulta sia dall’art. 23 CCI sia dall’art. 25-quater, comma 3, CCI, che fa riferimento per l’imprenditore sottosoglia che abbia ottenuto la nomina di un esperto indipendente di concludere, in esito alle trattative con i creditori, un accordo avente il contenuto dell’art. 62 CCI.

Con questo strumento vengono disciplinati in via provvisoria gli effetti della crisi mediante la sospensione del soddisfacimento dei creditori. La convenzione di moratoria, quindi, deve per lo più considerarsi una soluzione temporanea – una soluzione ponte della crisi o dell'insolvenza – che, in quanto tale, richiederà la successiva adozione di soluzioni più organiche attraverso la predisposizione di un vero e proprio piano di ristrutturazione in continuità diretta o indiretta dell'attività d'impresa con il conseguente onere dell'esperto di indicare nella relazione finale quali altri strumenti dovranno essere successivamente adottati per soddisfare la condizione posta dall'incipit del comma uno dell'articolo 23 e cioè che sia stata individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi o di insolvenza.

La convenzione di moratoria può avere ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative nonché ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito, in deroga agli artt. 1372 e 1411 c.c.

È efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria. A questi creditori non può essere, tuttavia, imposta l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione o il mantenimento di affidamenti, né l’erogazione di nuovi finanziamenti. Non è però considerata “nuova prestazione” la prosecuzione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria in corso.

Tale convenzione svolge la funzione assegnatagli dalla legge quando: (1) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale economica e finanziaria del debitore nonché sulla convenzione e i suoi effetti; (2) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il 75% di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; (3) vi siano concrete e prospettive che i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, possano risultare soddisfatti all'esito della stessa in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale; e (4) un professionista indipendente[17] abbia attestato la veridicità dei dati aziendali, l'idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi e la ricorrenza delle condizioni di cui al punto 3.

Questo è il perimetro valutativo che la legge (art. 62, comma 2, lett. d) assegna a questa attestazione. Tenuto conto però della natura transitoria della convenzione, pare ragionevole prendere in considerazione “l’opportunità che la valutazione dell’attestatore riguardi anche la funzionalità della stessa a preservare l’efficacia del diverso strumento di risanamento già individuato, all’esito del percorso di composizione negoziata, per attuare il risanamento dell’impresa”[18].

A questa valutazione si aggiunge quella dell’esperto che nella relazione finale, avendo seguito le trattative e vegliato su buona fede e correttezza dell’imprenditore durante tutto lo svolgimento della composizione negoziata, sarà in grado di mostrare se la convenzione di moratoria costituisca l’epilogo direttamente ed effettivamente funzionale al risanamento dell’impresa o se invece sia soltanto un momento di passaggio per approdare successivamente ad altro strumento di composizione più strutturato.

In ogni caso non parrebbe da censurare che la convenzione di moratoria intervenisse, nella composizione negoziata, come sbocco interinale per agevolare un successivo strumento di regolazione della crisi (piano di ristrutturazione soggetto ad omologa o concordato preventivo) qualora tali passaggi fossero idonei a risanare un’impresa riportandola sul mercato. 

La convenzione di moratoria è soggetta al procedimento di “approvazione giudiziale”, per cui deve essere comunicata con raccomandata con avviso di ricezione o presso il domicilio digitale – insieme alla relazione attestativa del professionista - a tutti i creditori non aderenti affinchè entro trenta giorni possano proporre opposizione dinanzi al tribunale che decide in Camera di consiglio con decreto motivato, soggetto a reclamo davanti alla Corte d’appello ai sensi dell’art. 51 CCI.

2.3. L’accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto

Il terzo strumento previsto dal primo comma dell’art. 23 come uno degli esiti positivi delle trattative è l’accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto al quale conseguono le esenzioni da revocatoria e dai reati di bancarotta. Inoltre, la pubblicazione dell'accordo nel registro delle imprese (art. 25-bis, comma 4) consente all'imprenditore di conseguire i medesimi benefici fiscali previsti per il contratto sottoscritto con i creditori di cui alla lettera a).

L’istituto – che si basa su un piano economico finanziario di risanamento che deve dimostrare il raggiungimento di questo obiettivo e anche il pieno recupero dell'equilibrio patrimoniale ed economico-finanziario dell’impresa - costituisce lo sbocco da un lato più innovativo e dall’altro “che mostra i migliori tratti di percorribilità da parte degli operatori, almeno sotto il profilo teorico”[19].

Non vi è dubbio che la sottoscrizione dell’accordo da parte dell’esperto costituisce la “cifra” dello strumento perché ha “la funzione di attestare la fattibilità del piano, intesa come prognosi positiva sulla realizzabilità degli obiettivi indicati; pertanto, se l'esperto giudica fattibile il risanamento, sottoscrive l'accordo, mentre rifiuterà la sottoscrizione se non lo giudica fattibile”[20].

È così da condividere la notazione secondo cui “tale previsione rappresenta una possibilità di chiusura della composizione ad esito del percorso in cui l’esperto accompagna l’impresa nell’individuazione delle soluzioni per rimuovere le condizioni che rendono probabile la crisi o l’insolvenza e solo nel caso in cui l’esperto sia convinto della sostenibilità della soluzione scelta. D’altro canto, gli effetti che si producono in questo caso hanno rilevanza prorompente, in quanto rendono non revocabili quegli atti che siano stati individuati e indicati nell’ambito del piano formalizzato dall’impresa”[21].

“Si tratta sostanzialmente di una rivisitazione del piano attestato che prende atto che un piano per essere credibile deve essere affiancato da accordi con uno o più creditori e quindi correttamente la norma si focalizza su questi lasciando in sordina il piano”[22].

Questa dell’accordo è una soluzione alla quale si potrà pervenire quando l’imprenditore abbia trovato una soluzione della crisi con i propri creditori che preveda un sottostante business plan da porre in essere affinché si realizzi il risanamento. 

Per questo accordo non è richiesta l’attestazione[23] in quanto è prevista la sottoscrizione dell’esperto anche se questa “pur non potendo avere un contenuto standardizzabile quanto agli impegni e garanzie da questi eventualmente assunti, ovvero alla mera partecipazione all’atto, certamente non potrà spingersi a dichiarazioni e garanzie che sarebbero invece contenuti nell’attestazione”[24].

La disposizione (art. 23, comma 1, lett. c) prevede letteralmente che l’accordo debba essere “sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto” , ad una prima lettura potendo indurre a ritenere – vista anche la diversa espressione utilizzata nella lett. a) secondo cui il contratto viene concluso “con uno o più creditori” – che debba riportare la sottoscrizione di tutti i creditori e di conseguenza “un consenso plebiscitario” con la conseguenza di rendere “estremamente difficile per non dire impossibile l’accesso all’istituto”[25]. Appare, quindi, preferibile non attribuire assolutezza all’espressione (“sottoscritto…dai creditori) ammettendo che l’accordo possa essere sottoscritto da una parte dei creditori o addirittura da uno soltanto che per l’importo del credito abbia un rilevante peso nell’operazione di risanamento.

Nell’idea del legislatore questo accordo ha un contenuto totalmente libero potendo contenere (v. allegato 1 del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021) proposte indirizzate ai soci, ai fornitori strategici, ai creditori finanziari, agli enti, ai locatori ecc. È stato ritenuto (quantunque la tesi lasci perplessi) che questo accordo “a differenza del piano di cui all’art. 67, potrà prevedere anche una soluzione liquidatoria per l’imprenditore – proprio perché non vengono richiesti i presupposti di risanamento della crisi che invece sono presenti nel piano attestato, ma solo quelli dello squilibrio di cui al d.l. 118 – e dunque garantirà una maggiore platea applicativa”[26].

L'esperto sottoscrive questo accordo quale negoziatore dichiarando che l’accordo è idoneo a comporre la crisi o l’insolvenza e coronando, così, la funzione di soggetto terzo e imparziale che garantisce il corretto svolgimento delle trattative e impone il rispetto sia dei doveri di correttezza e buona fede che gravano su tutti i partecipanti, sia degli obblighi dell'imprenditore relativi alla gestione dell’impresa, sia della riservatezza a protezione dell’impresa e delle trattative.

Per la posizione conferita all’esperto, la sottoscrizione di questo contratto costituisce senza dubbio un aspetto rilevante dell’istituto in quanto, inoltre, “costituisce prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà” (art. 25-bis, comma 4, cpv.3) e su questa base valida la fattibilità degli impegni[27]. Si comprende pertanto il motivo per cui con la sottoscrizione possa venir meno l’onere di attestazione normalmente richiesto negli altri strumenti negoziali di regolazione della crisi.

È da sottolineare che, in seguito al d.lgs. 83/2022, l’art. 23 CCI non reca più l’indicazione (contenuta invece nell’art. 11 abrogato del d.l. 118/2021) che non occorre l'attestazione del professionista indipendente prevista dal medesimo articolo, ossia l'attestazione circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano[28].

L’accertamento che l’esperto deve compiere prima di sottoscrivere l’accordo non è, infatti, concettualmente dissimile dall'attestazione della fattibilità del piano prevista dall'articolo 56 CCI rendendo ragione della idoneità e della praticabilità dell’accordo rispetto sia al punto di partenza (lo squilibrio) che a quello d’arrivo (il risanamento).  

È la sottoscrizione dell’esperto che “smuove” i creditori verso l’accordo quando “vi siano condizioni di credibilità e affidabilità della situazione contabile di partenza del piano, e - anche - di fattibilità del piano medesimo che non creino forti preoccupazioni sugli operatori, specie bancari”[29]. In particolare, per questa categoria di creditori la “tranquillità della situazione è fondamentale perché ove si potesse raffigurare un rischio sull’attendibilità dei dati o sulla fattibilità del piano, non potrebbe dare l’adesione all’accordo imponendosi allora una soluzione dove sia prevista un’attestazione anche se ciò implicherà per l’imprenditore l’assunzione di maggiori costi[30].

Sorge allora il quesito se da questa sottoscrizione scaturisca a carico dell'esperto un'obbligazione e/o una garanzia circa l'esecuzione dell'accordo e se la stessa possa essere fonte di responsabilità nel caso in cui l'accordo non risulti fattibile o attuabile nel momento dell'esecuzione[31].

2.4. Conclusioni sulla soluzione idonea di cui all’art. 23, comma 1

A conclusione dell’esame del comma 1 dell’art. 23, possiamo osservare che attraverso l’utilizzo di strumenti diversi lo sbocco può essere sia conservativo (questo è preferito) che liquidatorio, quest’ultimo in una triplice differente direzione e funzione in quanto si può avere una cessione dell’azienda in esercizio (con l’accordo di cui all’art. 23, comma 1 lett c)) oppure una cessione liquidativa del patrimonio che, per l’appunto, trattandosi d’impresa, implica cessione dell’azienda oppure una liquidazione atomistica.

Si favoriscono - evidentemente per il basso costo e la salvaguardia dei rapporti commerciali – le soluzioni light, definitive (quelle di cui alle lett. a e c dell’art. 23, comma I) o transitorie/interlocutorie (la moratoria di cui alla lett. b) che costituiscono l’approdo diretto (direi auspicato e naturale) delle trattative, senza tuttavia respingere le ipotesi (più costose e articolate) in cui “all’esito delle trattative” l’imprenditore ricorre o a uno strumento variamente plasmabile come l’accordo di ristrutturazione, che può godere del vantaggio competitivo derivante dal percorso precedentemente intrapreso, o a uno strumento “classico” come il piano attestato così come modellato e strutturato nell’art. 56, CCI o selezionato tra gli altri disciplinati nel Codice della crisi – tra i quali oggi è annoverato, oltre agli accordi di ristrutturazione e al concordato preventivo, il piano di ristrutturazione soggetto ad omologa (art. 64-bis) - o nella frastagliata disciplina dell’amministrazione straordinaria (d.lgs. 270/1999 e d.l. 347/2003) o a uno strumento “inedito” come il concordato semplificato.

Tale variegato plesso di soluzioni è armonico con la funzione che il legislatore ha assegnato alla composizione negoziata di percorso al quale accedere tempestivamente per giungere rapidamente a forme diverse, ma comunque rapide, di ristrutturazione preventiva che consentano la continuità diretta o indiretta dell’attività.

Da questa varietà di strumenti messi a disposizione delle parti, ricaviamo alcuni corollari. In primo luogo, siamo dinanzi alla valorizzazione dell’autonomia privata nella scelta del rimedio alla crisi per risanare l’impresa[32].

Inoltre, quello della composizione negoziata rappresenta il percorso obbligato perché l’imprenditore che si trovi nella situazione descritta nell’art. 12, comma 1, possa accedere ad una qualsiasi delle soluzioni indicate nell’art. 23 e con gli effetti premiali eventualmente previsti per alcune di esse.

In terzo luogo, che l’esito positivo delle trattative viene fatto coincidere con l’accesso ad una delle soluzioni  di carattere contrattuale – “secondo una prospettiva fortemente innovativa che si aggiunge alla più tradizionale figura del piano attestato di risanamento, in cui è del tutto assente un intervento giudiziale”[33] - di cui al comma 1 dell’art. 23 mentre quello non positivo (comma 2) può sboccare, oltre che nella predisposizione del piano attestato di risanamento di cui all’art. 56 o nella domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, nel concordato semplificato quando vi siano le relazioni e i pareri dell’esperto e dell’ausiliario.

 

3. Quando non è stata individuata una soluzione tra quelle di cui al comma 1 dell’art. 23 CCI

Se all’esito delle trattative nessuno degli sbocchi indicati al primo comma dell’art. 23 si rivela praticabile - perché non si è raggiunto un accordo - l’imprenditore, permanendo lo stato di crisi o d’insolvenza, può in alternativa[34]:

a)        predisporre il piano attestato di risanamentodi cui all’art. 56;

b)        domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debitiai sensi degli artt. 57, 60 e 61. La percentuale di cui all’art. 61, comma 2, lett. c), è ridotta al 60% se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto.

c)        proporre la domanda di concordato semplificatoper la liquidazione del patrimonio[35] di cui all’art. 25-sexies;

d)        accedere ad uno degli strumentidi regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal codice della crisi (piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, concordato preventivo, liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa) e dalle norme sull’amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi.

L’imprenditore sottosoglia, nel caso in cui non sia stato raggiunto un accordo, può ricorrere eventualmente ad una procedura di sovraindebitamento o al concordato semplificato mentre l’imprenditore agricolo potrà accedere alle procedure di concordato minore e di liquidazione controllata (anche se sopra soglia), al concordato semplificato liquidatorio e agli accordi di ristrutturazione dei debiti.

 

3.1. Il piano attestato di risanamento

Come prima opzione l’imprenditore può realizzare il turnaround con una ristrutturazione interna o comunque strettamente privata in cui i partecipanti si riducono a pochi soggetti: a tal fine si individua come strumento più idoneo il piano attestato di risanamento e gli accordi in sua esecuzione ex art. 56 CCI considerato che essi possono essere anche tenuti completamente riservati – così come la composizione negoziata – e quindi non incidere sul piano dell’immagine della società e della sua solidità finanziaria e patrimoniale. 

Questo strumento può considerarsi, a ragione, come “la punta più avanzata del processo di privatizzazione della crisi d’impresa”[36] perché, recependo gli input lanciati a più riprese dall’ Unione Europea e oggi scolpiti nella Direttiva Insolvency 2019 /1023, è proteso al recupero della continuità dell’impresa.

Allo stesso tempo, in un’ideale scala di attrezzi per affrontare una crisi, costituisce lo strumento meno invasivo che un imprenditore, uscito o meno da una composizione negoziata senza aver raggiunto un esito negoziale, può utilizzare prima di ricorrere agli accordi di ristrutturazione dei debiti (selezionando l’articolazione più consona alla fattispecie), o al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio o al il piano di ristrutturazione soggetto ad omologa, o al concordato preventivo, nelle due modulazioni della procedura in continuità e liquidativa o se non è possibile alcuna di queste alternative compositive, alla liquidazione giudiziale o ad altra procedura liquidativa (liquidazione coatta o amministrazione straordinaria).Lasciando da parte queste ultime procedure liquidatorie alle quali l’imprenditore dovrà necessariamente ricorrere quando non vi sia nessuna possibilità di risolvere diversamente la situazione, ove invece la crisi ancora sopporti una più profonda ristrutturazione del debito e, in generale, dell’impresa sarebbe forse possibile ricorrere al nuovo piano di ristrutturazione soggetto ad omologa o al concordato preventivo che, grazie al suo carattere concorsuale e alle numerose facoltà concesse al debitore per il raggiungimento dell’obiettivo del risanamento, potrebbe consentire di evitare la liquidazione.

Per quanto riguarda il piano attestato il discorso è particolarmente interessante perchè la rivisitazione normativa dello strumento operata dal Codice della crisi, oltre a conferirgli una autonomia disciplinare, lo ha fatto assurgere – nella misura in cui il piano ha natura strategica[37] - a modello legale della pianificazione della crisi e, in quanto tale, a punto di riferimento obbligato per gli altri strumenti compositivi costruiti su un piano attorno al quale devono convergere le volontà delle parti[38].

La rubrica dell’art. 56 , infatti, fa espresso riferimento alla nozione di “Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento”, il che testimonia l’intento legislativo di dare rilievo ad atti dispositivi del patrimonio del debitore (quali, ad esempio, pagamenti, alienazioni, ricorso a nuovi finanziamenti, concessione di garanzie) sui quali è stata aperta una negoziazione tra le parti per raggiungere un accordo sulla composizione della crisi, assumendo la tutela dei creditori aderenti e estranei come asse attorno al quale si dipanano le regole.

In tal modo il Codice intende segnalare che la crisi potrà essere composta ricorrendo ad un piano, - “documento unilaterale di pianificazione strategica, industriale e finanziaria”[39] - strutturato secondo le prescrizioni dell’art. 56 CCII, e che per la sua esecuzione, produttiva degli effetti esonerativi di cui agli agli artt. 166, III co., lett. d) e 324, CCII, si formeranno accordi tra debitore e creditori. Il parziale consenso manifestato durante le trattative da una parte consistente dei creditori potrebbe così costituire la spinta verso un piano attestato che li coinvolga[40].

Per il piano attestato si registra, però, l’assenza di supporti per la continuità predisposti, invece, per gli strumenti più strutturati come gli accordi e i concordati. Mi riferisco al blocco delle azioni esecutive e cautelari, alla sospensione delle norme societarie relative agli obblighi degli amministratori in presenza di perdita o di riduzione del capitale (art. 89 CCII); alla transazione fiscale; ai finanziamenti non muniti della prededuzione, così come non lo sono le spese per la gestione dell’impresa, anche se questa “fragilità” dello strumento è compatibile con l’assenza di un controllo giudiziale sia, conseguentemente, di un organo di controllo.

La ragione dell’assenza di misure protettive è da ascrivere, inoltre, all’impostazione del piano come atto unilaterale, prodotto dell’imprenditore e non elaborato durante negoziazioni che più o meno sempre si rivelano all’esterno provocando reazioni dei creditori. L’art. 56 CCI ragiona di “piano”, del suo contenuto e della sua struttura, non ragiona di proposta che di per sé implica contatti e diffusione di ciò che sta avvenendo nell’impresa.

Le negoziazioni, quindi, evocate soltanto dalla rubrica dell’art.56, devono avvenire senza “copertura”, la stragiudizialità volendo essere totale[41].

Se però lo stesso piano attestato giunge a conclusione di una composizione negoziata, allora ha sfruttato quel percorso che potrebbe essere stato assistito da misure protettive o cautelari. L’acquisizione del bagaglio informativo e dialogico per la quale l’imprenditore ha avuto uno spatium temporis protetto, servirà a costruire più rapidamente un piano attestato per utilizzarlo da solo o, eventualmente, per accordi di ristrutturazione. 

La fruibilità del piano attestato è sicuramente incentivata dalla possibilità di sottrarre gli atti esecutivi all’azione revocatoria e ciò sia per gli imprenditori “fallibili” che per quelli che, essendo esclusi dalla liquidazione giudiziale, dovranno far ricorso alla liquidazione controllata[42]. Incontriamo, infatti, la previsione (contenuta nell’art. 166, III comma, lett. d), CCI) di una “tenuta” del piano rispetto sia all’azione revocatoria “fallimentare”, sia alla revocatoria ordinaria[43].

Per quanto riguarda il presupposto oggettivo –- l’art. 56 CCII prevede che l’imprenditore (tout court)[44] possa trovarsi in stato di crisi o d’insolvenza[45]. La verifica di questo presupposto, mancando un filtro giudiziale nel momento della redazione del piano, è – per così dire - rimessa al debitore. Un esame da parte del giudice potrebbe, invece, avvenire – seguita la liquidazione giudiziale - nell’ambito del giudizio teso alla dichiarazione di inefficacia di un atto quando il curatore eccepisca, per contrastare l’esonero da revocatoria[46], l’assenza di crisi o d’insolvenza al momento della redazione del piano.

Ove il piano attestato costituisse l’epilogo della composizione negoziata potrebbe poggiare su una situazione antecedente la crisi (pre-crisi), divenendo così strumento ancor più idoneo al superamento dell’impasse assicurando inoltre più sicura protezione dalle azioni revocatorie.

Rispetto al contenuto, il piano attestato può presentare tutte le operazioni funzionali al risanamento dell’esposizione debitoria (ristrutturazione debiti) e al ripristino della situazione finanziaria (operazioni sull’impresa e sulla finanza)[47]. In questo senso il piano attestato è la manifestazione più eclatante della “propensione per tailor made solutions” che saranno vieppiù favorite da una precedente composizione negoziata.

Sulle orme di una prassi largamente accreditata negli anni, la disciplina del Codice della crisi prevede che il piano attestato di risanamento debba illustrare le condizioni, le ipotesi e le variabili secondo cui l’imprenditore si impegna a superare la situazione di crisi.

Questa analisi già è stata compiuta dall’esperto durante la composizione negoziata, per cui la redazione del piano attestato sfrutta l’attività svolta a tutto vantaggio della sua attendibilità. All’esame dell’esperto si aggiungerà poi quello dell’attestatore per cui, come è stato scritto “il <piano attestato>, pur in assenza di qualsiasi accordo con i creditori, potrebbe avere la sua utilità nell’ipotesi in cui esso costituisca, non già uno strumento per la soluzione della crisi di impresa, bensì una sorta di certificazione in ordine alla insussistenza del rischio default che l’imprenditore, semmai border line, rilascia al suo interlocutore (acquirente, creditore, ecc.) a garanzia della stabilità dell’operazione da realizzare (vendita di un cespite, pagamento di un credito, acquisizione di una garanzia reale, ecc.)”[48].

Poiché si pone l’obiettivo di risanare l’esposizione debitoria e riequilibrare la situazione finanziaria, il piano attestato di risanamento, redatto per iscritto e munito di data certa, - così come dovranno esserlo per esigenze probatorie gli atti unilaterali e contratti posti in essere in esecuzione – dovrà descrivere puntualmente, muovendo dallo stato dell’impresa, gli interventi di natura patrimoniale, finanziaria, economica e strutturale commisurandoli all’intera area aziendale[49].

In primis la norma impone, infatti, più che una analitica descrizione dello stato dell’impresa, una vera e propria disclosure iniziando dalla sua “storia” ritenendo evidentemente che la descrizione sia del processo che ha condotto alla crisi sia dell’assetto economico-patrimoniale e finanziario, con gli impegni che gravano sul patrimonio, possano orientare nella valutazione del piano. L’attuale testo dell’art. 56 non prevede più che il piano sia accompagnato dalla documentazione di cui all’art. 39 che senza dubbio appare invece funzionale alla migliore informazione dei creditori[50].

Se però il piano consegue ad una composizione negoziata dove i flussi informativi sono stati completi, i creditori (in particolare coloro che non avevano partecipato alle trattative) non potranno lamentare questa carenza. Tutto ciò ricadrà a vantaggio anche del piano.

È, infatti, da evidenziare come le indicazioni che il piano deve contenere instaurino un monitoraggio sulle performance per poter tempestivamente intervenire quando si verifica uno scostamento tra obbiettivi fissati, la situazione in atto e la tempistica prevista[51].

Per quanto riguarda il monitoraggio è chiaro che essendo, per sua natura, lo strumento privo di controlli – sia da parte del tribunale che di un organo – questi incombono sull’imprenditore e anche sui diretti interessati (i creditori) che potranno imporre al debitore adeguati flussi informativi e modalità che consentano loro un monitoraggio sul piano in progress. Questa verifica in continuo costituisce un dovere per il debitore scolpito nel CCII nell’art. 3 e nell’art. 4, declinato sia nella predisposizione degli “adeguati assetti” ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative, sia nella tenuta di un comportamento improntato ai canoni di buona fede, correttezza (art. 4, I comma) e trasparenza sia nella negoziazione che nella predisposizione del corredo informativo (art. 4, II comma).

Dal canto loro anche i creditori, oltre al dovere di buona fede e correttezza nell’esecuzione degli accordi (art. 4, I comma), incontrano un vincolo di collaborazione leale con il debitore (art. 4, IV comma) durante lo svolgimento delle tappe del percorso comune intrapreso per risolvere la crisi. In tale ottica anche su di loro incombe il dovere di monitoraggio onde evitare che l’esecuzione di atti non più armonici con le condizioni originarie dell’impresa e, quindi, con il piano, rechino pregiudizio alle parti (a quelle coinvolte e a quelle estranee) che non solo non potranno giovarsi delle coperture (da revocatoria e dalla sanzione penale) ma che saranno pregiudicate dall’esito di un piano divenuto non performante. L’attestazione non rende, infatti, inattaccabile ogni atto posto in base al piano se al momento della sua esecuzione fossero mutate le condizioni che sussistevano quando il professionista lo aveva valutato[52].

 

3.2. Il ricorso agli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza

Un’ulteriore chance a seguito dell’impossibilità di concludere con successo le trattative può essere quella di accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi disciplinati dal CCI, come ad esempio agli accordi di ristrutturazione o al concordato preventivo che, grazie al loro carattere concorsuale e alle numerose facoltà concesse al debitore per il raggiungimento dell’obiettivo del risanamento, potrebbero consentire una più profonda ristrutturazione del debito e, in generale, dell’impresa.

Evidente è allora che in questo caso le trattative non hanno avuto un esito favorevole perché non è stata raggiunta una convergenza su uno dei tre strumenti negoziali extragiudiziali di cui al comma 1 dell’art. 23. A questo punto la resistenza dei creditori non aderenti può essere vinta con uno degli strumenti compositivi e non liquidativi di cui al comma 2 (lett. a, b o c per quanto riguarda il concordato preventivo) in quanto essi non potrebbero, in caso di liquidazione giudiziale o di altra alternativa concretamente praticabile, ottenere un trattamento migliore.

È previsto quindi (lett. b, comma 2 dell’art. 23) che l'imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore, all'esito delle trattative domandi in alternativa – quando la situazione dell’impresa sia scivolata in una vera e propria crisi o, addirittura, in insolvenza e vi sia, quindi, una forte conflittualità tra i creditori - l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti[53] che può essere l'accordo disciplinato dall'articolo 57 ovvero l'accordo ad efficacia estesa previsto circolo 61 ovvero infine l'accordo agevolato disciplinato dall'articolo 60 dove è stabilito che la percentuale del 60% è ridotta alla metà quando il debitore non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi e non abbia richiesto e rinunci a richiedere misure protettive temporanee. A differenza dell’accordo previsto nel comma 1, lett. a) dell’art. 23, che opera in ambito esclusivamente stragiudiziale, gli accordi di ristrutturazione ex artt. 57, 60 e 61 assumono, in seguito all’omologazione, un'efficacia esterna ai fini dell'esenzione da revocatoria e dai reati di bancarotta.

Si tratta di uno strumento molto flessibile che può avere un contenuto vario potendo prevedere una serie anche combinata di pattuizioni negoziali. Potrebbero infatti essere utilizzati: il pactum de non petendo, la remissione del debito, la costituzione di garanzie, la concessione di nuova finanza, la conversione di credito in capitale, la costituzione di un trust o altri negozi di contenuto diverso aventi comunque la finalità di superamento della crisi attraverso la ristrutturazione dei debiti.

L'art. 57 non suppone la continuazione dell'impresa quale obbiettivo finale dello strumento. Da ciò possiamo desumere che l'accordo di ristrutturazione ordinario ex art 57 possa avere anche finalità liquidatoria a differenza del piano attestato di cui all'art 56 preordinato al risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e al riequilibrio della situazione finanziaria.

Gli accordi di ristrutturazione sono conclusi dall’imprenditore con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e sono soggetti ad omologazione ai sensi dell’art. 48.

A tal fine l’imprenditore deve, infatti, depositare l’accordo unitamente al piano di economico-finanziario di risanamento, il cui contenuto è indicato dall’art. 56 CCII, una relazione di un professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo nonché l’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:

a) entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.

Con la nuova disciplina del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza è stata ampliata dal nuovo art. 61 CCII la possibilità, già prevista dall’art 182-septies, L.F., di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa in deroga agli artt. 1472 e 1411 c.c. in presenza dei requisiti espressamente indicati (omogeneità delle categorie, buona fede nelle trattative, informative complete ed aggiornate, soddisfazione in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale).

La possibilità di un’estensione forzosa dell’accordo ai creditori non aderenti viene prevista anche nei confronti dei creditori non finanziari, solo però in caso di finalità di risanamento e non liquidatorie e, quindi, nel caso in cui l’accordo preveda la prosecuzione dell’attività di impresa in via diretta o indiretta.

In entrambi i casi i crediti degli aderenti devono rappresentare la metà dell’indebitamento complessivo e devono rappresentare il settantacinque per cento di tutti i crediti appartenenti alla categoria.

In tal caso il debitore deve notificare l’accordo, la domanda di omologazione ed i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo.

L’art 60 del CCII prevede, inoltre, la possibilità di accordi con il trenta per cento dei crediti quando il debitore: a) non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi; b) non abbia richiesto e rinunci a richiedere misure protettive temporanee.

E’ possibile che l’imprenditore alla conclusione della composizione negoziata (che non ha generato soluzioni al suo interno) - per poter beneficiare della protezione conseguente al deposito della domanda di omologazione anche quando non si sono ancora perfezionati gli accordi con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti, - richieda le misure protettive allegando la documentazione relativa alla situazione contabile, la proposta di accordo, corredata da un'attestazione del professionista indipendente che dichiari che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti e che la stessa, se è accettata, è idonea ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori.

A tali misure non si accompagna il divieto – che sarebbe in contrasto con la libertà gestionale dell’imprenditore - di provvedere al pagamento dei creditori anteriori. È pacifico che negli accordi di ristrutturazione non vige la regola della par condicio creditorum o la regola dell'ordine delle cause di prelazione, in quanto che siamo dinanzi ad una negoziazione del singolo creditore con il debitore per cui ciascun creditore, avendo la disponibilità del proprio credito, potrà accettare la condizione propostagli dal debitore pur essendo diversa (per importo percentuale e ordine) da quella proposta a creditori di pari rango.

Questo strumento, diversamente dal piano attestato, può essere accompagnato da misure protettive di contenuto variegato la cui applicazione può essere chiesta dall'imprenditore con la domanda di omologazione.

Inoltre, le misure protettive impediscono che i creditori, che siano parti contrattuali, interrompano i contratti in corso di esecuzione per effetto del deposito della domanda di omologazione o per effetto di un precedente inadempimento del debitore. 

È tuttavia previsto che, indipendentemente dalla concessione o meno di misure protettive, gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda e prima dell'omologazione del tribunale siano esenti da revocatoria. Queste saranno necessarie quando l’accordo di ristrutturazione non sia stato generato dalle trattative e vi sia necessità di avere a disposizione di un tempo protetto per negoziare.

L’accordo di ristrutturazione può non essere il frutto di un accordo raggiunto con i creditori nel corso delle trattative né deve necessariamente rappresentare la migliore soluzione possibile. “Ciò di desume dalla circostanza che un beneficio particolare” (sul quale infra) “è riservato all’imprenditore <se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto>, locuzione che deve essere intesa nel senso che la soluzione adottata deve essere maturata nell’ambito delle trattative e non dopo la conclusione della negoziazione e quindi sostanzialmente patrocinata e condivisa dall’esperto”[54].

Ciò significa che l’accordo di ristrutturazione può essere frutto delle trattative (ed allora scatta il beneficio) oppure nascere da negoziazioni successive condotte in autonomia dall’imprenditore (ed in questo caso non scatta alcuna agevolazione).

Se dunque durante le trattative è intervenuto un accordo (risultante dalla relazione finale dell’esperto) - presumibilmente con gli stessi creditori disponibili a sottoscrivere gli accordi formali - la percentuale delle adesioni necessaria perché, nell’ambito delle categorie, l’accordo con la maggioranza sia estensibile alla minoranza si riduce al 60%. Questo è un beneficio che rende l’accordo ad efficacia estesa particolarmente appetibile. Non è necessario che abbiano aderito tutti i creditori anche perché la disciplina della composizione negoziata non prevede che tutti i creditori debbano partecipare alle trattative.

“Nella fattispecie, dunque, l'accordo deve necessariamente intervenire tra coloro che dovranno formalmente sottoscrivere il documento da allegare alla domanda di omologazione dello stesso. Tale adesione, per essere credibile e supportare la dichiarazione dell'esperto di intervenuto accordo, deve assumere quantomeno la forma della puntuazione (term sheet) che, seppure non definitivamente vincolante, renda probabile la successiva esplicita adesione”[55].

Il beneficio non spetta se la relazione non fa cenno dell’intervenuto accordo e quindi l’accesso alla procedura è frutto di autonoma determinazione del debitore che viene tuttavia comunque incentivato a tale passo mediante il riconoscimento dei benefici economici in ambito fiscale enunciati nell’art. 14 commi 1 (riduzione alla misura legale degli interessi sui debiti tributari), 2 (riduzione al minimo delle sanzioni tributaria da pagarsi entro un certo termine se questo scade dopo la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto) e 3 (riduzione alla metà della sanzioni e degli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di nomina dell’esperto, e oggetto della composizione negoziata).

Anche l’accordo di ristrutturazione consente, in caso di successiva liquidazione giudiziale, l’esenzione da revocatorie e reati di bancarotta, tali salvaguardie si concretizzano con l’omologazione.

Sia il Piano di ristrutturazione soggetto ad omologa (art. 64-bis) sia il concordato preventivo (per la cui trattazione rinvio alla Parte II), infine, previsti tra gli strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza ai quali l’imprenditore può adire all’esito della composizione negoziata, potrebbero costituire pur sempre una “via di fuga” dalla liquidazione giudiziale. Il concordato preventivo, procedura concorsuale strutturata con passaggi giudiziali non rapidi, si scontrerà, tuttavia, con il tempo contingentato delle misure protettive, apparendo allora come soluzione non semplice a meno che la composizione negoziata non abbia avuto una durata breve (e di conseguenza la protezione se richiesta) e non possa recuperare l'intesa già raggiunta con una parte dei creditori.

 

 

3.3. Conclusioni sulle soluzioni indicate nel comma 2 dell’art. 23 CCI

Questi sbocchi, alternativamente scelti nel caso in cui le trattative non abbiano dato luogo ad una delle soluzioni “ottimali” di cui al primo comma dell’art. 23, non corrispondono ad un vero e proprio insuccesso della composizione negoziata. Lo stesso legislatore mostra, infatti, di considerare in senso positivo entrambe le ipotesi disciplinate dal primo e dal secondo comma dell'articolo 23 e, dunque, (soprattutto) anche l'accordo di ristrutturazione proposto all'esito delle trattative, perché in entrambi i casi l'imprenditore è ammesso a beneficiare delle misure premiali di carattere fiscale anche se con latitudine diversa.

Elemento distintivo degli sbocchi di cui al comma 2 dell’art. 23 rispetto a quelli del comma 1, è che possono non essere frutto diretto delle trattative[56] ma sfruttano di queste il flusso informativo e le conoscenze acquisite sulle diverse posizioni assunte dalle parti. Con questo bagaglio cognitivo e comportamentale – costruito anche grazie all’attività dell’esperto[57] - l’imprenditore “riparte” verso la elaborazione di una proposta.

“La scelta può discendere sia dall’entità della situazione di squilibrio in cui versa l’impresa, sia dalla circostanza per cui le trattative siano andate a buon fine solo con alcuni creditori. Anche in questo caso, tuttavia, la composizione negoziata sarà stata utile a predisporre il terreno per la conclusione di un piano di risanamento assistito dalle garanzie previste dalla legge fallimentare o per accedere rapidamente alla procedura concorsuale, essendo già state vagliate le proposte del debitore e le risposte delle parti sotto il controllo di un esperto equidistante da tutti i soggetti coinvolti”[58].

Gli strumenti elencati dal secondo comma sono, infatti, il risultato di un'iniziativa assunta dall'imprenditore autonomamente, anche se verosimilmente troveranno proprio nelle trattative la loro radice, tanto ciò è vero che in alcuni casi è la relazione finale dell’esperto che li legittima o che, a certe condizioni, fa scattare l’applicazione di misure premiali o di una normativa di favore (come nel caso degli ADR ad efficacia estesa ex art. 61 CCI).

L’esperto, però, non partecipa alla elaborazione di nessuno degli strumenti di cui al secondo comma dell’art. 23 CCI. Con la redazione del parere finale l’esperto ha esaurito il suo compito nella Composizione negoziata[59].

Tanto ciò è vero che a norma prevede che ciascuno degli strumenti selezionati sia predisposto, domandato, proposto o opzionato dall’imprenditore “all'esito delle trattative” ciò supponendo che quelle abbiano aperto un canale di interlocuzione - se pur non immediatamente proficuo non avendo generato uno sbocco in uno fra quelli del primo comma - che viene sfruttato in termini: di informazioni circolate e acquisite dalle parti, di preclusioni e di disponibilità dei creditori[60].

In una differenziazione tra gli strumenti che conseguono come esito positivo delle trattative e quelli che possono essere utilizzati in caso di esito senza accordo tra le parti deve a mio avviso segnalarsi che mentre i primi devono essere idonei a risanare l’impresa, i secondi devono essere idonei (soltanto) a superare la crisi o l’insolvenza[61].

In ogni modo, pare possibile affermare che ciascuno di questi strumenti compositivi, se immaginato come sbocco di una composizione negoziata, venga arricchito da potenzialità che non avrebbe in un utilizzo “in solitario”. 

 

4. Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio: quando si può domandare

 Se l'imprenditore non riesce a concretizzare la prospettiva della ristrutturazione accedendo alle ipotesi stragiudiziali, semigiudiziali  o giudiziali per la continuità elencate dall’art. 23, comma 1 e comma 2 lett. a) e b), potrà rivolgersi al concordato semplificato (art. 25-sexies), strumento liquidativo - meno “traumatico” della liquidazione giudiziale e più snello del concordato preventivo liquidatorio – che, consentendo la cessione dell'azienda in attività, è compatibile con la continuità aziendale indiretta. Ciò può avvenire quando non vi sono i presupposti per una continuità diretta ma sussiste l’interesse del mercato per quel bene o quel servizio.

In tal modo il complesso aziendale, separato dall’imprenditore e reimmesso in altro circuito produttivo, può continuare a “vivere” riprendendo a generare valore. È da escludere la possibilità di presentare un piano concordatario “semplificato” sia in continuità diretta[62], sia misto.

Il concordato semplificato costituisce l’“ultima spiaggia” (soltanto) per chi sia transitato dalla composizione negoziata e scelga la liquidazione del patrimonio attraverso una procedura “sintetica” e rapida evitando così la liquidazione giudiziale[63].

La Relazione tecnica di accompagnamento al d.l. 118, valorizzando la composizione negoziata anche per gli sbocchi che offre, presenta il concordato semplificato come la procedura utilizzabile dal solo imprenditore che, avendo i requisiti, abbia sperimentato quel percorso con l’obbiettivo di approdare ad una soluzione conservativa stragiudiziale alla quale, però, abbia dovuto rinunciare perché dalle trattative non è nata una condivisione costruttiva.

Il favor legislativo per questa formula è tale che si prevede che la proposta possa contemplare la cessione a un soggetto già individuato dell’azienda o di uno o più rami (o di specifici beni) anche prima dell’omologazione e senza dover applicare le regole competitive[64]

Per molti aspetti, quindi, il concordato semplificato costituisce per l’imprenditore un incentivo - poco dispendioso, forse programmabile e, in certi casi, molto appetibile[65]- a entrare nella composizione negoziata nella consapevolezza che qualora non sia percorribile una soluzione negoziale per il risanamento dell’impresa, sarà comunque possibile – anziché giungere inevitabilmente alla liquidazione giudiziale – proporre una procedura, per una rapida uscita dal e un altrettanto rapido ritorno al mercato, che viene “alleggerita” dai passaggi, controlli e costi procedimentali “monetizzando” da una parte l’attività  dell’esperto e  dall’altra gli scambi informativi e dialogici che hanno avuto luogo durante le trattative. In queste è stata, infatti, discussa e rifiutata una proposta di risanamento aprendo così le porte alla liquidazione.

La legge, allora, assimilando tale diniego a un consapevole lasciapassare per una proposta concordataria liquidativa, sopprime una successiva ulteriore discussione e, quindi, la votazione, in tal modo “alleggerendo” il procedimento.

Sotto questo profilo il concordato semplificatocostituisce una spinta per i creditori a partecipare alle trattative con atteggiamento collaborativo cercando insieme all’imprenditore una soluzione negoziale prima di costringere all’approdo in una procedura nella quale, privati del diritto di voto[66], potrebbero esprimersi esclusivamente attraverso l’opposizione all’omologazione[67].

Se questa costituisce la semplificazione più rilevante, non è, però, l’unica. Altre semplificazioni sono state operate che vanno a incidere – a una prima lettura – sui diritti dei creditori cambiando vistosamente i tratti “somatici” dell’istituto concordatario[68].

 

5. La semplificazione e la dipendenza dalla relazione finale dell’esperto

Disciplinato nel Capo II del Titolo II del codice all’art. 25-sexies, questo concordato deve, infatti, il suo nome (“semplificato”) a precise scelte semplificatrici: non è prevista alcuna percentuale minima di soddisfazione per i creditori, né l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori, né l’attestazione del piano, né il deposito del fondo spese di procedura, né la votazione dei creditori, né un giudizio di ammissione, né la nomina del commissario giudiziale e del giudice delegato. Tali semplificazioni che si riverberano sulla riduzione sia di tempo che di spesa concorrono a incentivare il ricorso a questo strumento preferendolo al concordato preventivo. 

La semplificazione trova la sua ragione d’essere nel fatto che lo strumento è utilizzabile esclusivamente come sbocco della composizione negoziata, quando le trattative si siano svolte, un flusso di informazioni sia intercorso tra le parti, le soluzioni negoziali stragiudiziali siano state esplorate ma non abbiano portato ad altre soluzioni.

Il concordato semplificato è, quindi, riservato a quegli imprenditori che non solo abbiano chiesto la nomina dell’esperto ma abbiano anche instaurato e condotto le trattative della composizione negoziata, presentando l’impresa il requisito della risanabilità.

Per l’accesso a questo concordato la relazione finale dell’esperto, imperniata sullo svolgimento delle trattative e sul modo con cui le parti si sono relazionate tra loro, costituisce il punto di snodo.  Come precisa l'articolo 25-sexies, occorre, infatti, che nella relazione finale l'esperto abbia dichiarato che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede ma che, non avendo avuto esito positivo, le alternative negoziali conservative previste dall'articolo 23, comma 1 e comma 2, lett. a), b) e d) non sono praticabili.

Merita, così, sottolineare che è interdetto l’accesso a detto concordato non solo nel caso in cui, concluse le trattative, l’esperto esprima un “giudizio negativo” sul comportamento delle parti o rilevi che le proposte negoziali non sono state completamente e chiaramente presentate e illustrate dall’imprenditore, ma anche qualora – prima dell’esito finale - abbia ritenuto, ai sensi dell’art. 17 comma 5, non sussistenti le concrete prospettive di risanamento e, conseguentemente, dato corso all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.

In conclusione, deve essere chiaro che il concordato semplificato non può essere l’obbiettivo che smuove l’imprenditore ad accedere alla composizione negoziata, bensì la soluzione estrema “di ripiego” quando, deluse le aspettative di risanamento per l’opposizione dei creditori partecipanti, - fallito il tentativo (“tracciabile”) di pervenire ad alcuna delle soluzioni indicate precedentemente dall’art. 23[69] - l’imprenditore sia costretto ad accettare questa soluzione di ultima istanza

Se il completamento del percorso e il deposito della relazione finale dell’esperto con il contenuto indicato sono i requisiti che immediatamente si impongono all’attenzione, altri ancora tuttavia devono essere considerati prima di depositare la domanda di concordato semplificato.

 

6. I presupposti soggettivo ed oggettivo

Qualsiasi imprenditore[70] transitato dalle trattative[71] con esito negativo, presa consapevolezza del fatto che l’unica ipotesi percorribile è quella liquidatoria, può chiedere al tribunale - nei sessanta giorni seguenti alla comunicazione della relazione conclusiva dell’esperto (dal contenuto sopra indicato) – l’omologazione di un concordato semplificato presentando una proposta di concordato per cessione dei beni.

Si tratterà di un imprenditore che versa in stato di crisi o d’insolvenza e quindi in quello stesso stato richiesto per l’accesso al concordato preventivo (art.84, comma 1).

E’ vero, infatti, che il concordato semplificato costituisce uno degli sbocchi della procedura della composizione negoziata e che con questo strumento si intende agevolare il risanamento di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa, ma la modifica apportata dalla legge di conversione del d.l. 118 al comma 1 dell’art. 9 (attuale art. 21 CCI), ammettendo la prosecuzione delle trattative anche nel caso di insolvenza del debitore purché esistano concrete prospettive di risanamento, lascia chiaramente intendere che lo stato di insolvenza – sussistendo ancora la fiducia dei creditori - non preclude la continuazione della composizione negoziata.

Ad ogni modo, qualunque sia il significato da attribuire all’espressione “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza” – presupposto oggettivo per chiedere la nomina di un esperto (art. 12, comma 1, CCI) - è pacifico che al concordato semplificato il debitore può accedere “quando l'esperto nella relazione finale dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni di cui all'articolo 23, commi 1 e 2, lett. b), non sono praticabili”; il che sta a significare che la situazione in cui versa il debitore (o già versava inizialmente) non è quella di una crisi o insolvenza probabile, ma di una crisi o vera e propria insolvenza in atto[72].

 

7. La disciplina dell’istituto

Passando ad esaminare la disciplina dell’istituto, va detto che essa è estremamente sintetica. L’esordio (comma 1) fissa i capisaldi già rammentati stabilendo che quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo, perché non è stato raggiunto alcun accordo con le parti interessate, e quindi le soluzioni di cui all’articolo 11, comma 1, non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di detta relazione finale[73] (art. 17, comma 8), una proposta di concordato per cessione dei beni - che può essere eseguita anche con il trasferimento a terzi dell’azienda o di suoi rami - (unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’art. 39.

Sempre nell’ottica della velocizzazione si pone la norma sul classamento. Il contenuto della proposta, che può prevedere la suddivisione dei creditori in classi, è improntato alla massima flessibilità. Gli unici criteri da seguire sono quelli che individuano l’oggetto del giudizio di omologazione e, quindi, l’imprenditore deve rispettare l’ordine delle cause di prelazione, proponendo un piano che possa superare il vaglio di fattibilità in forza del quale i creditori non vengano a percepire meno di quanto potrebbero ottenere in caso di liquidazione giudiziale indicando le utilità, non necessariamente in denaro, per ciascun creditore. L’obiettivo è di giungere con rapidità alla liquidazione e al riparto che non deve arrecare pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale (art. 25-sexies, comma 5).

Non è richiesta la relazione attestativa di un professionista indipendente.

L’imprenditore chiede l’omologazione del concordato con ricorsodepositato al tribunale del luogo in cui l’impresa ha il proprio centro degli interessi principali, comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. Il ricorso è trasmesso al pubblico ministero e pubblicato, a cura della cancelleria, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito della domanda. La norma specifica che dalla data della pubblicazione del ricorso si producono gli effetti di cui agli articoli 6, 46, 94 e 96, CCI.

Il tribunale, valutata la ritualità della proposta, acquisiti la relazione finale e il parere dell'esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina con decreto un ausiliario (art. 68 c.p.c.) che deve comunicare al tribunale l'accettazione dell'incarico entro tre giorni dalla ricezione del provvedimento di nomina e che viene incaricato di depositare un parere entro un termine prestabilito. Non è prevista – per velocizzare e snellire (anche in termini economici) la procedura sfruttando, di nuovo, la pregressa attività dell’esperto culminata nella relazione finale alla quale si aggiunge il parere richiestogli dal tribunale ai sensi dell’art. 25-sexies, comma 2 e il bagaglio informativo accumulato durante le trattative - la nomina del commissario giudiziale.

La nomina dell’ausiliario (come per quella degli altri professionisti che sono chiamati dal giudice ad operare nell'ambito della gestione delle procedure concorsuali) è presidiata, per quanto riguarda le cause di incompatibilità, dalle norme del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d. lgs. n. 159/2011).

Con il medesimo decreto il tribunale ordina che la proposta insieme al parere dell'ausiliario e alla relazione finale dell'esperto, venga comunicata, a cura del debitore, ai creditori risultanti dall'elenco depositato ai sensi dell'art. 39, comma 1, ove possibile a mezzo posta elettronica certificata, o, in mancanza con raccomandata con avviso di ricevimento, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione virgola e, infine, fissa la data dell'udienza per l'omologazione.

Contemperando la celerità di svolgimento della procedura con l’effettiva informazione dei creditori funzionale all’eventuale esercizio del diritto di opposizione, il comma 4 dell’art. 25-sexies, prevede che tra il giorno della comunicazione del provvedimento e quello dell'udienza di omologazione debbano decorrere non meno di quarantacinque giorni e che i creditori e qualsiasi interessato possano proporre opposizione all'omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell'udienza fissata.

 Il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale comunque assicurando un'utilità a ciascun creditore. Il tribunale provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo che, una volta pubblicato (art. 45), è comunicato dalla cancelleria alle parti che nei successivi trenta giorni possono proporre reclamo alla corte d'appello. Il decreto della Corte d'appello è ricorribile per Cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione.

Al concordato semplificato si applicano (con richiamo contenuto nel comma 8 dell’art. 25-sexies) alcune disposizioni del concordato preventivo (artt. 106, 117, 118, 119, 324 e 341) sostituita la figura del commissario giudiziale con quella dell'ausiliario. Ai fini di cui all'articolo 106 (“Atti di frode e apertura della liquidazione giudiziale nel corso della procedura”), il decreto con cui il tribunale, verificata la ritualità del procedimento, nomina l’ausiliario, equivale all'ammissione al concordato.

L’art. 25-septies disciplina concisamente la fase dell’esecuzione del concordato. Il primo comma della norma citata prevede che il tribunale con il decreto di omologa nomini un liquidatore giudiziale al quale si applicano per la nomina, l’accettazione, il compenso, la revoca, la responsabilità e il rendiconto, le stesse norme, in quanto compatibili, previste per il curatore della liquidazione giudiziale (richiamando l’art. 114 che a sua volta rinvia agli artt. 126, 134, 136, 137 e 231 nonché le disposizioni del d.lgs. 159/2011 Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione). Dal tenore letterale della norma e dalla natura prettamente liquidatoria del concordato semplificato, desumiamo che la nomina del liquidatore – precisamente di un solo liquidatore - è sempre obbligatoria in caso di omologazione.

Sempre nell’ottica di snellire e velocizzare il procedimento, - tanto più che i creditori hanno ricevuto durante la composizione negoziata il plesso informativo necessario per valutare e decidere -  non è prevista la nomina del comitato dei creditori.

Si applicano, inoltre e in quanto compatibili, le disposizioni previste in tema di esecuzione del concordato preventivo con concessione dei beni ai creditori.

Il liquidatore è investito dello svolgimento delle attività funzionali alla liquidazione del patrimonio e alla ripartizione del ricavato secondo tempi e modi fissati dalla proposta omologata.

Tra i poteri del liquidatore rientra anche quello di agire in giudizio per il recupero dei crediti inclusi nel piano e quindi anche dell'esercizio dell'azione sociale di responsabilità verso amministratori e sindaci.

Il secondo comma 25-septies prevede che se il piano di liquidazione comprende un’offerta da parte di un soggetto individuato per il trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami o di specifici beni, anche prima dell'omologazione, il liquidatore giudiziale è tenuto, prima di dare esecuzione all'offerta, a verificare se sul mercato siano praticabili soluzioni migliori.

Alla vendita si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 2919 a 2929 c.c. che regolano gli effetti delle vendite forzate o delle assegnazioni.

Infine, il terzo comma dell’art. 25-septies precisa che se il piano di liquidazione contemplasse che il trasferimento debba essere eseguito prima dell'omologazione, all'offerta debba dare esecuzione - previa autorizzazione da parte del tribunale - l'ausiliario, verificata in ogni caso l’assenza di soluzioni migliori sul mercato e con le modalità indicate al comma precedente. 

 

8. La natura del concordato semplificato e gli elementi distintivi

Nel concordato semplificato riscontriamo gli elementi distintivi dellaprocedura concorsuale[74]. La disciplina, infatti, contempla: l’intervento (in determinati casi) dell’Autorità giudiziaria; l’apertura del concorso dei creditori - se non altro imposto dal richiamo degli artt. 6, 94, e 117 - con l’applicazione della regola della par condicio creditorum(evocata a contrario anche dal riferimento alle classi dei creditori) e dell’ordine delle cause di prelazione; le esenzioni da revocatoria per gli atti posti in essere in esecuzione del piano concordatario. Affermata la natura di procedura concorsuale ne discende che, in presenza di lacune normative, sarà possibile, mettendosi sulle orme della concorsualità, ricorrere all’analogia juris.

Siamo in presenza, però, di una procedura autonoma e dai tratti particolari rispetto al concordato preventivo, alternativa rispetto alle altre procedure concorsuali disciplinate nel codice della crisi[75] e richiamate nell’art. 23.

Intanto deve sottolinearsi la differenza dal concordato preventivo al quale non può essere in alcun modo ricondotto vuoi per la separata collocazione in seno al codice della crisi, vuoi per la diversa denominazione, vuoi perché nel concordato semplificato è assente l’incontro delle volontà, tipico invece della procedura concordataria, vuoi perché non siamo dinanzi ad una procedura autonoma alla quale possano ricorrere indistintamente gli imprenditori assoggettabili alla liquidazione giudiziale bensì – come già è stato detto – esclusivamente coloro che sono “transitati” dalla composizione negoziata.  Ne discende che le uniche norme del concordato preventivo applicabili al concordato semplificato sono quelle espressamente richiamate. Dalla “dipendenza” dalla composizione negoziata discendono e si spiegano quindi le specificità di questo concordato.

Il piano di questo nuovo concordato può avere contenuto soltanto liquidatorio. La proposta si sostanzia nella cessione dei beni – di tutti i beni, di tutto il patrimonio – dalla liquidazione dei quali i creditori trarranno l’utilità che soddisfa i loro interessi secondo un piano, dove sono descritte le sequenze liquidative, e che può prevedere una suddivisione dei creditori in classi per plasmare la par condicio agli interessi economici effettivi di ciascuno. Nessuna percentuale minima è prevista, né richiesta di nuove risorse a supporto, né il deposito preventivo della somma necessaria per la procedura. Il senso di questa procedura liquidatoria lo si rinviene nell’essersi esaurito un percorso durante il quale nessuna proposta negoziale è stata accolta dai creditori.

A questo punto l’imprenditore offre tutto il patrimonio ma, per non disperdere il valore della tempestività conquistato con l’accesso alla composizione negoziata, la liquidazione deve essere eseguita secondo poche e semplici regole sulla traccia di ciò fino ad allora si è compiuto. Così possono essere compressi i passaggi procedimentali e ridotti i controlli per l’accesso e in itinere.

 Su questa linea si può prevedere la cessione unitaria dell’azienda o di un ramo della stessa, anche sulla base di un’offerta precostituita, come previsto dall’art. 25-septies, comma 2.

In base a quanto affermato il concordato semplificato è ascrivibile, (intanto ma non solo) per qualificazione legislativa stessa, alla categoria dei concordati liquidatori perché,seppur indirettamente possa favorire la continuità, la prosecuzione dell’impresa è un dato eventuale come del resto risalta dalla legge che nonrichiama nessuna delle norme tipiche del concordato preventivo in continuità.

Si tratta di una procedura che si distingue per profili del tutto particolari, discostandosi per diversi aspetti, nonostante il nomen utilizzato dal legislatore (concordato), dal concordato preventivo: non è prevista la votazione e, quindi, non si potrebbe individuare l’incontro delle volontà.

Qui la proposta di soddisfacimento, pur destinata ai creditori come soggetti finali, è indirizzata direttamente all’autorità giudiziaria che deve approvarla.

I creditori esprimono eventualmente la loro voice opponendosi all’omologazione in quanto ad essi è stata lasciata la possibilità di “entrare” nelle trattative e, dunque, di interloquire sulle possibili soluzioni alla crisi.

Siamo dinanzi ad una fattispecie – ben conosciuta in altri settori dell’ordinamento delle crisi (ad es. il concordato della liquidazione coatta amministrativa o della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza e da ultimo lo strumento per il sovraindebitamento del consumatore) – che viene denominata “concordato coattivo” perché appunto è sottratto all’approvazione dei creditori –  risultando a loro imposto - ai quali compete solo un diritto di opposizione avanti il tribunale il quale, decise le opposizioni, vagliando l’offerta in termini di convenienza, nega o approva il concordato[76].

In realtà ritengo che non si possa cogliere appieno le potenzialità di questo strumento se lo vogliamo interpretare attraverso una comparazione con il concordato preventivo. È chiaro che letto isolatamente dalla composizione negoziata nella quale vi sono stati controlli, trattative, flussi informativi, valutazioni e schieramenti - che spiegano la disciplina (altrimenti eversiva) del concordato semplificato – la conclusione non può che condurre a un inquadramento in termini di coazione. Ove invece questa disciplina venga letta congiuntamente a quella del percorso che l’ha preceduta, comprendiamo che un accordo (un “concordato”) vi è stato quando le parti hanno respinto gli “sbocchi idonei” legittimando così “l’entrata” di un “semplificato”.

Senza dubbio, la disciplina del concordato semplificato, nonostante i diversi rinvii a norme del concordato preventivo, presenta numerosi caratteri distintivi – direi peculiari - originati sia dall’assenza di alcune norme, sulla quale ci dobbiamo allora interrogare per cercare di coglierne il significato, sia dalla presenza di altre che non si rinvengono in altre procedure concordatarie.

In primo luogo, risaltano l’assenza di alcune disposizioni riguardanti la domanda in senso ampio. I temi sono quelli della competenza, dell’assistenza tecnica, dell’approvazione (se si tratta di imprenditore societario) e sottoscrizione del ricorso.

L’art. 25-sexies fissando la competenza del tribunale non richiama, nella sua stringatezza, l’art. 28 sul trasferimento del centro degli interessi principali disponendo l'irrilevanza del trasferimento intervenuto nell'anno antecedente al deposito della domanda di accesso allo strumento di regolazione della crisi che, in questo caso, è il concordato semplificato. L’assenza del richiamo alla norma di cui all’art. 28, che costituisce regola generale e indisponibile del nostro ordinamento concorsuale, funzionale ad evitare il c.d. forum shopping, non deve, però, condizionare l’interprete potendosi ritenere comunque applicabile il principio[77].

Inoltre, la norma (sempre l’art.25-sexies)non si esprime circa la necessità o meno dell’assistenza di un legale. L’art. 40, comma 2, prevede che il ricorso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (e alla liquidazione giudiziale) sia sottoscritto dal difensore munito di procura e, ove si tratti di società, si richiede che la domanda sia approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 120-bis.

Ritengo che già considerando i caratteri del concordato semplificato possiamo comprendere il motivo del mancato richiamo di questa norma.  Rientrano, infatti, tra gli strumenti di regolazione della crisi, ai quali l’art. 40 si riferisce, quegli istituti che consentono ai debitori in difficoltà finanziarie di continuare a operare, in tutto o in parte, modificando la composizione, le condizioni o la struttura delle loro attività e delle loro passività o di una qualunque altra parte della loro struttura del capitale, anche mediante la vendita di attività o dell’azienda, ma sempre in ottica di ristrutturazione e non di liquidazione.

Questi caratteri non si rinvengono nel concordato semplificato come, del resto, mostra di ritenere il legislatore quando nell’art. 23 dispone che non essendo stata individuata una delle soluzioni di cui al primo comma, il debitore  può in alternativa: “a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all'articolo 56; b) domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61;  c) proporre la domanda di concordato semplificato; d) accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell’ insolvenza disciplinate dal presente codice, dal decreto legislativo 8 luglio 1999 n. 270 o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39”.

Possiamo ritenere quindi che, debba essere esclusa la necessità dell’assistenza di un legale per la presentazione del ricorsoalla procedura in questione che, se pure di natura giudiziale, introduce, all’esito del percorso stragiudiziale nel quale si sono svolte le trattative e i creditori sono stati sentiti, un procedimento estremamente semplificato rispetto a quello del concordato preventivo[78].

Nel caso di società il ricorso deve essere sottoscritto dal rappresentante legale ma anche su questo punto, nel silenzio della legge, sorge il dubbio se debba essere seguito l’iter che impone per la domanda di un quadro di ristrutturazione che la decisione sull’accesso, sul contenuto della proposta e sulle condizioni del piano venga assunta dagli amministratori (con una informazione dei soci a decisione assunta), risulti dal verbale notarile, e quindi sia depositata per l’iscrizione nel registro delle imprese (art. 120-bis). Questa disposizione si porrebbe in controtendenza rispetto alle istanze che guidano la disciplina del concordato semplificato mossa da esigenze di rapidità, snellezza e semplificazione. Del resto, la competenza esclusiva sulla gestione e il potere di rappresentanza di cui gli amministratori sono investiti (art. 2475-bis c.c.) è sufficiente a legittimarli all’iniziativa – la decisione sulla domanda di concordato semplificato attiene alla gestione - tanto più che già la società era stata immessa nel percorso della composizione negoziata[79].

9. Conclusioni sul concordato semplificato.

 Le differenze più marcate rispetto al concordato preventivo si ricollegano all’inserimento del concordato semplificato tra il caleidoscopio di soluzioni cui può condurre la composizione negoziata. Le particolari condizioni richieste per l’accesso conducono alla e legittimano la differenziazione.

Il concordato semplificato suppone, infatti, la previa, inutile consumazione di una fase di trattative tra imprenditore in crisi e creditori (e anche terzi) all’interno di un particolare setting governato da regole, potenzialmente stragiudiziale ma altrettanto potenzialmente protetto e dal monitoraggio costante dell’esperto.

Non è una nuova figura di concordato cui il debitore possa accedere direttamente, ma una procedura utilizzabile, ad esclusiva iniziativa del debitore, solo come approdo della composizione negoziata, quando le trattative non abbiano portato ad una delle soluzioni negoziali stragiudiziali che ne costituirebbero l’esito “ideale”[80].

Condizione è che il percorso della composizione negoziata sia stato imboccato e seguito - essendo state avviate le trattative per aver ritenuto l’esperto ricorrere concrete prospettive di risanamento e poi concluse - senza che sia stata individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendevano probabile la crisi o l'insolvenza. 

Oltre a questa condizione che legittima l’iniziativa e lo strumento, è la centralità della figura dell’esperto che determina precise scelte semplificatrici di questo concordato e tra queste l’assenza della votazione dei creditori e dell’attestazione del piano. Merita osservare che la mancanza della votazione può spiegarsi per esservi state trattative con i relativi flussi informativi che hanno posto i creditori in grado di assumere decisioni “informate”.

Anche l’assenza dell’attestazione del piano trova la sua spiegazione nella previsione della relazione finale dell’esperto, riguardo all’insussistenza di alternative soluzioni negoziali, e degli ulteriori pareri dell’esperto “con specifico riguardo ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte” e dell’ausiliario chiamato, tra l’altro, ad esprimersi sulla proposta di concordato e sulle utilità eventualmente ottenibili da una liquidazione giudiziale.

Non vi è dubbio, infatti, che il parere richiesto all’ausiliario, se pure la norma non richiami il contenuto della relazione particolareggiata richiesta al commissario giudiziale nel concordato preventivo (art. 105), debba comunque essere dettagliato andando ad analizzare tutti gli aspetti che possono essere utili al tribunale per condurre una comparazione tra i risultati raggiungibili con la liquidazione giudiziale rispetto a quelli prospettati nel piano di concordato semplificato.

Il concordato semplificato dipende dalla composizione negoziata e ciò balza evidente anche sotto il profilo della tempistica:l'imprenditore può presentare la proposta nei sessanta giorni successivi alla comunicazione della relazione finale redatta dall’esperto. Il termine dei sessanta giorni è decadenziale non essendo previste proroghe o eccezioni.

Inoltre, sono richieste condizioni di ordine formale: la composizione negoziata deve essere stata teatro di trattative condotte e partecipate (sia dall’imprenditore che dai creditori e terzi) secondo i canoni di buona fede e correttezza, anche se non produttive del risultato inizialmente sperato e ciò deve essere documentato dal report puntuale dell’esperto (la sua relazione finale) sull’intero percorso e sulla qualità del dialogo instauratosi tra le parti.

Nel rispetto di queste condizioni l’imprenditore può presentare la domanda di omologazione – non di ammissione - di un concordato semplificato. La situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e la non percorribilità di altre soluzioni sono state già esaminate dall’esperto indipendente e rappresentate nella relazione finale che chiude la composizione negoziata: questa è la ragione per cui la domanda può essere diretta a chiedere l’omologazione e non l’ammissione.

Il piano può avere contenuto soltantoliquidatorio, il che non esclude, come in ogni concordato liquidatorio, la possibilità di una cessione unitaria dell’azienda o di un ramo della stessa, anche basata su un’offerta precostituita. La vendita unitariadell’azienda costituisce una modalità per un maggior ricavo e, quindi, un miglior soddisfacimento dei creditori, rispetto ad una vendita atomistica.

Così inquadrato, il concordato semplificato è la procedura alla quale l’imprenditore approda dopo il naufragio delle trattative della composizione negoziata per regolare la crisi senza ricorrere alla liquidazione giudiziale ma utilizzando lo schema della cessione dei beni.

Pur essendo ascrivibile ai concordati liquidatori non è prevista alcuna soglia di soddisfazione minima e neppure l’apporto di risorse esterne per incrementare l’attivo e assicurare ai creditori un miglior soddisfacimento. Sotto questo aspetto, sussistendo le condizioni richieste, è sicuramente più appetibile per il debitore sia rispetto al concordato preventivo liquidatorio, sia al concordato minore, sia al concordato della liquidazione giudiziale.

Non per questo pare deteriore per i creditori rispetto al concordato preventivo. I tempi del soddisfacimento saranno infatti ridotti, non vi sarà una “lievitazione” delle prededuzioni, costi di attestazione e degli organi. Nel contempo, ove si approdi ad una cessione unitaria dell’azienda, essi potranno contare sulla permanenza sul mercato di un interlocutore economico.



[1] Per portare a termine le trattative le parti hanno a disposizione un arco temporale di 180 giorni che, tuttavia può essere ampliato per non oltre ulteriori 180 giorni quando tutte le parti lo richiedono e l'esperto vi acconsente, o quando la prosecuzione dell'incarico è resa necessaria a seguito dell’accesso alle misure protettive o cautelari, o di richieste autorizzative, o, ancora, nell'ipotesi di sostituzione dell'esperto (art. 17, comma 7). Durante questo periodo le trattative possono concludersi positivamente o invece “arenarsi” provocando l’archiviazione della composizione negoziata.

[2] La molla verso la tempestività dovrebbe essere costituita dall’offerta di un percorso, che se correttamente intrapreso ha tutte le potenzialità per condurre a soluzioni comunque sia preventive.

[3] ASSONIME, Guida al Codice della crisi, 14 dicembre 2022, 31.

S. BONFATTI, Profili della composizione negoziata della crisi d’impresa- Esito della procedura: il “contratto biennale” e la Convenzione di moratoria, ivi, 1° marzo 2022.

[5] In tal senso, L. PANZANI, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del Covid, in www.dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021, 34; S. BONFATTI, Profili della composizione negoziata della crisi d’impresa- Esito della procedura: il “contratto biennale” e la Convenzione di moratoria, cit.; A. ILLUMINATI, Sub art. 23, in F. DI MARZIO (diretto da), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2022, 91-92.

[6] F. CANAZZA, Brevi note sulla gestione dell’impresa nel corso della composizione negoziata e sulla conclusione delle trattative per la soluzione della crisi (artt. 9, 11, 12, 18 e 19, D.L. 24 agosto 2021, n. 118), in www.weigmann.it.

[7] “Il termine contratto è evidentemente usato in senso tecnico, facendo riferimento alla nozione dettata dall'art. 1321 c.c., ma tale rilievo non aiuta ad individuare il contenuto del negozio”, L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, in Fallimento, 2021, 1593.

[8] N. MANZINI, Composizione negoziata: esito e gli effetti delle trattative, in Quotidiano giuridico, 6 ottobre 2021.

[9] L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, cit., 1594.

[10] Per una lettura che prende atto del dato letterale rilevandone però la difficoltà a comprendere la ratio, V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 26 ottobre 2021; S. BONFATTI, Profili della composizione negoziata della crisi d’impresa- Esito della procedura: il “contratto biennale” e la Convenzione di moratoria, cit.; A. ILLUMINATI, Sub art. 23, cit., 91. In senso decisamente favorevole a superare “le rigidità interpretative”, L. GRATTERI, La conclusione delle trattative e il nuovo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in G. SANCETTA – A. I. BARATTA – C. RAVAZZIN (a cura di), La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, Milano, 2022, 318; R. D’ALONZO, I compiti dell'esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze, in Diritto della crisi.it, 11 gennaio 2022.

[11] L. GRATTERI, La conclusione delle trattative e il nuovo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, cit., 319.

[12] S. BONFATTI, Profili della composizione negoziata della crisi d’impresa- Esito della procedura: il “contratto biennale” e la Convenzione di moratoria, cit.; nello stesso senso A. ILLUMINATi, Sub art. 23, cit., 91.

[13] P. RIVA-G. ROCCA, L’esito dell’intervento dell’esperto e il contenuto della relazione finale, cit., 236, osservano che “il concetto di continuità aziendale e la sostenibilità del debito per un periodo di due anni parrebbero non coincidenti con quello di «risanamento» dell’impresa. Inoltre, il parere sull’idoneità del contratto a garantire la continuità di impresa per non meno di due anni si risolve, sostanzialmente, in una sorta di attestazione atipica da parte dell’esperto che in questa veste non potrà certo limitarsi a recepire le indicazioni del contratto e le dichiarazioni dell’imprenditore”.

[14] Così, V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, cit.; L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, cit., 1593.

[15] N. ABRIANI, P. BASTIA, Valutazione e presidio della continuità aziendale tra scienze economiche e diritto societario della crisi, in www.dirittodellacrisi.it, 24 novembre 2022; G. FAUCEGLIA, Le conclusioni delle trattative: riflessioni sull’art. 11, 1° comma, lett. a), L. n. 147/2021, in Dir. fall., 2022; A. QUAGLI, Riflessioni aziendali sulla ammissione alla composizione negoziata (d.lgs. 118/2021), in Ilcaso.it, 10 gennaio 2022, 4 ss.; P. RIVA – G. ROCCA, L’esito dell’intervento dell’esperto e il contenuto della relazione finale, in Quaderno n. 90 SAF, La composizione negoziata quale soluzione alla crisi d’impresa, ODCEC di Milano, 2022, 235.

[16] R. D’ALONZO, I compiti dell'esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze, cit.

[17] Nella disciplina della convenzione di moratoria di cui alla legge fallimentare era previsto che il professionista dovesse attestare l'omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici dei creditori interessati. Quest'obbligo è venuto meno nell'attuale norma in conformità all’impostazione generale del Codice della crisi secondo cui all'attestatore sono richieste soltanto le analisi contabili e le previsioni economiche ma non anche le valutazioni strettamente giuridiche. Sul punto V. LENOCI, sub art. 62, in F. DI MARZIO (diretto da), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 266.

[18] Così L. GRATTERI, La conclusione delle trattative e il nuovo strumento ecc., cit., 321 che attribuisce all’attestazione anche la funzione di sventare eventuali abusi dello strumento della convenzione qualora venisse utilizzata per passare poi a un concordato preventivo avvalendosi delle misure premiali di natura fiscale.

[19] P. RINALDI, L’accordo di cui al comma 1, lett. c) e la sottoscrizione dell’esperto, in S. BONFATTI – R. GUIDOTTI (a cura di), Il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, Torino, 2022, 375.

[20] G. D’ATTORRE, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2022, 43. L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative ecc., cit., 1597, esclude che all’esperto sia richiesta l’attestazione, ma poi osserva che il tipo di accertamento richiesto con la sottoscrizione non è dissimile dall’attestazione di fattibilità. Parla di “attestazione minore”, rispetto a quella prevista dall’art. 56, comma 3, che concerne sia la veridicità dei dati aziendali che la fattibilità del piano>, la Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione sul nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, 15 settembre 2022, 16.

[21] P. RIVA – G. ROCCA, L’esito dell’intervento dell’esperto e il contenuto della relazione finale, cit., p.

[22] V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, cit.

[23] Sul punto l’Allegato al decreto dirigenziale 28 settembre 2021 del Ministero della Giustizia, ed in particolare il protocollo, al punto 14.5 dove specifica che l’esperto nel valutare se sottoscrivere l’accordo tiene conto della sua idoneità al superamento dello squilibrio patrimoniale ed economico-finanziario, anche alla luce della check-list.

[24] P. RINALDI, L’accordo di cui al comma 1, lett. c) e la sottoscrizione dell’esperto, cit., 376.

[25] V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, cit.

[26] P. RINALDI, L’accordo di cui al comma 1, lett. c) e la sottoscrizione dell’esperto, cit., 376.

[27] P. RIVA – G. ROCCA, L’esito dell’intervento dell’esperto e il contenuto della relazione finale, cit., p. osservano che “Non appare ragionevole prevedere la sottoscrizione dell’accordo da parte dell’esperto senza il preliminare svolgimento di verifiche. Inoltre, occorre considerare lo scenario in cui l’accordo in corso di esecuzione si riveli non sostenibile, valutando le potenziali responsabilità dell’esperto sottoscrittore”.

[28] Ciò non significa che sia stato reintrodotto l'onere di attestazione, a tal fine non potendo valorizzarsi neppure la circostanza che la lettera c) del comma 1 dell'art. 23 contiene ora l'indicazione che con la sottoscrizione dell'accordo l'esperto da atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell'insolvenza. Tra l'altro, che l'esperto non possa essere equiparato al professionista indipendente lo si ricava anche dall'art. 16, comma 2 del Codice. Sul punto, L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative ecc., cit., 1596. Ad ogni buon conto “è ben difficile immaginare che il professionista che si pone come garante della serietà ed efficienza delle trattative si presenti ai creditori senza aver fatto alcuna verifica sulla documentazione prodotta dal debitore in quanto ne verrebbe minata la sua autorevolezza; pare infatti evidente che coloro che devono interloquire con l’imprenditore alla ricerca di una soluzione vogliano avere la ragionevole certezza che le carte messe sul tavolo siano veritiere e quindi delle due l’una: o di tale veridicità si fa garante l’esperto oppure i creditori chiederanno sistematicamente una verifica ad altro professionista, così come consente implicitamente l’art. 16 autorizzando l’esperto ad avvalersi di un revisore legale, con ciò che ne consegue in termini di tempo e di oneri per l’imprenditore in crisi”, V. ZANICHELLI, Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in G.U. il 1 luglio 2022, in Dirittodellacrisi.it., 1° luglio 2022.

[29] P. RINALDI, L’accordo di cui al comma 1, lett. c) ecc., cit., 376.

[30] P. RINALDI, L’accordo di cui al comma 1, lett. c) ecc., cit., 377.

[31] S. PACCHI, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (Ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Ristrutturazioni aziendali, 9 agosto 2021; in senso contrario L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative ecc., cit., 1596. A questo adempimento non sembra tuttavia possano ricollegarsi le responsabilità penali di cui all’art. 342 CCI, stante la tipicità e la tassatività della fattispecie penale A. FAROLFI, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, in Dirittodellacrisi.it, 6 Settembre 2021, 8.

[32] S. AMBROSINI – S. PACCHI, composizione negoziata della crisi, concordato semplificato e segnalazioni per l'emersione anticipata della crisi, in S. PACCHI – S. AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza, II ed., Bologna, 2022, 79.

[33] Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione sul nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, 15 settembre 2022, 16.

[34] Il nuovo art. 23 che riproduce l’art. 11 del D.L. n. 118/2021 è stato modificato dal d.lgs. 83/2022: i possibili esiti sono adesso raggruppati in due commi (e non più in tre) a seconda che si tratti o no di soluzioni concordate. La locuzione “In alternativa” che chiude il primo periodo del comma 2 dell’art.23, deve essere intesa “non come soluzioni alternative a quelle di cui ai commi precedenti in presenza delle stesse condizioni, ma quali soluzioni alternativamente tra loro utilizzabili quando non ricorrono le condizioni che giustificano una convenzione stragiudiziale o una procedura di ristrutturazione ordinaria, agevolata o ad efficacia estesa, nel senso che è il debitore che può scegliere quale procedura adire”, G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, in Diritto della crisi.it., 9 novembre 2021. 

[35] Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio è stato introdotto dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118, (conv. con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147) e dopo importato nel Codice della crisi ad opera del d.lgs. 83/2022 e collocato negli artt. 25-sexies e 25-septies CCI. Sul concordato semplificato: M. VITIELLO, Il concordato semplificato: tra liquidazione del patrimonio e continuità indiretta, in Ilfallimentarista, 26 aprile 2022; N. ABRIANI, Concordato preventivo e ristrutturazione dell’impresa dopo il D.L. n. 118/2021: Que reste-t-il?, in Diritto della crisi.it, 16 febbraio 2022;P.F. CENSONI, Il concordato semplificato: un <<istituto enigmatico>>, Ristrutturazioni aziendali, 22 febbraio 2022; A. ROSSI, L’apertura del concordato semplificato, Diritto della crisi.it, 18 marzo 2022; G. D’ATTORRE, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Fallimento, 2021, p. 1603 ss.; A. JORIO, Qualche ulteriore considerazione sul d.l. 118/2021, e ora sulla legge 21 ottobre 2021, n. 147, in Ristrutturazioni aziendali del 1° dicembre 2021, p. 10 ss.; A. MANCINI, Composizione negoziata e sovraindebitamento (note intorno all’art. 17 dl. 118/2021), in Crisi d’Impresa e Insolvenza-Il Caso.it del 7 febbraio 2022, p. 15 ss.; M. DI SARLI, Composizione negoziata della crisi e concordato semplificato: il d.l. 118/2021 ha dimenticato le start up innovative?, in Crisi d’Impresa e Insolvenza-Il Caso.it del 21 settembre 2021; S. AMBROSINI, Il concordato semplificato: primi appunti, in Ristrutturazioni aziendali del 23 settembre 2021; R. GUIDOTTI, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in Ristrutturazioni aziendali dell’8 settembre 2021; L. PANZANI, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in Diritto della crisi.it del 25 agosto 2021; Id., I limiti all’autonomia negoziale nella disciplina della crisi, in Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d.l. 118/2021, Liber Amicorum per Alberto Jorio, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2021, p. 201 ss., ivi a p. 227 ss.; L. A. BOTTAI, La rivoluzione del concordato liquidatorio semplificato, in Diritto della crisi.it del 9 agosto 2021; S. LEUZZI, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs. ordinario, in Diritto della crisi.it del 9 novembre 2021; V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in Diritto della crisi.it , 26 ottobre 2021; G. FICHERA, Sul nuovo concordato semplificato: ovvero tutto il potere ai giudici, in Diritto della crisi.it., 11 novembre 2021; G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, cit.

[36] G. B. NARDECCHIA, Il piano attestato di risanamento nel Codice, in Fall., 2020, pp. 5 ss.

[37] A. DANOVI, Struttura e caratteristiche del piano, in AA.VV., Piano industriale e piano finanziario, Milano, 2022, 12.

[38] “Il piano è il fulcro di ogni strumento compositivo della crisi e dell'insolvenza. Consiste in un documento che formalizza un percorso a contenuto variabile, potendo descrivere sia atti unilaterali che negoziali; complesse operazioni sul capitale e sull'organizzazione per disegnare un iter liquidativo o, invece, conservativo finalizzato al riequilibrio della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell'impresa” (S. PACCHI, Il piano di risanamento tu tra disciplina in vigore, prossimo codice è presente pandemico, in S. AMBROSINI (a cura di), Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d.l. 118/2021, Liber Amicorum per Alberto Jorio, Bologna, 2021, 443). Da ultimo sull’inquadramento del piano attestato nel Codice della crisi, R. BROGI, Codice della crisi d’impresa: gli strumenti di regolazione della crisi di tipo negoziale, in Quotidiano Giuridico, 20 dicembre 2022.

[39] B. BARTOLI, Il piano di risanamento nel Codice della crisi, in AA.VV., Piano industriale e piano finanziario, cit., 377.2

[40] L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, cit., 1598.

[41] Come la giurisprudenza della S.C. ha più volte statuito il piano attestato non ha natura concorsuale (da ultimo Cass., 9087/2018) ma rientra nell’ampio genus delle “convenzioni stragiudiziali”.

[42] Si può, quindi, oggi rinvenire – grazie all’estensione dell’esenzione da revocatoria all’azione civilistica di cui all’art. 2901 c.c. – un interesse alla redazione di un piano ex art. 56 CCII, in quanto operazione cautelativa, da parte di diverse categorie di soggetti indipendentemente dall’area della concorsualità nel quale gravitino.

[43] Grazie alle lettere d) ed e), del III comma, dell’art. 166 CCII, è, così, risolto il contrasto giurisprudenziale sul punto sorto sulla base dell’art. 67 laddove dalla norma che pone le esenzioni da revocatoria sorgeva il dubbio se potesse essere estesa anche alla revocatoria ordinaria (esercitabile ex art. 66). Sul tema, cfr. l’ordinanza Cass., 8.2.2019, n. 3778 (in Fallimento., 2019, 5, 599, con nota di R. BROGI), che, andando di contrario avviso rispetto a Cass., 5 luglio 2016, n. 13719, ha statuito che l’esenzione di cui all’art. 67, co. 3, lett. e), L. Fall. (per la quale «non sono soggetti all’azione revocatoria» (tra gli altri) «gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione … dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182-bis») si riferisce unicamente all’azione revocatoria fallimentare disciplinata dallo stesso art. 67 l. fall. e non anche all’azione revocatoria ordinaria contemplata dagli artt. 66 l.fall. e 2901 e ss. c. c. evidenziando come, quando abbia invece voluto riferirsi ad entrambe le azioni, il Legislatore ha fatto diverso ed esplicito riferimento omnicomprensivo alle «azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione» (art. 69-bis l. fall.). L’esenzione “a tutto campo” favorirà l’utilizzo del piano attestato da parte degli imprenditori “fallibili”. Ma oggi questo favor è probabilmente replicabile anche per gli imprenditori che rientrano nel perimetro del sovraindebitamento. Ciò perché nella disciplina della liquidazione controllata incontriamo una disposizione in virtù della quale il liquidatore può “far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile” (art. 274, II comma, CCII). In primo luogo, nonostante l’assenza di un rinvio contenuto nella disciplina della liquidazione controllata alla disciplina di cui agli art. 162 ss., visto che il regime esonerativo è stato esteso all’azione revocatoria ordinaria potremmo ipotizzare una interpretazione sistematica unitaria. In secondo luogo, però, l’esenzione potrebbe essere conseguita considerando che gli atti, pagamenti e garanzie, previsti nel piano, - redatto secondo i principi fissati nell’art. 56 e munito di attestazione - e posti essere in sua esecuzione non potranno essere dichiarati inefficaci rispetto ai creditori anteriori in quanto sarebbe assente il presupposto soggettivo della c.d. scientia damni in capo al soggetto che ha contratto con l’imprenditore (art. 2901, I comma n.2, c.c. che governa l’esercizio dell’azione revocatoria di cui all’art. 274 CCII). Alla luce della regolamentazione dell’art. 56 CCII già possiamo anticipare, però, che gli atti esecutivi saranno “protetti” dall’azione revocatoria anche nel caso in cui l’imprenditore non venga sottoposto alla procedura concorsuale liquidativa (liquidazione giudiziale o liquidazione controllata).

[44] Il piano attestato può essere predisposto anche dall’imprenditore agricolo mentre è dubbio che vi possa accedere l’imprenditore minore considerato anche che il 25-quater non lo richiama tra i possibili sbocchi della composizione negoziata dell’imprenditore sotto-soglia. R. BROGI (Codice della crisi d’impresa: gli strumenti di regolazione della crisi di tipo negoziale, cit.) propende per l’esclusione perché “se è vero che il carattere negoziale dell'istituto in esame esclude il vaglio del tribunale, è altrettanto vero che quest'ultimo può intervenire ex post per verificare gli effetti prodotti dagli atti esecutivi del piano, con particolare riferimento all'esenzione dall'azione revocatoria (anche ordinaria) prevista nell'art 166, comma tre, lett. di CCI”. Sul punto v. anche infra a proposito dell’esenzione da revocatoria.

[45] La duplicità di presupposto oggettivo (crisi e insolvenza) è presente anche per gli accordi di ristrutturazione, per il PRO e per il concordato preventivo, il Codice della crisi volendo così lasciare all’imprenditore la possibilità di scegliere lo strumento di regolazione della crisi che individui come più adatto senza dover essere limitato dalla presenza dell’insolvenza, riconoscendo che è l’idoneità degli interventi adottati nel piano a determinarne l’esito indipendentemente dalla situazione di partenza. Occorre però evidenziare che l’utilizzo di una composizione negoziata in uno stato di precrisi, rafforza anche lo strumento adottato in esito alle trattative.

[46] In tal senso anche G. NARDECCHIA, Il piano attestato di risanamento ecc., cit., 6-7.

[47] “Non sembra che il piano attestato possa avere una vocazione liquidatoria virgola che si porrebbe, peraltro, quale viatico per la fruizione delle esenzioni previste per le azioni revocatorie in relazione agli atti di liquidazione (…) D’altra parte, la vocazione del piano attestato di risanamento alla continuità aziendale è evocata – oltre che dalla sua denominazione – anche dalla puntualizzazione (sin qui inedita) dei suoi contenuti”.” (R. BROGI, Codice della crisi d’impresa ecc., cit.)

[48] G. MICCOLIS, La collocazione della composizione negoziata tra gli strumenti di soluzione negoziale della crisi di impresa alla luce del d.l. 118/2021, in Judicium, 7 marzo 2022.

[49] Il piano dovrà: 1) fornire un’adeguata descrizione dei fatti che hanno determinato la crisi e un’analisi delle cause fornendo una riproduzione fedele dei processi, della relativa rilevazione contabile e dei loro effetti; 2) disegnare un’immagine esauriente della realtà aziendale, assimilabile a quella puntualmente riportata dal bilancio, nel senso che l’intervento di risanamento deve misurarsi sull’intera area aziendale, non solo su quella finanziaria; 3) illustrare le assunzioni e i presupposti sui quali l’organo amministrativo ritiene di fondare l’intervento di risanamento; 4) esporre gli interventi gestionali e organizzativi volti al superamento della crisi descrivendo gli attesi effetti economici, patrimoniali e finanziari; 5) prevedere azioni e rimedi per l’eventuale scostamento tra gli obbiettivi fissati nel piano e la situazione in atto; 6) illustrare gli interventi sull’indebitamento che si ritengono necessari al recupero del riequilibrio finanziario (si tratta della manovra finanziaria); 7) illustrare, se previsto, il ricorso a nuova finanza; 8) allegare l’attestazione di un professionista indipendente sulla veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica del piano. Riguardo al contenuto dell’attestazione, il decreto correttivo al Codice della crisi (D.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147) aveva espunto la previsione che estendeva il controllo dell’attestatore alla fattibilità giuridica del piano. Quest’ultima rimane appannaggio del giudice nel successivo eventuale fallimento nel corso del giudizio per revocatoria promosso dal curatore.

[50] Il decreto correttivo al Codice della crisi (D.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147) )ha espunto la previsione che era contenuta nel terzo comma dell’art. 56 che sanciva l’obbligo di allegare i documenti di cui all’art. 39 CCI, vale a dire “le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi o anni precedenti ovvero l'intera esistenza dell'impresa o dell’attività economica o professionale, se questa ha avuto una minore durata, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi (...) anche in formato digitale, una relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata, uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti, l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto, un’idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi (...) una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel biennio anteriore”.

[51] Quello degli strumenti da adottare in caso di scostamento tra gli obbiettivi fissati nel piano e la situazione in atto nonché del monitoraggio sul piano è un punto fondamentale affinché il regime delle esenzioni possa essere effettivo. Per quanto riguarda “gli strumenti” possiamo fare riferimento “non solo alle azioni di mitigazione dei rischi nel momento in cui essi dovessero verificarsi, ma anche agli automatismi di rimodulazione dell’indebitamento nei confronti degli aderenti destinati a scattare in caso di derive critiche rispetto al piano. Il che nella pratica ricorre, ad esempio, nel momento in cui sono riviste clausole di infallibilità o clausole c.d. “pay if you can” od anche clausole che comportano, alla violazione di obiettivi di piano, il consolidamento del debito ovvero la sua automatica conversione in equity ovvero ancora lo stralcio di una sua parte”. In questa attività di monitoraggio del debitore assumono rilievo “gli strumenti da adottare” che, ai sensi dell’art. 56, devono essere indicati nel piano per affrontare gli eventuali scostamenti. La legge non precisa in cosa possano consistere.

[52] Pare così naturale ritenere, sulle orme dell’art. 58, II comma, CCII – quantunque la norma si riferisca agli accordi di ristrutturazione – che nel caso di modifica sostanziale del piano, resasi necessaria per realizzare la finalità del piano (il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e il riequilibrio della situazione finanziaria) compromessa dalla mutata situazione, il debitore, oltre che interagire con i creditori, debba munirsi di nuova attestazione sulla fattibilità economica del piano.

[53] Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche se si tratta di un’ipotesi intermedia tra le forme di composizione stragiudiziale e le soluzioni concordatarie della crisi d’impresa, appartiene agli istituti del diritto concorsuale. Infatti, la stessa disciplina prevista dal legislatore risulta “coerente” rispetto alle caratteristiche dei procedimenti concorsuali quanto a forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, oltre agli effetti protettivi (Cass. 1182/2018 e Cass. 9087/2018). V., inoltre, anche le pronunce della S.C. che hanno posto, insieme al concordato preventivo, anche l’accordo di ristrutturazione dei debiti fra le procedure concorsuali alternative al fallimento (Cass. 1182/2018, che richiama Cass. 23111/2014 e Cass. 16950/2016).

 

 

[54] V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, cit.

[55] V. ZANICHELLI, L’ADR come esito possibile della composizione negoziata, in S. BONFATTI-R. GUIDOTTI, Il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata ecc., cit.,379.

[56] Infatti, se l’accordo per un adr è raggiunto all’interno delle trattative e ciò risulta dalla relazione finale dell’esperto, si può avere la riduzione dal 75% al 60% della percentuale necessaria per il raggiungimento dell’accordo a efficacia estesa.

[57] Circa la connessione tra le trattative interne alla composizione negoziata e gli accordi di ristrutturazione, v. la disposizione di cui alla lett. b) dell’art. 25-ter che prevede un aumento del compenso dell’esperto quando, successivamente alla redazione della relazione finale, si concludono gli accordi di ristrutturazione.

[58] ASSONIME, Guida al Codice della crisi, cit., 33.

[59] Il parere che viene chiesto all’esperto sulla proposta di concordato semplificato conferma il legame di quello strumento con le trattative e non già vuole dimostrare la sussistenza di quel percorso.

[60] Così anche L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, cit., 1598. G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 5 ottobre 2021, con riferimento alla chance degli accordi di ristrutturazione (indicata nel comma 2, lett. b) dell’art. 23)  osserva che ciò “presuppone che l’esperto abbia riscontrato l’esistenza della disponibilità di adesioni nella misura indicata, necessaria per rendere vincolante- in presenza degli altri requisiti di legge- anche per gli altri creditori non aderenti l’accordo di ristrutturazione.

[61] In tal senso anche L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, cit., 1597.

[62] G. FICHERA, Sul nuovo concordato semplificato: ovvero tutto il potere ai giudici, in dirittodellacrisi.it, 11 novembre 2021, 3; G. D’ATTORRE, Il concordato semplificato ecc., cit., 1609.

[63] Già numerosi gli scritti su questo strumento, senza pretesa di completezza v.: R. GUIDOTTI, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in ilcaso.it, 8 settembre 2021; A. I. BARATTA, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Brevi considerazioni introduttive, in ilfallimentarista.it, 13 agosto 2021; L. A. BOTTAI, La rivoluzione del concordato liquidatorio semplificato, in Dirittodellacrisi.it, 9 agosto 2021, G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal D. L. n. 118 del 2021, in dirittodellacrisi.it, 5 ottobre 2021; Id., Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, ivi, 9 novembre 2021; Id., Concordato semplificato, quadri di ristrutturazione e misure protettive: alcune considerazioni, ivi, 15 aprile 2022; S. AMBROSINI, La “miniriforma” del 2021: rinvio (parziale) del CCI, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall., 2021, I, 922; S. MORRI, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in ilfallimentarista.it, 24 agosto 2021; A. PEZZANO e M. RATTI, Il concordato preventivo semplificato: un’innovazione solo per i debitori meritevoli, funzionale al migliore soddisfacimento dei creditori (ed a qualche salvataggio d’impresa), in dirittodellacrisi.it, 19 ottobre 2021; G. FICHERA, Sul nuovo concordato semplificato ecc., cit.; A. ROSSI, L’apertura del concordato semplificato, in dirittodellacrisi.it, 18 marzo 2022; S. LEUZZI, L’analisi differenziale tra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021; G. D’ATTORRE, La liquidazione del patrimonio, in dirittodellacrisi.it, 29 dicembre 2021.

[64] Sul punto la condivisibile affermazione di A. MANCINI, La prospettiva del creditore nella composizione negoziata: linee operative per il suo advisor legale, in Dirittodellacrisi.it, 14 dicembre 2022, secondo cui “È curioso notare che la prosecuzione indiretta dell’attività, nel contesto della legge fallimentare ed ora dell’art. 84 CCII, è ricondotta nell’alveo del concordato in continuità aziendale (già art. 186 bis L. fall.), mentre nel Concordato Semplificato integra una soluzione qualificata dal legislatore come prettamente liquidatoria”.

[65] Diversi sono gli incentivi previsti per spingere l’imprenditore verso la composizione negoziata. Si ricorda: la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione e delle cause di scioglimento previste in caso di riduzione o perdita del capitale sociale; la riduzione della percentuale richiesta per gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa; l’assenza della richiesta di attestazione in caso di accordo sottoscritto anche dall’esperto; la previsione di misure premiali di natura fiscale in caso di soluzioni negoziali scaturite dalle trattative; la conservazione degli effetti degli atti autorizzati dal tribunale anche in caso di accesso ad una delle procedure regolate dalla legge fallimentare; l’esenzione da revocatoria degli atti compiuti in coerenza con le trattative e con le prospettive di risanamento; l’esenzione dell’imprenditore dai reati di cui agli articoli 216, terzo comma, e 217 della legge fallimentare per i pagamenti e le operazioni compiuti durante le trattative purché in coerenza con le stesse e nella prospettiva di risanamento.

[66] A. CRIVELLI, Le procedure liquidatorie negli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, cit.

[67] M. VITIELLO, Il concordato semplificato: tra liquidazione del patrimonio e continuità indiretta, in Ilfallimentarista.it, 26 aprile 2022; F. ALIPRANDI, A. TURCHI, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio alla luce delle prime pronunce di merito, ivi, 29 novembre 2022, i quali – citando M. VITIELLO - parlano del concordato semplificato come “deterrente che deve indurre le parti interessate creditori in primis a compiere ogni sforzo per addivenire ad una soluzione ragionevole. Infatti, il concordato semplificato ciò dovrebbe avere auspicabilmente anche l'effetto indiretto di incentivare i creditori ad accettare la proposta del debitore qualora quest'ultima fosse imperniata su un piano che preveda la cessione dell'azienda per un determinato prezzo ad un soggetto già individuato, stante la consapevolezza da parte dei creditori che il debitore possa ricorrere a tale nuovo istituto per ottenere il medesimo effetto traslativo e, presumibilmente, un soddisfacimento a loro riservato ulteriormente ridotto, a causa delle spese legate all'apertura e svolgimento della procedura concorsuale”.Così, (A. MANCINI, La prospettiva del creditore nella composizione negoziata: linee operative per il suo advisor legale, in Dirittodellacrisi.it, 14 dicembre 2022) “la possibilità per il debitore di accedere al concordato semplificato liquidatorio rappresenta uno dei motivi per cui il creditore ed i suoi Advisor devono monitorare in modo costante l’andamento delle trattative: sono concreti, infatti, i rischi di abuso del percorso negoziale da parte dell’imprenditore, considerato che vi si accede solo tramite la CNC e stante l’evidente convenienza rispetto al concordato preventivo liquidatorio disciplinato dall’art. 84, quarto comma, CCII”. Da ultimo sull’aspetto incentivante/deterrente anche G. ROCCA, Il concordato di liquidazione semplificato, in G. ROCCA (a cura di), La composizione negoziata quale soluzione alla crisi d’impresa, Quaderno n. 90, Scuola Alta Formazione ODCEC di Milano, Milano, 2022, 238 ss.

[68] S. AMBROSINI, Il concordato semplificato: primi appunti, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 23 settembre 2021, alla luce dei caratteri distintivi del concordato semplificato parla di “rivincita della liquidazione concordataria”.

[69] Sul punto efficacemente S. AMBROSINI, La composizione negoziata compie un anno: breve itinerario fra le prime applicazioni, Ristrutturazioniaziendali del Caso.it, 12 dicembre 2022, 19, richiamando Trib. Firenze, 31 agosto 2022, in Il Caso.it, sez. 27880.

[70] Al concordato semplificato possono farvi ricorsotutti coloro che possono chiedere la nomina dell’esperto per la composizione negoziata essendo iscritti nel RI. Che l’iscrizione nel registro imprese costituisca un requisito, lo si desume dall’art. 13, comma 1, CCI, che riserva l’accesso alla piattaforma telematica nazionale all’imprenditore iscritto. Non sono previsti limiti dimensionali, né verso l’alto né verso il basso. Per le imprese sottosoglia la possibilità di accedere al concordato semplificato è espressamente sancita dall’art. 25-quater, comma 4 che prevede per l’imprenditore commerciale e agricolo che presenta congiuntamente i requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. d), “se all’esito delle trattative non è possibile raggiungere l’accordo”la possibilità di presentare la domanda di concordato minore o di liquidazione controllata o di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Soltanto l’impresa agricola potrà ricorrere, in subordine, anche a un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 57, 60 e 61.

[71] La proposta di concordato liquidatorio semplificato potrebbe costituire una decisione maturata dopo che le trattative si sono chiuse e che l’esperto ne ha dato rappresentazione in quel documento. Questa sequenza è stata immaginata dal legislatore quando ha preteso che, una volta ricevuta la domanda di concordato, il tribunale da un lato, richieda all’Esperto un ulteriore parere “con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte”, dall’altro lato, nomini un Ausiliario ex art. 68 c.p.c. a cui assegna un termine per il deposito “del parere di cui al comma 4”.

[72] Sulla centralità della relazione dell’esperto che legittima la presenza di una proposta di concordato semplificato: Trib. Firenze, 31 agosto 2022 dove si precisa che “In tema di concordato semplificato, il requisito dello svolgimento in buona fede delle trattative postula, innanzitutto, che vi sia stata una effettiva e completa interlocuzione con i creditori interessati dal piano di risanamento, i quali devono aver ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’imprenditore e sulle misure per il risanamento proposte, e aver potuto esprimersi su di esse; inoltre, comporta che le trattative si siano sviluppate con la sottoposizione ai creditori di una (o più) proposte con le forme previste dall’art. 23, comma 1, CCII; infine, implica che sia stata fornita ai creditori una comparazione del soddisfacimento loro assicurato dalle predette soluzioni con quello che potrebbero ottenere dalla liquidazione giudiziale”. Sulla decisione v. S. AMBROSINI, La composizione negoziata compie un anno: breve itinerario fra le prime applicazioni, 12 dicembre 2022.

[73] Il termine è perentorio è non soggetto a proroga. Si tratta, inoltre, di un termine processuale (art. 1, L.742/1969) che può fruire della sospensione feriale (G. BARVAS, G. BISOGNI e A. GAIANI, Il concordato semplificato, in S. BONFATTI-R. GUIDOTTI, Il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata ecc., cit., 397.

[74] Sul punto v. le incisive notazioni di A. ROSSI, L’apertura del concordato semplificato, in Dirittodellacrisi.it, 18 marzo 2022. Secondo Trib. Milano, 16 settembre 2022, per conseguenza “Sono direttamente applicabili al concordato semplificato le previsioni in materia di misure cautelari e protettive contenute negli artt. 54 e 55 CCII, trattandosi di disciplina dedicata in linea generale al procedimento per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e della insolvenza”.

[75] G. BOZZA, Il concordato semplificato ecc., cit., 6; G. D’ATTORRE, Il concordato semplificato ecc., cit., 1605; A. ROSSI, L’apertura del concordato semplificato, cit., 3; A. ILLUMINATI, Sub art. 25-sexies, cit., 126.

[76] Per questo inquadramento, v. soprattutto G. BOZZA, Il “concordato semplificato” introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche, dalla l. n. 147 del 2021, cit.

[77] La disposizione non richiama l’art. 28 CCi sull’irrilevanza del trasferimento del centro degli interessi principale nell’anno precedente alla proposizione della domanda ai fini dell’individuazione della competenza. Ciononostante, si ritiene che tale lacuna possa essere colmata attraverso l’applicazione analogica. In tal senso, V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili ecc., cit., 16; G. D’ATTORRE, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Fallimento, 2021, 1608 ss.; S.LEUZZI, Analisi differenziale fra concordati ecc., cit.

[78] In tal senso, G. BOZZA, Il concordato semplificato ecc., cit.; in senso contrario S.LEUZZI, Analisi differenziale fra concordati ecc., cit., 9 secondo il quale instaurandosi con la domanda un procedimento giurisdizionale per la regolazione della crisi, nella quale sono in giuoco interessi contrapposti, è indispensabile la difesa tecnica

[79] Non vi è menzione circa l’organo societario competente a deliberare sulla proposta di concordato semplificato. A fronte di una tesi (G. D’ATTORRE, Il concordato semplificato ecc., cit., 1608) che sostiene la possibilità di applicare per analogia le disposizioni dettate per il concordato preventivo, pare preferibile quella (G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. 118 del 2021, convertito, con modifiche, dalla l. n. 147 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021; S. LEUZZI, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in Dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021) secondo cui si deve applicare la disciplina civilistica prevista per ciascun tipo societario con riguardo alla competenza per gli atti di straordinaria importanza per la vita della società e non le norme speciali non richiamate. Ciò importa che debbano essere utilizzate le norme di cui agli artt. 2475-bis c.c. che conferisce agli amministratori il potere di rappresentanza e, quando lo strumento utilizzato importi una modifica statutaria l’art. 2479, comma 2, n. 5 che attribuisce alla assemblea dei soci la competenza a deliberarla. Questa interpretazione è anche armonica con le esigenze di speditezza.

[80] Sul punto v. in giurisprudenza Trib. Bergamo, 23 settembre 2022, secondo il quale “È inammissibile il ricorso al concordato semplificato, qualora in esito al relativo percorso si palesi praticabile il ricorso all’accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR), anche con transazione fiscale, essendo l’istituto ex art. 25 sexies CCII utilizzabile solo in via residuale ove risulti impraticabile la soluzione di cui all’art.23, comma 2 lett.b), CCII.”