, 25 maggio 2025, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario: 1. La ricostruzione dell’attivo. 2. Le azioni di responsabilità: modus operandi. 3.Le azioni di responsabilità: art. 255 CCII. 4. Il ricorso abusivo al (e la concessione abusiva di) credito. 5. La concessione abusiva di credito. 6. Azione di responsabilità: prescrizione. 7. Cumulo delle azioni di responsabilità. 8. Clausola compromissoria. 9. Legittimazione passiva. 10. obblighi degli amministratori. 11. Adeguati assetti organizzativi: art. 3 CCII. 12. Adeguati assetti organizzativi: art. 375 CCII. 13. Obblighi degli amministratori. 14. Amministratori delegati (c.d. operativi, art. 2381 c.c.). 15. Amministratori dimissionari e subentranti. 16. Breve durata dell’incarico e capacità temporale di reazione. 17. Amministratore cessato. 18. Amministratori di fatto. 19. Direttori generali (art. 2396 c.c.). 20. Liquidatori (art. 2489 c.c.). 21. Sindaci (art. 2403 c.c.). 22. Sindaci (art. 2407 c.c.). 23. Poteri dei sindaci. 24. La modifica dell’art. 2407 c.c. (12 aprile 2025). 25. Prescrizione. 26. Retroattività della nuova norma. 27. La modifica dell’art. 2407 c.c. 28. Revisori (D.lgs. n. 39/2010). 29. Revisori (prescrizione dell’azione). 30. Obblighi degli organi sociali al verificarsi della causa di scioglimento. 31. Condotte addebitabili agli organi sociali. 32. Quantificazione del danno: art. 2086, co. 2, c.c. 33. Quantificazione del danno. 34. La condizione di capienza. 35. L’iniziativa giudiziaria. 36. La copertura assicurativa. 37. Transazione. 38. Sentenza di accoglimento e imposta di registro. 39. Conclusioni.
1. La ricostruzione dell’attivo.
La gestione di una procedura non si limita alla liquidazione dell’esistente (sarebbe così soltanto una liquidazione collettiva), ma implica il recupero di attività attraverso azioni giudiziali di adempimento, di recupero crediti, di risarcimento dei danni, di responsabilità degli organi sociali, di revocatorie ordinarie e concorsuali, etc. Solo così il curatore può svolgere correttamente il suo compito nell’interesse della massa, dando un senso concreto alla concorsualità. Un buon curatore si vede da quanto e in quanto tempo riesce a ricostruire la massa attiva da distribuire ai creditori, anche con le azioni revocatorie, ordinarie e concorsuali.
2. Le azioni di responsabilità: modus operandi.
1) Analisi dei presupposti: individuazione del danno patrimonio netto negativo alla data della liquidazione (meno) patrimonio netto negativo a una certa data (meno) perdite inerziali = risarcimento (o intero sbilancio della liquidazione, in via equitativa motivata, Cass. SU 6.5.2015 n. 9100) 2086, co. 2, c.c.; con la perdita del capitale sono incompatibili sia le nuove operazioni che la gestione caratteristica, già di per sé produttiva di un danno.
2) Individuazione dei doveri violati dagli amministratori: ricapitalizzazione, trasformazione società, messa in liquidazione, concordato preventivo, liquidazione giudiziale, etc., comunque non possono continuare come se niente fosse successo.
3) Individuazione dei soggetti obbligati in solido: amministratori, anche di fatto (2381, co. 6, 2392, 2486 c.c.), direttori generali (2396 c.c.) sindaci (2407 c.c.), revisori (2409-sexies c.c.) e liquidatori (2489 c.c.); ognuno per il periodo in cui era in carica e per il danno prevedibile successivo, prodotto a causa sua.
4) Indagine patrimoniale, con soggetti specializzati, in tempi rapidissimi.
5) Richiesta di sequestro conservativo inaudita altera parte (verificare eventuale prescrizione).
6) Atto di citazione e avvio delle trattative “ transazione, dai cui effetti va espressamente escluso chi è rimasto estraneo all’atto.
7) Se il giudizio prosegue, alla precisazione delle conclusioni il petitum va ridotto al quantum sequestrato, per non pagare un’imposta di registro eccessiva.
3. Le azioni di responsabilità: art. 255 CCII
Il curatore, autorizzato (entro il termine ex art. 372 c.p.c. per produrre documenti in cassazione, cioè «fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio» Cass. 16.12.2014 n. 26359; stante la «necessità di depositare, a pena d'improcedibilità, i documenti sull'ammissibilità del ricorso all'atto del suo deposito, salva solo la possibilità di provvedervi successivamente, prima dell'udienza, con notifica di apposito elenco alla controparte» Cass. 6.10.2016 n. 20016) ai sensi dell’articolo 128, co. 2, può promuovere o proseguire (secondo lo stato del processo):
a) l’azione sociale di responsabilità (artt. 2392, 2393 c.c.);
b) l’azione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2394 («per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale» nelle spa) e dall’articolo 2476, co. 6, c.c. («per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale» nelle srl);
c) l’azione prevista dall’articolo 2476, co. 8, c.c. (contro i «soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società» nelle srl);
d) l’azione prevista dall’articolo 2497, co. 4, c.c. (contro società o enti che esercitano «attività di direzione e coordinamento di società», e agiscono «in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale», «direttamente responsabili nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società», ma si ritiene che anche la società eterodiretta sia legittimata nei confronti della capogruppo);
e) tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge, ad es. il co. 1° bis estende l’azione ai coobbligati.
4. Il ricorso abusivo al (e la concessione abusiva di) credito
• (Art. 325 CCII) Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli 322 e 323, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.
• (Art. 331 CCII) Si applicano le pene stabilite nell’articolo 325 agli amministratori ed ai direttori generali di società sottoposte a liquidazione giudiziale, i quali hanno commesso il fatto in esso previsto.
• L’azione di massa compete al curatore (Cass. 30.6.2021 n. 18610; Cass. 18.1.2023 n. 1387).
• «L’illecito si caratterizza per una violazione del dovere di corretta erogazione del credito a danno di tutti i creditori del finanziato (anteriori o successivi all’operazione) per effetto dell’apparenza di solvibilità ingenerata dal sostegno finanziario irregolarmente concesso e del conseguente ritardo nella manifestazione “naturale” delle effettive condizioni patrimoniali di quel soggetto” (Cass. 30.6.2021 n. 18610).
• Deve ritenersi “egualmente illecita la condotta di «concessione abusiva di credito», che individua l’agire del finanziatore che conceda, o continui a concedere incautamente, credito in favore dell’imprenditore che versi in stato di insolvenza o comunque di crisi conclamata” in quanto, “sebbene nel nostro ordinamento non esista un generale dovere, a carico di ciascun consociato, di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, tuttavia, con specifico riferimento alla normativa che regola il sistema bancario, il soggetto finanziatore, sulla base di questa, è invero tenuto all’obbligo di rispettare i principi di c.d. sana e corretta gestione, verificando, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate” (Cass. 30.6.2021 n. 18610).
5. La concessione abusiva di credito
Così facendo, le banche hanno, “dolosamente o colposamente, mantenuto artificiosamente in vita un imprenditore in stato di dissesto, in tal modo arrecando al patrimonio del medesimo danni pari all’aggravamento del dissesto, nonché delle perdite generate dalle nuove operazioni così favorite” (Cass. 18.1.2023 n. 1387).
• Invero, “...le banche concedendo prestito a breve, nuovi mutui e mantenendo gli affidi nonostante rilevanti scoperti per periodi medio-lunghi, hanno violato il principio generale richiamato dal citato art. 5 TUB e la normativa speciale del settore creditizio, in particolare le Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia di cui alla circolare n. 229 del 21.4.09 e l’Accordo di Basilea 2 sul rating” (cfr. Cass. 18.1.2023 n. 1387).
• Si ritiene chel’ordinamento giuridico italiano in materia concorsuale abbia ormai attribuito al curatore la piena legittimazione ad agire non solo nell’interesse della massa indistinta dei creditori, ma anche a tutela dell’“impresa” nel suo complesso [FORTUNATO]. Ciò sarebbe confermato anche dalla “centralità” che viene attribuita all’impresa dalle norme del Codice, oltreché “dal diverso atteggiarsi della garanzia patrimoniale rispetto alla collettività dei creditori, nel passaggio dalla fase fisiologica a quella patologica della crisi, sì da confortare l’opinione che vuole ampliate le possibilità che il curatore si sostituisca ai creditori” [SPIOTTA]
• «Non integra abusiva concessione di credito la condotta della banca che, pur al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi dell’impresa, abbia assunto un rischio non irragionevole, operando nell’intento del risanamento aziendale ed erogando credito ad un’impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di proficua permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite, da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito ai detti scopi.» (Cass. 30.6.2021 n. 18610).
6. Azione di responsabilità: prescrizione
L’azione di responsabilità prevista dall’art. 2394 c.c. è “soggetta a prescrizione quinquennale decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di venire a conoscenza dell’insufficienza del patrimonio sociale per l’inidoneità dell’attivo - raffrontato alle passività - a soddisfare i loro crediti”; ai fini dell’individuazione del momento in cui tale insufficienza si sia resa oggettivamente palese per tutti i creditori, non occorre porsi in una prospettiva di “soggettivismo psicologico, ma della valutazione di astratta conoscibilità: non già mero fatto soggettivo di conoscenza del danno da parte del titolare dell’azione, bensì rilievo del dato oggettivo della sua conoscibilità da parte dei terzi creditori, posti così nella condizione di poter esercitare il proprio diritto”; tale momento, secondo la Cassazione, coincide con la dichiarazione di fallimento, utilizzando un ragionamento presuntivo fondato sull’id quod plerumque accidit, “anche se tale presunzione non esclude come, in concreto, il deficit si sia manifestato in un momento anteriore, gravando tuttavia il relativo onere probatorio su chi allega la circostanza e fonda su di essa un più favorevole inizio del decorso della prescrizione” (Cass. 18.1.2023 n. 1387).
La prescrizione dell’azione sociale è sospesa ex art. 2941, n. 7, c.c., tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica.
7. Cumulo delle azioni di responsabilità
• Il curatore può esercitare entrambe le azioni di responsabilità, quella sociale e quella dei creditori, utilizzando di ciascuna di esse ciò che più gli conviene:
• l’azione sociale ha natura contrattuale e determina l’inversione dell’onere della prova a carico del convenuto (a cui l’attore può anche solo contestare il danno e l’inadempimento contrattuale), che si libera solo dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno; ad es. il curatore contesta la prosecuzione dell’attività pur dopo lo scioglimento, gli amministratori devono dimostrare la coerenza dell’attività con le nuove finalità liquidatorie e la non imputabilità del danno (cfr. Cass. 5.1.2022 n. 198; Cass. 25.3.2024 n. 8069);
• l’azione dei creditori ha natura extracontrattuale (anche se è ex contractu) e il curatore deve dimostrare, senza inversioni probatorie: condotta illecita, evento dannoso e nesso causale tra la condotta e il danno;
• con l’azione sociale possono essere risarciti solo i danni prevedibili secondo l’id quod plerumque accidit.
• l’azione dei creditori risarcisce anche i danni non prevedibili (l’art. 2056 c.c. non richiama l’art. 1225 c.c.);
• entrambe si prescrivono in cinque anni, una dal compimento dell’atto dannoso noto alla società, l’altra dalla conoscenza o conoscibilità concrete dell’evento dannoso da parte di tutti i creditori sociali, normalmente coincidente con l’apertura della procedura concorsuale, salva diversa prova (ad es. un bilancio anteriore da cui risulti già la perdita del capitale sociale).
8. Clausola compromissoria
Deve avere data certa anteriore per essere opponibile alla procedura concorsuale.
• Può riguardare solo l’azione sociale e non quella dei creditori sociali, per i quali essa è res inter alios, per cui solo l’azione sociale va proposta in sede arbitrale.
• Tuttavia, nel frequente caso di esercizio congiunto delle due azioni che il curatore può cumulare, l’unitaria competenza rimane quella del giudice ordinario (Cass. 8.11.2018 n. 28533), attesa la natura unitaria ed inscindibile dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore, per la sua stessa ratio, di essere uno «strumento di reintegrazione del patrimonio sociale, unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali» (Cass. 21.6.2012 n. 10378).
• Sarà quindi opportuno che nell’atto introduttivo sia specificato chiaramente che vengono esercitate entrambe le azioni.
9. Legittimazione passiva
Individuazione dei soggetti obbligati in solido (litisconsorzio facoltativo):
• amministratori nominati (2380-bis) compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; istituiscono gli assetti organizzativi di cui all’art. 2086, co. 2, c.c.; rispondono, ex artt. 2392, 2393, 2394, 2485, 2486 c.c., anche per l’operato dei delegati, di cui devono informarsi, ex art. 2381 co. 5 e co. 6, c.c.;
• amministratori delegati (c.d. operativi, art. 2381 c.c.);
• amministratori di fatto, senza nomina formale, ma ne esercitano i poteri;
• direttori generali (art. 2396 c.c.) sono dei dipendenti particolarmente qualificati, nominati dall’assemblea o per disposizione dello statuto, altrimenti possono essere amministratori di fatto;
• liquidatori (art. 2489 c.c.);
• sindaci (art. 2407 c.c.);
• revisori (art. 2409-sexies c.c.);
• soci, per l’azione ex art. 2476, co. 8, c.c.;
• società o enti, per l’azione ex art. 2497, co. 4, c.c.;
• ognuno per il periodo in cui era in carica e per il danno prevedibile e consequenziale successivo, prodotto a causa sua.
10. Obblighi degli amministratori
Amministratori nominati (art. 2380-bis c.c.) compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; istituiscono gli assetti organizzativi di cui all’art. 2086, co. 2, c.c.; rispondono, ex artt. 2392, 2393, 2394, 2485, 2486 c.c., anche per l’operato dei delegati, di cui devono informarsi, ex art. 2381, co. 5 e co. 6, c.c.
(2392) Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori.
(Art. 2392 c.c.) In ogni caso [es. delegati] gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'articolo 2381 c.c., sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
• Questo vale sempre per i non operativi sia nei confronti dei delegati che nei confronti di quelli che stanno concretamente realizzando il pregiudizio.
(Art. 2393 c.c.) L'azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica, limite che non vale per l’amministratore di fatto, che dovrà dimostrare che tutti erano a conoscenza della concreta cessazione delle sue funzioni.
(Art. 2393 c.c.) La società può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea (avente data certa anteriore alla procedura).
La rinunzia e la transazione della società sono comunque revocabili.
La rinunzia all’azione sociale non ha effetto per l’azione dei creditori sociali.
11. Adeguati assetti organizzativi: art. 3 CCII
L’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.
• Al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa, le misure di cui al comma 1 e gli assetti di cui al comma 2 devono consentire di: a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4; c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’art. 13, co. 2.
12. Adeguati assetti organizzativi: art. 375 CCII
• Nuovo art. 2086, co. 2, c.c. «L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».
• La mancata costituzione degli adeguati assetti aziendali non è di per sé ragione legittimante il risarcimento del danno, in mancanza della prova del danno stesso e del nesso causale (ad es. l’irreversibilità della crisi determinata proprio dal non essere stata rilevata con tempestività proprio a causa della mancanza degli adeguati assetti). In ogni caso, se la crisi è rilevata per tempo, non vi è responsabilità se lo strumento di risanamento adeguatamente prescelto non ha esito positivo.
13. Obblighi degli amministratori
(Art. 2394 c.c.) Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.
(Art. 2394 c.c.) L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
(Art. 2394 c.c.) La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi.
(Art. 2485 c.c.) Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell'articolo 2484 [iscrizione nel registro delle imprese]. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi.
(Art. 2485 c.c.) Quando gli amministratori omettono gli adempimenti di cui al precedente comma, il tribunale, su istanza di singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che deve essere iscritto a norma del terzo comma dell'articolo 2484.
(Art. 2486 c.c.) Al verificarsi di una causa di scioglimento e fino al momento della consegna di cui all'articolo 2487-bis [ai liquidatori] gli amministratori conservano il potere di gestire la società, ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale.
Il debito risarcitorio è perciò un debito di valore (Cass. 25.5.2005 n.11018).
(Art. 2486 c.c.) Gli amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione del precedente comma.
(Art. 2434 c.c.) per le spa «L'approvazione del bilancio non implica liberazione degli amministratori, dei direttori generali, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale.» (Art. 2476, co. 9, per le srl).
La responsabilità degli amministratori non è esclusa dall’assenza di rilievi da parte dei sindaci alla loro condotta. La cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non assumendo alcun rilievo, in senso contrario, la circostanza che il collegio sindacale non abbia formulato alcuna riserva sulla conclusione dell’operazione. (Cass. Pen. 20.9.2024 n. 40738)
14. Amministratori delegati (c.d. operativi, art. 2381 c.c.)
Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti.
Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.
Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.
Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.
Peraltro, nelle srl, i soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all'amministrazione.
• «…gli amministratori privi di deleghe (cd. non operativi) non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli altri amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di quest'ultimi in virtù della conoscenza - o della possibilità di conoscenza, per il loro dovere di agire informati ex art. 2381 c.c. - di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze.» (Cass. 31.8.2016 n. 17441)
• «…gli amministratori dotati di deleghe (cd. operativi) - ferma l'applicazione della "business judgement rule", secondo cui le loro scelte sono insindacabili a meno che, se valutate "ex ante", risultino manifestamente avventate ed imprudenti - rispondono non già con la diligenza del mandatario, come nel caso del vecchio testo dell'art. 2392 c.c., ma in virtù della diligenza professionale esigibile ex art. 1176, comma 2, c.c.» (Cass. 31.8.2016 n. 17441), cioè adattabile al caso de quo.
• (Art. 1176 c.c.) Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.
• (Art. 1176 c.c.) Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata, perciò è più intensa di quella del mandato.
• [anche se si nega all’amministratore il privilegio professionale (Cass. 27.2.2014 n. 4769)]
15. Amministratori dimissionari e subentranti
L’amministratore cessato dalla carica risponde del danno prodotto durante il rapporto e dell’aggravamento del passivo successivo alla cessazione del rapporto, se è conseguenza del suo operato, a cui l’amministratore subentrante (responsabile con lui in solido per la fase successiva a lui imputabile) non abbia posto alcun rimedio.
«L'amministratore di una società che, succedendo ad una precedente gestione d'altro amministratore caratterizzata da gravi irregolarità, ometta del tutto di informare l'assemblea dei soci, è responsabile non già di tali irregolarità ma della propria colpevole omissione, la quale non può dirsi esclusa dalla circostanza che i bilanci redatti dai precedenti amministratori abbiano riportato il giudizio positivo della società di revisione.» (Cass. 7.5.2015 n. 9193).
16. Breve durata dell’incarico e capacità temporale di reazione
«L'art. 2392 c.c., nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 6 del 2003, impone a tutti gli amministratori di società per azioni un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, che non viene meno nella ipotesi di attribuzioni proprie di uno o più amministratori, restando anche in tal caso a carico dei medesimi l'onere della prova di essersi diligentemente attivati per porre rimedio alle illegittimità rilevate. Tuttavia, la responsabilità solidale per le conseguenze delle rilevate illegittimità contabili e di gestione della società non si estende agli amministratori che siano rimasti in carica per un periodo di tempo troppo breve per potersi rendere conto della situazione e per poter così intervenire con utili strumenti correttivi.» (Cass. 21.3.2018 n. 6998) però se vede irregolarità deve almeno denunciarle all’assemblea e al collegio sindacale.
17. Amministratore cessato
«In tema di azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare, la cessazione dalla carica dell'amministratore, che abbia ritualmente presentato le proprie dimissioni, è opponibile al fallimento, anche se non è iscritta nel registro delle imprese, poiché non può operarsi un'estensione della responsabilità - che è, comunque, per fatto proprio (anche se di natura omissiva) - a comportamenti messi in atto da terzi in epoca successiva alle dimissioni, solo perché il collegio sindacale ha omesso di adempiere agli obblighi di pubblicità, alla cui inerzia l'amministratore dimissionario non può supplire, essendo ormai estraneo all'organizzazione societaria.» (Cass. 17.5.2021 n. 13221; conf. Cass. 8.1.2025 n.631, che ha escluso nei suoi confronti la responsabilità per la bancarotta fraudolenta realizzata dopo la sua uscita) e sempre che non si tratti delle conseguenze (o del loro aggravamento) derivanti dalla anteriore condotta dello stesso amministratore cessato.
18. Amministratori di fatto
• Sono responsabili anche gli amministratori di fatto, che non hanno una nomina formale, ma che esercitano ugualmente i poteri gestori della società, e concorrono con quelli nominati.
• Coloro che si siano ingeriti nella gestione sociale, in assenza di una qualsivoglia investitura da parte della società, possono esserne considerati amministratori di fatto, a meno che non risulti che abbiano compiuto atti gestori solo occasionali, con la conseguenza che, ai fini dell'opponibilità degli atti compiuti dal gestore alla società gerita, non è necessaria la ratifica. (Cass. 22.3.2024 n. 7864)
• Amministratore di fatto, cioè «colui che sia stato nominato in modo invalido o abbia iniziato ad esercitare le funzioni prima della formale nomina e accettazione, oppure che abbia usurpato le funzioni ad altri, comportandosi come rappresentante senza averne i poteri, poiché, trattandosi di soggetto in grado di rivestire pienamente un rapporto organico all'interno della struttura organizzativa della società, è parimenti destinatario dei diritti e degli obblighi che conseguono alla funzione, incluse le previsioni statutarie riguardanti gli amministratori.”. (Cass. 2.2.2023 n. 3271)
• L'amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un'investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale nell'ambito sociale un'influenza, completa e sistematica, che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, potendo concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società, attraverso il compimento o l'omissione di atti di gestione, sicché anche nei suoi confronti può essere promossa l'azione di responsabilità. (Cass. 8.10.2020 n. 21730)
• Nel caso di cessazione dalle funzioni di fatto, mancando un dato formale, l’amministratore deve provarne l’evidenza e che la società e tutti i creditori ne erano comunque a conoscenza, ai fini del decorso del termine di prescrizione dell’azione (5 anni).
19. Direttori generali (art. 2396 c.c.)
• Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai direttori generali nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società.
• I direttori generali (art. 2396 c.c.) sono dei dipendenti particolarmente qualificati, nominati dall’assemblea o per disposizione dello statuto; mancando la nomina formale possono essere semmai amministratori di fatto (Cass. 18.11.2015 n. 23630)
20. Liquidatori (art. 2489 c.c.)
• (Art. 2489 c.c.) I liquidatori debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell'incarico e la loro responsabilità per i danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri è disciplinata secondo le norme in tema di responsabilità degli amministratori.
• Essi rispondono quindi della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale con finalità liquidatoria.
21. Sindaci (art. 2403 c.c.)
• (Art. 2403 c.c.) Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
• Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo 2409 bis, terzo comma [nelle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato].
• (Art. 25-octies CCII) L’organo di controllo societario e il soggetto incaricato della revisione legale, nell’esercizio delle rispettive funzioni, segnalano, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) [crisi e insolvenza], per la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 17. [di accesso alla C.N.C.]
• La tempestiva [entro 60 gg] segnalazione all’organo amministrativo e la vigilanza sull’andamento delle trattative sono valutate per l’attenuazione o l’esclusione della responsabilità prevista dall’art. 2407 c.c. o dall’art. 15 del decr. lgs.vo 27 gennaio 2010, n. 39 [responsabilità revisori].
• I sindaci ricevono segnalazioni di allarme da parte dei creditori pubblici qualificati (25-novies, co. 1, CCII, per le soglie di debito) e degli istituti bancari (25-decies CCII, per il peggioramento degli affidamenti).
• Possono proporre domanda di apertura della liquidazione giudiziale (Art. 37 CCII).
22. Sindaci (art. 2407 c.c.)
Nel testo previgente, i sindaci «…sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
All'azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393 bis, 2394, 2394 bis e 2395».
• Vale, per il sindaco dimissionario e per il sindaco subentrante quanto detto per gli amministratori dimissionari e subentranti.
• «La mancata impugnazione da parte dei sindaci di una società di capitali della delibera dell'assemblea, che approva un bilancio di esercizio redatto in violazione dei principi stabiliti dal c.c., può fondare la loro responsabilità ex art. 2407 c.c., anche se essi abbiano assunto la carica soltanto in occasione della sua approvazione; il documento contabile è, infatti, destinato a spiegare i suoi effetti anche sull'esercizio successivo, mentre il controllo sull'osservanza della legge, al quale essi sono tenuti ex art. 2403 c.c., ha ad oggetto anche la legittimità delle delibere assembleari, specie se adottate all'esito di un procedimento nel quale si inseriscono precedenti atti degli amministratori, essendo peraltro espressamente attribuita ai sindaci la legittimazione all'impugnazione delle delibere assembleari (art. 2377 c.c.).» (Cass. 8.2.2005 n. 2538).
• La responsabilità del sindaco rileva solo quando, ipotizzando uno «scenario controfattuale ipotetico» caratterizzato dalla condotta diligente dei sindaci, risulti che quel danno non si sarebbe in concreto verificato.
• Il curatore dovrà fornire la prova dell’inerzia colpevole del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo, del danno che ne è conseguito e del nesso causale tra l’inerzia e l’evento dannoso, dimostrando che, se non vi fosse stata l’inerzia, il pregiudizio sarebbe stato evitato o, quanto meno, ridotto.
23. Poteri dei sindaci
«Ricorre il nesso causale tra la condotta inerte antidoverosa dei sindaci di società e l'illecito perpetrato dagli amministratori, ai fini della responsabilità dei primi - secondo la probabilità e non necessariamente la certezza causale - se, con ragionamento controfattuale ipotetico, l'attivazione dei poteri sindacali avrebbe ragionevolmente evitato l'illecito, tenuto conto di tutte le possibili iniziative che il sindaco può assumere esercitando i poteri-doveri propri della carica, quali: la richiesta di informazioni o di ispezione ex art. 2403-bis c.c., la segnalazione all'assemblea delle irregolarità riscontrate, i solleciti alla revoca della deliberazione illegittima, l’impugnazione della deliberazione viziata ex artt. 2377 ss. c.c., la convocazione dell'assemblea ai sensi dell'art. 2406 c.c., il ricorso al tribunale per la riduzione del capitale per perdite ex artt. 2446-2447 c.c., il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ai sensi dell'art. 2487 c.c., la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c., ed ogni altra attività possibile ed utile.» (Cass. 12.7.2019 n. 18770) oltre a poter proporre domanda di apertura della liquidazione giudiziale (art. 37 CCII).
(Art. 2403-bis c.c.) I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo.
Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.
«Sussiste il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei sindaci, che non abbiano formulato rilievi critici su poste di bilancio palesemente ingiustificate e non abbiano esercitato poteri sostitutivi, che secondo l’id quod plerumque accidit avrebbero condotto a una più sollecita dichiarazione di fallimento, e il danno, consistente nell'aggravamento del dissesto, determinato dal ritardo con cui il fallimento è stato dichiarato.» (Cass. 14.10.2013 n. 23233).
24. La modifica dell’art. 2407 c.c. (12 aprile 2025)
«Al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata dal collegio sindacale a norma dell'articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l'incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito (= deliberato, per evitare l’escamotage di non pagare il compenso), secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso.»
L’eliminazione testuale della solidarietà non ha fatto divenire parziaria la responsabilità, che rimane una responsabilità solidale, essa viene soltanto limitata nel quantum, ma i fatti presupposti condivisi (condotta degli amministratori) restano immutati.
Così il principio di diritto delle Sezioni Unite sulla solidarietà: «[a]i fini della responsabilità solidale di cui all'art. 2055 c.c., comma 1, che è norma sulla causalità materiale integrata nel senso dell'art. 41 c.p., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale), in quanto la norma considera essenzialmente l'unicità del fatto dannoso, e tale unicità riferisce unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità di norme giuridiche violate; la fattispecie di responsabilità implica che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte caso per caso, per modo da potersi escludere se a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta efficienza determinante e assorbente tale da escludere il nesso tra l'evento dannoso e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni» (Cass. SS.UU., 27 aprile 2022, n. 13143).
25. Prescrizione
«L'azione di responsabilità verso i sindaci si prescrive nel termine di cinque anni dal deposito della relazione di cui all'articolo 2429 relativa all'esercizio in cui si è verificato il danno.» [si tratta della relazione al bilancio di esercizio]
Tuttavia, occorre tener conto del principio in base al quale il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima che si sia perfezionato il fatto illecito e che il suo effetto lesivo risulti percepibile da parte del soggetto danneggiato: principio ribadito ancora da ultimo dalla giurisprudenza costituzionale con riferimento alla responsabilità del revisore ex art. 15, co. 3, d. lgs. n. 39/2010 (C. cost. 1.7.2024 n. 115). Ne consegue un’obiettiva difficoltà di estendere l’applicazione della previsione alle azioni esperite da soggetti diversi dalla società, tanto più se il quinquennio viene fatto decorrere dalla data di deposito della relazione dei sindaci presso la sede sociale anziché dalla pubblicazione del bilancio (e dei suoi allegati) nel registro delle imprese (AMBROSINI).
26. Retroattività della nuova norma
Il nuovo art. 2407 c.c. non risulta applicabile ai giudizi in corso, non essendovi nella legge alcuna previsione del genere. Ciò significa che, se l’atto introduttivo del giudizio è anteriore all’entrata in vigore della novella (12 aprile 2025), si applica il regime precedente e viceversa, a prescindere dal fatto che si tratti di eventi anteriori alla sua entrata in vigore (a maggior ragione: tempus regit actum) Sotto questo profilo, ove si ritenga opportuno intervenire anche in via retroattiva, sarebbe indispensabile un ulteriore intervento ad hoc. E in tal senso pendono due ordini del giorno già approvati dalla Commissione Giustizia del Senato. Tuttavia, poiché il tetto al quantum riguarda il petitum nel processo, esso è cioè soltanto una limitazione processuale del diritto di azione, dovrebbe trovare applicazione la regola del novum ius processuale, per la quale tempus regit actum, cosicché la norma potrebbe trovare applicazione anche ai giudizi in corso il 12 aprile 2025 (fino alla precisazione delle conclusioni), oltre che a quelli ancora da iniziare (per la retroattività, Trib. Bari 24.4.2025).
27. La modifica dell’art. 2407 c.c.
Esclusi i casi di condotta
dolosa, la norma si applica alle condotte caratterizzate da colpa lieve o colpa
grave, perciò anche i reati colposi possono rientrare nelle coperture assicurative,
ove la polizza escluda il dolo, ma non gli illeciti penali.
Nell’ambito delle condotte dolose rientrano anche quelle caratterizzate dal dolo
eventuale, vale a dire aver agito accettando il rischio dell’evento dannoso, “solo
qualora emergano puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario,
in forza dei quali l’omissione del potere di controllo esorbiti dalla dimensione
meramente colposa per assurgere al rango di elemento dimostrativo di dolosa partecipazione,
sia pure nella forma del dolo eventuale, per consapevole volontà di agire anche
a costo di far derivare dall’omesso controllo la commissione di illiceità da parte
degli amministratori” (Cass. pen. 26.5.2021 n. 20867).
Oltre che in concorso con gli amministratori su cui non hanno adeguatamente vigilato, i sindaci rispondono anche per fatto (solo) proprio, ad es. quando forniscono attestazioni non veritiere, violano l’obbligo di riservatezza, non si attivano tempestivamente e correttamente in caso di cessazione degli amministratori. Invero l’omesso controllo è sempre un fatto proprio dei sindaci.
Anche quando i fatti dannosi si sono verificati prima della loro nomina, i sindaci non sono esenti da responsabilità: devono comunque verificare la situazione esistente e reagire, se necessario. Se non lo fanno, e la loro inerzia contribuisce a mantenere o peggiorare la situazione, possono essere chiamati a rispondere in base all’art. 2407 c.c. per colpa grave nell’esercizio della vigilanza.
28. Revisori (D.lgs. n. 39/2010)
Secondo il D. Lgs. n. 39/2010, i revisori devono verificare la regolare tenuta della contabilità e la corretta rilevazione dei fatti di gestione. Sono responsabili, insieme agli amministratori, per eventuali danni derivanti dall’inadempimento dei loro doveri. L’art. 15, co. 1, d.lgs. 39/2010 precisa che: “I revisori legali e le società di revisione legale rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l’incarico di revisione legale, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri. Nei rapporti interni tra i debitori solidali, essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato”.
• Questo li rende soggetti a responsabilità verso i soci ed i terzi che hanno fatto affidamento sulla veridicità del bilancio.
• Particolare rilevanza assumono le verifiche sui crediti, sulle rimanenze di magazzino e, in generale, sulla continuità aziendale, cruciali per valutare la solvibilità della società.
• (Art. 2409-bis c.c.) «Lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. in tale caso il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro.»
• (Art. 2407 c.c.) «Al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata dal collegio sindacale a norma dell'articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l'incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso (…)»
• La norma non si applica ai revisori che non siano anche sindaci.
29. Revisori (prescrizione dell’azione)
L’azione di risarcimento verso i revisori si prescrive in cinque anni dalla relazione di revisione. Si è dubitato della legittimità costituzionale della norma perché è pacifico che il momento di decorrenza del termine di prescrizione del diritto debba identificarsi sempre in quello in cui il danno diviene oggettivamente conoscibile e non in un tempo certo come quello della data della relazione del revisore sul bilancio di esercizio.
• Il caso è stato sottoposto alla Corte Costituzionale, che, con sentenza 1.7.2024 n. 115, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma terzo del d. Lgs. 39/2010 sull’assunto che la norma così codificata bilancia la necessità di fornire una tutela minima ai danneggiati con quella di non esporre i revisori a responsabilità indefinite: “Di conseguenza, benché la posizione del danneggiato risulti certamente meno protetta di quanto lo sarebbe se la prescrizione decorresse dalla oggettiva conoscibilità di tutti i danni cagionati, nonché della loro derivazione causale dall’inadempimento, nondimeno, nel bilanciamento di interessi con la posizione particolarmente svantaggiata del revisore e con le esigenze di certezza del diritto, non è manifestamente irragionevole che il legislatore abbia adottato un termine che si colloca a un livello di tutela minima del danneggiato, essendo quest’ultimo favorito dalla responsabilità solidale del revisore”.
30. Obblighi degli organi sociali al verificarsi della causa di scioglimento
(Art. 2447 c.c.) Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall'articolo 2327 c.c., gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.
(Art. 2406 c.c.) In caso di omissione o di ingiustificato ritardo da parte degli amministratori, il collegio sindacale deve convocare l'assemblea ed eseguire le pubblicazioni prescritte dalla legge. Il collegio sindacale può altresì, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l'assemblea qualora nell'espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere. “ controllo sostitutivo dei sindaci.
(Art. 2485 c.c.) Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell'articolo 2484 [iscrizione nel registro delle imprese]. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi.
(Art. 2485 c.c.) Quando gli amministratori omettono gli adempimenti di cui al precedente comma, il tribunale, su istanza di singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che deve essere iscritto a norma del terzo comma dell'articolo 2484 c.c..
• Obblighi degli amministratori dopo il verificarsi della causa di scioglimento: ricapitalizzazione, trasformazione società, messa in liquidazione, concordato preventivo, liquidazione giudiziale, etc., comunque non possono continuare come se niente fosse successo.
• Dopo lo scioglimento, la responsabilità può sorgere per la prosecuzione indistinta dell’attività gestoria tipica, benché coerente con il perseguimento dell’oggetto sociale, divenuto ormai inattuale.
• Prima e dopo lo scioglimento, la responsabilità può sorgere per il compimento di specifici atti dannosi, che non trovino ex ante giustificazione nella business judgement rule, ossia nella insindacabilità delle scelte gestionali di merito, sempre che non si palesino come del tutto incongrue e irrazionali (oppure adottate senza le necessarie informazioni, verifiche, cautele).
• Sul piano processuale, si devono indicare specificamente la condotta reputata illegittima, le conseguenze dannose, il nesso causale.
• Sarà onere dell’attore allegare quali poste di bilancio debbano essere rettificate e i criteri adeguati per procedere alla rettifica: sulla base di tali indicazioni il giudice potrà formulare correttamente il quesito al ctu.
31. Condotte addebitabili agli organi sociali
• Oltre al danno derivante dalla prosecuzione dell’attività pur in presenza di una causa di scioglimento della società, possono essere addebitati agli amministratori anche comportamenti di mala gestio posti in essere quando il patrimonio netto della società era positivo, ma che hanno comunque prodotto una diminuzione del patrimonio sociale, sempre dando prova del nesso causale tra la condotta ed il danno arrecato. Ad esempio, la dismissione di beni strumentali fa cassa nell’immediato, creando un apparente risultato positivo, ma nel medio-lungo periodo può risultare un fatto dannoso per la perdita di capacità produttiva.
• La condotta degli amministratori causativa del danno alla società e/o ai creditori può avere sia natura commissiva che natura omissiva, ove venga violato un obbligo di attivarsi (ad es. mancato pagamento di oneri contributivi).
32. Quantificazione del danno: art. 2086, co. 2, c.c.
(nuovo art. 2086 c.c., dal 16 marzo 2019) Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura, e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'articolo 2484 c.c., detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. [c.d. perdite inerziali. Questo thema probandum dev’essere oggetto di allegazione di parte, ma non si esclude che formi oggetto del quesito peritale posto d’ufficio dal giudice] Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura. [Non si tratta di nesso causale tra la mancata tenuta delle scritture e il danno (“la contabilità registra gli accadimenti economici che interessano l’attività d’impresa, non li determina), ma di concreta impossibilità di ricostruire uno scenario di responsabilità più favorevole all’amministratore, per il principio di vicinanza della prova, per il quale soccombe chi ne poteva e doveva disporne materialmente]. Bisogna altresì tenere conto delle perdite dovute ad operazioni lecite compiute prima del verificarsi dello scioglimento, ma che si sono manifestate dopo, incidendo sul delta PNN1 - PNN2, «dovendosi ascrivere lo stesso, almeno in parte, alle perdite pregresse che avevano logorato il capitale» (Cass. 23.7.2007 n. 16211).
33. Quantificazione del danno.
• Il danno può derivare da condotte specifiche (omessi pagamenti o azioni imprudenti o non coerenti con la situazione di crisi) o aspecifiche (anche solo continuare l’attività senza adottare rimedi).
• Come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nell'azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell'art. 146, secondo comma, legge fall., la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all'amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa, ove però ne sussistano le condizioni, e sempreché il ricorso a esso (criterio) sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile; e sempreché, comunque, l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo (v. Cass. SS.UU. 6.5.2015 n. 9100; Cass. 3.1.2017 n. 38; Cass. 17.5.2021 n. 13220; Cass. 12.5.2022 n. 15245).
• «…una correlazione tra le condotte dell'organo amministrativo e il pregiudizio patrimoniale dato dall'intero deficit patrimoniale della società fallita può prospettarsi soltanto per quelle violazioni del dovere di diligenza nella gestione dell'impresa così generalizzate da far pensare che proprio in ragione di esse l'intero patrimonio sia stato eroso e si siano determinate le perdite registrate dal curatore; o comunque per quei comportamenti che possano configurarsi come la causa stessa del dissesto sfociato nell'insolvenza. Ne discende, in termini generali - nel caso di mancato rinvenimento delle scritture contabili che dall'omessa tenuta della contabilità (che pure integra la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori e che è, di per sé, almeno potenzialmente produttiva di un pregiudizio) non può derivare ex se la conseguenza che il pregiudizio stesso si identifichi nella differenza tra il passivo e l'attivo accertati in sede fallimentare.» (Cass. 3.1.2017 n. 38).
• «In una società per azioni, se il difetto di controllo sindacale ha reso possibile la tenuta non regolare della contabilità, la quale, a sua volta, ha precluso l'esatta rappresentazione della situazione economica alla chiusura dell'esercizio annuale, consistente nella perdita totale del capitale, deve ritenersi verificato lo scioglimento della società a norma dell'art. 2448, primo comma, n. 4, c.c. (salva l'adozione da parte dell'assemblea - mancata per la suddetta ragione - di una delle deliberazioni consentite dall'art. 2447 c.c. come alternative alla liquidazione), con il conseguente divieto per gli amministratori di intraprendere nuove operazioni. In siffatta ipotesi, proseguita illegittimamente la gestione da parte degli amministratori, conseguendone un danno per la società consistente in perdite, sussiste la responsabilità dei sindaci per il danno da essi non evitato in violazione dei doveri istituzionali.» (Cass. 17.9.1997 n. 9252), con la conseguente possibile di addebitare ai sindaci l’intero sbilancio della procedura liquidatoria.
34. La condizione di capienza
• Va effettuata una indagine patrimoniale, con soggetti specializzati, in tempi rapidissimi, per appurare la capienza patrimoniale dei soggetti ritenuti responsabili.
• Vi sono operatori qualificati che sono in grado di scovare, senza muoversi dalla loro postazione al PC, beni immobili, mobili, mobili registrati (imbarcazioni, automobili, aerei), partecipazioni sociali, aziende, etc. dei possibili convenuti nell’azione di responsabilità.
• Questa indagine deve essere preliminare ad ogni iniziativa giudiziaria e può anche sconsigliare di procedere oltre, in caso di acclarata incapienza, e di assenza di coperture assicurative.
35. L’iniziativa giudiziaria
• Per prima cosa, va richiesto il sequestro conservativo inaudita altera parte (fare attenzione alla prescrizione quinquennale, comunque chiederlo quanto prima, meglio se entro il primo semestre di procedura).
• Il fumus boni iuris: vanno considerati gli effetti psicologici favorevoli dell’accoglimento del ricorso all’esito di una pur sommaria valutazione del merito della pretesa attorea “ esso induce a soluzioni conciliative.
• Il periculum in mora è sempre presente quando vi sia manifesta sproporzione tra il petitum e la consistenza dei beni aggredibili all’esito della causa (giurisprudenza costante).
• Il periculum in mora si può evincere anche da atti distrattivi posti in essere dal convenuto durante il suo mandato o dopo, prima o dopo l’apertura della procedura, così come da una condotta disinvolta attuata nell’esecuzione del mandato.
• Il periculum in mora non è escluso se non vi sono ancora stati atti distrattivi, perché è proprio l’atto di citazione a scatenarli “ l’atto di citazione è una dichiarazione di guerra!
36. La copertura assicurativa
• In caso di copertura assicurativa, il periculum in mora viene meno solo se la compagnia assicuratrice offre di pagare senza riserve né condizioni il quantum che fosse accertato come dovuto, normalmente però le assicurazioni sollevano tutte le eccezioni possibili (mancato pagamento del premio, mancata copertura per la fattispecie in concreto, dolo o colpa grave ad escludere la copertura, fatti di reato, scadenza della polizza o mancato rinnovo della stessa, etc.), per cui il periculum non viene solitamente né eliso né attenuato.
• Queste considerazioni vanno comunque proposte al giudice all’atto della richiesta di sequestro, per evitare il rigetto della domanda cautelare all’esito dell’udienza di conferma della misura concessa anticipatamente sol per la esibizione in giudizio delle polizze assicurative.
37. Transazione
• Dopo la notificazione dell’atto di citazione, se il sequestro è stato concesso, si registra l’avvio delle trattative che possono portare ad una “ transazione, in cui va espressamente precisato che si transige la sola quota di quel convenuto, con esclusione delle quote di chi è rimasto estraneo all’atto.
• (Art. 1304 c.c.) La transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare.
• «L'art. 1304, comma 1, c.c., nel consentire, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra creditore e uno dei debitori solidali, se ne possa avvalere, si riferisce esclusivamente all'atto di transazione che abbia ad oggetto l'intero debito, mentre non include la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne.» (Cass. 3.3.2022 n. 7094).
• «In tema di obbligazioni solidali, al fine di determinare il debito che residua a carico degli altri debitori in solido a seguito della transazione conclusa da uno di essi nei limiti della propria quota, occorre verificare se la somma pagata sia pari o superiore alla quota di debito gravante su di lui, oppure sia inferiore, perché, nel primo caso, il debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente a quanto effettivamente pagato dal debitore che ha raggiunto l'accordo transattivo mentre, nel secondo caso, lo stesso debito si riduce in misura corrispondente alla quota gravante su colui che ha transatto.» (Cass. 24.9.2021 n. 25980).
• «In tema di transazione, la disposizione di cui all'art. 1304, primo comma, cod. civ., secondo cui la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori solidali giova agli altri che dichiarino di volerne profittare, si riferisce soltanto alla transazione avente ad oggetto l'intera obbligazione solidale, mentre quando essa è limitata alla sola quota interna del debitore che la stipula, la transazione non interferisce sulla quota interna degli altri condebitori; in questo caso, infatti, si riduce l'intero debito dell'importo corrispondente alla quota transatta, con il conseguente automatico scioglimento del vincolo solidale fra lo stipulante e gli altri condebitori, i quali pertanto rimangono obbligati nei limiti della loro quota. [rectius: per l’intero residuo] (Fattispecie in tema di sinistro stradale a seguito del quale il danneggiato aveva transatto il risarcimento con alcuni condebitori, dichiarando espressamente di voler liberare soltanto costoro dalla relativa obbligazione).» (Cass. 24.1.2012 n. 947).
• «Ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l'ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideate di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.» (Cass. SSUU 30.12.2011 n. 30174).
38. Sentenza di accoglimento e imposta di registro
• Se il giudizio prosegue, all’udienza di precisazione delle conclusioni il petitum va ridotto al quantum sequestrato, o comunque concretamente realizzabile, per non dover pagare l’imposta di registro sul petitum originario, in modo sproporzionato rispetto al quantum concretamente realizzabile per effetto del sequestro o comunque della effettiva capienza del patrimonio dei convenuti.
39. Conclusioni
Le azioni di responsabilità sono un mezzo efficace per la ricostruzione dell’attivo, quando vi sia stata mala gestio degli organi sociali, il cui buon esito dipende dalla preparazione del curatore e dei professionisti che lo assistono (commercialista, revisore, avvocato), dalla tempestività degli accertamenti preliminari e dalla rapidità di azione successiva, sfruttando al massimo il fattore sorpresa, specialmente nei casi di condotte colpose di cui gli organi sociali non abbiano avuto piena consapevolezza e perciò non si attendano un’azione risarcitoria da parte del curatore. La causa va proposta immediatamente in sede cautelare, ove risulterà già sufficientemente chiaro il suo possibile esito, specie se vittorioso.
(*) Lo scritto costituisce la rielaborazione della relazione
esposta in occasione del convegno “Valori smarriti e valori ritrovati nella crisi
d’impresa”, tenutosi a Udine il 16 maggio 2025.
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