Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Concessione abusiva di credito e risarcimento del danno da violazione di norme di condotta


* * *
Articolo

Il giudice nella composizione negoziata e nel concordato semplificato*


Stefania Pacchi

Data pubblicazione
11 giugno 2024

Scarica PDF

Articoli

TORNA INDIETRO

Sommario: 1. L’entrata della composizione negoziata nell’Ordinamento della crisi d’impresa. - 2. La natura non concorsuale della composizione negoziata e la gestione dell’impresa. - 3. La conferma di protezioni e le “autorizzazioni” per determinati supporti. - 4. Gli esiti della composizione negoziata: quando non è individuata una delle soluzioni. - 5. Dove si radica la semplificazione. - 6. La distanza dal concordato preventivo e la vicinanza con la liquidazione giudiziale. - 7. Le tutele per i creditori. - 8. Conclusioni.


1. L’entrata della composizione negoziata nell’Ordinamento della crisi d’impresa

Il passaggio dell’ordinamento della crisi da un’impostazione prettamente esecutiva e sanzionatoria a una dove la negozialità per l’individuazione di una soluzione conservativa di valori è al centro ha inciso – se pur con andamento altalenante – sul tipo di intervento demandato al giudice, soprattutto quando è chiamato ad apporre il sigillo dell’omologazione ad un accordo tra privati. In linea generale si può affermare che da una fase in cui il giudice era il dominus della procedura che dirigeva e della quale soppesava la convenienza per i creditori, siamo approdati ad un’altra nella quale l’autorità giudiziaria è chiamata a svolgere la funzione, tipica della giurisdizione, di risoluzione dei conflitti (nel fallimento/liquidazione giudiziale) e di garanzia[1] circa il corretto utilizzo dello strumento (negli accordi e concordati). Quest’ultimo tipo di controllo è poi diversamente modulato a seconda della funzione (per la continuità o per la liquidazione) e talora anche della struttura dello strumento che può prevedere ora verifiche (di diversa intensità e con diverso oggetto) iniziali e finali ora soltanto finali (omologazione degli accordi).

Fino al 2021, l’unico strumento per il quale si poteva a ragione affermare la presenza soltanto eventuale del giudice era il piano attestato di risanamento (ex art. 67, comma 3, lett. d), l.fall.). In quell’anno il d.l. 118/2021, conv. nella L. 147/2021 ha, però, introdotto la composizione negoziata della crisi, percorso stragiudiziale, riservato, su domanda “protetto”, idoneo per l’instaurazione e conduzione di trattative - facilitate dalla presenza di un Esperto terzo, imparziale e indipendente dalle parti – che possono sfociare in un caleidoscopio di sbocchi ciascuno dotato di proprie peculiarità e funzioni (eminentemente conservative del complesso aziendale o di suoi rami senza però arroccarsi sul mantenimento della titolarità).

Questa disciplina – in occasione del recepimento della Direttiva Insolvency con il d.lgs. 83/2022 – veniva recepita nel Codice della crisi andando a sostituirsi, grazie a un’energica inversione di rotta (da taluni pesantemente criticata), alla primigenia allerta ritenuta (anche alla luce delle linee unionali) troppo rude e, fors’anche pericolosa[2], per un panorama imprenditoriale duramente colpito dalle conseguenze della pandemia[3].

Sicuramente l’intervento del 2021 è stato significativo tanto da registrare sconcerto da parte di taluno[4] mentre i più si accostavano con curiosità e fiducia alla nuova “proposta” del legislatore[5] perché, presentandosi come un peculiare “setting” creato per le trattative aperto a un paniere di soluzioni diversificate  e originali (in particolare il concordato semplificato, opzionabile in caso di esito negativo della composizione negoziata), scompigliava lo status quo costringendo, per poter coglierne le implicazioni, a cambi di prospettiva. Intanto non è né strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, né procedura concorsuale [6] dei quali, tuttavia, può costituire un segmento secondo la definizione posta nell’art. 2, lett. m-bis, CCII. Insomma, la composizione negoziata sfugge ad ogni categoria conosciuta in questo settore dell’ordinamento.

Intanto, l’imprenditore sceglie di immettersi in questo percorso senza rivolgere una domanda al tribunale ma attraverso la richiesta della nomina di un esperto presentata telematicamente al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale (art. 12).  Una commissione insediata presso la camera di commercio, della quale fa parte un solo giudice, provvede alla nomina tenendo conto delle caratteristiche dell’impresa richiedente e della crisi. La composizione negoziata ha inizio con l’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto il quale, immediatamente, deve valutare l’esistenza di concrete prospettive di risanamento “che richiedano, per essere ritenute praticabili, l’apertura delle trattative, perché dovranno essere valutate sulla base della effettiva possibilità di accordi con i creditori o di una cessione dell’azienda i cui proventi consentano la sostenibilità del debito”[7].

All’esperto “il legislatore ha affidato un compito chiave ai fini dell'emersione anticipata della crisi. E ciò entro i confini di un procedimento nuovo di natura essenzialmente negoziale, nel cui contesto sono stati ridefiniti compiti e ruoli secondo un archetipo sostanzialmente degiurisdizionalizzato”[8] coerente con l’impostazione della direttiva UE 2019/1023[9].

Tutto si svolge all’interno dell’impresa. Ciò a partire sia dal test pratico di risanamento (art. 13, comma 2) – voluto dalla Direttiva Insolvency -  quale strumento di analisi delle condizioni di salute dell’impresa, utilizzabile dall’imprenditore in qualsiasi momento e a prescindere dall’apertura della composizione negoziata[10], sia dalle flebili segnalazioni provenienti dall’organo societario di controllo o dai creditori pubblici qualificati[11] e dirette ai gestori che ne valuteranno la consistenza, conseguentemente decidendo sul da farsi e senza che ciò determini l’entrata del giudice[12].

È un campo di gioco al quale si accede volontariamente; nel quale si può rimanere, sussistendo le condizioni e rispettando il regolamento, fino alla scadenza del termine assegnato per condurre, con chi è stato selezionato, una partita doverosamente solcata da scambi di informazioni e animata da flussi di interlocuzioni su possibili soluzioni.

La individuazione della soluzione alla crisi è affidata all’autonomia privata e non al giudice che non è chiamato neppure a imprimere il sigillo alle soluzioni “target” (art. 23, comma 1).

È un campo “neutro” per trattare; non è di principio solcato dal giudice, a meno che questi non venga chiamato dallo stesso imprenditore per confermare richieste di protezioni o autorizzare fruizioni di strumenti che, in una valutazione prospettica, immettono in sentieri potenzialmente lesivi di interessi e/o diritti altrui. L’ingresso dell’autorità giudiziaria, così, è eventuale ed episodico ma allora, come si dirà, niente affatto marginale.

 

2. La natura non concorsuale della composizione negoziata e la gestione dell’impresa

L’appeal del percorso si rintraccia nell’essere volontario, stragiudiziale e riservato. La scelta di entrare in composizione negoziata spetta soltanto all’imprenditore il quale deciderà – nella piena consapevolezza della situazione in cui versa e degli strumenti di cui necessita – se scambiare la riservatezza con una protezione o un supporto ai quali soltanto il giudice può imprimere il sigillo della piena legittimità.

Nessun tratto di procedura e di concorsualità è presente nelle sembianze essenziali – meramente privatistiche - della Composizione negoziata. La disciplina (racchiusa negli artt. 12 e ss. CCII) non ha ad oggetto un “concorso” bensì la trattativa che lo potrà precedere[13]. Ecco allora che le regole imposte alle parti sono in essenza quelle che presiedono ad ogni trattativa precontrattuale: correttezza e buona fede.

La trattativa, quando instaurata perché sussiste il requisito della risanabilità, verte su una situazione disfunzionale di un’impresa per tentare di superarla con una soluzione condivisa – non necessariamente concorsuale – raggiunta all’interno del percorso dialogico svolto, o individuata successivamente, ma pur sempre “innestata” e ancorata a quello per il nesso temporale e il bagaglio informativo dell’iter precedente.  Ciò impone attenzione per quella fase gestionale non potendosi disporre condizionamenti (autorizzazioni) che sarebbero incompatibili con un percorso di trattative volutamente non calato in una procedura.

Il fatto che la trattativa abbia ad oggetto una vicenda relativa ad un’impresa che si trova in una situazione di crisi (più o meno profonda ma comunque risanabile) e che, ciononostante, è gestibile autonomamente dall’imprenditore, impone, allora, qualche regola prudenziale cercando di armonizzare l’autonomia con il rischio che da quella conduzione può discendere sui creditori. Dalla legge emergono (soltanto) regole di buona conduzione a protezione della stessa impresa e del percorso di risanabilità intrapreso e non solo dei creditori. La libertà di iniziativa imprenditoriale è in definitiva condizionata dal buon esito delle trattative, obiettivo posto, del resto, in risalto nell’art. 19, comma 5, per la concessione della proroga della durata delle misure protettive.

L’assenza di un regime autorizzatorio – incompatibile con un istituto estraneo al circuito giudiziale, e armonico con l’idea eurounitaria del debtor in possession[14] – non si traduce, però, nell’esenzione dell’imprenditore dalle conseguenze sia in punto di rischio che di responsabilità. La disciplina suppone un cambio di prospettiva che tiene conto della supremazia che ha assunto l’impresa nell’impostazione dell’ordinamento della crisi e, quindi, nelle soluzioni prescelte[15].

Così, il legislatore si limita a consegnare all’imprenditore (art. 21) alcune regole prudenziali riguardo al canone sia gestionale, sia relazionale, risolvendo quest’ultimo in un flusso informativo tra imprenditore ed esperto[16]. Tale canone può essere riassunto nel dovere dell’imprenditore di non pregiudicare la sostenibilità economico-finanziaria dell’attività, se l’impresa è soltanto in crisi e nel perseguimento del prevalente interesse dei creditori se nel mentre è scivolata nell’insolvenza, pur mantenendo il requisito della risanabilità, quest’ultima essendo condizione tassativa al cui venir meno scatta l’esaurimento della composizione negoziata.

Senza imbrigliare la conduzione, limitando e ritardando le operazioni con fardelli di autorizzazioni, tipiche di un territorio concorsuale nel quale ancora non si è entrati, di nuovo si affida tutto a un dialogo (unicamente) con l’esperto[17], a uno scambio di informazioni potenzialmente generatrici di una reazione dell’esperto che, se non può impedire il compimento degli atti, può però spingersi a rimuovere la protezione del percorso avendo rilevato pericolose infrazioni al canone della correttezza[18]. Anche in questa evenienza, la composizione negoziata potrebbe chiudersi senza alcuna interlocuzione con il giudice, rimanendo la vicenda circoscritta a chi effettivamente ne ha preso parte, se precedentemente non è stato adito per una delle richieste che hanno aperto squarci di concorsualità (le misure protettive).

 

3. La conferma di protezioni e le “autorizzazioni” per determinati supporti

Questo percorso privatistico – come ho anticipato - è contrassegnato dall’intervento on demand ed episodico dell’autorità giudiziaria. Può essere, infatti, eventualmente protetto e/o incentivato per intavolare opportuni dialoghi che, se intessuti di scambi di informazioni improntate a buona fede e correttezza, potranno rivelarsi proficui.

A tal fine, da una parte si possono congelare diritti dei creditori (diversi dai lavoratori) con la richiesta di misure protettive[19] e cautelari (soggette a conferma del giudice), dall’altra una situazione (con la mera dichiarazione di sospensione degli obblighi di ricapitalizza o liquida), dall’altra ancora può agevolarsi il rapido raggiungimento di una soluzione con finanziamenti prededucibili (autorizzati)[20] e con il trasferimento dell’azienda o di rami senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, c.c.

Queste richieste – a parte la dichiarazione di sospensione degli obblighi di ricapitalizza o liquida per la quale non è prevista una conferma giudiziale – sono sottoposte alla verifica del tribunale. Nel caso di misure protettive il tribunale “chiama l’esperto a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure ad assicurare il buon esito delle trattative”, mentre nel caso della richiesta delle autorizzazioni disciplinate nell’art. 22, il tribunale dovrà valutare la domanda nel contesto di quella crisi assumendo come parametro “la funzionalità degli atti alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori”.

Per condurre tale controllo destinato ad essere niente affatto superficiale, il tribunale assume le informazioni necessarie e, ove occorra, ricorrerà all’esperto che potrà supportarlo in tale valutazione non solo in quanto regista delle trattative ma soprattutto in quanto preposto al continuo monitoraggio sullo stato dell’impresa (la sua risanabilità), sulle proposte dell’imprenditore e sulle reazioni dei creditori. Inevitabilmente l’attenzione del giudice - a prescindere dalla domanda formulatagli - è polarizzata sul percorso in atto e sulle prospettive di risanamento dell’impresa che allo stato delle trattative sono state colte.

Probabilmente si discorre di “autorizzazioni” in senso improprio, essendo l’imprenditore autonomo e libero nelle scelte gestionali. Si tratta piuttosto – aprendosi un “incidente di concorsualità” – di rimettere al giudice una valutazione prospettica di quella che potrà essere la ricaduta di tali scelte per la continuità aziendale (diretta o indiretta) e su un prossimo strumento di regolazione della crisi. In questa ottica sono operazioni che possono avere una pesante ricaduta sui diritti dei creditori che subiscono in una futura procedura la partecipazione di creditori prededucibili o vengono privati della garanzia patrimoniale generica costituita dall’azienda o da uno o più rami[21].

D’altra parte, anche l’intervento del giudice sulla richiesta di misure protettive ha questa direzione: il buon esito delle trattative in funzione dell’ipotesi, che pare verosimile, di risanamento.

In tal senso depone anche l’articolazione del procedimento relativo alle misure protettive e cautelari che muove dall’ostensione, unitamente al ricorso, di una ricca documentazione  (bilanci, situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata, elenco dei creditori) nonché del progetto di piano di risanamento e del piano finanziario per culminare nell’udienza dove il tribunale, quantunque l’esperto sia chiamato “a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative” (art. 19, comma 4), non si ferma a ciò ma instaura un percorso istruttorio avvalendosi, se occorre, di un ausiliario e non solo dei creditori.

Ecco, adesso, il giudice entra nella composizione negoziata per valutare la funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative che, a loro volta, trovano la giustificazione, della loro instaurazione e permanenza, nella presenza della risanabilità dell’impresa affinché il percorso intrapreso non si risolva a danno dei creditori.

Negli squarci di concorsualità, il giudice è, dunque, la sentinella dell’utilizzo corretto della composizione negoziata[22]. Ciò perché, “nonostante la predisposizione di uno schema generale degiurisdizionalizzato, la composizione negoziata non può, di fatto, prescindere da codesto tipo di interventi giudiziali” così che “il principio di realtà si incarica di correggere, in via di fatto, la prima filosofica ipotesi posta al fondo della normativa”[23].

 

4. Gli esiti della composizione negoziata: quando non è individuata una delle soluzioni target

Con la composizione negoziata si incentiva la tempestività[24] al di là di quello che potrà essere l’impatto della soluzione finale sull’imprenditore (art. 12, comma 2), il legislatore volendo evitare, con l’entrata sollecita in questo percorso guidato dall’esperto, la liquidazione disgregativa[25].

Alla tempestività dell’approccio alla crisi fa da sponda la rapidità dell’individuazione e della realizzazione della soluzione.

Come esito[26], si favoriscono le soluzioni negoziali[27] light, definitive (quelle di cui alle lett. a) e c) dell’art. 23, comma I) o transitorie/interlocutorie (la moratoria di cui alla lett. b) che costituiscono l’approdo diretto delle trattative[28], senza tuttavia respingere l’ipotesi in cui “all’esito delle trattative, se non è individuata una soluzione tra quelle al comma 1” l’imprenditore ricorra (per iniziativa unilaterale)[29] o a uno strumento variamente plasmabile quali il piano attestato ex art. 56 o (hard) all’accordo di ristrutturazione, che può godere del vantaggio competitivo derivante dal percorso precedentemente intrapreso[30] o, se nessuno di questi strumenti è proponibile, – a condizioni ben precise –al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio[31].

Qualsiasi imprenditore[32], transitato da trattative[33] condotte con correttezza e buona fede[34], nelle quali abbia proposto concrete soluzioni conservative senza tuttavia incontrare l’adesione dei creditori, presa consapevolezza del fatto che l’unica ipotesi percorribile è quella liquidatoria, può chiedere al tribunale - nei sessanta giorni[35] seguenti alla comunicazione della relazione conclusiva dell’esperto – l’omologazione di un concordato semplificato[36] che poggi su un piano liquidativo e su una proposta in cui il trattamento offerto ai creditori non sia pregiudizievole rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale. In questa nuova prospettiva, dovendosi comunque prevedere che ogni creditore sia destinatario di una qualche utilità “una proposta-stralcio a zero è consentita” ma “solo se ciascun creditore riceve, comunque, un vantaggio economicamente misurabile”[37].

Il concordato semplificato si colloca nell’orbita della semplicità, della rapidità, della possibile non dispersione dei valori, di una conclamata inutilità di marchi e sanzioni espunti dall’ordinamento per lasciare il posto ad un’esdebitazione quale generale effetto di una procedura concorsuale (concordataria o liquidativa che sia)[38].

Assolutamente rilevanti, quindi, sono alcune precise scelte semplificatrici – assunte per velocizzarne l’esecuzione - soprattutto confrontandolo con il concordato preventivo liquidatorio: non è prevista alcuna percentuale minima di soddisfazione per i creditori, né l’apporto di risorse esterne che incrementino il soddisfacimento dei creditori, né l’attestazione del piano, né il deposito del fondo spese di procedura, né la votazione dei creditori, né un giudizio di ammissione, né la nomina del commissario giudiziale e del giudice delegato.

Il concordato semplificato è, quindi, riservato a quegli imprenditori che non solo abbiano chiesto la nomina dell’esperto, non solo abbiano instaurato le trattative, ma le abbiano condotte con i creditori interessati “secondo i principi di correttezza e buona fede, valendo il richiamo a tali clausole generali ad escludere contegni “abusivi” o semplicemente “opportunistici”, privi di una concreta volontà di ricercare una composizione con i creditori e le altre parti interessate”[39]. L’imprenditore, seguendo puntualmente il protocollo di cui al decreto dirigenziale, deve essere approdato alla presentazione di concrete misure per il risanamento poi rifiutate.

È interdetto l’accesso a detto concordato non solo nel caso in cui, emerga un “giudizio negativo” sul comportamento dell’imprenditore o quando le proposte negoziali non siano state completamente e chiaramente presentate e illustrate ai creditori, ma anche qualora – prima dell’esito finale -, ai sensi dell’art. 17 comma 5, non sussistendo le concrete prospettive di risanamento, ne sia conseguita l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata. In questa ipotesi l’esistenza di buona fede non assumerebbe alcun rilievo[40] al fine di legittimare il ricorso al semplificato.

Anche sotto questo aspetto, l’esperto assume una indiscussa centralità[41].

Direi che uno dei punti nevralgici del concordato semplificato, costituendone uno dei fondamenti, è la relazione finale dell’esperto: la sua completezza, analiticità e trasparenza circa la partecipazione dei creditori (“l’assenza di interlocuzione con un determinato creditore nella precedente fase di composizione negoziata non configura automaticamente in capo al debitore una violazione del dovere di correttezza e buona fede”)[42], lo snodarsi delle trattative, l’ostensione delle offerte da parte dell’imprenditore, sono indefettibili “presenze” perché il tribunale, previa verifica della metodologia utilizzata nella redazione della relazione e valutazione circa il fondamento delle dichiarazioni ivi riportate, possa ritenere rituale la domanda. Non sono sufficienti clausole di stile su correttezza e buona fede delle parti[43]. L’operato sia dell’imprenditore che dell’esperto è oggetto di indagine.

Se del primo occorre verificare la qualità (in termini di correttezza e buona fede) del suo concreto apporto nelle trattive, del secondo viene in luce il suo effettivo monitoraggio sull’esistenza di concrete prospettive di risanamento quale condizione legittimante il segmento precedente (la composizione negoziata) e, quindi, la domanda di concordato semplificato. In assenza della risanabilità quel percorso avrebbe dovuto, infatti, essere archiviato senza conseguentemente poter fondare la soluzione concordataria semplificata proposta[44].

Come è stato autorevolmente sostenuto la giurisdizione rappresenta “l’antidoto alla tirannia dell’esperto”[45] e all’abuso dello strumento.

Senza dubbio nell’art. 25-sexies questa relazione detiene una posizione di centralità, essendo posta come requisito della domanda, il legislatore volendo sottolineare che l’imprenditore può chiedere l’omologazione del concordato semplificato solo se quel percorso si è chiuso, essendo stato interamente attraversato e sfruttato.

      Occorre che una relazione finale sia stata depositata perché ciò prova che l’imprenditore ha utilizzato quel percorso per trattare con i creditori, presentare soluzioni che sono state rifiutate. Riguardo al contenuto della relazione – riscontro o meno della correttezza e buona fede dell’imprenditore – questo sarà il giudice a dire l’ultima parola.

La relazione finale attesta che una composizione antecedente e che si è esaurita. Il giudice muove da questa anche se non si ferma a questa per valutare la presenza di buona fede e correttezza dell’imprenditore nelle pregresse trattative perché soltanto se quei canoni comportamentali sono stati rispettati – traducendosi in completezza e veridicità dei flussi informativi da una parte e in una presentazione di genuine alternative negoziali – potrà legittimarsi la proposta di concordato semplificato.

 

5. Dove si radica la semplificazione

La semplificazione dello strumento trae legittimazione dalla percorsa composizione negoziata. È, infatti, utilizzabile esclusivamente come sbocco della composizione negoziata, dove un flusso di informazioni economico-patrimoniali e finanziarie sia intercorso tra le parti, concrete soluzioni negoziali conservative dell’impresa siano state presentate e discusse ma tuttavia respinte dai creditori[46]residuando allora la liquidazione dell’intero patrimonio cedendo unitariamente l’azienda o suoi rami.

In questo caso il concordato semplificato costituisce la via obbligata (per l’imprenditore) per evitare la liquidazione giudiziale più lunga, più costosa e quindi meno remunerativa in termini satisfattivi (per i creditori) quando la proposta non rechi pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale e, comunque, assicuri loro un'utilità, non meglio specificata dalla norma e che può consistere anche in vantaggi commerciali.

Lo strumento, allora, può essere ridotto al minimo in quanto sfrutta le informazioni circolate (fra) e acquisite dalle parti, le preclusioni e le indisponibilità dei creditori[47]. Il voto stesso diventa superfluo in quanto – censite ma respinte alternative soluzioni negoziali – altra soluzione non v’è[48].

Il raggiungimento di un rapido risultato economico è la ricompensa per l’assenza di votazione (bilanciata dall’opposizione all’omologazione).

Rinvengo un interesse pubblico alla rapida definizione delle crisi - in particolare quando soluzioni conservative siano state esplorate e portate all’approvazione dei creditori che le hanno tuttavia rifiutate – ed alla altrettanto rapida circolazione degli investimenti senza però dover applicare il più costoso regime (per impresa e creditori) della liquidazione giudiziale[49].

“L'esclusione del voto non è eretica perché il diritto di voice i creditori lo hanno già avuto durante la composizione negoziata e al termine della stessa hanno avuto la possibilità di chiedere la liquidazione giudiziale”[50].

In ogni modo la semplificazione caratterizza lo strumento in questione esclusivamente per gli aspetti indicati mentre è escluso che riguardi l’apparato informativo che, anzi, deve essere completo ed intellegibile (particolarmente con riferimento al piano e alla proposta) in modo da consentire a tutti i creditori l’esercizio consapevole del potere di opposizione[51].

 

6. La distanza dal concordato preventivo e la vicinanza con la liquidazione giudiziale

 Tali semplificazioni lo rendono difficilmente accostabile al concordato preventivo[52]. A conferma della distanza tra i due istituti, il legislatore ha richiamato soltanto alcune selezionate norme della disciplina concordataria “maggiore” mentre non ha inserito una disposizione che consenta un’applicazione diretta di quella normativa per colmare i vuoti di disciplina. Da questa scelta legislativa l’autonomia del concordato semplificato rispetto al preventivo, ne esce rafforzata.

Alcuni profili di contiguità possono, invece, rintracciarsi con il concordato della liquidazione giudiziale che ha fornito allo strumento in esame il modello procedimentale [53].

In effetti, piuttosto che a un concordato – del quale vi è la proposta ma non l’accordo - siamo dinanzi a un “non fallimento”[54] per ciò, a mio avviso, dovendosi intendere una procedura che sfrutta, con significativo risparmio di tempo e di denaro, lo schema della liquidazione giudiziale.

Trattasi di procedura concorsuale liquidativa semplificata[55]che poggia su un piano (programma) di liquidazione organizzato in forma aggregata, accompagnato da una proposta di soddisfacimento (progetto di riparto) diretti al giudice.

“Si tratta di una procedura concorsuale garantita, quanto allo svolgimento, dalla presenza del tribunale e contraddistinta, quanto alle caratteristiche basiche, dalla necessità di rispettare la par condicio creditorum”[56] comeè imposto nelle procedure liquidative.

Detto piano/programma esporrà le operazioni attraverso le quali si snoderà la liquidazione con le relative sequenze. La proposta /piano di riparto sarà redatta consequenzialmente, tenendo conto anche di possibili scostamenti.

Inquadrato come procedura concorsuale liquidativa semplificata, si giustifica - anche sotto questo aspetto - l’assenza del voto. Nelle procedure liquidative (liquidazione giudiziale e liquidazione controllata) è assente il voto dei creditori che invece possono fare opposizione allo stato passivo e impugnare il piano di riparto.

 

7. Le tutele per i creditori

I creditori traggono tutela dalla presenza del giudice i cui controlli sono connotati da particolare intensità[57], specialmente in sede di omologazione[58], iniziano con quello di ritualità previsto dall’art. 25-sexies, comma 4.

La valutazione della ritualità[59],  che muovendo da una lettura meticolosa e approfondita della relazione finale dell’esperto per verificarne la correttezza metodologica e di contenuto, costituisce – come anticipato - un passaggio rilevante dovendo soffermarsi sulle condizioni di ammissibilità della domanda dell’imprenditore.

Vista la rapida scansione che porta all’omologa, parrebbe che il tribunale dovesse fermarsi a una verifica formale senza svolgere un approfondito giudizio di legittimità sostanziale sulla proposta, sulla fattibilità del piano e sui presumibili risultati della liquidazione[60]. All’opposto, la peculiarità stessa dell’istituto – radicandosi questo in un pregresso percorso stragiudiziale contrassegnato da autonomia gestionale “controllata” esclusivamente attraverso un rapporto dialogico con l’esperto (professionista indipendente che non riveste il ruolo di organo nominato dal giudice) - impone “un controllo di legittimità focalizzato sul rispetto delle condizioni di accessibilità allo strumento”[61].

      Mi pare da escludere, così, che la valutazione del tribunale debba arrestarsi ad una verifica formale della sussistenza dei presupposti di accesso alla procedura (competenza, iscrizione presso il Registro Imprese della ricorrente, requisiti soggettivi ed oggettivi ex art. 12 CCII, sottoscrizione della domanda ex art. 120-bis CCII, completezza della documentazione ex art. 39 CCII, tempestività della domanda)[62].

Il rapporto di “interdipendenza” del concordato semplificato – procedura concorsuale - rispetto al segmento della composizione negoziata della crisi – percorso stragiudiziale per le trattative - induce ad ammettere una preliminare verifica del percorso compiuto dalle parti e, quindi, un esame più ampio anche se di differente e ridotta intensità rispetto alla valutazione di ammissibilità e consistente nella verifica[63]:

·          che la relazione finale dell’esperto sia adeguatamente motivata circa la buona fede dimostrata dal debitore nell’ambito delle trattative e nell’assenza di un preordinato disegno di accedere al concordato semplificato. Che, in sostanza, la relazione dell’esperto risponda ad un principio di realtà e razionalità[64];

·          dell’attendibilità del parere dell’esperto (se già prodotto) sui presumibili risultati della liquidazione e sulla convenienza della soluzione liquidatoria;

·          che la proposta non si fondi su un insufficiente corredo informativo, su un’illustrazione incompleta dell’offerta sottostante alla proposta e al piano e su dati palesemente difformi da quelli comunicati ai creditori;

·          che il piano abbia carattere effettivamente liquidatorio (sia quindi esclusa la continuità diretta)

·          di tutto ciò che connota la proposta come perimetrata dal legislatore (se vi sono classi, la loro corretta formazione e la parità di trattamento tra i creditori di ogni classe)

Proposta e piano, già in sede di valutazione di ritualità, devono, quindi, presentare i requisiti di linearità, certezza, esaustività ed oggettività[65].

Da ciò discende che se pure tale valutazione di ritualità costituisce un quid minus rispetto al giudizio di ammissione, “al fine di non rendere oltremodo riduttivo il controllo svolto dal Tribunale”, (anche per motivi di economia processuale, altrimenti diventando obbligatorio in ogni caso la nomina dell’ausiliario) si debba ritenere che il Tribunale è tenuto “alla verifica non solo della formale sussistenza delle attestazioni nella relazione dell’esperto ex art. 17 CCII, ma anche l’attendibilità e ragionevolezza di tali attestazioni, ritenendo la proposta irrituale ove esse siano prive di motivazione ovvero corredate da motivazioni che non trovino riscontro nella documentazione in atti”[66].

Non è previsto in questa sede un controllo di fattibilità del piano, tuttavia, occorre tener conto di una delle linee guida del Codice della crisi enucleata nell’art. 7.

Il legislatore – in armonia con la Direttiva 1023/2019 - persegue la tempestività ed il rapido accesso ad una soluzione della crisi, privilegiando la soluzione conservativa ove questa, però, si imponga già alla prima valutazione del giudice ma, invece, escludendola ove risalti subito la mancanza di prospettive di risanamento per aprire così ad una rapida liquidazione e altrettanto rapido soddisfacimento dei creditori[67].

La manifesta inammissibilità della domanda e la manifesta inadeguatezza del piano a raggiungere l’obbiettivo sono condizioni che devono essere oggetto di esame in via prioritaria. Tali principi espressi nell’art. 7, comma 2, lett. a) e b), sono replicati nell’art. 47, comma 1, lett. a) nella disciplina dell’apertura del concordato preventivo liquidatorio.

      Ne discende consequenzialmente che nel controllo di ritualità ex art. 25-sexies, comma 3, il tribunale non si può esimere dal compiere tali valutazioni, potendo, tra l’altro ritenersi applicabile per analogia la disposizione sopra citata (art. 47, comma 1)[68].

La tutela dei creditori passa poi dal penetrante controllo di omologazione demandato al tribunale ai sensi del comma 5 dell’art. 25-sexies.

L’omologazione del concordato è disposta dal Tribunale quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento (del rispetto cioè delle norme che disciplinano lo svolgimento dal deposito della domanda fino all’omologazione), nonché il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, risulta che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e comunque assicuri un’utilità a ciascun creditore.

Si tratta di una valutazione di fattibilità del piano non solo giuridica ma anche economica dovendo il tribunale svolgere una comparazione tra la proposta di concordato semplificato e una eventuale liquidazione giudiziale. È assente, invece, una valutazione di convenienza – altro è la verifica dell’assenza di pregiudizio – il tribunale non accertando l’esistenza di un vantaggio bensì l’assenza di un danno. Così è sufficiente che i creditori non ricevano di meno rispetto alla liquidazione giudiziale.

Tali ampie verifiche prescindono dalla presenza di opposizioni da parte dei creditori o di altri interessati.

Il riferimento non a qualsiasi alternativa ma soltanto a quella della liquidazione giudiziale assume rilevanza rispetto al cram down che risulta, così, “attenuato dal fatto di non esser riferito al miglior soddisfacimento dei creditori ma solo alla mancanza di pregiudizio e alla assicurazione nome di una qualche utilità”[69]. Tale inquadramento, di nuovo, risulta armonico se letto nell’alveo del percorso precedente nel quale soluzioni diverse sono state proposte ma “naufragate per l’atteggiamento assunto non dal debitore, ma dai creditori medesimi”[70].

Il concordato semplificato presenta barriere protettive rispetto all’interesse dei creditori, sul piano sostanziale, grazie alla non deteriorità della proposta rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale (art. 25-sexies, comma 5) e, su quello processuale, al diritto di opposizione “generalizzato” vuoi perché individualmente attribuito a qualsiasi creditore e a qualsiasi interessato, vuoi perché non relegato a motivi di convenienza e al rafforzato, composito controllo giudiziale, anticipato nel terzo comma e approfondito nel quinto comma dell’art. 25-sexies.

 

8. Conclusioni

Il diritto fallimentare – oggi diritto della crisi - concepito originariamente come misura di profilassi dell’attività commerciale, di epurazione delle pratiche scorrette, di esclusione del commerciante che defraudava la fiducia dei suoi pari e disonorava il mestiere, è migrato su altri lidi e in questa prospettiva oggi ha un’altra identità, intrisa di un’istanza - la continuità dell’impresa viable - che deve essere armonizzata con quella, per niente recessiva, del soddisfacimento dei creditori.

In questa prospettiva gli strumenti “classici” della concorsualità, concepiti per realizzare la garanzia patrimoniale dei creditori ma non anche per aiutare l’impresa in un progetto di continuità si sono rivelati insufficienti, lasciando allora spazio a strumenti per la conservazione.

Si è passati dall’eterogestione della crisi – caratterizzata da un intervento pregnante del giudice – all’autogestione dove sono le parti a decidere sui propri interessi visto che il soddisfacimento delle pretese creditorie sovente si realizza più con la prosecuzione dei rapporti commerciali che con il pagamento di una percentuale.

Se nell’impostazione originaria il giudice era il valutatore “supremo” della convenienza della proposta – avente esclusivamente ad oggetto una somma di denaro -, nel nuovo quadro appartiene soltanto ai creditori la competenza a decidere se l’offerta realizza o meno il proprio interesse.

      La competenza del giudice conseguentemente si è spostata a verificare se il piano adempie la funzione che la legge assegna allo strumento.

È stato scontro tra due tipologie di soluzioni tradizionalmente viste come antagoniste: quella giudiziale e quella contrattuale. Non è stato uno scontro provocato soltanto da contrapposte letture delle norme.

La questione dell’oggetto del controllo giudiziale solleva anche una questione ideologica (o, se si vuole, politica): da una parte, il giudice come mero spettatore dell'eterocomposizione di interessi e dall’altra il giudice doverosamente interessato alla (e investito della) soluzione dei conflitti, in parte nuovi, nascenti dalla realtà socio-economica attuale.

La conformazione dei poteri del giudice dipende dalla rilevanza che si attribuisce agli interessi, generali e sociali che oltre a quelli del debitore e dei creditori si agitano in una situazione di crisi. Tutto il coacervo di interessi partecipa alla soluzione della crisi.

Mentre prima si discorreva dei riflessi di una soluzione (eminentemente) liquidativa sugli interessi che stavano attorno all’impresa, oggi assistiamo alla partecipazione di tutti alla soluzione. Questa è una soluzione concertata che è il frutto di un bilanciamento di interessi.

Questo è il portato del Codice della crisi che ha al centro la disciplina delle trattative funzionali all’individuazione di una soluzione compositiva per la continuità (diretta o indiretta) dell’impresa (o del complesso aziendale) risanabile. La risanabilità è il requisito perché le trattative possano essere instaurate ma, come tale, deve essere dimostrata dall’ostensione di un piano credibile affinchè il percorso (composizione negoziata) o lo strumento non siano utilizzati abusivamente.

Il giudice, allora, è sempre più il valutatore delle modalità di conduzione delle trattative (durante la composizione negoziata o nel successivo strumento) anziché della soluzione stessa.

Ciò è evidente nel concordato semplificato che vede il giudice muovere appunto dalle trattative per verificarne la corretta conduzione in termini di flussi informativi sulla situazione effettiva dell’impresa e sulle proposte presentate. Il giudice verifica il rispetto delle condizioni fissate per l’ammissibilità, la regolarità procedimentale e la realizzabilità del piano. Costituendo “l’ultima spiaggia” dell’antecedente composizione negoziata non si discorre di convenienza ma di non deteriorità rispetto alla liquidazione giudiziale. Nell’evitare quest’ultima, sta la convenienza per i creditori.


(*) Il contributo è stato sottoposto al comitato di valutazione e destinato alla rivista Quaderni di Ristrutturazioni aziendali; farà inoltre parte di un volume collettaneo in corso di redazione.

[1] R. RORDORF, Il ruolo del giudice nella ristrutturazione delle imprese in crisi, in Diritto della crisi, 8 marzo 2023-

[2] S. AMBROSINI, Il (doppio) rinvio del CCI: quando si scrive “differimento” e si legge “ripensamento”, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 22 settembre 2021.

[3] Per una ricostruzione del passaggio tra l’allerta della prima versione del Codice della crisi alla Composizione negoziata, si rinvia a S. PACCHI, L’allerta tra reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore. Dal codice della crisi alla composizione negoziata, in Dir.fall., 2022, I, 501 ss. È la stessa Relazione al d.l. 118/2021 che definisce la composizione negoziata come “percorso”. Inoltre, per un’ampia motivazione sull’introduzione di questo percorso, I. PAGNI-M. FABIANI, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in Diritto della crisi, 2 novembre 2021.

[4] D. GALLETTI, È arrivato il venticello della controriforma? Così è se vi pare, in ilfallimentarista.it, 27 luglio 2021; Id., Breve storia di una (contro)riforma “annunciata”, ivi, 1° settembre 2021; F. LAMANNA, Nuove misure sulla crisi d’impresa nel D.L. 118/21: Penelope disfa il codice della crisi recitando il De Profundis per il sistema dell’allerta, in Ilfallimentarista.it, 25 agosto 2021; P. LICCARDO, Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in Giustiziainsieme.it 7 settembre 2021; R. BRACCIALINI, “Qualcosa di nuovo oggi nel sole? Anzi, d’antico…”, in Questione Giustizia, 2021; G. SCARSELLI, La composizione negoziata della crisi d’impresa, ovvero la libertà economica sotto il controllo pubblico, in Judicium.it, 3 maggio 2022.Meno drasticamente facendo piuttosto cenno a un cambio cultura difficile da recepire,S. PACCHI, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 9 agosto 2021.

[5] Ex multis, S. AMBROSINI, La “miniriforma” del 2021: rinvio (parziale) del CCI, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall. 2021, I, 922;  R. GUIDOTTI, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 2021; L. PANZANI, Il D.L. «Pagni» ovvero la lezione (positiva) del covid, su Diritto della crisi, 25 agosto 2021; I. PAGNI E M. FABIANI, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata e viceversa, su Diritto della crisi, 2 novembre 2021; A. FAROLFI, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse «a prima lettura», in Diritto della crisi, 6 settembre 2021; M. IRRERA, S. CERRATO E F. PASQUARIELLO (a cura di), La crisi d’impresa e le nuove misure di risanamento, Zanichelli, Bologna, 2022; S. LEUZZI, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal d.l. 118 del 202, in Diritto della crisi, 28 settembre 2021; A. JORIO, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma, in Diritto della crisi, 1° ottobre 2021; V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in Diritto della crisi,26 ottobre 2021; A. ROSSI, I presupposti della CNC, tra debiti dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, in Diritto della crisi, 30 novembre 2021.

[6] Circa la natura della Composizione negoziata, le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 42093 del 31 dicembre 2021 hanno puntualizzato che si tratta “di un istituto che pacificamente non integra una procedura concorsuale, ma egualmente implica, con la scelta unilaterale del regime protettivo ed il controllo del tribunale, preclusioni alle azioni di tutela del credito”. Sul punto si è soffermato anche il documento redatto dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione, del 15 settembre 2022 (“Relazione su novità normativa. Nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza - Attuazione della Direttiva UE n. 1083/2019 c.d. Insolvency - d.lgs. n. 83/2022.”), osservando che la composizione negoziata “non costituisce una procedura concorsuale, come è reso evidente dalla libertà di eseguire pagamenti (art. 18, comma 1, ult. periodo), dall’assenza di qualunque cristallizzazione del debito e dalla mancanza di uno spossessamento in capo all’imprenditore. Si tratta, piuttosto, di un percorso di carattere negoziale che, per la particolare rilevanza degli interessi che arriva ad intercettare, è sottoposto all’impulso ed alla vigilanza dell’esperto, oltre che all’intervento dell’autorità giudiziaria nei casi, formalmente eventuali, ma di fatto si ritiene molto frequenti, in cui questa negoziazione debba avvenire sotto l’egida di misure protettive e cautelari (artt. 6 e 7)”.

[7] Decreto dirigenziale, 28 settembre 2021, Sez. III – Protocollo di conduzione della composizione negoziata, Test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, 2.4.

[8] F. TERRUSI, Autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti, in A. CAIAFA (a cura di), La composizione negoziata della crisi di impresa, Nuova editrice universitaria, Roma, 2022, 139, osservando che con la creazione dell’esperto il legislatore intendeva correggere la “rotta” di una eccessiva giurisdizionalizzazione degli strumenti negoziali così come disciplinati nella prima versione del CCII.

[9] Al considerando 29 leggiamo che: “fatta eccezione per i casi in cui la presente direttiva preveda la partecipazione obbligatoria delle autorità giudiziarie o amministrative, gli Stati membri dovrebbero poter limitare la partecipazione di tali autorità alle situazioni in cui sia necessaria e proporzionata, tenendo pur sempre conto, tra l’altro, dell’obiettivo di tutelare i diritti e gli interessi dei debitori e delle parti interessate così come dell’obiettivo di ridurre i ritardi e i costi delle procedure”.

[10] C. RUFFINI – M. GARUTI, Test pratico e check-list particolareggiata nella composizione negoziata: la portata delle novità poco esplorate introdotte dal nuovo decreto dirigenziale 21.03.2023, in Diritto della crisi, 24 ottobre 2023.

[11] Sul tema delle segnalazioni, S. PACCHI, Le segnalazioni per l’emersione anticipata della crisi. Così è se vi pare, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 9 agosto 2022; M. SCIUTO, Quel che resta degli obblighi di segnalazione nel Codice della crisi, in Variazioni su temi di diritto del lavoro, Torino, 2022, 476 ss. Nella bozza di decreto correttivo al CCII del 4 maggio 2024, pubblicata in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, è previsto un emendamento all’art. 25-octies per migliorarne l’efficacia. Dovrebbero essere, così, inserite anche le segnalazioni da parte dei revisori. Per quanto riguarda l’oggetto della segnalazione, al fine di evitare segnalazioni troppo precoci, sarebbe soltanto l’esistenza di uno stato di crisi o d’insolvenza.

[12] R. RORDORF, Il ruolo del giudice nella ristrutturazione delle imprese in crisi, in Diritto della crisi, 8 marzo 2023.

[13] F. DI MARZIO, Diritto dell’insolvenza, Milano, 2023, 461.

[14] Il considerando 30 della direttiva 2019/1023 così esordisce: “Al fine di evitare costi inutili, di rispecchiare la natura precoce della ristrutturazione preventiva e incoraggiare i debitori a richiedere la ristrutturazione preventiva in una fase precoce delle loro difficoltà finanziarie, è opportuno, in linea di principio, che i debitori mantengano il controllo dei loro attivi e della gestione corrente dell’impresa”.

[15] S. PACCHI, I canoni per la gestione dell'impresa nel codice della crisi e dell'insolvenza, in Scritti in onore di Gino Cavalli, Roma, 2023,349 ss.; parla di diversi livelli di autonomia gestionale (illimitata, controllata e integrata) dell’imprenditore in composizione negoziata, S. BONFATTI, La gestione dell’impresa nella procedura di composizione negoziata, in Diritto della crisi, 26 settembre 2023.

[16] F. DI MARZIO, Diritto dell’insolvenza, cit., p. 474. Sulla gestione dell’impresa nella composizione negoziata, S. PACCHI, I canoni per la gestione dell’impresa nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 26 aprile 2023; S. AMBROSINI, Il codice della crisi dopo il D.Lgs. n. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell'impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo), in Dir.fall., 2022, I, 837 ss.

[17] A. JORIO, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2023, 129, osserva che l’autonomia gestoria si esprime anche nella mancata previsione dell’obbligo a carico dell’imprenditore di predisporre informazioni periodiche dirette ai creditori e di comunicazioni circa le iniziative che intende compiere, “oltre a quelle già esposte al tribunale per la conferma delle misure protettive.

[18] A. NASTRI, Le autorizzazioni e l’esito della composizione negoziata, in Scuolamagistratura.it,

[19] Che implica anche il blocco alla liquidazione giudiziale eventualmente chiesta da un creditore.

[20] Sul tema, L. DE GENNARO, L’autorizzazione del Tribunale a contrarre finanziamenti prededucibili. Il procedimento di autorizzazione: profili processuali, in AA.VV., manuale teorico-pratico della composizione negoziata della crisi di impresa, Napoli, 2023, 287.

[21] A. NASTRI, Le autorizzazioni ecc., cit.

[22] R. RORDORF, Il ruolo del giudice nella ristrutturazione delle imprese in crisi, in Diritto della crisi, 8 marzo 2023; L. PANZANI, La composizione negoziata della crisi: il ruolo del giudice, in Diritto della crisi, 4 febbraio 2022.

[23] F. TERRUSI, Autorizzazioni del tribunale ecc., cit., 140.

[24] La molla verso la tempestività dovrebbe essere costituita dall’offerta di un percorso, che se correttamente intrapreso ha tutte le potenzialità per condurre a soluzioni comunque sia preventive.

[25] Su questo aspetto, F. TERRUSI, Il concordato semplificato: qualificazione, presupposti e ambiti di applicazione, in Temi romana, 2023, fasc. 3, 12 ss. P. BASTIA, Il concordato semplificato. Il banco di prova delle esperienze, in https://www.osservatorio-oci.org, valorizza l’impostazione pragmatica “tesa alla semplificazione procedurale e alla rapidità di svolgimento, considerata anche l’attività già svolta in sede di composizione negoziata dall’esperto, effettuate le trattative tra le parti”.

[26] V. ZANICHELLI, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in Diritto della crisi, 26 ottobre 2021; G. FAUCEGLIA, Le conclusioni delle trattative: riflessioni sull’art. 11, 1° comma, lett. a), L. n. 147/2021, in Dir. fall., 2022; L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, in Fallimento, 2021, 1593; S. PACCHI, Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 17 gennaio 2023.

[27] S. AMBROSINI – S. PACCHI, Composizione negoziata della crisi, concordato semplificato e segnalazioni per l'emersione anticipata della crisi, in S. PACCHI – S. AMBROSINI, Diritto della crisi e dell’insolvenza, II ed., Bologna, 2022, 79.

[28] L’esito positivo delle trattative viene fatto coincidere con l’accesso ad una delle soluzioni di carattere contrattuale “secondo una prospettiva fortemente innovativa che si aggiunge alla più tradizionale figura del piano attestato di risanamento, in cui è del tutto assente un intervento giudiziale” (Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione sul nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, 15 settembre 2022, 16).

[29] M. FABIANI, Sistema, principi e regole ecc., cit., 81, distingue tra esiti che presuppongono un accordo tra debitore e creditori e esiti che derivano da una iniziativa unilaterale del debitore.

[30] ASSONIME, Guida al Codice della crisi, cit., 33, “La scelta può discendere sia dall’entità della situazione di squilibrio in cui versa l’impresa, sia dalla circostanza per cui le trattative siano andate a buon fine solo con alcuni creditori. Anche in questo caso, tuttavia, la composizione negoziata sarà stata utile a predisporre il terreno per la conclusione di un piano di risanamento assistito dalle garanzie previste dalla legge fallimentare o per accedere rapidamente alla procedura concorsuale, essendo già state vagliate le proposte del debitore e le risposte delle parti sotto il controllo di un esperto equidistante da tutti i soggetti coinvolti”.

[31] Per una lucida configurazione dell’istituto, A. PALUCHOWSKI, Giudizio di fattibilità e “ragionevole probabilità di impedire l'insolvenza”. Ruolo del giudice e poteri dei creditori, in Diritto della crisi, 14 febbraio 2022.

[32] Al concordato semplificato possono farvi ricorsotutti coloro che possono chiedere la nomina dell’esperto per la composizione negoziata essendo iscritti nel RI. Che l’iscrizione nel registro imprese costituisca un requisito, lo si desume dall’art. 13, comma 1, CCI, che riserva l’accesso alla piattaforma telematica nazionale all’imprenditore iscritto. Non sono previsti limiti dimensionali, né verso l’alto né verso il basso. Per le imprese sottosoglia la possibilità di accedere al concordato semplificato è espressamente sancita dall’art. 25-quater, comma 4 che prevede per l’imprenditore commerciale e agricolo che presenta congiuntamente i requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. d), “se all’esito delle trattative non è possibile raggiungere l’accordo”la possibilità di presentare la domanda di concordato minore o di liquidazione controllata o di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Soltanto l’impresa agricola potrà ricorrere, in subordine, anche a un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 57, 60 e 61.

[33] La proposta di concordato liquidatorio semplificato potrebbe costituire una decisione maturata dopo che le trattative si sono chiuse e che l’esperto ne ha dato rappresentazione in quel documento. Questa sequenza è stata immaginata dal legislatore quando ha preteso che, una volta ricevuta la domanda di concordato, il tribunale da un lato, richieda all’Esperto un ulteriore parere “con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte”, dall’altro lato, nomini un Ausiliario ex art. 68 c.p.c. a cui assegna un termine per il deposito “del parere di cui al comma 4”.

[34] Ai sensi dell’art. 25-sexies, occorre che dalla relazione finale dell'esperto - il punto di snodo e il primo documento sul quale il tribunale dovrà soffermarsi nel valutare la ritualità - risulti che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede ma che, non avendo avuto esito positivo, le alternative negoziali conservative previste dall'articolo 23, comma 1 e comma 2, lett. a), b) e d) non sono praticabili. Sul punto, in particolare, P. RIVA, G. ROCCA, L’esito dell’esperto e il contenuto della relazione finale, in Quaderno 90 - La composizione negoziata quale soluzione alla crisi d'impresa, Saf - Scuola di alta formazione - 2022-12.

[35] Il termine è perentorio è non soggetto a proroga. Si tratta, inoltre, di un termine processuale (art. 1, L.742/1969) che può fruire della sospensione feriale (G. BARVAS, G. BISOGNI e A. GAIANI, Il concordato semplificato, in S. BONFATTI-R. GUIDOTTI, Il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata ecc., cit., 397.

[36] Vasta la letteratura sull’istituto. Ex multis: G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal D. L. n. 118 del 2021, in Diritto della crisi, 5 ottobre 2021; Id., Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, ivi, 9 novembre 2021; Id., Concordato semplificato, quadri di ristrutturazione e misure protettive: alcune considerazioni, ivi, 15 aprile 2022; S. AMBROSINI, La “miniriforma” del 2021: rinvio (parziale) del CCI, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall., 2021, I, 922; G. FICHERA, Sul nuovo concordato semplificato: ovvero tutto il potere ai giudici, in Diritto della crisi, 11 novembre 2021; A. ROSSI, L’apertura del concordato semplificato, in Diritto della crisi, 18 marzo 2022; S. LEUZZI, L’analisi differenziale tra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in Diritto della crisi, 9 novembre 2021; G. D’ATTORRE, La liquidazione del patrimonio, in Diritto della crisi, 29 dicembre 2021; S. PACCHI, Il concordato semplificato: un epilogo ragionevole della composizione negoziata, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 23 ottobre 2023.

[37] M. FABIANI, Sistema, principi e regole ecc., cit., 270.

[38] A. JORIO, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 137.

[39] A. FAROLFI, Il concordato del patrimonio e la liquidazione del patrimonio, in Il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi. L’attuazione della Direttiva 1023/2019 e i quadri di ristrutturazione preventiva, SSM, 3 maggio 2022, in Scuolamagistratura.it.

[40] F. TERRUSI, Il concordato semplificato, cit., 17.

[41] Anche la S.C. nell’ordinanza del 12 aprile 2023, n. 9730 ha sottolineato il raccordo del tribunale con la figura dell’esperto rispetto alla fase deputata al vaglio di ammissibilità in chiave di acquisizione di pareri e relazione.

[42] Trib. Como, 27 ottobre 2022.

[43] Trib. Siena, 9 settembre 2022 e Trib. Udine, 24 gennaio 2023.

[44] Sul punto, Trib. Torino, 4 gennaio 2024, secondo cui il tribunale, nella verifica di ritualità, deve necessariamente vagliare la sussistenza di due punti: che l’esperto abbia ravvisato fin dall’inizio le concrete prospettive di risanabilità e che le trattative si siano svolte con buona fede e correttezza.

[45] S. AMBROSINI, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 27 ottobre 2023.

[46] Tribunale di Firenze, 31 agosto 2022.

[47] Così anche L. PANZANI, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, cit., 1598. G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, in Diritto della crisi, 5 ottobre 2021, con riferimento alla chance degli accordi di ristrutturazione (indicata nel comma 2, lett. b) dell’art. 23)  osserva che ciò “presuppone che l’esperto abbia riscontrato l’esistenza della disponibilità di adesioni nella misura indicata, necessaria per rendere vincolante- in presenza degli altri requisiti di legge- anche per gli altri creditori non aderenti l’accordo di ristrutturazione.

[48] App. Venezia, 28 marzo 2024, in ilcaso.it.

[49] M. FABIANI – G.B. NARDECCHIA, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Formulario commentato, sub art. 25-septies, cit., 149.

[50] M. FABIANI, Sistema, principi e regole ecc., cit., 272.

[51] In particolare, Trib. Milano, 9 gennaio 2024; Trib. Ferrara, 7 maggio 2024.

[52] Sull’autonomia del concordato semplificato v. S. AMBROSINI, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, cit.

[53]Nel quale tuttavia è presente il voto dei creditori, il cui mantenimento è, a mio avviso, giustificato soltanto dalla possibilità che la proposta provenga dai uno o più creditori o da un terzo.

[54] Definisce il concordato semplificato come “un non fallimento”, S. LEUZZI, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in Diritto della crisi, 19 marzo 2023.

[55] Se, per quanto riguarda il primo aspetto (il procedimento), l’assenza del voto costituisce la semplificazione più rilevante, non è, però, l’unica. Precise sono state le scelte semplificatrici: non è prevista alcuna percentuale minima di soddisfazione per i creditori, né l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori, né l’attestazione del piano, né il deposito del fondo spese di procedura, né un vero e proprio giudizio di ammissione, né la nomina del commissario giudiziale (sostituito per alcuni aspetti dall’ausiliario) e del giudice delegato. Nella medesima ottica di snellire e velocizzare il procedimento, - i creditori hanno ricevuto durante la composizione negoziata il plesso informativo necessario per valutare e decidere - non è prevista la nomina del comitato dei creditori.

[56] F. TERRUSI, Il concordato semplificato, cit., 14.

[57] M. FABIANI, Sistema, principi e regole ecc., cit., 272.

[58] A. JORIO, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 137; G. D’ATTORRE, Manuale del diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2022, 193.

[59] Alcuni interpreti hanno evidenziato come il vaglio di “ritualità̀” della proposta non coincida con il vaglio di ammissibilità̀. Il Tribunale, pertanto, dovrebbe limitarsi a verificare unicamente se l’esperto abbia formulato il proprio parere sullo svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede nonché sull’impossibilità di percorrere le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2 lett. b), senza poter tuttavia vagliare la veridicità̀ o attendibilità̀ nel merito di tale parere. Secondo altro orientamento, condiviso dalle prime pronunce della giurisprudenza di merito, già in occasione dell’effettuazione del vaglio di ritualità̀ il Tribunale dovrebbe “riscontrare la sussistenza dei requisiti minimi di legge per l’accesso alla procedura, quali quantomeno la competenza, la tempestività̀ della domanda e la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma” (cfr. Trib. Bergamo del 21.9.2022).

[60] G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, in Diritto della crisi, 2021, 2; S. AMBROSINI, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 2023, 6.

[61] M. FABIANI, Sistema, principi e regole ecc., cit., 271.In giurisprudenza, App. Milano, 13 luglio 2023 e App. Milano, 21 marzo 2024.

[62] In tal senso anche F.P. CENSONI, Il concordato “semplificato”: un istituto enigmatico, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it, 22 febbraio 2022.

[63] Trib. Parma, 12 luglio 2023.

[64] S. LEUZZI, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, cit.

[65] Trib. Milano, 9 gennaio 2024 ha dichiarato irrituale la proposta di concordato semplificato in quanto la proposta era “del tutto indeterminata, tale da minare la intelligibilità e manifestamente la realizzabilità della stessa”, sottolineando che il corredo informativo deve essere completo ed esaustivo.

[66] Trib. Monza, 17 aprile 2023 e in tal senso anche App. Salerno, 6 aprile 2023.

[67] Sul punto anche A. PALUCHOWSKI, Contenuto delle misure cautelari e protettive, in S. BONFATTI,  R. GUIDOTTI, M. TARABUSI (a cura di), Il ruolo dell’esperto nella Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa2, Torino, 2023, 49.

[68] Sul punto v. F. ROLFI, Sull’ambito del controllo di “ritualità” nel concordato semplificato, in www.ilfallimentarista.it, 5 febbraio 2024.

[69] F. TERRUSI, Il concordato semplificato ecc., cit.,18.

[70] F. TERRUSI, op. e loc. ult. cit.