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Giurisprudenza

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Articolo

Azione di responsabilità nei confronti del revisore: dies a quo del termine di prescrizione (alla luce della sentenza della Corte Costituzionale 1° luglio 2024 n. 115)*


Ambra De Domenico

Data pubblicazione
10 febbraio 2025

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Sommario: 1. I doveri del revisore legale. - 2. L’art. 15 co III D.Lgs. n.39/2010. - 3. La sentenza della Corte Costituzionale n.155 del 1 luglio 2024. - 4. I motivi di rimessione del giudice a quo. 5. I precedenti di merito. - 6. La decisione della Consulta e il “doppio binario”. - 7. Gli interrogativi applicativi. - 8. Il rischio d’incostituzionalità dell’art. 2407 c.c., riformato.


1. L’art 14 del D.Lgs. n.39/2010 deputa al revisore legale un’attività di controllo,[1] che è possibile suddividere in due fasi, di cui la prima ispettivo-ricognitiva, la seconda valutativa.

Al revisore spetta infatti la verifica, nel corso dell'esercizio, della regolare tenuta della contabilità sociale e della corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.

Come anche spettano al revisore la redazione della relazione di revisione e l’espressione di un giudizio sul bilancio (positivo, con rilievi, negativo o dichiarazione di impossibilità di esprimere un giudizio), che indichi se questo sia conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell'esercizio.

A questi doveri si aggiunge quello previsto dall’art. 25 octies CCII (post correttivo ter[2]), che, perseguendo il fine di estendere l’obbligo di segnalazione anche alle società a responsabilità limitata che abbiano optato per il revisore invece che per l’organo di controllo, fa appunto carico anche al revisore, oltre che ai sindaci, del dovere di segnalare all’organo amministrativo - per iscritto e motivatamente - la sussistenza dello stato di crisi o insolvenza, ai fini della presentazione dell’istanza per l’accesso alla composizione negoziata di cui all’art 17 CCII.

 

2. L’art. 15 co III D.Lgs. n.39/2010 prevede la responsabilità del revisore legale e della società di revisione, solidale, tra loro e con gli amministratori, nei confronti della società che ha conferito l’incarico, nonché dei soci e dei terzi, per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri.

Non si tratta di una fattispecie di responsabilità oggettiva per fatti illeciti degli amministratori, bensì di una responsabilità concorrente - contrattuale nei confronti della società, extracontrattuale nei confronti di soci e terzi - per la violazione di propri precisi doveri e, quindi, per una condotta negligente, colorata da dolo o colpa, nello svolgimento dell’incarico, che, nel caso del revisore, è integrata dalla mancata o errata applicazione dei principi di revisione, che sia causa principale della non correttezza del giudizio espresso.

Il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti del revisore è fissato dall’art. 15 III co D.Lgs. n.39/2010 in cinque anni.

Il dies a quo di detto termine, espressamente previsto dalla norma, coincide con la data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attività di revisione a cui si riferisce l’azione di risarcimento.

A tale previsione fa eco la modifica all’art. 2407 c.c. il cui iter di approvazione attualmente pende in Senato, che interviene sulla prescrizione applicabile all’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci, introducendo un termine prescrizionale di cinque anni e fissandone il dies a quo nel deposito della relazione ex art. 2429 c.c., annessa al bilancio relativo all’esercizio in cui si è verificato il danno. 

 

3. La Corte Costituzionale interviene, in questo quadro, sull’art.15 III co D.Lgs. n.39/2010 con la sentenza n.155 del 1 luglio 2024[3].

Con tale pronuncia, in estrema sintesi, la Consulta precisa che il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria nei confronti del revisore fissato in cinque anni dalla relazione di revisione, si applica solo all’azione contrattuale (promossa dalla società), mentre non si applica invece alle azioni extracontrattuali (promosse da soci e terzi), laddove il termine di prescrizione è quello previsto per i fatti illeciti dall’art. 2947 c.c., ossia cinque anni dal giorno in cui si è verificato il fatto, inteso non come il momento in cui la condotta produce il danno, bensì, come il momento in cui il danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile.

 

4. La Corte Costituzionale interviene sulla questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Milano, Sezione Imprese, che, con l’ordinanza del 6 settembre 2023[4], ha messo in dubbio la legittimità costituzionale dell’art.15 III co D.Lgs. n.39/2010, sotto due profili.

In primo luogo per violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.: da un canto, per irragionevole disparità di trattamento rispetto al dies a quo del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria nei confronti di amministratori e sindaci; dall’altro canto, per irragionevolezza intrinseca per ingiustificato sacrificio del danneggiato, poiché il termine decorre anche quando questi non è ancora titolare del diritto risarcitorio o non può esercitarlo, non essendo a conoscenza del danno o non essendo ancora sorto il diritto.

In secondo luogo per violazione del diritto di difesa ex art. 24 I co Cost, in quanto la norma ostacola l’esercizio effettivo del diritto risarcitorio in giudizio, laddove rende rilevante a fini prescrizionali un periodo di tempo in cui al danneggiato non è ancora imputabile alcuna inerzia.

In sintesi dunque la questione di legittimità sollevata dal giudice a quo è la seguente. I danni provocati dal revisore alla società, ai soci ed ai terzi, non discendono immediatamente dal deposito della relazione di revisione, ma sono danni conseguenza lungo latenti. E’ quindi naturale il decorso anche di un ampio lasso di tempo fra essi e il fatto generatore (deposito relazione).

Sicché, la prescrizione prevista dalla norma contrasta con il principio per cui non può darsi prescrizione, senza che il danno sia conoscibile al danneggiato (“contra non valentem agere non currit praescriptio”). 

 

5. Altra giurisprudenza di merito, già prima del Tribunale di Milano 6 settembre 2023, aveva sollevato dubbi sulla tenuta costituzionale dell’art.15 III co D.Lgs. n.39/2010.

Fra questi il Tribunale di Palermo, Sezione Imprese, n.35 dell’8 gennaio 2021[5], che, tuttavia, per non investire la Consulta, giunge ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, forzandone il tenore letterale e creando una nuova regola juris (la medesima, peraltro, recepita dalla Consulta con la sentenza n.115/2024). In sintesi, il Tribunale di Palermo ritiene possibile individuare il dies quo del termine prescrizionale nel deposito della relazione di revisione, solo se il danno sia antecedente o contestuale al suo deposito. Laddove, invece, il danno matura o diviene percepibile successivamente a detto deposito, ebbene, allora, il dies a quo non può che decorrere dalla sua percezione.

Altra pronuncia di merito intervenuta in tema è quella del Tribunale di Milano, Sezione Imprese, datata 20 febbraio 2023 n.1290[6] (di poco antecedente l’ordinanza rimettente). Anche qui, il Giudice rileva l’esistenza di un regime differenziato di prescrizione applicabile al revisore rispetto a sindaci e amministratori, non superabile in via interpretativa, se non violando norma. Tuttavia, in questo caso il Tribunale di Milano non solleva la questione di costituzionalità, ritenendo costituzionalmente legittimo il diverso trattamento, in virtù della diversa posizione dei revisori rispetto agli amministratori ed ai sindaci.

Pochi mesi dopo, tuttavia, il medesimo Tribunale di Milano, con l’ordinanza del 6 settembre 2023, rimette la questione di costituzionalità alla Consulta. 

 

6. Con la sentenza n.115/2024 la Corte ha così deciso sui profili di incostituzionalità sollevati dal giudice a quo.

Quanto al primo profilo, ossia l’irragionevole disparità di trattamento rispetto al dies a quo del termine prescrizionale applicabile all’azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci, la Corte evidenzia che non vi è un chiaro orientamento per cui il dies a quo dell’azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci coincide con il momento in cui il danno è divenuto conoscibile. Anzi, la Corte dà atto dell’eterogeneità della disciplina della prescrizione nelle varie azioni di responsabilità (artt. 2393 e bis, 2394 co 2 e bis, 2395 2407 co 3 c.c.). Manca quindi, conclude la Consulta nel rigettare il primo profilo di scrutinio, un termine di comparazione adeguato rispetto a cui vagliare l’eventuale disparità della disciplina dei revisori.

Quanto al secondo profilo, ossia l’ingiustificato sacrificio dell’asserito danneggiato, la Consulta dà atto dell’ampio margine di discrezionalità del Legislatore nel fissare la disciplina della decorrenza della prescrizione. Discrezionalità il cui unico vincolo è il bilanciamento degli interessi che, nelle azioni risarcitorie, si coagulano attorno a due poli. Da un canto, vi è l’interesse del danneggiato a far valere il proprio diritto al risarcimento. Dall’altro canto, vi è l’esigenza pubblicistica alla certezza del diritto e l’interesse del danneggiante a non doversi difendere sine die.

Ebbene, la Consulta conclude che il bilanciamento è stato correttamente attuato dal Legislatore nell’art 15 D.Lgs. n.39/2010, fatte però le seguenti precisazioni.

Non è manifestamente irragionevole, con riferimento all’azione di responsabilità contrattuale esercitata dalla società, prevedere una ‘tutela minima’ che fa decorrere la prescrizione dal deposito della relazione di revisione. Sin dal deposito di una relazione di revisione inesatta o scorretta, infatti, l’inadempimento del revisore produce un danno alla società conferente l’incarico, anche solo a volerlo individuare nella perdita economica correlata al minor valore della prestazione eseguita non correttamente. Sicché, la società conferente l’incarico, sin da questo momento, può far valere la propria pretesa risarcitoria. Inoltre, il danneggiato è favorito dalla responsabilità solidale degli amministratori, nonché, eventualmente, dalla sospensione della prescrizione in caso di doloso occultamento dell’esistenza del debito (art. 2491, I co, n.8 c.c.), integrata dalla dolosa omessa segnalazione di un bilancio non veritiero o non corretto.

Al contrario, per l’azione di responsabilità extracontrattuale esercitata dai soci o dai terzi, il deposito della relazione non genera un danno, anzi, è antecedente ad esso. Quindi, il termine prescrizionale può decorrere solo da quando l’affidamento ingenerato da una relazione erronea o scorretta abbia determinato un concreto sviamento dell’autonomia negoziale dei soci e terzi e, quindi, si sia generato un danno. In tal caso, dunque, la prescrizione è quella prevista per gli atti illeciti dall’art. 2947 c.c., con dies a quo fissato nel giorno in cui il fatto si è verificato, non inteso come momento in cui la condotta produce il danno, bensì come momento in cui il danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile.

In conclusione la Consulta conferma la compatibilità costituzionale dell’art.15 co III D.Lgs. n.39/2010, ma non piena, bensì, limitatamente alla sola prescrizione dell’azione sociale di responsabilità esercitata dalla società.

Trattasi dunque, più che di ‘rigetto’, di sentenza ‘interpretativa di rigetto’, in cui la Corte Costituzionale implicitamente riconosce che la norma scrutinata non garantisce un equo contemperamento degli interessi e che, se interpretata alla lettera, sacrifica il diritto del danneggiato sull’altare dell’esigenza di non esporre il revisore, sine die, alla spada di Damocle di una iniziativa giudiziaria.

Applicando il principio così fissato dalla Consulta, si viene quindi a creare un “doppio binario[7]: una maggior tutela per i soci e per i terzi (restando aperta la questione se nei terzi sia inclusi i creditori sociali), con un dies a quo mobile, collegato all’effettiva percepibilità delle singole voci di danno ed alla maturazione del diritto risarcitorio; una tutela minima per la società, con un dies a quo rigido, coincidente con il deposito della relazione di revisione, quasi un termine di decadenza, piuttosto che di prescrizione. 

 

7. Se la Consulta ha così messo un punto fermo sulla tenuta costituzionale dell’art. 15 co III D.Lgs. n.39/2010, con la pronuncia in esame, si aprono tuttavia numerosi interrogativi applicativi.

Il termine di prescrizione applicabile all’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci è diverso - salvi gli effetti della modifica dell’art. 2407 co IV c.c. - da quello applicabile ai revisori. Tuttavia, fra di essi è data una scelta: nelle società per azioni, a certe condizioni (art. 2409 bis c.c.), è infatti possibile internalizzare il controllo contabile affidandolo al collegio sindacale; nella società a responsabilità limitata è invece possibile nominare (art. 2477 c.c.) un solo revisore o un solo sindaco, scegliendo se sottoporsi ad una vigilanza (ex ante) sulla gestione o ad un mero controllo contabile (ex post).

L’art. 25 octies CCII (post correttivo ter) estende anche al revisore l’obbligo di segnalare all’organo amministrativo la sussistenza dello stato di crisi o d’insolvenza. Trattasi di condotta che va valutata a fini dell’attenuazione o esclusione della responsabilità ex art.2407 c.c. ed ex art. 15 D.Lgs. n.39/2010, e quindi, al contempo, anche dell’adempimento del revisore.

L’art. 255 co 1 bis CCII (aggiunto correttivo ter al fine di superare la lacuna creata dall’abrogazione dell’art. 2409 sexies c.c. e, quindi, dell’eliminazione del rinvio indiretto tramite l’art. 2407 c.c. all’art. 2394 bis c.c.), legittima il curatore ad agire non solo contro gli organi sociali, ma anche contro i coobbligati.

Dal che discende che il revisore può essere chiamato a risarcire l’intero danno cagionato dagli amministratori e che il curatore, oltre a dover valutare contro chi agire (organi interni, revisore), deve valutare anche al posto di chi agire (società, soci e terzi).

Inoltre, fra i legittimati passivi dell’iniziativa risarcitoria del curatore, si aggiungono i soci della società, laddove, a fronte di un’ipotesi d’inadempimento del revisore, l’assemblea sia rimasta inerte ed abbia fatto inutilmente decorrere il termine di prescrizione dell’azione sociale di responsabilità nei confronti del revisore, il cui dies a quo coincide con il deposito della sua relazione[8]. 

 

8. Alla luce della sentenza della Consulta n.115/2024 si delineano peraltro già profili d’incostituzionalità dell’art. 2407 c.c., riformato.

Al IV comma la proposta di riforma prevede che il dies a quo del termine prescrizionale (fissato in cinque anni) dell’azione contro i sindaci coincide con il deposito della relazione ex art. 2429 c.c. relativa all’esercizio in cui si è ‘verificato’ il danno. Ed allora la decorrenza va necessariamente spostata in avanti, in quanto i sindaci, diversamente dai revisori, sono sicuramente responsabili nei confronti dei creditori sociali ex art. 2394 c.c., e l’azione dei creditori sociali può essere esercitata quando l’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare i crediti risulta oggettivamente percepibile all’esterno della società. Sicché, il termine prescrizionale non può decorrere prima.

Al II comma la proposta di riforma prevede tetti massimi di responsabilità risarcitoria. Tali massimali, si applicano tuttavia solo al revisore persona fisica, al contempo anche componente del collegio sindacale a cui sia attribuita la funzione di revisione legale. Non si applicano invece alle società di revisione, tantomeno ai revisori “sindaci dimezzati” [9], cioè non anche membri del collegio sindacale, seppure aventi funzioni parziali di vigilanza ex ante per il monitoraggio periodico ex art. 25 octies CCII. Sicché, è sin d’ora possibile delineare una disparità di trattamento fra revisore- persona fisica, revisore-persona giuridica, revisore-sindaco “dimezzato” (solo con il controllo contabile e l’obbligo di segnalazione della crisi) e revisore anche sindaco.

In conclusione, i temi ancora aperti sono davvero numerosi. Ed essendo la riforma dell’art 2407 c.c. ancora in itinere, non resta che attendere gli sviluppi, anche applicativi, del principio fissato dalla pronuncia in esame.


(*) Il presente contributo riproduce, con l’aggiunta delle note, il contenuto della relazione svolta al III Convegno annuale di Ristrutturazioni aziendali, tenutosi a Brescia il 27 gennaio scorso.

[1] Sul tema si segnalano, in particolare, E. Barcellona, Responsabilità da informazione al mercato: il caso dei revisori legali dei conti, Giappichelli, Torino, 2003; S. Ambrosini, La revisione legale dei conti, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Vol. XVI - Impresa e lavoro, Tomo VI, Torino, 2013, pagg. 331 ss.; G. M. Buta, I revisori legali dei conti funzioni e responsabilità, in Trattato delle Società, diretto da Vincenzo Donativi, Tomo II, Milano, 2022, pagg. 2277 ss..

[2] D. Lgs. 13 settembre 2024, n. 136,Disposizioni integrative e correttive al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo del 12 gennaio 2019, n. 14. (24G00154) (GU, Serie Generale, n.227 del 27-09-2024).

[3] Corte Costituzionale, 1 luglio 2024, n.155 - Pres. Prosperetti, Red. Navarretta, in Le Società, 2024, n. 8-9, 2024, 931 ss con nota di M. Spiotta.

[4] Trib. Milano, Sez. impr., 6 settembre 2023, Le Società, n. 3, 2024, 315 ss con nota di M. De Poli.

[5] Trib. Palermo, Sez. impr., 8 gennaio 2021, n.35, in Giustizia Civile, 2021, 262, con nota E. Sorci.

[6] R. Santarelli – M. Mura, Responsabilità dei revisori: la prescrizione dopo la Corte Costituzionale, in www.dirittobancario.it, 26 luglio 2024.

[7] M. Spiotta, in Le Società, 2024, n. 8-9, 2024, 931 ss.

[8] A. J. Pagano, Responsabilità del revisore e manipolazione del dies ad quem. Il nuovo paradosso di Zenone, in www.judicium.it, 20 settembre 2024.

[9] P. Riva - M. Difino, Controllo Societario e revisione nel Codice della crisi d’impresa, in ilfallimentarista, Focus del 3 luglio 2019.