Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
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I trasferimenti di azienda nella composizione negoziata: le responsabilità solidali del cessionario, tra limiti e criticità.


Maurizio Zonca e Cristina Ubertis Albano
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I trasferimenti di azienda nella composizione negoziata: le responsabilità solidali del cessionario, tra limiti e criticità.


Maurizio Zonca e Cristina Ubertis Albano

Data pubblicazione
13 aprile 2025

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Sommario: 1. L'inquadramento normativo. – 2. La solidarietà fiscale ai sensi dell'art. 14 del D.lgs n. 472/1997. – 3. La tutela del creditore ipotecario. – 4. La portata estensiva dell'art. 2558 c.c.. – 5. Conclusioni.

Abstract: Il presente contributo si propone di esaminare i limiti e le criticità che vengono abitualmente in rilevo nella composizione negoziata della crisi, tutte le volte in cui si rende opportuno o necessario operare un trasferimento di azienda; limiti e criticità che non paiono superabili neppure ricorrendo all'autorizzazione del tribunale, che pur essendo idonea ad escludere la solidarietà prevista dall’articolo 2560, comma 2, c.c. non ha tuttavia l'effetto di escludere la specifica solidarietà fiscale di cui all'art. 14 del D.lgs n. 472/1997, così come non è in grado consentire la cancellazione delle formalità pregiudizievoli eventualmente insistenti sui beni che compongono l'azienda trasferita, né di inibire il subentro del cessionario nelle posizioni debitorie nascenti dai contratti in corso e oggetto di trasferimento ex art. 2558 c.c.


1. L'inquadramento normativo.

Come è noto, la composizione negoziata della crisi ("CNC") è un percorso negoziale collocato al di fuori degli "strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza" di cui al titolo IV del CCII[1], di natura essenzialmente stragiudiziale; ciò non di meno, il ricorso all'Autorità Giudiziaria è espressamente previsto dagli artt. 18 e 19 CCII in punto di misure protettive e cautelari, dall'art. 22 CCII in punto di autorizzazioni e, per effetto delle modifiche apportate dal c.d. "correttivo ter", dall'art. 23, comma 2-bis, CCII in punto di accordo transattivo con le agenzie fiscali.

Nello specifico, per quanto qui di interesse, l'art. 22, comma 1, lett. d), CCII prevede che, su richiesta dell’imprenditore, il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può "autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente"[2].

E' bene da subito chiarire che la suddetta disciplina, pur avendo una portata indubbiamente ampia (trasferimento "in qualunque forma"), trova sostanzialmente applicazione nelle sole ipotesi di cessione e conferimento di azienda o di ramo di azienda; non troverà invece applicazione in ipotesi di affitto, non essendo l'art. 2560, comma 2, c.c. applicabile a tale fattispecie[3], così come non troverà applicazione nei trasferimenti conseguenti ad operazioni straordinarie di natura societaria, quali fusioni e scissioni, per le quali vige un regime di responsabilità patrimoniale speciale ex artt. 2504-bis e 2506-quater c.c., dunque diverso da quello previsto dal richiamato art. 2560, comma 2, c.c..

Nell'ambito del procedimento, il giudice designato, previa instaurazione del contraddittorio processuale con le parti interessate, dovrà verificare la sussistenza delle seguenti condizioni:

- che il trasferimento sia funzionale alla continuità aziendale e al miglior soddisfacimento dei creditori;

- che siano tutelati gli interessi coinvolti nel trasferimento, tenuto conto delle istanze delle parti interessate;

- che sia stato rispettato il principio di competitività nella selezione del destinatario del trasferimento[4].

L'ottenimento dell'autorizzazione di cui all'art. 22 CCII consente, dunque, all'acquirente dell'azienda (o anche solo di un ramo della stessa) di beneficiare della esenzione dalla responsabilità solidale per i debiti pregressi (anteriori al trasferimento, sempreché gli stessi risultino dai libri contabili obbligatori)[5] ex art. 2560, comma 2, c.c.

L'autorizzazione ex art. 22 CCII non opera quale presupposto per la validità e l'efficacia dell'atto: anche in assenza della stessa, la cessione produrrebbe comunque i propri effetti, fermo quanto previsto dall'art. 21 CCII; tuttavia il rispetto del procedimento in oggetto consente ai contraenti di beneficiare, a margine della mancata applicazione dell'art. 2560, comma 2, c.c., anche degli effetti “conservativi” di cui all'art. 24 CCII, in termini di consolidamento degli effetti sostanziali dell'atto, dando stabilità e definitività alla cessione anche in caso di futuro insuccesso della CNC e sottoposizione del cedente a successive procedure concorsuali.

Ai sensi dell'art. 24, comma 4, CCII, resta in ogni caso ferma la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti e, conseguentemente, anche ove fosse stata ottenuta l'autorizzazione del tribunale, nell’ipotesi in cui si dimostrasse che l’imprenditore avesse chiesto e ottenuto la stessa sulla base di informazioni inesatte o incomplete, i creditori anteriori eventualmente pregiudicati dall’effetto purgativo potrebbero far valere la responsabilità dell’imprenditore.

 

2. La solidarietà fiscale ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997

La liberazione dai debiti dell’azienda ceduta, tuttavia, per espresso disposto normativo, non si estende a tutti i debiti dell'alienante.

Restano infatti esclusi i debiti nei confronti dei lavoratori, per i quali continuano a rispondere tanto il cedente quanto il cessionario ex art. 2112 c.c..

Da qui già una prima (e comprensibile) potenziale limitazione all'utilizzo dell'istituto del trasferimento di azienda nella CNC, essendo chiaro l'intento del legislatore di tutelare in maniera preponderante la posizione dei lavoratori dipendenti (i cui crediti restano esclusi, ricordiamo, anche dalle misure protettive).

Nulla invece viene detto con riferimento alla solidarietà fiscale prevista in punto di cessione di azienda dall'art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997, recante "Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662".[6]

In termini generali, la suddetta normativa, introdotta al fine di tutelare le ragioni dell’Erario, prevede all'art. 14, comma 1, una forma di responsabilità solidale dell’acquirente del complesso aziendale con riguardo ai debiti tributari del cedente. Tale responsabilità (fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente) è limitata:

- nell'oggetto, con riferimento alle imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, ovvero anche anteriormente se già irrogate o contestate nel triennio in oggetto (comma 1);

- nel quantum, entro i limiti del valore dell'azienda o del ramo d'azienda (comma 1) e, in ogni caso, entro i limiti del debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici finanziari e degli enti preposti all'accertamento dei tributi e, in concreto, dal c.d. "certificato sull'esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti"; certificato che, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro 40 giorni dalla richiesta (comma 2 e 3);

- purché la cessione d’azienda non sia stata effettuata “in frode dei crediti tributari ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni”, frode che si presume, salvo prova contraria, quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante (commi 4 e 5). In altre parole, il beneficio dell'esenzione in oggetto viene meno nei casi in cui la cessione abbia un chiaro intendo fraudolento e sia, quindi, dolosamente preordinata alla sottrazione di attivo a danno dell'Erario, circostanza che, invero, dovrebbe ritenersi assai remota nel caso in cui la cessione avvenga nel contesto della CNC e a seguito di un'autorizzazione (e, quindi, del positivo controllo) del tribunale.

Il comma 5-bis del citato art. 14 prevedeva, sino all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 87/2024, la disapplicazione di quanto previsto dal suddetto comma 1 in caso di cessioni attuate "nell'ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del predetto decreto o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio".

Con l'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, che – come noto – ha introdotto una serie di strumenti di regolazione della crisi ulteriori rispetto a quelli sopra elencati, si è sin da subito avvertita l'esigenza di un intervento di adeguamento ad opera del legislatore e, in particolare, l'inclusione, tra le ipotesi di applicazione dell'esenzione di cui all'art. 14, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 472/1997, anche della CNC che, non essendo una "procedura concorsuale", veniva invece esclusa dall'ambito di applicazione di tale normativa, con evidente disincentivo all'utilizzo di tale strumento nei casi in cui le prospettive di risanamento dell'imprenditore avrebbero invece suggerito una cessione d'azienda.

A (parziale) rimedio di tale disallineamento normativo il legislatore è intervenuto approvando il D.Lgs. n. 87/2024 di "Revisione del sistema sanzionatorio tributario" (cd. "Decreto Sanzioni") che, oltre ad operare una generale mitigazione della disciplina delle sanzioni tributarie, tra le altre cose, con l'art. 3, comma 1, lett. h), ha modificato il suddetto art. 5-bis del D.Lgs. n. 472/1997 ampliando le ipotesi di esenzione dalla responsabilità solidale ex art. 14, comma 1, ai trasferimenti aziendali attuati "nell'ambito della composizione negoziata della crisi o di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza giudiziale".

Pertanto, tale modifica consente oggi, in caso di cessione dell’azienda nell’ambito della CNC, di estendere anche ai debiti erariali l’esenzione dalla solidarietà contemplata dall’art. 2560, comma 2, c.c..

Gli entusiasmi derivanti da tale (apparentemente felice) intervento normativo devono, tuttavia, essere immediatamente frenati, in quanto la previsione in esame rischia, in concreto, di trovare scarsa applicazione, quantomeno nel prossimo futuro.

Il Decreto Sanzioni, in vigore dal 29 giugno 2024 (in base alla previsione generale prevista dall'art. 7, comma 1, dello stesso D.Lgs. n. 87/2024), ha infatti previsto un ambito di applicazione temporale specifico per il nuovo regime sanzionatorio, stabilendo l'art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 87/2024 che “le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024”, senza operare distinzioni tra disposizioni che effettivamente comportano una modifica del regime sanzionatorio e sono, quindi, correlate al compimento di una violazione tributaria e disposizioni – quale quella in esame – che hanno un evidente diverso contenuto.

Il suddetto art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 87/2024 ha inevitabilmente generato un ampio dibattito, in quanto non solo comporta l’impossibilità di applicare le sanzioni amministrative più miti previste dal Decreto Sanzioni alle violazioni già commesse prima del 1 settembre 2024, in chiaro contrasto con il principio del favor rei previsto dal D.lgs. 472/1997 all'art. 3; ma, soprattutto, con riferimento alla modifica in analisi, rischia di portare all’impossibilità di beneficiare dell’esenzione ex art. 14, comma 5-bis, per la quasi totalità delle cessioni attuate nell'ambito di una CNC, per lo meno per i prossimi tre anni (atteso che, come si è visto, la responsabilità solidale sancita dal comma 5-bis dell’art. 14 del D.Lgs. 472/1997 opera per le “violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti”).

Una conferma di ciò si ritrae dalle stesse precisazioni dell'Agenzia delle Entrate, la quale, in occasione di un incontro con la stampa specializzata tenutosi il 19 settembre 2024, ha tenuto a precisare come “l’estensione dell’esclusione dalla responsabilità alle cessioni di azienda o di ramo di azienda riguardi le operazioni effettuate a decorrere dal 29 giugno 2024 (data di entrata in vigore del Dlgs 87 del 2024)”, ma “concerne solamente le violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024 [7].

Invero, alcune recenti ordinanze sembrano andare nella direzione opposta, richiamando, in parte motivazionale, l'esonero del cessionario dalla responsabilità solidale tanto ai sensi dell’art. 2560, comma 2, c.c., quanto ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997. Si tratta tuttavia di assunzioni non completamente motivate, emesse a seguito della presentazione di istanze autorizzative ex art. 22, comma 1, lett. d), CCII che davano conto, in entrambi i casi esaminati, di un progetto di piano che, grazie anche al ricavato dalle cessioni delle aziende, avrebbe comunque consentito l'integrale pagamento di tutti i creditori privilegiati[8].

Ad ogni modo, in mancanza di certezza normativa, il rischio, anche solo potenziale, di un contenzioso con l'Agenzia delle Entrate resta pienamente tangibile.

Ancora una volta ci si trova purtroppo di fronte ad una disciplina poco coerente, con un evidente disallineamento tra l’esclusione della responsabilità di natura civilistica per i debiti aziendali (accordata espressamente per la CNC

ex art. 22, comma 1, lett. d), CCII, indipendentemente dal periodo di maturazione dei debiti) e l’esclusione della solidarietà tributaria prevista per imposte e sanzioni (che riguarda oggi anche la CNC, ma solamente con riferimento a violazioni successive al 1° settembre 2024).

Un disallineamento che rischia di vanificare gli sforzi fatti per incentivare il ricorso alla CNC e che porterà con buona probabilità gli operatori del settore, se non altro per ragioni di cautela, ad escludere la CNC come percorso virtuoso per il superamento della crisi ogni qualvolta si dovesse manifestare la possibilità di procedere ad una cessione dell'azienda che porti con sé pregresse violazioni tributarie (sempre che non venga rilasciato un certificato negativo, ovvero non venga proprio rilasciato alcun certificato nel termine di 40 giorni dalla richiesta), ricorrendo a strumenti decisamente più invasivi per l'imprenditore, quale ad esempio il concordato preventivo, in evidente contrasto con il favor all'utilizzo della CNC.

 

3. La tutela del creditore ipotecario.

Il trasferimento dell'azienda, anche ove autorizzato, non è un atto di natura giudiziale, bensì un negozio giuridico “privatistico” di natura volontaria, stipulato nelle forme civilistiche ordinarie con atto in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, iscrivibile nel Registro Imprese anche ai fini dell'opponibilità ai terzi, come previsto dall'art. 2556 c.c.[9]

Alla luce di ciò, occorre domandarsi quale sia la sorte delle eventuali formalità pregiudizievoli trascritte o iscritte sui beni che compongono il compendio aziendale oggetto di trasferimento: il riferimento va, soprattutto, alle ipoteche iscritte sugli immobili aziendali e alla possibilità, o meno, per il giudice di applicare il disposto dell’art. 217, comma 2, CCII, relativo all’ordine di cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, norma, evidentemente, non richiamata nella CNC.

Autorevole dottrina ha ritenuto che una interpretazione eccessivamente restrittiva andrebbe di fatto a svuotare di contenuto il disposto dell’art. 22 CCII che esonera l’acquirente dalla responsabilità ex art. 2560 c.c.. In tale prospettiva, l'effetto purgativo sui debiti anteriori farebbe venir meno l'ipoteca iscritta a garanzia del pagamento di tali debiti, proprio a seguito del mancato trasferimento del debito in capo all’acquirente di cui l’ipoteca garantisce il rimborso; né si potrebbe pensare che, dopo la cessione dell’azienda, l’acquirente diventi un terzo datore di ipoteca e che risponda, in caso di inadempimento, del debito del venditore dell’azienda[10].

Resta tuttavia il fatto che, non trattandosi di vendita "coattiva", alla stessa non possono certamente conseguire gli effetti purgativi dalle formalità pregiudizievoli in applicazione dell'art. 217, comma 2, CCII e, in tale contesto, non è per nulla scontato che il giudice, nel silenzio della norma, possa comunque aggirare l'ostacolo rendendo un ordine di cancellazione delle formalità pregiudizievoli nell'ambito delle "misure ritenute opportune" per tutelare gli interessi coinvolti ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. d), CCII[11].

Del resto, la CNC resta un percorso dalla natura essenzialmente negoziale e, come tale, all'interno dello stesso non potrebbe trovare ingresso alcuna imposizione nei confronti dei creditori ipotecari non aderenti, i quali, diversamente opinando, in mancanza di un accordo con il debitore, vedrebbero pregiudicato il diritto di sequela che contraddistingue la propria ipoteca e, quindi, il proprio diritto di soddisfarsi con priorità sul ricavato della liquidazione del bene oggetto di garanzia.

Il che porta con sé il rischio che il cessionario possa subire l'escussione dei beni acquistati (ove ipotecati) nell'ambito del compendio aziendale, circostanza che, in caso di mancato accordo con il creditore ipotecario, dovrà essere opportunamente valutata e considerata in sede di determinazione del prezzo di cessione dell'azienda.

Sul punto, nonostante gli auspici della dottrina, il correttivo ter non ha fatto alcuna chiarezza; il che porta, inevitabilmente, ad una ulteriore potenziale limitazione del ricorso all'istituto in esame.

 

4. La portata estensiva dell'art. 2558 c.c..

Come la dottrina ha già avuto modo di evidenziare, un'ulteriore (e non trascurabile) limitazione ai trasferimenti di azienda consegue alla ormai consolidata giurisprudenza secondo cui il regime di solidarietà nei debiti dell'azienda ceduta previsto dall’art. 2560, comma 2, c.c. si applica ai debiti in sé soli considerati, che sorgono da posizioni contrattuali ormai definite, e non anche quando gli stessi si ricolleghino a posizioni contrattuali ancora pendenti che vengono trasferite al cessionario (o anche al semplice affittuario) dell'azienda in forza del subentro previsto dall'art. 2558 c.c.[12].

In questo caso, infatti, la responsabilità del cessionario si inserisce nell’ambito della più generale sorte del contratto non ancora del tutto esaurito, come precisato anche in tempi piuttosto recenti dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo cui: "In tema di cessione di azienda, i debiti relativi a contratti in cui il cessionario è subentrato ai sensi dell'art. 2558 cod. civ., ancorché maturati prima della cessione, non sono soggetti alla disciplina dell'art. 2560, comma 2, cod. civ., in quanto la responsabilità del cessionario si inserisce nell'ambito della più generale sorte del contratto, anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell'azienda"[13].

Ancorché tale interpretazione estensiva dell'art. 2558 c.c. possa essere criticata – in quanto così facendo la distinzione tra contratti e debiti rischia di apparire talvolta sfumata, soprattutto nei contratti di durata caratterizzati dall'esecuzione di una pluralità di prestazioni che si susseguono nel tempo – occorre tuttavia doverosamente farne i conti, posto che non sempre sarà agevole per il cessionario (o affittuario) dell'azienda escludere la successione, ancorché liberamente pattuibile, nel contratto rimasto inadempiuto dal cedente (o concedente) e rinegoziare un nuovo contratto a condizioni analoghe con la controparte contrattuale[14].

Ne consegue che, anche laddove vi fosse l’autorizzazione del tribunale, il cessionario continuerà a rispondere comunque dei debiti che si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite ed in cui il medesimo cessionario sia subentrato a norma dell'art. 2558 c.c., anche ove allo stesso sconosciuti, il che pone un ulteriore ed ennesimo limite all'agevolazione dei trasferimenti di azienda.

 

5. Conclusioni.

In definitiva, vi sono a nostro avviso numerosi limiti e criticità di cui l'operatore dovrà tenere conto tutte le volte in cui, nell'ambito di una CNC, si dovesse profilare la necessità, o anche solo l'opportunità, di operare un trasferimento di azienda (o di un suo ramo), limiti e criticità che non vengono superati neppure in presenza dell'autorizzazione del tribunale ex art. 22, comma 1, lett. d), CCII.

Conseguentemente, nonostante il trasferimento di azienda sia sempre più incentivato dal legislatore anche nell'ambito della CNC[15], gli ostacoli restano evidenti e ormai sempre più spesso rischiano di compromettere il buon esito del percorso di risanamento intrapreso, salvo convergere su procedure concorsuali all'interno delle quali calare poi il trasferimento dell'azienda (o del suo ramo), così da poter offrire al cessionario cautele certamente superiori.

 



[1] Tra i numerosi contributi in merito, si vedano S. Ambrosini, Diritto della crisi e dell'insolvenza, di S. Pacchi e S. Ambrosini, Quarta Edizione, Zanichelli Editore, Sezione I; S. Rossetti, Presupposti e condizioni per l’accesso alla composizione negoziata. Il valore perseguibile: il risanamento dell’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 3 aprile 2023; G. D’Attorre, in Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Seconda Edizione, Giappichelli Editore, p. 9.

[2] Quanto ai principali contributi in punto di cessione di azienda nell'ambito della CNC, si vedano G. D'Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 5 novembre 2021; A. Maffei Alberti, Commentario breve alle leggi su crisi d'impresa ed insolvenza, Padova, 2023, sub art. 22; M. Arato, La cessione d’azienda nella composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 15 aprile 2024; S. Bonfatti, La cessione competitiva dell’azienda nella Composizione negoziata, in ius.giuffrefl.it, 19 novembre 2024.

[3] Cfr. Trib. Piacenza, 1 giugno 2023, in Il caso.it, il quale ha avuto occasione di precisare che nell’ambito della composizione negoziata è inammissibile la richiesta di autorizzazione alla stipula di contratto di affitto di azienda da parte della debitrice, anche se in vista di una futura cessione dell'azienda stessa all’affittuaria con esonero dagli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, c.c.

[4] Tra i vari precedenti giurisprudenziali che hanno preso in esame i presupporti giuridici di cui all'art. 22 CCII, cfr. Trib. Torino, 27 febbraio 2025, Trib. Brescia, 7 novembre 2024, Trib. Milano, 17 marzo 2024, Trib. Milano, 12 agosto 2023, Trib. Piacenza, 1 giugno 2023, e Trib. Parma, 4 novembre 2022, tutte consultabili in ilcaso.it.

[5] Ove successivamente al trasferimento emergessero debiti relativi al periodo precedente la cessione ma non annotati nelle scritture contabili, il cessionario non risponderebbe in ogni caso del relativo adempimento, neanche ove il cessionario fosse (o avrebbe potuto essere) a conoscenza di tali debiti non annotati nei libri aziendali, salvo il caso dell'abuso finalizzato a frodare i creditori del cedente (cfr. Cass. 13 settembre 2023, n. 26450, in ilcaso.it).

[6] Il comma 5-ter del richiamato art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997, nel precisare che “le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, a tutte le ipotesi di trasferimento di azienda, ivi compreso il conferimento”, ha alimentato un forte dubbio operativo in merito all’estensione o meno della responsabilità solidale tributaria anche all’affittuario della azienda. Deve tuttavia escludersi tale estensione se consideriamo che la responsabilità solidale è modulata sul beneficio della preventiva escussione del soggetto trasferente e sulla limitazione della responsabilità del ricevente l'azienda al valore di quanto ad esso pervenuto, avendo la norma l'obiettivo di tutelare le ragioni di credito dell’amministrazione finanziaria nei confronti del debitore che ha diminuito la propria garanzia patrimoniale, rischio che è certamente configurabile nelle operazioni definitive di trasferimento, come cessione e conferimento d’azienda, ma non nell’affitto, in quanto il concedente è ancora giuridicamente proprietario di tutti i beni della propria impresa, sebbene locati. Né va sottovalutato il carattere speciale dell’art. 14 (in tal senso, Cass. 13 luglio 2017, n. 17264, in ilcaso.it), che suggerisce un’estensione cauta e ponderata del regime di responsabilità solidale tributaria ivi previsto. In dottrina, per un maggiore approfondimento sul punto, si vedano, tra l'altro, M. Bana, La responsabilità civilistica e fiscale dell’affittuario dell’azienda, in il fisco, n. 8/2022, p. 756; E. Belli Contarini, L’affitto d’azienda e i “trasferimenti” rilevanti ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 472/1997, in Rivista Telematica di Diritto Tributario, 19 giugno 2020; A. Giannelli, La responsabilità fiscale nei trasferimenti d’azienda: questioni aperte e possibili soluzioni, in L’Accertamento, n. 1/2018, p. 62.

 

[7] Come si è correttamente precisato in dottrina, "Da questa interpretazione discende una limitazione - nei primi tre anni - dell’ambito dell’esonero della suddetta responsabilità per un periodo temporale di circa tre anni, divenendo tale esonero completo solo relativamente alle cessioni di azienda eseguite dal 1° gennaio 2027", sebbene "In questo modo viene tuttavia tradita la ratio della norma, perché, come si legge nella relazione illustrativa al D.Lgs. n. 87/2024, la finalità della modifica è quella di adeguare le ipotesi di esclusione della responsabilità solidale del cessionario ai nuovi strumenti di regolazione della crisi via via introdotti nell’ordinamento giuridico" (così G. Andreani, La “variabile fiscalenella crisi d’impresa, in ilcaso.it, Ristrutturazioni Aziendali, 7 marzo 2025, p. 29-30). Cfr. altresì L. Gambi, Cessione d’azienda nella composizione negoziata della crisi: principio di competitività ed esonero da responsabilità solidale (anche tributaria) dell’acquirente), in ius.giuffrefl.it, 2 aprile 2025, secondo cui: "Ne consegue che per le violazioni poste in essere prima di tale data, ove anche contestate successivamente, non opera l'esclusione dalla responsabilità tributaria solidale in capo all'acquirente per le cessioni attuate nell'ambito della composizione negoziata". Nello stesso senso, S. Bonfatti, op cit., secondo cui: "Quanto alla solidarietà fiscale, è parimenti esclusa in caso di cessioni di aziende effettuate a decorrere dal 29 giugno 2024 nell’ambito della composizione negoziata, grazie alla modifica dell’art. 14, comma 5-bis, d.lgs. 472/1997: tuttavia il beneficio è limitato soltanto alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024 (art. 5 d.lgs. 87/2024)". Contra M. Pollio e A. Sica, Cessionario, zero responsabilità – La vendita in Composizione esclude rischi per chi acquista, in Italia Oggi, 5 aprile 2025, p. 28, ad avviso dei quali, anche alla luce degli spunti interpretativi offerti dal Tribunale di Parma con ordinanza del 30 luglio 2024, nonché sulla base della ratio della norma, "Il cessionario che acquista l'azienda nell'ambito della Composizione Negoziata della Crisi (Cnc) con l'autorizzazione da parte del tribunale alla deroga della responsabilità ex art. 2560 c.c. deve essere considerato protetto anche dalla responsabilità tributaria prevista dall'art. 14 del dlgs 472/97".

[8] Cfr. Trib. Parma, 30 luglio 2024 e Trib. Torino, 27 febbraio 2025, entrambe già precedentemente citate.

[9] Ex multis, cfr. G. D’Attorre, Le regole di distribuzione del valore, in Il Fallimento, 10/2022, p. 1225 e L. De Simone, Le autorizzazioni giudiziali, in dirittodellacrisi.it, 9 dicembre 2021, p. 9.

[10] In questo senso, M. Arato, op. cit., p. 2-3. Ad avviso dell'Autore, "Probabilmente l’inciso contenuto nell’art. 22 CCII secondo il quale il tribunale nell’autorizzare la vendita senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, può dettare “le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti” potrebbe essere interpretato nel senso di ricomprendere in tali misure anche l’ordine da parte del tribunale di cancellazioni delle trascrizioni una volta pagato il prezzo, con obbligo dell’acquirente di versare il prezzo (magari ridotto per effetto della composizione) direttamente al creditore ipotecario oppure su un conto vincolato all’ordine di giustizia. Insomma, vi sono vari modi pattizi o autorizzativi da parte del tribunale al fine di rendere effettivo l’effetto purgativo sui debiti anteriori in modo da evitare la distorsione derivante dalla permanenza delle trascrizioni pregiudizievoli a causa del mancato esplicito richiamo a questa vendita dell’art. 217, comma 2, CCII".

[11] In senso critico, L. Gambi, op.cit.; G. Di Cecco, Il ricorso alla composizione negoziata da parte degli intermediari finanziari (non bancari) tra potenzialità applicative ed incertezze interpretative, in ilcaso.it, 2 marzo 2025, p. 7; M. Spiotta, Meglio derogare (all’art. 2560, comma 2, c.c.) quam deficere, in Il Fallimento, 1/2024, p. 105; A. Maffei Alberti, op. cit., p. 141; S. Mancinelli, Cessione d’azienda incerta nella composizione negoziata, in Eutekne.Info, 16 novembre 2023, per il quale si deve ritenere che per le iscrizioni ipotecarie la garanzia immobiliare permanga (e di ciò si dovrebbe tener conto nella determinazione del prezzo dell’azienda) e che, in ipotesi d’inadempimento, il creditore beneficiario possa intraprendere l’azione espropriativa sui relativi cespiti, anche se pervenuti in proprietà dell’acquirente tramite una cessione d’azienda autorizzata ex art. 22 CCII. Della stessa opinione anche G. D'Attorre, Le regole di distribuzione del valore, op. cit., p. 1226. La problematica viene ripresa anche da S. Bonfatti, op. cit., ciò che determina, ad avviso dell'Autore, alternativamente rischi per il cessionario o per il creditore ipotecario (o pignoratizio) del cedente, a seconda della soluzione che potrà essere adottata dal giudice di volta in volta competente.

[12] Cfr. R. Russo, Il giano bifronte della composizione negoziata: la circolazione dell’azienda tra nuovo dato legislativo e problemi irrisolti, in ilcaso.it, p. 28-29; G. D'Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, op. cit., p. 11; A. Maffei Alberti, loc. cit.; P. GobioCasali, Il passaggio dei debiti nella cessione d'azienda tra art. 2558 c.c. e art. 2560 c.c., in ilcaso.it, del 22 novembre 2020.

[13] Così Cass. 22 novembre 2023, n. 32487, in ilcaso.it, in punto di subentro dell'affittuaria nei contratti di assicurazione stipulati per l'esercizio dell'azienda e, nello stesso senso, Cass. 6 aprile 2018, n. 8539. Il principio di diritto trova conferme in numerose pronunce di legittimità, anche risalenti nel tempo (cfr. O. Cipolla, Cessione, affitto, restituzione d’azienda: brevi note sulla sorte di debiti e contratti, in Giur. It., 2005, 1, a commento di Cass. 16 giugno 2004, n. 11318, e tutti i precedenti giurisprudenziali ivi richiamati), oltre che di merito (cfr. Trib. Milano, 29 ottobre 2019, n. 9816, consultabile su Onelegale, ove si è precisato che: "In tema di cessione di azienda, il regime fissato dall'art. 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti relativi all'azienda ceduta, secondo cui di essi risponde anche l'acquirente dell'azienda allorché risultino dai libri contabili obbligatori, si applica ai debiti in sé soli considerati, e non anche quando, viceversa, questi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma del precedente art. 2558 c.c. Ed infatti, in tal caso, la responsabilità si inserisce nell'ambito della più generale sorte del contratto non già del tutto esaurito, anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell'azienda").

[14] Anche per agevolare i trasferimenti di azienda e dare maggiore certezza ai rapporti giuridici, sarebbe più corretto applicare la successione nel contratto ex art. 2558 c.c. ai soli rapporti futuri, mentre per i singoli debiti già sorti ex uno latere applicare esclusivamente l'art. 2560 c.c.. Non è tuttavia questa la sede più opportuna per entrare nel merito della questione, che meriterebbe certamente un'autonoma trattazione.

[15] Oltre a quanto espressamente prevede l'art. 12, comma 2, CCII, è lo stesso Decreto Dirigenziale del 21 marzo 2023 che, nel valorizzare le risultanze del test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e misurare il grado di difficoltà del percorso che l’imprenditore dovrà affrontare, prevede che al raggiungimento di un determinato punteggio potrebbe rendersi necessaria la cessione dell’azienda o di rami di essa. L'incentivazione al trasferimento di azienda emerge non troppo velatamente in diversi successivi passaggi del suddetto decreto, tra cui: (i) "In qualunque momento, nel corso dello svolgimento dell’incarico, l’esperto ravvisi che non sussista o che sia venuta meno ogni concreta prospettiva di risanamento dell’impresa, anche in via indiretta attraverso la cessione dell’azienda o di suoi rami, redige la relazione prevista dall’articolo 17, comma 8, del Codice della crisi d’impresa" (par. 2.8); "L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori e gli altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa, in funzione di consentire all’impresa di rimanere sul mercato" (par. 8.1); "Quando ritiene che per assicurare la continuità aziendale e il miglior soddisfacimento dei creditori sia prospettabile unicamente la cessione dell’azienda o di rami di essa, l’esperto ricorda alle parti la possibilità di derogare agli effetti dell’articolo 2560, secondo comma, previa autorizzazione del giudice, come previsto dall’articolo 22, comma 1, lettera d) del Codice della crisi d’impresa" (par. 9.5).