Giurisprudenza

L’art. 47, c. 4, CCII, secondo la Corte d’Appello di Milano


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Opportunità e criticità del concordato semplificato: aspetti operativi


Riccardo Bonivento

Data pubblicazione
18 febbraio 2024

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Sommario: 1. Il concordato semplificato quale “nuovo” strumento di composizione della crisi e dell’insolvenza nel CCII; 2. La liquidazione del patrimonio in ottica atomistica oppure aggregata; 3. Le norme antiabuso rispetto all’accesso al concordato semplificato; 4. Le condizioni per l’omologa del concordato semplificato; 5. La fattibilità del piano di liquidazione; 6. Il rispetto delle cause di prelazione; 7. L’assenza di pregiudizialità in confronto all’alternativa della liquidazione giudiziale; 8. L’assicurazione di un’utilità a ciascun creditore: utilità monetarie e non monetarie; 9. L’attribuzione della percentuale irrisoria; 10. Conclusioni.


1. Il concordato semplificato quale “nuovo” strumento di composizione della crisi e dell’insolvenza nel CCII

Il catalogo degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza si è arricchito, rispetto alla legge fallimentare, di due nuovi istituti, ossia il concordato semplificato (CS) ed il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO).

Il CCII annovera tra gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza il concordato semplificato, che rappresenta una procedura innovativa, non prevista dalla “vecchia” legge fallimentare, ma introdotta comunque in epoca antecedente all’entrata in vigore del codice della crisi, con il d.l. n. 118/2021 conv. con modifiche nella legge 21 ottobre 2021, n. 147 [1].

La presente relazione si propone, in termini prevalentemente operativi, di esaminare talune criticità che si possono incontrare sia nella possibilità di accesso alla procedura di concordato semplificato sia nell’accoglimento della domanda di omologazione, e ciò anche alla luce delle indicazioni rappresentate da alcuna autorevole dottrina che si è occupata finora dell’argomento e dal contenuto di alcuni arresti della giurisprudenza di merito.

Se, da un lato, si possono enfatizzare le “luci” che denotano il concordato semplificato, tra cui la flessibilità, la snellezza e la rapidità della procedura, caratterizzata dalla circostanza che la proposta concordataria non venga sottoposta al voto dei creditori e dalla mancata sottoposizione del piano alla preventiva attestazione dell’esperto indipendente, dall’altro, non si possono non evidenziarne alcune criticità, e quindi le “ombre”, nella sua applicazione concreta.

I provvedimenti della giurisprudenza di merito, sul punto, pur denotando tendenzialmente una spiccata severità verso il concordato semplificato, soprattutto in ottica di valutazione della sua concreta realizzabilità e dell’ effettiva assicurazione di una qualche utilità per i creditori, hanno al tempo stesso visto l’omologazione di concordati semplificati con i quali la proposta di soddisfazione monetaria offerta ai creditori chirografari ab origine e privilegiatidegradati in chirografo per incapienza si attesta in prossimità dello “zero”.

Sotto tale profilo, tenuto conto dell’assenza di voto in capo ai creditori, appare quanto mai opportuno che il piano di concordato semplificato e la correlativa proposta siano dotati di adeguati e concreti supporti di affidabilità, anche in relazione alle garanzie offerte rispetto agli impegni di acquisto e all’apporto di “nuova finanza” (fideiussione a prima richiesta, deposito cauzionale...), e presentino eventuali vantaggi compensativi, tali da offrire ai creditori quelle utilità in forme diverse dal pagamento in denaro, che non si troverebbero nella liquidazione giudiziale.

Il CCII dedica solo due articoli al concordato semplificato e precisamente il 25-sexies ed il 25-septies, il primo intitolato “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio” ed il secondo “disciplina per la liquidazione del patrimonio”, enfatizzando nei titoli la natura liquidatoria della procedura.

Si tratta di uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ascrivibile ad una vera e propria procedura concorsuale[2], tenuto conto tra l’altro delle regole distributive, di cui si dirà infra, da realizzarsi nel rispetto dell’ordine di graduazione dei privilegi.

Esso rappresenta il possibile esito della composizione negoziata che ne costituisce l’antecedente logico, nel senso che la domanda di omologa di concordato semplificato si può presentare in tanto in quanto l’imprenditore, anche non commerciale, in precedenza (i) abbia avviato l’iter per la composizione negoziata della crisi (CNC) e (ii) nel corso della stessa abbia condotto serie trattative con i creditori, al cui esito non si siano però rivelate praticabili o una delle tre soluzioni di cui all’art. 23, comma 1, CCII, ossia il contratto sottoscritto con i creditori o la convenzione di moratoria o l’accordo sottoscritto dall’esperto, oppure la soluzione di cui all’art. 23 comma 2, lett. bis), CCII, ossia l’accordo di ristrutturazione, anche nelle forme “agevolata” o “ad efficacia estesa”.

Secondo la dichiarazione finale resa dall’esperto, lo svolgimento di tali trattative deve essere stato improntato nel rispetto delle regole di correttezza e buona fede da parte del debitore, in termini di piena disclosure rispetto alla propria situazione patrimoniale e finanziaria ed alla presentazione ai creditori delle concrete prospettive di risanamento, attraverso la formulazione di una o più proposte fattibili, anche con la rappresentazione delle ipotesi di soddisfazione in caso di liquidazione.

Esaminando i dati contenuti nella IV edizione dell’Osservatorio semestrale sulla composizione negoziata della crisi d’impresa, realizzato dall’Area Servizi per la Finanza ed il Sostegno alle Imprese di Unioncamere e presentato il 16 novembre 2023 risulta che, a livello nazionale, a due anni dall’entrata in vigore dell’istituto, le domande di accesso alla CNC sono state 1.037, quelle archiviate 502 e, di queste, appena 83, pari al 16,53%, con esito positivo e 419, pari all’83,47%, con esito negativo; delle 419 chiuse con esito negativo, 178 sono state chiuse per mancate prospettive di risanamento, 184 per esito negativo delle trattative e 57 per rinuncia dell’imprenditore[3].

Quindi potenzialmente le imprese che hanno avuto la possibilità di accesso alla domanda di concordato semplificato, per chiusura della CNC, a seguito di mancate prospettive di risanamento o di esito negativo delle trattative, sono state 362, numero corrispondente al 72,11% rispetto alle domande di CNC archiviate; come si può vedere, quindi, si tratta di un numero per nulla trascurabile!

Un ulteriore dato che può offrire una qualche significatività circa l’utilizzo dell’istituto lo si può ricavare dal sito portalecreditori.it; selezionando come “tipo procedura” l’acronimo CS (concordato semplificato) emerge che ad oggi il ricorso al concordato semplificato riguarda circa una cinquantina di imprese.

 

2. La liquidazione del patrimonio in ottica atomistica oppure aggregata

Il piano di concordato può prevedere la liquidazione del patrimonio aziendale[4], in ottica atomistica di cessazione dell’attività aziendale, attraverso la cessione di singoli assets oppure, in ottica aggregata di continuità aziendale indiretta, attraverso il trasferimento dell’azienda o di singoli rami di essa ad un altro soggetto, ove questa seconda soluzione sembra essere quello più coerente in considerazione della circostanza che l’operazione si innesta alla fine di un percorso di composizione negoziata nel quale vengono formulate prospettive di risanamento, previamente verificate dall’esperto, di un’azienda che, il più delle volte, si trova in funzionamento al momento dell’accesso alla composizione negoziata, permanendo in tale status alla chiusura del tavolo delle trattative.

Invero il trasferimento dell’azienda o di suoi rami viene valutato come ipotesi di risanamento anche nella fase della conduzione delle trattative come previsto dall’art. 12, comma 2, CCII attribuendo a tale attività una specifica funzione agevolatrice dell’esperto, ciò anche in considerazione della circostanza che durante la composizione negoziata il Tribunale può autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più rami senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, cod. civ.[5].

Nel concordato semplificato il trasferimento dell’azienda a terzi può essere eseguito dal liquidatore giudiziale dopo l’omologa del concordato oppure, in situazioni di urgenza, dall’ausiliario in una fase antecedente rispetto all’omologa nell’ottica di non disperdere il valore unitario del complesso aziendale, atteso che la vendita unitaria massimizza l’attivo a vantaggio dei creditori. In ogni caso operano gli effetti di cui art. 2560, comma 2, cod. civ.

Sia il liquidatore giudiziale sia l’ausiliario dovranno avere cura di verificare sul mercato l’assenza di soluzioni migliorative rispetto a quella prospettata dal debitore, in ipotesi pubblicando inviti a formulare offerte di acquisto dell’azienda che risultino economicamente più vantaggiose.

Nel concordato semplificato la procedura di vendita appare dunque più snella rispetto al concordato preventivo (in cui si applica la disciplina delle offerte concorrenti ai sensi dell’art. 91 CCII), essendo finalizzata solo a verificare l’esistenza sul mercato di soluzioni migliori. Tale ricerca potrà avvenire anche mediante la pubblicazione di avvisi destinati a sollecitare la presentazione di offerte migliorative rispetto a quelle già a mani della procedura[6].

Anche se non è prevista la disciplina delle offerte concorrenti, si ritiene che, qualora pervenga al liquidatore o all’ausiliario una proposta di acquisto migliorativa, la scelta finale del miglior offerente non possa che essere individuata attraverso l’espletamento della procedura competitiva volta ad individuare il miglior offerente[7].

Il trasferimento a terzi del compendio aziendale può avvenire anche realizzando operazioni straordinarie, quali la scissione o il conferimento dell’azienda in una Newco interamente partecipata dalla debitrice e la successiva cessione delle partecipazioni.

 

3. Le norme antiabuso rispetto all’accesso al concordato semplificato

In mancanza di uno specifico consenso dei creditori, da realizzarsi attraverso l’espressione del voto “informato” tipico del concordato preventivo, “il concordato semplificato è soggetto al rischio di utilizzi strumentali e potenzialmente distorti da parte del debitore, oltre che di un potenziale squilibrio tra le esigenze del debitore e aspettative dei creditori”[8].

Al fine di evitare il verificarsi di situazioni di abuso nell’utilizzo del concordato semplificato, il legislatore ha previsto alcune norme che fungono da deterrente all’utilizzo improprio dello strumento[9].

In primis è necessario, quale condizione di accesso, che l’esperto attesti che le trattative durante la composizione si siano svolte secondo regole di buona fede e correttezza[10].

Ci si domanda, sul punto, se la dichiarazione resa dall’esperto sia da considerarsi incontrovertibile oppure se, di fronte ad una dichiarazione negativa dell’esperto, il Tribunale possa comunque fissare l’udienza di omologazione, come recentemente indicato da autorevole dottrina[11]. In senso favorevole rispetto alla seconda soluzione la giurisprudenza si è pronunciata con un provvedimento[12], che ha dato luogo alla nomina dell’ausiliario e alla fissazione dell’udienza di omologazione pur in presenza del parere negativo dell’esperto per asserita mancanza di buona fede nelle precedenti trattative; parere motivatamente criticato nel ricorso del debitore. In tal modo è stata demandata al giudizio omologatorio del Tribunale ogni valutazione sul punto, onerando l’ausiliario di verificare nel proprio parere “se la condotta tenuta dalla società in sededi trattative sia stata o meno conforme a correttezza e buona fede”. Ferma dunque l’ultima parola da parte del Tribunale su questo aspetto e sugli altri indicati dall’art. 25-sexies, comma 5, CCII da pronunciarsi appunto in sede di omologazione.

Si ritiene che al Tribunale spetti una valutazione critica circa il contenuto della relazione dell’esperto anche quando, di converso, questi si pronunci positivamente in ordine alla sussistenza dei requisiti di buona fede e correttezza, ma il Tribunale, eventualmente all’esito della verifica condotta dall’ausiliario, giunga a conclusioni diverse.

In tal senso, correttamente in giurisprudenza si è statuito come[13] “… la buona fede non può che essere riferita alla completa e trasparente situazione patrimoniale, condizione indispensabile per consentire la partecipazione informata dei creditori alle trattative e l’adesione alle proposte formulate dal debitore nel percorso di negoziazione stragiudiziale”. Quindi, qualora il Tribunale, eventualmente sulla scorta della relazione dell’ausiliario, accerti la presenza di passività non dichiarate dal debitore durante la composizione, potrà disattendere le conclusioni a cui era giunto l’esperto dovendosi ritenere che “il controllo sul contenuto della relazione dell’esperto sulla correttezza e buona fede nella conduzione delle trattative, previsto dal comma 3 dell’art. 25 sexies CCII, non può non avere, nella successiva procedura di concordato semplificato, una valenza meramente estrinseca e burocratica, dovendo estendersi a tutte quelle risultanze processuali che possano disattendere le conclusioni pur raggiunte dal professionista circa il corretto svolgimento del percorso di composizione negoziata”.

Ai fini dell’accesso alla procedura di concordato semplificato l’esperto, oltre alla sussistenza dei requisiti di buona fede e correttezza, dovrà altresì dichiarare che all’esito delle trattative si siano rivelate non praticabili o una delle tre soluzioni alternative di cui all’art. 23, comma 1, CCII e quindi il contratto sottoscritto con i creditori, la convenzione di moratoria o l’accordo sottoscritto dall’esperto, o la soluzione di cui all’art. 23, comma 2, lett. bis), CCII e quindi l’accordo di ristrutturazione, anche nelle forme “agevolata” o “ad efficacia estesa”.

Risulterebbe pertanto inammissibile il ricorso al concordato semplificato qualora, in esito al relativo percorso, si palesi praticabile il ricorso all’accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR), con eventuale transazione fiscale, essendo l’istituto ex art. 25-sexies CCII utilizzabile solo in via residuale ove risultino impraticabili, non solo le soluzioni di cui art.23, comma 1, CCII, ma anche la soluzione dell’ADR di cui all’art.23, comma 2 lett. b), CCII.

Come precisato da arresto della giurisprudenza di merito[14]: “il concordato semplificato è, infatti, concepito dal legislatore alla stregua di extrema ratio, cuiaffidarsi in ipotesi in cui non sussista altro bivio operativo possibile e l’intera gamma degli strumenti di regolazione della crisi – tanto contrattuali, quanto concorsuali (differenti dal concordato) annoverati come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano indicati dall’esperto come impraticabili”.

Relativamente alla dichiarazione di impraticabilità che deve rendere l’esperto, non appare chiaro per quale ragione nell’incipit dell’art. 25-sexies, comma 1, CCII non sia ricompresa anche la prospettiva di soluzione di cui all’art. 23, comma 2, lett. a), ossia il piano attestato di risanamento di cui all’art. 56 CCII, atteso che nel CCII, tale soluzione costituisce un’alternativa negoziale, al pari dell’ADR, in caso di esito infruttuoso delle trattative nella composizione negoziata rispetto ad una delle soluzioni tra quelle di cui al primo comma dell’art. 23 CCII.

 

4. Le condizioni per l’omologa del concordato semplificato

Secondo il disposto dell’art. 25-sexies, comma 5, CCII, il Tribunale omologa il concordato semplificato quando, oltre alla regolarità del contraddittorio, accerta:

-           la fattibilità del piano di liquidazione;

-           con riguardo alle modalità distributive dell’attivo, il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione;

-           l’assenza di pregiudizialità in confronto all’alternativa della liquidazione giudiziale;

-           la previsione che venga assicurata un’utilità a ciascun creditore.

Affinché il Tribunale possa esprimersi positivamente nel giudizio di omologazione del concordato semplificato è dunque necessaria la coesistenza delle quattro condizioni sopra richiamate[15].

Nella costruzione del piano di concordato semplificato non sussiste alcun obbligo di classazione dei creditori secondo posizioni giuridiche e interessi economici omogenei, fermo restando che l’eventuale formazione di classi non sarà rilevante ai fini del voto.

 

5. La fattibilità del piano di liquidazione; 6. Il rispetto delle cause di prelazione

A differenza del concordato preventivo, non è contemplata l’attestazione sulla fattibilità del piano, ma vengono a supplire sul punto il ruolo dell’esperto e quello dell’ausiliario.

Rispetto alla valutazione di realizzabilità prevista ai fini dell’omologa del concordato preventivo in continuità, ove il piano non deve essere privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza (cfr. art. 112, comma 1, lett. f), CCII) o nel concordato preventivo liquidatorio, ove la fattibilità del piano è relegata ad una “non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati” (cfr. art. 112, comma 1, lett. g), CCII), nel concordato semplificato l’art. 25-sexies sembra configurare una valutazione di fattibilità più incisiva[16], in considerazione della circostanza che “il ceto creditorio non god(e) di spazi di interlocuzione col debitore di tipo negoziale (che si concretano nell’esercizio consapevole del voto), ma de(ve) necessariamente concentrare la propria tutela nel sindacato del Tribunale da un lato, e in quella giudiziale insita nell’esercizio del diritto di opposizione in fase di omologa dall’altro”, dovendosi ritenere che nel concordato semplificato, “quanto la proposta (ch)e il piano, già in sede di valutazione della ritualità, debbano essere connotate da requisiti minimi di linearità, certezza, esaustività ed oggettività”.

La verifica in ordine alla effettiva realizzabilità del piano viene rimessa al Tribunale, con il supporto in primis delle analisi condotte dall’esperto, il quale deve rilasciare, dopo la chiusura della CNC e su richiesta del Tribunale adito, il parere di cui all’articolo 25-sexies, comma 3, CCII in cui egli si pronuncia sui presumibili risultati della liquidazione e sulle garanzie offerte[17].

Oltre al parere dell’esperto, il Tribunale si baserà sugli esiti delle indagini affidate all’ausiliario, che dovrà vagliare più in generale la realizzabilità dell’intero piano, e quindi esprimere il proprio giudizio tecnico non solo relativamente alla fattibilità del piano, ma anche alla verifica del rispetto dell’ordine della cause di prelazione, alla circostanza che la proposta non arrechi pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e che essa assicuri un’utilità a ciascun creditore.

 

6. Il rispetto delle cause di prelazione

Per quanto concerne le regole distributive, il piano di soddisfazione dei creditori di matrice liquidatoria, derivante dal realizzo dell’attivo in termini atomistici ovvero aggregati, dovrà essere impostato garantendo l’ordine di prelazione spettante a ciascun creditore.

La regola distributiva sarà dunque quella della priorità assoluta (absolute priority rule - APR) che non consente la soddisfazione del creditore di grado successivo qualora non sia stato integralmente soddisfatto quello di grado precedente, ove tale regola si riferisce alle risorse finanziarie provenienti dal patrimonio assoggettato al concorso e non a quelle rivenienti da apporti di terzi estranei al patrimonio del debitore (la c.d. finanza esterna).[18]

Si tratta di un meccanismo di distribuzione analogo a quello previsto nel concordato preventivo liquidatorio, fermo restando però che nel concordato semplificato la proposta che viene formulata non deve assicurare né la percentuale minima del 20% dell’ammontare complessivo dei creditori chirografari - ab origine e di quelli privilegiati degradati per incapienza - né l’apporto aggiuntivo di risorse esterne di almeno il 10% rispetto all’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda, a differenza di quanto è invece stabilito nel concordato preventivo liquidatorio (art. 84, comma 4, CCII).

Non è quindi applicabile al concordato semplificato la regola della priorità relativa (relative priority rule – RPR), utilizzabile invece nel concordato preventivo in continuità (diretta od indiretta), secondo cui è possibile il pagamento di creditori di rango inferiore anche in assenza di pagamento integrale dei creditori di rango superiore, a condizione che detto pagamento sia di misura inferiore, e che il trattamento complessivo dei creditori appartenenti alle diverse classi rispetti comunque l’ordine delle prelazioni, ove tale regola nel concordato preventivo in continuità si applica con riferimento alle somme eccedenti il valore di liquidazione (p.e. i flussi derivanti dalla continuità o il maggior valore di realizzo di assets in ottica di continuità rispetto alla previsione liquidatoria).

Ergo, nel concordato semplificato il maggior valore derivante dalla continuità indiretta rispetto all’ipotesi liquidatoria deve seguire le regole distributive previste nel rispetto dell’ordine dei privilegi (APR), e tale previsione può rappresentare un limite nella predisposizione del piano e della conseguente formulazione della proposta ai creditori, soprattutto quando l’attivo disponibile risulta non capiente rispetto all’integrale soddisfazione del passivo privilegiato, il più delle volte gravato dai potenziali e rilevanti privilegi conseguenti all’escussione delle garanzie MCC e SACE da parte delle banche finanziatrici del medio-lungo.

In tal senso, in presenza di soluzioni della crisi che prevedano la continuità aziendale indiretta, appaiono più duttili, rispetto al concordato semplificato, altri strumenti di risoluzione della crisi, quali il concordato preventivo in continuità, in cui le regole distributive sono caratterizzate dalla applicazione mista della APR e della RPR, o il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, nel quale “la distribuzione del valore generato dal piano (avviene) in deroga sia agli articoli 2740 e 2741 c.c. sia alle disposizioni civilistiche e concorsuali che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione, a condizione che la proposta venga approvata all’unanimità da tutte le classi[19].

Nel concordato semplificato, qualora dalla comparazione tra l’attivo realizzabile dalla continuità (indiretta) e quello riveniente dalla liquidazione giudiziale emerga un “plusvalore” a favore della continuità (indiretta), non sarà possibile destinare detto plusvalore in violazione alle regole del concorso ed alla graduazione dei privilegi.

La comparazione “concordato semplificato vs liquidazione giudiziale” sarà finalizzata, come si dira infra, a verificare la sussistenza di una delle condizioni previste ai fini dell’omologa, ossia che la proposta formulata ai creditori nel concordato semplificato non sia meno vantaggiosa, ossia sia “almeno pari”, rispetto alla liquidazione giudiziale.

Secondo il prevalente orientamento della dottrina e della giurisprudenza[20] il piano proposto nel concordato non deve necessariamente prevedere l’integrale pagamento dei creditori privilegiati, ma ne può invece prevedere il pagamento solo parziale, attraverso la distribuzione dell’attivo assimilata all’esecuzione di un piano di riparto nella liquidazione giudiziale ex art. 221 CCII, ove ai creditori non si garantisce alcun adempimento, ma solo la distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni su cui insiste il loro privilegio, anche in termini di collocazione sussidiaria e di diritto al riconoscimento degli interessi, atteso il rinvio nel concordato semplificato all’art. 96 CCII e da questo all’art. 153 CCII, cosicché il corso degli interessi a favore dei chirografari sarà sospeso dopo la pubblicazione del ricorso.

Relativamente allo stralcio dei debiti, nel rispetto dell’ordine della graduazione dei privilegi, sarà possibile formulare una proposta di concordato semplificato che preveda lo stralcio dei debiti vs l’AdE, l’AdER e gli Enti previdenziali, in assenza della transazione fiscale e contributiva non applicabile all’istituto del concordato semplificato.

La giurisprudenza di merito, a quanto consta isolatamente, si è però espressa anche in senso contrario alla possibilità di soddisfare parzialmente i creditori privilegiati, e ciò in relazione all’assenza nel concordato semplificato di una normativa analoga all’art. 84, comma 5, CCII che consente la falcidia dei crediti prelatizi, ove tale apparente omissione del legislatore sarebbe giustificata dal fatto che anche nel concordato semplificato i crediti prelatizi, in particolare quelli privilegiati, compresi quelli dello Stato, debbano trovare necessariamente integrale soddisfazione nella proposta liquidatoria di cui all’art.25-sexies CCII[21].

 

7. L’assenza di pregiudizialità in confronto all’alternativa della liquidazione giudiziale

Un’ulteriore condizione prevista ai fini dell’omologa del concordato semplificato è rappresentata dall’assenza di pregiudizialità della proposta che viene formulata ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale; in questo senso sarà necessario svolgere un giudizio qualitativo e quantitativo prognostico circa l’esito del possibile riparto nell’ambito della liquidazione giudiziale (assumendo in sostanza la “casacca” del curatore) e confrontarlo con il contenuto della proposta formulata ai creditori nel concordato semplificato, tenendo conto delle diverse tempistiche di riparto (in ipotesi più accelerate nel concordato).

Se, all’esito di questa comparazione, la proposta di concordato sarà almeno equivalente per i creditori rispetto alla possibile soddisfazione in sede di liquidazione giudiziale allora il concordato potrà essere omologato, ferma la sussistenza delle altre condizioni.

Nella comparazione “liquidazione giudiziale vs concordato semplificato” dovranno essere considerati, a titolo esemplificativo e non esaustivo:

-           il possibile esito delle azioni revocatorie e di responsabilità esperibili dal curatore della liquidazione giudiziale - fermo restando che, con riferimento a queste ultime, anche la proposta di concordato semplificato può prevederne l’esperimento, con l’ulteriore precisazione che, stante il mancato richiamo nel concordato semplificato all’art. 115 CCII, che attribuisce al liquidatore giudiziale del concordato preventivo con cessione dei beni l’autonomo esercizio dell’azione sociale di responsabilità, qualora il piano di concordato semplificato la dovesse prevedere come posta dell’attivo sarà necessaria una specifica delibera dell’assemblea dei soci;

-           le diverse spese di procedura e di assistenza professionale per gli advisors, per l’ausiliario e per il liquidatore giudiziale, da un lato, e per il curatore, dall’altro;

-           il diverso e tendenzialmente minore valore di realizzo dei beni nella liquidazione giudiziale, in ottica spesso, ma non necessariamente, atomistica, rispetto a quello del concordato semplificato con continuità indiretta, in ottica aggregata, anche in considerazione dei tempi necessari per eseguire la cessione aziendale che possono essere più rapidi nel concordato rispetto alla liquidazione giudiziale, tempi che possono essere accelerati se la cessione aziendale viene effettuata dall’ausiliario ante omologa del concordato;

-           le eventuali spese di gestione interinale sostenute nell’ambito del concordato semplificato e finalizzate alla successiva cessione aziendale;

-           gli oneri eventualmente sostenuti per il riconoscimento di incentivi ai dipendenti nell’ambito di accordi sindacali connessi al trasferimento dell’azienda nel concordato semplificato;

-           le eventuali riduzioni del passivo nel concordato a seguito di accolli esdebitatori da parte della cessionaria (p.e. fornitori strategici, debiti verso dipendenti …);

-           la rimodulazione del passivo nel concordato a seguito di specifici accordi con MCC e SACE nell’ambito di un piano di concordato semplificato in cui la proposta sia più conveniente rispetto allo scenario alternativo della liquidazione giudiziale, con rinuncia da parte dei garanti ad esercitare il regresso nei confronti del debitore[22].

Il raffronto comparativo riguarda sia le prospettive di realizzo dell’attivo sia l’ammontare del passivo, nell’una e nell’altra procedura, senza trascurare il fattore tempo[23].

L’esito della comparazione non deve essere necessariamente favorevole all’ipotesi concordataria rispetto a quella derivante dalla liquidazione giudiziale, ma è sufficiente che essa non sia deteriore[24], potendosi accertare un trattamento quantomeno paritetico tra le due procedure.

Nella comparazione “concordato semplificato vs liquidazione giudiziale” si potrà valorizzare l’apporto di finanza da parte di terzi, estranea al patrimonio del debitore, ove la distribuzione della “nuova finanza” non sarà vincolata alle regole distributive di rispetto dell’ordine di graduazione dei privilegi[25], ma potrà essere liberamente destinata e sarà rivolta proprio ad assicurare una qualche utilità monetaria ai creditori rimasti insoddisfatti dal riparto dell’attivo riveniente dal patrimonio del debitore.[26]

Rispetto alla verifica comparativa, la previsione di apporto di “nuova finanza” nel concordato semplificato consentirà di introdurre una componente aggiuntiva a vantaggio dell’ipotesi concordataria, che potrà rendere la soluzione concordataria sempre più vantaggiosa (melius non deleteria) rispetto all’ipotesi di liquidazione giudiziale.

 

8. L’assicurazione di un’utilità a ciascun creditore: utilità monetarie e non monetarie

Parimenti dovrà però essere assicurata anche l’altra condizione, ossia quella secondo cui la proposta di concordato semplificato deve assicurare un’utilità a ciascun creditore, senza la specifica precisazione dell’art. 84, comma 3, CCII che richiede che le dette utilità siano specificatamente individuate ed economicamente valutabili.

Le utilità potranno avere natura strettamente monetaria, e quindi con pagamento in denaro, ovvero non monetaria.

Le utilità di natura monetaria a favore di tutti i creditori verrebbero assicurate quando dalle previsioni del piano emerga la concreta fattibilità di realizzare un attivo riveniente dal patrimonio del debitore che consenta il pagamento integrale delle spese di procedura, degli altri oneri prededucibili e dei creditori privilegiati, residuando un attivo disponibile per il pagamento quantomeno parziale dei creditori chirografari.

 

In ipotesi:

Attivo realizzabile dalla liquidazione concordataria    1.000

Prededucibili       100 soddisfatti al 100%                     100   

Residuo                                                                      900

Debiti privilegiati 700 soddisfatti al 100%                    700

Residuo da destinare ai chirografari                             200

Chirografari        2.000 soddisfatti al 10%                    200   

 

In tale ipotesi a tutti i creditori verrebbero attribuite utilità di natura monetaria integralmente rivenienti dal riparto dell’attivo realizzabile dal patrimonio del debitore.

Qualora però dal realizzo dell’attivo non fosse possibile l’integrale soddisfazione dei debiti di natura privilegiata, allora per assicurare un’utilità monetaria a tutti i creditori, e quindi anche ai chirografari ab origine ed a quelli divenuti tali per degrado dei privilegiati incapienti, si renderà necessario prevedere nel piano l’integrazione mediante l’apporto di “nuova finanza” di terzi, la cui destinazione non sarà soggetta al vincolo del rispetto dell’ordine di graduazione dei privilegi.

Riprendendo l’esempio numerico precedente, si potrà ipotizzare:

Attivo realizzabile dalla liquidazione concordataria    1.000

Prededucibili    100 soddisfatti al 100%                       100

Residuo                                                                      900

Dipend./profess./artig.   300soddisfatti al100%            300

Residuo                                                                      600

MCC/SACE                   800 soddisfatti al 75%             600   

Residuo                                                                          0

Nuova finanza                                                             200

Privilegiati degradati in chirografo:

INPS/ERARIO            300 soddisfatti al 20%                60     

Residuo MCC/SACE    200 soddisfatti al 10%                 20

Chirografari                  2.000 soddisfatti al 6%              120

 

Anche in tale ipotesi a tutti i creditori verrebbero attribuite utilità di natura monetaria rivenienti in parte dall’attivo realizzabile dal patrimonio del debitore (1.000), da destinarsi nel rispetto dell’ordine di graduazione dei privilegi, ed in parte da finanza di terzi (200), da destinarsi liberamente, sottraendosi alle regole del concorso.

Ecco che allora, nel caso in cui l’attivo concordatario riferibile al patrimonio del debitore non consenta l’integrale soddisfazione dei creditori privilegiati, diventerà determinante, ai fini dell’attribuzione di utilità monetarie a tutti i creditori, la previsione di apporto di “nuova finanza” da parte di terzi, che nella costruzione del piano concordatario diventa una sorta di “jolly” che scompiglia le regole di distribuzione del concorso consentendo di attribuire ai chirografari, ab origine e privilegiati degradati per incapienza, percentuali di soddisfazione, talvolta anche minimali.

In tal senso, se è vero il broccardo “(nova) pecunia non olet”, al tempo stesso particolare attenzione dovrà essere posta sull’effettiva natura esogena dell’apporto di terzi, con riguardo alla tipologia del finanziamento ed al soggetto finanziatore, ciò per evitare il verificarsi di situazioni di abuso nelle quali la finanza sia solo apparentemente proveniente dall’esterno rispetto al patrimonio del debitore e non ne sia del tutto neutra[27].

A titolo semplificativo, ad avviso di chi scrive, non potrà essere attribuita natura di “nuova finanza” al versamento di un importo di denaro da parte dell’amministratore a titolo transattivo rispetto alla promuovenda azione di responsabilità, trattandosi di attivo potenziale rientrante nel patrimonio del debitore, e neppure al finanziamento effettuato da un terzo, magari “vicino” al cessionario dell’azienda, qualora esso sia condizionato non solo all’omologa del concordato, ma anche all’acquisto dell’azienda, potendosi quantomeno sospettare che, di fatto, il finanziamento possa costituire una parte occulta di pagamento del prezzo di acquisto del compendio aziendale.

Con riferimento alle previsioni di utilizzo della “nuova finanza” finalizzata ad attribuire utilità monetarie a tutti i creditori, in giurisprudenza, si richiama il decreto del Tribunale di Lecce[28], in cui si prevede la possibilità di falcidia dei crediti fiscali e previdenziali per incapienza dell’attivo, nell’ambito di un piano che contempla l’apporto di finanza esterna per Euro 950.000, come scenario alternativo a breve termine, e la suddivisione dei creditori in classi con le seguenti percentuali, nell’ipotesi di versamento della “nuova finanza” in unica soluzione: (i) credito previdenziale degradato al 6%, (ii) credito erariale degradato al 5%, (iii) fornitori, istituti bancari e finanziari e altri creditori, per i quali il soddisfacimento proposto prevede il pagamento pari a 1,66% del credito nell’ipotesi di durata quinquennale e 0,77% nell’ipotesi di chiusura anticipata della procedura, (iv) (quest’ultima per i canoni di affitto non richiesti) non otterranno nulla per esplicata proposta e adesione.

Ed ancora Tribunale di Udine[29], nell’ambito di un concordato semplificato che prevede l’apporto di “nuova finanza” da parte dei soci per Euro 900.000 su un conto fiduciario, vincolato in favore della società debitrice, per il caso di omologazione, con la previsione di due scenari, uno base (worst), senza cessione d’azienda, ed uno migliorativo (best) con cessione d’azienda, in cui si ha la valorizzazione dei complessi aziendali della società mediante continuità indiretta e, soprattutto, si assume una riduzione del passivo riconducibile al raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali. Nello scenario base la previsione di pagamento a favore dei creditori, suddivisi in 8 classi, Classe 1, inerente ai creditori privilegiati ex art. 2751-bis, comma 1, n. 1, c.c. (dipendenti), con previsione di pagamento in una percentuale del 100%; (b) Classe 2, inerente ai creditori privilegiati ex art. 2751-bis, comma 1, c.c., con previsione di pagamento in una percentuale minima del 6%; (c) Classe 3, inerente al solo creditore X, con previsione di pagamento in una percentuale minima del 5%; (d) Classe 4, inerente ai creditori privilegiati ex art. 2753 c.c. (enti previdenziali ed assistenziali), con previsione di pagamento in una percentuale minima del 4%; (e) Classe 5, inerente ai creditori privilegiati ex art. 2752 c.c. (erario), con previsione di pagamento in una percentuale del minima 4%; (f) Classe 6 e 7, inerenti, rispettivamente, ai creditori privilegiati degradati al chirografo e ai creditori chirografari ab origine, con previsione di pagamento in una percentuale minima del 3,07%; (g) Classe 8, postergati, nessun pagamento. Nello scenario migliorativo, le percentuali offerte, ferme quelle delle Classi 1 e 8, migliorano fino ad attribuire la percentuale massima del 10,54% a favore dei creditori privilegiati degradati al chirografo e ai creditori chirografari ab origine.

Infine, si richiama il già citato provvedimento del Tribunale di Treviso[30], che statuisce l’omologa del concordato semplificato in cui l’apporto di “nuova finanza” è pari ad appena Euro 30.000, a fronte di un attivo concordatario di Euro 13.133.707, rispetto a quello derivante dalla liquidazione di Euro 11.556.542, con un differenziale positivo a favore del concordato di Euro 1.577.165. Considerato che l’importo di Euro 13.133.707 non avrebbe consentito l’integrale pagamento di tutti i creditori privilegiati, arrivando a pagare la % del 55,59 del credito SACE-MCC (priv. ex art. 9, co. 5, D.lgs. n. 123/1998), il piano di concordato prevede a beneficio dei chirografari ab origine e dei privilegiati degradati il solo apporto di finanza esterna per Euro 30.000, che si traduce in una percentuale di soddisfazione pari allo 0,048%, mentre agli altri creditori è destinato l’importo di Euro 33.731.154, di cui Euro 15.400.641 a favore dei prededucibili (compresa la quota di Euro 18.460.513 a favore dei privilegiati non degradati). Sul punto il Tribunale trevigiano precisa come l’apporto di Euro 30.000, che nella fattispecie proviene dal coniuge del Presidente e madre dei Soci della società debitrice, quale finanza esterna che non incide sul passivo in senso incrementativo - qualificazione peraltro ammessa dalla stessa -, non incontra i limiti degli artt. 2740 e 2741 c.c. che hanno ad oggetto i “beni del debitore”. Si tratta, quindi, di attivo che non fa parte del patrimonio sociale ed è, come tale, liberamente distribuibile senza il rispetto della absolute priority rule (cfr. Cass. nr. 9373/2012).

Ora è anche interessante verificare come, nelle tre diverse situazioni sopra rappresentate, il rapporto tra la “nuova finanza” (non soggetta alle regole distributive del concorso) e l’attivo riveniente dal debitore (soggetto alle regole distributive del concorso) sia del tutto eterogeneo e squilibrato:

Attivo concordatario         Nuova Finanza                Rapporto

                                            (a)                    (b)              (b)/(a)

Lecce                                110.000           950.000          8,636

Udine (scenario base)        99.396            900.000           9,054

Treviso                               13.133.707      30.000            0,002

 

9. L’attribuzione della percentuale irrisoria

Prendendo spunto dal contenuto del provvedimento trevigiano, viene da ultimo affrontata la questione della percentuale irrisoria attribuita ai creditori, valutazione che il Tribunale risolve in termini positivi supportando la possibilità di attribuire percentuali monetarie anche irrisorie, nell’ambito di una proposta che offra ulteriori utilità ai creditori diverse rispetto al pagamento in denaro (i c.d. vantaggi compensativi).

Nel decreto del Tribunale di Treviso si afferma: “È pacifico che la percentuale di soddisfazione dei chirografari ad origine e dei privilegiati degradati sia davvero minimale, sostanzialmente irrisoria, ma i vantaggi compensativi per i creditori derivanti dalla continuità indiretta, possibile anche con il concordato semplificato avente natura liquidatoria, consentono di superare il vaglio di convenienza che deve operare il Tribunale nell’ambito di un concordato senza diritto di voto”.

Tra i vantaggi compensativi viene rappresentato come la procedura di concordato semplificato sia in grado di esprimere un vantaggio qualitativo per i creditori per la maggiore rapidità procedurale e di riparto e che, laddove essa preveda la continuità indiretta, sussistano anche vantaggi non direttamente computabili monetariamente, quali la continuità dei rapporti di lavoro e/o la continuazione o rinnovazione dei rapporti commerciali (ad esempio con i fornitori strategici ed agenti).

La presenza quindi di vantaggi compensativi sembra dunque legittimare la previsione di una percentuale monetaria irrisoria (prossima allo “zero”) per la soddisfazione di creditori chirografari ab origine e di creditori privilegiati degradati per incapienza (compresi tra questi l’Erario e gli Istituti previdenziali).

Anche in dottrina si è sostenuta la possibilità che, non esistendo la necessità di assicurare ai chirografari il pagamento del 20%, nel concordato semplificato il debitore può promettere qualsiasi percentuale, anche irrisoria, se i beni ceduti non consentono di meglio e, quindi, anche l’utilità per i creditori non può che essere parametrata su queste unità di misura, ritenendo che anche “il beneficio immediato degli scarichi fiscali a fronte della dimostrata insoddisfazione del credito, diventa una utilità vantaggiosa”[31].

Rispetto alla utilità derivante dai c.d. “scarichi fiscali”, si osserva però come rispetto ad una proposta di concordato semplificato che prospettava quale fattore di utilità per i creditori la possibilità di emettere all’omologa la nota di variazione dell’IVA ex art. 26 DPR n. 633/72, è stato precisato come i creditori possano recuperare l’IVA sui crediti anche quando il debitore viene sottoposto alla liquidazione giudiziale; non è quindi possibile ravvisare in tale elemento un fattore di utilità che integri la prescrizione normativa dell’art.25-sexies, comma 5, CCII, secondo la quale la proposta di concordato semplificato non deve arrecare pregiudizio ai creditori rispetto alla liquidazione giudiziale e deve comunque assicurare un’utilità a ciascuno di loro[32].

 

10. Conclusioni

Il debitore ha la possibilità di risolvere la propria crisi irreversibile (melius insolvenza) al termine dell’infruttuoso percorso della composizione negoziata, accedendo al concordato semplificato e veicolando, in questo ambito, l’azienda a terzi (il più delle volte in una newco), senza una vera e propria procedura competitiva ed offrendo ai creditori percentuali anche irrisorie (anche dello “zero virgola zero n”), nello spirito della speditezza e flessibilità della procedura ed in assenza di una qualche interlocuzione con i creditori, a cui è offerta, come unica possibilità di dissenso, l’opposizione all’omologa.

Ci si deve domandare se le percentuali offerte ai creditori prossime allo “zero” costituiscano effettive utilità monetarie e se i vantaggi compensativi rappresentati, quali ad esempio la continuità dei rapporti di fornitura correlati al trasferimento aziendale, non siano però ad appannaggio solo di alcuni creditori, quali quelli strategici, e non di tutti; in questi termini non sembra potersi attribuire alcuna utilità, né monetaria né tanto meno non monetaria, ai creditori della bad company, i cui rapporti di fornitura/commerciali non siano proseguiti in capo alla newco, a cui viene offerta una soddisfazione con una percentuale irrisoria, che forse sarebbe più corretto definire infinitesimale.

La proposta di concordato semplificato che preveda la soddisfazione dei creditori con percentuali di pagamento di misura microscopica, in assenza di reali e diffusi vantaggi compensativi, non sembra soddisfare appieno, secondo l’opinione di chi scrive, uno dei requisiti previsti per l’omologa, ossia quello di assicurare una qualche utilità a ciascun creditore.

Al fine di evitare l’abuso dello strumento, in assenza del voto dei creditori, non potrà che spettare al Tribunale, in via rafforzata, con il supporto dell’ausiliario, in fase di valutazione di ammissibilità/ritualità o eventualmente nel giudizio omologatorio, la verifica della sussistenza dei requisiti della buona fede e correttezza delle trattative durante la composizione negoziata, tenendo conto delle valutazioni dell’esperto, nonché il puntuale e rigoroso accertamento (i) della concreta fattibilità economica e giuridica del piano, anche in termini di tempistiche e di garanzie, (ii) del rispetto delle regole del concorso nella distribuzione dell’attivo, anche con riguardo alle reale natura esogena della “nuova finanza”, (iii) della assenza di pregiudizialità della proposta concordataria rispetto alla liquidazione giudiziale ed infine (iv) della previsione che a ciascun creditore venga assicurata una reale utilità, sia essa di natura monetaria o non.

 



[1] Su questo istituto cfr., tra i primi saggi, S. Ambrosini, Il concordato semplificato: primi appunti, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 23 settembre 2021; G. D'Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Fall., 2021, 1603 ss.; G. Bozza, Il concordato semplificato, in S. Ambrosini (a cura di), Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, Bologna, 2022, 307 ss.; più di recente, F.P. Censoni, Il concordato «semplificato»: un istituto enigmatico, in Giur. comm., 2023, I, 187 ss.; S. Pacchi, Il concordato semplificato: un epilogo ragionevole della composizione negoziata, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 23 ottobre 2023 e C. Esposito, Il concordato semplificato, Milano, 2023.

[2] Trib. di Milano, 16 settembre 2022, con nota a commento a cura di G. Carmellino, Prove di concorsualità per il concordato semplificato, in Il Fall., 2023, 699 ss. In dottrina, S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 27 ottobre 2023, 4, che parla di “di un istituto senz’altro autonomo rispetto al concordato preventivo, come messo in luce fin dai primi commenti, a dispetto dell’erronea indicazione – peraltro nient’affatto vincolante sul piano ermeneutico – contenuta nella predetta Relazione illustrativa. Istituto, quello del concordato semplificato, riconducibile tanto al novero delle procedure concorsuali quanto a quello degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, con la precisazione che relativamente a questi ultimi occorre sostituire il verbo “possono” di cui all’art. 2, lett. m bis), con “devono” prima dell’espressione “essere preceduti dalla composizione negoziata”

[3] Dal sito unioncamere.gov.it: Unioncamere fa il punto sulla composizione negoziata della crisi d’impresa: online la quarta edizione dell’Osservatorio (dati aggiornati al 16 novembre 2023); dal quotidiano Italia Oggi si segnala l’articolo “A quota 110 le imprese risanate” del 26 gennaio 2024 a cura di M. Pollio e A. Sica con l’aggiornamento dei dati Unioncamere sulla CNC al 15.01.2024.

[4] Cfr. S. Pacchi, Il concordato semplificato: un epilogo ragionevole della composizione negoziata, cit., 11, che sul punto afferma: “La natura liquidativa plasma lo strumento. Il piano può avere contenuto soltanto liquidatorio, il che non esclude, come in ogni concordato liquidatorio, la possibilità di una cessione unitaria dell'azienda o di un ramo della stessa anche basata su un'offerta precostituita punto la vendita unitaria dell'azienda costituisce una modalità per un maggior ricavo e quindi un miglior soddisfacimento dei creditori rispetto ad una vendita atomistica consentendo allo stesso tempo la permanenza sul mercato del complesso aziendale”.

[5] Nello stesso test pratico di cui al D.M. 21 marzo 2023 Dipartimento Affari Giustizia per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento è indicato che “se la continuità aziendale può essere perseguita in via indiretta occorre stimare le risorse realizzabili attraverso la cessione dell’azienda o di rami di essa con il debito che deve essere servito per comprendere la praticabilità del risanamento”.

[6] Si riporta a titolo esemplificativo il contenuto di un avviso pubblicato su astetribunali24.il sole24ore.com, dall’ausiliario del concordato semplificato di gruppo delle società Alfa e Gamma per la ricerca di offerte concorrenti del seguente contenuto: “Concordato semplificato n. r.g. ../… – Tribunale di Bergamo Categoria: Cessione di azienda Tribunale: Data: … Tribunale di Bergamo concordato semplificato di gruppo n. r.g. n. xy ricerca di offerte concorrenti l’ausiliario del Giudice… sollecita la presentazione di offerte concorrenti e comparabili a quella già a mani della procedura, da inviare entro il … alla pec sopra indicata, per il LOTTO UNICO costituito dall’azienda esercente l’attività di albergo-motel corrente in … costituita da immobile arredato e destinato all’attività di motel con 35 camere e altri servizi e dai dipendenti in forza alla data di stipula dell’atto di trasferimento. L’offerta a mani della procedura ammonta ad euro 600.000,00 per i beni mobili e immobili e prevede l’accollo liberatorio del TFR dovuto alle maestranze in forza al momento dell’atto di trasferimento ed allo stato quantificato indicativamente in euro 118.000,00 (al 30/09/2022) e la conservazione del posto di lavoro delle maestranze in forza al momento del trasferimento per un triennio. Il tutto come meglio dettagliato nei documenti a mani dell’ausiliario che verranno messi a disposizione previa sottoscrizione di accordo di riservatezza”.

[7] In senso contrario sulla possibilità di esperire una procedura competitiva nella fase antecedente all’omologa G. Bozza, Il ruolo del Giudice nel concordato semplificato, in S. Ambrosini (a cura di), Assetti aziendali, crisi d’impresa e responsabilità della banca, Pisa, 2023, 208: “E’ chiaro che la verifica dell’assenza di migliori condizioni sul mercato, che può essere constatata attraverso qualsiasi mezzo, è cosa ben diversa dall’apertura di una procedura competitiva con le forme di cui all’art. 91; peraltro, le modalità del procedimento competitivo esposte da tale norma, con le connesse forme di pubblicità, il meccanismo per la scelta dell’offerta migliore e la possibilità di una gara tra più offerte migliorative sono chiaramente incompatibili con la semplificazione del rito del nuovo strumento concordatario nel periodo che precede l’omologa, ove l’unica garanzia è offerta dall’autorizzazione del tribunale che, tuttavia, come si vedrà meglio in prosieguo, non gode in questa fase di particolari poteri di indagini e, quindi, il vero arbitro diventa l’ausiliario che esprime il giudizio sulla mancanza di soluzioni migliori sul mercato”.

[8] T. Senni, Il concordato liquidatorio semplificato e le sue insidie: la pronuncia del tribunale di Como del 27 ottobre 2022. Riflessioni sull’approccio del creditore bancario, in Diritto della Crisi, 5 gennaio 2023, 4.

[9] C. Esposito, Il Concordato semplificato, cit., XVII“La costruzione normativa del concordato semplificato ed i vantaggi che questo reca in termini di autonomia, sottendono, al tempo stesso, il pericolo di abusi. Il rischio è che il concordato semplificato sia abusato quale “refugium peccatorum” rispetto a situazioni di insolvenza irreversibile, frutto della degenerazione della crisi affatto curata. Giacché l’imprenditore -in palese violazione dell’art. 2086 c.c. – lasci degenerare la propria condizione di disfunzione in modo che la stessa passi da crisi ad insolvenza irreversibile, accedendo solo allora (e tardivamente) alla composizione negoziata e quindi al concordato semplificato, pretendendo di avvalersi di un modello agevolato rispetto ai limiti dettati dal concordato preventivo liquidatorio ed alle conseguenze della liquidazione giudiziale.

In questa prospettiva, deve ritenersi allora che il legislatore abbia sviluppato degli antidoti antiabuso, valorizzando il tema della buona fede e correttezza nelle trattative”. A sostegno del possibile abuso strumentale del CS, ci si permette di citare R. Bonivento, Gli advisor di fronte alla scelta dello strumento di soluzione della crisi: opportunità e criticità, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 15 febbraio 2023, 3, secondo cui: “Costituirebbe pertanto un abusivo utilizzo dello strumento l’accesso alla composizione negoziata da parte di un imprenditore insolvente senza il supporto di un progetto di piano che ne consenta un effettivo risanamento ed effettuato al solo scopo di poter evitare la liquidazione giudiziale cercando di atterrare in una procedura più “comoda” e meno invasiva, quale può essere appunto il concordato semplificato”.

[10] Trib. Firenze, 31 agosto 2022, in Diritto della Crisi; Trib. Vicenza, 09-23 novembre 2023, inedito

[11] Sull’argomento S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, in  ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 27 ottobre 2023, 13, secondo cui “Il parere contenuto nella relazione dell’esperto, poi, non è – né può considerarsi – vincolante, essendo notoriamente tassative le ipotesi di pareri e relazioni definite espressamente tali, peraltro relativi a organi della liquidazione giudiziale (tipicamente, quelli del comitato dei creditori ex artt. 211, c. 5, e 241, c. 2), le cui valutazioni sono dotate, nei suddetti casi eccezionali, di un “peso” comprensibilmente diverso, oltre a provenire dall’organo che “rappresenta” il ceto creditorio: funzione del tutto aliena da quelle proprie dell’esperto. Se così non fosse, del resto, la (pretesa ma insussistente) valenza ostativa del “giudizio” dell’esperto comporterebbe una inaccettabile “delega in bianco” dell’attività giurisdizionale a un soggetto che alla giurisdizione è estraneo; il che appare vieppiù inconcepibile ove si consideri che tale relazione non è in alcun modo impugnabile”. In tal senso: G. Bozza, Il ruolo del Giudice nel concordato semplificato, cit., 219: “Non si può certo pretendere un controllo più incisivo proprio nel concordato semplificato, che manca di una fase di ammissione come quella regolamentata dall’art. 47, per cui appare chiaro che il tribunale, proprio perché non è tenuto nella fase iniziale a valutare nel merito la relazione e il parere dell’esperto, possa, anche in presenza di un giudizio negativo di questi, comunque disporre la nomina dell’ausiliario e fissare l’udienza di omologazione, nella quale concentrare l’accertamento anche della meritevolezza e della fattibilità, nel contraddittorio anche con il debitore, salvo che non emerga la manifesta irragionevolezza delle argomentazioni dell’esperto”. Ed ancora, nella prospettiva riformatrice del “correttivo”, S. Ambrosini, Qualche riflessione intorno al redigendo decreto correttivo: appunti in ordine sparso, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 16 gennaio 2024, 4. Sempre sull’argomento, per una soluzione intermedia, si cita A. Rossi, L’apertura del concordato semplificato, in Diritto della Crisi, 18 marzo 2022, 17: “si proporrà, quanto al concordato semplificato, il dubbio se il tribunale possa mettere in discussione il giudizio espresso dall’esperto nella propria relazione finale circa lo svolgimento delle trattative “secondo correttezza e buona fede”. Il dubbio mi sembra rilevante, perché è evidente che il debitore presenterà al tribunale domanda di omologazione del concordato solo se la relazione finale dell’esperto – con ogni probabilità già allegata al ricorso, anche se a stretto rigore non richiesta – esprima un giudizio positivo sul comportamento tenuto dall’imprenditore nel corso del tentativo di composizione negoziata, ma occorre comprendere se e quanto il tribunale sia vincolato al giudizio colà espresso. Mi sembra di dover escludere le soluzioni interpretative estreme: sia quella per cui il tribunale non possa che assumere a “prova legale” della condizione legittimante la relazione finale dell’esperto, sia quella per cui il tribunale consideri detta relazione finale un orpello necessario ma del tutto insufficiente al fine della qualificazione del comportamento dell’imprenditore istante, che dunque dovrebbe essere rinnovata ab ovo nel corso della procedura di concordato semplificato. Nel mezzo, si può sostenere che la relazione finale faccia fede circa il comportamento dell’imprenditore nel corso delle trattative se ed in quanto sia completa, razionale (non immune da vizi logici), intrinsecamente coerente, comprensibile”.

[12] Trib. Vicenza, 20 ottobre 2023, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 17 novembre 2023.

[13] Trib. Avellino, 3 ottobre 2023, in ilcaso.it, 1° febbraio 2024.

[14] Trib. Bergamo, 23 settembre 2022, in Diritto della Crisi

[15] G. Bozza, Il ruolo del Giudice nel concordato semplificato, cit.206: “Il contenuto della proposta del concordato in esame è improntato, quindi, alla massima flessibilità, in cui gli unici criteri da seguire sembrano essere quelli che individuano l’oggetto del giudizio di omologazione e, quindi, rispettare l’ordine delle cause di prelazione in applicazione della regola della priorità assoluta, proporre un piano che possa superare il vaglio della fattibilità giuridica ed economica in forza del quale i creditori non vengano a percepire meno di quanto potrebbero ottenere in caso di apertura della liquidazione giudiziale e prospettare le utilità, non necessariamente in denaro, per ciascun creditore”.

[16] Trib. Milano, 09.01.2024, in ilcaso.it, 16 gennaio 2024, secondo cui “Deve infatti affermarsi … che l’apparato informativo offerto dal debitore debba essere completo ed esaustivo, e soprattutto che i termini della proposta devono essere chiari e privi di qualsiasi elemento di incertezza o di ambiguità, pena l’irritualità della proposta e del piano.

Proprio il fatto che il ceto creditorio non goda di spazi di interlocuzione col debitore di tipo negoziale (che si concretano nell’esercizio consapevole del voto), ma debba necessariamente concentrare la propria tutela nel sindacato del Tribunale da un lato, e in quella giudiziale insita nell’esercizio del diritto di opposizione in fase di omologa dall’altro, concentra ed enfatizza l’esigenza che quanto la proposta (ch)e il piano, già in sede di valutazione della ritualità, debbano essere connotate da requisiti minimi di linearità, certezza, esaustività ed oggettività”.  

[17] Secondo il punto 13.1 del protocollo sulla composizione negoziata di cui al D.M. 21.03.2023 “quando in qualunque momento risulti utile per le trattative, è opportuno che l’esperto proceda alla stima delle risorse derivanti dalla liquidazione dell’intero patrimonio o di parti di esso o, ove siano richieste competenze diverse dalle proprie, che proponga alle parti la nomina congiunta di un soggetto di fiducia di tutte, che proceda alle valutazioni necessarie, con costi ripartite tra di esse. La stima consente alle parti con le quali sono in essere le trattative di valutare le utilità che deriverebbero dalla liquidazione, nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione, sulla base dell’elenco dei creditori depositato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, lettera c), del Codice della crisi d’impresa e potranno essere utili ai fini del parere previsto nell’ambito della eventuale procedura di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”.

[18] Sul punto cfr. G. Bozza, Il concordato semplificato, in S. Ambrosini (a cura di), Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, cit., 405: “L’ulteriore controllo riguarda il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione. Il principio della graduazione delle cause di prelazione, sul cui significato la giurisprudenza di merito si era divisa, è stato convincentemente interpretato di recente dalla Suprema Corte nel senso che esso impone l'integrale pagamento del credito di rango superiore prima di soddisfare quello di grado inferiore e non nel senso che sia ammessa la falcidia del credito  di grado poziore e il pagamento parziale del credito di rango più basso, a condizione che al primo sia assicurato un trattamento più favorevole rispetto a quello riservato al secondo; pertanto, anche il concordato semplificato per ottenere l’omologazione deve prevedere la soddisfazione dei creditori di rango successivo solo dopo che siano stati integralmente soddisfatti quelli di rango precedente (salvo che siano utilizzate risorse esterne), da cui l’ulteriore conseguenza che i creditori chirografari non possono ottenere l’adempimento, neanche parzialmente, della propria obbligazione se il presumibile valore di realizzo dei beni su cui insistono i diritti di prelazione non consenta di soddisfare questi ultimi”.

[19] Cfr. S. Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in Diritto della Crisi, 9 novembre 2021, 18, secondo cui: “Le regole che valgono per l'imprenditore inadempiente sottoposto a liquidazione non subiscono in costanza di concordato oscillazioni di sorta.

Il debitore risponde nei confronti dei suoi debitori secondo il modello dell’art. 2740 c.c. e scatta ex art. 2741 c.c. il cui meccanismo s’incentra sull’eguale diritto di tutti i creditori a soddisfarsi sui beni del debitore comune, salve le cause di prelazione, che derogano al principio della soddisfazione paritaria.

Il concordato è uno strumento di attuazione dalla garanzia patrimoniale rappresentata dalla prima delle due norme e realizza coattivamente quella garanzia rispettando, sul piano della soddisfazione dei creditori, l’ordine a quel punto ineludibile delle prelazioni. Pertanto, ciò che attiene al patrimonio del debitore va necessariamente attribuito secondo detto ordine, con soddisfazione integrale del prelatizio di maggior grado prima che quello di grado inferiore possa essere gratificato anche solo percentualmente; i chirografari devono, inoltre, trovare soddisfazione integrale prima che i creditori postergati possano, anche solo parzialmente, essere soddisfatti a loro volta”.

[20] Tra gli altri G. Bozza, Il concordato semplificato, in S. Ambrosini (a cura di), Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, cit., 402; in giurisprudenza Trib. Lecce, 30 ottobre 2023, in Diritto della Crisi.

[21] Trib. Udine, 30 novembre 2023, in Diritto della Crisi.

[22] Si riporta a tale proposito quanto rappresentato nell’ambito del piano di concordato semplificato della società X: “Al fine di assicurare un’utilità e la miglior soddisfazione a ciascun creditore, il Piano prevede la conclusione di un “patto paraconcordatario” tra la Società debitrice e gli Istituti di credito beneficiari delle garanzie statali, inseriti in un’apposita classe. Il suddetto patto paraconcordatario prevede tra l’altro, in conformità alle Disposizioni Operative del Fondo di Garanzia, un accordo transattivo tra le banche beneficiarie della garanzia statale da un lato e il Medio Credito Centrale dall’altro. Tale Accordo Transattivo, subordinato all’omologa del concordato semplificato qui proposto, consentirebbealle banche di essere soddisfatte quanto al 50% dei loro crediti a medio lungo termine garantiti da MCC direttamente dalla società X e, quanto al residuo, dal Fondo di Garanzia nei limiti percentuali della garanzia statale, con rinuncia del Medio Credito al diritto di regresso nei confronti della Società debitrice. Detto Accordo Transattivo consentirebbe, grazie alle risorse finanziarie rivenienti dalla cessione del Ramo d’azienda, di garantire nel breve termine una parziale, ma significativa soddisfazione dei crediti vantati dagli Istituti di credito (i quali verrebbero soddisfatti in percentuale anche sulle altre linee di credito non garantite) e, più in generale, di tutti i creditori, in misura sensibilmente superiore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.

[23] Cfr. S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in Diritto della Crisi,19 maggio 2023, 23 e 24: “Nel raffronto comparativo fra concordato semplificato e liquidazione giudiziale, il giudice deve valutare la possibilità che l'attivo ottenibile nell’alveo di quest’ultima sorpassi quello attualmente disponibile o che, perlomeno, il passivo della procedura maggiore sia più ridotto del fabbisogno concordatario. Per quanto non sia agevole occorre preventivare quali azioni revocatorie o di responsabilità nel contesto liquidatorio giudiziale possano cogliere nel segno a livello di esito finale. La valutazione è articolata e non va divisa dalla necessità di computare in prognosi anche tutti gli oneri connessi alla successiva liquidazione giudiziale, ad onta della più rapida e meno dispendiosa cornice concordataria. Alla procedura maggiore può accompagnarsi l’apprensione alla massa di beni ulteriori rispetto a quelli concordatariamente disponibili, ma essa, al pari del fallimento di cui riprende l’archetipo, è in sé, quasi sempre, un fenomeno disgregativo del compendio aziendale, perché il fattore tempo non aiuta la salvaguardia dell’universitas rerum, ma ne frantuma gli elementi, ne fa evaporare gli intangibles. La valutazione dovrà naturalmente tener conto anche delle modalità e delle tempistiche del soddisfacimento offerto ai creditori”.

[24] Tribunale di Treviso, Sez. II civ., 03 ottobre 2023 (data della pronuncia) in ilcaso.it, 26 ottobre 2023: “La proposta di concordato, secondo il chiaro disposto della norma, deve quanto meno assicurare il raggiungimento di un risultato di equivalenza rispetto alle aspettative di soddisfo ritraibili dalla liquidazione giudiziale. La più autorevole dottrina concorda sul rilievo che nella comparazione con lo scenario fallimentare/liquidazione giudiziale, il concordato semplificato non deve portare un danno per i creditori, ai quali deve essere garantito un trattamento economico per lo meno paritetico a quello di una liquidazione concorsuale. In altre parole, non è necessario che il concordato semplificato comporti un quid pluris ma solo che non vi sia per i creditori un livello di soddisfazione inferiore a quello ricavabile dalla liquidazione giudiziale, quale soglia minima. La norma è dettata da un evidente favor per la soluzione concordataria, se pur in una prospettiva liquidatoria e in ipotesi di equivalenza dei risultati economico-finanziari netti delle due procedure, perché il concordato semplificato può esprimere un vantaggio qualitativo per i creditori in termini di maggiore rapidità procedurale e di riparto”.

[25] Cass., Sez. I,13 febbraio 2018, n. 10292, depositata in data 27 aprile 2018.

[26] Cfr. S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in Diritto della Crisi,19 maggio 2023, che così afferma: “Indubbiamente, costituisce un valore aggiunto rispetto al perimetro liquidatorio la finanza esterna subordinata all’ottenimento dell’omologa, la cui misura confluisce nel calcolo utile al raffronto ipotetico fra concordato e liquidazione giudiziale. In questa prospettiva, è stato omologato un concordato semplificato la cui proposta si è incentrata sull’apporto di finanza esterna garantita attraverso un deposito fiduciario vincolato in favore dei creditori, condizionato all’omologa e rimesso alla custodia ed amministrazione di un notaio”.

[27] Al riguardo si richiamano gli insegnamenti della Suprema Cassazione Civile, Sez. I, 8 giugno 2012, n. 9373 in unjiuris.it, 3 settembre 2012, secondo cui nell’ambito della valutazione della natura della nuova finanza nell’ambito di un concordato preventivo: “Resta l'argomento che il terzo finanziatore può intervenire con mezzi propri a pagare i debiti del fallito senza dover sottostare alle regole del concorso. Ma ciò è vero alla condizione che l'intervento non comporti alcuna variazione dello stato patrimoniale del debitore, né all'attivo - giacché in tal caso i creditori non potrebbero essere privati dei diritti che in base alla legge essi vantano sul patrimonio del debitore - e neppure al passivo, con la creazione di poste passive per il rimborso del finanziamento, sia pure postergato e con esclusione del voto”.

[28] Tribunale di Lecce, 30 ottobre 2023, in Diritto della Crisi: “Il Tribunale, verificate le altre condizioni di legge, può omologare una proposta di concordato semplificato che prevede (i) la cessione dell’azienda (o di un ramo di essa) ad un terzo già individuato, fermo restando la facoltà del nominando liquidatore giudiziale di proporre le opportune procedure competitive per assicurare la trasparenza e in ossequio al principio di competitività; (ii) un pagamento soltanto parziale dei debiti, degradati al chirografo per incapienza di attivo, di natura previdenziale (proposta del 6%) ed erariale (proposta del 5%).

Il piano liquidatorio della Società, inizialmente, prevedeva l’apporto di terzi, per euro 1.000.000,00 in uno scenario di rientro della debitoria a 5 anni ed euro 950.000,00 in uno scenario di rientro in 12 mesi, a cui si aggiunge l’attivo di che – alla luce degli importi svalutati in via cautelare – ammonta ad euro 110.000,00. 2.2. Nelle more del procedimento, mediante apposito deposito fiduciario presso uno studio notarile degli assegni circolari non trasferibili (cfr. all. in atti), la società ha precisato di optare per la seconda soluzione, in ragione delle somme messe a disposizione immediatamente dal terzo, necessarie per i pagamenti indicati nella proposta, a condizione che l’omologa avvenga entro il 31.12.2023. I chirografari sono stati suddivisi in quattro classi con le seguenti percentuali, nell’ipotesi di versamento da parte di in unica soluzione: (i) credito previdenziale degradato al 6%, (ii) credito erariale degradato al 5%, (iii) fornitori, istituti bancari e finanziari e altri creditori, per i quali il soddisfacimento proposto prevede il pagamento pari a 1,66% del credito nell’ipotesi di durata quinquennale e 0,77% nell’ipotesi di chiusura anticipata della procedura, (iv) (quest’ultima per i canoni di affitto non richiesti) non otterranno nulla per esplicata proposta e adesione”.

[29] Tribunale di Udine, 24 gennaio 2023, in ilcaso.it, 7 febbraio 2023, con nota a commento a cura di U. De Crescienzo Il concordato semplificato: questioni varie” in Fall., 2023, 1442 ss.

[30] Tribunale di Treviso, Sez. II civ., 3 ottobre 2023 (data della pronuncia), già richiamato, secondo cui “La proposta di concordato, secondo il chiaro disposto della norma, deve quanto meno assicurare il raggiungimento di un risultato di equivalenza rispetto alle aspettative di soddisfo ritraibili dalla liquidazione giudiziale. La più autorevole dottrina concorda sul rilievo che nella comparazione con lo scenario fallimentare/liquidazione giudiziale, il concordato semplificato non deve portare un danno per i creditori, ai quali deve essere garantito un trattamento economico per lo meno paritetico a quello di una liquidazione concorsuale. In altre parole, non è necessario che il concordato semplificato comporti un quid pluris ma solo che non vi sia per i creditori un livello di soddisfazione inferiore a quello ricavabile dalla liquidazione giudiziale, quale soglia minima. La norma è dettata da un evidente favor per la soluzione concordataria, se pur in una prospettiva liquidatoria e in ipotesi di equivalenza dei risultati economico-finanziari netti delle due procedure, perché il concordato semplificato può esprimere un vantaggio qualitativo per i creditori in termini di maggiore rapidità procedurale e di riparto”.

[31] Sul punto cfr. G. Bozza, Il concordato semplificato, in S. Ambrosini (a cura di), Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, cit., 355.

[32] Trib. Bergamo, 06 Dicembre 2023.