, 28 novembre 2024, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario: 1. Premessa; 2. Le modifiche del “correttivo ter” in tema di valore di liquidazione; 3. Dal valore di mercato al valore di liquidazione: meglio tardi che mai.; 4. Il cambio di paradigma: dalla negozialità al valore di liquidazione.; 5. Le decisioni della giurisprudenza sul valore di liquidazione; 6. La necessità di un metodo che consenta un chiaro confronto con la liquidazione giudiziale, il programma di liquidazione “virtuale.”; 7. La banca dati delle vendite giudiziarie.
1. Premessa
Il recente Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136, entrato in vigore il 28 settembre 2024, ha introdotto significative novità nel codice della crisi d'Impresa e dell'insolvenza. Tra queste modifiche, vi è quella, di notevole importanza, che ha rafforzato il ruolo svolto dal valore di liquidazione quale parametro di riferimento nel contesto della valutazione degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza[1].
Il “valore di liquidazione” costituiva già un parametro essenziale per valutare la convenienza delle proposte di concordato e degli accordi di ristrutturazione rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale, ma con il recente intervento legislativo tale valore assume ora un peso ancora maggiore, soprattutto in relazione ai meccanismi di approvazione degli strumenti di regolazione della crisi. Questo significa che il tribunale, nell'autorizzare o approvare un concordato preventivo o altri strumenti similari, dovrà vagliare in modo più stringente che il piano non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto al valore che otterrebbero in caso di liquidazione giudiziale.
La corretta determinazione del valore di liquidazione diventa cruciale, dunque, per stabilire la soglia minima al di sotto della quale i creditori non possono essere soddisfatti attraverso gli strumenti di regolazione della crisi. Inoltre, il giudice dovrà operare un confronto più puntuale tra le diverse opzioni, garantendo che la liquidazione giudiziale rappresenti un effettivo "benchmark" per ponderare la convenienza economica delle soluzioni proposte.
La nuova disciplina rafforza pertanto anche il ruolo del tribunale, che assume una funzione più attiva nel processo decisionale. Il giudice non potrà limitarsi a prendere atto delle perizie prodotte dalle parti o redatte dai soggetti da lui incaricati, ma dovrà esaminare in modo approfondito la congruità del ragionamento seguito dai tecnici e delle conclusioni raggiunte.
L’innalzamento della rilevanza del valore di liquidazione influisce anche sulle dinamiche di negoziazione con i creditori. Poiché tale valore costituisce una soglia minima di riferimento, sarà più difficile ottenere, attraverso la composizione negoziata, l'approvazione di piani di ristrutturazione che propongono una soddisfazione ad esso inferiore. Ciò dovrebbe tradursi in una maggiore pressione sui debitori per migliorare le condizioni delle proposte al fine di renderle più appetibili rispetto alla liquidazione giudiziale[2].
Infine, nel contesto del concordato semplificato, il rafforzamento del valore di liquidazione contribuisce a rendere questo strumento un'opzione ancora più stringente. Il debitore che propone un piano di liquidazione semplificato dovrà assicurarsi che il valore di presumibile realizzo dei beni da liquidare non sia inferiore a quello conseguibile con la liquidazione giudiziale. L'autorità giudiziaria, da parte sua, avrà il compito di valutare se il piano proposto non sia, per i creditori, meno conveniente della liquidazione giudiziale, utilizzando il valore di liquidazione come parametro di confronto[3].
2. Le modifiche del “correttivo ter” in tema di valore di liquidazione
2.1 Art. 87 CCII, definizione del “valore di liquidazione”
La modifica più rilevante introdotta dal d. lgs. 136/2024 (il cosiddetto "correttivo ter") in tema di valore di liquidazione trova la sua collocazione nell'art. 87, comma 1, lett. c), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, che concorre a disciplinare il contenuto del piano di concordato preventivo. Con tale intervento normativo, il legislatore ha inteso fornire una precisazione da tempo auspicata dalla dottrina[4] e prospettata in sede applicativa dalla interpretazione di vari tribunali.[5]
La precisazione sul valore di liquidazione contenuta nell’art. 87 si pone come regola generale alla quale, come vedremo, fanno riferimento altre disposizioni del codice che regolano anche istituti diversi dal concordato preventivo.
Nello specifico, la norma prevede che il debitore, nel presentare la proposta di concordato preventivo, debba indicare il valore di liquidazione del proprio patrimonio alla data di presentazione della domanda di concordato, tenendo come riferimento l'ipotesi della liquidazione giudiziale. La novità apportata dal correttivo ter sta nella precisazione che il "valore di liquidazione" deve essere inteso come quello realizzabile attraverso una procedura di liquidazione giudiziale.
Questo chiarimento elimina ogni possibile incertezza interpretativa in merito alla determinazione del valore in oggetto, stabilendo che esso non deve rappresentare una stima ipotetica o soggettiva, ma deve essere ancorato alla concreta realizzazione che i beni potrebbero consentire se fossero alienati nell'ambito di una procedura giudiziale di liquidazione. Tale valore, quindi, deve essere stimato considerando le modalità e la durata probabile della liquidazione giudiziale, spesso caratterizzate da tempi più lunghi e risultati economici meno favorevoli rispetto ad altre forme di liquidazione.
2.2. Art. 88 CCII (Trattamento dei crediti tributari e contributivi)
Proseguendo in questa direzione, emerge chiaramente come il legislatore, con il correttivo di cui al d.lgs. 136/2024, abbia inteso non solo uniformare la definizione del valore di liquidazione, ma anche consolidarlo quale elemento centrale nella valutazione della convenienza economica degli strumenti di regolazione della crisi.
Siffatta impostazione è ulteriormente confermata dalle modifiche apportate alla disciplina di un altro istituto di cruciale importanza che riguarda il trattamento dei crediti tributari e contributivi (il cosiddetto “cram down” fiscale e contributivo) previsto all’art. 88 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza[6].
In particolare, al comma 1 dell’art. 88, dove si stabilisce che il piano di concordato preventivo deve assicurare ai creditori una soddisfazione non inferiore a quella ottenibile in sede di liquidazione, è stato ora specificato che tale liquidazione si riferisce esclusivamente alla liquidazione giudiziale[7].
Infine, al comma 2 dello stesso articolo, è stato introdotto un ulteriore chiarimento riguardante l’attestazione del professionista indipendente. Nel caso dei crediti tributari e contributivi, infatti, la relazione del professionista deve basarsi esplicitamente sul valore di liquidazione giudiziale, sia nei concordati liquidatori sia in quelli in continuità aziendale.
2.3. Art. 64-bis (Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione)
Il confronto del trattamento offerto ai creditori con il ricavato ottenibile dalla liquidazione giudiziale si ripropone anche con il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO) quando, nel caso di approvazione di tutte le classi di creditori, un creditore dissenziente eccepisca il difetto di convenienza della proposta. In questo caso, il tribunale potrà omologare forzosamente il piano se consente di soddisfare il suo credito in misura non inferiore a quanto riceverebbe nel caso di apertura della liquidazione giudiziale.[8]
Il decreto correttivo ha modificato l’ottavo comma dell’art. 64-bis, che prevedeva la valutazione di convenienza del singolo creditore mediante il confronto con la liquidazione giudiziale, limitandosi a porre rimedio ad una formulazione forse imprecisa della norma, la quale, nel fare riferimento alla liquidazione giudiziale, non regolava la soddisfazione del creditore dissenziente.[9]
Non deve poi essere sottovalutato il fatto che il comma 9, nel richiamare le norme applicabili al PRO, menziona anche l’art. 87 di cui abbiamo già detto, il quale si pone dunque come punto di riferimento per la definizione del valore di liquidazione anche per strumenti diversi dal concordato preventivo.
All’articolo in questione è stato infine aggiunto il comma 9-bis che riguarda l’ipotesi in cui il piano di ristrutturazione preveda, anche prima dell’omologazione, il trasferimento dell’azienda o di suoi rami. All’ultimo periodo di questo nuovo comma è stato inserito l’obbligo per il tribunale di verificare, tra le altre cose, il rispetto del principio di competitività nella selezione dell'acquirente. In questo contesto sarebbe stato infatti superfluo il richiamo alla liquidazione giudiziale perché l’applicazione alla cessione o all’affitto dell’azienda del principio di competitività è di per sé sufficiente a garantire un risultato analogo a quello ricavabile in sede di liquidazione giudiziale, dove l’adozione delle procedure competitive costituisce la regola generale.[10]
2.4. Art. 67 (Procedura di ristrutturazione dei debiti)
L’intervento del decreto correttivo sul parametro del valore di liquidazione si estende anche alla disciplina della ristrutturazione dei debiti, regolata dall’art. 67 del codice della crisi e dell’insolvenza. Questo strumento riguarda le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento disciplinate nel Capo II del Titolo IV del Codice e coinvolge debitori non soggetti alla procedura di liquidazione giudiziale. In tale ambito, al comma 4 dell’art. 67, è stato eliminato il riferimento al “valore di mercato”, poiché creava un evidente contrasto con il valore di liquidazione indicato nello stesso comma quale parametro per la falcidia dei crediti privilegiati, pignoratizi o ipotecari.
Appare evidente che, in siffatto contesto, il parametro indicato dal legislatore non può essere il ricavato dalla liquidazione giudiziale, poiché la norma riguarda debitori che non possono essere sottoposti a detta procedura. La liquidazione a cui si riferisce la norma dovrebbe essere, dunque, quella esecutiva individuale, la quale, pur differenziandosi formalmente dalla liquidazione giudiziale, ne mantiene alcune caratteristiche rilevanti per la stima del valore dei beni. Infatti, come la liquidazione giudiziale, anche la liquidazione esecutiva individuale si basa su meccanismi di vendita competitiva, mirati a massimizzare il ricavato per i creditori.[11]
2.5. Articoli 84, 100 e 112 CCII (in tema di concordato preventivo)
Il decreto legislativo n. 136 del 2024 ha apportato modifiche significative all’art. 84 del codice della crisi e dell’insolvenza, che disciplina il concordato preventivo con continuità aziendale, soprattutto riguardo ai criteri di distribuzione del ricavato e al ruolo del valore di liquidazione come soglia tra la Absolute Priority Rule (APR) e la Relative Priority Rule (RPR).
In particolare, al comma 6, il decreto ha introdotto un esplicito richiamo alla definizione di “valore di liquidazione” contenuta nell’art. 87, comma 1, lett. c), chiarendo che tale valore è il riferimento imprescindibile per la valutazione delle proposte concordatarie, indipendentemente dal tipo di procedura. Questa precisazione rafforza il principio di unitarietà nella determinazione del valore di liquidazione, soprattutto se si considera che il calcolo del valore realizzabile in sede di liquidazione giudiziale deve comprendere anche le “ragionevoli prospettive di realizzo delle azioni esperibili, al netto delle spese”.
Il decreto ha inoltre modificato il successivo comma 7 dell’art. 84, che estende la tutela dei lavoratori dipendenti al valore eccedente quello di liquidazione. Anche in questa disposizione l’art. 21, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 ha aggiunto al comma 7, dopo le parole: «sul valore di liquidazione» le parole «di cui all'articolo 87, comma 1, lettera c),» confermando come la definizione di valore di liquidazione contenuta nell’art. 87 abbia assunto indiscussa valenza di regola generale.
L’art. 112 del codice della crisi, nel distinguere i requisiti di distribuzione dell’attivo che consentono l’omologazione del concordato nonostante il dissenso manifestato dai creditori, richiama il valore di liquidazione “come definito dall'articolo 87, comma 1, lettera c)”, un riferimento esplicito voluto dal decreto correttivo pure al terzo comma, che riguarda l’ipotesi del dissenso non di una o più classi ma del singolo creditore nel concordato con continuità aziendale e che prevede la facoltà del tribunale di procedere comunque all’omologa a condizione che il credito di quel creditore risulti soddisfatto in misura non inferiore rispetto “a quanto si sarebbe ricevuto nel caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della domanda di accesso a concordato”.
Ai sensi dell’art. 100 CCII, il valore di liquidazione del bene ipotecato è fondamentale altresì per ottenere, durante la procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, l’autorizzazione al pagamento delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all'esercizio dell'impresa. In questa ipotesi, se il debitore ha adempiuto alle proprie obbligazioni, potrà essere autorizzato dal tribunale al pagamento delle rate di mutuo a condizione che il professionista indipendente attesti che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.
Ci sembra significativa la circostanza che anche in tale disposizione il decreto correttivo abbia soppresso il riferimento al valore di mercato[12] che avrebbe dovuto utilizzare il professionista per determinare la capienza nei limiti del valore e l’eventuale pregiudizio ai creditori. In questo caso, il parametro di cui si discute diviene rilevante con riferimento al valore del singolo bene ipotecato a garanzia del mutuo, ma anche per stabilire se il pagamento delle rate lede i diritti degli altri creditori.
2.6. Articolo 94, co. 2 e 3, CCI (atti eccedenti l'ordinaria amministrazione nel concordato preventivo)
Il secondo comma dell’art. 94 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza stabilisce i requisiti per l’autorizzazione a compiere atti di straordinaria amministrazione nell’ambito di un concordato preventivo, precisando che tale autorizzazione può essere concessa prima dell’omologazione, purché l’atto sia orientato a garantire un miglior soddisfacimento dei creditori. Questo vincolo pone l’attenzione sull’utilità concreta dell’operazione, ma apre anche la questione – legittima e rilevante – se la valutazione del possibile pregiudizio per i creditori debba tenere conto del parametro del valore che essi potrebbero ottenere da una liquidazione giudiziale[13].
In tale ottica, il confronto con l’alternativa della liquidazione giudiziale costituirebbe un criterio utile per verificare se l’atto di straordinaria amministrazione sia effettivamente idoneo a produrre un vantaggio per i creditori o se, al contrario, possa compromettere il loro potenziale soddisfacimento. Considerando la liquidazione giudiziale come metro di raffronto, in sostanza, il giudice sarebbe in grado di stabilire se l’autorizzazione all’atto sia giustificata da un beneficio sostanziale per i creditori, evitando che vengano compiute operazioni che potrebbero, in ultima analisi, ridurre le somme loro spettanti.
2.7. Art. 75 CCII (Documentazione e trattamento dei crediti privilegiati) in tema di concordato minore
Sembra, invece, frutto di una svista il riferimento al “valore di mercato” ripetuto per ben tre volte nell’art. 75 nella versione riformata dal D.lgs. 13 settembre 2024, n. 136. La norma, che stabilisce il contenuto della domanda di accesso alla procedura di concordato minore, da un lato enuncia il parametro limite del “valore di liquidazione” allo scopo di ammettere la falcidia dei creditori privilegiati, dall’altro lato, inopinatamente, impone di calcolare detto valore con riguardo a quello di mercato. E il riferimento a quest’ultimo valore è stato lasciato al nuovo comma 2-bis, che, come all’art. 112 in tema di concordato preventivo, consente il pagamento delle rate di mutuo a scadere, ed anche al successivo comma 3 che contiene una norma analoga per l’ipotesi della continuità aziendale.
In questo contesto, sarebbe stato logico attendersi una correzione del riferimento al valore di mercato così come è stato fatto nell’art. 67 in tema di ristrutturazione dei debiti del sovraindebitato, dove si è giustamente menzionato il valore di liquidazione, che, in ragione della natura del debitore, non può che essere la liquidazione effettuata a seguito di procedura esecutiva individuale. [14]
2.8. Art. 240 CCII (Proposta di concordato nella liquidazione giudiziale)
Anche la disciplina del concordato nella liquidazione giudiziale prevede di falcidia dei creditori privilegiati per la parte incapiente dei loro crediti. In tale contesto il legislatore del correttivo ha emendato la disposizione contenuta nel quarto comma eliminando il riferimento al “valore di mercato” dei beni oggetto di prelazione e sostituendolo con quello della misura non inferiore a quella realizzabile con la liquidazione giudiziale dei beni o dei diritti.
2.9. Art. 25-sexies CCII (Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio)
La disciplina del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio già includeva un riferimento chiaro alla valutazione della convenienza della proposta per i creditori, in termini di confronto con la liquidazione giudiziale. Il comma 5 dell’art. 25-sexies CCII, infatti, stabilisce che il tribunale può procedere all’omologazione del concordato semplificato qualora, verificata la correttezza del contraddittorio e del procedimento e il rispetto delle cause di prelazione, ritenga che la proposta non sia pregiudizievole per i creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata, garantendo inoltre un beneficio a ciascun creditore.
Il decreto correttivo ha introdotto una modifica significativa su questo punto, aggiungendo alla liquidazione giudiziale anche il parametro della liquidazione controllata. Siffatta integrazione colma una lacuna importante, poiché il concordato semplificato può essere utilizzato anche dalle imprese che rientrano nella categoria delle "imprese sotto soglia" (art. 25-quater). In tal modo, il confronto ai fini della valutazione della convenienza della proposta tiene conto di entrambe le modalità di liquidazione, ampliando il perimetro di riferimento per una più adeguata tutela dei creditori, anche nei casi di realtà imprenditoriali di dimensioni ridotte.
3. Valore di mercato e valore di liquidazione: meglio tardi che mai
Come abbiamo visto, il legislatore del decreto correttivo ha rimodulato le disposizioni normative che regolano il sacrificio dei creditori privilegiati in relazione alla reale possibilità di ottenere soddisfazione del loro credito e lo ha fatto adottando come riferimento un giudizio prognostico riferito al prevedibile esito della liquidazione, in sede di esecuzione concorsuale o individuale[15], del bene sul quale insiste il privilegio.
Questo intervento può essere sicuramente salutato con favore, soprattutto nella parte in cui rivela una esplicita presa d’atto della circostanza che il parametro del “valore di mercato” contenuto nelle disposizioni normative emendate non era solo inadeguato[16], ma del tutto irreale, dal momento che la liquidazione effettuata in sede giudiziale non ha mai consentito, se non in casi rarissimi, di liquidare i beni al prezzo di mercato indicato nelle perizie di stima.
E’ nozione di comune esperienza, della quale sono consapevoli anche i non esperti, che il prezzo dei beni posti in vendita nell’ambito di una esecuzione forzata o di qualsiasi procedura concorsuale tende a ridursi in misura drastica rispetto a quello indicato nella stima, che si riferisce appunto al valore di mercato con pochi correzioni.
Con questa riforma, il legislatore ha rivelato la consapevolezza della discrepanza tra il valore teorico di mercato e il valore di liquidazione effettivamente conseguibile in contesti giudiziali. La scelta di orientare le disposizioni normative verso il valore di liquidazione giudiziale risponde quindi all’esigenza di adottare parametri che riflettano meglio la realtà delle vendite forzate. Tale valore, invero, non rappresenta più una stima ipotetica di massima, bensì una analisi che tiene conto delle condizioni economiche reali e delle dinamiche di mercato specifiche dei beni in contesti di liquidazione forzata.
Del resto, la nozione di "valore di mercato" condivisa a livello scientifico e dagli organismi di valutazione internazionali, come l’International Valuation Standards Council (IVSC)[17] e il Royal Institution of Chartered Surveyors (RICS)[18], si riferisce a una stima obiettiva del prezzo al quale un bene può essere venduto in un mercato aperto e competitivo, dove entrambe le parti (venditore e acquirente) agiscono liberamente, senza alcuna pressione o costrizione. Questa nozione implica che il prezzo riflette le condizioni di una normale transazione commerciale, basata sulla disponibilità di informazioni e sul tempo sufficiente per trovare un acquirente disposto a pagare il prezzo più vantaggioso.
Secondo la definizione adottata dalla IVSC, il valore di mercato è “l'importo stimato a cui un bene o passività può essere scambiato alla data della valutazione, tra un acquirente e un venditore che agiscono in piena libertà e con cognizione di causa, in una transazione equa.” Il RICS aggiunge che il valore di mercato deve essere inteso come il prezzo realistico ottenibile in circostanze normali e deve essere basato su una stima coerente e verificabile.
Tale definizione scientifica, uguale nella sostanza a quella enunciata dal Regolamento UE n. 575/2013[19], ha importanti implicazioni nelle pratiche di valutazione, poiché stabilisce un parametro di riferimento per i periti che devono garantire che la stima sia rappresentativa del prezzo raggiungibile in una libera contrattazione. Gli standard internazionali, inoltre, specificano che siffatta valutazione deve essere basata su comparazioni (metodo comparativo) oppure sull’attualizzazione dei flussi di cassa attesi (metodo reddituale), riflettendo quindi i dati reali di mercato e le prospettive economiche.
Appare dunque evidente che la suddetta nozione non si adatta alle circostanze che caratterizzano le vendite coattive, come quelle delle procedure concorsuali. Infatti, in queste procedure, come nelle esecuzioni individuali, le condizioni di vendita sono molto diverse da quelle di un mercato aperto e competitivo in quanto:
- il debitore non è libero di disporre dei propri beni sottoposti ad esecuzione e tanto meno di negoziare, il che esclude la ricorrenza del requisito della “piena libertà” della parte venditrice;
- lo spossessamento del debitore che consegue all’apertura di tali procedure comporta che le vendite siano gestite e poste in essere da soggetti che, oltre ad essere meno motivati del debitore stesso, quasi mai dispongono dell’approfondita conoscenza del mercato di riferimento, peculiare dell’imprenditore addentro al proprio business, condizioni, queste, che molto spesso escludono altresì il requisito della “cognizione di causa”;
- la procedura coattiva, concorsuale o individuale che sia, è costretta ad agire con celerità, allo scopo di massimizzare, anche dal punto di vista della tempistica, l’interesse dei creditori, il che influisce negativamente sul prezzo, sia perché comporta l’impossibilità di attendere il momento propizio per la vendita, sia perché la controparte che agisce in libertà tende a ridurre la propria proposta secondo la nota legge della domanda e dell’offerta[20].
Per queste ragioni, il valore di mercato si rivela un riferimento del tutto inadeguato nei contesti di liquidazione forzata e la discrepanza tra il prezzo teorico di mercato ed il valore effettivo di realizzo è una delle ragioni principali per cui, nelle recenti modifiche normative, si è finalmente deciso di adottare il “valore di liquidazione giudiziale” come parametro più realistico per tutelare i creditori.
Invero, la giurisprudenza di legittimità si era già espressa sul rapporto tra valore di mercato e valore di liquidazione, spiegando, con argomentazioni assolutamente convincenti, che il giusto prezzo, che emerge all’esito di una procedura giudiziale coattiva di esecuzione forzata, non è un concetto economico correlato al miglior risultato di collocazione del bene conseguibile in base ai parametri di mercato. Il giusto prezzo è, in realtà, un concetto giuridico che “designa l’esito ottenuto da una sequenza procedimentale della fase liquidatoria svolta in maniera conforme alle regole che la presidiano, ovvero in assenza di fattori devianti o interferenze illegittime ...”[21].
Ma la sostanziale differenza tra prezzo di mercato e prezzo di aggiudicazione coattiva emergeva già dall’art. 568 c.p.c. che, nell’ambito della espropriazione immobiliare, disciplina la determinazione del valore dell’immobile da utilizzare come prezzo base per la gestione della procedura competitiva di vendita.
L’art. 568 c.p.c., in particolare, prevede che il valore dell’immobile stabilito da un perito nominato dal giudice costituisce il prezzo base per la vendita, ossia il punto di partenza della procedura di liquidazione. Questa perizia fa quindi riferimento al valore di mercato del bene, inteso come stima del prezzo al quale l’immobile potrebbe essere venduto in condizioni normali, senza i vincoli di una vendita forzata di cui abbiamo detto e come tale non può che essere un prezzo meramente indicativo[22].
Il prezzo di aggiudicazione, invece, rappresenta il risultato finale della competizione tra offerenti, condizionata dalla procedura stessa e dal minor interesse del mercato per beni soggetti a liquidazione coattiva.
Lo scostamento tra valore di mercato e prezzo di aggiudicazione attesta come le condizioni di vendita coattiva non permettano generalmente di ottenere un prezzo conforme alla stima iniziale, tanto che la giurisprudenza di legittimità aveva già da tempo preso atto degli effetti delle procedure coattive sul valore degli asset ad esse sottoposti.[23]
La sintesi di quanto abbiamo esposto la si ritrova enunciata da Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2024 n. 6435[24], in un caso di concordato fallimentare nella vigenza della legge fallimentare secondo la quale il “valore di mercato” menzionato nell’art. 124, comma 3, legge fall. … “non coincide con il «ricavato in caso di liquidazione» ma costituisce un termine di riferimento per la determinazione di quanto sarebbe possibile ricavare dalla vendita coattiva fallimentare …”. Nella decisione in rassegna, si legge anche che “pur essendo sostanzialmente pacifico che il concetto di «ricavato in caso liquidazione» sia una misura differente, e di regola inferiore, al «valore di mercato», è comunque necessario che siano esplicate le rettifiche apportate a quest’ultimo valore per giungere alla determinazione del primo”[25].
In tale contesto paiono, allora, giustificate le critiche mosse da un magistrato alla mancanza di consapevolezza che ha caratterizzato la prassi applicativa delle norme che disciplinano le perizie nell’esecuzione forzata[26]. In un articolo del luglio 2022, il giudice evidenzia come detta prassi sia rimasta purtroppo indifferente alle importanti modifiche apportate agli articoli 568 c.p.c. e 161, comma 3, disp. att. c.p.c.[27] dal D.L. n. 83/2015. [28]
Si tratta delle innovazioni che tendono ad avvicinare il più possibile il valore di stima dei beni staggiti al “valore di vendita forzata”, atteso che la redazione di stime troppo elevate incide negativamente sul funzionamento del sistema delle vendite. Il valore di vendita forzata, sostiene l’Autore, non si ricava semplicemente operando dal valore di mercato le detrazioni indicate dall’art. 568 c.p.c.[29], ma deve tener conto di molti altri fattori, ivi comprese le performances del singolo ufficio giudiziario con particolare riferimento ai tempi di consegna del bene all’aggiudicatario[30]. Evidenzia, poi, come la determinazione del valore passa attraverso assunzioni, che non sono scritte nella norma, ma che sono parte del bagaglio culturale tecnico dell’esperto” al quale si chiede di determinare il valore di vendita che “è l’unico valore … (valore di liquidazione si potrebbe dire) che interessa.”[31]
Rispondendo ad interrogazione scritta, il Governo, in proposito ha affermato che “la disposizione normativa [art. 161, comma 3, disp. att. c.p.c.,] costituisce, dunque, un precipitato logico del principio generale, ricavabile dal sistema dell’espropriazione forzata, che impone di procedere alla stima secondo criteri di presumibile valore di realizzo dei beni…”[32]
Uno studio della Banca d’Italia ha, inoltre, evidenziato che la presenza di un immobile pignorato in una determinata area incide negativamente finanche sui prezzi di vendita degli immobili non pignorati situati nelle vicinanze. In particolare, le abitazioni situate entro un raggio di 150 metri dall'immobile pignorato tendono a subire una revisione al ribasso dei prezzi di vendita. L'impatto di questa svalutazione si manifesta rapidamente, già nella settimana di immissione dell'immobile pignorato sul mercato e continua nella settimana successiva, rivelando come la percezione di vendite forzate influenzi direttamente e significativamente i valori degli immobili circostanti[33].
In conclusione, è palese che la vendita coattiva – sia essa inserita in uno strumento di regolazione della crisi o in una procedura esecutiva individuale – incide inevitabilmente sul mercato dei beni coinvolti, generando una marcata discrepanza tra il prezzo di liquidazione e il valore di mercato. Questo divario è determinato dalle condizioni specifiche delle vendite forzate, caratterizzate da un contesto competitivo limitato e da una idea di "svalutazione" che porta il prezzo finale a discostarsi sensibilmente dal valore che sarebbe ottenibile in una libera contrattazione.
4. Il cambio di paradigma: dalla negozialità al valore di liquidazione
Le innovazioni apportate dal codice della crisi alla regolamentazione del concordato preventivo rappresentano un autentico cambio di paradigma. Si assiste al superamento di una struttura fondata sulla negozialità e sul principio maggioritario, a favore di un modello che, come ha rilevato autorevole dottrina, è “imperniato” su una "coattività trasversale", dove l’autorità giudiziaria svolge un ruolo fondamentale[34].
Nel regime previgente, il concordato preventivo operava in un contesto essenzialmente negoziale, dove l’approvazione del piano era affidata alla maggioranza dei creditori e il ruolo del giudice era limitato ad una verifica formale della conformità della proposta agli interessi della massa. Con le nuove disposizioni, invece, il tribunale è investito di un potere di omologazione che prescinde dal consenso di una maggioranza qualificata e si estende fino a valutare l'adesione a un’opzione approvata anche da una minoranza – in ipotesi, persino esigua – dei creditori.
Questo nuovo assetto introduce quindi un grado di coattività senza precedenti, che supera le logiche maggioritarie: il tribunale, infatti, è chiamato a stabilire la legittimità e la convenienza del piano per tutti i creditori, anche per quelli dissenzienti, sulla base di criteri oggettivi di sostenibilità e di tutela dei diritti delle parti. Tale controllo giudiziale è inoltre arricchito da una funzione valutativa sostanziale, che non si limita alla mera verifica della regolarità formale, ma si spinge a considerare l'effettiva convenienza del piano rispetto ad una possibile liquidazione giudiziale.
Nel concordato semplificato, la centralità del ruolo del tribunale appare ancora più marcata, poiché i creditori non sono chiamati a esprimere un voto sulla proposta e la decisione finale è interamente demandata al giudice. In siffatto contesto, i creditori non possono influenzare l’esito della procedura attraverso una votazione o il raggiungimento di una maggioranza, come avviene nei modelli negoziali, ma possono tutelare i propri interessi unicamente impugnando il provvedimento di omologazione.
Il ricorso contro l’omologa rappresenta quindi l’unico strumento a loro disposizione per sollevare questioni relative alla legittimità del procedimento ed alla fattibilità del piano. In particolare, essi possono contestare, tra le altre cose, aspetti quali - appunto - la fattibilità del piano di liquidazione, il concreto beneficio garantito a ciascun creditore e l’assenza di pregiudizio rispetto alla soluzione della liquidazione giudiziale[35].
Nelle fattispecie cui abbiamo accennato nel secondo paragrafo, il valore di liquidazione giudiziale viene dunque a costituire il fulcro dell’analisi del giudice, il quale è chiamato ogni volta ad effettuare una verifica della sua corretta rappresentazione all’interno del processo.
Risulta allora evidente come siano necessarie delle regole che consentano di verificare la corretta individuazione di detto valore, posto che in molti casi esso costituirà il fondamento del giudizio sulla ammissibilità dello strumento di regolazione della crisi.
5. Le decisioni della giurisprudenza sul valore di liquidazione
Le modifiche apportate al codice della crisi dal d.lgs. 136/2024 per quanto riguarda il valore di liquidazione sono applicabili pure alla composizione negoziata e alle altre procedure già pendenti al 28 settembre 2024, data della loro entrata in vigore[36].
Se si trovano decisioni che fanno applicazione delle nuove disposizioni contenute nel d.lgs. 136/2024, ve ne sono molte altre che, prima del correttivo, nonostante le norme si limitassero a menzionare il “valore di liquidazione”, avevano correttamente individuato il parametro della liquidazione giudiziale nel concordato preventivo, nel concordato semplificato e nella composizione negoziata.
In tema di concordato preventivo, si è affermato che, nell’ambito del vaglio di ritualità da effettuarsi in sede di apertura della procedura, il giudice deve scrutinare non solo la legittimità della domanda e la completezza della documentazione, ma anche la proposta che, già in questa fase iniziale, non deve apparire tale da pregiudicare le ragioni dei creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, fermo restando che un controllo più approfondito avrà luogo in sede di omologazione ai sensi dell’art. 112 CCI[37]. In questa prima fase, la verifica che può effettuare il tribunale si basa principalmente sulla relazione dell’attestatore, il quale, oltre alla veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano deve, tra l’altro e per quanto qui interessa, dichiarare che i creditori non ricevano un trattamento deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale[38].
In altri casi, sempre in tema di concordato preventivo, il tribunale ha dato conto del conteggio delle voci di attivo e di passivo prospettabili nella liquidazione giudiziale facendo menzione: (i) della disposizione di cui all’art. 87 CCII che menziona il realizzo che potrebbe derivare dalle azioni esperibili; (ii) dei compensi degli organi della liquidazione e dei professionisti impegnati nella composizione negoziata; (iii) della liquidazione dell’attivo secondo il valore atomistico; (iv) dei costi di licenziamento dei dipendenti[39]. Altre volte è stato acquisito il parere di un avvocato in ordine alla valorizzazione delle azioni di responsabilità e alle concrete prospettive di recupero ed è stato anche stimato il costo per lo smaltimento dei rifiuti[40].
In ambito di concordato semplificato, dove, come si è anticipato nei paragrafi che precedono, il tribunale deve verificare che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata[41] e comunque assicuri un’utilità a ciascun creditore, è stata negata l’omologazione di un piano che prevedeva la cessione di un marchio ad un prezzo non compatibile con la finalità liquidatoria della procedura e soprattutto con la soluzione, prescelta nel piano stesso, di cessione atomistica dei cespiti aziendali[42].
Ancora, sempre in tema di concordato semplificato, è stato correttamente affermato che la valutazione o meno di equivalenza di risultato rispetto alla liquidazione giudiziale non deve riferirsi solo a dati quantitativi, ma deve tenere conto altresì della tempistica di soddisfacimento dei creditori[43]. In un altro caso, in cui il piano di concordato semplificato prevedeva la cessione di determinati immobili ad un soggetto terzo ad un prezzo prefissato, il tribunale ha rilevato la convenienza del piano rispetto alla liquidazione giudiziale dove le procedure di vendita competitive avrebbero potuto comportare consistenti ribassi e un realizzo “alla quarta asta” di gran lunga meno vantaggioso[44].
Merita infine di essere segnalata la decisione con la quale è stata concessa la proroga delle misure protettive chieste nell’ambito della composizione negoziata facendo affidamento sulle dichiarazioni dell’esperto, il quale aveva affermato che il piano si fondava “su un arco temporale di breve durata, in ragione della prevista tempistica per dare corso alla cessione dell’azienda” e, come tale, “realizzabile e in ogni caso preferibile rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale”[45].
6. La necessità di un metodo che consenta un chiaro confronto con la liquidazione giudiziale, il programma di liquidazione “virtuale”
Analizzando le decisioni giurisprudenziali che affrontano il tema del confronto tra le soluzioni proposte dall’impresa e il valore realizzabile dalla liquidazione giudiziale, si trae l’impressione di una certa disomogeneità nell’approccio di operatori, periti e tribunali. Sebbene il principio di fondo che guida l’utilizzo del parametro del valore ricavabile dalla liquidazione giudiziale sia ormai ben compreso – ossia quello di fornire un benchmark oggettivo per valutare la convenienza delle soluzioni proposte rispetto all’alternativa liquidatoria – l’applicazione concreta di tale criterio continua a mostrare difformità.
I periti adottano, infatti, approcci differenti per stimare il valore di liquidazione giudiziale, con risultati che spesso variano significativamente. E’ probabile che ciò dipenda in parte dall’assenza di linee guida specifiche, ma certamente anche dalla disomogeneità nei criteri di valutazione dei piani, nonché dall’approccio che, mentre a volte è strettamente economico - concentrato sull’ammontare realizzabile -, altre volte tende a prendere in considerazione pure fattori immateriali, quali il mantenimento dell’attività aziendale o i benefici indiretti per i creditori.
Negli arresti che abbiamo citato vediamo, infatti, che gli sforzi della giurisprudenza non sono ancora approdati all’utilizzo di un metodo chiaro che consenta all’imprenditore che chiede l’omologazione di uno strumento di regolazione della crisi ed ai suoi creditori di verificare il percorso seguito dal perito e dallo stesso tribunale per pervenire alla decisione di accogliere o respingere la domanda. E ciò accade nonostante la Suprema corte, dopo aver ricordato che il valore di mercato non coincide con il ricavato in caso di liquidazione, il quale è di regola inferiore al primo, abbia affermato chiaramente che per giungere alla determinazione del valore di liquidazione è necessario che siano esplicate le rettifiche apportate al valore di mercato[46].
A questo proposito, è tuttavia opportuno segnalare una decisione che, quando ancora non era stato emanato il d.lgs. 136/2024, ha compiuto un significativo progresso laddove ha affermato che, in mancanza di una definizione del valore di liquidazione del patrimonio del debitore, è possibile fare applicazione dell'art. 214 CCII in tema di liquidazione giudiziale, il quale stabilisce che la liquidazione dei singoli beni è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione[47].
A ben vedere, questo arresto si caratterizza per aver enunciato un principio molto semplice, ossia che per stabilire il valore di liquidazione da utilizzare come parametro per soppesare la non deteriorità della proposta del debitore rispetto alla liquidazione giudiziale si possono (o meglio, si devono, visto il disposto dell’art. 87 CCII) adoperare le norme che disciplinano la liquidazione dell’attivo nella stessa liquidazione giudiziale.
Senza voler entrare nello specifico, ci si limita in questa sede a rilevare come, facendo applicazione delle disposizioni contenute nel capo IV del titolo V del codice della crisi, il professionista di volta in volta chiamato ad esprimersi[48] potrà rappresentare una simulazione dell’attività di liquidazione secondo gli schemi e le regole proprie della liquidazione giudiziale, in sostanza un programma di liquidazione “virtuale” dove vengono indicati i modi, ma anche i tempi[49], per la liquidazione dell’attivo coinvolto nel piano ed il presumibile valore di realizzo.
Naturalmente, la simulazione dovrà tenere in considerazione:
- il diverso contesto in cui si potrebbe cedere l’azienda o i suoi rami;
- il fatto che durante il tempo necessario alla loro liquidazione potrebbe essere necessario sostenere costi specifici per la gestione di determinati beni, come, ad esempio, quelli di natura tributaria (IMU);
- la gestione dei contratti pendenti, per i quali dovrà essere valutata la convenienza di subentrare o di sciogliersi;
- l’eventualità di dover gestire beni legati a situazioni di inquinamento e, quando ne ricorrono i presupposti, i relativi i costi di smaltimento o ripristino;
- la necessità di abbandonare beni la cui liquidazione non sia conveniente;
- i costi di gestione delle azioni recuperatorie, con indicazione della probabilità di successo;
- i costi di procedura.
Per ogni bene oggetto di liquidazione, l’esperto stimatore, dovrà dunque indicare il prezzo di mercato, nonché i tempi ed il prezzo di presumibile realizzo, tenendo conto del contesto e delle dinamiche tipiche della liquidazione giudiziale dove vige la regola della procedura competitiva di cui all’art. 214, comma 2, CCII.
Solo grazie ad una chiara esposizione di questi elementi, i soggetti coinvolti nella situazione di crisi o di insolvenza saranno in grado di verificare, caso per caso, se sia stato rispettato il principio che impone il confronto con il valore di liquidazione così come enunciato nell’art. 87, comma 1 lett. c, CCII.
Il passaggio, al quale abbiamo accennato, dal regime negoziale a quello coattivo, dove la decisione compete al tribunale, ha dunque portato al centro dell’attenzione la valutazione in concreto della convenienza[50].
Nella vigenza della legge fallimentare, la valutazione della convenienza economica di una proposta era quasi per intero affidata direttamente ai creditori, i quali, dopo aver ponderato i propri interessi, decidevano se esprimere un voto favorevole o contrario. Con il nuovo assetto normativo, invece, si registra un cambiamento radicale: in molti casi, la valutazione è ora demandata al tribunale, che opera un confronto tra la proposta presentata ed il valore ricavabile dalla liquidazione giudiziale. Questo passaggio è oltremodo evidente in istituti come il concordato semplificato, dove il voto dei creditori non è previsto e l’intero processo decisionale si fonda sulle valutazioni del giudice.
In un simile contesto, la stima redatta dal perito incaricato assume una centralità cruciale. Essa rappresenta non solo il punto di partenza per il confronto con il valore di liquidazione giudiziale, ma anche uno degli elementi determinanti per l’accoglimento o il rigetto della proposta del debitore. La rilevanza della perizia è amplificata dal fatto che, in queste procedure, il valore di liquidazione giudiziale determinato dal tecnico non si limita a essere un semplice riferimento, bensì diventa il criterio guida per la decisione del tribunale.
Particolarmente significativo è, infatti, il ruolo del perito nei casi in cui la consulenza tecnica non serve solo ad interpretare o valutare fatti già noti o dati preesistenti, ma diviene lo strumento attraverso il quale vengono accertati i fatti stessi[51]. Questo conferisce alla stima una doppia funzione: da un lato, offre una rappresentazione accurata del valore degli asset in una prospettiva liquidatoria; dall’altro, si traduce in una vera e propria attività accertativa che incide direttamente sulle sorti della procedura.
Benché resti sempre fermo il principio del giudice peritus peritorum[52], secondo cui il giudice mantiene il potere di valutare autonomamente le conclusioni del perito, l'affidabilità, la chiarezza e la trasparenza della perizia tecnica assumono ora un ruolo determinante.
7. La banca dati delle vendite giudiziarie
Il rafforzamento delle previsioni normative che impongono l’utilizzo del valore di liquidazione giudiziale per pervenire a decisioni in tema di regolazione della crisi pone con urgenza il tema delle reperibilità dei dati relativi alle vendite coattive.
I dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) pubblicati dall’Agenzia delle Entrate forniscono informazioni utili sui valori medi di mercato degli immobili, suddivisi per area territoriale, destinazione d’uso e stato di conservazione. Questi valori possono tuttavia servire come punto di riferimento per individuare un "valore di mercato" approssimativo dell’immobile e vengono abitualmente utilizzati dai periti stimatori per determinare il prezzo dal quale partire al fine di stabilire, applicando le indicazioni contenute nell’art. 518 c.p.c., il prezzo base delle vendite coattive.
L’Osservatorio non dà, però, elementi sufficienti per analizzare il comportamento dei prezzi di aggiudicazione nelle vendite coattive, soprattutto nell’ambito della liquidazione giudiziale, dove, ai sensi del secondo comma dell’art. 216 CCII, ogni atto di liquidazione effettuato in esecuzione del programma di liquidazione deve avvenire “tramite procedure competitive”.
Inoltre, i dati dell’Osservatorio non riguardano le vendite dei beni mobili e, ciò che più importa, delle aziende, alla continuità delle quali il codice della crisi dedica la massima attenzione[53].
Come abbiamo visto nei paragrafi che precedono, l’approccio scelto dal legislatore di dare il massimo rilievo al valore di liquidazione giudiziale implica una chiara distinzione tra il "valore di mercato" tradizionale, che riflette il prezzo ottenibile in condizioni normali di scambio in un mercato aperto, e il "valore di liquidazione giudiziale," che tiene conto delle specifiche condizioni di una vendita forzata nel contesto concorsuale.
Appare allora evidente come l’intervento del decreto correttivo sul "valore di liquidazione giudiziale", perchè possa essere efficace, non può fare a meno della disponibilità dei dati relativi alle vendite forzate.
Senza una base dati adeguata che riporti i prezzi di aggiudicazione, le percentuali di ribasso applicate e le dinamiche tipiche delle vendite coattive, il professionista che assiste l’impresa, il perito stimatore e il tribunale si trovano ad operare in un contesto di incertezza. La mancanza di informazioni specifiche compromette la precisione delle stime, aumentando il rischio di discrepanze tra i valori previsti e quelli effettivamente realizzabili, ostacola la prevedibilità delle procedure, penalizzando la fiducia degli operatori nel sistema concorsuale, e riduce la trasparenza nelle decisioni, rendendo difficile per i soggetti coinvolti verificare la correttezza delle valutazioni.
La Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ), nel documento del 15 e 16 giugno 2023[54], ha raccomandato, tra l’altro, l’istituzione, presso il Ministero della giustizia o altro ente pubblico, di una piattaforma dedicata alle aste giudiziarie telematiche di immobili. Tale piattaforma dovrebbe includere le perizie di stima, i prezzi di aggiudicazione, le informazioni sugli offerenti e i dati relativi ai conti correnti utilizzati per il pagamento delle cauzioni o del saldo del prezzo. Secondo la raccomandazione, la creazione di questa banca dati avrebbe molteplici benefici: permetterebbe di monitorare l’efficienza delle aste giudiziarie confrontando i prezzi di aggiudicazione con quelli degli immobili venduti sul mercato libero nella stessa area e offrirebbe uno strumento utile per appurare l’identità degli acquirenti, contribuendo così a contrastare fenomeni come il riciclaggio di denaro.
Nella relazione illustrativa all’art. 26 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. riforma Cartabia) vengono illustrate le motivazioni alla base della scelta di istituire la banca dati, che spaziano dalla necessità di garantire maggiore trasparenza alla volontà di fornire alle autorità competenti gli strumenti per analizzare in modo approfondito l’andamento complessivo di un settore cruciale per l’economia e per la tutela del credito. Ciò consentirebbe di adottare decisioni legislative o economiche più informate e consapevoli[55].
Il Ministero della Giustizia, con il decreto 11 luglio 2023, n. 99[56] ha varato il regolamento per il funzionamento della banca dati relativa alle aste giudiziarie (BDAG), dando così attuazione alla previsione dell’art. 26, comma 6, del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. Le specifiche tecniche sono pubblicate sul Portale delle vendite Pubbliche (PVP).
Per quanto riguarda il tema trattato in questo scritto, va detto che la banca dati è articolata in tre sezioni rispettivamente relative alle esecuzioni immobiliari, a quelle mobiliari e alle vendite effettuate nelle procedure concorsuali. In ciascuna sezione, oltre al nome dell’offerente, al codice IBAN del conto utilizzato per versare la cauzione e il prezzo di aggiudicazione, verranno inseriti: la relazione di stima dei beni; il nominativo del professionista delegato; il prezzo di stima; il prezzo base; il prezzo di aggiudicazione; il compenso liquidato al professionista delegato.
Dalle sintetiche informazioni che precedono risulta palese, dunque, che la banca dati in questione potrà costituire uno strumento di fondamentale importanza per stabilire il c.d. valore di vendita forzata dei beni, evidenziando la differenza dal prezzo di mercato e dando un senso concreto alla normativa sul valore di liquidazione giudiziale di cui abbiamo detto.
Purtroppo, le disposizioni del regolamento di cui al DM 99/2023 non prevedono che ad essa possano accedere i periti, i quali su incarico delle imprese o degli organi di giustizia partecipano alla redazione dei piani di risanamento o delle stime, che, come abbiamo visto, sono essenziali per valutare il rapporto tra la soluzione della crisi proposta dall’impresa ed il valore di liquidazione giudiziale dei beni messi a disposizione dei creditori.
Alla banca dati, invero, possono accedere soltanto l’autorità giudiziaria civile e penale, i soggetti individuati dal capo dell’ufficio giudiziario, il giudice dell’esecuzione ed il giudice delegato, oltre al presidente del tribunale per ragioni di vigilanza.
Notiamo perciò che, ad oggi, non si è ritenuto di dare completa attuazione né alla raccomandazione del CEPEJ, né a quanto previsto nella relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149.
Ma soprattutto, per rimanere sull’argomento del funzionamento delle disposizioni del codice della crisi che prevedono la determinazione del valore di liquidazione sul quale devono fondarsi le decisioni dei giudici, non ci rimane che constatare che il lavoro del nostro legislatore non è ancora completo[57].
[1] S. Pacchi, La scelta dello strumento di regolazione della crisi, in Ristrutturazioni aziendali, 4 marzo 2024. S. Ambrosini, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, in Ristrutturazioni aziendali, 10 marzo 2024.
[2] S. Pacchi, Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato, in Ristrutturazioni aziendali, 17 gennaio 2023.
[3] R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in Ristrutturazioni aziendali, 8 settembre 2021. P. F. Censoni, Il concordato «semplificato»: un istituto enigmatico, in Ristrutturazioni aziendali, 22 febbraio 2022. G. Bozza, Il ruolo del giudice nel concordato semplificato, in Ristrutturazioni aziendali, 11 gennaio 2023. S. Pacchi, Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato, cit.. S. Pacchi, Il concordato semplificato: un epilogo ragionevole della composizione negoziata, in Ristrutturazioni aziendali, 23 ottobre 2023. S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, in Ristrutturazioni aziendali, 27 ottobre 2023.
[4] S. Ambrosini, La continuità aziendale (diretta e indiretta) fra diritto contabile e disciplina della crisi d’impresa. Profili ricostruttivi e sottotipi concordatari., in Ristrutturazioni aziendali, 11 luglio 2024, p. 33, dove l’Autore, con riferimento all’azienda, distingue l’ipotesi di azienda in concordato e azienda in liquidazione giudiziale; G. Andreani, Le limitazioni del cram down fiscale nell’ADR introdotte dal decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 103, in Ristrutturazioni aziendali, 4 settembre 2023; Maffei Alberti, L’interesse dei creditori e la continuazione dell’attività nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: un’analisi trasversale, in Ristrutturazioni aziendali, 30 marzo 2023; G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla “distribuzione” del patrimonio (tra regole di priorità assoluta e regole di priorità relativa), in Diritto della crisi, 25 febbraio 2022.
[5] Trib. Milano, 5 Febbraio 2024, dove si precisa che “Ai fini della determinazione del valore di liquidazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 1, lett. c) e 84, comma 6, CCI il riferimento all’ipotesi di liquidazione atomistica deve essere adeguatamente giustificato motivando l'inverosimiglianza della prosecuzione dell'attività di impresa in ipotesi di liquidazione giudiziale con conseguente esclusione di ogni previsione di esercizio provvisorio ex art. 211 CCII”; Trib. Monza, 18 luglio 2024, dove si afferma espressamente che “Per ‘valore di liquidazione’ deve intendersi il valore, alla data di deposito della domanda di concordato, che potrebbe trarsi dalla alienazione/realizzo in sede di liquidazione giudiziale dell’intero patrimonio sociale.”; Trib. Roma, 24 ottobre 2023 per cui il “valore di liquidazione così previsto dall'articolo 84, comma 5, a ben vedere altro non è, nel senso che coincide con esso, che il valore di liquidazione ossia il valore realizzabile anche in questo caso in sede di liquidazione giudiziale cui fa riferimento il medesimo articolo 84 al successivo comma 6 a proposito della regola della relative priority rule”; Trib. Lucca, 20 gennaio 2023, opera un rinvio preciso alle norme della liquidazione giudiziale “Poiché nelle norme del CCII che disciplinano il concordato preventivo, non vi è la definizione del valore di liquidazione del patrimonio del debitore né si individuano i criteri di determinazione dello stesso, è possibile fare applicazione dell'art. 214 CCII in tema di liquidazione giudiziale, il quale stabilisce che la liquidazione dei singoli beni è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione.”; Trib. Verona, 10 luglio 2023, la quale espressamente afferma che “Nella procedura di concordato preventivo, ai fini della verifica del limite della falcidia dei creditori privilegiati ex art. 84 c.5 CCII e della determinazione del valore di liquidazione, si deve tener conto anche delle utilità ritraibili nella liquidazione giudiziale a seguito del positivo esperimento delle azioni revocatorie ex art. 166 CCII.”; Trib. Verona, 13 Marzo 2024; tutte il www.ilcaso.it.
[6] G. Andreani, Le limitazioni del cram down fiscale nell’ADR introdotte dal decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 103, in Ristrutturazioni aziendali, 4 settembre 2023. F. Grieco, Il Cram Down e la transazione fiscale negli strumenti di regolazione della crisi alla luce del correttivo: sarà vera gloria?, in Ristrutturazioni aziendali, 28 settembre 2024. M. Monteleone, La storia del cram down fiscale, in Ristrutturazioni aziendali, 1 ottobre 2024.
[7] Grieco, Il Cram Down e la transazione fiscale negli strumenti di regolazione della crisi alla luce del correttivo: sarà vera gloria?, cit; G. Andreani, Le limitazioni del cram down fiscale nell’ADR introdotte dal decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 103, cit..
[8] Sul piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione si vedano: Pellecchia, La valutazione di convenienza nel giudizio di omologa del PRO, in Ristrutturazioni aziendali, 26 ottobre 2023; Ricciardiello, Il piano di ristrutturazione omologato: un caso di “concorrenza sleale” tra istituti?, in Ristrutturazioni aziendali, 12 settembre 2023; Andreani, Il trattamento dei crediti tributari e contributivi nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO), in Ristrutturazioni aziendali, 5 aprile 2023; Panzani, Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, in Ristrutturazioni aziendali, 26 agosto 2022; Ambrosini, Piano di ristrutturazione omologato (parte prima): presupposti, requisiti, ambito di applicazione, gestione dell’impresa. E una (non lieve) criticità, in Ristrutturazioni aziendali, 18 agosto 2022; Bozza, Il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, in Diritto della crisi, 7 giugno 2022.
[9] L’art. 17, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 ha sostituito al comma 8 le parole: «il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.» con le seguenti: «il suo credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto a quanto potrebbe ricevere nel caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della domanda di omologazione.»
[10] Il secondo comma dell’art. 214 CCII prevede che “La vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso è effettuata con le modalità di cui all'articolo 216 …” il quale a sua volta prescrive che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione devono essere effettuati dal curatore o dal delegato alle vendite tramite procedure competitive.
[11] In questo senso Mancini, Sovraindebitamento: una prima lettura del ‘correttivo-ter’ (d. lgs. 13 settembre 2024 n.136) - I parte: disposizioni generali, consumatore e concordato minore, in 3 ottobre 2024; Trib. Napoli Nord, 7 febbraio 2023, ove si afferma che “il valore di mercato del bene non costituisce il valore finale da prendere in considerazione per stabilire la misura minima del soddisfacimento del creditore privilegiato nell’ambito della procedura di omologa del piano del consumatore, bensì soltanto il valore da cui prendere le mosse per addivenire al presumibile ricavato in caso di liquidazione del bene”.
[12] L’art. 23, comma 7, lettera b) del D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 ha inserito al comma 2, dopo le parole: «domanda di concordato,» le seguenti: «anche nell'ipotesi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera a),» ed ha soppresso le parole «effettuata a valore di mercato».
[13] P. F. Censoni, Note minime sul controllo giudiziale nel concordato preventivo, in Ristrutturazioni aziendali, 6 novembre 2024.
[14] In questo senso anche A. Mancini, Sovraindebitamento: una prima lettura del ‘correttivo-ter’ (d. lgs. 13 settembre 2024 n.136) - I parte: disposizioni generali, consumatore e concordato minore, cit.; Trib. Napoli Nord, 7 febbraio 2023, cit..
[15] Art. 75 CCII (Documentazione e trattamento dei crediti privilegiati) in tema di concordato minore.
[16] Nella relazione illustrativa al D.LGS. 13 settembre 2024, n. 136 si legge che “Se infatti la soddisfazione va misurata rispetto al ricavato in caso di liquidazione giudiziale non appare corretto il riferimento al valore di mercato che presuppone una liquidazione di tipo negoziale.”
[17] www.ivsc.org
[18] www.rics.org/profession-standards/rics-standards-and-guidance/sector-standards/valuation-standards
[19] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32013R0575. Per i beni immobili, “valore di mercato” è “l'importo stimato al quale l'immobile verrebbe venduto alla data della valutazione in un'operazione svolta tra un venditore e un acquirente consenzienti alle normali condizioni di mercato dopo un'adeguata promozione commerciale, nell'ambito della quale entrambe le parti hanno agito con cognizione di causa, con prudenza e senza essere soggette a costrizioni”. La definizione è pressoché uguale a quella riportata negli IVS 2022 (30.1) e negli EVS 2020 (EVS.1) nei quali viene evidenziato che per “normali condizioni di mercato” si intende che “un venditore e un acquirente consenzienti, e che agiscono in modo indipendente”; Standard RICS 2022 – VPS 4.4. e IVS 2022 - 104 par. 30.1.
[20] “Linee guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie” ed. 2022, in www.abi.it/mercati/crediti/valutazioni-immobiliari/linee-guida-valutazioni-immobiliari/ dove, con riferimento alla necessità di vendere in tempi ristretti, al punto A.1.4.1, si afferma “Questa situazione si verifica, per esempio, quando il lasso di tempo entro il quale si deve vendere l’immobile è troppo breve perché l’attività di promozione commerciale possa consentire le migliori offerte. I potenziali acquirenti, in generale, possono ridurre le somme offerte rispetto a quanto avrebbero altrimenti proposto se sanno che il venditore è costretto a vendere.”
[21] Cass. civ., 10 febbraio 2024, n. 3887; Cass. civ., 10 giugno 2020, n. 11116, dove si legge anche che “proiezione in sede esecutiva del principio della rilevanza della sola verità processuale, vale a dire di quella accertata con la corretta applicazione delle regole del processo di cognizione sulla ricostruzione o rappresentazione dei fatti quali presupposti del giudizio di diritto idoneo a regolare la fattispecie e definire la controversia, è il principio dell’identificazione del prezzo giusto con quello che risulta da un corretto svolgimento delle operazioni di vendita: […] non è giusto il prezzo soggettivamente reputato tale da uno dei soggetti del processo, ma solo quello che si forma all'esito del corretto funzionamento dei meccanismi processuali istituzionalmente deputati a determinarlo», poiché «è l’interazione col mercato dei beni oggetto della vendita giudiziaria a costituire idonea garanzia di ottenimento del massimo risultato giusto ed utile possibile.”; Cass. civ., 10 gennaio 2017, n. 268 afferma che “E' dunque del tutto irrilevante il valore di mercato dell'immobile aggiudicato, ai fini dell'esercizio del potere di sospensione della vendita ai sensi dell'art. 586 c.p.c., laddove non siano intervenuti fattori tali da alterare il procedimento legale previsto per la individuazione del prezzo di aggiudicazione, ovvero si siano verificati fatti successivi alla stessa aggiudicazione (ovvero fatti preesistenti ma non conoscibili in precedenza).”
[22] Cass. civ., 10 giugno 2020, n. 11116, cit.: “Del resto, neppure la valutazione dell'esperto stimatore condiziona la validità dell'ordinanza di vendita e dell'aggiudicazione, poiché anche il valore di mercato da lui individuato rappresenta un dato meramente indicativo … e poiché l'individuazione del giusto prezzo è rimessa all'esito della gara sollecitata tra gli offerenti estranei al processo e correttamente tenuta…”; così anche Cass. 10 febbraio 2015, n. 2474; Cass. 31 marzo 2008, n. 8304.
[23] “Il potenziale ricavato della vendita coattiva del bene è dunque, a parte alcune eccezioni in relazione a cespiti peculiari, tendenzialmente inferiore a quello che il medesimo bene potrebbe fruttare in una vendita di diritto comune, nella quale il proprietario del bene è il primo a desiderare la vendita e a agevolarla.” A. Mereu, L'esperto stimatore nelle procedure esecutive immobiliari, in in eXecutivis, 25 luglio 2022.
[24] www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/30974.pdf
[25] Nella decisione della Cassazione si afferma anche che la regola interpretativa che valorizza il ricavato in caso di liquidazione è stata meglio esplicitata nel corrispondente art. 240, comma 4, CCI, disposizione che però, all’epoca della decisione faceva ancora riferimento al “valore di mercato” perpetuando in tal modo l’equivoco interpretativo del quale il legislatore ha finalmente deciso di liberarsi con l’ultimo correttivo di cui al D.LGS. 13 settembre 2024, n. 136, entrato in vigore il 28 settembre 2024.
[26] G. Borrella, Il Giudice e l'Art. 568 C.P.C. a tre anni dalla riforma: Istruzioni per l'uso, in in eXecutivis, 25 luglio 2022.
[27] Il D.L. 83 del 2015 ha aggiunto all’art. 161 disp. att. c.p.c. il terzo comma che impone di calcolare il compenso spettante al perito (l’esperto che redige la stima) sulla base del prezzo ricavato dalla vendita.
[28] “Sono trascorsi ormai tre anni dalla novella dell’art. 568 c.p.c., ad opera del d.l. 83/2015, convertito con l. 132/2015, ma deve constatarsi con rammarico che nelle aule di giustizia il significato delle espressioni usate dal legislatore rimane per lo più misconosciuto e si prosegue così a redigere e ad accettare rapporti di valutazione old style, come se una novella non vi fosse stata, nell’indifferenza dei tecnici e nell’ignoranza degli addetti ai lavori, giudici e avvocati.”, G. Borrella, Il Giudice e l'Art. 568 C.P.C. a tre anni dalla riforma: Istruzioni per l'uso, cit.
[29] Art. 568, comma 2, c.p.c.: “Nella determinazione del valore di mercato l'esperto procede al calcolo della superficie dell'immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l'assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d'uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonché per le eventuali spese condominiali insolute.”
[30] Sugli effetti della performance dell’ufficio giudiziario si veda Il funzionamento delle procedure esecutive immobiliari tra riforme e pandemia, di M. Calanca, L. Cipollini, S. Giacomelli, G. Palumbo e G. Rodano, Quaderni di economia e finanza della Banca d’Italia, Dicembre 2022, p. 20, analisi che si concentra principalmente sulla presenza di alcuni eventi che per le loro caratteristiche potrebbero svolgere un ruolo di rilievo nell’allungarne la durata quali le sostituzioni del giudice, le sospensioni, i rinvii, le proroghe dei termini.” Se inoltre si considera che fino al 2015 l’acquirente doveva pagare il prezzo in un'unica rata e che la partecipazione è di per sé, ancora oggi, piuttosto complicata, cfr. M. Loberto, Foreclosures and house prices, in Temi di discussione di Banca d’Italia, marzo 2021.
[31] G. Borrella, Il Giudice e l'Art. 568 C.P.C. a tre anni dalla riforma: Istruzioni per l'uso, cit.
[32] G. Borrella, Il Giudice e l'Art. 568 C.P.C. a tre anni dalla riforma: Istruzioni per l'uso, cit.
[33] M. LOBERTO, Foreclosures and house prices, cit..
[34] S. Ambrosini, Concordato preventivo e controllo giudiziale: spigolature sui concetti di “fattibilità”, “non manifesta inidoneità” e “ragionevoli prospettive” (con una proposta de iure condendo), in Ristrutturazioni aziendali, 13 maggio 2024. Sull’intensità del controllo giudiziale rispetto al passato P. F. Censoni, Note minime sul controllo giudiziale nel concordato preventivo, in Ristrutturazioni aziendali, cit..
[35] S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, in Ristrutturazioni aziendali, 27 ottobre 2023; G. Bozza, Il ruolo del giudice nel concordato semplificato, in Ristrutturazioni aziendali, 11 gennaio 2023.
[36] Art. 56, comma 4, d.lgs. 135/2024: “…Salva diversa disposizione, il citato decreto legislativo si applica alle composizioni negoziate, ai piani attestati di risanamento, ai procedimenti instaurati ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo n. 14 del 2019, agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, alle procedure di liquidazione giudiziale, liquidazione controllata e liquidazione coatta amministrativa nonché ai procedimenti di esdebitazione di cui al medesimo decreto legislativo n. 14 del 2019 e alle procedure di amministrazione straordinaria pendenti alla data della sua entrata in vigore e a quelli instaurati o aperti successivamente.”
[37] Trib. Nola, 1° ottobre 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/32204. Sul vaglio di ritualità, S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, cit..
[38] Trib. Bologna, 14 maggio 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/31380.
[39] Trib. Verona, 13 marzo 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/31980.
[40] Trib. Udine, 5 settembre 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/32175.
[41] Il riferimento alla liquidazione controllata è stato aggiunto dal d.gs. 136/2024.
[42] App. L’Aquila, 19 settembre 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/31987.
[43] Trib. Milano, 18 aprile 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/32212.
[44] Trib. S. M. Capua Vetere, 11 ottobre 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/32141.
[45] Trib. Milano, 30 aprile 2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/32104.
[46] Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2024 n. 6435, est. Vella, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/30974, cit..
[47] Si tratta di Trib. Lucca, 20 gennaio 2023, pronunciata prima del d.lgs. 136/2024, in www.ilcaso.it/sentenze/ultime/28889.
[48] Senza pretesa di esaustività, il valore di liquidazione deve essere indicato dal debitore nella proposta di concordato preventivo; il dato deve dunque essere predisposto dagli advisor e attestato dal professionista indipendente e verificato dal commissario giudiziale. Nell’ambito del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO), il valore di liquidazione giudiziale verrà attestato anche in questo caso da un professionista indipendente ai sensi del nuovo co. 1-bis dell’art. 64-bis CCII e dal commissario giudiziale al fine di supportare la decisione del tribunale in sede di omologazione. Norme analoghe si ritrovano nel concordato minore, nel concordato di liquidazione ed anche nel concordato semplificato, dove il valore in questione, dopo essere stato preso in esame dall’esperto nella sua relazione, viene verificato dall’ausiliario nominato dal tribunale.
[49] Trib. Milano, 18 aprile 2024, cit.. Nel paragrafo 3 si è accennato all’importanza della durata della procedura coattiva di vendita e delle conseguenze di questo fattore sul prezzo di liquidazione.
[50] S. Ambrosini, Brevi note sul soddisfacimento minimo dei creditori nel concordato preventivo, fra “causa concreta” e giudizio di convenienza (considerazioni de jure condito et condendo), in www.ilcaso.it, 14 febbraio 2019.
[51] Cass. civ., 11 gennaio 2021, n. 200.
[52] Tra le tante, Cass. civ., 21 dicembre 2017, n. 30733. Si veda anche S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, cit., a proposito della dichiarazione con la quale l’esperto della composizione negoziata comunica che le trattative si sono svolte secondo corretta e buona fede.
[53] La salvaguardia della continuità aziendale rappresenta uno dei principi cardine del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, riflettendo l’obiettivo del legislatore di preservare il valore economico e sociale delle imprese in difficoltà. P. Bastia, La continuità aziendale e la dimensione strategica degli assetti, in Ristrutturazioni aziendali, 31 ottobre 2024. S. Ambrosini, La continuità aziendale (diretta e indiretta) fra diritto contabile e disciplina della crisi d’impresa. Profili ricostruttivi e sottotipi concordatari., in Ristrutturazioni aziendali, 11 luglio 2024; Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, ivi, 10 marzo 2024; R. Rordorf, Crisi, continuità aziendale, adeguati assetti organizzativi, composizione negoziata: le parole chiave del nuovo codice (una prefazione), in Ristrutturazioni aziendali, 30 novembre 2022. P. Vella, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva europei sull’istituto del concordato preventivo in continuità aziendale, in Ristrutturazioni aziendali, 1° gennaio 2022. R. Ricciardiello, Continuità aziendale e rilevazione della crisi, in Ristrutturazioni aziendali, 13 ottobre 2021. S. Pacchi, Una possibile alternativa per la continuità indiretta: l’acquisto dell’azienda da parte dei lavoratori, in Ristrutturazioni aziendali, 30 giugno 2021.
[54] Guida alle aste elettroniche giudiziarie CEPEJ(2023)11, pag. 19, documento adottato nella 40° riunione plenaria della CEPEJ, 15 e 16 giugno 2023.
[55] Nella relazione si suggerisce che il decreto ministeriale attuativo della disposizione preveda “l’indicazione, in un apposito campo, del prezzo di stima e del prezzo base, nonché della data di emanazione dell’ordinanza di vendita e della data di aggiudicazione nonché del numero dei tentativi di vendita effettuati e dei costi della procedura, valore complessivo dei crediti azionati, per consentire, attraverso la consultazione della banca dati, la valutazione dei seguenti dati: a) tempo intercorrente tra la data di emanazione dell’ordinanza di vendita e la data dell’aggiudicazione; b) differenza tra il prezzo di aggiudicazione del bene, il prezzo base e quello di stima iniziale (ove diverso); c) percentuale di soddisfacimento del credito in relazione al prezzo di aggiudicazione; d) incidenza dei costi della procedura sul prezzo di aggiudicazione.”
[56]https://bancadatiastegiudiziarie.giustizia.it. Il Decreto di attuazione è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2023.
[57] Sul tema M. Blasone, La banca dati delle aste giudiziarie e i nuovi oneri del professionista delegato, in ILCASO.it, 29 ottobre 2024.