Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
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Riflessioni su alcuni singolari interventi interpretativi in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi


Giuseppe Fauceglia
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Riflessioni su alcuni singolari interventi interpretativi in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi


Giuseppe Fauceglia

Data pubblicazione
20 novembre 2025

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Sommario: 1. La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 28 ottobre 2025, n. 8369; 2. La introduzione di una duplicazione di fasi nella unitaria procedura dell’amministrazione straordinaria. 3. La direttiva del Ministero dello sviluppo economico del 19 luglio 2018. 4. Sulla singolare interpretazione del Consiglio di Stato quale impropria integrazione di norme di legge.


1. La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 28 ottobre 2025, n. 8369

La sentenza resa dal Consiglio di Stato del 28 ottobre 2025, n. 8369 presenta, prescindendo dal caso concreto sul quale non si intende interferire in queste breve riflessioni, per l’osservatore delle procedure concorsuali un indubbio interesse, perché contiene elementi di singolare distonia rispetto all’impianto generale dell’amministrazione straordinaria. La fattispecie concreta riguarda l’impugnativa proposta da alcuni commissari di un’amministrazione straordinaria di una grande impresa in stato di insolvenza del decreto ministeriale di nomina di un nuovo organo commissariale per la fase di liquidazione successiva al decreto di cui all’art. 73, comma 1°, d. lgs. n. 270/1999, la sentenza assumendo la distinzione, anche nella prospettiva dei requisiti professionali, della fase liquidatoria rispetto alla precedente fase di cessione dell’impresa. In sostanza, i giudici amministrativi, nel ritenere che il provvedimento ministeriale impugnato non possa essere parificato a quello di revoca anticipata dell’incarico prevista dall’art. 43 d. lgs. n. 270/1999, ha considerato che l’incarico commissariale per la fase “gestoria” sia venuto automaticamente meno al momento stesso della cessazione dell’attività d’impresa, assumendo la necessità di altri requisiti professionali per la fase liquidatoria. In questa prospettiva, si ritiene che non sussista alcun contrasto tra la disciplina primaria di settore ed il contenuto di una precedente direttiva del Ministero (ovvero la direttiva del 19 luglio 2018, seguita da altre), che non prevede affatto la frammentazione dell’unica procedura di amministrazione straordinaria, quanto la frammentazione del solo incarico commissariale, così concludendo: “trattasi, invero, di piani giuridicamente diversi e non solo per la constatazione che trattasi di rapporti giuridici qualitativamente differenti (assoggettati a regimi distinti e che corrono tra soggetti non coincidenti) ma per la semplice considerazione che può accadere che nel corso della medesima procedura si avvicendino (anche solo per scelta volontaria) diversi commissari senza che ciò metta in discussione l’unicità della medesima”. In sostanza, in ragione di un assunto autovincolo della pubblica amministrazione, come rinveniente nella direttiva del 2018, si ritiene che nell’incarico conferito ai commissari straordinari sia presente l’apposizione implicita di un termine finale di durata dell’incarico corrispondente al decreto di cui al 1° comma dell’art. 73 d. lgs. n. 270/1999.

 

2. La introduzione di una duplicazione di fasi nella unitaria procedura dell’amministrazione straordinaria

Orbene, se è vero che il comma 3° dell’art. 73 d.lgs. 270/1999 dispone che “a far data dal decreto previsto dal comma 1°, l’amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria” ed il successivo comma 4° prevede che “la liquidazione degli eventuali beni residui acquisiti all’attivo è effettuata secondo le disposizioni previste dagli articoli 42, 62, 64 e 65”, non può negarsi che la scelta del legislatore trova la propria ratio in ragioni di speditezza del procedimento, atteso che il programma di per sé è già stato compiuto, sicché si tratta di portare a compimento incombenti liquidatori di minor momento, sì da configurare la mera prosecuzione di una procedura sostanzialmente unitaria[1]. Invero, però la liquidazione dei beni non funzionali alla produzione e finanche  del patrimonio dei soci illimitatamente responsabili avviene pur sempre secondo le stesse modalità previste per la liquidazione in corso di programma [2], ciò comportando – diversamente da quanto si espone nella sentenza – che la procedura prosegue nell’ottica della sua finalità secondaria, ovvero il soddisfo dei creditori (che rappresenta pur sempre un dato ineliminabile della più articolata finalità della amministrazione straordinaria).

In realtà, come acutamente si osserva in dottrina in una prospettiva più generale, l’amministrazione straordinaria si presta ad essere considerata come procedura unitaria, per quanto complessa, della quale tanto la fase tipicamente gestoria quanto la stessa liquidazione giudiziale, costituiscono al pari di quella iniziale (c.d. di osservazione), altrettante fasi, giammai procedure autonome: con l’esito che, in questa prospettiva, la liquidazione giudiziale dichiarata nell’ambito di siffatta procedura unitaria si distingue da quella aperta in via autonoma [3]. Quanto esposto assume ancora maggior rilievo sistematico, posto che la normativa prevede ipotesi in cui viene ad essere ontologicamente mutata la unitaria finalità dell’amministrazione straordinaria, ovvero nel caso della conversione della procedura in liquidazione giudiziale a norma degli artt. 69 e 70 d. lgs. n. 270/1999, laddove con il decreto di conversione il tribunale nomina il giudice delegato e il curatore, con conseguente cessazione delle funzioni del commissario giudiziario e del comitato di sorveglianza [4]. Senza voler affrontare le diverse ipotesi che regolano l’istituto della conversione dell’amministrazione giudiziaria in liquidazione giudiziale (ivi compresa quella prevista nell’art. 74 d. lgs. n. 270/1999), sia nel corso della procedura che al suo termine, va riconosciuto che solo in queste può individuarsi (pur nella continuità di alcune attività già svolte nella prima, come per l’accertamento del passivo) una cesura delle procedure, con conseguente cessazione del commissario straordinario dalle sue funzioni tipiche. In una prospettiva sistematica, pur nel contesto dell’art. 73, a conferma del fatto che esso comporta la conclusione della sola fase di gestione ma mai il venir meno della procedura unitaria, essa proseguendo nella liquidazione di alcuni beni non destinati all’attività di impresa, va ricordata l’introduzione dell’art. 73, comma 1° bis, d.lgs. n. 270/1999, a mente del quale: “Con l’istanza di cui al comma 1 (ovvero quella con la quale si è chiesta la cessazione dell’attività), il commissario straordinario, previa autorizzazione ministeriale, chiede al tribunale la conversione dell’amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale[5]. Orbene, a parte alcune interpretazioni connesse all’applicazione della norma [6], resta evidente che pure questa ipotesi, per altro inserita nel contesto dell’art. 73 e con riferimento alla cessazione dell’attività di impresa, realizza un ulteriore fenomeno di conversione della procedura, diversa dalla continuazione, sia pure in fase liquidatoria dipendente, dell’amministrazione straordinaria, e ciò in coerenza con il dato letterale rinveniente proprio nel 3° comma dello stesso articolo, che espressamente dispone che “l’amministrazione straordinaria è considerata ad ogni effetto come procedura concorsuale liquidatoria”, dunque non di conversione si tratta, ma di continuazione di un’unica procedura. Solo l’apertura della liquidazione giudiziale comporta il passaggio dell’amministrazione straordinaria in altra e diversa procedura, retta da principi suoi propri, e che si tratti di una marcata cesura fra i due momenti risulta proprio confermato dalla terminologia usata dal legislatore, che parla di “conversione”, espressione linguistica che traduce il concetto del mutamento di una procedura di risanamento in altra ed ontologicamente diversa di pura liquidazione, nell’interesse prevalente dei creditori e non più della conservazione anche allocativa del compendio produttivo [7]. In sostanza, nel contesto della unitaria procedura di amministrazione straordinaria non è dato rinvenire una distinzione nelle funzioni commissariali, che restano integre sia pure non finalizzate alla (diretta o indiretta) gestione dell’impresa, ma orientate alla liquidazione dei beni residui non aziendali. Del resto, nella stessa attività liquidatoria sono richiamate disposizioni che regolano proprio gli atti attribuiti ai commissari, come si rinviene dai richiamati artt. 42, 62, 64 e 65 stesso d. lgs. n. 270/1999, con intervento autorizzativo del Ministero e con integrazione dei poteri del commissario straordinario, e non già con le caratteristiche tipiche che contraddistinguono le attività liquidatorie proprie della liquidazione giudiziale sotto il controllo degli organi concorsuali.  A sostegno di questa opzione, vi è un’ulteriore considerazione: se la chiusura dell’amministrazione straordinaria per soddisfacimento dei creditori attraverso le ripartizioni parziali o per ripartizione finale dell’attivo avviene normalmente nella fase della procedura concorsuale liquidatoria (art. 73 d. lgs. n. 270/1999), vi è da dire che la disposizione consente la chiusura anche quando tutti i crediti ammessi “sono in altro modo estinti”, e questa ipotesi può realizzarsi ovviamente in qualsiasi momento, anche nel corso del programma di cessione. Ciò conferma l’unitarietà della procedura in oggetto, posto che lo stesso fenomeno di soddisfacimento dei creditori non risulta affidato solo alla fase liquidatoria, potendo realizzarsi anche nel corso della esecuzione del programma di cessione, come tale rientrando pur sempre nella competenza del commissario straordinario, che non subisce, pertanto, la duplicazione ontologica assunta dalla sentenza in commento.

 

3. La direttiva del Ministero dello sviluppo economico del 19 luglio 2018

Venendo alla direttiva ministeriale 19 luglio 2018, questa prevede che “la nomina dei commissari straordinari sarà inoltre limitata, per le procedure che adottano il programma di cessione dei complessi aziendali, al periodo di esecuzione del programma della procedura, nel presupposto che nella fase propriamente concorsuale possa essere più opportuno preporre alla procedura professionalità specificamente orientate alle finalità liquidatorie. Pertanto, per le procedure che adottano il programma di cessione dei complessi aziendali, l’incarico sarà conferito con scadenza alla data del decreto del competente tribunale con il quale è dichiarata la cessazione dell’esercizio dell’impresa a norma dell’art. 73 del d. lgs. 270/99”. La direttiva solo apparentemente fa riferimento al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 aprile 2013, n. 60, recante “Regolamento per la determinazione dei requisiti di professionalità ed onorabilità dei commissari giudiziali e straordinari delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”, ma in realtà, con elementi del tutto distonici rispetto alle fonti primarie richiamate (d. lgs. n. 270/1999 e d.l. n. 347/2003, convertito in l. n. 39/2004), finisce per delineare una distinzione tra esecuzione del programma di cessione e liquidazione dei beni non funzionali alla produzione, finendo per incidere sulla caratteristica unitaria dell’amministrazione straordinaria. Senza considerare che la distinzione introdotta dalla direttiva, incide sui requisiti che devono caratterizzare tutte le procedure concorsuali, non esclusa l’amministrazione straordinaria, in relazione ai principi di economicità ed efficienza.  Attribuire la fase liquidatoria ad un organo commissariale in diversa composizione soggettiva comporta irrimediabilmente la dispersione del bagaglio conoscitivo e valutativo dell’organo così sostituito, la quantificazione di oneri maggiori perché non rientranti del compenso unitario previsto per tutte le attività del commissario giudiziario, la possibilità di interferenze tra il risultato della cessione con la fase distributiva (come nell’ipotesi, ad esempio, di impugnativa del piano di riparto nel ventaglio degli interessi ritenuti pretermessi, posto che lo stesso art. 65 d. lgs. n. 270/1999, secondo alcuni, potrebbe comportare la deduzione da parte dei creditori di ragioni riguardanti lo stesso programma di cessione dei complessi aziendali nel contesto del programma ex artt. 57 stesso d.lgs, oppure nel caso di prosecuzione dei giudizi dopo l’intervenuto decreto di cui al comma 1° dell’art. 73 d. lgs. n. 270/1999). In sostanza, le interferenze previste dalla stessa normativa di riferimento tra la fase antecedente al decreto di cui all’art. 73, comma 1°, d. lgs. n. 270/1999 e la successiva fase di liquidazione, non rendono – in assenza di una chiara disposizione normativa – possibile alcuna alterazione della unitarietà della procedura e una distinzione netta nelle competenze e nei poteri attribuiti al commissario straordinario. Né può ritenersi che, in via del tutto automatica, come emerge dalla lettura della sentenza oggetto di questo breve commento, vengano a cessare le funzioni dell’organo commissariale (specie laddove nello stesso decreto di nomina a tale eventualità non venga fatto alcun riferimento), solo perché resterebbe esaurita la fase di allocazione dell’attività di impresa tramite la cessione.

 

4. Sulla singolare interpretazione del Consiglio di Stato quale impropria integrazione di norme di legge.

Nonostante il chiaro contesto normativo, di cui innanzi si è dato conto, il Consiglio di Stato ha finito per attribuire forza normativa a una direttiva ministeriale del 19 luglio 2018 (poi riprodotta nel 2021 e nel 2023), la quale — in via meramente amministrativa — introduce un modello “bifasico” della procedura (fase gestionale/cessione dei complessi aziendali e fase liquidatoria) e prevede la possibilità di nominare un “nuovo collegio commissariale” (o commissario) per la seconda fase. Così facendo, il giudice amministrativo ha trasformato un atto di indirizzo del Ministro in una fonte di diritto, idonea a dettare una disciplina generale e astratta sulla durata e sulla sostituzione dei commissari, nonché sui loro poteri e sulla loro funzione: il risultato è l’introduzione di una ipotesi di cessazione automatica e di nuove nomine ignote all’ordinamento positivo, la cui previsione — ove ritenuta opportuna — spetta al solo legislatore. In altri termini, l’operazione compiuta dal Consiglio di Stato non si è tradotta in una interpretazione della legge, ma in una “creazione normativa”: si è individuato un criterio di scadenza non previsto dalla legge e lo si è imposto come regola generale dell’ordinamento, in violazione dei limiti esterni della giurisdizione, nonché ha introdotto una distinzione di funzioni unitariamente attribuita dalla legge all’organo commissariale. La presunta durata bifasica dell’incarico — fondata su una direttiva ministeriale e priva di copertura legislativa — è produzione creativa di una norma nuova, non attività interpretativa [8]. Per altro, non può essere sottovalutata neppure la circostanza che mentre le caratteristiche di professionalità e di competenza del commissario sono disciplinate in un decreto ministeriale, all’uopo autorizzato dalla disciplina primaria, la distinzione presupposta dalla direttiva (che non è fonte normativa neppure secondaria) comporta una impropria duplicazione di competenze e di professionalità dell’organo commissariale, non previste dalle fonti primarie.

Nel corso dell’evoluzione dalla L. 95/1979, c.d. “Legge Prodi”, sino al D.lgs. 270/1999 – c.d. “Prodi bis” – ed ancora al c.d. “Decreto Marzano” (D.L. n. 347/2003), la procedura di amministrazione straordinaria si è venuta a configurare come procedura concorsuale, di natura giudiziaria ed amministrativa, ciò essendo confermato dall’art. 1 d. lgs. 270/1999, a mente del quale “L’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali” [9]. In questa prospettiva, la disciplina della stessa non rappresenta espressione di un potere autoritativo dell’Amministrazione, ma si presenta come procedura di regolazione collettiva dei rapporti di diritto privato tra impresa, creditori e organi della procedura, in cui l’autorità amministrativa presiede alle scelte economiche che travalicano la soluzione del singolo organismo in crisi (arg. ex art. 55, comma 1°, d. lgs. n. 270/1999, laddove è stabilito che “Il programma è redatto sotto la vigilanza del Ministero dell’industria ed in conformità degli indirizzi di politica industriale dal medesimo adottati, in modo da salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori”). La precipua finalità di salvaguardare asset aziendali di imprese strategiche per l’interesse nazionale e, per tale via, assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali coinvolti, non trasforma la procedura in attività amministrativa in senso stretto. Il Ministero delle imprese e del Made in Italy (già Ministero dello sviluppo economico) esercita una funzione di vigilanza e impulso e la finalità di salvaguardia degli interessi generali (evitare crisi suscettibili di produrre effetti sistemici e salvaguardare l’occupazione) non muta la natura privatistica dei rapporti che ne sono oggetto. In altri termini, la componente “pubblicistica” della procedura è strumentale e ben definita dal legislatore, attenendo l’attività del commissario straordinario, specie dopo la cessione dei complessi aziendali, alla gestione e liquidazione di un patrimonio privato pur sempre connesso alla tutela dei creditori (cfr.: artt. 38, 43, 45, 37). Lo stesso commissario straordinario non è organo dell’amministrazione attiva, ma organo della procedura concorsuale, investito di poteri che trovano fondamento e regolazione nella legge, tanto che il rapporto che lo lega al Ministero non è un rapporto di servizio pubblico in senso stretto, ma un rapporto di diritto pubblico a contenuto privatistico, riconducibile al regime delle funzioni concorsuali e alle regole di responsabilità proprie dell’ordinamento civile (artt. 38-43 d.lgs. 270/1999). Per questi motivi, il commissario straordinario può essere considerato un incaricato di diritto privato per la tutela di rapporti privati di rilevanza pubblicistica[10]  e, partecipando all’amministrazione della giustizia, è qualificato pubblico ufficiale. All’ Autorità amministrativa, ai sensi dell’art. 39 d. lgs. n. 270/1999 viene attribuito, anche in dipendenza dell’art. 38, la indicazione dei requisiti di professionalità e di onorabilità dei commissari straordinari, affidata ad un regolamento del Ministero dell’Industria, di concerto con il Ministero di grazia e giustizia, disposizione che ha trovato attuazione nel decreto del Ministro dello sviluppo economico del 28 luglio 2016 e dapprima nel decreto n. 60 del 10 aprile 2013, laddove, però, non è prevista alcuna distinzione – nella sostanziale unitarietà delle attribuzioni commissariali – tra l’attività di cessione dei compendi aziendali e la successiva eventuale fase di liquidazione successiva al decreto di cui al comma 1° dell’art. 73 d. lgs. n. 270/1999. In materia, resta rilevante che la norma abilitativa dei poteri attribuiti di concerto alle autorità ministeriali indicate dall’art. 39, prevede – come fonte secondaria abilitante – un regolamento, elemento che non può certamente essere individuato in una direttiva, che, invece, si presenta come puramente indicativa non già di una regola generale ed astratta, ma di mero indirizzo, per altro in difformità con i criteri di unitarietà dell’amministrazione straordinaria, come innanzi si è detto. In sostanza, la direttiva ministeriale del 2018, assumendo una competenza professionale diversificata per la fase c.d. liquidatoria, finisce per separare impropriamente l’unicità delle funzioni attribuite al commissario straordinario in assenza di una superiore distinzione di professionalità. Profilo ancor più determinante se si pone mente alla circostanza che l’art.36 d. lgs. n. 270/1999 prevede che “per quanto non previsto nel presente decreto, si applicano alla procedura di amministrazione straordinaria, in quanto compatibili, le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa, sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario”, ed in questa disciplina non è dato rinvenire una diversificazione di poteri tra le diverse fasi (impropriamente introdotta dalla direttiva in oggetto). Anzi – se si vuol dar luogo ad una lettura sistematica – deve considerarsi che, ad esempio, nella stessa liquidazione coatta amministrativa delle banche, le funzioni del commissario liquidatore permangono integre pur dopo la cessione di attività e passività di cui all’art. 90 tub, ovvero per la gestione meramente liquidatoria dei rapporti non oggetto di cessione. Del resto, se vengono esaminati i provvedimenti ministeriali relativi anche alle procedure per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza (d.l. n. 347/2003, convertito in l. n. 39/2004) e segnatamente al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 24 dicembre 2003, può agevolmente attestarsi che per i criteri di nomina dei commissari straordinari viene richiesta la competenza non solo in relazione alla programmazione, ristrutturazione e risanamento aziendale, ma pure, tra le altre, la precedente esperienza nelle funzioni di curatore o commissario liquidatore, così confermando che anche l’attività puramente liquidatoria viene assunta come elemento determinante dell’ “unica” competenza professionale riconosciuta per la nomina di amministratore straordinario. 

In sostanza, con la sentenza oggetto del presente breve commento, si finisce per ampliare la sfera di discrezionalità attribuita al Ministero, in una logica antitetica e contrastante con i principi normativi, e ciò induce ad esporre qualche dubbio sulla “tenuta” delle fonti, che resta principio cardine della democrazia moderna.



[1] A. Nigro – D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2023, 573; E. Bran, La cessazione della procedura: conversione, chiusura e concordato, in L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a cura di Costa, Torino, 2008, 627; S. Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da Cagnasso e Panzani, III, Torino, 2016, 4103; ID., L’amministrazione straordinaria, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, II, Torino, 2025, 2526. Ma, soprattutto, con grande chiarezza espositiva: M. Sandulli, La cessazione dell’amministrazione straordinaria, in Giur. comm., 2001, I, 54, ove si dice che a seguito della cessione dei beni “la procedura non si chiude, bensì procede come procedura concorsuale liquidatoria (art. 73 comma 3°); e 63, ove si espone che “a far data dal decreto di cessazione dell’esercizio dell’impresa, l’amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria. La procedura prosegue con i suoi organi. La liquidazione dei beni residui (la legge dice “eventuali”, ma se non vi sono beni, che importanza può avere che il Tribunale dichiari con decreto la cessazione dell’esercizio dell’impresa?) prosegue con le regole proprie dettate per l’amministrazione straordinaria (artt. 42, 62, 64 e 65) e quindi quale liquidazione in sede amministrativa”.

[2] V. Zanichelli, L’amministrazione straordinaria, in Fallimento e altre procedure concorsuali, III,diretto da Fauceglia-Panzani, Torino, 2009, 2060

[3] Così: G. Ferri jr., Profili funzionali dell’amministrazione straordinaria, in Dir. fall., 2024, I, 432

[4] C. Costa, La conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento e i poteri dell’autorità giudiziaria, in Società, banche e crisi d’impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, 3, Torino, 2014, 2917 ss.

[5] Sul tema: A. Dentamaro, E’ ammissibile un concordato liquidatorio nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ex D. Lgs. n. 270/1999 ?, in Dirittodellacrisi.it, 25 ottobre 2025, 4-5.

[6] Trib. Venezia, 20 ottobre 2025, in Dirittodellacrisi, 19 novembre 2025, secondo il quale è ammissibile la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale, ai sensi dell’art. 73, comma 1° bis, d. lgs. 270/1999, anche qualora, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 18.1.2024 (19.3.2024), il programma di cessione non fosse ancora stato autorizzato, purché fosse già stato presentato al Ministero e fosse in corso la sua approvazione, in quanto la ratio della norma è quella di consentire la conversione delle procedure che hanno esaurito la funzione conservativa e riorganizzativa dell’impresa; per una interpretazione estensiva della norma, anche Trib. Milano, 13 agosto 2025, in Ilcaso.it   

[7] S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, in Ristrutturaziaziendali.ilcaso.it, 11 dicembre 2024, 9 e 11. Sul rapporto di alternatività tra amministrazione straordinaria e liquidazione giudiziale (già fallimento), come discendente dalla relativa diversità funzionale delle procedure: M. T. Della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, in Fallimento, 2024, 1230.

[8]L’assenza di ogni base normativa per la “scadenza naturale”, l’elevazione di una direttiva a fonte regolatrice, la creazione di un nuovo organo e il contrasto con l’impianto unitario della disciplina primaria - sul punto completa e priva di lacune - con attribuzione alla direttiva del 2018 di un effetto vincolante erga omnes, segna il punto di confine oltre il quale, come chiarito dalle stesse Sezioni Unite (Cass. Sez. Un.,9 novembre 2011, n. 23302, in Giust. civ., 2012, I, 1747), il giudice travalica dai “limiti interni” a quelli “esterni” della giurisdizione, esercitando una funzione riservata ad altro potere dello Stato 

[9] Sul tema non si può dar conto della vastissima letteratura, senza alcuna pretesa di essere esauriente: A. Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, in Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi, a cura di Vattermoli, Pisa, 2024, 14 ss.; S. Caporusso, L’amministrazione straordinaria e speciale, in Diritto della crisi d’impresa, a cura di Trisorio Liuzzi, Bari, 2023, 731 ss.; G. Meo, Il risanamento finanziato dai creditori. Lettura dell’amministrazione straordinaria, Milano, 2013, 20 ss.; F. Di Marzio – F. Macario, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Trattato delle procedure concorsuali, a cura di Jorio e Sassani, V, Milano, 2017, 600 ss.

[10] A. Cavalaglio, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, Appendice, in S. Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 663-664; S. Pacchi, Gli organi della procedura di amministrazione straordinaria, in L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, cit., 310.