Giurisprudenza

L’art. 47, c. 4, CCII, secondo la Corte d’Appello di Milano


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Articolo

Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili: aspetti (teorici ed) operativi


Andrea Panizza

Data pubblicazione
11 agosto 2021

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Sommario: 1. Il nuovo art. 2086 c.c.: finalità e grado di sua applicazione da parte delle imprese – 2. I soggetti coinvolti - 3. Gli adeguati assetti organizzativi - 4. Gli adeguati assetti amministrativi - contabili – 5.  Conclusioni

(*) Il presente contributo è destinato a un volume collettaneo sull’adeguatezza degli assetti aziendali a cura di Stefano Ambrosini.


1.        Il nuovo art. 2086 c.c.: finalità e grado di sua applicazione da parte delle imprese

La doppia velocità con la quale era stata originariamente prevista l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel D.Lgs 14/2019 è risultata ulteriormente dilatata per via dei noti eventi pandemici e dello slittamento provocato in seguito ai lavori della Commissione Ministeriale insediata nell’aprile del 2021 per elaborare proposte di sostanziali interventi sul Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza[1]. Non va, però, dimenticato che tra le norme contenute in questo rilevante provvedimento normativo, e già entrate in vigore dal 16 marzo 2019, vi è quella[2] che ha previsto l’introduzione del secondo comma dell’art. 2086 c.c.

Con questa integrazione il legislatore ha stabilito che l'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.  

La rinomina della rubrica dell’art. 2086 c.c., da “Direzione e gerarchia dell’impresa” a “Gestione dell’impresa”, evidenzia l’intenzione del legislatore di affrontare il tema degli adeguati assetti con l’adozione di un approccio di tipo economico-aziendale.

L’allargamento dell’obbligo di dotarsi di adeguati assetti alla quasi totalità delle imprese italiane appare poi confermato dal testo del c. 1 dell’art. 3 del Codice della crisi che definisce i doveri del debitore.[3]

Nello stesso è, infatti, fornito esplicito riferimento all’imprenditore individuale che deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere le iniziative necessarie a farvi fronte, rendendo pertanto secondario il riferimento alla forma giuridica e alla dimensione per ritenere applicabili quei comportamenti virtuosi di buona gestione, che tanto consentono ai fini della prevenzione di situazioni di crisi.

Nei contenuti del suo secondo comma, lo stesso art. 3 del Codice della crisi conferma l’obbligo in capo all’imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ancora una volta, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.

L’allargamento dell’obbligo di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili a tutti gli imprenditori operanti in forma societaria o collettiva, attraendoli, in questo modo, ai doveri originariamente previsti dall’art. 2381 c.c. per le sole società per azioni, fa emergere in modo rilevante la necessità di una crescita, in primis, culturale da provocare ai vari livelli della struttura organizzativa delle imprese italiane, in particolare di quelle di piccole e medie dimensioni.

Il processo di crescita dovrebbe favorire la rimozione o, quantomeno, l’attenuazione di frequenti e comuni fattori critici quali il sottodimensionamento, il capitalismo familiare, il personalismo autoreferenziale dell’imprenditore, la debolezza degli assetti di corporate governance, le carenze nei sistemi operativi e l’assenza di monitoraggio e di pianificazione, anche a breve termine.[4]

La contestuale presenza di molti di questi elementi, e il tempo che si rende necessario nella previsione di un sostenibile percorso di adeguamento, ha reso (e rende tuttora) difficoltoso il puntuale rispetto del dettato normativo da parte di molte società.

La frequenza con la quale l’imprenditore associa, confondendola, l’entrata in vigore dell’obbligo di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, con quella di altre disposizioni contenute nel Codice della crisi (es. l’istituto dell’allerta[5]) appare tuttora troppo alta.

I reiterati slittamenti della definitiva entrata in vigore del Codice della crisi avrebbero dovuto consentire alle imprese di concentrarsi sullo svolgimento delle attività necessarie per l’implementazione degli adeguati assetti. Al contrario si è assistito ad un pericoloso immobilismo da parte della quasi totalità delle piccole e medie imprese che ha lasciato sinora inapplicata proprio la norma già entrata in vigore.

Molte attenzioni del mondo imprenditoriale, ma anche di quello professionale, sono infatti state dedicate agli indici della crisi, da concepirsi quale strumento in grado di far ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa e favorire il rispetto degli obblighi di segnalazione posti a carico dei soggetti di cui agli articoli 14 e 15.  Il rispetto degli indici della crisi è previsto nell’ambito di applicazione dello strumento di allerta, ad oggi non ancora entrato in vigore.

Questa mal posizionata attenzione va prontamente corretta e canalizzata sui vigenti obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore. È solo con la corretta implementazione degli assetti previsti dalla norma che l’imprenditore è in grado di produrre e disporre di quell’insieme di informazioni sistematicamente raccolte ed organizzate che gli consentono, tra le altre, di rilevare tempestivamente la crisi e, altrettanto prontamente, di attivarsi per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

La strada sembra segnata e ben definita nei suoi tratti fondamentali. Le imprese italiane, di qualsiasi dimensione, devono fare un salto di qualità in termini di adozione di un modello di indirizzo della gestione (corporate governance) che consenta loro di prendere le distanze dai comportamenti del passato, frequentemente caratterizzati da un diffuso disordine organizzativo, e che favorisca il costante monitoraggio dell’andamento aziendale, la possibilità di tempestiva rilevazione delle criticità e la previsione di interventi a garanzia della continuità[6].   

 

2.        I soggetti coinvolti

La definizione di adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile deve transitare da un preventivo richiamo al principio di corretta amministrazione, da ritenersi clausola generale di comportamento degli amministratori non solo di società quotate. A conferma, esplicito riferimento alla corretta amministrazione è riscontrabile nell’art. 2403 c.c., in relazione ai doveri del Collegio sindacale, e nel primo comma dell’art. 2409 terdecies, in relazione alle competenze del consiglio di sorveglianza. Il rispetto delle regole di buona gestione, non solo quelle di natura giuridica, ma anche tecnica, è pertanto da considerare norma di diritto comune.[7]

L’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili appare, quindi, strumento necessario per lo svolgimento della gestione conformemente al principio di corretta amministrazione.  

L’art. 2381, c. 5, prevede che il compito di curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa sia degli organi delegati. Al Consiglio di Amministrazione è attribuito il compito di valutare l’adeguatezza degli assetti sulla base delle informazioni ricevute, mentre al Collegio sindacale (o al consiglio di sorveglianza o al comitato per il controllo sulla gestione) è attribuito quello di vigilare sull’adeguatezza degli stessi.

Nell’indirizzare il Collegio sindacale (o il sindaco unico) nello svolgimento della sua attività di vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento dell’assetto organizzativo[8], del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha previsto precisi riferimenti nell’ambito della recente versione aggiornata del documento Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate[9].  

L’evoluzione dei principi e delle norme che regolamentano l’attività di società quotate, e la previsione della loro adozione, con criteri di proporzionalità e flessibilità, anche a società di minori dimensioni, favoriscono valutazioni sulla possibilità di prevedere una sempre più diffusa applicazione delle regole di buon governo previste per la governance di società quotate.[10]  

Questi elementi e i nuovi obblighi derivanti dall’entrata in vigore del Codice della crisi[11] favoriscono la rappresentazione del modello di governo aziendale di tipo tradizionale, da prevedersi in situazione di going concern, riportata nella figura di seguito esposta.

 

Figura 1 – Mappa dei ruoli di amministrazione e controllo rilevanti in situazione di going concern[12]

 

Nella definizione del modello organizzativo aziendale e nella mappatura dei ruoli che lo rappresentano è necessario considerare, tra gli altri[13], quello ricoperto dal management operativo che interviene ai vari livelli della struttura organizzativa in quanto fondamentale per l’efficace funzionamento del modello stesso.[14]

 

3.        Gli adeguati assetti organizzativi

In molti casi le nuove disposizioni normative impongono agli amministratori di società un necessario ripensamento del proprio protocollo organizzativo. L’analisi, la progettazione e l’implementazione di un assetto, adeguato alla natura e alla dimensione dell’impresa, che sia realmente in grado di soddisfare le esigenze aziendali nel rispetto della norma, rappresenta il non semplice compito a cui gli organi delegati sono chiamati.

Nella ricerca di riferimenti per la definizione dell’assetto organizzativo, inclusivo del sistema di controllo interno e di quello di gestione dei rischi aziendali, ci si può indirizzare, oltre che ai puntuali riferimenti forniti da autorevole dottrina[15], nei confronti di recenti norme di comportamento emanate da organismi professionali, quali il documento Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate[16] del CNDCEC, o di altre, quali il Codice di Corporate Governance, pubblicato dal Comitato per la Corporate Governance[17].

Illustrando i principi a cui il Collegio sindacale deve attenersi nello svolgimento dell’attività di vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento dell’assetto organizzativo, le sopraccitate Norme di comportamento prevedono per assetto organizzativo:

i.Il sistema di funzionigramma e di organigramma e, in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità,

ii.Il complesso procedurale di controllo.

Le stesse norme forniscono quale specifico riferimento da ricercare in relazione all’adeguatezza dell’assetto organizzativo la presenza di una struttura compatibile alle dimensioni della società, nonché alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, nonché alla rilevazione tempestiva degli indizi di crisi e di perdita della continuità aziendale e la possibilità di consentire, agli amministratori preposti, una sollecita adozione delle misure più idonee alla sua rilevazione e alla sua composizione. Gli organi delegati e gli amministratori della società, sotto la vigilanza del Collegio sindacale, sono rispettivamente chiamati a curare e a valutare, in termini di sua adeguatezza, una struttura organizzativa che sia realmente in grado di rappresentare, oltre che le funzioni aziendali esistenti, la coerente attribuzione di compiti, le conseguenti responsabilità e le deleghe o i poteri attribuiti ad ogni funzione aziendale.[18]

Il Codice di Corporate Governance per le società quotate nelle raccomandazioni descritte in corrispondenza dell’art. 1 – Ruolo dell’organo di amministrazione – prevede tra i compiti dell’organo di amministrazione quello di definire il sistema di governo societario della società e la struttura del gruppo ad essa facente capo e valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società e delle controllate aventi rilevanza strategica, con particolare riferimento al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi.[19]

I riferimenti al sistema di controllo interno e a quello di gestione dei rischi, riscontrabili nelle parti di entrambi i sopraccitati documenti in cui viene definito l’assetto organizzativo, portano a considerare l’adeguatezza dell’assetto in presenza della puntuale individuazione dei principali fattori di rischio aziendale e delle conseguenti attività di buona gestione e regolare monitoraggio.

Il CNDCEC nel definire tale adeguatezza, con la norma 3.5 del documento Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate, oltre a individuare la necessaria presenza di una struttura compatibile con le dimensioni della società, alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, prevede la necessaria tempestiva rilevazione degli indizi (del rischio) di crisi e di perdita della continuità aziendale.

Il richiamo alla funzione del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi è presente, forse ancora più marcatamente, anche nell’art. 6, principio XVIII, del Codice di Corporate Governance che definisce tale sistema come l’insieme delle regole, procedure e strutture organizzative finalizzate ad una effettiva ed efficace identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei principali rischi, al fine di contribuire al successo sostenibile della società.[20]

L’esplicito riferimento al “successo sostenibile della società”, inteso come obiettivo che guida l’azione dell’organo amministrativo e che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società, riscontrabile sin dall’art. 1 del Codice – Ruolo del Consiglio di Amministrazione, conferma il grado di crescente  attenzione che le società quotate devono riservare all’individuazione di strategie indirizzate alla sostenibilità dell’attività svolta.[21]

Il richiamo al concetto di successo sostenibile è presente anche nella definizione di piano industriale fornita dallo stesso Codice. A conferma dell’importanza crescente del ruolo di questo fondamentale strumento di pianificazione strategica, il piano industriale è deputato a descrivere gli obiettivi strategici dell’impresa e le azioni individuate per il raggiungimento degli stessi da svolgersi con la coerenza che deriva dal livello di esposizione al rischio prescelto. Il tutto nell’ottica di favorire, ancora una volta, il raggiungimento del successo sostenibile della società.[22]

Seppure rivolto alle società quotate, il Codice è improntato al rispetto del principio di proporzionalità che prevede l’applicazione dei principi e delle raccomandazioni anche a società diverse da quelle di grandi dimensioni;[23] ciò conferma la sempre più diffusa necessità di prevedere in capo alle imprese di minori dimensioni l’applicazione delle regole di buona gestione, normalmente associate ad imprese strutturalmente ed organizzativamente dimensionate.

La presenza in azienda di un dettagliato sistema rappresentato da funzioni, poteri, deleghe, processi e procedure è in linea con quanto previsto con la definizione di assetto organizzativo, da ricondurre, a sua volta, a due distinte componenti: la struttura organizzativa e i sistemi operativi.

Alla prima sono fondamentalmente rapportabili la struttura organizzativa di base (nella sua componente rappresentata dalle unità organizzative, dai compiti e dalle relazioni), la struttura delle unità organizzative (con evidenza di mansioni e responsabilità) e l’assegnazione dell’autorità e delle modalità di applicazione del potere. La struttura organizzativa definisce ed individua i necessari livelli gerarchici e i conseguenti rapporti formali di dipendenza.

La seconda, riconducibile alla definizione del sistema dei processi, alla determinazione degli obiettivi, delle strategie e all’assegnazione delle risorse (sistema di pianificazione programmazione e controllo), al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi, a quello di gestione del personale, al sistema di autoregolamentazione e a quello informativo, rappresenta la componente in grado di definire il grado di relazione tra le unità organizzative.[24]

Le più volte citate Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate (CNDCEC) forniscono precisi riferimenti sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo. Tali riferimenti, da porsi in stretta relazione alle caratteristiche della società, alla natura e alla modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, sono riconducibili:

-          alla presenza di un’organizzazione gerarchica;

-          alla redazione di un organigramma aziendale che definisca in modo chiaro le funzioni, i compiti e le linee di responsabilità;

-          all’effettivo esercizio dell’attività decisionale e direttiva della società da parte dell’amministratore delegato e dai soggetti ai quali sono attribuiti specifici poteri;

-          alla presenza e all’applicazione di procedure che assicurino:

-           l’efficacia e l’efficienza della gestione dei rischi aziendali;

-          l’efficacia e l’efficienza del sistema di controllo interno;

-          la completezza, la tempestività e l’attendibilità dei flussi informativi, inclusi quelli inerenti alle società controllate.

-          all’esistenza di procedure che siano in grado di assicurare la presenza di personale in possesso dell’adeguata professionalità e competenza necessarie allo svolgimento delle funzioni assegnate;

-          alla presenza di direttive e procedure aziendali, periodicamente aggiornate e diffuse ai vari livelli della struttura organizzativa, con particolare riferimento:

-          al sistema dei processi aziendali;

-          al sistema di definizione degli obiettivi strategici (pianificazione strategica e programmazione);

-          al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi aziendali;

-          al sistema di gestione del personale;

-          al sistema di autoregolamentazione;

-          al sistema informativo.

Il sistema organizzativo aziendale, progettato sulla base delle caratteristiche dell’impresa, deve comunque essere in grado di favorire l’individuazione e l’attribuzione delle responsabilità, le linee di dipendenza gerarchica, la descrizione dei compiti e la rappresentazione del processo aziendale di formazione e attuazione delle decisioni.[25]

 

3.1.            Il sistema di gestione dei rischi aziendali

L’obiettivo che il legislatore si è dato con il Codice della crisi è quello di favorire l’adozione di un approccio alla gestione di tipo forward looking, rispetto a quello meramente consuntivo generalmente utilizzato dall’imprenditore, in particolare da quello medio/piccolo. In questo modo l’emersione della crisi viene anticipata nel tempo, con la possibilità di intercettare le prime manifestazioni di declino e contestualizzarle in un ben identificato momento. La maggiore attenzione al rischio di crisi e a quello di perdita della continuità è confermata dal contenuto del novellato art. 2086 c.c.

Il piano industriale, quale espressione del sistema di pianificazione strategica, deve garantire la rappresentazione delle modalità con le quali l’imprenditore intende gestire i rischi aziendali, ovvero l’insieme degli effetti associati ad eventi futuri incerti che possono influenzare il raggiungimento degli obiettivi aziendali.[26]

Per garantire il mantenimento e il rafforzamento della capacità dell’impresa di creare valore per gli azionisti e per gli stakeholders aziendali, e la ricerca del successo sostenibile della società, diviene sempre più necessaria l’adozione di specifiche procedure per il contenimento del rischio.

Standard di riferimento per la disciplina dei sistemi di gestione certificabili, quali ISO 9001 – Sistema per la gestione della qualità, ISO 14001 – Sistema di gestione ambientale, ISO 27001 – Sistema di gestione della sicurezza delle informazioni, ISO 45001 – Sistema di gestione della salute e sicurezza occupazionale, hanno reso centrale l’approccio al rischio (c.d. Risk Based Thinking). In tal senso l’High Level Structure, inteso come nuova struttura comune a tutti i nuovi standard ISO definita per favorire l’omogeneità tra gli stessi.

Il coinvolgimento della struttura organizzativa nel processo di mitigazione dei rischi aziendali riguarda in primis l’alta direzione. È quest’ultima che, anche con l’eventuale supporto di specifica funzione aziendale, provvede all’identificazione, descrizione, stima e valutazione dei rischi aziendali individuati, oltre che alla programmazione di azioni finalizzate alla loro eliminazione o gestione.[27]

Pur tenendo in stretta considerazione la propria dimensione, tutte le imprese dovrebbero prevedere l’applicazione di un approccio metodologico che sia finalizzato alla gestione dei rischi aziendali (c.d. risk management) e che possa, conseguentemente, rappresentare un fondamentale contributo informativo per la costruzione di un consapevole processo decisionale.

Modelli come l’ISO 31000:2018 e l’ERM – Enterprise Risk Management – Integrated Framework 2017, rappresentano interessanti riferimenti anche per realtà di piccole/medie dimensioni in quanto caratterizzati da una spiccata modularità che favorisce l’applicazione di un approccio ragionato e proporzionale all’implementazione del modello stesso.

Lo sviluppo di un processo di risk management, da articolarsi in modo più o meno approfondito a seconda delle caratteristiche e delle dimensioni aziendali, può essere ricondotto all’individuazione di alcune attività ed elementi da svolgere e tenere sotto controllo in un’alternanza di interventi di natura tecnica e manageriale. Ci si può riferire, in particolare:

-          all’analisi del contesto (interno ed esterno) e alla mappatura degli stakeholders. Tali attività sono riconducibili, tra le altre:

-          alla redazione della S.W.O.T. analysis;

-          all’analisi del mercato in cui la società opera;

-          all’analisi dei prodotti e dei servizi offerti e dei relativi cicli di vita;

-          all’analisi dei clienti;

-          all’analisi dei competitor.

-          alla redazione di piano industriale e finanziario che illustri gli obiettivi strategici e di risk management prefissati (con descrizione del livello di rischio accettabile e di tolleranza);

-          all’identificazione, descrizione, stima e valutazione dei rischi (risk assessment)[28];

-          alla gestione del rischio (trattamento e risposte/valutazione per la sua mitigazione);

-          alla rilevazione dei livelli di rischio superiori a quelli ritenuti accettabili (residual risk reporting) e continuo aggiornamento delle informazioni finalizzato al potenziale allineamento tra il livello di rischio accettabile ed effettivo;

-          alla verifica periodica dei risultati (monitoraggio) e continuo miglioramento del sistema.

L’evidente utilità che deriva dall’applicazione di un sistema di risk management sarà tanto più amplificata quanto più alto sarà il livello di commitment della direzione aziendale e altrettanto alta la crescita della cultura aziendale ai vari i livelli della struttura organizzativa, crescita da favorire anche con la comunicazione e condivisione dei risultati ottenuti.[29]

Il complesso di regole (c.d. compliance program) con le quali sono definiti i contesti organizzativi e procedurali finalizzati a favorire la prevenzione dei principali rischi aziendali sono ad oggi rappresentati, tra gli altri, da  elementi quali il Modello di organizzazione gestione e controllo ex D.Lgs 231/2001, il Codice di Corporate Governance (più volte richiamato nel presente contributo), il Regolamento UE n. 679/2016 (GDPR) in materia di protezione dei dati personali, la normativa antiriciclaggio ex D.Lgs 231/2007, le norme ISO.

 

3.2.Il sistema di controllo interno

Quale ambito operativo della struttura organizzativa, il sistema di controllo interno è definito nel documento Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate (CNDCEC), come l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative adottate dall’impresa allo scopo di raggiungere, attraverso un adeguato processo di identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei principali rischi, i seguenti obiettivi:

-          obiettivi strategici, volti ad assicurare la conformità delle scelte del management alle direttive ricevute e all’oggetto che la società si propone di conseguire, nonché a garantire la salvaguardia del patrimonio aziendale e a tutelare gli interessi degli stakeholders;

-          obiettivi operativi, volti a garantire l’efficacia e l’efficienza delle attività operative aziendali;

-          obiettivi di reporting, volti a garantire l’attendibilità e l’affidabilità dei dati;

-          obiettivi di conformità, volti ad assicurare la conformità delle attività aziendali, alle leggi e ai regolamenti in vigore.[30].

La dicotomia concettuale presente nel trattare il tema del controllo interno impone un approfondimento della distinzione tra controllo di merito e controllo di legalità. Il tutto considerando la presenza di una molteplicità di soggetti e ruoli coinvolti in questo tipo di attività.

Nella prima delle due forme di controllo (quello di merito) saranno i soci ad intervenire sull’opportunità e la convenienza economica dell’attività di gestione svolta dagli amministratori, anche con il supporto informativo derivanti dall’assetto amministrativo-contabile.[31] Con la piena operatività anche nel nostro ordinamento della business judgement rule, ossia del principio di insindacabilità nel merito delle scelte gestorie degli amministratori[32], appare infatti evidente come l’intervento del giudice, del Collegio sindacale o dei revisori non possa essere esteso alla  valutazione del risultato dell’attività, se non in presenza di manifesta irrazionalità.

L’art. 2403 c.c. prevede in capo al Collegio sindacale la vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Il controllo di merito, così come sopra descritto, è pertanto affiancato da quello di legalità, di competenza del Collegio sindacale.

L’attività di vigilanza prevista in capo ai sindaci non si riferisce solamente a quello di legittimità, ma a quella legata alla correttezza gestionale e, in particolare, all’adeguatezza dell’assetto organizzativo, a sua volta inclusivo del sistema di controllo interno. Il Collegio sindacale è pertanto chiamato ad effettuare un sintetico e complessivo controllo finalizzato alla verifica della idoneità delle procedure aziendali a favorire il monitoraggio dei fattori di rischio e la pronta emersione/gestione delle criticità[33].

L’evoluzione della percezione che l’imprenditore ha nei confronti del controllo deve essere rappresentata dal cambiamento di approccio, solitamente di diffidenza a questo tipo di attività, e la trasformazione della sensazione di sua inutilità in vera e propria opportunità di miglioramento e crescita, anche culturale.

Anche alla luce della pubblicazione di framework che prevedono la profonda integrazione tra linee guida destinate ai consigli di amministrazione chiamati ad intervenire nella valutazione/gestione del rischio aziendale e il sistema di controllo interno, su tutti l’ultima versione del framework ERM – Enterprise Risk Management (2017), si può affermare che questo approccio debba intendersi applicato all’azienda in tutti i suoi aspetti di business quali la governance, la pianificazione strategica, la misurazione delle performance ed il sistema di controllo interno.[34]

Le tematiche affrontate da quest’ultima versione del framework sono quelle legate all’evoluzione e al miglioramento della gestione dei rischi aziendali, oltre che quelle riconducibili al cambiamento del mercato e delle organizzazioni. Il nuovo framework evidenzia la necessità di effettuare la valutazione del rischio non solo all’interno della fase di definizione della strategia, ma anche successivamente nella conduzione delle attività dell’organizzazione. Questo per rendere la gestione (auspicabilmente anticipatoria) del rischio quale componente fondamentale dell’intera organizzazione. Quest’ultima versione del framework ERM rappresenta l’evoluzione di quella del 2004.

La crescente mutevolezza del contesto economico e la necessità di cogliere i segnali del suo cambiamento portarono, infatti, la Treadway Commission alla realizzazione di un nuovo framework: il CoSO Enterprise Risk Management (ERM). Pubblicato nel 2004, ingloba al suo interno il primo framework CoSO, evidenziando, rispetto al precedente documento del 1992, la pratica di gestione del rischio per l’organizzazione, e concretizzandosi come strumento operativo per il management.

Le cinque componenti nelle quali si sviluppa il sistema di controllo interno tramite l’applicazione del c.d. CoSO Report (Internal Control), nella sua prima versione (1992), sono finalizzate al raggiungimento di obiettivi riconducibili all’efficienza operativa, all’adeguatezza informativa e alla rispondenza alla norma.[35]

Lo sviluppo di questo modello ha sancito il rapporto fra la strategia, gli obiettivi dell’organizzazione, i rischi e i controlli, riportando la descrizione del suo funzionamento all’interno di una matrice tridimensionale.[36]

Il modello ERM si presenta come strumento estremamente flessibile che può essere applicato sia all’interno del processo di gestione del rischio aziendale, sia ai singoli obiettivi che alle singole unità operative, caratterizzandosi come processo multidirezionale all’interno del quale ogni elemento è condizionabile dagli altri.[37]

All’interno del modello è inoltre possibile rilevare le distinzioni attribuite al processo di risk assessment, caratterizzato da una prima fase di identificazione degli eventi negativi, da valutazioni di probabilità e impatto economico, nonché dall’individuazione delle contromisure applicabili, (c.d. risk response).

Lo sviluppo del framework CoSO Report porta quindi diversi elementi a valore aggiunto quali, ad esempio, il cambio di prospettiva che prevede l’inclusione e il riferimento sia ad elementi interni che esterni dell’organizzazione, oltre che l’introduzione di obiettivi di tipo strategico e la valutazione di elementi di rischio non solo negativi, ma anche variabili a riscontro positivo.

Considerate le necessità delle organizzazioni in termini di implementazione e governo dei sistemi di controllo interno, e alla luce degli scenari economici osservati, nel 2013 il CoSo sviluppò un nuovo aggiornamento del documento originario: l’Internal Control - Integrated Framework. Con approccio principle based, il documento esprime diciassette principi applicativi associati ai cinque elementi costitutivi dei sistemi di controllo interno, già presenti nei precedenti framework.

Il documento, confermando l’obiettivo di definire e chiarire i requisiti per individuare gli elementi rappresentativi di un efficace sistema di controllo interno, riprende diversi aspetti dai precedenti modelli,  unificando il contenuto e confermando gli stessi, pur esaltando nuovi aspetti quali la centralità del Consiglio di Amministrazione all’interno del sistema di controllo interno, l’inclusione della reportistica interna e dell’informativa non finanziaria tra gli obiettivi di reporting e il ruolo centrale e determinante della tecnologia all’interno del sistema dei controlli.

Con l’ultimo importante aggiornamento del 2017 il documento rappresenta il nuovo Enterprise Risk - Management Integrated Framework. Lo sviluppo del documento affronta nuovamente le tematiche legate al cambiamento del mercato e delle organizzazioni, oltre che l'evoluzione della gestione del rischio aziendale e la sempre più crescente esigenza per le organizzazioni di migliorare il governo dello stesso, assecondando un ambiente aziendale in continua evoluzione. 

Il nuovo framework evidenzia la necessità della valutazione del rischio non solo all’interno della fase di definizione della strategia, ma anche successivamente nella conduzione delle attività dell’organizzazione. La gestione del rischio non dovrebbe essere concepita come elemento esterno, ma rappresentare parte integrante dell’organizzazione, con l’obiettivo di cogliere in via anticipatoria i segnali di rischio prima che questi possano provocare situazioni di difficoltà.

L’identificazione dei componenti del sistema di controllo interno, integrato con quello di gestione dei rischi, rappresentato (anche) dai modelli sopra descritti, deve essere arricchita dalla descrizione delle modalità di svolgimento delle attività riconducibili al medesimo sistema di controllo. Ci si riferisce ad elementi e attività riconducibili a componenti quali: la governance, il sistema di autoregolamentazione, l’informazione/comunicazione, la formazione, la gestione delle risorse umane e il controllo.

Le attività di controllo riferibili alla governance riguardano, tra le altre, la struttura organizzativa, l’articolazione delle responsabilità, la presenza di mansionari e di adeguate job description, la presenza di un applicato sistema di pianificazione, programmazione e controllo, nonché di piani di attuazione delle azioni correttive.

Quelle riconducibili al sistema di autoregolamentazione si riferiscono alla presenza e applicazione di procedure, del codice etico, di manuali, regolamenti e istruzioni in genere.

Particolarmente rilevante e strutturata è l’attività di controllo da svolgere in relazione al sistema di informazione e comunicazione. In particolare, le modalità con cui viene garantita l’attività di veicolazione delle informazioni, le comunicazioni organizzative, le informazioni inerenti sistemi contabili, gestionali, informativi, di business intelligence, le relazioni degli organi di controllo e di vigilanza, le relazioni annuali e periodiche.

Le attività riconducibili alla formazione sono da porre in relazione a quelle da prevedere con riferimento alla gestione delle risorse umane. Ci si riferisce, in particolare, alla definizione e pianificazione dei piani di formazione e di sviluppo del personale, ma anche alla definizione e mantenimento dei sistemi di valutazione delle competenze, alla loro mappatura, al sistema di valutazione delle prestazioni e del clima aziendale, oltre a quelle più squisitamente collegabili alla definizione dei piani di successione delle risorse, con particolare attenzione da riservare a quelle “chiave”.

Variegate e di particolare importanza sono le attività da prevedere per l’effettuazione dei controlli. Nel loro svolgimento devono essere esplicitati i principi di riferimento applicati, rappresentati i controlli all’interno di specifiche matrici dei rischi, predisposti specifici piani di audit e previsto il monitoraggio dei principali key performance indicator (KPI) e key risk indicator (KRI). Devono essere predisposti documenti che evidenzino gli scostamenti significativi tra quanto pianificato e quanto verificato (gap analysis) e previste le attività di intervento sulle varie componenti riconducibili ai vari sistemi implementati in azienda (es. review del sistema di controllo di gestione, di gestione del magazzino, della produzione, ecc.).

Il rilevamento di violazioni, emerse con le attività di controllo, sarà seguito da un intervento di risposta alle violazioni così come opportunamente previsto dal sistema disciplinare e sanzionatorio.[38]

 

4.        Gli adeguati assetti amministrativi - contabili

Partendo da una sostanziale difficoltà rilevabile nel cercare di fornire una netta distinzione tra assetto amministrativo e contabile, appare comunque opportuna l’individuazione, ancorché in linea di principio, degli elementi che rappresentano queste due componenti. In questo tentativo di inquadramento generale, la dimensione dell’impresa è da considerare elemento da attenzionare (anche) alla luce della ridotta complessità organizzativa ed operativa espressa dalla maggioranza delle PMI.

Autorevole dottrina in materia, norme di comportamento e documenti di ricerca economico-aziendale, non sempre perfettamente sovrapponibili tra di loro, rappresentano, comunque, utili riferimenti a cui rifarsi.   

Dal testo del secondo comma dell’art. 2086 emerge con sufficiente chiarezza la forte correlazione tra concetto di assetto organizzativo e concetto di assetto amministrativo-contabile, fino al punto di considerarli come un unicum rappresentato da disposizioni, procedure e prassi operative in grado di garantire che la gestione aziendale si sviluppi nel rispetto delle condizioni di equilibrio generale e di quanto previsto da leggi, regolamenti e disposizioni statutarie.

Gli assetti amministrativi e contabili, di fatto, rappresentano sottosistemi dei più ampi assetti organizzativi che consentono di determinare e verificare, a livello previsionale e/o consuntivo l’andamento della gestione e i risultati dalla stessa prodotti in termini economico-finanziari, favorendo la tempestiva rilevazione di situazione di crisi e perdita di continuità aziendale.[39]

Secondo le Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate (CNDCEC), il sistema amministrativo-contabile è (semplicemente) rappresentato dall’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative dirette a garantire la completezza, la correttezza e la tempestività di una informativa societaria attendibile, in accordo con i principi contabili adottati dall’impresa.

Un utile riferimento per l’inquadramento del contesto e l’individuazione delle differenze tra assetti amministrativi e contabili è fornito nello stesso documento che ascrive il riferimento degli assetti amministrativi ad una dimensione dinamico – funzionale dell’organizzazione, intendendosi per tale l’insieme delle procedure e dei processi atti ad assicurare il corretto e ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle singole fasi.

L’assetto amministrativo può essere pertanto concepito come il contributo in termini di regole, strumenti e supporti, necessari per la produzione informativa da mettere al servizio delle successive elaborazioni da svolgere nell’ambito dell’assetto contabile. Nel senso di questa lettura va, ancora una volta, la norma di comportamento sopra richiamata che definisce l’assetto contabile come quella parte degli assetti amministrativi orientati a una corretta traduzione contabile dei fatti di gestione, sia ai fini di programmazione, sia ai fini di consuntivazione per la gestione e la comunicazione all’esterno dell’impresa.

In linea anche SIDREA che definisce l’assetto amministrativo come il sistema di disposizioni, procedure e prassi operative adottate dall’impresa che consentono di verificare la sussistenza delle condizioni di equilibrio del sistema aziendale mediante il confronto sistematico tra gli obiettivi perseguiti e i risultati conseguiti, e come assetto contabile il sistema di rilevazione dei fatti aziendali finalizzato alla rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria aziendale in coerenza con il framework normativo (tra cui i principi contabili applicabili) di riferimento.

Quale componente del più ampio assetto organizzativo, l’assetto amministrativo può essere, pertanto, alternativamente ricondotto alla struttura amministrativa dell’azienda od essere considerato come vero e proprio supporto alla gestione nel suo contesto esecutivo.[40]

In ogni caso, appare evidente come la produzione di un’informativa societaria tempestiva e qualitativamente rilevante, non solo di tipo consuntivo ma anche previsionale, rappresenti necessaria fonte per una pluralità di soggetti che entrano in contatto, a diverso titolo, con l’azienda.[41]

È pertanto ragionevole riportare all’assetto amministrativo l’insieme degli strumenti/sistemi di pianificazione e controllo, e le procedure per il loro utilizzo, in grado di produrre le informazioni necessarie al management aziendale per prendere decisioni, monitorare l’evoluzione della gestione ed analizzare gli scostamenti tra risultati attesi e risultati consuntivati. In questo caso l’assetto amministrativo incorpora i sistemi di pianificazione e controllo delle performance, parte dei sistemi di controllo interno e i sistemi informativi direzionali.[42]

Il diverso livello di approfondimento che può essere previsto nello sviluppo, nell’applicazione e nel mantenimento del sistema amministrativo è ascrivibile, ancora una volta, ai diversi gradi di complessità che caratterizzano le varie strutture organizzative. Vi sono imprese che, per caratteristiche del proprio business e per le dimensioni raggiunte, non possono prescindere dal prevedere l’applicazione di sistemi di pianificazione, programmazione e controllo caratterizzati da un certo grado di complessità e da una tempistica inerente alla produzione informativa strettamente ravvicinata nel tempo.

In altre imprese, soprattutto quelle di piccole o piccolissime dimensioni, generalmente prive di strutturati sistemi orientati alla previsione delle informazioni, una sistematica applicazione di sistemi di controllo (ancorché semplificati), orientati ad una mera applicazione di un’analisi di tipo consuntivo, potrebbe comunque garantire un’utile informativa per tenere sotto controllo ed orientare la gestione, individuando con immediatezza la presenza di indicatori che evidenziano il mancato rispetto delle condizioni di equilibrio del sistema aziendale. In questo caso il ricorso ad informazioni generalmente appartenenti all’assetto contabile nell’esecuzione delle analisi delle performance (di natura consuntiva) può comunque rappresentare un primo elemento di evoluzione verso successive e più strutturate configurazioni del sistema di controllo aziendale[43].

In ogni caso, è la stessa definizione di crisi, quale stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, introdotta dal legislatore con l’art. 3 del D.Lgs 14/2019, a rendere evidente la necessità dell’applicazione di un approccio preventivo alla gestione. Considerando poi che la situazione di (futura) probabilità di insolvenza si concretizza con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate, non può che essere confermato tale approccio previsionale in quanto orientato alla valutazione contabile del momento futuro in cui l’azienda diverrà insolvente.[44]

L’analitica articolazione del sistema di pianificazione, programmazione e controllo rappresenta elemento di garanzia in termini di produzione informativa per la gestione e per la conferma di adeguatezza dell’intero sistema amministrativo–contabile. La costante, e ripetuta nel tempo, applicazione di strumenti quali il piano industriale e il budget raggiunge lo scopo di favorire la previsione di scenari, definire le strategie e le azioni operative (di breve e di medio periodo) che conseguono all’applicazione delle strategie.

In questo ambito particolare importanza ricopre la configurazione del sistema informativo aziendale. La raccolta, la registrazione, l’elaborazione, la conservazione e la successiva comunicazione delle informazioni all’interno della struttura organizzativa dovrebbe essere garantita da un’impalcatura informatica che preveda l’impiego di sistemi gestionali integrati (ERP e CRM). Questo consentirebbe, oltre che di incrementare la qualità delle informazioni prodotte, di velocizzarne il transito e, conseguentemente, favorire la definizione delle strategie e delle scelte conseguenti da parte del management aziendale.

Nell’individuazione delle componenti nelle quali può concretizzarsi la struttura dell’assetto amministrativo è possibile rifarsi alla presenza e applicazione di:

-          un processo di redazione del piano industriale (e finanziario), che preveda il suo sviluppo in un orizzonte temporale di (almeno) tre–cinque anni, effettuato partendo dagli obiettivi del management e tenendo conto, tra le altre, della prevedibile evoluzione dello scenario macroeconomico, del mercato in cui opera l’azienda e dei suoi principali concorrenti. L’esecuzione di analisi di scenario e di stress-test, nonché la revisione (annuale) del piano rappresentano importanti fonti di aggiornamento informativo.

-          un processo di budgeting che sia orientato all’analisi economica (rappresentata dai vari budget operativi), all’analisi finanziaria (rappresentata dall’elaborazione del rendiconto finanziario, del budget di tesoreria e dal calcolo del DSCR) e patrimoniale (budget patrimoniale e degli investimenti), nonché dall’analisi degli scostamenti, da effettuarsi in occasione della redazione dei report periodici o con altra tempistica ritenuta comunque adeguata alle caratteristiche ed esigenze informative dell’impresa;

-          un processo di forecasting da applicarsi con la periodicità che si ritiene opportuna, anche alla luce di quanto emerso dall’analisi degli scostamenti;

 

Nella ribadita difficoltà riscontrabile nella ricerca di una non sempre chiara distinzione delle componenti nelle quali si articola l’assetto amministrativo–contabile, all’assetto contabile è ragionevole rifarsi con riferimento alla presenza di procedure, condivise e applicate ai vari livelli della struttura organizzativa, attinenti, tra le altre, alla gestione:

-          delle anagrafiche;

-          del ciclo attivo, passivo e di tesoreria;

-          della produzione;

-          del magazzino;

-          del personale;

-          tributaria;

-          del piano dei conti e delle modalità con le quali procedere alle registrazioni contabili del sistema di contabilità generale e di contabilità analitica (se presente);

-          del bilancio d’esercizio e l’applicazione dei principi contabili di riferimento.

Nella definizione delle componenti nelle quali può concretizzarsi la struttura dell’assetto contabile, oltre alla contabilità generale, è, pertanto, possibile rifarsi alla presenza e applicazione di:

-          un sistema di contabilità analitica e di determinazione dei costi di prodotto che rappresenta elemento di fondamentale importanza ai fini di una puntuale, e soprattutto corretta, analisi delle marginalità. La corretta definizione del costo di prodotto/servizio, e la conseguente possibilità di raffinare l’attività di pricing, transita dalla necessaria applicazione di un sistema di contabilità analitica che preveda, tra le altre, la determinazione del costo (orario) di trasformazione industriale, ingrediente necessario per il perfezionamento della distinta base di prodotto, elemento troppo spesso non sufficientemente curato da parte delle imprese.   

-          un processo di reporting, realmente progettato sulla base delle caratteristiche e delle esigenze informative dell’azienda. Rientranti in questa tipologia di intervento sono rilevabili, ad esempio, i report di natura produttiva (es. rilevamento dei tempi di produzione), report operativi inerenti ai costi e agli investimenti controllabili (es. controllo dei costi della qualità e ottimizzazione delle scorte di magazzino), report inerenti alla redditività per cliente e per singola unità organizzativa, report finalizzati all’analisi economica (es. conti economici divisionali), finanziaria (rendiconto finanziario e budget di tesoreria), patrimoniale ed eventualmente anche di tipo integrato.[45]

-          un sistema per le misurazioni, su valori consuntivi, delle performance. Si pensi all’utilizzo degli indici di bilancio, tra i quali sono presenti indicatori di redditività come il ROI, il ROE o l’effetto della leva operativa sul ROI, ma anche alle modalità di utilizzo della leva finanziaria, a strumenti come la BSC – Balanced Scorecard o altri come i modelli di misurazione del valore creato.

-          un sistema per la valutazione degli investimenti che preveda l’utilizzo di vari criteri quali ad esempio il VAN, il TIR, il payback period,

-          strumenti per la valutazione del capitale economico;

 

La necessaria confrontabilità dei dati di natura consuntiva (riconducibili all’assetto contabile) con quelli di natura preventiva (riconducibili all’assetto amministrativo), e la conseguente possibilità di analisi degli scostamenti, risulta garantita unicamente in presenza di linearità degli schemi e dei prospetti che compongono l’intero sistema di pianificazione, programmazione e controllo.[46].

È dall’applicazione di questo approccio che deriva la possibilità di intercettare agevolmente, ma soprattutto tempestivamente, le situazioni di crisi e di insolvenza prospettica, favorendo il pronto intervento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, così come auspicato dal legislatore.

Il nesso tra l’assetto amministrativo e il concetto di adeguatezza e di suo corretto funzionamento è desumibile dall’adozione di un approccio metodologicamente strutturato, e ripetuto nel tempo, degli strumenti riconducibili ai sistemi di pianificazione, programmazione e controllo, con il supporto di idonee procedure operative ed efficaci sistemi informativi.[47]  Questo rappresenta l’imprescindibile punto di partenza per garantire l’adeguatezza dell’assetto amministrativo da ritenersi confermata nel caso in cui la direzione sia messa in condizione di valutare tempestivamente gli andamenti economico finanziari dell’azienda e i loro effetti sulla situazione patrimoniale mediante il confronto fra obiettivi perseguiti (eventualmente formalizzati per il tramite di budget) e risultati conseguiti, sia a livello complessivo sia, se del caso, a livello di singole combinazioni economiche, anche per mezzo di indicatori di performance consuntivi o prospettici.[48]

La rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale, quale elemento necessario (e richiesto dalla norma) al sequenziale intervento finalizzato al superamento della crisi e al recupero della continuità aziendale, è tanto più favorita quanto maggiore è il livello qualitativo delle informazioni aziendali. Da qui la necessità di strutturare l’intero sistema informativo aziendale in modo da garantire tempestive emersioni della crisi e rilevazioni dell’interruzione della continuità aziendale.

L’adeguatezza del sistema contabile è confermata in presenza di completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione, della produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale, nonché della produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio[49]e per l’elaborazione di indicatori consuntivi, tra cui quelli di crisi previsti dal Codice della crisi.[50]

Gli approcci delineabili nell’accertamento della crisi (in particolare quello interno - previsionale) devono ritenersi applicabili con il supporto informativo che deriva dall’assetto amministrativo e contabile dell’impresa. Tanto più la produzione informativa risulta articolata, tanto più il management aziendale potrà disporre di utili informazioni di dettaglio per la gestione.[51]

Ancora una volta saranno la natura e le dimensioni dell’impresa, oltre che la sensibilità di chi la governa, a caratterizzare la configurazione dell’intero assetto amministrativo e contabile. Tale configurazione e l’applicazione delle procedure individuate condizioneranno, a sua volta, la valutazione della sua adeguatezza.

 

4.      Conclusioni

Appare naturale, a fine contributo, riprendere i concetti espressi nell’iniziale inquadramento descritto.

Il cambio di paradigma imposto dal secondo comma dell’art. 2086 c.c. alla quasi totalità degli imprenditori italiani deve provocare un profondo momento di riflessione. L’applicazione di un approccio squisitamente consuntivo e, in certi casi, disorganizzato alla gestione deve lasciare il campo ad altro ben più strutturato e riconducibile alla pianificazione strategica e alla programmazione. La chiara definizione degli obiettivi da raggiungere, e le strategie da trasformare in azioni per il loro conseguimento, devono pertanto rappresentare elemento prioritario.

Questo approccio preventivo, unitamente alla chiara identificazione dei rischi aziendali, consente di limitare, o quanto meno di contenere, il verificarsi di situazioni di criticità che potrebbero risultare bloccanti per la continuità. L’identificazione delle linee di responsabilità e dei relativi poteri, da porsi sempre in stretta relazione agli obiettivi, rappresenta altro elemento di fondamentale rilevanza.

Il corretto (e formalizzato) approccio metodologico da adottare nello svolgimento di specifici processi interni deve essere rigorosamente previsto da parte degli amministratori, chiamati anche, per il tramite di specifiche funzioni (controllo interno), a vigilare sulla sua corretta applicazione.

La puntuale condivisione delle informazioni ai vari livelli della struttura organizzativa rappresenta altro elemento chiave per il miglioramento della necessaria comunicazione interna, così come il frequente aggiornamento delle previsioni, da far seguire all’analisi dei consuntivi e degli scostamenti con quanto originariamente programmato, costituisce essenziale momento di produzione informativa.[52]

La capacità dell’imprenditore (e dei suoi professionisti) di individuare l’adeguata configurazione delle regole e dei comportamenti di buona gestione, da porre in relazione alle caratteristiche (tutte) dell’azienda, può rappresentare l’elemento in grado di decretare il successo (o l’insuccesso) di questo innescato processo evolutivo.

 

 



[1] Lo slittamento al 1° settembre 2021 del termine di definitiva entrata in vigore del Codice, originariamente previsto per il 15 agosto 2020, provocato nel corso della pandemia da Covid19 dal decreto–legge 8 aprile 2020 (convertito nella L. 5 giugno 2020 n. 40), è da ritenersi superato alla luce del nuovo termine individuato nella data del 16 maggio 2022 dal DL recante “misure urgenti in materia di crisi d’impresa e risanamento aziendale” approvato dal Consiglio dei Ministri in data 5 agosto 2021. Lo slittamento provocherebbe l’entrata in vigore del Codice della crisi ad avvenuta adozione della nuova direttiva comunitaria 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, inerente ai quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione.

[2] Ci si riferisce all’art. 375, 2 c., del D.Lgs 14/2019, Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

[3] Così S. Ambrosini, L’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili e il rapporto con le misure di allerta nel quadro normativo riformato, in Crisi d’impresa e Insolvenza, IlCaso.it, ottobre 2019, pag. 2-3.

[4] Si veda la Relazione illustrativa al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

[5] Il 31 dicembre 2023 è il nuovo termine previsto dal DL recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e risanamento aziendale, approvato in data 5 agosto 2021 dal Consiglio dei Ministri, per l’entrata in vigore dell’istituto dell’allerta, di cui all’art. 12 del D.Lgs 14/2019.

[6] Si veda P. Riva, La mappa dei ruoli e i compiti degli attori della governance societaria in attuazione di going concern, in “Ruoli di corporate governance”, a cura di P. Riva, Milano, Egea, 2020.

[7] Si veda P. Montalenti, I principi di corretta amministrazione: una nuova clausola generale in Assetti adeguati e modelli organizzativi, opera diretta da M. Irrera, Bologna, Zanichelli Editore, ed. 2020, pag. 3 e segg.

[8] Si veda S. Ambrosini, L’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili e il rapporto con le misure di allerta nel quadro normativo riformato, in Crisi d’impresa e Insolvenza, IlCaso.it, ottobre 2019, pag. 2-3. Con riferimento al profilo del controllo, Ambrosini descrive come “la vigilanza sull’adeguatezza della struttura organizzativa allude, da un lato, alla conformità delle procedure aziendali alle dimensioni della società ed al tipo di attività svolta, anche in rapporto all’esigenza di identificare con chiarezza le “linee di responsabilità”; dall’altro, alla verifica del fatto che la direzione dell’impresa sia effettivamente esercitata dagli amministratori e che il personale dipendente sia mediamente dotato di un confacente livello di competenza”.

[9] Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate, versione aggiornata alla data del 12 gennaio 2021 con le disposizioni introdotte dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178.

[10] Il Comitato Corporate Governance, costituito nel 2011 ad opera delle Associazioni di impresa (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria), Borsa Italiana S.p.A. e l’Associazione degli investitori professionali (Assogestionali), avente quale scopo istituzionale la promozione del buon governo societario delle società italiane quotate, ha approvato in data gennaio 2020 il Nuovo Codice di Corporate Governance, applicabile dal gennaio 2021 in sostituzione del Codice di Autodisciplina del 2018.

[11] Tra i quali la previsione dell’innalzamento dei limiti dimensionali per l’obbligo della nomina dell’organo di controllo, ancorché monocratico, e del revisore nelle società a responsabilità limitata e nelle cooperative.

[12] Tratto con modifiche da P. Riva, “Ruoli di Corporate Governance. Assetti organizzativi e DNF”, Egea, 2020.

[13] Per un approfondimento sui vari ruoli si veda P. Riva, La mappa dei ruoli e i compiti degli attori della governance societaria in situazione di going concern in Ruoli di Corporate Governance. Assetti organizzativi e DNF”, Egea, 2020, pag. 3 e segg.

[14] Si veda P. Bastia, Gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili nelle imprese: criteri di progettazione, in Ristrutturazioni Aziendali, IlCaso.it, luglio 2021, pag. 3.

[15] Si veda P. Bastia – E. Ricciardiello, Gli adeguati assetti organizzativi funzionali alla tempestiva rilevazione e gestione della crisi: tra principi generali e scienza aziendale, in Banca Impresa Società, Il Mulino, 2020.

[16] Ibidem nota 9.

[17] Ibidem nota 10.

[18] Norma 3.5. Vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento dell’assetto organizzativo in Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, gennaio 2021.

[19] In materia di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati nell’ambito dei gruppi societari si veda E. Ricciardiello, La crisi dell’impresa di gruppo tra strumenti di prevenzione e di gestione, Giuffrè Francis Lefebvre, 2020.

[20]Cit. art. 6 – Sistema di controllo interno e di gestione dei rischi – Principio XVIII – Codice di Corporate Governance – Comitato Corporate Governance, 2020.

[21] Cit. art. 1 – Ruolo del Consiglio di Amministrazione – Principio I – Codice di Corporate Governance – Comitato Corporate Governance, 2020

[22] Cit. Definizioni – Piano Industriale e Successo sostenibile – Codice di Corporate Governance – Comitato Corporate Governance, 2020.

[23] Si veda P. Riva, Gli “assetti organizzativi” quale cardine del successo sostenibile alla luce del Codice di Corporate Governance 2020. Un benchmark di riferimento, in Ruoli di corporate governance, a cura di P. Riva, Milano, Egea, 2020

[24] Airoldi G., Brunetti G., Coda V., Corso di economia aziendale, Bologna 2005

[25] Ibidem nota 18.

[26] Si veda F. Bassi, Sistema di controllo interno e di gestione dei rischi in Crisi e adeguati assetti per la gestione d’impresa, a cura di A. Panizza, Milano, Wolters Kluwer, 2020, pag. 87 e segg.

[27] Ibidem nota 26.

[28] La descrizione dei principali rischi e incertezze a cui la società è esposta rappresenta elemento da fornire anche nella Relazione sulla gestione, così come richiesto dall’art. 2428 c.c., a completamento e integrazione dell’informativa di bilancio. Il documento “La relazione sulla gestione – art. 2428 Codice Civile” del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, alla luce delle novità introdotte dal D.Lgs 32/2007, nel gennaio 2009 rileva che il legislatore richiede, con riferimento ai principali rischi e incertezze, una “descrizione”, ossia un’illustrazione che può essere proposta in forma discorsiva. In linea generale, devono essere inseriti e descritti i rischi che presentano un impatto rilevante sotto il profilo informativo e un’alta probabilità di accadimento. Devono essere oggetto di analisi soltanto eventuali rischi specifici corsi dalla società, diversi da tutti quei fenomeni connessi con la sua natura d’impresa: in altre parole, non si devono descrivere i rischi che corrono tutte le società in quanto tali, ovvero le società di quel particolare settore.

[29] Ibidem nota 26.

[30] Norma 3.6. Vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento del sistema di controllo interno in Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, gennaio 2021.

[31] Ibidem nota 9.

[32] Si veda Cass., 9 novembre 2020, n. 25056.

[33] Ibidem nota 23.

[34] Ibidem nota 26.

[35] Queste componenti sono rappresentate da elementi riconducibili all’ambiente di controllo, alla valutazione del rischio, all’attività di controllo, all’informazione e comunicazione e all’attività di monitoraggio. La prima dimensione riscontrabile all’interno del sistema di controllo è l’ambiente interno, dimensione entro la quale sono individuate le azioni e prese le decisioni volte al raggiungimento degli obiettivi riflettendo la volontà del management. Il risk assessment, parte integrante del sistema di controllo interno, consente, oltre che la rilevazione e la quantificazione dei potenziali rischi aziendali, anche la conseguente individuazione e adozione delle opportune strategie volte al superamento degli stessi, mentre le attività di controllo sono caratterizzate da tutte quelle azioni dedite al controllo delle attività prefissate in modo tale da garantirne l’effettiva esecuzione. La fase di monitoring activities, invece, prevede misure di controllo sull’intero sistema di controllo interno circa il corretto funzionamento. È nel sistema di comunicazione e informazione, componente del più ampio sistema di controllo interno, che trova collocazione il sistema informativo, apparato che dovrà garantire la disponibilità e protezione delle informazioni, permetterne agilmente l’elaborazione e l’estrazione in funzione degli obiettivi interni ed esterni.

[36]La matrice tridimensionale ospita nelle colonne quattro distinte categorie di obiettivi, mentre i componenti del sistema di controllo interno sono esposti orizzontalmente nella prima facciata. Nella terza dimensione trovano spazio le unità operative dell’organizzazione.

[37] In tal senso, La gestione del rischio aziendale ERM - Enterprise Risk Management: un modello di riferimento e alcune tecniche applicative - Edizione italiana a cura di Associazione Italiana Internal Auditors e PwC, Il Sole 24 Ore, maggio 2006.

[38] Ibidem nota 26.

[39] In tal senso Società Italiana dei Docenti di Ragioneria e di Economia Aziendale (SIDREA), Gruppo di Studio Diagnosi precoce e crisi di impresa, Le parole della crisi. La lettura degli aziendalisti italiani, marzo 2021, pag. 7.

[40] P. Bastia, Gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili nelle imprese: criteri di progettazione, in Ristrutturazioni Aziendali, IlCaso.it, luglio 2021. Bastia provvede ad una distinzione tra il semplice inquadramento dell’assetto amministrativo nell’apparato amministrativo dell’azienda e il suo più ampio supporto fornito alla gestione aziendale nel suo momento esecutivo.

[41] P. Bastia – E. Ricciardiello, Gli adeguati assetti organizzativi funzionali alla tempestiva rilevazione e gestione della crisi: tra principi generali e scienza aziendale, in Banca Impresa Società, Il Mulino, 2020. Gli autori, in particolare, riferiscono che “Lo scopo generale del sistema amministrativo-contabile è in sintesi quello di produrre informazioni rileganti e tempestive, anche di tipo predittivo, per il controllo sulla gestione da parte degli organi di amministrazione e di controllo, per il management, per le autorità di vigilanza (quando richiesto), per gli stakeholders per i necessari processi di comunicazione esterna (verso il sistema bancario, l’amministrazione finanziaria).

[42] Così Società Italiana dei Docenti di Ragioneria e di Economia Aziendale (SIDREA), Gruppo di Studio Diagnosi precoce e crisi di impresa, Le parole della crisi. La lettura degli aziendalisti italiani, marzo 2021, pagg. 9-10.

[43] Società Italiana dei Docenti di Ragioneria e di Economia Aziendale (SIDREA), Gruppo di Studio Diagnosi precoce e crisi di impresa, Le parole della crisi. La lettura degli aziendalisti italiani, marzo 2021, pag. 11.

[44] A. Quagli – A. Panizza in Il sistema di allerta, in Crisi d’impresa e Insolvenza, IlCaso.it, maggio 2019.

[45] Secondo l’IIRC un report integrato è una comunicazione sintetica che ha lo scopo di illustrare e dimostrare agli stakeholder come la strategia, la governance, le performance e le prospettive di un’organizzazione consentono di creare valore nel breve, medio e lungo periodo nel contesto in cui essa opera. Nell’anno 2018 il NIBR – Network Italiano Business Reporting, in collaborazione con l’IIRC e il WICI ha pubblicato lingua inglese il documento “Il Reporting Integrato delle PMI: Linee guida operative e casi di studio”. Il risultato di questa attività è stato successivamente (2019) ripreso e portato a conclusione in lingua italiana da parte dell’Organismo Italiano di Business Reporting (O.I.B.R.).  

[46] Ibidem nota 44.

[47] Ibidem nota 42.

[48] Società Italiana dei Docenti di Ragioneria e di Economia Aziendale (SIDREA), Gruppo di Studio Diagnosi precoce e crisi di impresa, § 2.7. L’adeguatezza degli assetti amministrativi e contabili, marzo 2021, pag. 14.

[49] Norma 3.7. Vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento del sistema amministrativo-contabile in Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, gennaio 2021.

[50] Ibidem nota 48.

[51] Sui diversi tipi di approccio all’accertamento dello stato di crisi si (esterno, interno – consuntivo, interno – previsionale) si veda A. Quagli – A. Panizza in Il sistema di allerta, in Crisi d’impresa e Insolvenza, IlCaso.it, maggio 2019.

[52] Si veda G. Bianchi, Assetti organizzativi, amministrativi e contabili in Assetti adeguati e modelli organizzativi, opera diretta da M. Irrera, Bologna, Zanichelli Editore, ed. 2020, pag. 149 e segg.