, 05 settembre 2023, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario. 1. Premessa. Il quadro giuridico e matematico di riferimento. pag. 1; 2. Finanziamenti con ammortamento graduale: la spettanza degli interessi pattuiti e la velocità di rimborso del capitale. pag. 8; 3. Le due alternative forme contrattuali: la pattuizione distinta dall’adempimento. pag. 14; 4. Ammortamento alla francese: l’inversione del rapporto di dipendenza. Aspetti matematici e risvolti giuridici. pag. 21; 5. L’ammortamento alla francese con gli interessi maturati, ritenuti esigibili ad ogni scadenza. pag. 31; 6. Sintesi e conclusioni pag. 49.
1. Premessa. Il quadro giuridico e matematico di riferimento.
Il quadro giuridico previsto dagli artt. 820, 821, 1283 e 1284 c.c. delinea una regolamentazione delle modalità di convenzione e calcolo degli interessi, informata alla metrica lineare, dove gli interessi maturano in ragione proporzionale al tempo, oltre che al capitale, e, per le peculiarità di questa obbligazione pecuniaria, una volta maturati, rimangono improduttivi sino al loro pagamento: l’interesse convenuto costituisce un debito di valuta, informato al principio nominalistico (art. 1277 c.c.) che prescinde, quindi, dal tempo del pagamento. [1]
Il tasso ex art. 1284 c.c., come espressione della misura del prezzo, deve necessariamente esprimere un’univoca unità di misurazione, data appunto dal rapporto di proporzionalità al capitale finanziato: con ciò realizzando quel ‘contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse’ richiamato dalla Cassazione n. 12276/2010.
Poiché il tempo è una variabile determinante, per confrontare importi scadenti in epoche diverse occorre ricondurli alla medesima scadenza attraverso un prefissato criterio di equivalenza finanziaria. Così come per la lunghezza occorre esprimerne il valore in una predeterminata unità convenzionale di misura (chilometro in terra, miglia in mare), per esprimere nel credito l’equivalenza fra il denaro a pronti e quello a termine si pattuisce la velocità di produzione/maturazione degli interessi convenzionalmente espressa dal tasso prescritto dagli artt. 820, 821 e 1284 c.c. nella misura proporzionale al capitale e al tempo, corrispondente all’importo espresso dal regime semplice.[2]
Per l’operatore retail - nella modesta educazione finanziaria che lo caratterizza, congiunta all’esigua concorrenza del mercato del credito – diversamente dalla metrica composta impiegata nel mercato finanziario, rimane più funzionale, chiaro e protettivo esprimere nel tasso la velocità di produzione/maturazione degli interessi nella misura proporzionale al capitale utilizzato, distintamente accompagnato dalle modalità e tempi di pagamento.
Occorre non incorrere in commistioni fra le modalità di produzione/maturazione degli interessi espressi dal tasso ex art. 1284 c.c. convenuto in contratto e le modalità di corresponsione degli stessi convenute per l’adempimento. Ai fini del rispetto dei presidi normativi, ciò che rileva è la modalità di produzione/maturazione degli interessi, proporzionale al tasso ex art. 1284 c.c. convenuto nella pattuizione: una volta maturati nella velocità proporzionale espressa dal tasso convenuto, l’esigibilità degli interessi, nelle scelte temporali e nella metodologia di calcolo adottate per l’adempimento, è rimessa alla libera volontà delle parti.[3]
Per un finanziamento di € 100, se al termine di due anni vengono corrisposti € 121, l’eventuale presenza di vizi attiene al compenso corrispondente alla velocità di produzione/maturazione espressa dal tasso pattuito in contratto, non alle modalità, tempi e parametri di calcolo impiegati nell’adempimento. In contratto, dovendo essere indicato il tasso che esprime la velocità di produzione/maturazione degli interessi da corrispondere in ragione proporzionale all’utilizzo del capitale, se il tasso è convenuto nel 10,50% l’operazione rimane del tutto legittima e coerente in rapporto al capitale goduto nei due anni (€ 10,50 + € 10,50 = 21). Se, al contrario, il contratto riporta il tasso convenzionale del 10%, risulta evidente la discrasia fra la quantificazione degli interessi nella metrica proporzionale prevista dalla norma per la pattuizione e la quantificazione impiegata in regime composto nell’adempimento. La metrica dell’adempimento può anche discostarsi dalla metrica della pattuizione, purché esprima il medesimo esito nell’algoritmo impiegato nella debenza degli interessi corrisposti. Se l’equivalenza intertemporale fra il capitale finanziato al tempo t0 e il montante corrisposto alla scadenza (t1), rimane informata al tasso corrispettivo del 10% impiegato in regime composto [€ 121 = € 100 x (1 + 10%)2], esprime la convenzione di una produzione di interessi secondari (corrispondenti ad € 1): la circostanza evidenzia la pattuizione in violazione dell’art. 1283 c.c. e, al tempo stesso, dell’art. 1284 c.c. risultando disattesa, per la velocità di maturazione degli interessi, la convenzione della metrica lineare dettata dall’art. 821 c.c.
Il prezzo espresso dal tasso convenzionale, nel suo concetto economico, come per ogni altro prodotto o servizio, viene esclusivamente riferito all’ammontare da corrispondere in corrispondenza al tasso ex art. 1284 c.c., mentre i tempi e le modalità dell’adempimento attengono ad aspetti distinti dal prezzo: configurano impegni da onorare che riflettono per il mutuatario costi ‘figurativi’, non rientranti propriamente nel concetto di prezzo, esclusivamente riferito all’importo da corrispondere. Il tasso ex art. 1284 c.c. corrisponde al costo ‘nominale’ degli interessi per il capitale utilizzato, che matura gradualmente in corrispondenza al parametro di calcolo (TAN) del regime semplice: le modalità di pagamento di tale costo rimangono distintamente regolamentate in contratto.[4]
Il TAN propriamente rappresenta il parametro impiegato nell’algoritmo di calcolo: quest’ultimo, nell’uso matematico, può essere declinato vuoi in regime semplice, vuoi in regime composto, con esiti economici distinti.[5]L’acronimo TAN non compare né nel Testo Unico Bancario, né è prescritto nelle disposizioni regolamentari, riferite all’espressione giuridica del tasso ex art. 1284 c.c. Con un ambiguo retaggio storico, si continua ad indicare la misura del corrispettivo degli interessi con la dizione matematica del TAN che, nella circostanza, assume propriamente la funzione di tasso convenzionale ex art. 1284 c.c.: il TAN esprime propriamente il parametro di calcolo che, congiuntamente all’algoritmo di calcolo adottato nell’adempimento, deve esprimere, in rapporto all’utilizzo del capitale, l’importo degli interessi pattuiti proporzionale al tasso ex art. 1284 c.c. Diversamente, il TAN del regime composto (TAN = TAE) esprime l’effettivo costo finanziario che, inglobando matematicamente nel tasso anche le modalità, in particolare i tempi di pagamento, non necessariamente corrisponde all’ammontare corrisposto.[6]
E’ opportuno osservare che, propriamente, i vincoli posti dall’ordinamento giuridico alla produzione di interessi prescindono dall’impiego del regime, semplice o composto, appuntandosi esclusivamente nelle due, distinte e complementari, prescrizioni normative: divieto di convenzione della produzione di interessi su interessi e rispetto del rapporto proporzionale all’utilizzo del capitale.[7]
Risulterebbe alquanto ingannevole convenire un finanziamento decennale di € 100 al TAN del 10% e poi richiedere al termine del decennio € 159 di interessi, quale risultante dell’impiego del tasso in regime composto [100 x (1 + 10%)10 - 100]: l’ordinamento pone il rilievo sulla velocità proporzionale di maturazione degli interessi, corrispondente al tasso sul quale è raccolto l’assenso, non sul parametro di calcolo impiegato nell’adempimento che, quale variabile dipendente, esprime nella metrica impiegata nei pagamenti, eguale o distinta, l’ammontare complessivo degli interessi convenuti nella pattuizione. Occorre evitare commistioni fra la metrica disposta dalla norma per la velocità di produzione/maturazione degli interessi tassativamente espressa nella metrica proporzionale del tasso pattuito e il parametro di calcolo (TAN) impiegato nell’adempimento per la velocità dei pagamenti, in funzione dei tempi e dell’algoritmo di calcolo, che, diversamente, è rimessa alle parti.
L’anatocismo, più che all’importo degli interessi da corrispondere, attiene propriamente alla metrica impiegata per esprimere la velocità di maturazione degli interessi in corrispondenza al tasso ex art. 1284 c.c.[8] Senza pregiudizio alcuno per il costo del servizio di credito prestato dall’intermediario, nei termini prescritti dall’ordinamento, il prenditore viene ad acquisire una maggiore consapevolezza che, a fronte di un capitale di € 100, se conviene in contratto il pagamento degli interessi annualmente, il corrispettivo richiesto dall’intermediario in contratto si commisura al tasso ex art. 1284 c.c. del 10% (€ 10 annui), mentre, se conviene il pagamento degli interessi, congiuntamente al rimborso del capitale, al termine del decennio, il corrispettivo richiesto dall’intermediario si commisura ragionevolmente al tasso del 15,9% (€ 159): con la diversa e più complessa metrica del tasso composto (10%), la distinzione sarebbe rimessa all’emancipazione finanziaria del prenditore. Non si riscontra alcuna discrasia con la metrica del regime composto: la descritta espressione lineare del compenso, espressa dal tasso pattuito, distinta dai tempi di pagamento, rimane di più facile accesso all’emancipazione dell’operatore al dettaglio, al quale è rivolto prevalentemente il credito.
La problematicità dell’anatocismo si risolve, in definitiva, in un aspetto di trasparenza. Per la medesima obbligazione accessoria, l’impiego della metrica del tasso semplice, in luogo di quella composta, comporta, di regola, l’indicazione di un tasso più alto: ciò induce nell’operatore che accede al credito una maggiore consapevolezza dell’ammontare degli interessi da corrispondere, più che un’indicazione propriamente corretta del costo finanziario del capitale (TAE), ma discosta dall’effettivo importo da corrispondere. L’impiego del tasso di interesse riferito all’importo da corrispondere è suscettibile di apportare un contenimento della domanda di credito, con un più significativo temperamento al fenomeno del sovraindebitamento e dei default imprenditoriali, altrimenti favoriti dall’equivoca indicazione di un tasso finanziario (TAN) che, impiegato in forma composta (TAE), può risultare mistificatorio, in quanto inferiore all’effettivo esborso espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c., per via della presenza di interessi secondari riconducibili esclusivamente all’algoritmo di calcolo impiegato.
Nei contratti di finanziamento, i presidi posti dalla normativa, con gli artt. 821, 1283 e 1284 c.c., sono esclusivamente riferiti alle variabili indipendenti, obbligazione principale ed accessoria nel rapporto espresso dal tasso convenzionale: l’adempimento riveste una funzione dipendente, rivolta a realizzare sul piano operativo, i termini contrattuali pattuiti. Come riporta la Cassazione, le due obbligazioni pattuite, poste a carico del mutuatario, rimangono ontologicamente distinte e, nell’adempimento, mantengono la loro natura ed autonomia.
Questo principio, reiteratamente espresso dalla Cassazione, riveste un ruolo cardine soprattutto nei finanziamenti con ammortamento graduale, dove la matematica impiegata nell’adempimento, che esprime nel piano di ammortamento l’imputazione periodica degli interessi, assume una funzione subordinata e dipendente dai termini pattuiti: la spettanza degli interessi, nell’importo espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., rimane indipendente dalle modalità e tempi adottati nell’adempimento per la corresponsione della relativa debenza alle distinte scadenze.
Nei finanziamenti ad ammortamento graduale, la pattuizione delle due obbligazioni e il relativo adempimento si presentano in termini più articolati del finanziamento a scadenza unica: in particolare, l’ammontare complessivo della spettanza degli interessi convenuti viene a dipendere, oltre che dalla velocità di produzione/maturazione degli stessi espressa dal tasso ex art. 1284 c.c., anche dalla velocità di rimborso del capitale convenuta tra le parti.
Un attento e ponderato esame della menzionata distinzione ed autonomia delle obbligazioni pattuite in rapporto al tasso convenuto e dei riflessi che discendono nell’adempimento espresso dal piano di ammortamento, richiede l’accesso a concetti matematici che possono risultare alquanto complessi per i non iniziati, dai quali, tuttavia, non sembra si possa prescindere. Appare opportuno soffermarsi su taluni passaggi matematici per comprendere compiutamente i contorni giuridici che caratterizzano i termini della pattuizione ed i riflessi condizionamenti e vincoli, che matematicamente si riversano nell’adempimento espresso dal piano di ammortamento: può essere di aiuto un’elementare esemplificazione.
2. Finanziamenti con ammortamento graduale: la spettanza degli interessi pattuiti e la velocità di rimborso del capitale.
Mentre per un ordinario finanziamento a rimborso unico l’importo del capitale utilizzato rimane invariato per l’intero periodo, nei finanziamenti a rimborso graduale l’utilizzo del capitale non rimane costante nel periodo, bensì si modifica, riducendosi nei valori in essere ad ogni periodica scadenza (debito residuo). Il prezzo, espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., si commisura in termini proporzionali, inizialmente all’importo erogato e successivamente ai valori che residuano dai rimborsi periodici pattuiti; di tal guisa, matematicamente l’ammontare complessivo della spettanza degli interessi convenuti si commisura proporzionalmente all’utilizzo medio annuo del capitale [Dm = (D0 + D1 + D2 + … Dn-1)/n], espressione di sintesi sulla quale si appunta l’equilibrio stesso del contratto espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.:
tasso = monte interessi / utilizzo medio periodale del capitale x anni. [9]
Per una spettanza degli interessi di € 180 riferita ad un finanziamento a due anni di € 1.000, l’equilibrio contrattuale espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c. sarà diverso se la convenzione prevede il rimborso di € 200 il 1° anno e € 800 il 2° anno [utilizzo medio periodale del capitale € 900 = (1.000 + 800)/2] o viceversa [utilizzo medio periodale del capitale € 600 = (1.000 + 200)/2]; marcatamente differente risulta, infatti, il corrispondente tasso convenzionale (10% per l’utilizzo medio del capitale di € 900 x 2 anni = € 180, contro il 15% per l’utilizzo medio del capitale di € 600 x 2 = € 180). Nella circostanza sia l’importo che l’ordine temporale dei rimborsi assumono rilievo nella determinazione degli interessi in corrispondenza al tasso ex art. 1284 c.c.
Ne consegue che, nei finanziamenti ad ammortamento graduale, accanto alla velocità di produzione/maturazione degli interessi espressa dal tasso ex art. 1284 c.c., per la determinatezza stessa del contratto, l’assenso contrattuale deve necessariamente essere esteso al criterio di restituzione del capitale (art. 1813 c.c.), che individua univocamente l’utilizzo medio periodale del capitale, denominatore del rapporto proporzionale espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.
La complessità si configura, in particolare, negli ammortamenti definiti nel canone/rata periodica, in quanto - per il medesimo finanziamento iniziale e il medesimo flusso dei pagamenti periodici (canoni/rate) pattuiti in contratto, quindi la medesima spettanza degli interessi (I = ∑Rk – C) - si possono avere velocità di rimborso del capitale diverse, che vengono sostanzialmente a conformare distinti finanziamenti, con prezzi ex art. 1284 c.c. diversi.[10]
Nella Tavola 1 sono riportati piani di ammortamento relativi all’adempimento di un finanziamento di € 1.000, che prevede la medesima rata costante (€ 402,1) e, quindi, la medesima spettanza degli interessi (€ 206,3). I rimborsi possono esser diversamente distribuiti, in modalità decrescenti e crescenti, con l’imputazione degli interessi maturati corrispondenti all’importo complementare al valore della rata: il tasso esprimente il prezzo ex art. 1284 c.c.,per la medesima spettanza degli interessi (€ 206,3), varia al variare del denominatore espresso dall’utilizzo medio di periodo del capitale.
Come mostra la Tav. 1, la rata costante (€ 402,1) con la spettanza inclusa (€ 206,3) è espressione del tasso del 10,6% nel regime semplice, nella proporzionalità all’utilizzo medio di periodo del capitale di € 647,1 (€ 647,1 x 10,6% x 3 = 206,3). [11] La medesima rata e spettanza è conseguita in regime composto dal tasso del 10%: i possibili piani di ammortamento rispondono al medesimo TAN = TAE pattuito, per differenti utilizzi medi di periodo del capitale e corrispondenti prezzi ex art. 1284 c.c. [12]
Mentre nei finanziamenti con rimborso unico alla scadenza si determina una corrispondenza biunivoca fra l’obbligazione accessoria e l’obbligazione principale in corrispondenza della misura proporzionale espressa dal tasso ex art. 1284 c.c., nei finanziamenti ad ammortamento graduale tale corrispondenza biunivoca si realizza esclusivamente fra l’obbligazione accessoria e l’utilizzo medio periodale del capitale, che, pertanto, viene ad assumere un ruolo sostanziale, in quanto denominatore del rapporto proporzionale espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.[13]
Nei finanziamenti ad ammortamento graduale, per la definizione univoca dell’obbligazione accessoria degli interessi, rimane determinante la pattuizione, sia della velocità di produzione/maturazione degli interessi espressa dal tasso ex art. 1284 c.c., sia della velocità di rimborso del capitale, espressa dallo scaglionamento dei rimborsi periodici del capitale che definisce l’utilizzo medio periodale del capitale, senza il quale rimarrebbe matematicamente indeterminato il tasso convenzionale.
Mentre la spettanza degli interessi, per l’importo complessivo pattuito, per volontà delle parti, nell’adempimento, può essere distribuita alle distinte scadenze diversamente dalle modalità di maturazione espresse nella pattuizione, il rimborso del capitale rimane invariato, quale variabile indipendente, negli ammontari e nell’ordine temporale espressi dalla matematica nella rata pattuita.
Al fine di evitare commistioni fra le variabili indipendenti, espressive dei termini pattuiti, e quelle dipendenti, espressive dell’adempimento, rimane opportuno tenere separati i due ambiti e, come suggerito da unarisalente Cass. S.U. (n. 3797 del 23 novembre 1974), distinguere la spettanza degli interessi pattuiti - tassativamente espressa nella modalità di produzione/maturazione proporzionale al tasso corrispettivo, regolata dagli artt. 821, 1283 e 1284 c.c., riferita all’obbligazione principale compiutamente definita nei distinti valori periodici - dalla debenza degli interessi, corrispondente all’importo pattuito, espressa nei tempi e modalità di pagamento rimessi alla volontà delle parti, da corrispondere alle distinte scadenze, unitamente ai rimborsi periodici pattuiti.
La distinta modalità di convenzione trova conforto e riscontro nella matematica finanziaria. E. Levi, con riferimento, in generale, ai rimborsi graduali di un finanziamento fa riferimento a due distinte modalità di concordare la pattuizione: i) una forma elementare che distingue pagamenti in conto interessi e pagamenti in conto capitale, nella quale si conviene il pagamento periodico degli interessi maturati (senza capitalizzazione) e, distintamente il graduale rimborso del capitale; ii) una forma più complessa, nella quale l’operazione è concepita come uno scambio fra la somma inizialmente mutuata e l’insieme dei pagamenti che il debitore farà al mutuante, senza fare distinzione fra pagamenti in conto capitale e pagamenti in conto interessi e, in questo caso, occorre stabilire, non più una legge per calcolare interessi semplici, ma una legge che determini la “equivalenza” fra prestazioni e controprestazioni. (E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, 1964, pagg. 215 e segg.).[14]
Le due modalità di espressione del contratto, con riferimento al tasso proporzionale ex art. 1284 c.c., risultano sul piano prettamente giuridico, perfettamente congruenti, cioè a dire, l’obbligazione accessoria riveniente dall’equivalenza intertemporale fra prestazione iniziale dell’intermediario e controprestazioni periodiche del prenditore, prevista nei contratti del secondo tipo, esprime i rimborsi del capitale che, nel contratto del primo tipo, danno luogo alla medesima obbligazione accessoria.
Alla prima forma di pattuizione corrisponde l’ammortamento all’italiana. Diversamente, nell’ammortamento alla francese, i termini pattuiti rispecchiano la seconda impostazione prospettata da E. Levi. In tale impostazione il regime finanziario - semplice o composto -impiegato nella pattuizione dei pagamenti periodici, nel corrispondente rapporto di equivalenza finanziaria rispetto ai tempi del pagamento, assume, matematicamente, un ruolo dirimente. Tuttavia, nei contratti di credito non si pone l’alternativa fra regime semplice e composto previsto nella matematica finanziaria, in quanto la pattuizione della spettanza degli interessi maturati, inclusi nella rata di pagamento periodico, rimane dettata dall’ordinamento esclusivamente nella proporzionalità del regime semplice.[15] L’ordinamento prevede anche che la spettanza,nell’adempimento, possa essere corrisposta, per la parte maturata, ad ogni scadenza, anticipatamente rispetto al rimborso del capitale, ma questa discrezionalità, con la pattuizione della rata costante, rimane matematicamente impedita: con i rimborsi che risultano dall’equivalenza intertemporale nel rapporto al tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c., l’imputazione degli interessi nell’adempimento rimane univocamente definita nel valore che residua dalla rata costante convenuta.[16]
3. Le due alternative forme contrattuali: la pattuizione distinta dall’adempimento.
Finanziamenti con ammortamento all’italiana. In tali finanziamenti viene raccolto l’assenso direttamente sul rimborso costante del capitale, che integra e completa l’obbligazione principale di riferimento. Per l’esempio di un finanziamento di € 1.000 al 10%, con ammortamento in tre annualità e quota capitale a rimborso costante (€ 333,3), gli interessi che maturano nel corso del periodo sono dati dal semplice rapporto del tasso convenuto all’utilizzo del capitale iniziale e agli utilizzi che residuano dai rimborsi previsti nei periodi.
Gli interessi che maturano gradualmente nel rapporto proporzionale all’utilizzo periodico del capitale ammontano complessivamente a € 200, importo corrispondente, in ragione d’anno, al 10% dell’utilizzo medio periodale del capitale [€ 666,6 = (1.000 + 666,6 + 333,3)/3].
Nell’adempimento, i distinti rimborsi congiuntamente all’ammontare complessivo della spettanza degli interessi, definiti nella pattuizione – nella velocità proporzionale di maturazione espressa dal tasso convenuto - vengono a costituire i vincoli di chiusura che matematicamente presiedono il piano di ammortamento. In detto piano, l’imputazione dell’ammontare degli interessi convenuti può essere, alle distinte scadenze, diversamente disposta, entro i margini consentiti dall’ordinamento: i) la corresponsione deve riguardare interessi venuti ad esistere, cioè maturati; ii) la corresponsione precede o, al più, accompagna il rimborso del capitale.
Nell’adempimento, pertanto, l’arco delle scelte risulta matematicamente compreso fra i due estremi:
ii) nella modalità che la matematica finanziaria esprime nell’anima lecita del regime composto (Cfr. nota n. 8), dove, in ciascun periodo, gli interessi maturati sul debito residuo vengono, per l’intero, immediatamente corrisposti nella rata esprimendo, nell’ammontare complessivo, il medesimo importo convenuto nella proporzionalità del regime semplice (Tav. 2.B).[17]
Ogni altra modalità del regime composto di comporre, nell’adempimento, il piano di ammortamento, conduce ad importi della debenza degli interessi discosti da quello pattuito, per la presenza di interessi su interessi. (ad es. Tav. 2.C).[18]
Finanziamenti con ammortamento alla francese. In tali finanziamenti, di regola, non si dispone di un’esplicita indicazione contrattuale del criterio di rimborso del capitale. Nella circostanza, i termini della pattuizione sono espressi dalla prestazione (finanziamento iniziale) e controprestazioni periodiche (rate), corrispondenti al tasso convenzionale pattuito: la spettanza degli interessi trova espressione nell’equivalenza intertemporale fra il capitale erogato al tempo 0 (t0) ed i distinti pagamenti periodici, corrispondenti ai rimborsi maggiorati degli interessi maturati sugli stessi in regime semplice alle distinte scadenze (tk).
Per l’esempio del finanziamento di € 1.000 rimborsabile in tre annualità costanti, al tasso convenzionale del 10%, la matematica finanziaria – nella ragione proporzionale del regime semplice – esprime l’equivalenza intertemporale al capitale iniziale per le quote di rimborso nella 1°, 2° e 3° scadenza corrispondenti, nell’ordine temporale, a € 361,9, € 331,8 e € 306,3 che, congiuntamente agli interessi maturati sulle stesse, restituiscono alle distinte scadenze la rata costante di € 398,1 e la spettanza degli interessi di € 194,4.
L’impiego del regime semplice - espresso dalla matematica finanziaria in alternativa al regime composto - risulta del tutto rispondente agli artt. 821 e 1284 c.c., oltre che funzionale al rispetto dei presidi posti dall’art. 1283 c.c. e dall’art. 120 TUB, comma 2 lettera b), con il calcolo degli interessi sotteso dall’art. 1194 c.c., rivolto alla quota capitale, resa liquida ed esigibile ad ogni scadenza, espressa in tale regime.[19]
Nell’adempimento – ancorché l’ordinamento consenta il pagamento anticipato degli interessi maturati – la convenzione della rata costante vincola l’imputazione degli interessi all’ammontare corrispondente alla quota complementare della rata stessa, corrispondente agli interessi maturati sulla quota capitale che scade (Tav. 4.A). Con lo scaglionamento dei rimborsi implicitamente convenuti nell’equivalenza intertemporale pattuita, ogni diversa imputazione degli interessi che, giovandosi della prerogativa offerta dall’ordinamento, preveda la corresponsione anticipata – in tutto o in parte - degli interessi maturati calcolati sul debito residuo, condurrebbe ad un valore della rata diverso dalla rata convenuta (Tav. 4.B).
Diversamente, nella formulazione contrattuale ordinariamente adottata dagli intermediari, il valore della rata costante e dell’inclusa spettanza degli interessi: I = ∑R – C, sono determinate matematicamente al TAN impiegato nella metrica del regime composto, in luogo del regime semplice. Infatti, l’equivalenza intertemporale fra il capitale erogato al tempo 0 (t0) ed i distinti pagamenti corrisposti con le rate alle distinte scadenze (tk), è conseguita con gli interessi maturati in capitalizzazione composta.[20]
Come per il regime semplice, con l’importo della rata costante rimangono univocamente determinati i rimborsi del capitale, volti ad integrare la pattuizione, nei valori dell’obbligazione principale che residua ad ogni scadenza, determinando l’utilizzo medio periodale del capitale (€ 645,5) posto a base dell’equilibrio contrattuale espresso dal tasso convenzionale del 10% nel regime composto, corrispondente ad un diverso rapporto proporzionale ex art. 1284 c.c. (10,6%). Per il valore della rata di € 402,1, il TAN riportato in contratto (10%) non è altro che il parametro di calcolo (TAN = TAE) che, nella metrica del regime composto, esprime la rata di € 402,1 e quindi complessivamente la spettanza degli interessi di € 206,3 corrispondente, nella metrica del regime semplice, al tasso del 10,6%.
Il tasso del 10% rappresenta l’unità di misura composta, matematicamente equivalente alla misura semplice del 10,6%, così come, per la medesima distanza, la misura di 10 miglia corrisponde alla misura di 16 chilometri. Come nell’esempio riportato inizialmente, rimane metaforicamente ininfluente l’espressione della misura, in chilometri o in miglia, impiegata nell’adempimento per il calcolo della debenza da corrispondere alle distinte scadenze, se nella pattuizione la misura del valore della spettanza è stata propriamente definita in chilometri corrispondenti, al di fuori della metafora, al tasso di proporzionalità ex art. 1284 c.c. Ritornando alla metafora, pattuendo, invece, in contratto la distanza di 10 miglia, è possibile, nell’adempimento, percorrere 16 chilometri, ma in tal modo si mistifica la distanza (il prezzo del finanziamento) espressa in contratto.[21]
Con l’impiego del regime composto nella definizione della rata (costante o meno), matematicamente non è necessaria l’indicazione contrattuale del criterio di rimborso del capitale, in quanto l’adempimento espresso dal piano di ammortamento rimane vincolato al rispetto del TAN = TAE, diverso dal tasso ex art. 1284 c.c., che, per la rata costante, può essere conseguito attraverso infinite combinazioni di rimborso del capitale e corresponsione di interessi. Con il regime composto – diversamente dal dettato giuridico che individua nell’equivalenza intertemporale del regime semplice, fra prestazione e controprestazione, i rimborsi del capitale corrispondenti all’equilibrio proporzionale espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. – i rimborsi stessi risultano matematicamente sottratti alla pattuizione, rimanendo determinati, in via residuale, dal criterio di imputazione degli interessi adottato nell’adempimento.
Nel contratto predisposto dall’intermediario, non risultando precisato né l’impiego del regime composto, né il criterio di rimborso del capitale, il prenditore è autorizzato a ritenere che il tasso convenuto sia impiegato in regime semplice, del tutto rispondente alla ragione proporzionale dettata dagli artt. 821 e 1284 c.c., con riferimento ai rimborsi univocamente espressi dalla matematica in tale regime.La valenza del contratto ex art. 1372 c.c. (forza di legge fra le parti) è pur sempre condizionata alla possibilità di accettare o rifiutare le condizioni stabilite dall’intermediario, ma questo presuppone la chiara indicazione e la compiuta e consapevole conoscenza, secondo l’ordinaria diligenza ex art. 1341 c.c., delle condizioni di calcolo che sottendono i valori riportati in contratto.[22] Al riguardo, la Cassazione in più occasioni ha avuto modo di precisare che, mentre non rileva la difficoltà del calcolo, inerente alla capacità tecnica di determinazione del piano, rileva invece che ‘il criterio di calcolo risulti con esattezza dallo stesso contratto’ (Cass. n. 22898/05, n. 2317/07, n. 17679/09, 25205/14). Come stabilisce la Direttiva sul credito al consumo, ripresa dallo stesso art. 117 TUB, ciò che rileva sono le condizioni di calcolo, non l’esito dello stesso: rileva la modalità di calcolo della rata pattuita, non l’esito economico, né tanto meno assume rilievo la modalità impiegata nell’adempimento per distribuire nel piano il valore già maggiorato della spettanza inclusa nella rata pattuita, attraverso il calcolo in ragione uniperiodale sul debito residuo, che replica la formula che il regime composto condivide, in ogni singola scadenza, con il regime semplice [(1+i)1 = (1+1x i)].[23]
Dalla formulazione contrattuale ordinariamente adottata dagli intermediari discende, in termini matematici inequivoci, che – indipendentemente e ancor prima della scelta del criterio di imputazione degli interessi adottato nel piano di ammortamento - la definizione delle due obbligazioni, nell’equilibrio contrattuale espresso dal tasso convenuto nella determinazione della rata pattuita, rimane informata al regime composto, nell’anima illecita della produzione di interessi su interessi, che maggiora la spettanza degli interessi inclusa nella rata stessa. Con ciò si esprime la volontà, questa sì giuridica oltre che matematica, di equiparare il capitale finanziato C del tempo to alla successione dei montanti rimborsati al tempo tk espressi dalla relazione Rk = Ck x (1+i)k, anziché i valori Rk = Ck x (1+k x i) del regime semplice, che lascerebbero improduttivi gli interessi maturati.Per l’ammontare della spettanza degli interessi che esita dall’equivalenza intertemporale, viene meno la proporzionalità nel rapporto al capitale utilizzato, risultando il tasso commisurato al montante in essere a ciascuna scadenza (salvo la 1° rata, cfr.: Tav. 5): il TAN convenuto impropriamente in regime composto, viene a perdere il significato di misura del prezzo ex art. 1284 c.c.[24]
4. Ammortamento alla francese: l’inversione del rapporto di dipendenza. Aspetti matematici e risvolti giuridici.
La commistione fra pattuizione e adempimento, che si realizza nell’ammortamento alla francese, si qualifica propriamente in un aspetto matematico - peculiare alla formulazione contrattuale, del tutto assente nell’ammortamento all’italiana - che spiega come alla velocità di maturazione degli interessi, impropriamente pattuita nella metrica composta del tasso convenuto, corrisponda nell’adempimento la velocità di pagamento in ragione semplice, espressa dal medesimo tasso nell’unità periodale.
Come mostrato, la velocità di rimborso del capitale completa la pattuizione dell’obbligazione principale, alla quale è riferito il rapporto proporzionale al tasso convenuto, che esprime la corrispondente obbligazione accessoria: rimane ineludibile la relativa inclusione nei termini pattuiti per l’assenso stesso dell’equilibrio contrattuale stabilito fra le parti; la definizione dei termini pattuiti precede e condiziona l’adempimento.
Come detto, sul piano giuridico, in assenza di una diversa indicazione, la necessaria convenzione dei rimborsi trova esplicitazione nei valori che, per il tasso convenuto, la matematica esprime nell’equivalenza finanziaria impiegata per la determinazione della rata.
Sul piano prettamente matematico,con l’impiego del regime composto, la determinazione della rata e della spettanza degli interessi inclusa sono informate al TAN = TAE, tasso distinto e più basso del corrispondente TAN del regime semplice, per la presenza, nell’algoritmo di calcolo, di interessi secondari. Per il TAE convenuto, diversamente dal tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c., rileva esclusivamente l’importo della rata pattuita, mentre rimane matematicamente indifferente quanto della stessa sia rivolto a rimborso del capitale e quanto a pagamento degli interessi.Pertanto, diversamente dal regime semplice, con il regime composto – accanto alla combinazione di imputazioni a rimborso del capitale e corresponsione degli interessi espresse nell’equivalenza intertemporale di pattuizione della rata - nell’adempimento si rendono libere infinite altre composizioni coerenti con il TAE pattuito. In tal modo, con l’impiego del regime composto, i rimborsi che integrano l’obbligazione principale vengono sottratti alla pattuizione, assumendo la veste di variabili dipendenti, determinate in via residuale dal valore della rata pattuita, in funzione del criterio di imputazione degli interessi adottato.[25]
Questa peculiarità viene a costituire un aspetto dirimente che caratterizza – sul piano matematico - l’impiego del regime composto nella formulazione contrattuale del finanziamento con ammortamento alla francese, distinguendolo dall’ammortamento all’italiana, nel quale i rimborsi del capitale, nell’adempimento, rimangono invariati nel valore di variabile indipendente, direttamente espressa nella pattuizione.[26]
Per l’esempio precedentemente riportato, la pattuizione della rata e della spettanza inclusa, esprime l’equivalenza finanziaria informata alla metrica composta, fra il finanziamento iniziale e i distinti pagamenti periodici, corrispondenti al tasso convenuto: l’equilibrio contrattuale viene conseguito, in regime composto, dalla rata di € 402,1 per i rimborsi del capitale di Tav. 5/6.A, dove si può rilevare, per il tasso composto del 10% (TAE), la presenza di interessi secondari (a partire ovviamente dalla seconda rata), corrispondenti nel regime semplice ad un tasso ex art. 1284 c.c. del 10,6%.[27]
Nell’adempimento il valore maggiorato della spettanza, incluso nella rata pattuita al TAE del 10%, viene distribuito nella debenza alle distinte scadenze, con l’imputazione anticipata degli interessi riferita al debito residuo, per i diversi rimborsi del capitale riportati in Tav. 6.B: conseguentemente, il medesimo ammontare degli interessi pattuito (€ 206,3) viene riferito all’utilizzo medio periodale del capitale che passa da € 645,5 della pattuizione a € 687,8 nell’adempimento, recuperando il rapporto proporzionale del 10%, disatteso nella pattuizione stessa.[28] Nell’adempimento, la distribuzione alle distinte scadenze del maggior carico degli interessi pattuito viene a comprimere i rimborsi determinando il roll over degli stessi che protraendosi reiteratamente nelle successive scadenze, incrementa l’utilizzo medio del capitale sostituendo in tal modo, alla produzione di interessi secondari pattuiti, la produzione, nell’adempimento, di interessi primari. Questa modalità di pagamento degli interessi, espressa nell’adempimento, tuttavia presuppone, pur sempre, la natura secondaria degli interessi al quale è informata la velocità di produzione/maturazione degli interessi, pattuita al TAN = TAE convenuto in regime composto.
Nella pattuizione la presenza di interessi secondari si palesa
direttamente nell’equivalenza matematica impiegata [C = ∑R/(1+ i)k] nella determinazione della rata, mentre nell’adempimento, con l’imputazione degli interessi anticipati,
calcolati sul debito residuo, si maschera, nell’espressione matematica
impiegata, la presenza di interessi su interessi: come é agevole accertare sul piano matematico, riferendo il
calcolo propriamente alle variabili indipendenti della pattuizione, si ottiene
l’eguaglianza: [Ik = TAN x
Ponendo matematicamente l’operazione di finanziamento sotto l’egida del regime composto presieduto dal TAE, si intende esprimere in contratto solo il valore della rata, senza alcuna indicazione inerente alla composizione: il prenditore, senza una peculiare expertise, è privato di ogni accertamento dell’equilibrio contrattuale espresso dal tasso convenuto.
Nei finanziamenti con ammortamento alla francese, nella formulazione contrattuale ordinariamente informata al regime composto, non può sfuggire che nell’adempimento risultano invertiti i termini della pattuizione espressi nella determinazione della rata. Si palesa la mistificazione espressa nella commistione fra pattuizione ed adempimento: la spettanza degli interessi, illegittima nel valore espresso in corrispondenza dello scaglionamento dei rimborsi che intervengono nella pattuizione della rata, appare legittima nell’adempimento, a parti invertite, con l’imputazione degli interessi anticipata alle distinte scadenze e i rimborsi determinati in via residuale dal valore della rata pattuita in regime composto: con la rata definita nella metrica del regime semplice, il piano di ammortamento risulterebbe diverso.[29]
Nel principio di causalità che informa la norma giuridica, sono le variabili indipendenti, compiutamente definite nella pattuizione - obbligazione principale e tasso ex art. 1284 c.c. - che determinano la spettanza pattuita e condizionano l’adempimento nei valori assunti dalle variabili dipendenti, espresse nel piano di ammortamento. Contrariamente alla matematica del regime composto, sul piano giuridico i rimborsi del capitale, in quanto integranti l’oggetto del contratto, rimangono ineludibilmente definiti con la pattuizione della rata, assumendo propriamente la funzione di variabile indipendente: diversamente non risulterebbe possibile definire univocamente la corrispondente obbligazione accessoria; né, come accennato (Cfr.: nota n.11), la pattuizione del valore dell’obbligazione accessoria inclusa nella rata, può individuare univocamente i corrispondenti rimborsi del capitale.
Nell’adempimento risulta rovesciato il debito rapporto di dipendenza funzionale dell’obbligazione accessoria dall’obbligazione principale, espresso matematicamente nella pattuizione. Ne consegue che non è più l’obbligazione principale, nei distinti valori periodici (art. 1813 c.c.), che, nella pattuizione, esprime la rata e l’obbligazione accessoria: diversamente, nell’adempimento è quest’ultima che, in corrispondenza al preordinato valore maggiorato pattuito, in funzione del criterio di imputazione degli interessi adottato, definisce in via residuale i rimborsi e quindi il corrispondente utilizzo periodale del capitale, sul quale si pretende assumere l’equilibrio contrattuale, convenuto nei rapporto proporzionale ex art. 1284 c.c. [30]
L’inversione è conseguita, semplicemente invertendo l’ordine temporale degli addendi espressi nell’equivalenza intertemporale della pattuizione della rata che, in quanto costante, rimane del tutto inosservata ai non introdotti alla matematica finanziaria, tanto più che i rimborsi del capitale non vengono esplicitamente riportati in contratto, ma solo implicitamente impiegati nella menzionata equivalenza finanziaria.[31]
Come mostra la Tav. 6: i) nella pattuizione della rata il calcolo degli interessi risulta informato all’anima illecita del regime composto con capitalizzazione degli interessi (interessi composti riferiti alla quota capitale in scadenza), alla stregua dei finanziamenti Zero coupon (Tav. 6.A); ii) nell’adempimento, la spettanza degli interessi, nel valore maggiorato incluso nella rata pattuita, viene distribuito, nelle distinte scadenze, in forma anticipata (interessi semplici riferiti al debito residuo), informata all’anima lecita del regime composto, alla stregua dei finanziamenti Bullet (Tav. 6.B; Cfr. nota n. 8).[32]
Il criterio di maturazione degli interessi espresso nella pattuizione, nella velocità corrispondente al regime composto, e il criterio di pagamento degli stessi espresso nell’adempimento, nella velocità corrispondente alla ragione semplice, risultano riferiti ad utilizzi medi periodali del capitale diversi (rispettivamente € 645,5 e € 687,8). Di tal guisa, la penalizzazione, indotta dalla rata definita in regime composto va oltre lo stesso anatocismo: all’anatocismo del finanziamento Zero coupon (Tav. 6.A), espresso nella pattuizione, si assomma l’onere “figurativo” del pagamento anticipato tipico del finanziamento Bullet, espresso nell’adempimento (Tav. 6.B).
Il prenditore ha titolo ad avere piena consapevolezza contrattuale della pretesa, da parte dell’intermediario, del pagamento anticipato degli interessi maturati; per altro, quandanche tale aspetto risultasse già implicito nella norma regolante i finanziamenti, ciò non esime l’intermediario dal raccogliere l’assenso sul corrispondente e rilevante roll over dei rimborsi che si riversa sulla velocità di rimborso del capitale, determinando, come detto, una penalizzazione nell’importo degli interessi del tutto coincidente con la produzione degli interessi su interessi.[33] Tale penalizzazione è assente nell’ammortamento all’italiana – e, più in generale nelle pattuizioni conformate direttamente sul criterio di rimborso del capitale - dove l’imputazione anticipata degli interessi lascia invariato l’ammontare proporzionale pattuito nel regime semplice.
Nell’ammortamento all’italiana e in quello alla francese, nell’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, il diverso ammontare degli interessi che si riscontra è riconducibile alla circostanza che nell’ammortamento all’italiana si realizza un’anticipazione del pagamento degli interessi pattuiti al tasso espressivo della velocità di produzione/maturazione corrispondente al regime semplice, mentre in quello alla francese si realizza un’anticipazione del pagamento degli interessi pattuiti al tasso espressivo della velocità di produzione/maturazione corrispondente al regime composto. In quest’ultimo, l’importo maggiorato degli interessi maturati, nella corresponsione anticipata ad ogni scadenza, per il vincolo della rata costante, si riflette matematicamente in un roll over dei rimborsi che amplifica l’utilizzo medio periodale del capitale. La ‘causa’ dei maggiori interessi, che si riscontrano nell’adempimento espresso dal piano di ammortamento alla francese, non si ravvisa nel maggiore utilizzo del capitale, bensì nella preordinata pattuizione degli interessi composti che, combinata con il vincolo di pagamento costante della rata, determina un incremento dell’utilizzo medio periodale del capitale, assente nell’ammortamento all’italiana.[34]
Nell’ammortamento all’italiana, l’aggiunta nell’adempimento del vincolo della rata costante non consente di anticipare completamente, rispetto alla scadenza del capitale pattuito, l’intero aggregato degli interessi maturati: con il regime semplice, l’ulteriore convenzione della rata costante - ancorché caricata, nell’adempimento, di interessi anticipati - esprime propriamente la spettanza proporzionale al tasso convenuto (Tav. 2 bis.A). Al contrario, con il regime composto si perviene alla medesima spettanza dell’ammortamento alla francese (€ 402,1, Tav. 2 bis.B): nella circostanza, il vincolo dei rimborsi costanti, implica una parziale capitalizzazione, con interessi su interessi e una maggiorazione della spettanza degli interessi inclusa nella rata costante, alla quale corrisponde per la medesima velocità costante di rimborso del capitale, nel rapporto di proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c., il prezzo del 10,32%, a fronte di un TAN=TAE del 10%.
Come mostra l’esempio, la presenza di rimborsi del capitale pattuiti, il vincolo nell’adempimento della rata costante, anche nel regime composto, limita l’ammontare degli interessi maturati corrisposti anticipatamente. Se, invece, come nell’ammortamento alla francese, si omette il criterio di rimborso del capitale e si antepone nella pattuizione l’impiego del regime composto nel calcolo della spettanza inclusa nella rata pattuita, i rimborsi risultano matematicamente sottratti alla pattuizione e, nell’adempimento, tutti gli interessi maturati alla velocità espressa dal regime composto, possono essere corrisposti anticiptamente, ad ogni scadenza, in ragione ‘apparentemente’ semplice in quanto uniperiodale, mentre i rimborsi del capitale, come detto, rimangono definiti, in via residuale. L’intermediario consegue il TAE convenuto (10%) con l’immediato introito dell’intero aggregato degli interessi maturati ad ogni scadenza, a scapito dei rimborsi che vengono procrastinati nel tempo, con i vantaggi giuridici che un debito residuo di solo capitale comporta. Il prenditore stipula una rata, il cui valore corrisponde propriamente, alla proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c. del 10,6%, e nell’adempimento corrisponderà – anticipatamente senza alcun vantaggio - la spettanza degli interessi maggiorati maturati ad ogni scadenza, nella proporzionalità del 10% su un utilizzo periodale del capitale marcatamente protratto nel tempo del finanziamento.
Nell’ammortamento alla francese, la semplice imputazione anticipata degli interessi, da sola, se – diversamente dall’ammortamento all’italiana - non fosse accompagnata dal vincolo della rata costante, che induce il roll over dei rimborsi, esprimerebbe – per i medesimi rimborsi della pattuizione - una debenza degli interessi inferiore alla spettanza pattuita in regime composto: questo aspetto distingue l’ammortamento alla francese ordinariamente pattuito in regime composto dall’ammortamento all’italiana praticato dagli intermediari.[35]
5. L’ammortamento alla francese con gli interessi maturati, ritenuti esigibili ad ogni scadenza.
Una parte della dottrina di autorevole riferimento, ritiene che nei finanziamenti gli interessi maturati divengano esigibili ad ogni scadenza, ricompresi nella rata pattuita.[36] Prendendo a riferimento l’esempio dell’ammortamento alla francese, si sostiene che nel contratto, in assenza di una diversa convenzione, la pattuizione riguardi il valore della rata costante (€ 402,1), corrispondente al tasso convenuto del 10% e i rimborsi del capitale risulterebbero univocamente determinati ad ogni scadenza per differenza dal valore della rata, una volta imputati gli interessi maturati nel periodo sul debito residuo. Pertanto, la prospettazione della pattuizione si configurerebbe direttamente nella modalità espressa in Tav. 7.B (Tav. 6.B), riqualificando in questo senso l’equivalenza intertemporale della formula di calcolo della rata pattuita, espressa matematicamente nella modalità di Tav. 7.A (Tav. 6.A).
In questa interpretazione, per i rimborsi implicitamente pattuiti, rimarrebbe fugata ogni criticità connessa all’impiego del regime composto per la determinazione della rata: infatti, per i rimborsi che univocamente residuano dall’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, si può agevolmente riscontrare che la corrispondente obbligazione principale – come per ogni contratto definito nei rimborsi – presenta, nell’imputazione anticipata degli interessi (Tav.7.B) un ammontare degli interessi (€ 206,3) del tutto identico a quello espresso, per la medesima obbligazione principale, dal regime semplice (Tav. 7.C).
Più in generale, ogni contratto del secondo tipo, definito sul valore delle rate (costanti o meno), rimarrebbe del tutto assimilabile al contratto del primo tipo (ammortamento all’italiana) nel quale i rimborsi sono esplicitati in contratto.
Questa interpretazione relativa alla regolamentazione che presiede i finanziamenti a rata costante non sembra, tuttavia, superare compiutamente le obiezioni e criticità rivolte alla formulazione contrattuale del finanziamento con ammortamento alla francese. La tesi prospettata appare sottendere un’apprezzabile commistione fra i termini della pattuizione e dell’adempimento, fra la velocità di maturazione proporzionale degli interessi prescritta dagli artt. 821 e 1284 c.c. per la spettanza degli interessi pattuita e la velocità di corresponsione della debenza degli stessi, rimessa nell’adempimento alla volontà delle parti e, in assenza, alla norma stessa.
Per i finanziamenti a rimborso graduale, la Cassazione ha reiteratamente precisato che ‘la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento – che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Il fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all'obbligato di adempiervi in via differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutarne la natura né ad eliminarne l'autonomia.’ (Cass. n. 11400/14, cfr. anche Cass. nn. 3479/71, 1724/77, 2593/03, 28663/13, 603/13, 2072/13). Precisa ulteriormente la Cassazione n. 3224/1972 ‘le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione’.
Come per i finanziamenti a rimborso unico alla scadenza, l’equivalenza finanziaria fra il capitale finanziato (C) e il montante (M) prodotto nel periodo (n) è data da M = C x (1 + n x i), indipendentemente dalla circostanza che nei finanziamenti di tipo Bullet gli interessi maturato siano corrisposti periodicamente, anziché al rimborso del capitale: prima si conviene la spettanza degli interessi in regime semplice, per la determinazione della quale rimane ineludibile la scadenza del capitale, poi si accede alla prerogativa consentita dall’ordinamento nel pagamento anticipato degli interessi maturati.[37]
Il vincolo della rata (costante o meno) - nell’equivalenza intertemporale espressa dalla matematica fra la prestazione e le controprestazioni - coinvolge al tempo stesso la pattuizione e l’adempimento, interessando sia lo scaglionamento dei rimborsi che integra e completa l’obbligazione principale pattuita, sia l’imputazione degli interessi corrisposti alle distinte scadenze. Se, come ribadito dalla Cassazione, le due obbligazioni pattuite mantengono l’autonomia e separatezza, fra loro e rispetto all’adempimento, e se, inoltre, l’obbligazione degli interessi costituisce un’obbligazione pecuniaria che, in quanto informata al principio nominalistico ex art. 1277 c.c., prescinde dalle modalità e tempi della corresponsione, l’imputazione anticipata degli interessi, convenuta fra le parti o, eventualmente, prescritta dalla norma, non sembra che possa concettualmente precedere e condizionare la pattuizione, modificando la stessa equivalenza finanziaria, dettata dalla matematica finanziaria per la proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c., posta a base dell’equilibrio del contratto, espresso nella pattuizione della rata.
Nella pattuizione delle due obbligazioni a nulla rileva l’adempimento espresso dal piano di ammortamento nelle modalità di calcolo e nell’imputazione degli interessi che, al contrario, rimangono vincolati e subordinati propedeuticamente ai termini pattuiti.[38] L’imputazione anticipata degli interessi maturati è rispondente, nella ragione proporzionale dell’art. 1284 c.c., esclusivamente alla pattuizione dei corrispondenti rimborsi del capitale, mentre non è rispondente alla semplice pattuizione della rata per la quale, nel rapporto proporzionale, la matematica finanziaria restituisce valori diversi per i rimborsi del capitale.
Il valore stesso della rata cotante non costituisce un elemento essenziale del contratto, assumendo esclusivamente una funzione propriamente informativa: in termini matematici, risulta univocamente determinato dalla proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c. nel rapporto di equivalenza intertemporale, fra prestazione e controprestazioni, richiamato dal Levi. Nei finanziamenti con ammortamento alla francese ordinariamente adottati dagli intermediari, la produzione di interessi su interessi si riscontra, ancor prima dell’adempimento, nell’impiego della legge finanziaria composta di definizione della rata pattuita in rapporto al tasso convenuto, che risulta contraria alla prescrizione normativa.[39]
Il criterio di rimborso del capitale, costituendo un elemento integrante l’oggetto del contratto, rimane preordinato alla definizione stessa dell’obbligazione accessoria pattuita nel rapporto proporzionale al tasso ex art. 1284 c.c.: il valore dei rimborsi e della corrispondente obbligazione accessoria rimangono variabili indipendenti, condizionando le modalità di imputazione degli interessi al valore complementare della rata pattuita.
Il pagamento anticipato degli interessi maturati sottende pur sempre la precedente e funzionale pattuizione della velocità di maturazione espressa dal tasso convenuto esclusivamente nella proporzionalità del regime semplice, alla quale corrisponda un ‘contenuto assolutamente univoco’: ma tale ‘contenuto univoco’ presuppone, per antecedente, la definizione dei rimborsi, i quali non sembra possano essere determinati, per differenza dalla rata, in funzione della deroga consentita dall’ordinamento nel pagamento anticipato degli interessi maturati. L’ordinamento consente che gli interessi maturati siano corrisposti anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale: si tratta pur sempre di interessi maturati in regime semplice, non composto. Lo spirito del presidio posto dall’ordinamento a tutela del prenditore, non sembra consentire che le condizioni dell’adempimento degli interessi possano condizionare la pattuizione stessa dei rimborsi; tanto più nell’ammortamento alla francese, dove la condizione di pagamento anticipato degli interessi maturati, senza alcun vantaggio per il prenditore, replica il medesimo esito economico della produzione di interessi su interessi di Tav. 7.A
Sono i rimborsi del capitale che determinano l’utilizzo medio periodale del capitale al quale è riferita la spettanza corrispondente all’equilibrio contrattuale espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. e, se le parti pongono in essere una pattuizione del secondo tipo, conformata sul valore della rata, i rimborsi rimangono definiti dalla matematica nell’equivalenza intertemporale espressa dal regime semplice e l’imputazione degli interessi rimane univocamente determinata, in via residuale dalla rata pattuita. Risulterebbe alquanto improprio anteporre concettualmente l’esigibilità immediata ad ogni scadenza degli interessi maturati alla pattuizione della rata costante, lasciando implicitamente definiti, dai vincoli di chiusura del piano, in via residuale i rimborsi del capitale: per tale via, come detto, risulterebbe ‘sdoganato’ l’impiego del regime composto, con il riconoscimento degli interessi su interessi, per giunta aggravato dal pagamento anticipato.
La Tav. 7.B esprime l’adempimento espresso dal piano di ammortamento con l’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo. Detto piano, matematicamente, risponde all’adempimento di due distinti accordi contrattuali: quello conformato sui rimborsi del capitale (analogamente all’ammortamento italiano), con gli interessi pattuiti in regime semplice al tasso del 10% (Tav. 7.C); quello conformato sulla spettanza degli interessi inclusi nella rata costante di € 402,1 (ammortamento francese), definita, impropriamente, in regime composto dal TAN = TAE del 10% (Tav. 7.A), corrispondente nel regime semplice al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,6% (Tav. 1.A).
Come mostrato in precedenza, nel primo caso, l’equilibrio del contratto si consegue semplicemente maggiorando ciascun rimborso pattuito degli interessi maturati in regime semplice sullo stesso, per determinare il montante in essere ad ogni scadenza (Tav. 7.C). L’adempimento, con l’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, esprime il medesimo valore della spettanza pattuita.
Nel secondo caso, l’equilibrio del contratto è conseguito dall’equivalenza finanziaria delle rate in pagamento con il capitale inizialmente erogato, per i rimborsi di capitale che - impropriamente sul piano giuridico - si traggono matematicamente dalla legge del regime composto, impiegata nella determinazione del valore della rata (Tav. 6/7.A). Nella circostanza, l’indicazione contrattuale del TAN del 10% esprime la velocità di produzione/maturazione degli interessi informata alla metrica composta, discostandosi dalla ragione proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. che, per la rata di € 402,1 esprime il tasso del 10,6% (Tav. 1.A). L’adempimento, nel rispetto dei vincoli di chiusura del piano governati dal TAE, esprime, nelle modalità di imputazione anticipata degli interessi, il valore impropriamente maggiorato della spettanza pattuita.
Assume un aspetto dirimente l’assenso contrattuale che, nei finanziamenti con ammortamento alla francese, non è rivolto ai rimborsi, bensì al valore della rata e della spettanza inclusa, per i quali la matematica finanziaria – nei valori ordinariamente adottati nella formulazione contrattuale - esprime il regime composto, con la maggiorazione degli interessi secondari rispetto al regime semplice. Le parti, delle due formulazioni contrattuali – assenso sui rimborsi pattuiti e assenso sulla spettanza inclusa nella rata pattuita - avendo scelto quest’ultima, convengono implicitamente i rimborsi del capitale, che necessariamente integrano l’oggetto del contratto, nei valori giuridicamente riconosciuti dall’ordinamento nell’equivalenza finanziaria intertemporale, fra prestazione e controprestazione, espressa dal tasso convenuto nella ragione proporzionale del regime semplice. Nell’adempimento, dal valore delle rate convenute (costanti o meno), per i vincoli di chiusura del piano, rimane, in via residuale, univocamente determinato il valore degli interessi maturati da imputare ad ogni scadenza: la convenzione del valore delle rate, pertanto, condiziona e determina matematicamente la scelta dell’imputazione degli interessi alle distinte scadenze.
Con la formulazione contrattuale ordinariamente impiegata nei finanziamenti con ammortamento alla francese, governata dal TAE, si vorrebbe sottrarre alla pattuizione il criterio di rimborso del capitale, pervenendo nell’adempimento, nella completa inconsapevolezza del prenditore, ad esprimere – in funzione del criterio di imputazione degli interessi - i rimborsi nei valori che derivano dai vincoli di chiusura del piano, matematicamente proiettati in una marcata gradualità temporale, in tal modo recuperando su valori maggiorati di entrambe le obbligazioni, il rapporto proporzionale disatteso nella pattuizione.
Nella descritta formulazione contrattuale adottata dagli intermediari per l’ammortamento alla francese, il criterio di rimborso del capitale risulta matematicamente sottratto alla pattuizione, rimettendo l’equilibrio del contratto ai rimborsi che residuano dal criterio di imputazione degli interessi adottato nell’adempimento.[40]
L’esigibilità anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza, non sembra rispondere ad una prescrizione imperativa, potendo sempre le parti convenire una diversa imputazione. Nell’ammortamento alla francese, la rata costante può agevolmente essere accompagnata da una diversa, più accelerata proiezione dei rimborsi del capitale che, nel regime semplice, consentirebbe una rata ed una spettanza degli interessi inferiori e, per il medesimo valore costante della rata, la convenzione contrattuale di un tasso corrispettivo più alto. Le modalità di rimborso del capitale non possono risultare sottratte al prenditore per essere implicitamente ricondotte all’esclusiva proiezione esponenziale crescente con il tempo, corrispondente all’imputazione anticipata degli interessi maturati.
Risulterebbe più equo, trasparente e funzionale, per il capitale erogato, rimettere al prenditore le modalità di rimborso funzionali alle proprie esigenze e disponibilità. Ad esempio, per un capitale erogato di € 1.000, con rimborso in 10 rate annuali, il criterio di rimborso del capitale potrebbe essere accelerato, convenendo una proiezione temporale crescente linearmente, anziché esponenzialmente (€ 77,5, € 82,5, € 87,5, € 92,5, € 97,5, € 102,5, € 107,5, € 112,5, € 117,5, € 122,5), per un utilizzo medio del capitale più contenuto (€ 591,2 in luogo di € 627,4).
Volendo, al tempo stesso, convenire, nell’adempimento, il pagamento di una rata costante per il tasso ex art. 1284 c.c. del 10% – seguendo l’impostazione del primo tipo indicata dal Levi – è sufficiente calcolare gli interessi che maturano in ciascun anno sull’utilizzo del capitale che rimane dopo ogni rimborso[41] e poi semplicemente dividere il montante (1.000 + 591,25)/10 per ottenere la rata costante di € 159,125 (Tav.8.A).
Nell’adempimento, con la convenzione dei menzionati rimborsi del capitale, nella velocità espressa dalla proiezione linearmente crescente sopra indicata, ad ogni scadenza periodica, gli interessi maturati, nella proporzionalità del tasso del 10%, risultano corrisposti – anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale – solo per la quota parte che residua dalla rata costante pattuita. Come mostra la Tav. 8.A, una parte degli interessi maturati rimane infruttifera e verrà corrisposta nelle rate successive: per la proiezione temporale dei rimborsi, l’anticipazione nel pagamento, ad ogni scadenza, degli interessi maturati incontra un limite nella rata costante convenuta; di riflesso, a fronte di un tasso ex art. 1284 c.c. del 10%, il rendimento effettivo (TAE), che viene a conseguire l’intermediario, risulta inferiore (9,48%).
L’intermediario, che ordinariamente presta attenzione esclusivamente al rendimento effettivo dell’operazione (TAE), pari nel caso descritto al 9,48%, se desidera conseguire il TAE del 10% dovrà necessariamente prevedere in contratto il corrispondente tasso del regime semplice che esprime la proporzionalità prevista dagli artt. 821 e 1284 c.c., pari al 10,61% (Tav. 8.B).[42] In tal modo, il prenditore ha contezza, al tempo stesso, della gradualità dei rimborsi prescelti (che non risultano eccessivamente penalizzanti, in quanto crescenti linearmente) e della rata annuale costante corrispondente al tasso convenzionale del 10,61%, pari a € 162,75 ((1.000 + 627,5)/10).
L’intermediario, al contrario, trova più conveniente e, sul piano dell’offerta di mercato, più concorrenziale, offrire il tasso del 10% associato alla rata costante di € 162,75, senza alcuna indicazione né del regime composto impiegato, né del criterio di rimborso del capitale (Tav. 7.C). In tal modo, nell’adempimento, adottando il criterio di imputazione anticipata degli interessi maturati, lascia ai vincoli di chiusura del piano la determinazione in via residuale dei rimborsi, proiettati matematicamente su una progressione temporale di natura geometrica/esponenziale che esprime, nel rapporto proporzionale del 10%, il medesimo ammontare degli interessi, espresso nell’esempio precedente, per la proiezione dei rimborsi lineare, dal tasso proporzionale del 10,61%. In tal modo, l’intermediario ad un tasso inferiore consegue il medesimo ritorno economico (TAE = 10%), colmando ogni spazio temporale di infruttuosità degli interessi del regime semplice, interscambiato con il roll over del capitale a rimborso che converte gli interessi secondari espressi nella pattuizione in interessi primari riferiti ad un maggior utilizzo del capitale: il tasso del 10%, impiegato nell’adempimento in ragione uniperiodale – dove il regime semplice e composto esprimono il medesimo esito – restituisce nella debenza il valore della spettanza (€ 627,45) indebitamente pattuita nel regime composto al tasso del 10%, in luogo del tasso proporzionale del 10,6%.[43]
Per i contratti di questo tipo - risultando la pattuizione conformata sui pagamenti periodici delle rate, anziché sui rimborsi di capitale – come accennato, l’equilibrio del contratto è conseguito dall’equivalenza finanziaria espressa dalla matematica fra la prestazione iniziale e le controprestazioni periodiche alle distinte scadenze, con l’espressione degli interessi nel rapporto proporzionale del regime semplice, pari al 10,6% nel caso illustrato. Nell’adempimento, sono le imputazioni degli interessi maturati che rimangono univocamente determinate in via residuale dal valore della rata in funzione dei rimborsi pattuiti.
Nell’opaca e stringata formulazione ordinariamente adottata, celando una sostanziale carenza che interessa l’oggetto stesso del contratto, si riconduce l’individuazione dei rimborsi all’adempimento, a parti invertite cioè, dedotti in via residuale dall’imputazione anticipata degli interessi maturati. In tal modo, la crescita esponenziale con il tempo della spettanza degli interessi prevista nell’equivalenza finanziaria corrispondente alla rata pattuita viene conseguita, nell’adempimento, riferendo la debenza degli interessi in ragione proporzionale all’utilizzo del capitale risultante da una crescita esponenziale dei rimborsi.[44]
In combinazione con la rata costante, l’imputazione anticipata degli interessi maturati conduce ad una proiezione dei rimborsi geometrica nel tempo, che assume inizialmente valori estremamente esigui, niente affatto pattuiti, che ordinariamente sfuggono all’attenzione anche del prenditore non sprovveduto. Non rimane infatti agevole rendersi conto che, nell’adempimento, la risultante progressione esponenziale crescente dei rimborsi, di ragione (1 + i), gioca un ruolo rilevante nel costo complessivo del finanziamento, crescente con la durata e il tasso, del tutto corrispondente all’anatocismo incluso matematicamente nell’algoritmo di determinazione del valore della rata, per giunta, differentemente da quest’ultimo, aggravato dalla corresponsione anticipata.[45]
Il contratto di finanziamento contempla due obbligazioni, ontologicamente distinte e separate, quella principale, articolata nell’importo originario e nei successivi importi periodici (art. 1813 c.c.) e quella accessoria del compenso espresso dagli interessi (art. 1815 c.c.). Tale separazione interessa, al tempo stesso, sia le obbligazioni considerate, sia la pattuizione distinta dall’adempimento. Secondo quanto indicato dalla Cassazione, la spettanza degli interessi si qualifica come obbligazione accessoria esclusivamente nel momento originario della pattuizione, assumendo, nel momento successivo dell’adempimento, una prevalentemente veste di ordinaria obbligazione, seppur con le prerogative che si sostiene caratterizzino gli interessi dei finanziamenti. Nella pattuizione, prima ancora dell’adempimento, le due obbligazioni, principale ed accessoria, trovano un proprio equilibrio nel rapporto di equivalenza finanziaria, espresso nel regime semplice dal tasso di produzione/maturazione degli interessi convenuto (Tav. 3), che restituisce univocamente, al tempo stesso, sia la rata che i rimborsi ad essa congiunti: a tale equilibrio non può che riferirsi propriamente la volontà espressa dalle parti nel sottoscrivere il contratto.
L’adempimento rimane estraneo a tale equilibrio. Il pagamento degli interessi attiene ad un momento distinto, posteriore alla pattuizione, quando la spettanza degli interessi risulta già definita nella velocità di produzione/maturazione, per altro necessaria a stabilire la tempistica stessa della maturazione degli interessi che possono essere corrisposti alle distinte scadenze. Le parti rimangono libere di disporre le modalità relative alla corresponsione degli interessi ma, con la pattuizione della rata costante, tali modalità rimangono convenute nell’imputazione degli interessi per il valore che residua dai rimborsi pattuiti.
Nell’ammortamento alla francese, con le modalità di impiego del regime composto sopra illustrate, nella descritta commistione fra pattuizione ed adempimento, all’autonomia giuridica delle due obbligazioni espresse nella pattuizione non corrisponde, nell’adempimento, una corrispondente autonomia matematica nelle imputazioni. Nella soluzione adottata viene meno la separatezza richiamata dalla Cassazione fra le due obbligazioni pattuite, fra loro e nel distinto adempimento e pregiudicata la proporzionalità del tasso pattuito, informata al principio nominalistico che ne qualifica l’indipendenza dalle modalità di adempimento.
Appare coerente con i principi posti dalla Cassazione che la definizione della spettanza degli interessi rimanga predefinita nella pattuizione nella proporzionalità del tasso convenuto, nell’ammontare e nella velocità di maturazione degli interessi, lasciando, nell’adempimento, alle parti o all’ordinamento di prevedere la corresponsione anticipata rispetto alla scadenza del capitale.La convenzione del valore della rata (costante o meno) coniuga in sé l’assenso delle parti su due distinti aspetti: il valore predeterminato della spettanza degli interessi (I = ∑ Rk – C) e la somma delle due imputazioni, a rimborso del capitale e corresponsione degli interessi. In tale impostazione, con lo scaglionamento dei rimborsi che univocamente accompagna la rata definita in regime semplice, il pagamento degli interessi rimane univocamente definito nella misura residuale della rata pattuita.[46]
Il rispetto dei principi di trasparenza, nella predisposizione del contratto, impone all’intermediario che voglia avanzare la pur legittima pretesa del pagamento ad ogni scadenza degli interessi maturati, di rappresentare compiutamente al prenditore l’effettivo costo, nella metrica proporzionale del regime semplice, che consegue alla convenzione della rata costante, nel marcato roll over dei rimborsi che protrae significativamente nel tempo l’utilizzo del capitale.
Nella conformazione contrattuale adottata, il prenditore non sceglie la modalità di rimborso del capitale, non ne ha minimamente contezza e non si avvede, per giunta, né del regime composto impiegato impropriamente per ottenere una rata difforme dal regime semplice, né dell’inversione operata nell’adempimento. Lo stupore per il cospicuo ammontare del debito residuo, che frequentemente si riscontra nel caso di estinzione anticipata, se da un lato manifesta la scarsa emancipazione finanziaria del prenditore, dall’altro comprova l’ermetica predisposizione della formulazione contrattuale. A.A. Dolmetta, nel suo più recente lavoro, riconosce l’incomprensibilità del meccanismo, avvedendosi dell’ineluttabile, marcato onere che consegue all’esigua progressione dei rimborsi che discende nel piano di ammortamento.[47]
L’aspetto dirimente, che qualifica la velocità di produzione/maturazione degli interessi, si colloca a monte, nell’equivalenza finanziaria fra le distinte prestazioni definite nella pattuizione, nel rapporto matematico espresso dalle variabili indipendenti che caratterizzano la tipologia di contratto adottato. Come accennato, la matematica restituisce il medesimo adempimento, riportato nel piano di ammortamento di Tav. 7.B, con l’espressione della debenza degli interessi maturati, con imputazione anticipata, sia per il contratto definito sulla rata di € 402,1 di Tav. 7.A, matematicamente pattuita in regime composto al tasso del 10% - corrispondente propriamente, sul piano giuridico, al tasso del 10,6% in regime semplice – sia per il contratto definito sui rimborsi del capitale di Tav. 7.C, propriamente pattuito in regime semplice al tasso del 10%.
Se la pattuizione si conforma, come nell’ammortamento all’italiana, sull’obbligazione principale, compiutamente accompagnata dai rimborsi periodici, quale che sia il criterio di rimborso convenuto, il pagamento anticipato ad ogni scadenza degli interessi maturati sul debito residuo esprime sempre il medesimo ammontare del regime semplice. In particolare, con l’esplicito assenso sul peculiare scaglionamento di rimborsi geometricamente crescenti, corrispondente all’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza, l’operazione rimane governata dal regime semplice, coniugando, nell’adempimento, la medesima spettanza del regime semplice (Tav. 7.C), con la rata costante (Tav. 7.B). Ma questo non consente, nella pattuizione, di sostituire la convenzione della corrispondente rata costante al peculiare scaglionamento dei rimborsi in quanto alla proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c., corrisponde matematicamente nell’equivalenza finanziaria intertemporale un valore della rata inferiore.
Nell’accordo contrattuale ciò che rileva, giuridicamente, è lo scaglionamento dei rimborsi, tanto più che, come accennato, il valore della rata non costituisce un elemento sostanziale: definita, rispetto all’obbligazione principale, la spettanza corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c., il valore della rata (costante o meno) rimane determinato, nell’adempimento, dal criterio di imputazione degli interessi maturati, adottato dalle parti o stabilito dalla norma: per converso, convenendo il valore della rata nella proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c., rimane univocamente determinata l’imputazione degli interessi, non certo il rimborso del capitale preordinatamente definito nella pattuizione.
Ciò che rileva, nel rispetto dei presidi posti dagli artt. 1283, 821 e 1284 c.c. è la metrica proporzionale del tasso, impiegata nella sede negoziale, in corrispondenza alla spettanza degli interessi pattuita, per la quale rimane ineludibile la preordinata definizione dei rimborsi, espressi contrattualmente nell’ammortamento all’italiana, definiti implicitamente nell’equivalenza finanziaria del valore della rata nell’ammortamento alla francese. Giustappunto la norma dispone il divieto di convenire la produzione di interessi su interessi riferita alla spettanza espressa dalla velocità di maturazione espressa dal tasso convenuto, non alla debenza espressa dalla velocità di pagamento. Senza trascurare che l’art.1283c.c. si estende, comenormamateriale,nonsoltantoallafattispecieregolata ma, per il tramitedellafrodeallaleggeexart.1344c.c.,anche aogni altra convenzione(anterioreallascadenza)cherealizziunrisultatoeconomicamenteequivalente,di produzionediinteressisuinteressi. A. Nigro osserva che: ‘il divieto di anatocismo (...) non colpisce solo gli accordi preventivi che direttamente stabiliscano la produzione di interessi su interessi, ma anche gli accordi preventivi che abbiano comunque l’effetto di determinare la produzione di interessi su interessi.’[48]Anche la recente pronuncia della Cassazione (Pres. De Chiara, Rel. Fidanza, n. 9141 del 19 maggio 2020), seppur nell’ambito di un rapporto di conto corrente, sembra confortare quanto esposto: ‘Non vi è dubbio che il debito di interessi, quale accessorio, debba seguire il regime del debito principale, salvo una diversa pattuizione tra le parti che dovrebbe, tuttavia, specificare una modalità di calcolo degli interessi (intrafido) idonea a scongiurare in radice il meccanismo dell’anatocismo’.
Appare oltremodo pregiudizievole per il prenditore limitare l’assenso al valore costante della rata – che assolve un valore niente affatto sostanziale, una volta definita la velocità di rimborso del capitale – celando i riflessi che dall’imputazione anticipata ad ogni scadenza degli interessi maturati si riversano in un’accentuata esiguità della progressione temporale dei rimborsi, la cui onerosità ‘finanziaria’ sopravanza, per quanto accennato, lo stesso anatocismo.
Nel rispetto dell’autonomia della pattuizione dall’adempimento, se l’intermediario vuole assicurarsi il tasso effettivo (TAE) del 10%, il contratto dovrebbe riportare l’indicazione della rata di € 402,1 accompagnata dal tasso del 10,6%, espresso nella metrica proporzionale del regime semplice. Nel rapporto di equivalenza finanziaria del regime semplice, alla rata costante pattuita, la matematica restituisce un determinato scaglionamento di rimborsi; se l’intermediario vuole conseguire anche il pagamento anticipato degli interessi maturati, si renderà necessario raccogliere l’ulteriore assenso sul diverso criterio che procrastina parallelamente i rimborso del capitale: nella circostanza, il parametro di calcolo del piano di ammortamento viene a costituire matematicamente la variabile dipendente del regime composto (10%), chiamata ad esprimere la spettanza degli interessi inclusi nella rata pattuita nel rapporto proporzionale ex art. 1284 c.c. del 10,6%.[49]
L’omissione di ogni indicazione o criterio che palesi l’esigua velocità di rimborso del capitale – riflessa nell’inversione operata nel passaggio dalla pattuizione all’adempimento – rende la formulazione pattizia inidonea a prevenire l’effetto sorpresa ex art. 1195 c.c. che, frequentemente, si manifesta a posteriori nell’eventualità in cui, vuoi per l’estinzione anticipata, vuoi per altri motivi, il mutuatario prenda consapevolezza dell’oneroso adempimento predisposto dall’intermediario nel piano di ammortamento adottato che – per via del menzionato roll over dei rimborsi – lascia per lungo tempo pressoché immutato il debito in essere.[50]
Per contratti di adesione, predisposti unilateralmente dall’intermediario – oltretutto privati nel credito al consumo del piano di ammortamento allegato[51] – il prenditore rimane completamente ignaro sia del regime composto impiegato nella determinazione del valore della rata, sia del roll over dei rimborsi che ne deriva, nell’adempimento, con l’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza.[52]Senza alcuna diversa indicazione contrattuale, il prenditore ha titolo a ritenere che il valore della rata sia univocamente determinato dal tasso convenzionale riportato in contratto, impiegato in regime semplice, nell’equivalenza intertemporale espressa dalla proporzionalità dettata dall’art. 821 c.c., riferita all’utilizzo medio periodale del capitale espresso dalla matematica in tale regime.[53]
Conduce a conclusioni errate soffermarsi esclusivamente sul rapporto (semplice) espresso, ad ogni scadenza, dalle due variabili dipendenti – interessi periodici e debito residuo - riportate a valle nel piano di ammortamento, tralasciando il rapporto funzionale, diretto che discende dalle variabili indipendenti pattuite, poste – a monte – sotto l’egida del regime composto.[54] Limitandosi all’adempimento, rimane facile cadere nell’equivoco: come accennato, il tasso composto, nel pagamento degli interessi maturati nell’unità periodale, pari a [(1 + i)1], coincide con il tasso semplice [(1 + 1 x i)]; come osservato da L. Peccati: ‘Nel caso d’intertempo annuo, matematicamente, periodo =1, la formula si riduce a: interessi = debito x tasso, che fa, indebitamente, pensare a interessi semplici, mentre, concettualmente, sono composti’.[55]
Propriamente, il piano di ammortamento attiene all’adempimento, in un rigoroso rapporto di dipendenza dalla pattuizione e l’impiego del regime composto interviene nella modalità di impiego del tasso corrispettivo pattuito che esprime la velocità di maturazione degli interessi, alla quale risultano riferiti i presidi posti dagli att. 821, 1283 e 1284 c.c., nonché le prescrizioni di trasparenza dettate dagli artt. 117 e 120 TUB. Certamente se, come il mendicante di P. Watzlawick, si vanno a cercare le chiavisotto il lampione, anziché nella panchina dove si è addormentato, non si scorge alcunché.[56]
Come illustrato nei precedenti paragrafi, nei finanziamenti con ammortamento alla francese – come anche nei finanziamenti in leasing con canoni costanti - con una formulazione contrattuale alquanto opaca ed involuta, lo scaglionamento dei rimborsi rimane sottratto all’assenso contrattuale del prenditore, e - prima celato in forma implicita nel valore della rata pattuita e poi invertito nell’ordine temporale impiegato nell’adempimento – viene relegato a variabile residuale, dipendente del criterio di imputazione anticipata degli interessi, adottato unilateralmente dall’intermediario. Nella circostanza, le modalità adottate nell’adempimento retroagiscono, sostituendo i valori periodici dell’obbligazione principale, matematicamente posti a base dell’equivalenza finanziaria della rata pattuita e determinando, di conseguenza un marcato aumento dell’utilizzo medio periodale del capitale, valore sul quale, come mostrato inizialmente, si fonda la pattuizione dell’equilibrio contrattuale espresso dal tasso convenuto. La spettanza degli interessi, impropriamente maggiorata nel valore del regime composto della pattuizione, viene riferita, nella debenza alle distinte scadenze, ad un denominatore parimenti maggiorato, riconducendo in tal modo, nell’adempimento, il tasso composto pattuito (TAE) al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c.
Oltre a disattendere, nella spettanza degli interessi pattuita, il criterio di proporzionalità del tasso convenuto, con buona pace della menzionata autonomia delle due obbligazioni pattuite dal loro adempimento, reiteratamente sancita dalla Cassazione, nell’adempimento si viene a subordinare, in un rapporto di dipendenza dall’imputazione degli interessi adottata, il criterio di rimborso del capitale e con esso il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., esprimenti l’equilibrio stesso del contratto. Dei criteri di rimborso del capitale e di imputazione degli interessi alle distinte scadenze, di regola, non vi è alcuna menzione, né nella pattuizione contrattuale, né nell’adempimento espresso dal piano di ammortamento.
La Suprema Corte ha avuto modo di stabilire un consolidato principio: il piano di ammortamento ‘ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni del mutuatario, esso non è idoneo a mutarne la natura né ad eliminarne l’autonomia’.[57] Come mostrato in precedenza, lo scaglionamento dei rimborsi concettualmente precede e determina, ancor prima di ogni convenzione relativa all’adempimento, il valore della spettanza degli interessi corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c. La velocità di maturazione degli interessi, nella proporzionalità al tasso convenuto, rimane indipendente dalle modalità e tempi di pagamento impiegati nell’adempimento, espresso dal piano di ammortamento: l’equilibrio del contratto espresso in tale proporzionalità presuppone la convenzione dei rimborsi del capitale.
I rimborsi del capitale, congiuntamente al finanziamento iniziale, assolvono propriamente la veste matematica di variabile indipendente, alla quale riferire il tasso convenuto per determinare l’ammontare dell’obbligazione accessoria pattuita. Tali rimborsi possono essere espressi direttamente nel contratto (ammortamento all’italiana), oppure implicitamente dedotti dall’equivalenza finanziaria che la matematica finanziaria esprime fra la prestazione iniziale e le controprestazioni periodiche (ammortamento alla francese) espresse dalle rate convenute.
In termini matematici, oltre che giuridici, sono le variabili indipendenti, fissate nella pattuizione - obbligazione principale e tasso ex art. 1284 c.c. - che determinano la spettanza pattuita e condizionano – attraverso i vincoli matematici di chiusura del piano di ammortamento – i valori assunti dalle variabili dipendenti nell’adempimento, non il viceversa.[58]
L’accessorietà degli interessi, come riporta Cassazione n. 9800/1991, attiene esclusivamente al momento genetico dell’obbligazione di interessi, nel senso che “la decorrenza degli interessi presuppone la nascita dell’obbligazione principale e cessa con l’estinzione di questa e non esclude, pertanto, che, una volta sorto, il credito degli interessi costituisca un’obbligazione pecuniaria autonoma da quella principale”. Come prescritto dalla norma, è il tasso ex art. 1284 c.c., congiunto all’obbligazione principale – nei valori che residuano dai rimborsi parziali pattuiti - che determina il valore dell’obbligazione geneticamente accessoria, non il viceversa. ‘I frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto’: non è il diritto (capitale) che si ragguaglia giorno per giorno ai frutti civili, per giunta dipendente dal criterio stesso di imputazione degli interessi, adottato nel piano di ammortamento.
Nell’ammortamento alla francese, nella formulazione contrattuale ordinariamente adottata dagli intermediari, la pattuizione non riporta alcuna esplicita indicazione del criterio di rimborso del capitale. Tale aspetto che necessariamente deve integrare la pattuizione viene colmato dalla matematica che restituisce, per il valore della rata pattuita, nell’equivalenza finanziaria, fra prestazioni e controprestazioni, sia i rimborsi periodici del capitale, sia gli interessi: tuttavia tale equivalenza matematica rimane informata – impropriamente sul piano giuridico - al regime composto, (Cfr. Tav. 5), con una maggiorazione ricondotta alla produzione degli interessi su interessi. L’adempimento - con i rimborsi invertiti, ottenuti in via residuale dall’imputazione periodica degli interessi maturati sul debito residuo - viola l’autonomia giuridica delle due obbligazioni pattuite cona la rata e il corrispondente equilibrio proporzionale espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.
Anche volendo ritenere, in assenza di una diversa indicazione, implicita nei finanziamenti l’imputazione anticipata degli interessi maturati, lo scaglionamento dei rimborsi, espresso dalla matematica nell’equivalenza finanziaria risultante dalla pattuizione, rimane determinato con il valore della rata, mentre l’imputazione degli interessi necessariamente non può che assumere il valore che residua, per complemento dalla rata costante pattuita. Diversamente, con l’impiego del regime composto, si vorrebbe sottrarre alla pattuizione i rimborsi del capitale, rimettendoli ai valori che residuano dall’imputazione degli interessi anticipati, nell’obiettivo di conciliare la rata costante pattuita con l’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza. Ma in questo modo, come mostrato (Tav. 8), si preclude al prenditore ogni soluzione che concili la rata costante con il rimborso del capitale diverso dalla proiezione geometrica che procrastina marcatamente nel tempo i rimborsi periodici, esprimendo un costo del tutto corrispondente alla produzione di interessi su interessi.
Nei principi posti dall’ordinamento, il rapporto causa-effetto e la direzione del nesso causale, si proiettano dalla pattuizione all’adempimento espresso dal piano di ammortamento, non viceversa, tanto più che all’obbligazione principale compiutamente convenuta nei rimborsi del capitale corrisponde un’univoca obbligazione accessoria, mentre non è vero il viceversa. Come mostrato (Tav. 1), alla medesima obbligazione accessoria corrispondono scaglionamenti di rimborsi del capitale diversi. Giustappunto, il rispetto della norma, in particolare gli artt. 821, 1283, 1284 c.c., nonché l’art. 120 TUB, interessano la velocità di produzione/maturazione espressa nel tasso convenuto, riferito all’utilizzo del capitale determinato, univocamente, nei rimborsi pattuiti, che, pertanto, vengono a configurare elementi integranti l’oggetto del contratto; l’adempimento interessa esclusivamente le modalità di imputazione dell’ammontare della spettanza maturata, già definita nell’importo complessivo, espresso nel valore della rata, dal tasso convenzionale pattuito.
Nell’adempimento, l’ordinamento consente alle parti di prevedere il pagamento anticipato degli interessi; la discrezionalità rimessa alle parti rimane circoscritta agli interessi maturati, per il valore complessivo preordinatamente pattuito. L’importo della spettanza pattuita, per lo stesso principio nominalistico che ne presiede il valore, viene gradualmente maturando alla velocità espressa dal tasso convenuto, rimanendo del tutto indipendente dalle modalità di imputazione dei relativi pagamenti adottate nell’adempimento. Se l’adempimento viene assoggettato al vincolo dei pagamenti costanti, l’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza rimane preclusa per ogni scaglionamento dei rimborsi, diverso da quello che esprime per complemento alla rata costante, detta imputazione. Risulta del tutto arbitraria l’inversione nell’ordine temporale delle rate che, nel passaggio dalla pattuizione all’adempimento, scambia, al tempo stesso, la variabile dipendente (imputazione della debenza degli interessi) con la variabile indipendente (rimborso del capitale), determinando questi ultimi, in via residuale, dai primi.
L’impiego del TAN = TAE, in luogo del tasso ex art. 1284 c.c., consente di realizzare una sostanziale commistione fra pattuizione ed adempimento: mentre con la pattuizione del tasso ex art. 1284 c.c. l’adempimento rimane condizionato al rapporto proporzionale dell’obbligazione accessoria all’obbligazione principale, con la pattuizione del TAE, nell’adempimento, i rimborsi che integrano la definizione dell’obbligazione principale risultano qualificarsi quale variabile dipendente dall’imputazione degli interessi nel valore espresso dal regime composto (TAE).[59]
Diversamente dai finanziamenti definiti sui rimborsi del capitale, nel finanziamento con ammortamento alla francese, per le peculiarità stesse che rivengono dal vincolo della rata costante, l’impiego del TAN nel calcolo, ad ogni scadenza, degli interessi maturati sul debito residuo, non comporta solamente un anticipato pagamento degli interessi, che sarebbe del tutto legittimo; con il vincolo della rata pattuita e l’indebita inversione temporale dei rimborsi descritta in precedenza si viene, di fatto, ad operare una intercambiabilità di interessi al capitale, in un reiterato roll over dei rimborsi, in evidente contraddizione con l’autonomia delle due obbligazioni pattuite, richiamata dalla Cassazione n.11400/14; per giunta, con l’impiego del regime composto, lo stesso tasso ex art. 1284 c.c. viene a dipendere dal criterio di imputazione degli interessi adottato nell’adempimento (Cfr. Tav. 1.B – E).[60]
In assenza di una diversa indicazione, il prenditore è legittimamente indotto a ritenere che nell’adempimento non vi siano alternative e il tasso convenzionale riportato in contratto sia impiegato in regime semplice, nell’equilibrio contrattuale dettato nell’equivalenza intertemporale espressa nella proporzionalità del tasso ex art. 821 c.c., riferito all’utilizzo medio periodale del capitale univocamente espresso in tale regime.[61]
Risulterebbe alquanto paradossale ignorare i termini dell’equilibrio contrattuale pattuito e far derivare riflessi giuridici dall’adempimento, invertendo, rispetto alla pattuizione, l’ordine temporale dei rimborsi, senza per altro alcun assenso contrattuale. L’adempimento riveste esclusivamente una funzione esecutiva e, quale che siano i criteri adottati, matematicamente, nel rispetto dei vincoli di chiusura, deve esitare i valori delle variabili indipendenti espresse nella pattuizione. Per il medesimo finanziamento, la rata pattuita in € 402,1 risulterebbe legittima sia nel tasso (TAE) del 10% impiegato in regime composto, sia nel tasso (ex art. 1284 c.c.) del 10,6% impiegato in regime semplice e, di converso, per il medesimo tasso convenzione del 10% risulterebbe legittima sia la rata di 402,1 calcolata in regime composto sia la rata di € 398,1 calcolata in regime semplice. Risulta palese, nella circostanza, la violazione del contenuto assolutamente univoco, in corrispondenza del tasso ex art. 1284 c.c., prescritto dalla Cassazione 12276/10.[62] Tale evidenza, da sola, è suscettibile di rimuovere i più diffusi pregiudizi, fondati esclusivamente sull’adempimento, nel riferimento semplicistico alle modalità di calcolo della debenza degli interessi riscontrate nel piano di ammortamento che, ancorché appaiano espresse in regime semplice, riflettono la legge del regime composto che informa la velocità di maturazione degli interessi pattuita.[63]
L’operatore che accede al finanziamento valuta la sostenibilità della rata ma, sostanzialmente, negozia il prezzo dato dal tasso ex art. 1284 c.c. riportato in contratto, che esprime, nella metrica proporzionale, la velocità di maturazione della spettanza degli interessi inclusi nella rata pattuita, indipendentemente dalla metrica di calcolo dei pagamenti previsti nell’adempimento.[64]
Risulta evidente come l’adempimento presupponga per antecedente la convenzione della rata, e quindi della spettanza inclusa che – nella conformazione contrattuale dei contratti di finanziamento con ammortamento alla francese, ordinariamente adottati dagli intermediari – rimangono entrambe informate alla metrica composta, dove si evidenzia la produzione di interessi su interessi: senza tale illecita, preordinata pattuizione della variabile indipendente, matematicamente, non si conseguirebbero le variabili dipendenti espresse nel piano di ammortamento. Alla medesima rata corrisponderebbe nel regime semplice un tasso più alto e, nell’adempimento, senza altra specifica convenzione, l’imputazione degli interessi – a prescindere dal parametro di calcolo impiegato - non potrebbe essere altro che quella determinata, in via residuale dai rimborsi del capitale implicati nella determinazione della rata pattuita. (Cfr. Allegato 3).
Le criticità, riconducibili alle violazioni delle disposizioni normative, si ravvisano nella pattuizione della rata/canone, più che nei pagamenti che, pur tuttavia, rispondono frequentemente a criteri di imputazione privi dell’assenso della parte, configurando, anche su questo versante, la violazione dell’art. 117 TUB, 4° comma.[65]Nella circostanza, sia nei finanziamenti con ammortamento graduale che nei finanziamenti in leasing, risulta oltremodo negletta la disciplina di correttezza e trasparenza che, in più aspetti, sia l’ordinamento generale che quello specifico bancario, dispongono a tutela della parte debole. Come rileva A.A. Dolmetta, la presenza di una disciplina della trasparenza per definizione presuppone il riconoscimento della disparità strutturale delle relative posizioni e della diversità funzionale tra chi il prodotto crea, o assembla, e chi il prodotto, invece, consuma.[66]
Osserva A.A. Dolmetta: ‘il negozio di imputazione dei pagamenti, che è insito nel meccanismo di ammortamento alla francese, va in realtà a confrontarsi e contrapporsi colla regola generalissima dell’art. 1193, comma 1°, c.c. che rimette in via esclusiva al debitore la scelta sulla decisione del debito da estinguere: la fattispecie contiene, dunque, una rinuncia a un diritto che è proprio della posizione debitoria. Come si vede, il tema rimane nell’alveo informante della valutazione di meritevolezza ex art. 1322 c.c. e della causa concreta: con tronco peraltro connotato pure dall’ulteriore innesto del ramo costituito dalle formalità espressive (in generale) delle dichiarazioni di rinuncia: al loro dover essere, in specie, inequivoche (e quindi prima di tutto specifiche)’.[67]
Anche volendo prescindere dalla natura anatocistica del regime finanziario composto – divenuta ancor più ineludibile con il nuovo testo dell’art. 120 TUB, 2° comma – e dall’illecita finalità prevista dall’art. 1344 c.c., l’art. 117 TUB congiuntamente alle disposizioni sulla trasparenza della Banca d’Italia, tra le informazioni da inserire nei contratti, prevede “il tasso di interesse, le condizioni che ne disciplinano l’applicazione, ...”. Tra queste ultime non sembra si possa ‘tacere’ il regime di impiego del tasso convenzionale, nella distinta specifica annuale e infrannuale,[68] né tanto meno il criterio di rimborso del capitale prescelto che presiede l’esito numerico riportato nell’allegato, senza i quali non é possibile conseguire, una corretta, trasparente ed univoca determinazione del prezzo, né un consapevole assenso sui criteri di imputazione adottati nel piano di ammortamento. In termini puntuali e circostanziati la Cassazione 3968/14 precisa: ‘Per la determinatezza e determinabilità dell’oggetto dell’obbligazione accessoria ad essi relativa, è bensì indispensabile che gli elementi estrinseci od i parametri della determinazione degli interessi ad un tasso diverso da quello legale siano specifici’.
Nell’ammortamento alla francese, solo riconducendo l’assenso all’esigua velocità dei rimborsi del capitale - corrispondente all’imputazione anticipata, ad ogni scadenza, dell’intero aggregato degli interessi maturati - rimane consapevolmente definito l’equilibrio fra prestazione e controprestazione, espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.: nella circostanza, analogamente ai contratti definiti sul criterio di rimborso del capitale (come nell’ammortamento all’italiana) nell’adempimento, il pagamento anticipato degli interessi maturati sul debito residuo, esprime l’anima lecita del regime composto, che esita l’importo corrispondente al rapporto proporzionale dell’art. 1284 c.c., nel medesimo valore espresso dalla spettanza pattuita in regime semplice. Solo in tale circostanza, il piano di ammortamento ordinariamente praticato dagli intermediari risponderebbe propriamente ai termini pattuiti, venendo meno ogni opacità, risultando fugato ogni elemento di indeterminatezza e scongiurata ogni forma di anatocismo e/o vizio del consenso.[69]
L’aspetto che, in definitiva, risulta dirimente sul piano giuridico è dato dall’assenso pienamente consapevole del criterio di rimborso del capitale particolarmente penalizzante, che caratterizza la combinazione dell’imputazione anticipata degli interessi maturati con la convenzione della rata costante.
Il principio di trasparenza, che si ricollega alla forma del contratto, persegue lo scopo di rendere consapevole le parti degli impegni assunti con la sottoscrizione dello stesso: tale esigenza trascende la tutela della parte, in ragione della superiore esigenza del mercato, assolvendo ad una funzione ‘materiale’ preposta ad uno scopo specifico.Ancor più avanti si spingono le indicazioni avanzate dalla recente Cassazione n. 12889 del 13 maggio 2021. Con riferimento ad un’operazione di leasing, rilevando la declinabilità della trasparenza in senso economico, disposta dalla Corte di Giustizia del 21 dicembre 2016, la sentenza ne fa seguire il sindacato sulla idoneità ad incidere sullo stesso equilibrio delle relazioni contrattuali, richiamando autorevole dottrina che ritiene la trasparenza economica rinserrata nel perimetro tassativo dei vizi del consenso: ‘la funzione di trasparenza quale valore che merita di essere in sé e per sé considerato per la sua idoneità ad incidere sull’equilibrio delle relazioni contrattuali, tanto da imporre il sindacato ex lege del contenuto del contratto’, e ‘tale da garantire l’equilibrio economico del contratto la cui violazione determina un vizio del consenso’; viene colta la divergenza fra il tasso pattuito e l’importo degli interessi: ‘L’utilizzatore avrebbe formato la propria volontà sul tasso indicato in contratto, ma non sarebbe stato oggetto di accordo che le rate fossero da determinare secondo un metodo il cui risultato è quello di aumentare l’importo degli interessi’; nella circostanza la Cassazione ravvisa la sanzione dell’art. 117 TUB propria alle circostanze sopra descritte quando: ‘ … il tasso sia indicato in contratto, ma esso porti ad un ammontare del costo dell’operazione variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento, sì da ritenere che il prezzo dell’operazione risulti sostanzialmente inespresso e indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore’.[70] In quest’ultimo richiamo è chiaramente evocato anche l’effetto sorpresa dell’art. 1195 c.c., generato dal regime composto, che rimane ordinariamente celato nella determinazione della rata o canone di leasing.[71]
Allegato 1
L’adempimento nell’ammortamento all’italiana: modalità alternative.
Nell’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante), nell’equivalenza intertemporale fra prestazione e controprestazioni espressa nel regime composto, la matematica esita la pattuizione delle rate di Tav. 2. Ter a. Nell’adempimento, nel rispetto dei vincoli di chiusura del piano, per criteri di imputazione degli interessi maturati che ne accelerano il pagamento anticipato (Tav. 2 ter, senso antiorario), flette il monte interessi sino a coincidere con quello del regime semplice (Tav. 2.A, pag. 15): parallelamente flette il rapporto proporzionale degli interessi al capitale sino a coincidere con il prezzo ex art. 1284 c.c. definito nel regime semplice, quando gli interessi maturati risultano, ad ogni distinta scadenza, interamente corrisposti. Si rileva che nel piano di ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante) – come per ogni piano nel quale la pattuizione è posta sull’imputazione a rimborso del capitale, anziché sulla rata – l’obbligazione principale, sia nei valori iniziale e periodale ad ogni sotto-periodo, sia nella sua espressione di sintesi data dal finanziamento medio, rimane invariata nel medesimo valore, mentre l’obbligazione accessoria, per il medesimo TAN, varia in funzione del regime finanziario e del criterio di imputazione degli interessi adottati nel piano allegato al contratto.
Per ogni piano di ammortamento nel quale l’assenso contrattuale viene espresso sull’obbligazione principale iniziale e periodale - in particolare per l’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante) - si riscontra la medesima distinzione riscontrata nei finanziamenti Zero coupon e Bullet: l’obbligazione principale, nel valore iniziale e periodale, rimane invariata, quale che sia il regime finanziario adottato e il criterio di imputazione dell’obbligazione accessoria. Con l’anticipato pagamento, ad ogni scadenza, degli interessi maturati, il monte interessi rimane invariato e, con esso, il prezzo ex art. 1284 c.c. del regime semplice, come nel finanziamento Bullet. Se, in luogo di essere pagati, gli interessi maturati vengono, in tutto o in parte, capitalizzati e pagati congiuntamente al capitale alla scadenza di quest’ultimo, si riscontra la lievitazione del monte interessi tipica del finanziamento Zero coupon: come per tale finanziamento, il parametro espresso dal TAN impiegato nell’algoritmo di calcolo non è più espressivo del prezzo ex art. 1284 c.c. del finanziamento.
L’adempimento nell’ammortamento alla francese: modalità alternative.
Nell’ammortamento alla francese adempimento, nell’equivalenza intertemporale espressa dal regime composto, la matematica esita la rata di € 402,1 nella composizione riportata nella Tav. 6 bis a. Nell’adempimento, con la rata si può pagare l’interesse maturato in ragione composta sulla quota parte del capitale che viene a scadenza, o, alternativamente, si può pagare, in ragione uniperiodale (pari o inferiore all’anno), tutti gli interessi maturati sul capitale in essere (Tav. 6 bis.b), o ancora, scegliere vie intermedie fra le due estreme, alle quali corrisponderanno quote capitale decrescenti o crescenti e interessi via via crescenti o decrescenti (Tav. 6 bis.c/d), mentre il debito residuo, alle distinte scadenze, risulterà il medesimo, seppur diverso nella composizione di capitale ed interesse, in funzione del criterio di composizione della rata adottato [72]
Nell’equivalenza finanziaria che caratterizza la pattuizione giuridicamente rimangono univocamente determinati, con la rata pattuita, anche i distinti rimborsi del capitale che, pertanto, assumono la veste di variabili indipendenti. Matematicamente, nel regime composto solo il finanziamento iniziale risulta esplicitamente espresso, mentre i rimborsi periodici del capitale risultano sottratti alla pattuizione e rimessi all’adempimento. Nell’adempimento, per la scindibilità del regime composto, più soluzioni rispondono al medesimo tasso composto (TAE) pattuito, rispondenti a forme diverse di equivalenza che antepongono, in tutto o in parte, l’anticipato pagamento degli interessi maturati, determinando, in via residua dalla rata costante, i corrispondenti rimborsi del capitale.
Come è agevole riscontrare, con l’impiego del regime semplice, la proporzionalità del tasso pattuito risulta conseguita per la velocità di rimborso del capitale corrispondente all’utilizzo medio periodale del capitale (€ 648,10, Tav. 3), univocamente espresso congiuntamente al valore della rata. Con l’impiego del regime composto, la velocità di rimborso del capitale, che assume una pregnante funzione giuridica, nella pattuizione della rata è espressa dall’utilizzo medio periodale del capitale (€ 645,52 di Tav. 6 bis.a) corrispondente ai rimborsi del capitale decrescenti, mentre nell’adempimento la velocità di rimborso risulta espressa da utilizzi medi periodali diversi (compresi fra € 645,52 a € 687,81 di Tav. 6.bis.b) in funzione del criterio di imputazione degli interessi. In tale regime, la velocità di rimborso del capitale rimane, matematicamente, sottratta alla pattuizione: per la proprietà di scindibilità, quale che sia la velocità di rimborso, il montante ad ogni scadenza e l’ammontare degli interessi costituente la debenza complessiva, rimangono invariati.
Come mostra la Tavola 6 bis, maggiore è l’anticipazione nel pagamento degli interessi maturati a ciascuna scadenza, più elevato risulterà il ritardo nella restituzione del capitale: tale ritardo, al valore estremo di Tav. 6 bis.b, innalza l’utilizzo medio del finanziamento, sino a far coincidere il monte interessi maggiorato degli interessi secondari, espressi nel calcolato nella rata pattuita (Tav. 6 bis.a), con gli interessi esclusivamente primari calcolati sul capitale che residua dai relativi rimborsi (Tav. 6 bis.b)
.Quale che sia il criterio di imputazione, il valore dell’obbligazione accessoria rimane invariato nel valore che include la maggiorazione espressa dagli interessi su interessi, ricompresa nella variabile indipendente convenuta in contratto. Il piano rimane governato dal regime finanziario dell’interesse composto (TAE), a cui corrisponde una rata costante definita nel monte interessi maggiorato degli interessi su interessi. Tuttavia, nell’adempimento, adottando, al medesimo TAN, ad ogni scadenza l’imputazione degli interessi maturati sul debito residuo, questi non hanno modo di ‘comporsi’ in interessi successivi, replicando così la formula che il regime composto condivide, in ogni singola scadenza, con il regime semplice [(1+i)1 = (1+1x i)].
Con l’adozione del criterio di imputazione, quanto più si anticipa il pagamento degli interessi maturati, tanto più si riduce la misura del relativo prezzo dato dal tasso, in ragione d’anno, previsto dall’art. 1284 c.c., espressione del rapporto obbligazione accessoria/utilizzo medio periodale del capitale. A tale riduzione della misura del prezzo ex art. 1284 c.c., tuttavia, solo nell’ammortamento all’italiana (a quota capitale costante) corrisponde una parallela ed effettiva riduzione dell’obbligazione accessoria, che la riconduce al valore del regime semplice. Nell’ammortamento alla francese (a rata costante), l’obbligazione accessoria rimane invariata sul valore espresso dalla capitalizzazione degli interessi, già incluso nel valore della rata definita in contratto, e la riduzione del tasso corrispondente alla proporzionalità dell’art. 1284 c.c., per i vincoli stessi di chiusura del piano, viene matematicamente conseguita con una corrispondente accelerazione del roll over dei rimborsi, che incrementa l’utilizzo medio periodale del capitale, posto al denominatore del rapporto esprimente il tasso ex art. 1284 c.c.
Allegato 2
Come accennato, conduce a conclusioni errate soffermarsi esclusivamente sul rapporto delle due variabili dipendenti – interessi periodici e debito residuo - riportate a valle nel piano di ammortamento, tralasciando il rapporto funzionale, diretto che le lega a quelle indipendenti, sulle quali – a monte - si è conformato, impropriamente in regime composto, l’accordo contrattuale. Senza il preliminare assenso sui rimborsi del capitale, l’imputazione anticipata ad ogni scadenza degli interessi maturati, presuppone la pattuizione della rata in regime composto – inclusiva della spettanza maggiorata degli interessi su interessi - e, nell’adempimento, la determinazione dei rimborsi in via residuale dal valore della rata.
Si può agevolmente mostrare che, matematicamente, la produzione di interessi su interessi rimane celata nell’adempimento espresso dal piano di ammortamento. Per la peculiarità stessa del vincolo della rata predefinita (in particolare, costante nell’ammortamento alla francese), l’ammontare degli interessi della rata k-esima, pur calcolato in ragione semplice in via primaria sul debito residuo, conserva la natura secondaria del regime composto impiegato nella pattuizione, in quanto, matematicamente, dipendente dagli interessi precedentemente maturati, scaduti e corrisposti, oltre che dall’importo delle rate precedenti.
Nell’ammortamento alla francese – differentemente dall’ammortamento all’italiana - per il medesimo monte interessi, incluso nella rata maggiorata dal regime composto, gli sviluppi matematici evidenziano che: i) se si spesa nella rata gli interessi calcolati sulla quota capitale in scadenza (Tav. 6 bis.a), questi risultano funzione diretta e proporzionale del capitale in scadenza e degli interessi pregressi maturati sullo stesso e capitalizzati; ii) se si spesano nella rata gli interessi calcolati sul debito residuo (Tav. 6 bis. b), questi risultano funzione diretta e proporzionale del capitale e degli interessi pregressi maturati e corrisposti.
Fissato capitale, rata e scadenze, ciò che rileva matematicamente è il rapporto fra le variabili dipendenti che intervengono nel piano di ammortamento e quelle indipendenti, fissate in contratto. Per evidenziare la natura secondaria degli interessi inclusi nella rata k-esima del piano ordinariamente adottato dagli intermediari, gli stessi devono, propriamente, essere espressi attraverso una funzione esclusivamente ricondotta alle variabili indipendenti pattuite e agli interessi precedentemente corrisposti.
In alternativa al calcolo sul debito residuo, il medesimo importo degli interessi può essere espresso, in via non più primaria, attraverso una funzione che ricomprende gli interessi primari precedentemente corrisposti. Ciò che rileva matematicamente è il rapporto fra le variabili dipendenti e quelle indipendenti, fissate in contratto: sia gli interessi imputati nella rata che il debito residuo sono variabili dipendenti dalla rata e dall’obbligazione accessoria inclusa nella stessa.
Infatti, dall’espressione degli interessi impiegata nella rata k-esima:
Ik = TAN x Debito residuo in k -1
e dall’eguaglianza: Debito
residuo in k – 1 = Capitale –(k-1) x Rata +
si ottiene: Ik =
TAN x
La funzione sopra riportata evidenzia come gli interessi della rata k-esima siano funzione diretta degli interessi pregressi corrisposti e funzione inversa delle rate pagate.[73] Dato il valore del Capitale e della Rata, in quest’ultima espressione, l’addendo: TAN x Somma interessi maturati nelle precedenti scadenze, palesa la produzione di interessi su interessi: sono sempre interessi su interessi primari ex art. 120 TUB, 2° comma, ancorché scaduti e corrisposti. Come si può osservare dalla formula, gli interessi della rata k-sima risultano altresì funzione del valore della rata, propedeuticamente determinato in regime composto.[74]Parimenti è agevole riscontrare che il debito residuo, che viene richiesto in caso di estinzione anticipata, non è altro che l’attualizzazione, in regime composto, delle future rate, che sconta la produzione di interessi su interessi: Dk = ∑n R/(1+i)k: il medesimo tasso nel regime semplice esprimerebbe un debito residuo più elevato.
Diversamente dai finanziamenti definiti sui rimborsi del capitale, nel finanziamento con ammortamento alla francese, per le peculiarità stesse che rivengono dal vincolo della rata costante, l’impiego del TAN nel calcolo, ad ogni scadenza, degli interessi maturati sul debito residuo, non comporta solamente un anticipato pagamento degli interessi, che sarebbe del tutto legittimo; con il vincolo della rata pattuita, l’anticipazione degli interessi maturati, come mostrato, comporta un complementare roll over dei rimborsi che, innalzando l’utilizzo medio periodale del capitale, lascia invariati gli interessi da corrispondere nel valore della spettanza pattuita in regime composto. Il pagamento anticipato degli interessi maturati ad ogni scadenza non arresta l’ascesa esponenziale della capitalizzazione degli stessi, espressa nella pattuizione, che viene ad essere alimentata, in termini sostitutivi, dal capitale il cui rimborso risulta prorogato: il monte interessi, inizialmente determinato in via di capitalizzazione nel valore della rata pattuita, rimane invariato, alimentato, nell’adempimento, dagli interessi calcolati ad ogni scadenza, sul maggior debito residuo oggetto del roll over.
Emerge in tutta evidenza che con l’imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo, il vincolo della rata costante, impone matematicamente una relazione diretta, funzionale crescente, fra gli interessi della rata e gli interessi corrisposti nelle rate precedenti. Altrettanto evidente è la presenza di interessi secondari nel calcolo del debito residuo come attualizzazione composta delle rate future.
L’elemento di criticità risulta sottilmente mistificato. La produzione di interessi su interessi maturati si realizza in un caso sugli interessi a scadenza, nell’altro sugli interessi scaduti, corrisposti e, tramite il roll over del capitale a rimborso trasfigurati nel debito residuo. Di tal guisa anche il regime composto viene apparentemente trasfigurato in regime semplice. Il TAN lo si utilizza in regime composto nella predeterminazione della rata, che poi consente di applicare il TAN direttamente in ragione semplice sul debito residuo. Ciò che viene esplicitamente convenuto in contratto è la rata, ma, come mostrato nelle Tav. 6 bis.a e 6 bis.b, la medesima rata - variando la composizione o, meglio, il relativo ordine di successione temporale - può evidenziare la ‘composizione’ propriamente composta di interessi o celarla non palesando, ictu oculi, interessi su interessi, che rimangono impliciti nel modello di calcolo.
Se gli interessi una volta maturati vengono tempestivamente corrisposti, appare logico e consequenziale, come nei finanziamenti Bullet, un monte interessi privo della lievitazione esponenziale tipica dell’anatocismo; al contrario, nell’ammortamento alla francese (o a rata costante) – come in ogni ammortamento a rata predefinita - è proprio la maggiorazione degli interessi riveniente dall’applicazione del regime composto, in uno con l’anticipazione nell’imputazione degli stessi, all’origine della mutazione in primari: a parità di rata, tanto maggiori sono gli interessi corrisposti anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale, tanto maggiori saranno gli interessi nelle rate successive, mutati in primari.
Tale peculiare connotazione non si riscontra nell’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante), nel quale gli interessi imputati nella rata, calcolati sul debito residuo, non dipendendo funzionalmente dagli interessi precedentemente corrisposti, non determinano alcuna lievitazione esponenziale.
Nell’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante), dove la variabile indipendente definita in contratto non è la rata, bensì i rimborsi periodici del capitale, il criterio di imputare nella rata tutti gli interessi maturati sul debito residuo non determina alcun riflesso anatocistico, in quanto gli interessi vengono semplicemente anticipati nel pagamento, maggiorando il valore delle rate iniziali, senza alcun roll over dei rimborsi, lasciando invariata la spettanza degli interessi definita in regime semplice.
Per l’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante), gli interessi imputati nella rata, calcolati sul debito residuo non dipendono funzionalmente dagli interessi precedentemente corrisposti e, quindi, non determinano alcuna lievitazione esponenziale: Ik = TAN x C – TAN x (k-1) x C/n. L’interesse relativo alla k-esima rata dipende esclusivamente dal TAN e dal Capitale finanziato, oltre che dall’ordine temporale della rata stessa.
Si può agevolmente riscontrare che, con il criterio di imputazione, anticipata ad ogni scadenza, degli interessi maturati al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. calcolati sul debito residuo: i) nell’ammortamento all’italiana, la debenza (Tav. 2.B) assume il medesimo valore della spettanza determinata nel valore proporzionale del regime semplice dettato dall’art. 1284 c.c. (Tav. 2.A), per valori dell’obbligazione principale che rimangono invariati alle distinte scadenze (€ 666,67 nel valore medio di periodo); ii) nell’ammortamento alla francese, la debenza (Tav. 6.A) assume un valore maggiore della spettanza determinata nel valore proporzionale del regime semplice dettato dall’art. 1284 c.c. (Tav. 3) e, parallelamente, si amplia il valore medio di periodo dell’obbligazione principale periodale (da € 645,5 di Tav. 6.A a € 687,8 di Tav. 6.B).
Il rispetto degli artt. 1283, 821 e 1284 c.c., come previsto dalla normativa, attiene esclusivamente al tasso impiegato nella pattuizione per esprimere, in ragione proporzionale, la velocità di produzione/maturazione degli interessi, indipendentemente dall’algoritmo e dal relativo parametro (TAN) impiegato nell’adempimento che, quali variabili dipendenti, possono assumere combinazioni diverse, per pervenire all’ammontare della spettanza pattuita per i rimborsi parimente convenuti. Nella pattuizione la spettanza degli interessi e la corrispondente rata, espresse dal regime semplice, coerentemente con la proporzionalità dell’art. 1284 c.c., presentano valori inferiori a quelli espressi nel regime composto: nell’esempio riportato in precedenza, € 398,1 per la rata costante, che include la spettanza degli interessi per € 194,4 (Tav. 9.A).
Con la pattuizione del valore della rata costante in regime semplice risultano univocamente definiti anche i rimborsi periodici del capitale che, come accennato, costituiscono aspetti integranti l’obbligazione principale che interviene nella pattuizione. Nell’adempimento, ancorché consentita dall’ordinamento, non è possibile prevedere l’imputazione anticipata degli interessi maturati, così come praticato nell’ammortamento all’italiana, avendo già convenuto il valore della rata costante. Per l’obbligazione principale, compiutamente espressa nei valori che residuano dai rimborsi pattuiti, univocamente definiti dalla matematica nella determinazione della rata costante, l’imputazione degli interessi, nell’adempimento, rimane espressa, per complemento dal valore della rata stessa. Nell’adempimento, volendo anticipare il pagamento degli interessi maturati, delle due l’una: o si rinuncia alla costanza della rata pattuita, passando ad una rata decrescente (Tav. 9.B) come nell’ammortamento all’italiana; o, alternativamente, si conviene una compensazione all’imputazione anticipata degli interessi maturati, con un parallelo ritardo dei rimborsi convenuti nella rata, che lasci invariato il prezzo espresso dal valore dalla spettanza degli interessi inclusa nella rata. In questa seconda alternativa, nell’adempimento, il piano di ammortamento, che lascia invariata la spettanza pattuita nel regime semplice, risulta espresso da un parametro di calcolo inferiore (TAN 9,44%, in luogo del 10%), riferito, tuttavia, a rimborsi del capitale diversi da quelli pattuiti (tav. 9.C).
Nella pattuizione della rata costante in regime semplice, il vincolo stesso del valore della rata preclude il pagamento anticipato degli interessi. Pattuita la spettanza degli interessi nella proporzionalità del regime semplice, la pretesa, nell’adempimento, del pagamento anticipato degli interessi maturati, congiunto al vincolo dell’importo della rata costante, comporta necessariamente - opportunamente convenzionato - un bilanciamento senza onere per il prenditore, espresso dal rallentamento dei rimborsi del capitale espressi nella pattuizione della rata costante. In tale circostanza, come nell’ammortamento all’italiana, l’intermediario verrebbe a percepire anticipatamente gli interessi maturati, ma questo non comporterebbe alcun aggravio per il prenditore rispetto all’importo della spettanza degli interessi pattuita con la rata definita in regime semplice.
Nell’ammortamento all’italiana, come mostrato, nel passaggio dalla pattuizione all’adempimento, lasciando invariata lo scaglionamento dei rimborsi pattuita, nell’imputazione anticipata degli interessi maturati espressa dal regime composto (Tav. 2.B), il parametro di calcolo rimane il medesimo, al quale corrisponde la spettanza degli interessi espressa nella pattuizione dal regime semplice (Tav. 2.A).
Nell’ammortamento alla francese, nel passaggio dalla pattuizione all’adempimento, lasciando invariata la rata costante pattuita nel regime semplice al tasso del 10%, nell’imputazione anticipata degli interessi maturati, espressa dal regime composto, i vincoli di chiusura del piano esprimono un parametro di calcolo inferiore, riferito ad un diverso scaglionamento di rimborsi, che esprime la medesima spettanza e rata pattuita, compensando l’anticipazione degli interessi con un roll over dei rimborsi, nella misura idonea a sterilizzare l’adempimento dai maggiori interessi che altrimenti insorgerebbero con il parametro di calcolo pari al tasso convenuto: nell’esempio, l’impiego nell’adempimento del parametro di calcolo del 9,44%, viene a costituire il tasso composto corrispondente alla rata definita dal 10% in regime semplice, che esprime compiutamente la spettanza degli interessi pattuita con la rata stessa. In tal modo, viene ad essere conciliata la pattuizione della rata costante nel tasso proporzionale ex art. 1284 c.c., con l’adempimento espresso dalla medesima rata, con l’imputazione anticipata degli interessi, propria del regime composto.
La rata di 398,1 e la corrispondente spettanza di € 194,4, sono espresse dal tasso del 10% in regime semplice e dal tasso del 9,44% in regime composto, così come, nel precedente esempio, il tasso composto del 10% esprime la rata di 402,1 e la corrispondente spettanza di € 206,3, corrispondenti al tasso del 10,6% del regime semplice. In entrambi i casi, il piano di ammortamento risulta rispondente ai dettami dell’ordinamento, se nella pattuizione il tasso convenuto esprime il corretto importo della spettanza degli interessi e della rata nella proporzionalità del regime semplice (10% nel primo esempio, 10,6% nel secondo esempio).
Allegato 4
Metodologia di rettifica dell’ammortamento a rata costante.
Nelle contestazioni dei finanziamenti a rata costante le criticità che possono essere riconosciute in sede di giudizio, appaiono riconducibili sostanzialmente a due ordini di violazione:
i) violazione della trasparenza, correttezza e buona fede, che richiamano gli artt. 1337, 1375, 1346 c.c., nonché l’art. 117 TUB, con la conseguente sanzione dei tassi BOT, alle quali si accosta la violazione dell’art. 1284 c.c., sanzionata con la prescrizione dei tassi legali. In tale circostanza, il piano di ammortamento dovrà essere rettificato, conservando il criterio di imputazione degli interessi sul debito residuo, sostituendo al tasso convenzionale il rispettivo tasso (BOT o tasso legale ex art. 1284 c.c.).
ii) violazione del divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c., al quale si accompagnano anche le violazioni del punto precedente. In tale circostanza, il piano di ammortamento dovrà essere rettificato, impiegando il regime semplice e, ricorrendo le ulteriori ipotesi di violazione, il rispettivo tasso (BOT o tasso legale ex art. 1284 c.c.); anche il solo riconoscimento della violazione degli artt. 1194 e/o 1195 c.c., comporta l’applicazione del regime semplice.
Questi due ordini di violazioni possono essere ravvisati in una diversa casistica di casi pratici, a seconda che la violazione venga sollevata dopo la scadenza ultima del finanziamento o durante il periodo di ammortamento.
1. Operazioni di rettifica dopo la scadenza ultima del finanziamento.
Il finanziamento risulta completamente estinto. Ricostruendo il piano di ammortamento nelle due distinte alternative sopra indicate, si può agevolmente determinare il maggior importo di interessi indebitamente riscosso dalla banca.
Per un finanziamento ventennale al tasso convenzionale del 6%, rimborsato con rate annuali, nelle due ipotesi di violazione sopra indicate – informando la rettifica al criterio di impiego del tasso legale nel primo ordine di violazioni e altresì al criterio del regime semplice nel secondo ordine di violazioni - assumendo l’impiego del tasso legale del 3%, si perverrebbe al piano rettificato qui di seguito riportato.[75]
Questa ricostruzione del piano di ammortamento presenta, tuttavia, l’incongruenza che l’importo a ripetizione dell’indebito (€ 743,7 - € 344,3 e € 743,7 - € 291,9) esprime una somma di interessi corrisposti in tempi diversi. Appare più corretto mantenere nella rettifica gli importi delle rate effettivamente corrisposte alle distinte scadenze, rivolgendo a rimborso del capitale il maggior importo rispetto alla rata rettificata. Così come si procede nelle rettifiche del conto corrente, il maggior importo corrisposto a titolo di interessi viene a ridurre anticipatamente il capitale a debito, con il conseguente effetto, reiterato nelle successive scadenze, di riduzione dei successivi interessi a debito.
Come si può rilevare dal prospetto sopra riportato è preponderante la riduzione dovuta all’impiego del tasso legale; la riduzione riconducibile all’applicazione del regime semplice ha una incidenza più modesta. Per gli importi indebitamente corrisposti a partire dalla 14°/15° rata, dopo la completa estinzione del finanziamento, potranno essere richiesti, ove ricorrano le condizioni, i relativi interessi legali calcolati distintamente per ciascuna scadenza.
2. Operazioni di rettifica nel corso del periodo di ammortamento.
In questa circostanza, dovendo intervenire nel corso dell’ammortamento, l’operazione di rettifica del piano interviene in due distinti passaggi di calcolo: le rate già corrisposte rimangono inalterate nell’importo e viene modificata la partizione delle imputazioni, informando questa operazione al criterio di impiego del tasso legale nel primo ordine di violazioni e altresì al criterio di impiego del regime semplice nel secondo ordine di violazioni; le rate successive, invece, dovranno essere ricalcolate tenendo debitamente conto del nuovo debito residuo, risultante dalla menzionata rettifica delle imputazioni precedenti.
Riprendendo l’esempio precedente, nell’ipotesi che si intervenga a metà del piano di ammortamento, dopo il versamento della decima rata, come accennato, occorrerà rettificare le imputazioni delle prime dieci rate (€ 87,2), in un caso (violazioni di trasparenza) sostituendo il tasso legale (3%) al tasso convenzionale (6%), nell’altro (violazioni di trasparenza e anatocismo), ricalcolando, al tasso legale, gli interessi in regime semplice, riferiti alla quota capitale, anziché al debito residuo in essere a ciascuna scadenza. Per la parte del piano, successivo alla decima rata, occorrerà rideterminare l’importo della rata, nel rispettivo regime, riferendolo al capitale residuo in essere ma tenendo conto, nell’impiego del regime semplice, degli interessi residui già maturati, che dovranno essere corrisposti unitamente al rispettivo capitale.[76]
[1] Ne consegue che il divieto di pattuire la produzione di interessi su interessi riguarda la generalità degli interessi, siano essi scaduti, esigibili e non corrisposti, siano essi semplicemente maturati. L’articolo 1283 c.c. prevede la deroga dell’anatocismo esclusivamente per gli interessi primari scaduti ed esigibili; gli interessi non ancora esigibili non rappresentano una somma di denaro potenzialmente idonea a sua volta, ai sensi dell’art. 1282 c.c., a produrre automaticamente interessi. P.L. Costi, dopo aver definito l’anatocismo come ‘il diritto agli interessi su interessi’, precisa ‘La disciplina normativa generale risiede nell’art. 1283 c.c., il quale non vieta il fenomeno, ma lo circoscriva. Gli interessi primari scaduti, infatti, possono produrre interessi a condizione che: i) si tratti di interessi dovuti almeno da sei mesi; ii) siano richiesti giudizialmente; iii) se, invece, l’anatocismo è oggetto di apposita convenzione, questa deve essere posteriore alla scadenza degli interessi primari’ (P.L. Costi, Il mutuo, E.S.I., 2004, pag. 133/134). Se si escludesse la sterilità degli interessi maturati, con la produzione secondaria dagli stessi di altri interessi, verrebbe, altresì, ad essere disattesa la prescritta proporzionalità. In questo senso il divieto di anatocismo integra la forma vincolata di calcolo della spettanza degli interessi prevista dai menzionati artt. 821 e 1284 c.c. Il requisito degli interessi scaduti, esigibili e dovuti per almeno sei mesi costituisce la ‘conditio sine qua non’ di producibilità degli interessi sugli interessi consentita dall’art. 1283 c.c.: “L’unica pattuizione ammessa dall’art. 1283 c.c. è quella che le parti possano porre in essere in data posteriore alla scadenza degli interessi e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Questa constatazione porta ad una prima conclusione; in base all’art. 1283 c.c. l’anatocismo è ammesso nei limiti indicati positivamente nella stessa norma (interessi dovuti per almeno sei mesi, nonché domanda giudiziale ovvero convenzione posteriore alla loro scadenza)” (Cass. Civ. n. 2593/03). Anche la Cassazione n. 9653/01 precisa come il debito per interessi “pur concretandosi nel pagamento di una somma di denaro, non si configura però come una obbligazione pecuniaria qualsiasi, ma presenta connotati specifici, sia per il carattere di accessorietà rispetto all’obbligazione relativa al capitale, sia per la funzione (genericamente remuneratoria) che gli interessi rivestono, sia per la disciplina prevista dalla legge proprio in relazione agli interessi scaduti”. Pur postulandone l’autonomia (che però non può portare a considerare irrilevante il momento genetico),“essa non è idonea a trasformare la causa (funzione) dell’obbligazione medesima fino rendere il debito per gli interessi scaduti una obbligazione pecuniaria come tutte le altre. (…) Invero gli interessi scaduti, se equiparati in toto ad una qualsiasi obbligazione pecuniaria (credito liquido ed esigibile di una somma di denaro), sarebbero stati automaticamente produttivi d’interessi di pieno diritto, ai sensi dell’art. 1282 cod. civ. Tale effetto, invece, è escluso dal successivo art. 1283 (dettato a tutela del debitore ed applicabile per ogni specie d’interessi, quindi anche per gli interessi moratori), alla stregua del quale, in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti posson produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi (c.d. anatocismo o interessi composti).
[2] Con la stipula del contratto le parti convengono una legge di equivalenza intertemporale per la quale il capitale erogato C in t0 é equivalente al montante C + I in tk, dove I = C x k x i, con k =anni e i = tasso ex art. 1284 c.c.; l’equivalenza prescritta dall’art. 821 c.c. è esclusivamente riferita alla crescita proporzionale al tempo, espressa dal regime semplice: ‘Se i è il tasso di interesse, l’interesse complessivo di un capitale C per il tempo t è: C x t x i. Si parla in tal caso di interesse semplice (…) l’interesse risulta proporzionale al tempo, anzi questa proprietà può assumersi come definizione dell’interesse semplice’ (E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, 1964, Giuffré).
[3] Osserva Scozzafava che il divieto posto dall’art. 1283 c.c. si riferisce esclusivamente alle modalità di quantificazione del tasso convenuto - che trovano espressione nell’algoritmo di calcolo che conduce alla determinazione del prezzo dato dal tasso ex art. 1284 c.c. riportato in contratto - giuridicamente distinte dalle modalità che interessano l’esigibilità degli stessi. ‘Nel linguaggio degli operatori giuridici e della legge, gli interessi individuano prima di tutto una tecnica di quantificazione di una prestazione e, poi, anche determinati frutti civili, creando così una tale confusione, che la problematica degli interessi è sempre stata una delle più intricate della scienza civilistica. La confusione è accresciuta dal fatto che le norme alcune volte richiamano il termine interessi, per individuare e dettare regole destinate ad incidere sul corrispettivo che il creditore ritrae dai contratti di credito (frutti civili), altre volte, invece, le norme, nel richiamare il termine interessi, individuano e dettano le regole destinate ad incidere su meccanismo di quantificazione di una prestazione. Orbene, in questa seconda categoria di norme va annoverato l’art. 1283 del codice civile, dal momento che in sua assenza ed in mancanza di un’apposita convenzione tra i privati, la modalità di quantificazione che viene individuata con il termine interessi, diventerebbe un meccanismo incontrollabile.’ (O.T. Scozzafava, L’anatocismo e la Cassazione: così è se vi pare, in I contratti, 2005, n. 3, 225 ss.).
[4] Si ritiene che l’indicazione del tasso semplice, commisurato alla proporzionalità del capitale utilizzato, tenuto distinto dai tempi e modalità di corresponsione degli interessi convenuti, risulti più intuitivo e funzionale all’operatore al dettaglio che accede al credito, dotato di una modesta emancipazione finanziaria.‘There is abundant evidence that consumers find APR (Annual Percentage Rate, TAEG) confusing and prefer a simpler measure, the finance charge (FC).A voluminous literature suggests FC is easier to understand than APR. Behavioural research shows consumers rely more on FC than APR as a measure of the cost of credit, and the logic presented below suggests this reliance makes sense. Consequently, it is proposed governments make two changes to consumer credit legislation. The first change is to increase emphasis on FC per dollar borrowed, or a derivative measure such as the simple rate of interest. The second change is to decrease emphasis on APR, possibly dropping altogether the requirement to advertise it.’ (Michael J. Osborne, An essay on the inadequacy of APR as a measure of the cost of consumer credit, and why consumer credit legislation should be revised, 1st draft, Nov. 2010; 7th draft Mar. 2011).
[5] Tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. e TAN, ancorché espressi di regola nella medesima percentuale, rispondono a concetti distinti, l’uno giuridico, l’altro matematico, e non sempre risultano sovrapponibili. L’improprio utilizzo terminologico del TAN in luogo del tasso corrispettivo ex art. 1284 c.c., può dar luogo ad equivoci. Nel glossario dei termini tecnici della Banca d’Italia si riporta: ‘Il TAN indica il tasso di interesse (ossia il prezzo), in percentuale e su base annua, richiesto da un creditore sull’erogazione di un finanziamento. Nell’Allegato 3 delle Norme di Trasparenza la Banca d’Italia definisce il ‘Tasso di interesse nominale annuo’ come il ‘Rapporto percentuale, calcolato su base annua, tra l’interesse (quale compenso del capitale prestato) e il capitale prestato’.
[6] Rimane fuorviante ogni commistione del TAN corrispondente al tasso del regime composto (TAN = TAE) con il TAN corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c. Il TAE è il tasso composto annualmente che ricomprende gli effetti della capitalizzazione e/o della corresponsione infrannuale degli interessi ed è fissato convenzionalmente pari al tasso effettivo equivalente finanziariamente al pagamento annuale degli interessi: ad un TAN del 10%, pagato in due rate semestrali, corrisponde un TAE del 10,25%, in quanto si considera in questo tasso il reimpiego della prima semestralità. Il TAE non corrisponde all’effettivo ammontare degli interessi corrisposti, bensì corrisponde al tasso esprimente l’effettivo costo in ragione d’anno considerando anche il reimpiego ‘figurativo’ degli interessi infrannuali, previsto nella metrica del regime composto quando gli interessi maturati sono corrisposti anticipatamente rispetto alla scadenza annuale. In funzione della periodicità dei pagamenti, al medesimo pagamento complessivo – quindi al medesimo tasso ex art. 1284 c.c. - corrisponderanno valori diversi del TAE, in funzione della ricorrenza dei pagamenti, che, come detto, vengono riportati all’equivalente scadenza annuale del regime composto.
Il TAE rappresenta il corretto indicatore del costo finanziario, alla stregua del TAEG, distinto dal tasso ex art. 1284 c.c. relativo al costo riferito all’effettivo ammontare da corrispondere. Di concerto con il principio nominalistico che presiede la velocità di maturazione degli interessi pattuiti in contratto, la metrica relativa all’impiego del tasso corrispettivo deve esprimere propriamente l’ammontare degli interessi da corrispondere, che vengono maturando, giorno per giorno, sul capitale, indipendentemente dalla tempistica dei relativi pagamenti. Il tasso corrispettivo, se impiegato nel regime composto, venendo a ricomprendere nell’algoritmo di calcolo anche i tempi della corresponsione degli interessi, non si presta a rappresentare propriamente il tasso ex art. 1284 c.c. Il tasso del regime semplice è informato alla metrica del costo monetario (nominale) effettivamente riconosciuto nel rapporto proporzionale, in ragione d’anno, all’utilizzo del finanziamento; il tasso effettivo (TAE), invece, è informato alla metrica del costo finanziario del finanziamento che, tenendo conto dei tempi di pagamento, ricomprende anche gli interessi ‘figurativi’, maturati sugli importi eventualmente corrisposti anticipatamente nel corso dell’anno sul capitale utilizzato. L’impiego del parametro di calcolo (TAN) al posto del tasso ex art. 1284 c.c. è fonte di un’estrema confusione: se impiegato in regime composto, può celare una sostanziale mistificazione, esprimendo importi diversi dal rapporto proporzionale al capitale.
[7]Il tratto caratteristico e definitorio del regime semplice è dato dal pagamento degli interessi congiunto al rimborso del capitale di riferimento ma, in matematica, il medesimo importo proporzionale del regime semplice si consegue anche nel regime composto, quando gli interessi maturati vengono prontamente corrisposti, prima della scadenza del capitale, senza alcuna forma di produzione di interessi su interessi: nella circostanza, le due prescrizioni normative risultano rispettate. Nel regime composto si conserva la proporzionalità se, con il pagamento immediato degli interessi maturati alle distinte scadenze (finanziamenti tipo Bullet, anima lecita del regime composto), non realizzandosi il processo di produzione secondaria degli interessi e con esso l’ascesa esponenziale con il tempo, si perviene alla medesima obbligazione accessoria espressa nel valore proporzionale del regime semplice: l’anatocismo si identifica, quindi, solo con la capitalizzazione degli interessi (finanziamenti tipo Zero coupon, anima illecita del regime composto).
A differenza del mercato finanziario - caratterizzato dalla presenza di operatori professionali e da una nutrita concorrenza - per il mercato del credito l’ordinamento italiano, come anche altri ordinamenti nazionali, ha adottato la forma più semplice, accessibile all’emancipazione dell’operatore retail che interviene in questo mercato: anziché prevedere l’impiego del tasso composto, ha preferito scindere le sue due componenti (ammontare e tempo del pagamento), prescrivendo, da un lato, il tasso esprimente il semplice rapporto, proporzionale dell’ammontare degli interessi al capitale e al tempo, e dall’altro, distintamente, i tempi e le modalità di pagamento. Per l’intermediario, quale investitore professionale, assume rilevanza il TAE dell’impiego effettuato, mentre il prenditore è prioritariamente attento all’importo degli interessi da corrispondere, espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. A tali distinte metriche di espressione degli interessi fanno riferimento, in matematica finanziaria, B. De Finetti e C.E. Bonferrone quando distinguono e separano i ‘due cassetti’, quello relativo al capitale e quello relativo agli interessi, per evidenziarne la diversa natura e regolamentazione.
[8] ‘Il saggio di interesse costituisce, infatti, la misura della fecondità del denaro (predeterminata ex legge o stabilita dalla autonomia negoziale) ed è normalmente determinato con espressione numerica percentuale in funzione della durata della disponibilità e dell'ammontare della somma dovuta o del capitale (cfr. art. 1284 c.c., comma 1), ed opera, pertanto, su un piano distinto dalla disciplina giuridica della modalità di acquisto del diritto, fornendo il criterio di liquidazione monetaria dello stesso indipendentemente dal periodo - corrispondente od inferiore all'anno - da assumere a base del conteggio (nel caso in cui occorra determinare, sulla base di un saggio di interesse stabilito in ragione di anno, l'importo degli interessi per un periodo inferiore, bisogna dividere l'ammontare degli interessi annuali per il numero di giorni che compongono l'anno e moltiplicare il quoziente per il numero dei giorni da considerare)’. (Cass. n. 20600/2011).
[9] I = TAN x (D0 + D1 + D2 + … Dn-1) = TAN x Dm x n, dove con Dk sono indicati i debiti residui e con Dm il finanziamento medio di periodo o ’utilizzo medio periodale del capitale’.
[10] La medesima circostanza si riscontra, indifferentemente, per flussi di canoni/rate di importo eguale o diverso. Si può, altresì, agevolmente verificare che, per il medesimo flusso di rate e, quindi, la medesima spettanza degli interessi pattuita (I = ∑Rk – C), ogni diverso scaglionamento dei rimborsi, che esprima il medesimo utilizzo medio periodale del capitale, restituisce il medesimo tasso ex art. 1284 c.c.
[11] Nella matematica finanziaria, per l’ammortamento alla francese, nell’impiego del regime semplice si prospettano due soluzioni, che conducono a distinti valori della rata, in funzione dell’equivalenza, intesa in forma prospettiva o retrospettiva. Tuttavia, nei termini giuridici che qualificano l’operazione di credito, rimane univocamente espresso il rapporto di equivalenza finanziaria basato sul criterio retrospettivo, l’unico coerente con il rapporto di equivalenza proporzionale nel tempo del godimento del capitale. In ogni operazione di credito le parti convengono la prestazione di una somma ‘a pronti’ C al tempo t0 e la controprestazione di una somma corrispondente alla scadenza pari a M = C + I, dove I è il corrispettivo rapportato al tempo di godimento del capitale. Come rileva il Varoli (Matematica finanziaria, Patron 1979, pag. 17): ‘nelle valutazioni delle operazioni che si svolgono in regime di capitalizzazione semplice il principio di equivalenza finanziaria deve essere applicato prendendo come tempo di valutazione la scadenza dell’operazione, scadenza stabilita quando è sorta l’operazione’. Il tasso del finanziamento viene definito dagli artt. 821 e 1284 c.c. in ragione d’anno in proporzione al capitale e al relativo tempo di godimento, esprimendo in ciò l’equivalenza dettata dalla norma fra l’ammontare del finanziamento erogato al tempo t0 e il relativo rimborso corrisposto al tempo tn (M = C + C x i x n, dove n è espresso in anni e/o frazione). Coerentemente, nei finanziamenti con ammortamento graduale il rapporto di equivalenza è stabilito fra il capitale erogato al tempo t0, frazionato nei distinti rimborsi che intervengono ai tempi t1, t2, … con i rispettivi montanti inclusivi degli interessi maturati, nel rapporto di proporzionalità degli artt. 821 e 1284 c.c., pari a Ck + Ik con Ik = Ck x i x k: tale equivalenza – rispondente propriamente al criterio di attualizzazione in regime semplice della rata costante convenuta – rimane implicita nel rapporto giuridico sotteso al credito e corrisponde matematicamente alla valutazione retrospettiva. Questo è per altro il criterio uniformemente adottato per il calcolo del TAE e TAEG in regime composto. Le equivalenze intertemporali sono tante quanto i relativi rimborsi frazionati del capitale. Il metodo prospettivo - che riconduce i distinti rimborsi periodici e il capitale iniziale in equivalenza finanziaria al termine del periodo – non trova alcun riscontro giuridico nella pattuizione che qualifica i finanziamenti con ammortamento graduale.
[12] La corrispondenza biunivoca dell’utilizzo medio periodale del capitale con l’ammontare degli interessi si riscontra esclusivamente per il TAN corrispondente al tasso proporzionale ex art. 1284 c.c. del regime semplice, mentre non si riscontra con il TAN = TAE impiegato nel regime composto, per la presenza di interessi su interessi.
[14]Riportano D’Amico, Luciano e Peccati:‘l’indicazione del tasso senza l’enfasi sulla formula porta a un’ambiguità ineliminabile perché per precisare una legge finanziaria non basta dire quanto vale il tasso, ma bisogna anche indicare qual’è la formula (la metrica) in cui tale tasso va messo, quali sono, cioè, i calcoli da fare’. (D’Amico, Luciano, Peccati, Calcolo finanziario, Temi base e temi moderni, Egea, 2018). Nel nostro ordinamento, come accennato, tale ambiguità matematica non si pone, risultando l’equivalenza intertemporale fra la prestazione e la controprestazione, stabilita dalla norma nella metrica proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. Nei finanziamenti ad ammortamento graduale, fissato l’importo finanziato e il tasso ex art. 1284 c.c., l’ammontare degli interessi pattuiti risulta univocamente determinato nel rapporto proporzionale al tempo e al capitale stabilito dall’art. 821 c.c., espresso in funzione lineare dell’utilizzo medio periodale del capitale risultante dai rimborsi pattuiti.
[15] Nel regime semplice sussiste una corrispondenza biunivoca fra le due modalità espresse da E. Levi, nel senso che convenuti i rimborsi rimangono univocamente determinate le rate corrispondenti al tasso convenuto e, viceversa, convenute le rate rimangono univocamente determinati i rimborsi del capitale in corrispondenza al tasso convenuto. Tale corrispondenza biunivoca non sussiste nel regime composto.
[16] La convenzione sul valore delle rate (costanti o meno) coniuga in sé due condizioni: il valore predeterminato della spettanza degli interessi (I = ∑ Rk – C) e il vincolo predeterminato, nell’adempimento, della somma delle due imputazioni, a rimborso del capitale e corresponsione degli interessi. Dal momento che i rimborsi del capitale sono univocamente determinati dalla proporzionalità del tasso convenuto espresso nel regime semplice, anche l’imputazione degli interessi rimane univocamente determinata per differenza dal valore della rata. Nel rapporto di equivalenza finanziaria fra prestazione e controprestazioni, i relativi interessi corrisposti coincidono con quelli cumulativamente maturati sul capitale rimborsato. Per conseguire, nell’adempimento, espresso dal piano di ammortamento, una preordinata modalità di imputazione degli interessi – in particolare l’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza – occorrerà convenire i distinti valori delle rate matematicamente corrispondenti o, alternativamente, per le rate costanti, convenire direttamente in contratto i rimborsi corrispondenti all’imputazione anticipata degli interessi maturati.
[17] Pertanto, con la pattuizione in regime semplice, la corresponsione della relativa debenza degli interessi alle distinte scadenze, per il medesimo ammontare, potrà essere distribuita fra detti estremi.
Con il regime semplice, in ogni ritardo nella corresponsione degli interessi maturati, questi rimangono infruttiferi.
[18] Nel regime composto, al tasso convenuto in contratto (TAN = TAE), corrispondono infinite modalità di composizione del piano di ammortamento, comprese fra le due modalità estreme: pagamento immediato ad ogni scadenza degli interessi maturati sul debito residuo e pagamento degli interessi capitalizzati, differiti al rimborso del capitale di riferimento, oltre a tutte le modalità intermedie (Cfr. Tav. 2 ter in Allegato 1). Solo ed esclusivamente con il pagamento immediato ad ogni scadenza degli interessi maturati (Tav. 2 ter d), anima lecita del regime composto) si consegue il medesimo importo della spettanza espressa nel regime semplice.
[19] Nel regime semplice l’interesse segue la sorte del capitale: ‘Un’operazione si svolge in regime di capitalizzazione semplice quando l’interesse è disponibile solamente alla fine del periodo di impiego’ (G. Varoli, Matematica finanziaria, 2011, pag. 23). Nell’adempimento, – nel rispetto del principio che ‘il pagamento fatto in conto capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi’ (art. 1194, 2° comma c.c.) - possono darsi convenzioni di pagamento diverse dalla modalità di maturazione. In difetto di una diversa e legittima convenzione, secondo una ricorrente interpretazione, l’operatività del criterio di imputazione legale dell’art. 1194 c.c. viene circoscritta alla contemporanea sussistenza dei requisiti di liquidità ed esigibilità, sia del capitale che degli interessi, che si ravvisano, nelle rate, per la quota capitale in scadenza, non per il debito residuo. Una recente pronuncia della Cassazione, seppur nell’ambito di un rapporto di conto corrente, viene a confortare questo principio: ‘Non vi è dubbio che il debito di interessi, quale accessorio, debba seguire il regime del debito principale, salvo una diversa pattuizione tra le parti che dovrebbe, tuttavia, specificare una modalità di calcolo degli interessi (intrafido) idonea a scongiurare in radice il meccanismo dell’anatocismo’. (Cass. N. 9141 del 19 maggio 2020, Pres. De Chiara, Rel. Fidanza, Cfr. anche Cass. n. 10941/16, 6022/2003, 20904/2005, 9510/2007 e 16448/2009)
In dottrina, osserva B. Inzitari: ‘... è evidente che, come del resto stabilito dallo stesso art. 1499 cod. civ. la maturazione di tali interessi debba avvenire dal momento in cui è maturato il presupposto del loro sorgere e cioè vale a dire dal momento della consegna del bene fruttifero, mentre il momento dell’esigibilità non può che essere diverso e legato alla scadenza del debito principale, vale a dire al momento in cui diviene esigibile il credito relativo al prezzo’. (B. Inzitari, Obbligazioni pecuniarie, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 2011, 329).
[20] Nella formula di attualizzazione impiegata per definire l’importo della rata costante, e quindi della spettanza definita in contratto, al tasso convenzionale del 10%, nell’alternativa espressione delle formule del regime composto e del regime semplice:
(regime composto)
R = C/Σ1/(1 + i)n 402,1 = 1.000/Σ1/(1 + 10%)k
(regime semplice)
R’ = C/Σ1/(1+k x i) 398,1 = 1.000/Σ1/(1 + k x 10%)
corrisponde una diversa spettanza:
I = Cx{n/[1/i – 1/(i x (1+ i)3)] - 1} = 206,3 > I’ = Cx{[n/(Ʃ (1/(1 + 3 x i)] - 1} = 194,4
Il fattore di attualizzazione [R x Σ1/(1 + i)n = C], impiegato nella determinazione della rata (R), non è altro che l’inverso del fattore di capitalizzazione. Questo implica che il tasso convenzionale (i), nel produrre gli interessi giorno per giorno, dopo il primo periodo, viene commisurato al montante, cioè a dire, oltre che ‘in ragione della durata del diritto’ (obbligazione principale), anche in ragione della durata degli interessi maturati nelle precedenti scadenze [(1 + i)n = (1 + i) x (1 + i) x ... (1 + i), da cui: i x i x ... i] che, nella determinazione della rata, risultano pertanto in parte capitalizzati; di riflesso, il valore della rata, e della spettanza inclusa, risultano maggiorati, pregiudicando la menzionata equivalenza intertemporale che presiede il rapporto fra capitale a pronti e capitale a termine, informata alla proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c.
[21] Con un esempio elementare, riferito ad un prestito a rimborso unico di € 1.000 al tasso annuale espresso dal TAN del 10% per il periodo di 3 anni, è indubbio che, con il pagamento annuale degli interessi maturati (€ 100), il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. rimane invariato al 10% (per la spettanza di € 300); ma se gli interessi vengono prima definiti nella pattuizione al tasso composto C x (1+10%)3 corrispondente ad un ammontare di € 333,1 e poi corrisposti annualmente per € 111,0, il tasso convenzionale nel valore proporzionale dettato dall’art. 1284 c.c., rimane pattuito all’11,03%. Questo, in termini assimilati, é quanto si consegue con l’impiego del regime composto nella determinazione del valore maggiorato della spettanza pattuita, poi distribuita nell’adempimento per rimborsi protratti nel tempo.
[22] Non si può trascurare che nei contratti di adesione (ex art. 1342 c.c.), le condizioni rimesse all’autonomia delle parti si risolvono in una piena discrezionalità dell’intermediario che predispone il contratto. Che siano contratti di adesione lo si evince chiaramente dall’art. 117, 1 comma, che prevede: ‘I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti’. Che la responsabilità dei contratti di adesione è ricondotta dal legislatore all’intermediario lo si evince dall’art. 117 TUB, comma 8, che prevede: ‘La Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia’.
[23] L’imputazione alle distinte scadenze è informata al regime semplice, ma l’adempimento rimane soggetto al regime composto che governa la maturazione degli interessi espressa nella pattuizione. Osserva L. Peccati: ‘Nel caso d’intertempo annuo, matematicamente, periodo =1, la formula si riduce a: interessi = debito x tasso, che fa, indebitamente, pensare a interessi semplici, mentre, concettualmente, sono composti’. (L. Peccati, Angolo 4, Consulenti Bancari Online.it, giugno 2020).
[24] Al di là di ogni altra complessa elucubrazione matematica la verità si rivela nella sua ineludibile evidenza: se il tasso, senza altra indicazione, nella pattuizione viene celatamente impiegato in regime composto in luogo del regime semplice, si consegue una rata che include una spettanza maggiore del prezzo ex art. 1284 c.c.: questa banale e semplice evidenza, nella sua icasticità non abbisogna di particolari illustrazioni matematiche: ‘mentre in un regime di capitalizzazione semplice, il TAN può rappresentare una corretta misura del costo del finanziamento, esso “perde questa sua caratteristica in un regime di capitalizzazione composta (dal momento che la relazione tra tempo e interesse non è più lineare)”, “anzi in tali circostanze, per via della capitalizzazione, il TAN fornisce, come nel caso in esame, una misura sottodimensionata del prezzo costo dell’operazione, rischiando in questo modo di pregiudicare la completezza di informazione al cliente e dunque quel livello di consapevolezza che controparte deve avere per garantire la corretta gestione economico- finanziaria della posizione e, dunque, la sua complessiva sostenibilità”. Pertanto, a parità di importo finanziato, di T.A.N. contrattuale, di durata del piano di rimborso e di numero di rate, due prestiti, a seconda del regime di capitalizzazione, produrranno un costo del tutto diverso, “che risulterà decisamente più alto in regime di capitalizzazione composta, mentre sarà indiscutibilmente più ridotto in regime di capitalizzazione semplice”, e la differenza del monte interessi sarà costituita, per l’appunto, dalla componente anatocistica generata dall’impiego del regime composto. Ne deriva, dunque, la nullità della clausola per indeterminatezza del tasso di interesse ex artt. 1346-1418, 2° co., c.c. e per violazione della forma scritta prevista ad substantiam dall’ 117, co. 4, TUB per gli interessi ultralegali’. (C. A. Bari, Rel. C. Romano, n. 1890 del 3/11/2020).
[25] Nei finanziamenti con ammortamento alla francese, l’impiego del regime composto consente, nell’adempimento, infiniti criteri di imputazione, tutti informati al medesimo tasso composto (TAE) che presiede l’operazione (Tav. 6 bis in Allegato 1). Nell’adempimento, il rapporto proporzionale al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,6% espresso dalla rata pattuita - al quale corrisponderebbe un unico piano di ammortamento - cede il posto al tasso composto del 10% (TAE), restituito, per i plurimi criteri di imputazione degli interessi, in corrispondenza, tuttavia, a differenti utilizzi medi periodali del capitale, compresi fra il valore minimo (€ 645,5) - impiegato nel calcolo della rata pattuita, nel quale, come riportato, si impiega l’imputazione degli interessi maturati, capitalizzati e corrisposti congiuntamente alla quota capitale in scadenza (Tav. 6. bis a) - e il valore massimo (€ 687,81), ottenuto con l’imputazione completa ad ogni scadenza dell’intero aggregato degli interessi maturati sul debito residuo (Tav. 6 bis.b), impiegato nel piano di ammortamento ordinariamente adottato dagli intermediari. La produzione di interessi su interessi che qualifica la pattuizione della spettanza maggiorata, preordinatamente pattuita con la rata, viene a vincolare nel medesimo importo l’ammontare della debenza alle distinte scadenze, quale che sia il criterio di imputazione degli interessi prescelto nell’adempimento espresso dal piano di ammortamento. Con la pattuizione di una rata inferiore, definita nel rapporto proporzionale al tasso ex art. 1284 c.c., nell’adempimento non sarebbe possibile esprimere il medesimo importo nell’imputazione degli interessi anticipati, calcolati sul debito residuo.
[26] Nell’ammortamento all’italiana, l’obbligazione principale è compiutamente definita come variabile indipendente, nel valore iniziale e nei valori periodici (art. 1813 c.c.), che residuano dai rimborsi pattuiti e, nell’adempimento, solo la debenza degli interessi varia in funzione del criterio di imputazione degli interessi: con il regime composto, anticipandone il pagamento, poiché la velocità di rimborso è propedeuticamente stabilita nella pattuizione, si riduce il valore della debenza complessiva degli interessi corrisposti (Cfr. Tav. 2.B), rispetto al pagamento posticipato alla scadenza del capitale di riferimento (Tav. 2.C). Nell’ammortamento alla francese, si pretende assumere il valore della rata e della spettanza inclusa, determinate in regime composto, trascurando, al tempo stesso, sia la proporzionalità del tasso pattuito, sia il corrispondente criterio di rimborso impiegato nella definizione della stessa. Dalla spettanza degli interessi maggiorati, nell’adempimento, vengono poi derivati, in via di dipendenza, i rimborsi corrispondenti all’imputazione anticipata degli interessi calcolati, matematicamente rispondenti al medesimo tasso composto (TAE) della pattuizione. Nella circostanza, non sfugge agli introdotti alla matematica finanziaria, che in tal modo, viene recuperato il rapporto proporzionale ex art. 1284 c.c., ma i due termini del rapporto risultano entrambi maggiorati, rispetto ai valori espressi dalla rata in regime semplice.
[27] La presenza di interessi secondari compare nella 2° e 3° rata, rispettivamente nelle relazioni: € 332,3 x (1 + 10%)2 = € 402,1; € 302,1 x (1 + 10%)3 = € 402,1.
[28] La velocità di produzione/maturazione degli interessi rimane informata alla metrica composta, mentre la velocità di pagamento degli interessi esprime il calcolo degli interessi riferiti al debito residuo nella metrica del regime semplice. L’arcano è presto disvelato: l’egida del regime composto è posta a monte dell’operazione. Nell’adempimento, rispetto al regime semplice di Tav. 4.A, risultano maggiorati i due termini del rapporto espresso dal tasso convenuto [rispetto al rapporto del regime semplice dato da 194,4/(648,11 x 3) = 10,0%, si passa dalla pattuizione di 206,3/(645,5 x 3) = 10,66% di Tav. 6.A, all’adempimento con 206,3/ (687,8 x 3) = 10,0% di Tav. 6.B]..
[29] Con la rata definita nel regime semplice, il vincolo della rata stessa, congiunto al pagamento anticipato degli interessi maturati, esprimerebbe un diverso scaglionamento dei rimborsi che lascerebbe impregiudicata la velocità proporzionale di maturazione degli interessi al tasso convenuto (Cfr.: Allegato 3).
[30]Tale inversione viene richiamata anche da P. Fersini -G. Olivieri: “...é possibile affermare che il debito inizialmente contratto di importo A, che veniva ammortizzato con metodo francese pagando n rate posticipate pari a R, al tasso i, risulta equivalente alla somma di n debiti rimborsati, ognuno in un’unica soluzione, dopo 1, 2, ..., t, ..., n anni, di importo costante R. Se é pacifico affermare che esiste questa equivalenza, allora possiamo affermare che il fenomeno del calcolo degli interessi sugli interessi riguarda sicuramente ciascuno degli n debiti, ma riguarda anche l’unico debito di importo iniziale A risultando essere la somma degli n debiti. Questa equivalenza e le conseguenti considerazioni che in questa nota sono svolte permettono di mettere in luce che le quote interessi e, conseguentemente, le quote capitali possono essere scisse in modo da mettere in evidenza il fenomeno della capitalizzazione degli interessi e quindi il calcolo degli interessi su interessi già maturati. Se si volesse, con evidente semplicità, spiegare quello che in questa nota si è descritto si potrebbe osservare che nello Schema 2 le quote capitali ivi indicate risultano ‘invertite’ rispetto all’effettivo fenomeno, in quanto con ogni rata, la componente di capitale che si rimborsa é pari al suo iniziale valore attuale” (P. Fersini - G. Olivieri, Sull’anatocismo nell’ammortamento alla francese, in Banche & Banchieri, 2015, 2).
Può sembrare il gioco delle tre carte: rimanendo inespresso in contratto il criterio di rimborso del capitale nei distinti valori periodici, con la medesima rata, prevedendo nell’adempimento un ordine temporale di imputazione invertito rispetto alla pattuizione della rata, il medesimo esito economico si trasfigura dal regime composto per i rimborsi implicati nella pattuizione a quello semplice per i rimborsi modificati nell’adempimento. Rimangono estranee alla formazione del consenso raccolto sul prezzo ex art. 1284 c.c. e sul valore della rata le diverse modalità adottate nel piano di ammortamento che pur tuttavia, per uno stesso importo dell’obbligazione accessoria e del parametro di calcolo, vengono ad esprimere misure del prezzo diverse, in funzione della diversa obbligazione principale indotta dal roll over dei rimborsi. Non vi è in contratto alcuna menzione al riguardo che possa supportare una consapevole adesione, né questa può essere dedotta dalla serie indifferenziata di valori riportati in allegato, privi di ogni indicazione delle modalità costruttive. Il cliente rimane ignaro dello scambio di obbligazioni che interviene nell’adempimento: le tre carte risultano identiche sul dorso sottoposto alla sua vista e consenso (nell’esempio, valore della rata in regime composto = € 402,1; obbligazione principale = € 1.000; tasso ex art. 1284 c.c. = 10%), ma, senza alcuna menzione, nell’adempimento scambiate e invertite nella loro composizione. Il mutuatario non si avvede della metodica di calcolo adottata dall’intermediario, né tanto meno dell’inversione temporale delle imputazioni delle rate costanti, salvo poi, nel tempo o nel caso di estinzione anticipata, cogliere con sorpresa (ex art. 1195 c.c.) l’evidenza che i versamenti effettuati, risultando per lo più rivolti al pagamento degli interessi maturati in regime composto, lasciano in buona parte da ripianare il capitale finanziato.
Con il sorprendente paradosso, per i non iniziati alla matematica finanziaria, che gli interessi maturati sul debito residuo risultano, ad ogni scadenza, pagati, ma tale anticipazione nel pagamento non induce alcun beneficio sul monte interessi corrisposto che rimane quello definito in contratto, maggiorato rispetto al regime semplice, nella medesima misura che si riscontra nella capitalizzazione anatocistica inclusa nella determinazione della rata.
[31] Lo scaglionamento dei rimborsi impiegato nella pattuizione della rata matematicamente esclude l’imputazione anticipata degli interessi maturati. Infatti, nell’adempimento, con lo scaglionamento dei rimborsi definiti nella pattuizione, l’anticipato pagamento degli interessi maturati riferiti al capitale residuo si pone, matematicamente, in alternativa al valore costante della rata pattuita.
[32] Diversamente dall’ammortamento all’italiana - dove, con l’adempimento in forma Bullet si corrisponde l’ammontare degli interessi corrispondenti al regime semplice (Tav. 2.B), inferiore all’ammontare degli interessi corrispondenti alla forma di capitalizzazione dello Zero coupon (Tav. 2.C) - per l’ammortamento alla francese, nell’adempimento gli interessi rimangono invariati nell’importo pattuito, maggiorato della capitalizzazione (Tav. 6.A); con l’inversione dell’ordine temporale nella composizione della rata (Tav. 6.B) aumenta l’utilizzo medio periodale del capitale, rispetto al quale risultano convertiti in primari gli interessi secondari ricompresi nella pattuizione; nell’adempimento, diversamente dall’ammortamento all’italiana, all’anticipato pagamento degli interessi, non corrisponde alcuna economia per il prenditore: si sostituisce, più semplicemente, il pagamento degli interessi al rimborso del capitale, prolungando l’utilizzo di quest’ultimo. Il pagamento anticipato degli interessi maturati ad ogni scadenza non esprime, come nei finanziamenti Bullet, il medesimo monte interessi del regime semplice, bensì esprime il medesimo monte interessi del finanziamento Zero coupon, espresso nella pattuizione.
[33] La penalizzazione conseguente alle modalità di imputazione adottate, viene lucidamente esposto in una recente decisione dell’ABF di Napoli: ‘… secondo quanto ebbe a osservare già la pronuncia di Cass., 17 luglio 1991, n. 7960 – il creditore può trovare «il massimo della tutela» della propria posizione nel «congiunto disposto degli artt. 1283 e 1194 c.c.», ovvero (e forse meglio) nelle due figure che sono contemplate nel contesto di tali disposizioni. Nei fatti, l’operatività anatocistica, con il suo portare a capitale il debito per interessi, è in grado di far lievitare in modo esponenziale la misura delle somme complessivamente dovute dal debitore. A sua volta, l’imputazione dei pagamenti a interessi, e non già al capitale, è in grado di ridurre in modo (non meno) potente la portata solutoria dei versamenti che il debitore vada ad effettuare, posto che per l’appunto la sorte capitale, rimasta indifferente al verificarsi dei versamenti, si ripropone identica a base della maturazione dei nuovi interessi. Con la conseguenza che si tratta, in definitiva, di fenomeni tra loro prossimi sotto il profilo dell’effetto pratico che viene a realizzarsi, a detrimento della posizione del debitore. Tanto più – è anche il caso di aggiungere – che entrambi i fenomeni, nel loro produrre la sostanza degli effetti appena accennata, si manifestano come meccanismi appartenenti a un momento fortemente tecnicistico dell’esperienza giuridica (sub specie del diritto delle obbligazioni). In quanto tali, essi risultano difficilmente percepibili sul piano oggettivo – prima ancora che per la quantità, per il tipo di effetti che alla loro applicazione consegue – da chi, quand’anche non consumatore, non possegga una competenza professionale e specifica della relativa materia. Con conseguente, e tuttavia successivo, effetto «sorpresa» per il debitore. «Sorpresa» che, in sé e per sé, può diventare più forte ancora nel caso in cui l’operatività venga a proporre una congiunta applicazione delle due figure. E così, per esempio, allorquando la restituzione del debito sia configurata con capitalizzazione di interessi non ancora scaduti e con imputazione dei versamenti comunque riscossi dal creditore dapprima al pagamento integrale della linea degli interessi e solo dopo all’estinzione della sorte capitale. Non può stupire, quindi, che l’ordinamento positivo – che pure ammette entrambe le figure – ne contenga le possibili espressioni entro determinati limiti specifici (e, perciò, pure al di là dei vincoli in generale conformanti l’operare dell’autonomia dei privati in sede di contratto e di conseguente rapporto obbligatorio; come anche al di là dei vincoli inerenti al genere dei rapporti obbligatori con consumatori). Così, nel sistema vigente il patto di capitalizzazione di interessi non scaduti risulta – salvo solo ipotesi affatto eccezionali ed extravaganti (così, nel prestito vitalizio ipotecario) – in sé stesso vietato (molto chiara sul punto è anche la disposizione dell’art. 12, comma 2, lett. b., alinea 1, TUB). E così il patto di capitalizzazione su interessi scaduti risulta contingentato alle situazioni specificamente indicate nella norma dell’art. 1283 c.c. ovvero limitato, per le imprese che si avvantaggiano dell’«esercizio» autorizzato dell’«attività bancaria» ex art. 120 TUB, dalla peculiare disciplina dettata in questa disposizione (secondo le diverse versioni della disposizione via via succedutesi nel tempo).’ (ABF Napoli, n.5822, 8 aprile 2022).
[34] Si è frequentemente travisato questo aspetto affermando che l’ammortamento alla francese presenta un rimborso del capitale più graduale e quindi un maggior carico di interessi: semplicisticamente si scambia l’effetto con la causa. La maggiore onerosità dell’ammortamento alla francese, rispetto a quello all’italiana è riconducibile alla preordinata pattuizione della spettanza degli interessi maggiorata, congiunta al vincolo della rata predeterminata, che si riverbera nell’adempimento con il rallentamento del rimborso del debito, presente nel primo ed assente nel secondo; entrambe presentano l’anticipazione nel pagamento degli interessi, ma solo l’ammortamento alla francese ingloba anche l’effetto di crescita esponenziale degli interessi, necessaria a spesare gli interessi maturati in regime composto, inducendo, nell’adempimento, il roll over dei rimborsi del capitale. Nel diverso e finanziariamente equivalente criterio di imputazione degli interessi composti riferiti alla quota capitale in scadenza, che tale rallentamento nel rimborso del capitale non presenta e nel quale viene meno l’anticipazione del pagamento degli interessi, sia l’ammortamento alla francese che quello all’italiana, presentano la lievitazione esponenziale anatocistica. In questo alternativo criterio di imputazione, - dove entrambe le tipologie di ammortamento sono omogeneamente gravate degli interessi capitalizzati – il valore dell’obbligazione accessoria relativa all’ammortamento alla francese rimane inferiore all’obbligazione accessoria relativa all’ammortamento all’italiana, come nel regime semplice.
[35] Per i rimborsi risultanti dalla pattuizione della rata in regime composto (TE = 10%), l’imputazione dell’intero aggregato degli interessi maturati ad ogni scadenza, restituirebbe il medesimo valore della spettanza pattuita per il tasso corrispondente del regime semplice (10,66%).
[36] Come accennato, in una diversa interpretazione si ritiene che, salvo diversa convenzione, nella rata rimangano esigibili solo gli interessi riferiti alla quota capitale in scadenza, divenuto liquido ed esigibile (Cfr. nota n. 20). Taluni osservano, altresì, che sarebbe possibile individuare nell’art. 1284, comma 1° c.c. la fonte del fenomeno legale di anatocismo annuale: tale norma, nel prevedere che il saggio degli interessi legali è determinato in ragione d’anno, individuerebbe, oltre ad un criterio di determinazione degli interessi dovuti, anche un principio generale di naturale scadenza ed esigibilità annuale degli interessi. Da ciò dovrebbe desumersi che, in mancanza di convenzione contraria, gli interessi divengono esigibili annualmente.
[37] Si osserva che nei finanziamenti di tipo Bullet il riferimento alla denominazione stessa e/o all’anticipato pagamento periodico degli interessi maturati, risulta sistematicamente espresso in contratto.
[38] A questa distinzione appare riferirsi la Cassazione n. 603/2013, nell’esaminare un ricorso per violazione dell’art. 1283 c.c. nonché per vizio di motivazione in punto capitalizzazione degli interessi: ‘va precisato che la Corte di Appello esclude, nella specie, l’esistenza di anatocismo: non vi sarebbero illegittime forme di capitalizzazione degli interessi, trattandosi di contratto di finanziamento, nel quale la restituzione di singole rate di mutuo costituirebbe l’adempimento di una unica obbligazione, determinata fin dall’inizio sia nel capitale che negli interessi, secondo il piano di ammortamento contrattualmente stabilito. L’argomentazione non ha pregio: a nulla rileva l’eventuale ‘ammortamento’ comprendente capitale ed interessi. In qualsiasi contratto di mutuo o finanziamento, è sempre possibile distinguere capitale ed interessi corrispettivi. Il divieto di produzione di interessi su interessi è fissato dall’art. 1283 c.c., ai sensi del quale è ammesso soltanto dal giorno della domanda giudiziale o per l’effetto di convenzione posteriore alla scadenza degli interessi stessi (sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi) salvo usi contrari (ma dovrà trattarsi di usi normativi, e non negoziali o interpretativi). Il motivo è dunque fondato e va accolto’.
[39] Come accennato, mentre sul piano matematico, con il regime composto informato al TAE, i rimborsi rimangono funzionali alla determinazione della rata che, tuttavia, nell’adempimento, può presentare infinite modalità di composizioni che sommano al valore della rata, sul piano giuridico, invece, i rimborsi rimangono ineludibilmente determinati nei valori che intervengono nella pattuizione della rata, rispondenti al tasso ex art. 1284 c.c., anziché al TAE del regime composto. Nell’equivalenza finanziaria del regime semplice, la medesima rata di € 402,1 risponde al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,6%.
[40] In matematica finanziaria, con il regime composto non si pone alcuna distinzione fra maturazione e pagamento, che si riflette nella irrilevanza della composizione della rata, visto che gli interessi maturati e non corrisposti divengono capitale: ciò che rileva per il TAE pattuito è l’importo della rata, non la sua composizione. Sul piano giuridico, l’equivalenza finanziaria fra la prestazione dell’intermediario e le controprestazioni del prenditore propriamente è funzionale all’individuazione dei rimborsi e degli interessi maturati sugli stessi. Ciò non toglie che le parti possano distintamente prevedere il pagamento anticipato degli interessi maturati. Se, tuttavia, come nell’ammortamento alla francese, si esprime nella rata pattuita il montante di rimborso ed interesse da corrispondere alle distinte scadenze, salvo diversa convenzione espressa dalle parti, il pagamento previsto nella rata rimane invariato nella composizione espressa dalla matematica nella corrispondente equivalenza finanziaria.
[41] Più sinteticamente, gli interessi per 10 anni sul valore medio del capitale utilizzato annualmente pari a € 591,25 (per una coincidenza matematica gli interessi maturati nel decennio sono pari al capitale medio utilizzato).
Se, in luogo dei rimborsi del capitale nella proiezione lineare indicata (pattuizione del primo tipo), la pattuizione fosse rivolta esclusivamente alla rata costante risultante dal tasso proporzionale del 10% (pattuizione del secondo tipo), la matematica finanziaria esprimerebbe, nell’equivalenza finanziaria intertemporale, una rata inferiore (€ 149,53), con uno scaglionamento dei rimborsi decrescenti e un’imputazione degli interessi alle distinte scadenze, riferita esclusivamente al capitale giunto a rimborso: in tale circostanza, il corrispondente TAE risulterebbe pari all’8,07%.
[42] 10,61% = spettanza degli interessi di € 627,50 / utilizzo medio del capitale di € 591,25 x 10.
[43] La produzione di interessi su interessi si palesa matematicamente riferendo il calcolo, anziché alla variabile dipendente espressa dal debito residuo, direttamente alle variabili indipendenti, espresse nella pattuizione (Cfr. Allegato 2).
[44] Matematicamente, la quota interessi maggiorata nell’importo, inclusa nella rata pattuita, quando viene anticipata nel pagamento, realizza un’accelerazione del roll over dei rimborsi che, cumulandosi ad ogni scadenza, alimenta una maggiorazione dell’utilizzo medio di periodo del capitale e con esso una parallela lievitazione degli interessi, restituendo, nell’adempimento, in ragione semplice, il monte interessi maggiorato stabilito inizialmente in regime composto nella determinazione dell’importo della rata. Il regime che governa il piano di ammortamento rimane quello composto di determinazione della rata, e quindi del monte interessi maggiorato della lievitazione esponenziale ma, fra gli innumerevoli criteri di imputazione che il principio di scindibilità del regime composto consente, si adotta quello che esprime tale monte interessi nel regime semplice che gli corrisponde in equivalenza finanziaria, attraverso una sedimentazione del capitale a rimborso, al quale corrisponde un finanziamento medio di periodo incrementato. Come dire, figurativamente, che per andare da A a B, anziché fare un percorso diretto (utilizzo medio periodale del capitale), si fa un percorso sinusoidale: in tal modo, nell’adempimento, gli interessi esprimono correttamente il prezzo proporzionale alla lunghezza del diverso percorso seguito, del tutto maggiorato rispetto a quello corrispondente alla linea retta della pattuizione.
[45] Il divario nei relativi interessi rimane del tutto corrispondente al divario di utilizzo. Per un finanziamento ventennale al 10%, l’ammortamento alla francese, con l’impiego del regime composto, induce una maggiorazione dell’utilizzo medio del capitale e, corrispondentemente del monte interessi, pari a circa il 50% rispetto al regime semplice, e pari a circa il 30% rispetto all’alternativo ammortamento all’italiana.
Ancorché il tema dell’anatocismo nei finanziamenti a rimborso graduale non risulti essere mai stato compiutamente affrontato dalla Suprema Corte, in talune pronunce espresse nel corso degli anni, avvedendosi dell’effetto descritto, si è espressa un’esplicita estensione dell’ambito del divieto dell’anatocismo, accostato e assimilato, nei mutui, all’impiego del regime composto: ‘... pur rimanendo nei limiti del tasso soglia, le conseguenze economiche sono diverse a seconda che sulla somma capitale si applichino gli interessi semplici o quelli composti. È stato, infatti, osservato che, una somma di denaro concessa a mutuo al tasso annuo del cinque per cento si raddoppia in venti anni, mentre con la capitalizzazione degli interessi la stessa somma si raddoppia in circa quattordici anni’. (Cass. n. 2593 del 20 febbraio 2003).
[46] Definita la rata e la relativa spettanza degli interessi in regime semplice, l’ulteriore convenzione, nell’adempimento, del pagamento anticipato degli interessi implica necessariamente un bilanciamento espresso dal rallentamento dei rimborsi del capitale senza alcun onere per il prenditore, che lasci invariata la spettanza degli interessi espressa nella pattuizione. Come nell’esempio inizialmente riportato, dove al tasso proporzionale pattuito del 10,5% corrispondeva al termine del biennio il tasso composto del 10%, così nell’ammortamento alla francese al tasso proporzionale del 10,6%, corrisponde nel piano di ammortamento il parametro composto del 10% (Cfr.: Allegato 3).
[47] ‘ spostandosi sul diverso fronte della conoscenza del meccanismo francese che ne venga ad avere il cliente e (potenziale) mutuatario -, si deve pure riconoscere che si tratta di un meccanismo che appare connotato da un forte (e sofisticato) livello di tecnicismo. Che, a dire il vero, non tutti – consumatori o meno che siano – sono tenuti a conoscere; né, volendo, sono in grado di capire. Chissà quanti, meglio, non riescono a comprenderlo sino in fondo (tra questi ultimi, in ogni caso, si annovera anche lo scrivente). La formula (…) coniata dalla Banca d’Italia, fa intendere al cliente (peraltro un po’ più che «medio», forse), a me pare, che le somme che dovrà versare finiranno, soprattutto all’«inizio», a pagare più gli interessi e meno il capitale: insomma, che i pagamenti fatti «valgono» molto meno di quanto possa a lui sembrare. Ma non dà alcuna idea del tipo di effetto che il meccanismo francese è idoneo a innescare: non dà quindi, nessuna idea dell’effettivo peso economico che segue all’adozione di un simile sistema. (A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza, in Banca, borsa, titoli di credito, n.5/2022).
[48] .A. Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari, una storia infinita? In Dir. Banca e merc. Fin., 2001, 269 ss.
[49] Lasciando invaiata la convenzione della rata costante nel tasso del 10,6% del regime semplice, l’espressa convenzione, nell’adempimento, dell’imputazione anticipata degli interessi maturati potrebbe essere conseguita modificando parallelamente i rimborsi: importo della rata e velocità di maturazione pattuiti rimarrebbero informati al regime semplice, con l’imputazione anticipata degli interessi semplici pattuiti che modificano, tuttavia, i rimborsi impliciti nella pattuizione (Cfr.: Allegato 3 ). Diversamente nella pattuizione l’assenso delle parti potrebbe essere rivolto direttamente ai rimborsi del capitale, associati all’imputazione anticipata degli interessi: in tal caso il tasso contrattuale potrebbe essere posto propriamente al 10% e la rata costante di € 402,1 deriverebbe univocamente dai diversi termini concordati.
[50] ‘ … l’art. 1195 c.c. che stabilisce il divieto di imputazione sfavorevole al debitore, risulta nel concreto comunque effettuata in modo da venire a “sorprendere” quest’ultimo (la norma comprende in sé anche il caso di sorpresa che discenda da clausole predisposte in via unilaterale dall’impresa poi creditrice, in via di interpretazione estensiva del termine quietanza): di un’imputazione, quindi, di cui il debitore non abbia inteso la dinamica ovvero pure i risvolti effettuali che alla stessa sono propri’. (A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza, in Banca, borsa, titoli di credito, n.5/2022).
Diffuse perplessità vengono avanzate da V. Farina che osserva: ‘ Non può invero trascurarsi come proprio nel piano di ammortamento cd. alla francese la composizione della rata sia caratterizzata dal regime di capitalizzazione composto. Il che, a tacer d’altro, implica una maggiorazione del costo del credito incidente direttamente sul monte interessi che, in assenza di allegazione al contratto del piano di ammortamento e comunque di esplicitazione di detto costo a mezzo di apposita previsione contrattuale, non è dato conoscere con esattezza’. (V. Farina, Piano di ammortamento alla francese: liceità, meritevolezza e trasparenza della relativa clausola, in Rivista di diritto bancario, n.1/2023). Risulta assai frequente riscontrare lo stupore e la ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c. della clientela retail che, dopo aver pagato per più anni i canoni/rate di un finanziamento, constata un debito residuo ancora marcatamente elevato. Questa ‘sorpresa’ è la logica risultanza della modesta emancipazione finanziaria del cliente che si accompagna, tuttavia, ad una scarsa rappresentazione contrattuale della dinamica temporale degli impegni finanziari assunti.
[51] Il piano di ammortamento allegato è previsto dalle disposizioni della Banca d’Italia solo per i mutui a tasso fisso, mentre non è previsto per i mutui a tasso variabile e, in applicazione delle ‘Informazioni europee di base sul credito ai consumatori’ (IEBCC), non è previsto neanche per i finanziamenti del credito al consumo, quale che sia, fisso o variabile, il tasso convenzionale. Si osservi, per altro, che sovente il piano di ammortamento indica solamente la quota di rimborso del capitale, omettendo il debito residuo.
[52] Nel caso in cui il piano di ammortamento sia riportato in allegato ciò non dispensa l’intermediario dal fornire il regime finanziario e i criteri di imputazione. La Direttiva sul credito al consumo esclude addirittura la presenza in contratto del piano di ammortamento, mentre prevede l’indicazione puntuale dei criteri che presiedono le imputazioni dei pagamenti (Cfr. Corte di Giustizia europea, sentenza ECLI, EU, 2016, 842); d’altra parte, noti i criteri di imputazione, risulta accessorio l’allegato, mentre non è altrettanto vero il contrario. Quanto espresso dalla Corte di Giustizia europea trova rispondenza in quanto reiteratamente espresso, più in generale, dalla Suprema Corte: ‘I dati e i criteri di calcolo devono essere facilmente individuabili in base a quanto previsto nella clausola contrattuale, mentre non rilevano la difficoltà del calcolo che va fatto per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione’ (Cass. n. 16907/2019; cfr. Cass. n. 8028/2018; Cass. n. 25205/2014; Cass. n. 17679/2009; Cass. n. 2317/2007; Cass. 22898/2005; Cass. n. 2765/1992 e n. 7547/92). Senza una peculiare expertise professionale, che consenta di inferire, in via induttiva, dagli esiti numerici i criteri adottati, non è possibile colmare quello ‘squilibrio originario del sinallagma’ e superare quell’‘’impedimento all’esercizio della facoltà di verifica della correttezza del rilievo degli elementi e di applicazione dei parametri’.
Quand’anche l’allegato sia parte integrante del contratto, opportunamente sottoscritto, se il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi viene distribuito su una lunga serie di scadenze, ha poco senso raccogliere l’assenso del mutuatario sugli specifici importi. La modalità impiegata evoca in qualche misura la circostanza degli addebiti in conto corrente degli interessi che, con l’invio dell’estratto conto, si sosteneva comportassero l’assenso alle condizioni di gestione del rapporto, anche se non esplicitate in contratto.
[53] La Cassazione 25205 del 2014 precisa che, il rispetto della norma imperativa, dettata dall’art. 1284 c.c., presuppone la conoscenza a priori dei dati necessari “per eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto. I dati ed il calcolo devono perciò essere facilmente individuabili in base a quanto previsto dalla clausola contrattuale, mentre non rilevano la difficoltà del calcolo che va fatto per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione”.
Anche una recente sentenza della Suprema Corte, richiamando una precedente pronuncia della Corte di Giustizio UE, per un mutuo a tasso variabile, ha stabilito principi di trasparenza di valenza generale: ‘al fine di rispettare l’obbligo di trasparenza di una clausola contrattuale che fissa un tasso di interesse variabile nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario, tale clausola deve non solo essere intellegibile sul piano formale e grammaticale, ma consentire altresì che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare in tal modo sul fondamento di criteri precisi e intellegibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di un tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie; in tale prospettiva, costituiscono elementi particolarmente pertinenti ai fini della valutazione da effettuare al riguardo, da un lato, la circostanza che gli elementi principali relativi al calcolo di tale tasso siano facilmente accessibili e chiunque intenda stipulare un mutuo ipotecario, grazie alla pubblicazione del metodo di calcolo di detto tasso, nonché, dall’altro, la comunicazione di informazioni sull’andamento, nel passato, dell’indice sulla base del quale è calcolato questo stesso tasso (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 3 marzo 2020, nella causa C-125/18)’ (Cass. N. 18275 del 25 giugno 2021).
[54] Frequentemente si riscontra nelle sentenze la seguente argomentazione: ‘nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti ed unicamente gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va già ad estinguere il capitale. Ciò non comporta capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti, e unicamente per il periodo successivo al pagamento della rata immediatamente precedente. Il mutuatario, con il pagamento di ogni singola rata, azzera gli interessi maturati a suo carico fino a quel momento, coerentemente con il dettato dell’art. 1193 c.c., quindi inizia ad abbattere il capitale dovuto in misura pari alla differenza tra interessi maturati e importo della rata da lui stesso pattuito nel contratto’ (Trib. Trapani, n. 82/2022). Appare evidente come rimanga del tutto negletto il rapporto espresso dalle variabili indipendenti pattuite, che definiscono l’equilibrio del contratto. Come matematicamente si può accertare, riconducendo la debenza degli interessi alle distinte scadenze direttamente alle variabili indipendenti pattuite, matematicamente si palesa la presenza di interessi su interessi (Cfr.: nota 24e Allegato 2).
[55] L. Peccati, Angolo 4, Consulenti Bancari Online.it, giugno 2020.
[56] In un recente Rapporto curato dal prof. F. Pressacco, esprimente l’opinione dell’autore – più che la posizione dell’AMASES, Associazione dei matematici, dove nella compagine degli associati interpellati nella giornata di studio del 21 febbraio 2021 sono emerse diffuse valutazioni dissenzienti, successivamente escluse nella redazione del Rapporto stesso – premettendo generici principi di diritto, si conclude il quadro giuridico affermando: ‘Dall’obbligatorietà del regime composto nell’operazione di riscatto di una rendita perpetua discende (vista l’analogia) la piena legittimità di contratti di mutuo caratterizzati da equivalenza finanziaria in regime composto’. Con tale pregiudizievole analogia, si tralascia di considerare quanto espresso dallo stesso prof. Pressacco in un precedente intervento: ‘Certo, ceteris paribus, è incontestabile che nelle operazioni di mutuo il regime di capitalizzazione semplice è, per il debitore, più vantaggioso del regime di capitalizzazione composta’. Di riflesso, l’analisi tecnica sviluppata si accentra esaustivamente nella matematica dell’adempimento espresso dal piano di ammortamento; omettendo un compiuto esame dei rapporti con la pattuizione, non si scorge alcuna criticità di anatocismo: dichiarando, altresì, estranei al campo di competenza matematica, ogni aspetto di trasparenza, determinatezza e rispetto dell’art. 1284 c.c., si perviene alla conclusione: ‘i piani tradizionalmente utilizzati (italiano – quota capitale costante; francese – rata costante) sono pienamente compatibili con la normativa vigente e non presentano profili di illegittimità’. Come accennato, la coincidenza fra tempi di maturazione ed esigibilità, nella debenza degli interessi alle distinte scadenze, che si riscontra nel piano di ammortamento ordinariamente adottato, attiene, esclusivamente nell’ambito dei distinti periodi, ad interessi aventi natura primaria ma la legge che regola l’operazione rimane quella composta impiegata nella pattuizione della rata: l’inclusione nella stessa di una spettanza degli interessi indebitamente maggiorata si riflette, nell’adempimento, quale che sia il criterio di imputazione adottato. Conduce a conclusioni errate soffermarsi esclusivamente sul rapporto delle due variabili dipendenti – interessi periodici e debito residuo – riportate a valle – nel piano di ammortamento, tralasciando il rapporto funzionale, diretto che discende da quelle indipendenti, sulle quali – a monte - si è conformato l’accordo contrattuale. Come detto, lo stesso L. Peccati precisa: ‘Nel caso d’intertempo annuo, matematicamente, periodo =1, la formula si riduce a: interessi = debito x tasso, che fa, indebitamente, pensare a interessi semplici, mentre, concettualmente, sono composti (L. Peccati, Angolo 4, Consulenti Bancari Online.it, giugno 2020). Anche Fersini ed Olivieri riportano: ‘La considerazione spesso utilizzata per affermare che nell’ammortamento alla francese non esiste il fenomeno del calcolo degli interessi sugli interessi già maturati è che, in ciascun periodo, la quota interessi è calcolata sul debito residuo nell’anno precedente, argomentando che di fatto ‘si pagano’ gli interessi solo sul capitale ancora da restituire ed escludendo la possibilità di calcolo degli interessi sulla componente di interessi composta. Tale affermazione ignora tutte le considerazioni espresse in questa nota e soprattutto il fatto che il debito residuo è funzione della quota capitale che a sua volta dipende dal calcolo della rata costante, che ricordiamo è calcolata nel regime finanziario della capitalizzazione composta. Non bisogna dimenticare che gli interessi ancorché ‘semplici’ nell’intervallo di tempo, supposto unitario, tra due scadenze successive, finiscono per incorporarsi nel capitale che li ha generati, secondo lo schema tipico della capitalizzazione composta. Il piano di ammortamento alla francese è un piano a rate prefissate che si suppongono tutte costanti. Il fatto che esista l’equivalenza finanziaria in capitalizzazione composta tra le rate che si versano e il debito inizialmente contratto deve necessariamente permeare tutto il piano di ammortamento e le grandezze che ivi vi compaiono. (P. Fersini e G. Olivieri, Sull’anatocismo nell’ammortamento francese’, Banche & Banchieri 2/2015). Per un’analisi critica del documento, si veda A. Annibali, C. Baracchini, F. Olivieri, D. Provenzano, ‘Anatocismo nei processi di ammortamento. Il rapporto scientifico dell’AMASES 2022/1, in www.attuariale.eu; cfr. anche quanto affermato da Levi in Corso di matematica finanziaria e attuariale, 1964, pagg. 215; in particolare, prima della conversione al pensiero del prof. F. Pressacco, F. Cacciafesta, In che senso l’ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo, Politeia, n. 120, 2015, pag. 24 segg.; F. Cacciafesta, A proposito di una sentenza sul tema dell’ammortamento alla francese, maggio 2020, in www.eclegal.it; F. Cacciafesta, Le leggi finanziarie dell’interesse semplice e composto, e l’ammortamento dei prestiti, in assoctu.it; C. Mari e G. Aretusi, Sull’esistenza e unicità dell’ammortamento dei prestiti in regime lineare, Il Risparmio, n. 1, 2018; C. Mari e G. Aretusi, Sulla modellizzazione dei prestiti: errori, nonsense e mistificazioni nello scritto di F. Cacciafesta, Il Risparmio, N. 1 2023).
[57] Cass. N.2593/2003.
[58] Nella circostanza, nell’opaca formulazione contrattuale predisposta in serie dall’intermediario, il criterio di rimborso del capitale rimane informato a completo beneficio dell’intermediario stesso. Posto che la scelta del rimborso del capitale è una prerogativa ordinariamente riconducibile alle necessità e disponibilità del prenditore, esigenze di buona fede, diligenza e trasparenza richiederebbero uno specifico assenso sulla pattuizione del criterio di rimborso, per conseguire una piena consapevolezza della marcata gradualità dello stesso che, senza alcun beneficio, induce una debenza degli interessi al tempo stesso anticipata e più elevata, del tutto corrispondente alla spettanza definita in regime composto. Sul necessario assenso contrattuale del criterio di rimborso del capitale risulta concordare anche A.A. Dolmetta: ‘Nei fatti, e al di là di ogni altra possibile complicazione, (non tutto, ma certo) molto del differenziale economico è composto proprio dalla dimensione – minore o maggiore – del capitale che, secondo una previsione che non può non appartenere alla predisposizione del prodotto, le singole rate andranno via via a restituire’ (A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza, in Banca, borsa, titoli di credito, n.5/2022). In assenza di una tale previsione contrattuale non è infrequente riscontrare lo stupore e la ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c. della clientela retail che, dopo aver pagato per più anni le rate di un finanziamento, constata un debito residuo ancora marcatamente elevato.
[59] La semplice condizione che il piano di ammortamento è composto di quote capitale crescenti e di quote interessi decrescenti non rende il piano stesso univocamente determinato o determinabile, in quanto matematicamente si possono dare plurimi piani di ammortamento che, nel rispetto del vincolo di chiusura, rispondano a tale condizione. L’assenso raccolto sull’impiego del regime composto nella definizione della rata, da solo, non evita l’indeterminatezza che investe il valore periodale dell’obbligazione principale.
Nei finanziamenti con ammortamento progressivo, all’obbligazione principale compiutamente predeterminata in contratto, nel rapporto proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c., corrisponde univocamente l’obbligazione accessoria, mentre non è vero il viceversa. Come mostrato (Tav. 1), con il regime composto, per la medesima obbligazione accessoria (€ 206,3), e pur anche il medesimo parametro di calcolo (10%), criteri di imputazione diversi corrispondono a valori differenti dell’utilizzo periodale del capitale e dei relativi prezzi ex art. 1284 c.c.
[60]Dato il vincolo della rata costante, il criterio di imputazione basato sul calcolo degli interessi semplici sul debito residuo realizza un effetto assimilabile ad un roll over del finanziamento, nel quale si insinua un meccanismo di elusione al quale frequentemente si è fatto ricorso storicamente per eludere il presidio all’anatocismo. Il menzionato roll over dei rimborsi realizza l’identico trascinamento degli interessi che si consegue con il roll over dei finanziamenti, quando si conviene che alla scadenza intervenga un rifinanziamento, corrispondente, in parte o in tutto, al montante da corrispondere, così che, senza soluzione di continuità, di fatto si trascina il finanziamento, convertendo gli interessi in capitale che vengono di tal guisa assumendo con il tempo una dimensione esponenziale, non più proporzionale al capitale concretamente utilizzato. Con tali finanziamenti, quelli della categoria in parola condividono la peculiarità formale di pagamento degli interessi anticipati rispetto alla scadenza del capitale, tipica del finanziamento Bullet, conservando, nella sostanza, la maggiorazione esponenziale del finanziamento Zero coupon.
Se viene meno una piena consapevolezza sulla gradualità esponenziale dei rimborsi espressi nel piano di ammortamento, con la sostituzione degli interessi al capitale a rimborso, per la quota di capitale sottratta al rimborso, si viene sostanzialmente a replicare - con un’accentuata ricorrenza periodica (mensile, trimestrale, …), protratta per l’intero periodo del finanziamento - il medesimo effetto economico dei finanziamenti nei quali si prevede il rifinanziamento alla scadenza del montante. L’accostamento dell’ammortamento alla francese ad un parziale rifinanziamento è assai prossimo.
La pattuizione di un finanziamento ad un anno di € 200, con rifinanziamento di € 104,76 al termine dell’anno, non appare propriamente dissimile dall’ammortamento a rata costante su due anni. La dinamica del roll over dei rimborsi si riflette, anche per il prezzo ex art. 1284 c.c. in termini pressoché identici a quelli riscontrabili nei roll over dei finanziamenti, dove gli interessi, convertiti da secondari in primari, esprimono il prezzo ex art. 1284 c.c. pari al TAN, ogni volta calcolato sul montante rifinanziato.
[61] Osserva A.A. Dolmetta (Trasparenza nei prodotti bancari, Regole, Zanichelli 2013, pag. 180) che il testo della norma – già per sé stesso univoco e chiaramente applicativo del canone di buona fede ex art. 1375 c.c. – risulta incentrato sui seguenti profili di fondo: l’imputazione è una di quelle materie dove occorre tenere in conto particolare i ruoli (competenza, professionalità, cultura, …) delle parti; se il rapporto è dispari, il creditore non può “sorprendere” il debitore, nel senso puntuale che lo stesso deve conformarsi all’”imputazione che il debitore aveva interesse di fare” sul piano oggettivo.In presenza di margini di opacità contrattuale soccorre l’art. 1370 c.c., nell’interpretazione consona a contratti predisposti dall’intermediario. Non vi è dubbio che, per il finanziamento, tasso e durata convenuti, il prenditore abbia inteso scontata l’applicazione del tasso nel più conveniente regime semplice, coerente con i dettami degli artt. 821 e 1284 c.c. e nel rispetto dell’art. 120, 2° comma, lettera b) del TUB.
[62] ‘E’ giurisprudenza pacifica della Corte di legittimità quella per cui, in tema di contratti di mutuo, la convenzione relativa agli interessi è validamente stipulata, ai sensi dell’art. 1284, comma terzo, c.c. – che è norma imperativa – soltanto se abbia un contenuto assolutamente univoco, contenente la puntuale specificazione del tasso di interesse. Il relativo tasso deve, quindi, risultare determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati’ (Cass. n.12276/10).
Osserva Maccarone: ‘Risulta corretto considerare che il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non può assolutamente essere maggiorato nel piano di ammortamento, né può il piano di ammortamento mascherare tale artificio, poiché il calcolo dell’interesse deve essere trasparente ed eseguito secondo regole matematiche dell’interesse semplice. Rispetto al cd. ammortamento alla francese, il cui utilizzo nella prassi non può produrre un uso in quanto, e perché, comporta la restituzione degli interessi in misura più elevata, e in quanto contiene una formula matematica attuariale, grazie alla quale l’interesse applicato è quello composto e non quello semplice.(A. Maccarone, Capitalizzazione trimestrale degli interessi nei mutui, I contratti, n. 3/2009).
[63] Osserva C. Camardi: ‘posto che il contratto di mutuo deve contenere e di solito contiene tutti gli elementi idonei a determinare con chiarezza e trasparenza l'operazione finanziaria programmata, con particolare riguardo al tasso di interesse, alla maturazione degli interessi e alla relativa capitalizzazione, nei modi e nelle forme in cui è consentita, e alla durata, oltre che alle garanzie, etc; si può dire che il piano di ammortamento ne costituisce l'accordo esecutivo, nel quale le parti attuano e sviluppano matematicamente gli accordi già presi sui tassi e sulla durata del mutuo attraverso un prospetto di rate, delle quali si indica la scadenza esatta, nonché la composizione interna, con riguardo alla quota capitale e alla quota interessi. Il valore precettivo del piano di ammortamento, dunque, è innegabile, perché la scadenza delle singole rate, ad esempio, è decisiva per la definizione della diligenza del mutuatario e della puntualità del pagamento, nonché per l'eventuale messa in mora dello stesso, con tutte le conseguenze del caso; mentre la distribuzione delle stesse negli anni definisce la posizione del mutuatario con riguardo all'esercizio di altri eventuali diritti stabiliti nel contratto, ad esempio il diritto all'estinzione anticipata; e quella del mutuante con riguardo, ad esempio, al diritto alla risoluzione per inadempimento nel pagamento esatto e puntuale delle rate. E tuttavia tale valore precettivo andrebbe di regola individuato in ogni suo aspetto in relazione alle previsioni contenute nel contratto di mutuo, ed è perciò — se ci si consente il bisticcio — “mutuato” da quest'ultimo, del quale è accordo esecutivo, suscettibile perciò di oggettivo sviluppo sulla base delle regole tecniche matematiche normalmente adottate nella prassi degli operatori. In caso di dubbio o incompletezza del piano, pertanto, il giudice dovrebbe poterlo sviluppare applicando le ordinarie regole di interpretazione del contratto. In caso di errore nel computo delle rate o della loro composizione interna, invece, si dovrebbe poter rimediare attraverso la rettifica. E ciò pure nel caso in cui si rinvengano calcoli del tutto incoerenti con le clausole del contratto di mutuo, cioè rate e computi non connessi logicamente e matematicamente con le clausole del contratto relative agli interessi o alla durata del mutuo; nel qual caso però sarebbe pure da valutare la buona o mala fede, ovvero il dolo della banca, agli effetti dell'annullamento del contratto o dell'applicazione dell'art. 1440 c.c.’ (C. Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, Nullità delle clausole sugli interessi e integrazione giudiziale’, in Banca Borsa e Tit. cred., I, 2015).
[64] Negli ordinari finanziamenti con ammortamento l’operatore economico valuta la sostenibilità della rata ma, sostanzialmente, negozia il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. riportato in contratto; diversamente, nelle operazioni di leasing negozia il canone periodico ma valuta il costo corrispondente all’effettivo esborso per interessi dell’operazione in base al tasso ex art. 1284 c.c. prescritto dall’art. 117 TUB. Entrambe le tipologie di operazioni (finanziamenti ordinari e leasing) sono accomunate dalla presenza di un indicatore finanziario di costo – rispettivamente il TAEG e il tasso leasing, riportati nel foglio informativo e nel documento di sintesi – per il confronto con le offerte alternative, funzionale, come riporta la Banca d’Italia, a rafforzare la concorrenza sul mercato.
[65] Mentre nelle ordinarie operazioni di finanziamento il contratto rimane definito con la pattuizione del corrispettivo, espresso nella metrica del tasso ex art. 1284 c.c., nelle operazioni di leasing, il contratto rimane definito con la pattuizione del canone periodico, dell’acconto e del valore di riscatto; tuttavia, a motivo della natura finanziaria dell’operazione, vengono ad assumere una sostanziale rilevanza contrattuale le ulteriori prescrizioni dettate dal TUB, in particolare ‘il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati’.
[66] A.A. Dolmetta, Efficienza del mercato e “favor naturalis” per le imprese bancarie, Riv. Dir. Civ. n. 5/2018.
[67]A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza, in Banca, borsa, titoli di credito, n.5/2022.
[68] La capitalizzazione degli interessi implicita nella rata, nelle modalità ordinariamente adottate dagli intermediari, viene frequentemente applicata, non in ragione annuale, bensì in ragione dell’esigibilità periodale della rata: se questa è mensile, anche la capitalizzazione è praticata mensilmente, con un indubbio risvolto di penalizzazione, per altro non espresso in contratto. Sul piano logico e matematico capitalizzazione ed esigibilità rispondono a concetti distinti. Nella matematica finanziaria si distingue il compounding period dal payment period. Risulterebbe alquanto penalizzante per il prenditore del finanziamento, assimilare all’esigibilità infrannuale degli interessi il regime di capitalizzazione infrannuale.Nel piano di ammortamento, quando le rate sono disposte con cadenza infrannuale, con il regime finanziario composto, impiegando il tempo espresso in anni e frazioni, non vi è alcuna ragione o necessità di ricorre ad un diverso, ormai desueto e specialistico impiego del TAN riferito all’equivalente regime composto periodale. Nella conversione, propriamente non necessaria, dal tasso riferito all’unità annuale frazionata, al tasso riferito all’unità periodale infrannuale si riscontra frequentemente - in luogo del tasso equivalente jm = (1+i)1/m – 1, corrispondente alla periodicità annuale della capitalizzazione - l’adozione del tasso periodale pari a jm =i/m, proprio del regime semplice, oltre che della capitalizzazione infrannuale. In matematica finanziaria il TAN del regime composto annuale è distinto dal TAN del regime composto infrannuale: per l’esigibilità infrannuale, associata ad una pari capitalizzazione, il TAN di riferimento va precisato nell’accordo con il termine specifico ‘TAN convertibile 12 volte’ (mensilmente), 4 volte (trimestralmente) …. o, più chiaramente, ‘con capitalizzazione 12 volte l’anno’… Con l’impiego della generica indicazione del TAN, assimilando impropriamente all’esigibilità infrannuale una pari capitalizzazione, si introduce un’ulteriore maggiorazione, riportando la capitalizzazione dalla frequenza annuale alla frequenza infrannuale. Senza alcuno specifico assenso, quando è prevista la periodicità infrannuale delle rate, viene celata anche la capitalizzazione infrannuale, attraverso un’impropria formula di calcolo, contraria alle regole di matematica finanziaria, richiamate dalla stessa Banca d’Italia, espresse, sino al 2016, nell’allegato 4B delle norme di trasparenza. La discrasia fra TAN e TAE che si viene a creare nei pagamenti infrannuali è colmata, sul piano della trasparenza, dalla prescrizione dell’art. 6 della Delibera CICR 9/2/2000 che prescrive, nella circostanza, l’indicazione in contratto del TAE, oltre al tasso ex art. 1284 c.c.
Riportano E. Luciano - L. Peccati: “ ... in capitalizzazione composta, non si passa dal tasso periodale all’anno moltiplicando per il numero annuo di periodi o dall’anno al periodale dividendo per il numero annuo di periodi, come s’è visto esser lecito nel caso della capitalizzazione semplice. Il prodotto del tasso periodale per il numero di periodi (per es.: tasso semestrale x 2) non è il tasso annuo effettivo equivalente al semestre assegnato, ma è un tasso, detto ‘tasso annuo nominale convertibile 2 volte (nell’anno)’, che ha natura di tasso annuo di interesse semplice, ma semplice per modo di dire, visto che, alla fine di ogni semestre, gli interessi sono capitalizzati. È interessante osservare che il tasso nominale è sempre numericamente più piccolo del tasso effettivo: questo spiega l’interesse di poter enunciare un tasso nominale invece di un tasso effettivo quando, per es., si dichiarano le condizioni d’un finanziamento”. (E. Luciano - L. Peccati, Matematica per la gestione finanziaria, 1997, 57/58).
[69] Se la pattuizione, in luogo o in aggiunta alla rata costante, esprimesse l’assenso delle parti sul capitale finanziato, compiutamente definito nel valore iniziale e nei valori periodici risultante dai rimborsi, convenuti nella peculiare progressione esponenziale corrispondente all’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, il piano di ammortamento ordinariamente praticato dagli intermediari risulterebbe del tutto legittimo e rispondente ai termini della pattuizione stessa. Pertanto, il piano di ammortamento, ordinariamente adottato dagli intermediari in corrispondenza alla rata costante, non presenta, di per sé, aspetti contrari all’ordinamento: lo diviene nella misura in cui, senza altra indicazione relativa al criterio di rimborso del capitale, elemento integrante l’oggetto del contratto – questo rimane definito nei valori espressi dalla matematica nell’equivalenza finanziaria espressa nel valore della rata pattuita, mentre nell’adempimento, si impiega un diverso criterio di rimborso, conseguito, in via subordinata, dall’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza, adottata unilateralmente dall’intermediario.
[70] Con riferimento a detta sentenza osserva C. Romano, estensore della sentenza della Corte di Appello di Bari n. 1890 del 3/11/2020: ‘Ciò è esattamente quanto avviene nel caso dell’applicazione del regime composto celato nelle rate di ammortamento alla francese. La S.C. svolge importanti considerazioni sulla funzione della trasparenza, ritenendola un “valore in sé per sé”, che “merita di essere considerato per la sua idoneità ad incidere sull’equilibrio delle relazioni contrattuali”: “trasparenza è”, cioè “solo il contratto corredato di clausole la cui giustificazione economica risulti comprensibile, di talché senza tale trasparenza a risultar opaco è il costo totale del credito, donde una rilevanza di rimbalzo della trasparenza sull’equilibrio economico del contratto. (C. Romano, L’ammortamento a rata costante: anatocismo e trasparenza. Nuovi sviluppi della dottrina e della giurisprudenza, Convegno Assoctu 21 maggio 2021, in assoctu.it).
Vengono sempre più estendendosi le pronunce che ravvisano vizi e criticità nell’ammortamento alla francese (cfr. Tribunale di Napoli del 2/05/23, Tribunale di Teramo n. 364 del 14/04/23, Tribunale di Prato n. 243 del 11/04/23, Corte d'Appello di Bari n. 28 del 13/01/23, Tribunale di Napoli n. 10148 del 15/11/22, Tribunale di Napoli n. 1630 del 12/11/22, Tribunale di Torre Annunziata n. 3268 del 10/10/22, Tribunale di Taranto, A. Attanasio n. 796/22, Tribunale di Vicenza, F. Lamagna, 01/02/22, Tribunale di Cremona n. 8/22, 201/19, n. 221/19 e n. 227/19, Tribunale di Roma n. 2188/21, Tribunale della Spezia n. 739/21, Tribunale di Nola 09/12/21, Tribunale di Lecce. P. Errede, 15/11/21, Ord. Trib. Terni, 08/08/21, Tribunale di Pesaro n. 739/21, Tribunale di Larino del 13/09/21, Tribunale di Viterbo n. 733/2021, Tribunale di Brindisi n. 709/21, Corte d’Appello di Bari n. 1890/20 del 3/11/20, Corte d’Appello di Genova n. 410/20, Tribunale di Campobasso n. 156/22 e 528/20, Corte d’Appello di Campobasso n. 412/19, Tribunale di Roma del 29/05/19, Tribunale di Massa n. 90/2020, 7/2/19 e 13/11/18, Tribunale di Lucca n. 476/20 e n. 763/18 e Tribunale di Napoli n. 4102/20 e n. 1558/18. In precedenza, cfr, Trib. Bari, Sez. Rutigliano 29/10/08; Trib. Larino, Sez. Termoli n. 119/12; Trib. Ferrara 5/12/13; Trib. Isernia 28/7/014).
[71] Nell’Allegato 4 sono riportati alcuni esempi di rettifica dei piani di ammortamento, in funzione delle irregolarità ravvisabili nel contratto.
[72] Alla Tav. 6 bis.d, a capitale decrescente, sono state attribuite le medesime imputazioni di capitale del regime semplice (Cfr. Tav. 3), che nel regime composto, ovviamente, conducono al medesimo monte interessi maggiorato che si riscontra negli alternativi piani componibili in tale regime.
[73] Come nel roll over dei finanziamenti, la produzione di interessi secondari si commisura agli interessi corrisposti che, dato l’importo predefinito della rata, in pari misura riducono il rimborso del capitale.
[74] Le variabili indipendenti che intervengono nella relazione matematica sono date dall’obbligazione principale, nel solo valore originario, e dal valore della rata costante (R) che, per quel che qui interessa, implica il valore dell’obbligazione accessoria (I). Sia gli interessi della rata k-esima che il debito residuo sono variabili dipendenti dal valore assunto dall’obbligazione accessoria definita in contratto: questo aspetto, che distingue l’ammortamento a rata costante dall’ammortamento a quota capitale costante, è all’origine del ‘riverbero’ che dagli interessi pregressi si riversa in entrambe le variabili dipendenti, debito residuo e interessi successivi.Le relazioni matematiche illustrate evidenziano come risulti contraddittorio quanto affermato da talune sentenze che, con riferimento alla formula di chiusura del regime composto, ∑ Rk/(1+ i)k = C, riportano: ‘trattasi di formula di equivalenza finanziaria, che consente di individuare la quota capitale da restituire in ciascuna delle rate prestabilite, (...) ma che non va ad incidere sul separato conteggio degli interessi’ che risponde alle regole dell’interesse semplice, venendo conteggiato ad ogni rata sul solo capitale che residua..’.
[75] Considerata la tipologia del finanziamento, quando il tasso convenzionale è fisso il riferimento ai BOT emessi nei dodici mesi precedente, va riferito alla conclusione del contratto, mentre si può giustificare, ove più conveniente, il riferimento a ciascuna scadenza quando il tasso convenuto è variabile.
[76] Nel regime composto (Tav. 6), la nuova rata sarà
determinata sul valore del debito residuo (€ 344,4) per i restanti dieci anni [