, 22 aprile 2025, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario: 1. Introduzione: l’evoluzione delle funzioni del comitato di sorveglianza. - 2. L’autorizzazione prevista dall’art. 41, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999. - 3. I professionisti e gli esperti previsti dal secondo comma dell’art. 41 non sono riconducibili alla figura del coadiutore. - 4. Il ruolo del coadiutore e il rapporto instaurato dalla procedura con professionisti ed esperti. - 5. Le condizioni per l’attribuzione degli incarichi. - 6. La mancanza dell’autorizzazione del comitato.
1. Introduzione: l’evoluzione delle funzioni del comitato di sorveglianza.
In origine, le funzioni del comitato di sorveglianza nella disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza[1] erano prevalentemente consultive[2]. Sono compendiate nella disposizione del primo comma dell’art. 46, D.Lgs. n. 270/1999, rubricato Funzioni del comitato di sorveglianza, tutt’ora vigente: “Il comitato di sorveglianza esprime il parere sugli atti del commissario nei casi previsti dal presente decreto e in ogni altro caso in cui il Ministero dell’industria[3] lo ritiene opportuno”.
All’ultimo comma dell’art. 46 viene attribuita dalla dottrina[4] una funzione ispettiva, disponendo la norma che ogni singolo membro del comitato può “ispezionare le scritture contabili e i documenti della procedura (…) e chiedere chiarimenti al commissario straordinario e all’imprenditore insolvente”.
Residua una funzione propositiva: l’art. 43 attribuisce al Ministro la facoltà di revocare il commissario straordinario su proposta del comitato di sorveglianza, oltre che d’ufficio.
Con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83[5] il ruolo del comitato di sorveglianza si è arricchito di funzioni autorizzative. L’art. 41, al primo comma, prevedeva la facoltà del commissario di delegare ad altri le funzioni inerenti alla gestione corrente dell'impresa. Al secondo comma, la norma disponeva che il commissario poteva essere autorizzato dal Ministero “a farsi coadiuvare da esperti”.
Nel testo riformato, il secondo comma dell’art. 41 prevede ora che “Il commissario può essere autorizzato dal comitato di sorveglianza a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite (...) e ad attribuire a professionisti ed esperti incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale limitatamente ai casi di effettiva necessità e previa verifica circa la insussistenza di adeguate professionalità tra i dipendenti dell'impresa”.
L’autorizzazione del comitato di sorveglianza ha sostituito quindi l’analogo provvedimento del Ministero. Allo stesso modo, l’autorizzazione del giudice delegato per la nomina di coadiutori, prevista dal secondo comma dell’art. 32, L.fall., era stata sostituita dall’autorizzazione del comitato dei creditori ad opera dell’art. 28 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.
Nella nuova formulazione dell’art. 41, secondo comma, il commissario straordinario può farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite: precedentemente, poteva ricorrere ad esperti, quali coadiutori. Fra esperti e tecnici, secondo me, poco cambia, essendo i due termini, nell’accezione di persona in possesso di una competenza professionale specifica, sinonimi.
Ma il punto di svolta sta nella seconda parte del secondo comma: la necessità dell’autorizzazione del comitato di sorveglianza affinché il commissario possa attribuire incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale.
A mio parere, si può fondatamente sostenere che l’art. 41 prevede ora tre diverse figure: i delegati; i coadiutori; i consulenti ed i collaboratori legati alla procedura da un rapporto di prestazione d’opera professionale. Da questo punto di vista, la norma disciplina una fattispecie ulteriore rispetto a quanto previsto dall’art. 32, L.fall. e dall’art. 129, C.C.I.
Va aggiunto che il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 ha dotato l’art. 43 di due ulteriori commi. Ai sensi del comma 1 ter (perché non terzo?) il debitore ed i creditori ammessi possono chiedere al comitato di sorveglianza di revocare l’autorizzazione concessa al commissario straordinario ai sensi dell’art. 41, secondo comma.
2. L’autorizzazione prevista dall’art. 41, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999.
La dottrina che si è occupata dell’argomento probabilmente non ha colto l’intera portata della riforma dell’art. 41. L’opinione comune, per quanto ho potuto rilevare, è che i due commi dell’art. 41 dettino – o meglio continuino a dettare - la disciplina di (solo) due tipologie di incarichi: quelli affidati al soggetto “delegato” (primo comma) e quelli affidati ad un soggetto che assume il ruolo di “coadiutore” (secondo comma)[6], in parallelo con l’art. 32, L.fall. e adesso con l’art. 129, C.C.I. La tendenza ad assimilare le fattispecie in esame alle norme riguardanti l’esercizio delle attribuzioni del curatore è tale, che si è giunti a considerare la norma riformata come una “riscrizione quasi integrale del secondo comma dell’art. 32 l.fall”[7]. Non solo: pur riconoscendo che “la disciplina normativa pare ampliarsi (...) laddove al commissario viene altresì riconosciuta la facoltà di attribuire a professionisti ed esperti incarichi...”[8] si è tentato di ricondurre comunque il ruolo dei professionisti e degli esperti a quello dei coadiutori. E si è quindi sostenuto che “la specifica previsione di determinate forme negoziali attraverso le quali articolare il rapporto di collaborazione tra il commissario e il terzo sembra esplicitare, più che espandere, la portata dell’art. 32, secondo comma, poiché l’incarico di consulenza o collaborazione non pare concettualmente estraneo alla previsione (sicuramente più ellittica) di quest’ultimo”[9].
La giurisprudenza che si è formata sulla figura del coadiutore nella procedura di fallimento[10] consente però di affermare che il ruolo dei professionisti e degli esperti, cui fa riferimento il secondo comma dell’art. 41, è totalmente diverso da quello dei coadiutori.
La Suprema Corte, secondo una risalente e ormai consolidata interpretazione[11] ha statuito che il coadiutore (la cui opera “è integrativa dell’attività del curatore” e non sostitutiva, come quella del delegato) svolge “funzioni di collaborazione e di assistenza nell’ambito e per gli scopi della procedura concorsuale”[12], che rientrano “sotto il dominio delle competenze e delle attribuzioni del curatore”[13]. Detto diversamente, ma con maggiore efficacia, il coadiutore è autore di un “contributo tecnico al perseguimento di finalità istituzionali della procedura”[14].
Per converso, prendendo in esame gli incarichi professionali conferiti dal curatore la Cassazione ha evidenziato che “l’opera prestata dal professionista su incarico del curatore fallimentare (...) esula da quella pertinente alla figura del coadiutore di cui all’articolo 32, comma 2, della legge fallimentare e s’inquadra, piuttosto, in quella relativa alla vera e propria prestazione d’opera professionale”[15].
Da un lato, quindi, il coadiutore, che integra l’attività del curatore per gli scopi della procedura, e cioè per il perseguimento di finalità istituzionali. Dall’altro il professionista, o comunque il lavoratore autonomo, che instaura con la procedura un rapporto di tipo contrattuale[16].
Se ne dovrebbe ricavare che il coadiutore è organo – interno - della procedura, funzione non ascrivibile a professionisti e lavoratori autonomi cui vengano attribuiti incarichi sulla base di un contratto di prestazione d’opera intellettuale.
3. I professionisti e gli esperti previsti dal secondo comma dell’art. 41 non sono riconducibili alla figura del coadiutore.
Operata tale distinzione, mi pare evidente che si possa affermare che i “professionisti ed esperti” cui il commissario possa attribuire “incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale” non siano soggetti riconducibili alla figura del coadiutore.
Da questo punto di vista, estremamente confortante appare l’unica (a quanto mi consta) statuizione della Suprema Corte sul punto.
La pronuncia[17] è interessante perché affronta l’interpretazione dell’art. 41, secondo comma, nel testo in vigore prima della riforma del 2012; ed avvalora le proprie conclusioni mediante il confronto con la norma riformata. Il caso atteneva alla necessità o meno dell’autorizzazione (all’epoca, del Ministero dell’industria) per il conferimento di un incarico di consulenza legale in ambito stragiudiziale. La Suprema Corte parte dal considerare che l’art. 41, secondo comma, nel testo originario prevedeva “la possibilità per il commissario di essere autorizzato dal Ministero a farsi ‘coadiuvare da esperti’, sempre sotto la propria responsabilità” e afferma che “il riferimento alla facoltà di essere ‘coadiuvato’ induce a ritenere che si tratti pur sempre di attività proprie del commissario, mentre deve ritenersi esulare da tale disposto il conferimento di incarichi di consulenza legale stragiudiziale, come avvenuto nel caso (...)”. Chiaro quindi il riferimento ad una netta distinzione fra il coadiutore - organo interno di ausilio all’attività del commissario - ed il consulente cui sia stato conferito un incarico in “un ambito di attività diverso da quello rientrante nelle attribuzioni proprie del commissario straordinario”[18].
E la Corte aggiunge: “il D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012, ha esplicitamente previsto che il commissario possa, dietro autorizzazione del comitato di sorveglianza, oltre che farsi coadiuvare in relazione alle proprie attribuzioni, sempre sotto la propria responsabilità, anche ‘attribuire a professionisti ed esperti incarichi di consulenza e collaborazione (...)’. E' stato pertanto in tal modo specificamente previsto e disciplinato con le opportune cautele il conferimento di incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale, in origine non oggetto di specifica disciplina”.
La statuizione è estremamente chiara: oltre ai delegati, previsti dal primo comma, il secondo comma dell’art. 41 prevede le figure distinte del coadiutore e dei prestatori d’opera.
Si consideri, d’altro canto, che la differenza fra le due figure si può ricavare anche da un argomento letterale: se può farsi coadiuvare “sotto la propria responsabilità”, il commissario non è però responsabile dell’operato dei professionisti ed esperti cui abbia conferito un incarico[19], proprio perché questi ultimi non svolgono funzioni proprie delle sue attribuzioni.
Per concludere, si può sostenere che l’art. 41, rubricato con una certa ironia “Intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario straordinario” prevede che il commissario possa:
- farsi sostituire da delegati nell’esercizio delle “funzioni inerenti alla gestione corrente dell’impresa” senza alcuna autorizzazione in quanto, bisogna ritenere, si tratta di attività ordinaria[20];
- farsi sostituire da delegati “speciali” per singole operazioni, con l’autorizzazione del Ministero;
- nominare come coadiutori tecnici o da altre persone retribuite, con l’autorizzazione del comitato di sorveglianza;
- attribuire a professionisti incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale, sempre con l’autorizzazione del comitato di sorveglianza.
4. Il ruolo del coadiutore e il rapporto instaurato dalla procedura con professionisti ed esperti.
L’autorizzazione a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite dovrebbe essere richiesta dal commissario per ottenere un contributo tecnico nell’ambito e per gli scopi della procedura. Si è evidenziato nel precedente paragrafo 2 che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, il coadiutore “adempie ad un'opera integrativa dell'attività del curatore, svolgendo funzioni di collaborazione e di assistenza nell'ambito e per gli scopi della procedura concorsuale, sicché assume la veste di ausiliario del giudice”[21]. Non mi pare ci siano ragioni per ritenere che nell’amministrazione straordinaria il coadiutore debba assumere una veste diversa. Va tenuto conto, tuttavia, che nell’amministrazione straordinaria il commissario svolge una “attività gestionale” ed una “attività concorsuale”, come si ricava dall’art. 47, primo comma, lettera b). Di conseguenza, anche il coadiutore potrà occuparsi di questioni attinenti alla gestione corrente dell’impresa, sempre nell’ambito delle attribuzioni del commissario.
Il comitato di sorveglianza, quindi, è chiamato a valutare se l’ausilio del coadiutore si svolga nell’ambito della procedura, per questioni che da essa trovano origine o ad essa siano comunque funzionali. Ad esempio, la nomina di un coadiutore potrebbe essere utile per l’esame delle domande di ammissione al passivo, o in relazione a questioni specifiche che formano parte della predisposizione del programma previsto dall’art. 54[22].
Riguardo all’attribuzione di incarichi di consulenza e collaborazione tecnica, il dettato normativo richiama evidentemente le norme in tema di prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.).
Gli incarichi avranno quindi ad oggetto, in primo luogo, prestazioni intellettuali richieste a professionisti iscritti in un albo o elenco (art. 2229 c.c.). Non solo: bisogna ritenere che la norma faccia riferimento a qualsiasi prestazione con contenuto prevalentemente professionale o intellettuale, dato che oltre alle professioni tipizzate e assoggettate all’iscrizione in albi o elenchi vi possono essere prestazioni intellettuali non specificamente caratterizzate, che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo[23].
Il secondo comma dell’art. 41 impone che l’attribuzione degli incarichi professionali sia preceduta dalla verifica della “insussistenza di adeguate professionalità tra i dipendenti dell’impresa”. Si potrebbe opinare, di primo acchito, che tale disposizione sia in contrasto con la circostanza che gli incarichi cui fa riferimento la norma abbiano ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale. Non è così.
Invero, anche un rapporto di lavoro subordinato può prevedere prestazioni con elevato contenuto intellettuale[24], per cui il dettato normativo risulta coerente.
Mi pare si debba poi ritenere che gli incarichi di consulenza e collaborazione tecnica non debbano essere limitati a questioni proprie della procedura, ma possano investire anche questioni attinenti alla gestione dell’impresa. La norma non opera, infatti, alcuna distinzione di questo tipo. D’altro canto, non avrebbe senso se il conferimento, ad un avvocato, dell’incarico di assistere la procedura in un’azione revocatoria dovesse passare per l’autorizzazione del comitato di sorveglianza, e invece l’incarico relativo all’assistenza in un giudizio contro un fornitore, di valore estremamente rilevante, fosse conferito senza alcuna autorizzazione[25]. La ratio della norma ne sarebbe frustrata[26]. Né pare rilevante la circostanza che il D.M. del MISE del 28 luglio 2016, che detta i “Criteri per la scelta degli esperti delle procedure di amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270” al comma settimo dell’unico articolo di cui si compone preveda che “Gli incarichi di collaborazione, consulenza o professionali conferiti dai commissari straordinari (…) compresi quelli che riguardano la organizzazione aziendale e con esclusione degli incarichi di prestazioni di beni e servizi direttamente connessi alla gestione corrente dell’impresa, sono pubblicati dai commissari straordinari medesimi, entro trenta giorni dal relativo conferimento, sul sito internet di ciascuna procedura (…)”. La norma regolamentare fa evidentemente riferimento ai contratti d’opera previsti dall’art. 2222 c.c. che, come si è cercato di dimostrare, esulano dalla previsione dell’art. 41, secondo comma, dedicato alle prestazioni d’opera intellettuale. E riguarda, in ogni caso, la pubblicazione sul sito della procedura, e non l’autorizzazione del comitato.
5. Le condizioni per l’attribuzione degli incarichi.
Il secondo comma dell’art. 41 dispone che le autorizzazioni vanno richieste dal commissario nei “casi di effettiva necessità” e – come si è accennato - “previa verifica circa la insussistenza di adeguate professionalità tra i dipendenti dell’impresa”.
La disposizione impone alcune considerazioni. Anzitutto, mi pare si possa dire che essa riguardi solo i professionisti e gli esperti cui siano attribuiti incarichi, e non i coadiutori. Il testo del secondo comma è un po’ barocco, ma si può scomporre in una proposizione principale (“può farsi autorizzare”) e due distinte proposizioni subordinate, tra esse collegate mediante la congiunzione coordinativa “e”. Le due subordinate sono infatti dotate, ognuna, di un predicato: (i) “a farsi coadiuvare”; (ii) “ad attribuire”.
Il complemento di limitazione (“limitatamente ai casi...”) fa indubbiamente parte della seconda subordinata.
Inoltre, se la finalità della norma è quella di limitare i costi, una chiave di lettura può essere quella di ritenere che la nomina dei coadiutori non necessiti di criteri restrittivi in quanto del compenso ad essi riconosciuto si dovrebbe tenere conto nella liquidazione del compenso del commissario, analogamente a quanto dispone l’art. 129, C.C.I. (e prima l’art. 32, L.fall)[27].
Su chi grava l’onere di verificare che non sussistano adeguate professionalità fra i dipendenti dell’imprenditore insolvente? Il testo della norma si presta a qualche ambiguità: “il commissario può essere autorizzato dal comitato di sorveglianza ... previa verifica”: questo può significare sia che la verifica vada effettuata dal commissario, sia che ne sia onerato il comitato di sorveglianza. A mio parere la norma pone a carico di entrambi gli organi l’attività di “previa verifica”, con modalità differenti a seconda dei rispettivi poteri.
Il commissario straordinario, in quanto “ha la gestione dell’impresa”, come dispone l’art. 40, è il primo a doversi attivare. Senza dubbio è l’organo che rileva la necessità di attribuire un incarico; ed è anche il soggetto che è in grado di apprezzare, per la conoscenza che deve avere dell’impresa, se sussistano o meno adeguate professionalità fra i dipendenti in relazione all’oggetto dell’incarico. La richiesta di autorizzazione, quindi, dovrebbe essere corredata dal risultato di un’istruttoria più o meno estesa, a seconda dell’incarico[28]. Di conseguenza, la relazione del commissario sull’attività compiuta dovrebbe essere più o meno sintetica o analitica in relazione all’importanza dell’incarico.
Il comitato di sorveglianza, ricevuta la richiesta di autorizzazione, dovrebbe in primo luogo verificare se l’istruttoria compiuta dal commissario sia adeguata: non lacunosa, non superficiale, non frammentaria. Nel caso in cui l’istruttoria non sia apprezzabile, il comitato dovrebbe richiedere che venga adeguatamente integrata. Nel caso in cui una relazione sull’istruttoria manchi del tutto, il comitato dovrebbe chiedere al commissario di produrla[29].
In ogni caso, il comitato dovrebbe richiedere chiarimenti al commissario in base alla facoltà che gli è attribuita dall’art. 46, ultimo comma e, se lo ritiene opportuno, anche ispezionare i documenti della procedura qualora relazione e chiarimenti del commissario non siano soddisfacenti.
A mio avviso, il comitato non potrebbe quindi limitarsi a rifiutare l’autorizzazione sulla base di una richiesta lacunosa. Condividendo l’assunto secondo cui i poteri ispettivi, di acquisizione di documenti e informazioni, previsti dall’art. 46, ultimo comma, sono “strumenti talora indispensabili per l’agire informato dell’organo di sorveglianza, al fine del rilascio dei pareri...”[30], bisogna trarre la conseguenza che il comitato ha il dovere di attivarsi, utilizzando quei poteri.
Il rifiuto di autorizzare l’attribuzione degli incarichi dovrebbe essere quindi la conseguenza di una ripetuta ed immotivata condotta omissiva del commissario.
6. La mancanza dell’autorizzazione del comitato.
Se il comitato di sorveglianza non rilascia l’autorizzazione, il commissario non potrebbe nominare un coadiutore, né attribuire incarichi di consulenza o collaborazione tecnica e professionale. La condotta di un commissario che non tenga alcun conto del rifiuto del comitato di sorveglianza dovrebbe essere segnalata da quest’ultimo all’organo di vigilanza, anche al fine di chiederne la revoca ai sensi dell’art. 43, primo comma.
Specularmente, il commissario straordinario dovrebbe segnalare all’organo di vigilanza la condotta del comitato di sorveglianza che latiti o non assuma alcuna decisione nonostante il decorso dei termini previsti dall’art. 46, terzo comma[31], al fine di sollecitarlo o, nei casi più gravi, revocarlo, sostituendone i membri[32].
Diverso è il caso in cui il commissario – salvo che per ragioni di urgenza – attribuisca un incarico senza chiedere l’autorizzazione. In dottrina si ritiene che l’autorizzazione del comitato non incida sulla validità dell’atto del commissario, ma produca i suoi effetti “solo in termini di opponibilità del credito maturato dal professionista nei confronti dei creditori insinuati al passivo dell’impresa insolvente”[33]. La tesi che l’autorizzazione del comitato non integri i poteri del commissario non mi pare però convincente. Ritengo più appropriato richiamare la dottrina che in tema di atti compiuti dal curatore senza autorizzazione del comitato dei creditori, ai sensi dell’art. 35, L.fall., ha sostenuto che “in difetto della necessaria autorizzazione deriva un vizio della volontà che si risolve nell'annullabilità dell'atto: la volontà non è del tutto carente ma viziata in quanto parziale”, aggiungendo che “trattandosi di prescrizioni poste nell'interesse della massa il vizio può tuttavia essere fatto valere solo dall'ufficio fallimentare”[34]. Anche la giurisprudenza, sul punto, ha ritenuto annullabili gli atti compiuti senza la previa autorizzazione del comitato dei creditori[35]. E in tema processuale la Suprema Corte si è spinta a dichiarare l’inefficacia dell’atto in mancanza dell’autorizzazione[36].
Anche da tale punto di vista, quindi, mi pare che la riforma del 2012, riscrivendo il testo dell’art. 41, secondo comma, abbia ampliato significativamente le funzioni del comitato di sorveglianza, nell’ottica di soddisfare, per quanto possibile, le esigenze di economicità della procedura. È noto, infatti, che uno dei problemi delle procedure di amministrazione straordinaria consiste nel dilatarsi della prededuzione. Ma questo argomento esula dal tema del presente contributo.
[1] Nel presente contributo si farà riferimento all’amministrazione straordinaria disciplinata dal D.Lgs. n. 270/1999, senza alcun riferimento alle procedure speciali previste dal D.L. 347/2003. Sulla procedura di amministrazione straordinaria, l’ingresso e della collocazione nel sistema concorsuale e le sue finalità, cfr. l’accurato contributo di S. Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, Milano, 2025, t. II, 2446 segg. Sulle funzioni dell’amministrazione straordinaria, inoltre, cfr. il recente saggio di E. Lo Monaco, Il rapporto tra Autorità di vigilanza e Organo commissariale nelle procedure di amministrazione straordinaria, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi, a cura di D. Vattermoli, Pisa, 2024, 137 segg.
[2] Evidenziato che i compiti del comitato erano “meramente consultivi”, l’ha definito “organo ombra” V. Zanichelli, L’amministrazione straordinaria, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, Torino, 2009, 2046. Si riferisce al comitato di sorveglianza come “organo consultivo della procedura”, nonostante la riforma del 2012, S. Caporusso, L’amministrazione straordinaria ordinaria e speciale, in Diritto della crisi d’impresa, a cura di G. Trisorio Liuzzi, Bari, 2023, 750.
[3] Oggi dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (“MIMIT”), passando per il Ministero dello sviluppo economico (“MISE”).
[4] Cfr. Pajardi – Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, 1102; inoltre, il D.M. del MIMIT 15 dicembre 2023, che regola il funzionamento del comitato di sorveglianza, fa espresso riferimento alla funzione ispettiva (art. 6). Si è ritenuto che ai sensi dell’art. 305, primo comma, C.C.I., applicabile per effetto del richiamo contenuto nell’art. 36, D.Lgs. n. 270/1999, al comitato competa anche una funzione di controllo sugli atti del commissario: cfr. A. Nigro – D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2021, 562. Tuttavia, va ricordato che ai sensi dell’art. 37 al Ministero spetta “una generale vigilanza sulla gestione dell’impresa” allo scopo di “verificare con carattere di continuità che l’attività dell’organo gestorio soddisfi gli interessi della procedura” (E. Lo Monaco, op. cit., 147).
[5] Cfr. art. 50, D.L. 22 giugno 2012, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, c.d. “Decreto sviluppo”. L’art. 33 del D.L., rubricato Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale, ha profondamente innovato, come noto, anche il compianto R.D. n. 267/1942.
[6] Cfr. L. De Rentiis, L’autorizzazione del Comitato di sorveglianza al conferimento di incarichi esterni nelle amministrazioni straordinarie: oggetto ed effetti, in Fallimento, 2022, 451; inoltre, cfr. R. Benassi, Art. 41, in Comm. Maffei- Alberti, Milano, 2023, 2770,che si limita ad enucleare “i delegati di cui al 1° co. e gli altri collaboratori di cui al secondo”.
[7] M. Terenghi, Efficienza, trasparenza e sostenibilità dei costi: nuovi inputs per i commissari nella “Prodi bis”, in Fallimento, 2012, 1167.
[8] M. Terenghi, op. loc. citt.
[9] M. Terenghi, op. loc. citt. Cfr. inoltre L. De Rentiis, op. cit., 452 seg., secondo cui “ricorre la figura del ‘coadiutore’ quando l’incarico esternalizzato è ex se incompatibile con le funzioni di Commissario straordinario come nel caso di perito che deve effettuare la stima dei beni acquisiti all’attivo dell’amministrazione straordinaria o del difensore che patrocina i giudizi in cui la procedura di amministrazione straordinaria riveste il ruolo di parte processuale e nel relativo giudizio è necessaria la difesa tecnica”. A mio parere, come cercherò di dimostrare, in entrambi i casi non si tratta di coadiutori.
[10] Cfr. Cass., 2 luglio 2024, n. 18116; Cass., 25 luglio 2019, n. 20193; Cass., 12 maggio 2016, n. 9781; Cass., 9 maggio 2011, n. 10143; Cass., 8 febbraio 2011, n. 3066; Cass., 26 gennaio 2005, n. 1568. Tutte le pronunce richiamate si sono occupate della liquidazione del compenso di soggetti che, a diverso titolo, hanno cooperato con la procedura. Va aggiunto che la Suprema Corte ha statuito con riferimento al testo dell’art. 32 anteriore alla riforma del 2006. Tuttavia, né la riforma attuata con l’art. 28 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, né la successiva riforma ad opera art. 3, quinto comma, del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, hanno mutato la figura del coadiutore, senza peraltro influire sulla dicotomia delegato-coadiutore.
[11] Cfr. Cass., 15 settembre 1978, n. 4146 e Cass., 13 dicembre 1980, n. 64539, entrambe richiamate da Cass., 26 gennaio 2005, n. 1568.
[12] Cass., 26 gennaio 2005, n. 1568.
[13] Cass., 9 maggio 2011, n. 10143.
[14] Cass., 2 luglio 2024, n. 18116.
[15] Cass., 2 luglio 2024, n. 18116.
[16] Sempre Cass., 2 luglio 2024, n. 18116; ad un “normale rapporto di prestazioni d’opera” fa riferimento Cass., 26 gennaio 2005, n. 1568, mentre Cass., 25 luglio 2019, n. 20193 sottolinea la differenza fra l’attività del coadiutore e “quella autonoma relativa alla vera e propria prestazione d’opera professionale”.
[17] Cass., 26 ottobre 2018, n. 27310.
[18] Sempre Cass., 26 ottobre 2018, n. 27310.
[19] Ferma restando la responsabilità per la scelta dei professionisti.
[20] Cfr. E. Lo Monaco, op. cit., 147: “Compete, infatti, al Ministero il potere di autorizzare il commissario straordinario al conferimento a terzi, con onere a suo carico, della delega al compimento di singole operazioni, estranee alla gestione corrente dell’impresa (che, invece, è insita nei poteri ad esso conferiti con la nomina e che dunque non necessita di autorizzazioni specifiche)”. Come acutamente notato da S. Ambrosini, op. cit., 2497, peraltro, si deve ritenere che la disciplina applicabile agli atti di straordinaria amministrazione “sia interamente esaurita dall’art. 42 che (…) circoscrive il perimetro dell’autorizzazione ministeriale agli atti di maggiore importanza”, senza possibilità quindi di applicare la norma dell’art. 206, secondo comma, L.fall. (e 307, secondo comma, C.C.I.), per effetto del richiamo operato dall’art. 36. Si deve dunque ritenere che quanto non previsto dall’art. 42 attenga alla gestione corrente dell’impresa.
[21] Cass., 25 luglio 2019, n. 20193.
[22] È da segnalare che secondo M. Terenghi, op. cit., 1168, non sembra improprio che “anche in relazione al compenso del coadiutore del commissario debbano valere i criteri di determinazione adottati in sede fallimentare, e (soprattutto) che delle somme riconosciute ai suoi collaboratori debba tenersi conto nella liquidazione del compenso finale del commissario stesso” secondo quanto prevedeva l’art. 32, secondo comma, L.fall. (ed ora l’art. 129, secondo comma, C.C.I.). Contra, E. Staunovo Polacco, Controllo preventivo sugli atti del commissario straordinario, in La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria a cura di A. Castagnola e R. Sacchi, Torino, 2001, 209.
[23] Cfr. Cass., 17 giugno 2024, n. 16751; Cass., 18 ottobre 2018, n. 26264. In dottrina, cfr. G. Musolino, Contratto d’opera professionale, in Comm. del cod. civ. Schlesinger-Busnelli, Milano, 2020, 4 seg.; A. Perulli, Il lavoro autonomo, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1996, 377.
[24] Cfr. Cass., 22 aprile 2022, n. 12919, secondo cui “In ordine alla qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, in presenza di prestazione con un elevato contenuto intellettuale è necessario verificare se il lavoratore possa ritenersi assoggettato, anche in forma lieve o attenuata, alle direttive, agli ordini e ai controlli del datore di lavoro, nonché al coordinamento dell'attività lavorativa in funzione dell'assetto organizzativo aziendale” pur sempre “nell'ambito di un contesto caratterizzato dalla c.d. subordinazione attenuata aziendale”; inoltre, cfr. Cass., 7 giugno 2024, n. 15955: “La connotazione intellettuale della prestazione resa da ricercatori e tecnologi e l'autonomia di cui dette figure professionali godono nello svolgimento dell'attività di ricerca comportano che l'eventuale natura subordinata del rapporto di lavoro (...) va accertata non soltanto alla stregua del principale parametro normativo della soggezione al potere organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, ma, soprattutto, in base ad una valutazione globale e pregnante di tutti gli indici sussidiari (...)”; cfr. inoltre Cass., 7 settembre 2021, n. 24078, con riguardo all’attività giornalistica.
[25] Non a caso, R. Sampiero, Funzioni e tratti essenziali dei comitati di sorveglianza nelle procedure di amministrazione straordinaria, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi, a cura di D. Vattermoli, Pisa, 2024, 163, ritiene che “gli incarichi per assistenza in giudizio ex art. 41, co. 2 d.lgs.270/1999, così come specificato dal citato decreto del 28 luglio 2016, al pari degli altri incarichi, devono essere sottoposti alla preventiva autorizzazione del comitato di sorveglianza”.
[26] L. De Rentiis, op. cit., 450, ha evidenziato che le funzioni autorizzative del comitato di sorveglianza trovino ragione “nell’esigenza del ‘contenimento dei costi’ derivanti dalla gestione della procedura concorsuale”. Cfr. inoltre M. Terenghi, op. cit., 1167, secondo cui il richiamo alla “effettiva necessità” ha “l’evidente scopo di dissuadere gli organi della procedura dall’assegnare consulenze non necessarie (...) mentre la menzione delle ‘adeguate professionalità’ interne all’azienda trova ovvio fondamento nel moderare, da un lato, gli esborsi della procedura, e nel valorizzare dall’altro, per quanto possibile, le figure aziendali apicali...”.
[27] Cfr. M. Terenghi, cit. supra, nt. 22.
[28] Ad esempio, un tecnico specializzato può svolgere un’attività che anche un dipendente dell’imprenditore insolvente è in grado di svolgere, soprattutto se inerente all’attività tipica dell’impresa. Diversa è l’ipotesi dell’attività che solo un professionista iscritto ad un albo può svolgere (ad es. l’assistenza in giudizio): in questo caso sarebbe sufficiente dichiarare che i dipendenti non possono svolgere quell’attività.
[29] Le “Linee guida per le richieste di autorizzazione degli incarichi di consulenza e di collaborazione tecnica e professionale a professionisti ed esperti ex art. 41, comma 2, del Decreto Legislativo 270/1999” dettate dal MISE in data 18 novembre 2021, dispongono che, “al fine di comprovare l’effettiva necessità di un professionista esterno all’azienda, andranno espressamente specificati [al comitato di sorveglianza, da parte dei commissari] gli esiti della verifica preventiva circa la presenza, all’interno dell’azienda, di eventuali professionalità adeguate allo svolgimento dell’incarico”.
[30] G. Meo, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Tratt. dir. fall. diretto da F. Vassalli, F.P. Luiso, E. Gabrielli, Torino, 2014, vol. IV, 1101. Cfr. inoltre S. Ambrosini, op. cit., 2501, secondo cui la funzione ispettiva è funzionale ad assumere le informazioni necessarie “per esprimere i parei richiesti e vigilare sullo stato e sull’andamento della procedura”.
[31] Relativi ai pareri che il comitato deve esprimere, ma non c’è ragione per non ritenerli applicabili a qualsiasi delibera del comitato.
[32] Cfr. A. Nigro – D. Vattermoli, op. loc. citt., secondo cui anche in carenza di una disposizione di legge il Ministro può sempre revocare e sostituire i membri del comitato. Il D.M. 15 dicembre 2023, cit., prevede che “Il Ministro, anche su segnalazione degli organi dell’amministrazione straordinaria, può modificare la composizione del Comitato di sorveglianza per documentate sopravvenienze di diritto o di fatto (…)” (art. 4, terzo comma).
[33] L. De Rentiis, op. cit., 450. L’A. fa discendere tale conclusione dalla constatazione che l’Autorità che vigila sulla gestione dell’organo commissariale è il Ministero, per cui “mentre le ‘autorizzazioni’ che l’Autorità di vigilanza rilascia nel corso della procedura concorsuale hanno natura ‘integrativa’ delle funzioni gestorie spettanti all’Organo commissariale (...) l’autorizzazione del Comitato di sorveglianza ha una rilevanza esclusivamente ‘endoprocedurale’ in termini di ‘opponibilità’ degli oneri derivanti dall’incarico professionale” (...)”.
[34] V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d.lg. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008, 74. Cfr. inoltre R. Sampiero, Funzioni e tratti essenziali dei comitati di sorveglianza nelle procedure di amministrazione straordinaria, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi, a cura di D. Vattermoli, Pisa, 2024, 157, il quale ritiene che “L’atto adottato dall’organo commissariale, in mancanza di parere del comitato, non è nullo, ma irregolare ed impugnabile”.
[35] Cass., 26 giugno 2015, n. 13242: “La mancanza di autorizzazione del giudice delegato o del tribunale, prevista dall'art. 35 legge fall. (nella formulazione vigente "ratione temporis"), ad integrazione dei poteri spettanti al curatore nello svolgimento di attività negoziale importa non già la nullità dei negozi posti in essere, ma la loro annullabilità, che può essere fatta valere solo dal fallimento, ai sensi dell'art. 1441 cod. civ.”
[36] Cass., 20 dicembre 2019, n. 34213: “In difetto dell'autorizzazione del comitato dei creditori prevista dall'art. 35 l.fall., la rinuncia del curatore fallimentare al ricorso per cassazione è inidonea a produrre effetti”; cfr. inoltre Cass., 25 gennaio 2018, n. 1892: “In tema di poteri del curatore, il difetto di autorizzazione ad agire in giudizio da parte del giudice delegato si traduce nella carenza di legittimazione ad processum, con possibile sanatoria successiva, individuabile anche in un'autorizzazione alla transazione con cui si supera il vizio originario del negozio”.