, 05 aprile 2023, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Con decreto del 9 marzo 2023 il Tribunale di Udine, nell’ammettere una società al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO), ha affermato la possibilità di falcidiare i debiti tributari e contributivi anche mediante tale istituto. Occorre, tuttavia, considerare al riguardo gli effetti dell’assenza, nell’art. 64-bis del Codice della crisi e dell’insolvenza (Codice) da cui tale strumento è disciplinato, di una norma che regolamenti il trattamento di detti debiti.
In generale il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari e contributivi è consentito, nei vari istituti previsti dal Codice, solo in presenza: (i) di apposite norme che lo consentono attraverso uno specifico procedimento, qual è quello della transazione fiscale, che è previsto dagli articoli 63 e 88 del Codice esclusivamente nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo, ovvero (ii) di una disposizione che, seppur non introducendo uno specifico procedimento, consenta la falcidia dei debiti de quibus, qual è quella stabilita dal comma 3 dell’art. 80 del Codice, che prevede l’omologazione del concordato minore nonostante la mancata adesione dei creditori pubblici.
Poiché le norme che disciplinano la transazione fiscale impediscono dunque che questo istituto possa trovare applicazione al di fuori dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo, ne discende che la essa non è attuabile nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, com’è confermato dal fatto che il citato art. 64-bis, nell’indicare le norme del concordato applicabili anche nel PRO, evita accuratamente di richiamare l’art. 88, pur richiamando gli articoli 87 e 89.
Ciò, tuttavia, non sarebbe di per sé sufficiente per negare la possibilità di falcidia dei debiti di cui trattasi, perché, essendo il PRO fondato sull’adesione dei creditori, espressa da questi ultimi mediante un voto, l’art. 64-bis non esclude dal voto l’Amministrazione finanziaria e gli Enti di previdenza; tuttavia, la disciplina del PRO non prevede una norma concernente la ristrutturazione dei debiti fiscali e previdenziali e, in assenza di una disposizione (analoga a quella che disciplina la transazione fiscale negli accordi e nel concordato o a quella prevista dall’art. 80 per il concordato minore) che glielo consenta, i creditori pubblici non possono esprimere un voto favorevole alla proposta di falcidia e dilazione formulata dal debitore in tale ambito. Né tale disciplina contempla alcuna forma di cram down e anzi, al contrario, ai fini dell’omologazione del piano richiede il voto favorevole di tutte le classi di creditori. Non v’è chi non veda che, se i crediti di cui trattasi fossero inseriti in una classe insieme ad altri crediti di maggior entità, il voto della classe potrebbe essere favorevole nonostante la mancata adesione del Fisco e degli Enti previdenziali; tuttavia, pare da escludere che una classe così costituita potrebbe essere il risultato di una suddivisione omogenea per posizione giuridica e interessi economici, conforme al disposto del comma 1 dell’art. 64-bis.
Per questi motivi, è da ritenersi che nel contesto del PRO i debiti tributari e previdenziali devono essere pagati integralmente, potendo il debitore fruire, per quanto attiene ai tempi di adempimento, solo delle dilazioni previste in via ordinaria per la generalità delle imprese (fatte salve quelle introdotte in via straordinaria da eventuali definizioni agevolate); il che incide naturalmente sulla selezione dello strumento da impiegare ai fini del risanamento ogniqualvolta i suddetti debiti siano rilevanti e la loro ristrutturazione condizioni l’efficacia del risanamento stesso.
Per dimostrare il contrario è insufficiente affermare, come fa il Tribunale di Udine, che il semplice fatto che le norme del Codice dedicate al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione non disciplinino specificamente il trattamento di tali crediti non può consentire “di escludere la possibilità per il debitore di proporre un pagamento parziale o dilazionato di tali crediti, mediante l’inserimento in apposite classi, stante la prevista necessità di unanime consenso delle stesse”. Infatti, ciò che rileva non è la mancanza di una norma che escluda tale possibilità, ma l’assenza di una norma che fornisca all’Amministrazione finanziaria e agli Enti previdenziali lo strumento di cui necessitano per approvare la falcidia dei crediti di cui sono titolari, cioè di una disposizione che consenta a tali soggetti - nel PRO - l’approvazione dello stralcio, disciplinando il procedimento e le regole in base alle quali la proposta che lo prevede possa essere accolta. Non si spiegherebbe altrimenti per quale motivo norme con detta funzione sarebbero state introdotte per consentire, mediante la transazione fiscale, la falcidia dei debiti di cui trattasi nell’ambito del concordato preventivo (dove, eppure, vige il principio maggioritario) e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, se fosse sufficiente non escludere espressamente la possibilità di falcidia per attribuire al Fisco il potere di disporla.
In sintesi, la falcidia dei crediti tributari e contributivi non è di per sé incompatibile con la disciplina del PRO e, anzi, considerato che il PRO si colloca per così dire a metà strada fra l’una e l’altra, sarebbe del tutto normale che fosse prevista anche in tale istituto; il fatto è che, in base alle norme vigenti essa presuppone il voto favorevole dei rispettivi creditori pubblici, ai quali manca, tuttavia, una norma che permetta loro di esprimere siffatto voto. Tale norma è sicuramente opportuna, perché altrimenti il PRO rischia di essere scarsamente utilizzabile, ed è quindi auspicabile che venga introdotta, come peraltro il disegno di legge delega per l’attuazione della riforma tributaria approvato il 16 marzo 2023 dal Consiglio dei Ministri prevede; allo stato, però, manca.
Le conclusioni sopra esposte non impediscono, peraltro, l’approvazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate e degli Enti di previdenza, di una proposta di PRO che preveda il pagamento integrale dei debiti tributari e contributivi, non sussistendo alcun motivo per escludere che anche tali creditori possano esprimere un voto favorevole a una proposta che preveda il pagamento integrale dei loro crediti e senza dilazioni diverse da quelle già consentite dalla legge; e ciò anche se il pagamento è da considerare integrale perché il debitore beneficia dello stralcio di sanzioni, interessi e compensi di riscossione derivante dall’adesione a una definizione agevolata dei debiti risultanti da ruoli affidati all’agente della riscossione, qual è quella relativa alle somme iscritte a ruolo prevista dai commi 231 e segg. dell’art. 1 della Legge n. 197/2022.
A questo riguardo, il Tribunale di Udine, con il medesimo decreto sopra citato, ha tuttavia rilevato che l’istanza di adesione alla definizione agevolata delle somme iscritte a ruolo non determina automaticamente la riduzione del debito, poiché, a norma di legge, questa si verifica soltanto con il pagamento di quanto è dovuto a titolo di capitale e di rimborso delle eventuali spese di esecuzione e di notifica; ciò posto, e anche in considerazione del fatto che le somme da versare ai fini della definizione agevolata sono prededucibili in virtù del comma 248 dell’art. 1 della citata Legge n. 197/2022, secondo il tribunale friulano, nell’ambito del PRO il credito fiscale oggetto della definizione agevolata - ove ne sia previsto un pagamento dilazionato - dovrebbe rilevare per intero (cioè al lordo dello stralcio prodotto da tale definizione) e conseguentemente, non potendo essere considerato falcidiato, per poter essere ritenuto tale richiederebbe il voto favorevole dell’Agenzia delle Entrate. Neanche questa affermazione può essere però condivisa, perché, per conseguire la falcidia prevista dalle norme che disciplinano la definizione agevolata dei debiti tributari, non è necessaria l’approvazione del creditore, essendo sufficiente che vengano pagate, anche in forma dilazionata, le somme a tal fine previste dalle suddette norme; non si comprende, quindi, a che cosa servirebbe il voto del Fisco. È vero che l’effetto della definizione agevolata si produce con l’integrale pagamento delle somme dovute (corrispondenti sostanzialmente al solo importo dei tributi, oltre che a qualche trascurabile spesa), ma si tratta di un effetto automatico, in quanto discendente dalla legge, che non richiede alcuna approvazione del creditore successiva alla presentazione dell’istanza di definizione agevolata (che deve tra l’altro fondarsi sulle indicazioni i precedenza appositamente fornite dall’agente della riscossione). Se, invece, dovesse sussistere il timore che il pagamento di tali somme possa non essere regolarmente eseguito nel corso del quinquennio oggetto della dilazione prevista dal legislatore, ciò rileverebbe allora ai fini della valutazione della fattibilità del piano di ristrutturazione e dell’affidabilità della relativa attestazione. Tale circostanza sarebbe in effetti assai grave, atteso che le somme di cui trattasi sono prededucibili e dunque, se sussiste un’incertezza sulla capacità dell’impresa debitrice di provvedere al loro pagamento, ci si può immaginare quanto credibile sia la previsione degli altri pagamenti indicati nel piano; ciononostante, tutto ciò può semmai incidere sulla fattibilità del piano e sulle conseguenze che i creditori possono trarne ai fini della loro decisione di voto, ma rimane comunque irrilevante rispetto alla necessità del voto dell’Amministrazione finanziaria, posto che la falcidia prodotta dalla definizione agevolata non deriva dal consenso del creditore, ma direttamente dalla legge e può avere a oggetto, mediante il versamento delle somme che il creditore comunica al debitore (ai sensi del comma 241 del citato art. 1), solo i debiti che lo stesso creditore (ai sensi del comma 234 del medesimo art.1) deve avere precedentemente indicato al debitore.