, 28 settembre 2024, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario: 1. Premessa 2. Il percorso storico dell’indisponibilità del credito tributario 3. I presupposti del cram down 4. Il cram down negli accordi di ristrutturazione del debito 5. Il cram down nel concordato preventivo 6. La transazione fiscale nella composizione negoziata della crisi 7. La transazione fiscale nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione 8. Conclusioni.
1. Premessa
Negli ultimi decenni, il panorama economico globale ha subito profonde trasformazioni, caratterizzate da periodi di crescita alternati a crisi economiche e finanziarie di vasta portata. Tali crisi hanno messo in evidenza l'inadeguatezza delle tradizionali procedure fallimentari nel rispondere efficacemente alle esigenze delle imprese in difficoltà e dei loro creditori. La rigidità e la lentezza delle procedure di insolvenza, infatti, spesso non consentivano di preservare il valore delle imprese né di trovare soluzioni rapide che potessero evitarne il dissolvimento definitivo.
In questo contesto, il legislatore italiano ha avviato una serie di riforme volte a modernizzare il quadro normativo in materia di crisi d’impresa e d’insolvenza. L’obiettivo era quello di introdurre strumenti più flessibili ed efficaci per la gestione delle situazioni di crisi che favorissero soluzioni concordate tra debitore e creditori, minimizzando le perdite per tutte le parti coinvolte e cercando di garantire la continuità aziendale.
Tra le varie innovazioni normative, un ruolo di particolare rilievo è ricoperto dall’istituto del cosiddetto "cram down" tributario, contributivo e previdenziale.
L'istituto del "cram down" è stato introdotto nel nostro ordinamento dal Decreto Legislativo n. 14/2019, noto come Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Questo strumento giuridico è stato ideato con l'intento esplicito di superare le resistenze ingiustificate alle soluzioni concordate da parte del creditore pubblico, spesso riscontrate nella prassi.
Pertanto, il cram down permette al Tribunale di omologare forzatamente il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti anche senza il consenso dell’Amministrazione finanziaria o degli altri enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie.
Ciò avviene, specificamente, quando l’adesione del creditore pubblico è determinante per raggiungere le maggioranze necessarie per l'approvazione dei predetti strumenti di regolazione della crisi e la proposta di soddisfacimento rivolta all'amministrazione o agli enti di previdenza risulta conveniente o non deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.
Prima dell'entrata in vigore del codice della crisi, l’articolo 3 primo comma -bis del D.L. n. 125/2020 (convertito con modifiche nella Legge 7 ottobre 2020, n. 125) aveva già anticipato alcune delle disposizioni ivi contenute.
Tale anticipazione normativa era motivata dalla crisi che affliggeva numerose imprese a causa della pandemia da Covid-19. Le modifiche avevano interessato, in particolare, l’art. 180, quarto comma l. fall. (per il concordato preventivo) e l’art. 182-bis, quarto comma l. fall. (per gli accordi di ristrutturazione dei debiti), con l'obiettivo di facilitare l’accesso delle imprese in crisi a soluzioni concordate alternative al fallimento.
La normativa introdotta con il codice della crisi, e anticipata in parte, come detto, dal D.L. n. 125/2020, ha portato a una serie di pronunce giurisprudenziali di merito che ne hanno testato l’applicazione pratica[1].
Siffatte pronunce offrono lo spunto per riflettere sull'evoluzione di questo istituto alla luce delle recenti modifiche normative, incluse quelle apportate dal D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, dal D.L. 13 giugno 2023, n. 69, convertito con L. 10 agosto 2023, n. 103 e, da ultimo, dal D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 27 settembre 2024 ed entrato in vigore il 28 settembre 2024 (c.d. decreto correttivo bis[2]).
Le modifiche introdotte[3] mirano a rendere il cram down uno strumento sempre più efficace per superare l'inerzia del creditore pubblico ed a facilitare soluzioni concordate che possano evitare la liquidazione giudiziale, garantendo, al contempo, una gestione più efficiente delle crisi d’impresa in conformità con i principi dettati dalla direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. direttiva Insolvency).
Siffatto quadro normativo sottolinea l'importanza di un approccio flessibile e proattivo nella gestione delle situazioni di insolvenza, valorizzando le soluzioni che favoriscano la continuità aziendale e la salvaguardia del tessuto economico.
La sua efficacia dipenderà, tuttavia, dalla capacità dei Tribunali e degli operatori del diritto di applicarlo con competenza e prudenza, bilanciando gli interessi in gioco e garantendo la trasparenza e la correttezza delle procedure concorsuali.
2. Il percorso storico dell’indisponibilità del credito tributario
Prima di analizzare i requisiti per l'applicazione del cram down e i dubbi interpretativi che ne sono emersi, è utile evidenziare che, secondo i primi commentatori e anche secondo chi scrive, l'introduzione normativa del cram down fiscale (rectius, tributario) ha finalmente risolto l'ambiguità legata al principio dell'indisponibilità del credito tributario[4].
Sin dall'introduzione della transazione fiscale (art. 182-ter l.fall.), la dottrina aveva sottolineato le tensioni tra questo istituto e il principio dell'indisponibilità del credito tributario, principio che influenza profondamente l'intero sistema tributario.
Si è osservato che, già con questa norma, il legislatore aveva inteso derogare esplicitamente a tale principio, in applicazione dei principi di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione, sanciti dall'art. 97 della Costituzione, permettendo all'amministrazione finanziaria di accettare un pagamento parziale del credito, liberando il debitore dall'obbligo di pagare il residuo[5].
Parte della dottrina, inizialmente, aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale con riferimento all'art. 182-ter l. fall.[6]. Tuttavia, un'altra parte, pur riconoscendo la fonte costituzionale del principio di indisponibilità, aveva ritenuto la norma legittima, evidenziando, a ragione, secondo chi scrive, che l'indisponibilità del credito tributario dovesse cedere di fronte a esigenze costituzionali di pari rilevanza[7].
Anche la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che solo con la transazione fiscale si era realizzata una vera e propria deroga al principio di indisponibilità dei crediti tributari, normando la possibilità concreta di un accordo tra ente impositore e contribuente insolvente per il pagamento parziale dei debiti tributari ed evidenziando la prevalenza della logica concorsuale su quella fiscale[8].
È in questo contesto che si giustifica, secondo chi scrive, il potere attribuito al giudice di sindacare le decisioni del creditore erariale. Sebbene inizialmente si pensasse che il cram down fosse applicabile solo per sopperire all’inerzia del creditore pubblico, è ormai opinione ampiamente condivisa che l’istituto si applichi anche in caso di diniego espresso dell'amministrazione finanziaria[9].
Siffatto principio risulta coerente con la duplice finalità dell'istituto: evitare che i creditori pubblici impieghino tempi irragionevoli e incompatibili con il risanamento del debitore per pronunciarsi sulle proposte di transazione e impedire che alcune proposte siano rigettate nonostante la convenienza per l’erario, assicurando ai debitori una reale tutela giurisdizionale contro provvedimenti di rigetto irragionevoli delle proposte transattive[10].
Ragion per cui i giudici di merito hanno ritenuto di dover supportare espressamente la tesi estensiva secondo cui la locuzione "in mancanza di adesione" dell'Amministrazione Finanziaria comprenda sia il mancato riscontro sia il diniego espresso, poiché in entrambi i casi si riscontra la mancanza di assenso[11].
L'interpretazione estensiva della locuzione "mancanza di adesione" non contrasta con le esigenze di tutela del ceto creditorio, che può sempre opporsi al decreto di omologazione, né con la direttiva Insolvency n. 1023/2019. Anzi, appare coerente con la modifica apportata dal Decreto Legge n. 118 del 24 agosto 2021, che ha sostituito le parole "il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto" con "il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione". Questo cambiamento consente al tribunale di omologare forzosamente anche in caso di diniego espresso da parte del creditore pubblico.
Infine, ci si è chiesti quale sia l'estensione del sindacato del giudice in caso di diniego motivato. Si ritiene che, anche in presenza di un rigetto formalmente motivato, il giudice debba omologare la proposta di transazione se il rigetto non risulta ragionevole e giustificato a un controllo di legalità sostanziale[12].
Naturalmente, oggi, a seguito dell’entrata in vigore del decreto correttivo bis, la questione appare risolta sul presupposto che sia l’art. 63 co. 4 (con riferimento agli accordi di ristrutturazione del debito) che l’art. 88 co. 3 e 4 CCII (riguardante sia il concordato preventivo liquidatorio che in continuità aziendale) prevedono espressamente l’omologazione coattiva del tribunale anche “…in mancanza di adesione, che comprende il voto contrario, da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie…”, come meglio vedremo in seguito.
3. I presupposti del cram down
Come anticipato, anche nella versione attuale del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, come modificata dal correttivo bis, le condizioni necessarie per l’attuazione dell’omologazione forzosa da parte del tribunale restano le medesime della precedente normativa fallimentare e cioè i) l'assenza di adesione o il voto contrario da parte dell'Agenzia delle Entrate e/o degli altri enti previdenziali che deve essere decisivo per il raggiungimento del quorum deliberativo; ii) il vantaggio della proposta che deve prevedere un trattamento migliore rispetto all'alternativa liquidatoria.
Riguardo al primo requisito, la dottrina ha dibattuto sul significato di "assenza decisiva" dell'adesione. L'interpretazione più accettata ritiene che l'assenza di adesione sia decisiva quando impedisce di raggiungere la maggioranza legale necessaria per l'approvazione del piano[13].
Un'altra interpretazione sostiene che il termine "decisiva" possa essere inteso come "determinante", nel senso che l'adesione del fisco potrebbe essere essenziale per la fattibilità giuridica ed economica del piano di risanamento, poiché solo l'annullamento dei crediti tributari consentirebbe di liberare le risorse necessarie per il risanamento[14].
Tuttavia, questa tesi contrasta con la lettera della norma, che collega il carattere decisivo dell’adesione solo al raggiungimento delle percentuali richieste per l’approvazione e non alla fattibilità del piano, che è invece oggetto di una specifica attestazione da parte di un professionista[15].
Per quanto riguarda il secondo requisito, è fondamentale che il trattamento dei crediti fiscali proposto dall'impresa debitrice sia, secondo l'attestazione di un professionista indipendente, più vantaggioso rispetto a quello derivante dalla liquidazione[16].
In particolare, dopo la modifica dell'art. 88 comma 2-bis CCII operata dal D.Lgs. n. 83/2022, il tribunale deve verificare che la proposta del debitore preveda un trattamento del creditore pubblico non solo vantaggioso, ma anche non peggiorativo rispetto a quello ottenibile in sede di liquidazione[17].
È significativo notare, relativamente al tema della convenienza del trattamento (o del trattamento non peggiorativo), che sembra superata la tendenza, riscontrata in molti tribunali, di considerare soddisfatto il requisito della convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria solo in base al raggiungimento di una percentuale minima di soddisfazione del creditore pubblico, al di sotto della quale non si può procedere all’approvazione forzosa per "irrisorietà" della convenienza.
Pertanto, il tribunale deve condurre la propria analisi considerando come parametro di riferimento l’alternativa liquidatoria ossia la somma che il creditore pubblico avrebbe potuto ottenere, in termini di profitto o di minori costi, dalla liquidazione giudiziale del debitore, confrontandola con la somma proposta nell’accordo consensuale.
4. Il cram down negli accordi di ristrutturazione del debito
Le argomentazioni finora analizzate subiscono una sostanziale revisione riguardo l’applicazione del cram down negli accordi di ristrutturazione del debito, come disciplinato dall'art. 63, comma 2-bis ed attualmente dall’art. 63 co. 4 CCII, a seguito dell’entrata in vigore del correttivo bis.
Infatti, a seguito dell'entrata in vigore della Legge 10 agosto 2023, n. 103, che ha convertito il Decreto Legge 13 giugno 2023, n. 69, introducendo all’art. 1-bis disposizioni transitorie in materia di crisi d’impresa, conformi alla direttiva sull'insolvenza, è stata sancita l’inapplicabilità dell’ultimo periodo del comma 2 e dell’intero comma 2-bis dell’art. 63 CCII “fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo integrativo o correttivo dell’articolo 63 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, da adottare ai sensi dell’articolo 1 della legge 8 marzo 2019, n. 20, o della legge 22 aprile 2021, n. 53”.
La normativa precedente (come testè menzionato, il d. lgs. 14 del 12 gennaio 2019 e ancor prima l’art. 182 bis comma quarto l. fall.) consentiva al tribunale di approvare forzatamente gli accordi di ristrutturazione del debito anche in assenza di adesione da parte dell’erario o degli enti previdenziali, purché tale adesione fosse determinante per raggiungere le percentuali indicate negli artt. 57, comma 1 e 60, comma 1 CCII. Ciò poteva avvenire sulla base della relazione di un professionista indipendente e a condizione che la proposta del debitore fosse più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
Con la disciplina precedente all’entrata in vigore del correttivo bis, invece, venivano introdotti requisiti più stringenti per l’omologazione forzosa degli accordi di ristrutturazione.
Oltre alle condizioni già esistenti, veniva richiesto che l’accordo non avesse carattere liquidatorio e che: i) il credito complessivo dei creditori aderenti fosse almeno un quarto del totale dei crediti; ii) il pagamento ai creditori fiscali e previdenziali fosse almeno il 30% del totale dei loro crediti, comprese sanzioni e interessi, se il credito complessivo degli altri creditori aderenti fosse pari ad almeno un quarto del totale; iii) fosse almeno il 40% del totale dei rispettivi crediti, comprese sanzioni e interessi, con una dilazione di pagamento non superiore a dieci anni, se il credito complessivo degli altri creditori aderenti fosse inferiore a un quarto del totale dei crediti.
Negli accordi di ristrutturazione dei debiti, la giurisprudenza di merito tende principalmente a rispettare, nella valutazione della convenienza dell'accordo, la regola prevista per il concordato preventivo[18].
Tale regola impone che i crediti fiscali e contributivi, anche se parzialmente soddisfatti e in parte degradati a chirografo, ricevano un trattamento non inferiore a quello dei crediti di pari grado e più favorevole rispetto ai crediti di rango inferiore, rispettando così la par condicio creditorum[19].
La dottrina, invece, ha avuto un orientamento diverso, poiché ritiene che il principio di parità di trattamento dei creditori non possa essere applicato negli accordi di ristrutturazione nello stesso modo in cui viene inteso generalmente.
In particolare, sostiene che non si possa rispettare la par condicio creditorum nel senso tradizionale, cioè garantendo che tutti i creditori ricevano un trattamento proporzionalmente equo in base alla graduazione dei loro crediti.
È stato sostenuto, infatti, che risulterebbe più coerente con la struttura degli accordi di ristrutturazione che i creditori che aderiscono all'accordo accettino un sacrificio nella soddisfazione dei loro crediti. In altre parole, questi creditori potrebbero ricevere meno di quanto dovuto, a differenza dei creditori che non aderiscono all'accordo, i quali hanno diritto al pagamento integrale dei loro crediti. Questa distinzione tra aderenti e non aderenti è intrinseca alla natura stessa del rimedio concorsuale degli accordi di ristrutturazione, rendendo quindi impossibile applicare la par condicio creditorum nel senso tradizionale del termine[20].
Con le modifiche introdotte dal decreto Correttivo bis, l’art. 63 CCII consente al debitore di proporre il pagamento, parziale o dilazionato, dei tributi e relativi accessori gestiti dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi e premi amministrati dagli enti previdenziali, sorti fino alla data di presentazione della proposta di transazione. Inoltre, la relazione del professionista indipendente deve attestare, non solo la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano come previsto dall’art. 57, ma anche la convenienza del trattamento fiscale, previdenziale e assicurativo: più precisamente, qualora si tratti di accordi a carattere liquidatorio il professionista indipendente deve confermare che i creditori fiscali, previdenziali e assicurativi riceveranno almeno quanto avrebbero ottenuto con una normale procedura di liquidazione giudiziale; qualora si tratti di un piano che preveda la continuità aziendale il professionista deve attestare che questi creditori non riceveranno un trattamento peggiore rispetto a quello che avrebbero ottenuto in caso di una procedura di liquidazione.
La proposta viene depositata presso le agenzie fiscali e gli uffici previdenziali indicati nell’art. 88, comma 5 CCII (richiamo espresso alla norma che regola la transazione nel concordato preventivo). Congiuntamente alla proposta, deve essere presentata una dichiarazione sostitutiva del debitore o del legale rappresentante che certifichi la corrispondenza della documentazione presentata alla reale situazione dell’impresa, con particolare riferimento al patrimonio attivo. Esistendo già un’attestazione da parte del professionista indipendente, secondo autorevole dottrina, sembra che tale dichiarazione possa essere eliminata[21].
Il procedimento segue le disposizioni dell’art. 88, comma 5 CCII, e impone all’agente della riscossione di trasmettere entro 30 giorni una certificazione sul debito iscritto a ruolo. Gli altri uffici, entro lo stesso termine, devono liquidare i tributi e notificare avvisi di irregolarità e accertamenti. L’adesione alla proposta si formalizza con la sottoscrizione di un atto negoziale, e la domanda di omologazione può essere presentata solo dopo l’avvenuta adesione.
L'adesione deve avvenire entro 90 giorni dal deposito della proposta di transazione. Se la proposta viene modificata, il termine è prorogato di 60 giorni, o di 90 giorni se la modifica introduce una nuova proposta.
La disposizione risolve il c.d. “disallineamento temporale” tra il termine concesso dal tribunale e quello per l’adesione dei creditori pubblici. Se l’adesione non avviene entro il termine, la domanda di omologazione può comunque essere presentata[22].
Il debitore è tenuto a notificare l’avvenuto deposito della domanda di omologazione all'amministrazione finanziaria e agli enti previdenziali tramite posta elettronica certificata. Il termine per l’opposizione all’omologazione decorre dalla ricezione dell’avviso. Anche in mancanza di adesione, il tribunale può omologare l’accordo, purché l’adesione sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze necessarie.
Con la nuova disciplina, per l’omologazione, devono ricorrere alcune condizioni specifiche: i) l’accordo non deve essere liquidatorio, ii) almeno un quarto dei creditori aderenti deve sostenere l'accordo, e iii) il trattamento proposto non deve essere meno favorevole dell’alternativa della liquidazione giudiziale.
Inoltre, il soddisfacimento dei crediti fiscali e previdenziali deve essere pari ad almeno il 50% dei crediti di ciascun ente[23].
Tuttavia, va sottolineato che il Decreto-Legge n. 69 del 2023, convertito con modifiche nella Legge n. 103 del 2023, aveva stabilito, relativamente ai requisiti per l’applicazione del cram down fiscale che l’omologazione forzosa non potesse essere applicata nel caso in cui la proposta di ristrutturazione riguardasse esclusivamente i debiti verso l’Amministrazione finanziaria. Infatti, per poter procedere con il cram down, il codice della crisi (artt. 57 e 63, comma 2 bis) richiedeva un preventivo accordo con una pluralità di creditori, sia pubblici che privati. Si prevedeva, pertanto, che la compresenza di più creditori fosse un requisito fondamentale per l’applicazione del cram down, escludendo l'ipotesi di accordi che coinvolgesse solo il creditore pubblico[24].
Il correttivo bis, inoltre, prevede ulteriori circostanze in cui l’omologazione forzosa non può essere applicata, per scoraggiare comportamenti scorretti da parte dei contribuenti. In particolare, l’omologazione forzosa viene esclusa quando il debito tributario o contributivo dell’impresa rappresenta almeno l’80% del totale dei suoi debiti al momento della presentazione della proposta di transazione e, contemporaneamente, si verifica una delle seguenti condizioni: i) il debito tributario e contributivo deriva in misura prevalente (oltre il 50%) da omissioni di versamenti di imposte o contributi, avvenuti in almeno cinque periodi d’imposta, anche non consecutivi[25]; ii) almeno un terzo del debito tributario o previdenziale deriva da violazioni gravi, come l’uso di documenti falsi o operazioni inesistenti.
Le due condizioni, sopra citate, sono alternative e una di esse, insieme alla soglia dell’80% del debito tributario e contributivo, preclude la possibilità dell’omologazione forzosa.
Si rappresenta che il debito considerato è sempre quello maturato fino al giorno precedente la presentazione della proposta e include imposte, interessi e, in aggiunta, sanzioni già applicate.
Risulta molto importante sottolineare tale nuova disposizione che, con tali preclusioni, mira a contrastare il comportamento delle imprese che omettono, sistematicamente, il pagamento di imposte e contributi per finanziare altri creditori, come banche o fornitori, e cercano, conseguentemente, di risolvere il debito fiscale mediante il deposito di una proposta di transazione che, considerato lo stato deteriorato dell’azienda, risulti conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione, così realizzando il presupposto principale del cram down[26].
Tuttavia, può considerarsi eccessivo che l’esclusione dall’omologazione forzosa possa avvenire anche in caso di contestazioni ancora non confermate pienamente da un giudizio. Sarebbe preferibile, infatti, considerare rilevanti solo le contestazioni confermate da almeno un grado di giudizio[27].
In ogni caso, la norma si applica esclusivamente nel caso in cui le violazioni contestate eccedano un terzo del debito tributario e contributivo e soltanto se quest’ultimo rappresenti almeno l’80% del debito totale dell’impresa. Pertanto, queste condizioni limitano il numero di casi in cui la norma potrà essere applicata, riservandola solo a situazioni particolarmente gravi.
Le omissioni di versamenti considerate devono riguardare imposte dichiarate, ma non si dovrebbe interpretare la norma in modo tale da escludere casi più gravi, come quelli di imposte non dichiarate, che potrebbero non generare alcuna preclusione[28].
Le omissioni devono essere avvenute in cinque periodi d’imposta, che non devono essere necessariamente consecutivi, e riguardare tributi inclusi nella proposta di transazione fiscale. Non sarà possibile eludere la preclusione escludendo alcuni debiti dalla proposta per ridurre il periodo considerato. La norma non prevede una soglia minima di rilevanza, quindi anche piccoli importi non versati in uno qualsiasi dei periodi d’imposta possono contribuire alla preclusione.
Al di fuori dei casi di frode fiscale, l’esclusione dell’omologazione forzosa si applica solo se i versamenti omessi si sono verificati in cinque periodi d’imposta[29].
Infine, un’ulteriore limitazione, introdotta dal correttivo bis sancisce che l’omologazione forzosa è esclusa se, nei cinque anni precedenti la proposta di transazione, il debitore ha concluso una precedente transazione risolta di diritto per inadempimento. Questa esclusione si applica anche se il proponente ha continuato l’attività di un altro soggetto che, nei cinque anni precedenti, ha concluso una transazione risolta per inadempimento, a seguito di fusioni, scissioni o altre operazioni di finanza straordinaria.
Tale limitazione persegue l’obiettivo di evitare che il meccanismo di transazione fiscale venga usato in modo ripetuto per aggirare i pagamenti dovuti. Tuttavia, la preclusione in esame si applica solo se la transazione precedente è stata risolta di diritto per inadempimento e non se è stata regolarmente adempiuta.
5. Il cram down nel concordato preventivo
Nell’ambito del concordato preventivo il cram downè uno strumento cruciale, un meccanismo che permette al tribunale di omologare il piano proposto dal debitore anche se una o più classi di creditori sono contrarie, a condizione che siano rispettati determinati requisiti di equità, di ragionevolezza e, anche, economici.
Tuttavia, l'applicazione del cram down nel concordato preventivo ha sollevato diverse questioni interpretative, soprattutto in relazione alla possibilità di omologare forzosamente, anche, la transazione fiscale e contributiva nell’ambito del concordato in continuità aziendale.
Fino all’introduzione del decreto correttivo bis, la normativa in vigore non era chiara sul punto, con il risultato che la giurisprudenza di merito tendeva a escludere tale possibilità[30].
In particolare, il comma 1 dell’art. 88 CCII affermava " fermo restando quanto previsto, per il concordato in continuità aziendale, dall’articolo 112, comma 2", generando il dubbio se le disposizioni dell’art. 112 CCII dovessero integrarsi con quelle dell’art. 88 CCII, che regolavano l'omologazione forzosa, o se queste ultime sostituissero completamente le prime.
Inoltre, il comma secondo bis dell’art. 88 CCII faceva riferimento solo al comma primo dell’art. 109 CCII, applicabile esclusivamente al concordato liquidatorio, suggerendo, pertanto, che il cram down non fosse applicabile al concordato in continuità aziendale.
Tuttavia, lo stesso comma secondo bis prevedeva che l’omologazione forzosa potesse essere concessa se la proposta di transazione risultasse più vantaggiosa o non peggiorativa rispetto all’alternativa liquidatoria. Poiché il concetto di "non deteriorità" si applicava anche al concordato in continuità aziendale, ne scaturiva l'ammissibilità del cram down anche in tale contesto, pur rimanendo aperta la questione interpretativa[31].
Il principale aspetto di incertezza riguardava la compatibilità del cram down con la direttiva Insolvency, che prevede la legittimità della ristrutturazione trasversale solo se il piano viene approvato esplicitamente e chiaramente dalle classi di creditori.
Pertanto, venivano avanzati forti dubbi in giurisprudenza sugli effetti dell’omologazione forzosa su un voto contrario dei creditori pubblici: se il voto negativo fosse stato trasformato in positivo, ciò avrebbe potuto creare un conflitto con la direttiva, poiché il voto sarebbe stato espresso dal tribunale anziché dal creditore. Se, invece, il cram down si fosse limitato a escludere il voto negativo dal conteggio della maggioranza necessaria, non si sarebbe verificata alcuna contraddizione con la medesima direttiva[32].
Per risolvere queste ambiguità, il decreto correttivo bis ha apportato modifiche significative all’art. 88 CCII, introducendo due nuovi commi per disciplinare più chiaramente l'omologazione forzosa. In particolare, il nuovo comma terzo riguarda il concordato liquidatorio e stabilisce che il tribunale possa omologare il concordato anche senza l'approvazione delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, quando tale adesione risulti determinante per raggiungere le percentuali di cui all’art. 109, comma primo CCII, e quando il trattamento dei creditori è più vantaggioso rispetto alla liquidazione giudiziale.
Invece, il comma quarto, del medesimo art. 88 CCII, si riferisce espressamente al concordato in continuità aziendale e prevede che il tribunale possa omologare il concordato anche senza il consenso delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, purché il trattamento dei creditori pubblici non sia inferiore a quello che otterrebbero in caso di liquidazione.
Con riferimento al concordato in continuità, le modifiche del correttivo bis, introducono anche una precisazione importante: quando la proposta soddisfa il criterio della "non deteriorità", il tribunale può omologare il concordato se l’approvazione dei creditori pubblici è determinante per il raggiungimento della maggioranza delle classi, come previsto dall’art. 112, comma secondo, lettera d), o se la maggioranza viene calcolata escludendo le classi dei creditori pubblici.
Secondo autorevole dottrina, però, nonostante i tentativi del correttivo bis di chiarire l'intento del legislatore, persistono alcune ambiguità con riguardo agli effetti del provvedimento del tribunale sul voto. L'uso della congiunzione "oppure" (con valore disgiuntivo) nel comma quarto dell’art. 88 CCII potrebbe infatti creare incertezza sulla portata effettiva del cram down, lasciando aperte due interpretazioni: da un lato, la conversione del voto negativo dei creditori pubblici in un voto positivo; dall'altro, la "sterilizzazione" del voto, cioè la sua esclusione dal calcolo della maggioranza necessaria. La differenza tra le due interpretazioni è significativa: nel primo caso, la conversione di un voto negativo potrebbe facilitare il raggiungimento della maggioranza mentre nel secondo, l'esclusione del voto potrebbe non permettere di ottenere la maggioranza richiesta[33].
Per evitare fraintendimenti, sarebbe opportuno chiarire che, quando la proposta di transazione non è deteriore e l’adesione dei creditori pubblici è determinante per raggiungere la maggioranza di legge, il tribunale dovrebbe omologare il concordato escludendo dal computo le classi di tali creditori. Una soluzione potrebbe essere la sostituzione della congiunzione "oppure" con "e", rendendo la disposizione più chiara e meno ambigua [34].
In conclusione, il Decreto Correttivo bis ha apportato miglioramenti significativi nella disciplina del cram down nel concordato preventivo, ma restano alcune incertezze che potrebbero beneficiare di ulteriori chiarimenti normativi, specialmente per quanto riguarda il trattamento dei crediti pubblici e la compatibilità con la normativa europea. Questi chiarimenti sono essenziali per garantire un'applicazione coerente e prevedibile del cram down, evitando contenziosi e assicurando maggiore stabilità nelle procedure di ristrutturazione delle imprese in difficoltà.
6. La transazione fiscale nella composizione negoziata della crisi
Con il correttivo bis, l’intervento più richiesto dagli operatori del diritto ha riguardato l’introduzione della transazione fiscale nella composizione negoziata[35].
Con l'introduzione del comma secondo bis nell'art. 23 CCII, attraverso il decreto correttivo bis, è ora possibile stipulare un accordo transattivo tra il debitore e le agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Riscossione) durante la composizione negoziata della crisi[36].
Tale accordo consente il pagamento parziale e/o dilazionato di tutti i debiti tributari, ma non di quelli contributivi verso gli enti previdenziali e assicurativi, inclusi quelli relativi ai tributi, ampliando la portata rispetto alla precedente disposizione dell'art.25-bis CCII relativo alle cosiddette misure premiali, che riguardava solo sanzioni e interessi.
Tuttavia, l'accordo non può includere i tributi che costituiscono risorse proprie dell'Unione Europea e degli enti locali, con l'eccezione dell'iva, che rimane riducibile come le altre imposte[37].
Nelle bozze preparatorie al decreto correttivo si era considerata l'esclusione dell'IVA dall'accordo, ma tale proposta, poi, non è stata adottata, sul presupposto che i debiti tributari delle imprese in difficoltà derivano principalmente dal mancato versamento di ritenute e IVA e l'esclusione avrebbe compromesso l'efficacia dell'accordo nel risolvere i problemi di indebitamento.
Le agenzie fiscali, quindi, dovranno valutare se l'accordo risulti più vantaggioso rispetto alla liquidazione giudiziale del debitore e per facilitare questa valutazione è richiesta una relazione di un professionista indipendente che certifichi la convenienza dell'accordo, basandosi su informazioni affidabili.
Inoltre, deve essere fornita una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali, redatta dal revisore legale della società debitrice, o in mancanza, da un revisore legale designato dalla medesima. A parere di chi scrive, non essendo espressamente menzionato il contrario, la figura del professionista indipendente potrebbe fungere anche da revisore, soprattutto per ridurre i costi dei compensi di due differenti professionisti officiati.
L'accordo deve essere firmato dalle parti, comunicato all'esperto, e acquisisce efficacia con il deposito presso il tribunale competente.
Si evidenzia, a proposito, che la composizione negoziata non richiede necessariamente il coinvolgimento del tribunale qualora non siano richieste misure protettive o cautelari o eventuali richieste autorizzative[38], poiché, nel contesto della composizione negoziata, perseguono l’obiettivo di preservare il patrimonio dell’impresa ed evitare aggressioni da parte dei creditori che ne possano compromettere le possibilità di risanamento.
Sebbene la nuova norma non lo preveda espressamente, l'esperto dovrebbe segnalare eventuali pregiudizi ai creditori o alle prospettive di risanamento dell'impresa, come previsto dall'art. 21 CCII, e annotarli nella relazione finale richiesta dall'articolo 17, comma ottavo CCII. L'assenza di critiche da parte dell'esperto implicherà l'assenso implicito alla transazione.
Il giudice, dopo aver verificato la regolarità formale dell'accordo e dei suoi allegati, ne autorizza l'esecuzione con decreto.
Se il giudice non rileva la regolarità dell’accordo lo dichiara privo di efficacia. La verifica del giudice è limitata alla regolarità formale e non implica una valutazione di merito sugli effetti dell'accordo, ciò al fine di evitare di trasformare la composizione negoziata in un procedimento giurisdizionale che sostituisca il consenso dei creditori pubblici.
Pertanto, è esclusa la possibilità di un cram down fiscale, in linea con la natura dell’istituto il quale non prevede adesioni forzate dei creditori né un procedimento di omologazione dell'accordo.
7. La transazione fiscale nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione
La transazione fiscale fa il suo ingresso, con il correttivo bis, anche all’interno del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO).
Un altro degli aspetti più rilevanti del correttivo bis riguarda l'estensione al PRO della possibilità di ridurre o dilazionare i debiti tributari e contributivi, non regolamentato nel “vecchio” art. 64 bis CCII, che aveva creato i) incertezze operative ed interpretative e ii) limitato le possibilità di successo del PRO.
Difatti, l’art. 64-bis CCII (ante correttivo bis), da un lato non escludeva dal voto l’amministrazione finanziaria e gli enti previdenziali, ma dall’altro non prevedeva una norma che consentisse a tali creditori di approvare la riduzione dei crediti fiscali e previdenziali.
Di conseguenza, la norma non permetteva la falcidia di questi debiti.
Pertanto, il pagamento parziale o dilazionato dei debiti tributari e contributivi era ammesso nei vari istituti del codice della crisi solo se esisteva (i) una norma specifica che lo consentisse attraverso un procedimento dedicato, come la transazione fiscale, disciplinata dagli articoli 63 e 88 CCII e applicabile solo nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo, oppure (ii) una disposizione che, pur senza un procedimento specifico, consentisse la riduzione di tutti i crediti, inclusi quelli fiscali e previdenziali, come previsto dal comma terzo dell’art. 80 CCII per l’omologazione del concordato minore, anche, senza l’adesione dei creditori pubblici, e dall’art. 25-sexies CCII per la falcidia generale dei debiti nel concordato semplificato.
Nel PRO i debiti fiscali e previdenziali dovevano essere soddisfatti integralmente, con la possibilità di usufruire solo delle dilazioni previste dalla legge per le imprese (salvo eventuali definizioni agevolate straordinarie).
Ne conseguiva che, se il piano di ristrutturazione avesse previsto una soddisfazione parziale di questi debiti, esso non avrebbe potuto essere approvato dai creditori pubblici e, poiché l’omologazione richiede(va) l’adesione di tutte le classi di creditori, il piano non poteva essere omologato.
Sebbene i crediti dovessero essere suddivisi in classi omogenee e i crediti tributari e contributivi potessero essere inseriti in una classe con altri crediti di maggiore entità, permettendo alla classe di votare favorevolmente anche senza l’adesione del fisco e degli enti previdenziali, tale classe non sarebbe stata considerata omogenea dal punto di vista giuridico ed economico, come richiesto dal comma primo dell’art. 64-bis CCII.
Un diverso orientamento, però, riteneva che – poiché le norme sul PRO non citavano espressamente le modalità di trattamento di questi crediti - non si poteva, di conseguenza, impedire al debitore di proporre un pagamento parziale o dilazionato[39].
Tuttavia, rilevante non era l’assenza di una norma che vietasse questa possibilità, ma la mancanza di una disposizione che fornisse agli enti pubblici gli strumenti per approvare la riduzione dei crediti all'interno del PRO.
La riduzione dei crediti fiscali e contributivi non è incompatibile con il PRO e risultava irragionevole escludere la transazione fiscale da questa procedura, vista la sua applicazione nell’accordo di ristrutturazione e nel concordato preventivo.
Pur essendo un istituto autonomo, il PRO è sostanzialmente simile a questi strumenti, prevedendo la nomina di un commissario giudiziale, la relazione di un professionista indipendente e l’omologazione da parte del tribunale.
Il decreto correttivo è intervenuto su questa lacuna, estendendo la transazione fiscale e contributiva al PRO e inserendo un nuovo comma (primo bis) nell’art. 64-bis CCII, che consente al debitore di proporre il pagamento parziale o dilazionato di tributi, contributi, sanzioni e interessi, tramite una proposta presentata agli uffici competenti delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, corredata da una relazione di un professionista indipendente che attesti la veridicità dei dati aziendali e il trattamento non deteriore dei crediti rispetto all’alternativa liquidatoria.
La proposta deve garantire un trattamento dei crediti fiscali e previdenziali non inferiore a quello che riceverebbero in caso di liquidazione giudiziale e tale condizione risulta fondamentale per l'efficacia della proposta, che altrimenti sarebbe inammissibile, anche senza opposizione del creditore dissenziente, come previsto dal comma ottavo dell’art. 64-bis CCII per tutti i creditori.
È stata, invece, esclusa la possibilità di cram down fiscale, nonostante l’omologazione forzosa sia prevista per l’accordo di ristrutturazione e il concordato preventivo, in virtù della natura del PRO, che richiede l’adesione di tutte le classi di creditori.
Autorevole dottrina, però, ha criticato l’impossibilità dell’applicabilità del cram down nel PRO, poichè “…rischia dunque di rivelarsi un serio ostacolo per la concreta praticabilità di questo istituto: forse il suo vero elemento di debolezza...[40].
8. Conclusioni
Sulla base di questa breve e non esaustiva disamina, appare evidente la difformità del legislatore nell’aver stabilito modalità di utilizzo differenti tra i singoli istituti esaminati, ideando il cram down o, come visto, solo la transazione fiscale, sulla base della natura dell’istituto da adottare.
Nella pratica, ilcram down o solo la transazione fiscalepotrebbe essere adottato con una certa frequenza, specialmente nelle situazioni di crisi in cui ci siano creditori pubblici non disposti a cooperare o che ostacolano il processo di risanamento.
Ed i benefici per gli imprenditori potrebbero essere concreti perché, da un lato, potrebbe consentire un risparmio importante su debiti fiscali o previdenziali, rendendo più sostenibile il risanamento dell’impresa e, dall’altro, se applicato in modo efficiente e supportato da un sistema giudiziario preparato, potrebbe diventare un potente strumento per risolvere situazioni di crisi in modo più equo e rapido.
Tuttavia, perché l'omologazione coattiva possa essere considerata un successo ("sarà vera gloria?"), dovrà rappresentare unasoluzione credibileegiustache favorisca il risanamento dell'impresa, rispettando al contempo i diritti dei creditori.
Solo attraverso la presentazione di piani sostenibili, trasparenti e ben articolati, elaborati con l'aiuto di consulenti esperti e con una gestione responsabile da parte dell'imprenditore, il cram down potrà essere uno strumento efficace.
In questo modo, sarà possibile trasformare una crisi in unaopportunità di risanamento, contribuendo a mantenere in vita imprese altrimenti destinate al fallimento.
[1] Tra queste, spicca una decisione del Tribunale di Trani 28 novembre 2023, sez. fallimentare, che, con una pronuncia innovativa, ha omologato un concordato preventivo in continuità, includendo una proposta di transazione fiscale nonostante il dissenso dell’Agenzia delle Entrate. Il Tribunale ha affermato che “Nel concordato preventivo, nel caso di cram down fiscale, ai sensi dell'art. 180, 4° comma, L. fall. il tribunale può procedere all'omologazione, anche in caso di mancata adesione da parte dell'amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, convertendo il voto negativo in positivo, se a) l'adesione di tali soggetti è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze richieste dalla legge; b) la proposta di soddisfacimento formulata dal debitore è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. Il tribunale deve impostare, dunque, il suo (specifico) giudizio di convenienza nella precisa prospettiva della posizione creditoria erariale, confrontando quanto offerto dal contribuente attraverso la proposta di trattamento del credito fiscale con il grado di soddisfacimento dello stesso credito tributario nell'alternativo scenario liquidatorio, mediante una simulazione di riparto finale in sede fallimentare”. La decisione è stata presa dopo un'attenta analisi comparativa tra la proposta del debitore e l'alternativa liquidatoria, tenendo conto dei privilegi erariali e delle condizioni economiche previste. I giudici pugliesi, nello specifico, hanno effettuato una simulazione di riparto finale in sede fallimentare, confrontando i risultati con la proposta del debitore in termini di entità e tempi di realizzo. Constatata la maggiore convenienza della proposta di soddisfacimento rispetto all'alternativa liquidatoria e valutata la decisività dell'adesione dell'amministrazione finanziaria per il raggiungimento delle maggioranze richieste, il Tribunale ha convertito il voto negativo dell'Agenzia delle Entrate in voto positivo, omologando il concordato preventivo ex art. 180, quarto comma l. fall.; dello stesso avviso: Tribunale di Bergamo, 17 agosto 2022; Tribunale di Genova, 13 maggio 2021; Tribunale di Venezia, 22 settembre 2021. In dottrina F. Grieco, L’applicabilità del cram down nel concordato preventivo e la comparazione rispetto all’alternativa liquidatoria in Giur.it, 5/2024, p. 1097.
[2] Decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14; in verità trattasi di secondo correttivo e non di terzo come erroneamente sostenuto da alcuni, poiché il primo correttivo riguarda il D.Lgs. 147/2020, mentre il d. lgs. 83/2022 ha recepito la direttiva Insolvency.
[3] L’art. 56 dello schema di decreto correttivo bis specifica che le novità introdotte sono applicabili anche alle composizioni negoziate, ai piani attestati di risanamento, ai procedimenti instaurati ai sensi dell’articolo 40 CCII, nonché agli strumenti di regolazione della crisi, alle procedure di liquidazione giudiziale, liquidazione controllata e liquidazione coatta amministrativa, ai procedimenti di esdebitazione e alle procedure di amministrazione straordinaria pendenti alla data di entrata in vigore; viene, altresì, rappresentato che il decreto correttivo non si applica i) alle composizioni negoziate avviate prima dell’entrata in vigore (del correttivo), così come ii) alle proposte di transazione fiscale e previdenziale ex art. 63 e 88 quarto comma CCII relative all’omologazione forzosa degli accordi di ristrutturazione del debito e del concordato preventivo in continuità, iii) alle transazioni fiscali e previdenziali relative al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione.
[4] In tal senso M. Mauro, Transazione fiscale e “cram down” del giudice fallimentare, in Dirittodellacrisi.it, 29 settembre 2022; F. Grieco, L’applicabilità del cram down nel concordato preventivo e la comparazione rispetto all’alternativa liquidatoria, cit.
[5] G. Andreani, Transazione fiscale, indisponibilità del credito tributario e composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 15 Gennaio 2024.
[6] In tal senso G. Falsitta, Giustizia tributaria e tirannia fiscale, in Ordinamento Tributario Italiano (collana diretta da G. Falsitta e A. Fantozzi), 2008, 212 e 213; M. Beghin, Giustizia tributaria e indisponibilità dell’imposta nei più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. La transazione concordataria e l’accertamento con adesione, in Riv. Dir. Trib., n. 11/2010, II, pp. 679 e segg.
[7] M. Allena, La transazione fiscale nell’ordinamento tributario, 2017, pag. 198. Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate, già con la circolare18aprile2008,n.40/E, ribadita anche nell’ambito della circolare29dicembre2020,n.34/E ha affermato che l’istituto della transazione fiscale “è apparso del tutto innovativo nell’ordinamento tributario, poiché ha permesso un parziale superamento del principio di indisponibilità del credito erariale, in ragione della necessità di tutelare altri interessi di pari rilievo costituzionale”. Si segnala, inoltre che la stessa Corte costituzionale con la sentenza 15 luglio 2014, n. 225, ha stabilito che l’art.182- ter l. fall. “è, di per sé, disciplina eccezionale rispetto al principio dell’indisponibilità della pretesa erariale, perciò derogabile da una norma di rango ordinario”.
[8] Cass.civ.,Sez.Un.,25marzo2021,n.8504 ha sottolineato, come il legislatore della riforma del codice della crisi abbia chiaramente incastonato la transazione fiscale nel campo del diritto fallimentare, ed abbia chiaramente collocato l’istituto de quo all’interno delle procedure concorsuali ed alle loro, peculiari, finalità, piuttosto che nell’ambito delle procedure di attuazione dei tributi; in dottrina G. Andreani, Transazione fiscale, indisponibilità del credito tributario e composizione negoziata della crisi, cit.; A. Carinci, Il diniego di transazione fiscale nel prisma del nuovo codice sulla crisi di impresa, in Il Fisco n. 23/2021, p. 2244, secondo cui la transazione fiscale ormai “costituisce istituto delle procedure di soluzione della crisi d’impresa piuttosto che istituto tributario”.
[9] Principio ora cristallizzato, anche, nel correttivo bis.
[10] F. Grieco, L’applicabilità del cram down nel concordato preventivo e la comparazione rispetto all’alternativa liquidatoria, cit.
[11] Tribunale di Trani 28 novembre 2023, cit., si rammenta che, nel caso di specie, i giudici pugliesi hanno effettuato la conversione di diritto del voto negativo dell’Agenzia delle Entrate in voto positivo. In giurisprudenza, dello stesso avviso, Tribunale di Venezia 11 dicembre 2023; Tribunale di Verona 14 luglio 2023; Tribunale di Bergamo 17 agosto 2022. In dottrina, condividono la tesi estensiva A. Danovi-D. Giuffrida, Cram down fiscale e previdenziale, in Nuova transazione fiscale a cura di A. Danovi -G. Acciaro, Milano, 2021, pp. 41 e segg.; E. De Mita, Con la nuova transazione al centro l’interesse fiscale, in Norme & Tributi de Il Sole 24 ore, febbraio 2021; F. Santangeli, Note sul nuovo ruolo del tribunale come giurisdizione di merito nel trattamento dei crediti tributari e contributivi nel codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ed in più recenti disposizioni legislative, 18 marzo 2021, in ilcaso.it; G. Andreani, Le nuove norme della legge fallimentare sulla transazione fiscale, in Il Fallimentarista, 5 gennaio 2021, pp. 1 e segg.; L. Gambi, Questioni aperte sul cram down nella transazione fiscale, in Il Fallimentarista, 25 gennaio 2021, pp. 1 e segg.; L. Calò, La transazione fiscale e contributiva in mancanza di adesione da parte dell’Agenzia delle entrate e degli istituti previdenziali, in Il Fallimentarista, 5 gennaio 2021, pp. 1 e segg. A sostegno della tesi restrittiva, invece, M. Monteleone-S. Pacchi, Il nuovo “cram down” del tribunale nella transazione fiscale, in www.ilcaso.it, febbraio 2021; L. De Bernardin, Brevi note a prima lettura sull’omologa dei piani di ristrutturazione con trattamento dei crediti tributari o contributivi, in ilcaso.it; R. Sgrò, I crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, in A. Danovi -G. Acciaro (a cura di), Nuova transazione fiscale, Milano, marzo 2021.
[12] Come, difatti, avvenuto nella sentenza del Tribunale di Trani 28 novembre 2023, dove il giudice ha convertito forzosamente il voto negativo dell'Agenzia delle Entrate omologando la procedura di concordato.
[13] G. Andreani, Transazione Fiscale: Come cambia a seguito del Codice della Crisi e della Direttiva Insolvency, in Dirittodellacrisi.it, 6 febbraio 2023, nonché D. Giuffrida-A. Turchi, Diniego di transazione fiscale e cram down tra dottrina e giurisprudenza, in Dirittodellacrisi.it, 20 maggio 2021.
[14] V. Ficari, Mancata transazione fiscale, ‘interesse’ pretensivo del contribuente e poteri giudiziali, in Fall., n. 5/2022, pp. 601-602.
[15] G. Andreani, Transazione Fiscale: Come cambia a seguito del Codice della Crisi e della Direttiva Insolvency, cit.
[16] Si rammenta che con il D.Lgs. n. 83/2022 è stata prevista, con riguardo al concordato preventivo con continuità aziendale, l’introduzione dell’ulteriore criterio del trattamento non deteriore, mentre con riguardo all’omologazione forzosa degli accordi di ristrutturazione tale integrazione non è stata specificata.
[17] Sul trattamento “non deteriore” o “conveniente” previsto dai commi 2° e 2°-bis dell’art. 88, G. Andreani, Transazione Fiscale: Come cambia a seguito del Codice della Crisi e della Direttiva Insolvency, cit., secondo cui “…il criterio del trattamento non deteriore deve intendersi come il criterio in base al quale il trattamento proposto al creditore dissenziente è quello che in termini satisfattivi è almeno pari (ovverosia è equivalente) al trattamento che spetterebbe al creditore pubblico in caso di liquidazione giudiziale. Esso non coincide quindi con il criterio del trattamento conveniente, il quale dovrebbe prevedere un trattamento migliorativo, ovverosia richiedere la presenza di un quid pluris, di un elemento ulteriore che (sempre in termini satisfattivi) comporti una differenza rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, in quanto foriero di una maggiore utilità ovvero di un vantaggio non altrimenti ottenibile, tale da favorire e giustificare l’interesse ad accettare la proposta e raggiungere così l’intesa negoziale”.
[18] F. Randazzo, Osservazioni in tema di cram down fiscale e contributivo nel codice della crisi, in Diritto e Pratica Tributaria, 3/2024, p. 935.
[19] Si veda, ad esempio, la sentenza del Tribunale di Ragusa del 12 novembre 2021, ove il giudice ha omologato l’accordo di ristrutturazione dei debiti nella considerazione che: “le percentuali ed i tempi di pagamento dei crediti tributari e previdenziali non appaiono né inferiori né peggiorativi rispetto agli altri creditori con un grado di privilegio inferiore e rispetto agli altri creditori chirografari”. O anche Tribunale di Trani, 21 dicembre 2021, in Il Fall., 2022, p. 687, con la nota di F. Cossu, La compatibilità del cram down fiscale negli adr con la Direttiva(UE)n.1023/2019 e il percorso intrapreso dal legislatore italiano.
[20] Si vedano M. De Cristofaro, (art. 63), in AA.VV., Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, p. 431; C. Trentini, Accordi di ristrutturazione dei debiti e 182-ter l. fall.: cram down e par condicio creditorum, in Il Fall., 2023, p. 534.
[21] L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni in Dirittodellacrisi.it, 17 Luglio 2024.
[22] Così L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, cit.
[23] Cfr. F. Randazzo, Osservazioni in tema di cram down fiscale e contributivo nel codice della crisi, in Diritto e Pratica Tributaria, cit., p. 936: in precedenza, il soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie doveva essere almeno pari al 30 per cento dell’ammontare dei rispettivi crediti, inclusi sanzioni e interessi. E nel caso in cui i crediti degli aderenti fossero stati inferiori a un quarto, il soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie avrebbe dovuto essere quanto meno pari al 40 per cento.
[24] Siffatto chiarimento impedisce che si possa interpretare la norma nel senso che il cram down sia applicabile anche con un unico creditore, consolidando invece la necessità di un accordo con altri creditori privati oltre che pubblici, come già previsto dagli articoli 57 e 63 del CCII nella versione precedente alla modifica del DL 69/2023 che rappresenta una specificazione normativa che evita l'abuso dello strumento dell'omologazione forzosa, soprattutto quando l'accordo coinvolge esclusivamente debiti fiscali o contributivi; il principio è stato cristallizzato, di recente, da Corte d’Appello di Roma, 8 agosto 2024; dello stesso avviso Tribunale di Bergamo 31 gennaio 2024.
[25] Pertanto, anche cinque mancati versamenti, di qualsiasi importo, in anni differenti, possono essere considerati sufficienti per far scattare l’esclusione.
[26] G. Andreani, Accordi di ristrutturazione: no al cram down con debito all’80%, in Sole 24Ore – Focus Norme e Tributi, 26 settembre 2024, p. 24.
[27] G. Andreani, Le norme fiscali del terzo Decreto correttivo del codice della crisi in Dirittodellacrisi.it, 1 agosto 2024.
[29] Secondo G. Andreani, Le norme fiscali del terzo Decreto correttivo del codice della crisi, cit. “…Per evitare tale preclusione, un’impresa può presentare una proposta di transazione fiscale dopo quattro anni di omessi versamenti, evitando ulteriori omissioni. La norma è comunque efficace nel prevenire la formazione di debiti fiscali su un periodo troppo lungo…”
[30] Tribunale di Roma, 10 luglio 2024, Tribunale di Ancona, 29 Aprile 2024, n. 36 secondo cui “…è da ritenere inammissibile un’interpretazione estensiva dell’articolo 88 comma 2 bis che vada oltre il dato letterale. Ciò in forza dei principi espressi nella direttiva Insolvency, ove nella ristrutturazione trasversale dei debiti non viene fatto riferimento alla fictio iuris che consente di valorizzare un voto non espresso o un voto contrario quale voto favorevole. La medesima direttiva richiede infatti che la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi o quantomeno da una sola classe con determinati requisiti. Ne discende che l’approvazione deve essere effettiva e riferibile ad una manifestazione di volontà delle o della classe dei creditori…”. Dello stesso avviso, anche, Corte d’Appello di Firenze, 31 Ottobre 2023, n. 1647 e Tribunale di Lucca, 18 Luglio 2023, n. 57; di parere opposto, Tribunale di Genova, Sez. VII, Sent., 17 giugno 2024, n. 100, Tribunale di Napoli, 24 Aprile 2024, n. 83 ha ritenuto applicabile l’istituto del cram down al concordato in continuità in quanto “…Una prima considerazione, certamente rilevante, vien tratta da quanto previsto dalla stessa norma dell'art.88comma 2CCII, seconda parte, laddove è previsto che l'attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti fiscali e previdenziali, deve avere ad oggetto - anche - la convenienza del trattamento proposto con il concordato rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore rispetto all'alternativa liquidatoria; il che evidentemente porta in direzione opposta al disconoscimento dell'applicazione dell'art.88comma 2CCIIal concordato con piano di continuità aziendale, perché il concetto di non deteriorità del trattamento da offrire rispetto all'alternativa liquidatoria è riferibile precipuamente al concordato con continuità aziendale (l'introduzione del criterio della non deteriorità va ricondotta alD.Lgs.n.83del2022) e ne costituisce condizione di ammissibilità, ove si consideri peraltro che l'art.87comma 3CCII, nel determinare il contenuto della relazione del professionista indipendente, nel concordato in continuità aziendale, prescrive che lo stesso debba attestare non più, come nella precedente versione, che la prosecuzione di attività di impresa sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, ma che il piano di continuità aziendale conduca almeno al risultato della non deteriorità del trattamento riservato ai creditori rispetto all'alternativa liquidatoria. In dottrina: secondo M. Spiotta, Il connubio cram-down fiscale-previdenziale più cross-class: “se questo è un voto”, in Il Fallimento, 3, 2024, p. 370, “Anche l’interpretazioneteleologicaè ambivalente: indubbiamente il cram down è stato introdotto per superare la diffidenza e le ingiustificate “resistenze” alle soluzioni conciliative, assicurando così il buon andamento della pubblica amministrazione (art.97Cost.), ma tale scopo trova un limite nei canoni di economicità ed efficienza ai quali deve conformarsi l’azione di esazione, mentre la combinazione delcram down fiscale con la ristrutturazione trasversale rischierebbe di privare l’amministrazione finanziaria e gli enti previdenziali di qualsiasi reale potere di negoziazione con il debitore e si risolverebbe nell’imposizione di una “soluzione unilaterale”. N. Abriani, Un lungo percorso riformatore per allinearsi ai principi europei, in Crisi d’impresa, il correttivo, le nuove regole sui crediti fiscali, in Sole 24Ore – Focus Norme e Tributi, 26 settembre 2024, p. 1, sostiene che il decreto correttivo ha sancito “…l’espresso riconoscimento del ricorso all’istituto anche nel concordato con continuità, con definitivo ripudio della tesi che, sulla base di un labile argomento a contrario, pretendeva di relegare il cram down al solo concordato liquidatorio…”.
[31] G.Andreani- A. Tubelli, Cram down fiscale e concordato in continuità: un rapporto complicato in Il Fallimento, n. 8-9, 2024, p.1133, secondo gli autori “Ciò posto, tale incipit può essere interpretato, senza privarlo di rilevanza, nel senso che: (i) il tribunale omologa il concordato liquidatorio se, oltre a sussistere gli altri presupposti previsti dal comma 1 dell’art. 112CCII, la proposta è approvata dai creditori a norma del comma 1 dell’art. 109CCII, cioè con il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto, e inoltre, ove siano previste le classi, con quello del maggior numero di classi; (ii) il tribunale omologa il concordato in continuità, quando una o più classi di creditori sono dissenzienti, soltanto se sono rispettati gli ulteriori presupposti previsti dal comma 2 dell’art. 112 (tra i quali l’adesione della maggioranza delle classi o anche solo di una classe “svantaggiata” (o “interessata”), potendo l’adesione della classe dei crediti tributari derivare non soltanto dalla favorevole espressione del voto da parte del Fisco ma anche dal cram down fiscale, attraverso la conversione del voto dell’Amministrazione finanziaria (da negativo a positivo) o attraverso la sterilizzazione dello stesso”.
[32] Tribunale di Ancona, 29 Aprile 2024, n. 36, cit.
[33] G.Andreani - A. Tubelli, Cram down fiscale e concordato in continuità: un rapporto complicato, cit.
[34] G.Andreani - A. Tubelli, Cram down fiscale e concordato in continuità: un rapporto complicato, cit.
[35] Secondo M. Spiotta, Il CCII (ri) corretto: uno sguardo d’insieme, in Judicium, 18 settembre 2024, l’introduzione della transazione fiscale nella composizione negoziata deriva dalla “…triste constatazione per cui spesso le imprese italiane si autofinanziano non pagando il fisco” mentre “…meno frequente è l’omesso pagamento dei contributi in quanto la regolarità contributiva è spesso un requisito per accedere alle gare d’appalto”.
[36] L’impossibilità di richiedere la transazione fiscale (ante correttivo), nella composizione negoziata, è stata evidenziata anche da Tribunale di Monza sez. III, 17 aprile 2023 secondo cui “…In tema di crisi di impresa e di rimedi consentiti, giova precisare che la falcidia delle obbligazioni tributarie non è consentita nell'ambito dellacomposizione negoziata, atteso che la c.d.transazione fiscale è disciplinata unicamente dagli artt. 63 e 88 del CCII, rispettivamente con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti ed al concordato preventivo. ... Da ciò consegue che in presenza di debiti tributari, la situazione di crisi o di insolvenza reversibile può trovare soluzione nell'ambito della composizione negoziata unicamente quando il debito tributario venga composto secondo gli strumenti di volta in volta consentiti dalla legge per la definizione del debito tributario e dalle conseguenti determinazioni di Agenzia delle Entrate...”.
[37] G. Andreani, Composizione negoziata/3, Possibile una transazione col Fisco ma non per risorse UE e previdenza, in in Sole 24Ore – Focus Norme e Tributi, 28 Giugno 2024, p. 18.
[38] L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni in Dirittodellacrisi.it, 17 Luglio 2024. Le misure protettive comprendono le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che condotte dei debitori possano pregiudicare il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza. Le misure cautelari comprendono anche i provvedimenti del giudice anticipatori non soltanto degli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ma anche dell’attuazione delle relative decisioni.
[39] G. Andreani, Le norme fiscali del terzo Decreto correttivo del codice della crisi, cit.; dello stesso avviso, in giurisprudenza, Tribunale di Udine, 9 marzo 2023, “in tema di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, l’assenza di alcuna disciplina specifica in materia di crediti tributari e contributivi non esclude la possibilità per il debitore di proporre un pagamento parziale o dilazionato di tali crediti, mediante l’inserimento in apposite classi, stante la prevista necessità di unanime approvazione del piano da parte delle stesse”.
[40] F. Barachini, Il piano di ristrutturazione soggetto a omologa e le nuove regole di distribuzione del valore dell’impresa in crisi, in Le Nuove Leggi Civili Commentate, n. 2, 1 marzo 2024, p. 267, l’autore sostiene che “È infatti evidente che, laddove il debitore – come usualmente accade – abbia maturato debiti di natura erariale o previdenziale, ilpiano ne dovrà prevedere la relativa “classazione”, ma soprattutto richiederà la manifestazione di adesione da parte dell’amministrazione o degli enti preposti: una condizione, questa, che ben difficilmente potrà realizzarsi, come peraltro ampiamente confermato dalle indicazioni provenienti dalla prassi. Non a caso, del resto, la regola delcram downfiscale è stata introdotta proprio come strumento di reazione (ma anche di tutela del restante ceto creditorio) contro la naturale (e spesso insuperabile) apatia del creditore pubblico. Il rischio insomma è che il piano di ristrutturazionepossa rivalersi uno strumento di non così rilevante utilità pratica: o – se è consentita la metafora – un’arma dalle polveri un po’ bagnate; di diverso avviso G. Lener–A.Bottai,Prime applicazioni del PRO: la realtà supera le attese, in dirittodellacrisi.it, 28 marzo 2023, “…Giova aggiungere che l’omologazione “forzosa”, in caso di mancata adesione degli enti fiscali e previdenziali, non può trovare applicazione al PRO, per la semplice constatazione che occorre il voto favorevole anche delle suddette classi [mentre nel concordato in continuità il c.d.cram downè sostituito dal meccanismo della ristrutturazione trasversale, in ossequio all’art. 9, par. 6, dir. 1023]. L’eccezionalità del potere sostitutivo giudiziale impedisce, poi, di poter ragionare in termini di applicazione analogica dell’art. 88 CCII, quand’anche il PRO fosse liquidatorio…”.