, 05 dicembre 2025, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sommario: 1. Premessa. – 2. La riorganizzazione della disciplina dei sistemi di amministrazione e controllo. – 3. Le novità in materia di organo di controllo in generale. – 4. Le novità in materia di collegio sindacale in particolare. – 5. Oscillazioni in materia di responsabilità dei sindaci. – 6. Considerazioni conclusive.
1. Premessa.
L’art. 19 della legge n. 21/2024 (la c.d. legge Capitali) delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico della finanza, delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile e di altre disposizioni vigenti con il fine di coordinarle e renderle coerenti con quelle adottate in attuazione della delega. La norma prevede che il Governo debba esercitare la delega entro il termine di 24 mesi decorrenti dall’entrata in vigore della legge Capitali (avvenuta il 27 marzo 2024 e dunque entro il 27 marzo 2026), osservando determinati princìpi e criteri direttivi: alcuni di essi vengono configurati come scopi-fine (per esempio, la crescita del Paese, l’accesso delle imprese alla quotazione, la trasparenza e la competitività del mercato, l’attrattività delle imprese per gli investitori internazionali), mentre altri vengono configurati tipicamente come scopi-mezzo: il Governo deve per esempio razionalizzare la partecipazione assembleare degli emittenti quotati, armonizzare la disciplina in materia di operazioni con parti correlate, riordinare la disciplina in materia di offerte pubbliche di acquisto e scambio e – con riferimento all’oggetto del presente saggio – deve semplificare le regole del governo societario e, in particolare, assicurare un sistema coerente ed integrato dei controlli interni, in modo da evitare lacune o sovrapposizioni nell’esercizio della vigilanza sulla gestione sociale [1].
La riforma in corso del mercato dei capitali si occupa dunque anche di organo di controllo e, in particolare, di collegio sindacale. La circostanza non stupisce. D’altra parte, la disciplina del collegio sindacale è stata recentemente oggetto di importanti modifiche che hanno parzialmente ridisegnato il ruolo dei sindaci e, più in generale, dei componenti dell’organo di controllo. È infatti evidente come – solo per citare le modifiche più rappresentative – l’assegnazione del dovere di segnalazione della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di composizione negoziata della crisi, l’attribuzione della legittimazione a proporre la domanda di apertura della liquidazione giudiziale e il nuovissimo regime di responsabilità, mostrino un certo fermento e indichino come la natura stessa dell’organo di controllo sia in fase di ridefinizione [2].
Con atto n. 331 dell’8 ottobre 2025, il Governo ha quindi approvato uno schema di decreto legislativo di attuazione della delega di cui all’art. 19 della legge Capitali e, il 17 ottobre 2025, lo ha trasmesso al Parlamento per sottoporlo al relativo parere. Con riferimento all’oggetto del presente lavoro, lo schema di decreto legislativo si muove secondo tre direzioni: (a) riorganizza la disciplina dei sistemi di amministrazione e controllo; (b) introduce diverse novità in materia di organo di controllo in generale e, dunque, anche in materia di collegio sindacale; (c) introduce alcune novità in materia di collegio sindacale in particolare, con un riguardo specifico al delicato tema della responsabilità dei sindaci.
2. La riorganizzazione della disciplina dei sistemi di amministrazione e controllo.
Attualmente, l’ordinamento giuridico attribuisce al c.d. sistema tradizionale una certa preferenza rispetto ai sistemi dualistico e monistico. Infatti, l’art. 2380 c.c. prevede che, «se lo statuto non dispone diversamente», l’amministrazione e il controllo sono regolati dalle disposizioni sul sistema articolato su un organo amministrativo unipersonale o pluripersonale con potere gestorio e un collegio sindacale con potere di controllo, entrambi di nomina assembleare, e quindi sul c.d. sistema tradizionale: in assenza di un’opzione statutaria, si applica quindi il sistema tradizionale, che assume pertanto natura di sistema di default. Non solo. La preferenza per il sistema tradizionale si esprime anche nella circostanza che la sua disciplina è concepita tendenzialmente come una disciplina “originaria”, “autonoma” e “completa”, mentre le discipline dei sistemi dualistico e monistico sono concepite come discipline “derivate”, “dipendenti” e “parziali”: queste ultime si limitano infatti a contenere delle deviazioni rispetto alla disciplina del c.d. sistema tradizionale e a prevedere dei rinvii specifici alle relative norme, in quanto compatibili [3].
Lo schema di decreto legislativo intende superare la preferenza attualmente assegnata dall’ordinamento giuridico al sistema tradizionale e intende assicurare la parità tra i tre sistemi di amministrazione e controllo e l’autonomia delle relative discipline. A questo fine, interviene sotto due distinti profili. Da un lato, riformula l’art. 2380 c.c. prevedendo che lo statuto debba necessariamente esprimersi sul sistema da adottare. Dall’altro lato, riorganizza totalmente la disciplina della sezione VI-bis (del capo V, del titolo V, del libro V del codice civile) dedicata all’amministrazione e al controllo della società per azioni, articolandola in quattro paragrafi: al primo paragrafo, lo schema introduce una disciplina “generale” dei tre sistemi, composta conseguentemente da disposizioni comuni a tutti gli organi di amministrazione e controllo; ai successivi tre paragrafi, lo schema introduce tre discipline “speciali” per ciascun sistema, concepite come discipline “autonome”, senza rinvii incrociati o specifici a norme appartenenti ad altri sistemi e con l’abbandono delle precedenti denominazioni per i tre sistemi di amministrazione e controllo; non si parla di sistema tradizionale, ma di «sistema con collegio sindacale»; non si parla più di sistema dualistico, ma di «sistema con consiglio di sorveglianza»; non si parla più di sistema monistico, ma di «sistema con comitato per il controllo sulla gestione».
Sono opportune alcune considerazioni.
La prima. Proprio con riferimento all’oggetto del presente lavoro, è evocativo che le nuove denominazioni dei tre sistemi di amministrazione e controllo siano state distinte dando rilievo al diverso organo di controllo: pare cioè che il legislatore intenda enfatizzare l’elemento organizzativo del controllo interno, sino ad attribuirgli tratto qualificante del singolo sistema di governo societario.
La seconda. Visto che, tra gli obiettivi di policy del progetto di riforma, vi sono quelli di semplificare e di razionalizzare la disciplina del governo societario con il fine di rendere più chiara e intellegibile la disciplina dei sistemi di corporate governance e con l’ulteriore fine di rendere le imprese italiane maggiormente attrattive per gli investitori internazionali, si può ritenere che tali obiettivi sarebbero stati meglio perseguiti attraverso una riorganizzazione della disciplina parzialmente diversa. Infatti, la convivenza di una disciplina “generale” e di tre diverse discipline “speciali” rende queste ultime certamente “autonome”, ma comunque “incomplete”, imponendo all’interprete di ricostruire la disciplina di ciascun sistema attraverso un coordinamento tra norma generale e norma speciale e un rinvio reciproco tra di esse che viene meno sul piano normativo, ma che viene conservato sul piano ermeneutico con difficoltà evidentemente maggiori, rispetto a quelle che si intendevano risolvere. Invece, si sarebbe potuto prevedere solo tre discipline – una per ciascun sistema – non solo “autonome”, ma anche perfettamente “complete”, che avrebbero potuto – tutte – essere per esempio composte da quattro disposizioni rispettivamente dedicate alla composizione degli organi di amministrazione e controllo, alle competenze, al funzionamento e alla responsabilità. Le disposizioni avrebbero senz’altro presentato delle ripetizioni, ma va detto che lo scopo di una disciplina non è né estetico né letterario, ma unicamente regolatorio e – in tal senso – il risultato sarebbe stato più chiaro e l’interpretazione meno onerosa.
La terza. Proprio con riferimento all’anelito alla chiarezza della disciplina e alla sua strumentalità rispetto agli obiettivi di intellegibilità per gli operatori internazionali, vi è da registrare come tale obiettivo sia parzialmente frustrato anche dalla prassi (abbastanza consolidata) di rinumerare norme niente affatto modificate, per di più con l’utilizzo degli avverbi numerali latini, con il rischio di ingenerare nell’interprete un certo disorientamento. Si pensi a disposizioni come gli artt. 2408 e 2409 c.c., la cui numerazione evoca immediatamente – e da decenni – gli istituti della denuncia al collegio sindacale e della denuncia al tribunale e che, stando al progetto di riforma, sarà sostituita dai nuovi artt. 2396-ter e 2396-quater c.c..
3. Le novità in materia di organo di controllo in generale.
Nell’ambito del paragrafo dedicato alle disposizioni comuni ai tre sistemi di amministrazione e controllo, lo schema di decreto legislativo introduce diverse modifiche in materia di organo di controllo in generale e, dunque, anche in materia di collegio sindacale. Le modifiche sono molteplici, ma non tutte contengono elementi di sostanziale novità. Le novità che si ritiene meritevoli di segnalazione in ragione di apprezzabili elementi di discontinuità con il passato (anzi, con il presente) possono dirsi le seguenti.
La prima novità riguarda la denuncia al tribunale. Il nuovo art. 2396-quater c.c. riproduce il contenuto del vigente art. 2409 c.c. rendendolo applicabile a tutti gli organi di controllo, ma aggiunge che – oltre a “dover” sospendere il procedimento di controllo giudiziario sulla gestione in caso di sostituzione degli amministratori con soggetti dotati di adeguata professionalità – il tribunale “possa” subordinare la sospensione del procedimento anche alla sostituzione dei membri dell’organo di controllo. La novità non è priva di rilievo. Attualmente, l’art. 2409, co. 3, c.c. prevede che – nell’ambito del sistema tradizionale – il tribunale non ordini l’ispezione, ma sospenda il procedimento se l’assemblea sostituisce «gli amministratori e i sindaci». Stando alle lettera della norma, il tribunale può quindi sospendere il procedimento solo quando – dopo aver accertato il “fondato sospetto” delle “almeno gravi” irregolarità, la prova del danno potenziale e la prova della mancata eliminazione delle irregolarità – accerti anche la prova della sostituzione sia degli amministratori sia dei sindaci. Aderendo a riflessioni note in dottrina, la ratio della norma andrebbe ravvisata nella circostanza che il provvedimento di sospensione del procedimento non sottrae la società ad una vigilanza che – sia pur più indirettamente – rimane giudiziaria. Il provvedimento di sospensione del procedimento è infatti alternativo a quello di nomina dell’ispettore; in quest’ultimo caso, il tribunale delega la vigilanza sull’amministrazione della società ad un soggetto di sua fiducia che, per definizione, al tribunale risponde; nel caso della sospensione del procedimento, il tribunale si astiene dal procedere con la nomina dell’ispettore, in virtù del fatto che la vigilanza sull’amministrazione della società è stata delegata dall’assemblea a soggetti professionali che, pur non essendo nominati o delegati dal tribunale, al tribunale comunque dovranno riferire. Proprio la circostanza che i soggetti di adeguata professionalità debbano esercitare un controllo sull’amministrazione della società spiegherebbe dunque perché la lettera della norma richieda che, ai fini della concessione del provvedimento di sospensione, la sostituzione riguardi «gli amministratori e i sindaci» e non gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci oppure – e addirittura – gli amministratori o i sindaci [4]. Tuttavia, è stato anche detto che la stessa lettera della norma non può far concludere nel senso che alla sostituzione degli amministratori si accompagni necessariamente anche quella dei sindaci e ciò, sia perché la circostanza sarebbe incompatibile con il fatto che le irregolarità nella gestione non possono essere imputabili ai sindaci (che per definizione non gestiscono, ma vigilano), sia perché la circostanza sarebbe incoerente con il parallelo provvedimento ablativo di revoca giudiziale di cui alla seconda parte del quarto comma, che prevede che i sindaci possano essere revocati solo eventualmente. La novità introdotta sembra quindi recepire tale interpretazione sistematica traducendola in lettera [5]. Sotto diverso profilo, si ritiene invece che non si stia cogliendo l’opportunità della riforma con riguardo al collocamento della norma: nell’ambito del sistema tradizionale, è noto come l’art. 2409 c.c. sia attualmente collocato all’interno della disciplina del collegio sindacale e, dunque, all’interno della disciplina di uno degli organi di controllo; allo stesso modo, anche il nuovo art. 2396-quater c.c. è collocato all’interno della disciplina dell’organo di controllo tout court. Tuttavia, il vigente art. 2409 c.c. e il nuovo art. 2396-quater c.c. disciplinano l’organo di controllo solo per attribuirgli la legittimazione attiva ad avviare il procedimento di controllo giudiziario, insieme ai soci di minoranza e – nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio – al pubblico ministero e – nelle società con azioni quotate – alla Consob. In realtà, il vigente art. 2409 c.c. e il nuovo art. 2396-quater c.c. sono disposizioni che pongono ed introducono il controllo giudiziario sulla gestione sociale, che è un controllo “esterno” e “pubblico” che si affianca a quello “interno” e privato” dell’organo di controllo e a quello “esterno” e “privato” del revisore legale dei conti e che, come per il revisore legale dei conti (e per esigenze di maggiore intellegibilità dell’ecosistema legale italiano anche in funzione di una maggiore attrattività per gli investitori internazionali), si ritiene meritasse un collocamento separato e distinto, in modo da sottolinearne l’autonomia rispetto alle altre forme di controllo sulla gestione sociale.
La seconda novità riguarda i doveri dell’organo di controllo. Il nuovo art. 2396-quinquies c.c. riproduce il contenuto del vigente art. 2403 c.c. in materia di doveri del collegio sindacale, rendendolo applicabile a tutti gli organi di controllo, ma aggiunge che – oltre a dover vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza e sul corretto funzionamento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile – l’organo di controllo debba vigilare anche sull’adeguatezza e il coretto funzionamento del sistema dei controlli interni e di gestione dei rischi: identica previsione è contenuta nel nuovo art. 149, co. 1, lett. c), t.u.f. in materia di società con azioni quotate. Sul punto, è da apprezzare lo sforzo di semplificazione che – sotto il profilo dei doveri – avvicina l’organo di controllo delle società non quotate a quello delle società quotate, ma non si possono non registrare le possibili difficoltà di adattamento per le prime, perché è evidente che la vigilanza sul sistema dei controlli interni e di gestione dei rischi è un onere difficilmente sostenibile per le piccole imprese. Si può anzi sostenere che si è perso l’occasione per indurre un altro tipo di avvicinamento tra società non quotate e società quotate, che non riguarda tanto il numero dei doveri, quanto il relativo perimetro. Per le sole società con azioni quotate, il nuovo art. 149, co. 1, lett. b), t.u.f. sostituisce infatti il dovere di vigilare sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione con il dovere di vigilare sul corretto funzionamento dell’organo amministrativo e sulla diligente osservanza delle regole istruttorie, procedimentali e decisorie. La novità è da salutare con favore, perché è noto il deficit di tassatività dello storico dovere di vigilanza sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione ed è quindi apprezzabile che si sia data una prima risposta all’esigenza di maggiore chiarezza, ma non si spiega perché tale esigenza sia stata avvertita per le sole società quotate e non anche per le società non quotate [6].
La terza novità riguarda i poteri dell’organo di controllo. Il nuovo art. 2396-sexies c.c. riproduce il contenuto del vigente art. 2403-bis c.c. in materia di poteri del collegio sindacale, rendendolo applicabile a tutti gli organi di controllo e – così facendo – aumenta i poteri del comitato per il controllo sulla gestione, in quanto attribuisce a tutti gli organi di controllo il potere di ispezione e di convocazione dell’assemblea, prima attribuiti solo al collegio sindacale e al consiglio di sorveglianza [7].
La quarta novità riguarda le cause di ineleggibilità e decadenza dei componenti dell’organo di controllo. Il nuovo art. 2396-septies c.c. riproduce il contenuto dell’art. 2399 c.c. in materia di cause di ineleggibilità e decadenza dei sindaci, rendendolo applicabile ai componenti di tutti gli organi di controllo, ma si aggiungono alcune nuove regole che – contemporaneamente – ampliano e restringono il perimetro delle incompatibilità. Da un lato, si vieta la nomina anche di chi sia «altra parte dell’unione civile» e dei conviventi degli amministratori: in tal modo, si dà atto che l’indipendenza può essere compromessa non soltanto da legami familiari formalizzati, ma anche – come è naturale che sia – da legami sostanziali, conservando i quali, non si può quindi escludere l’emersione di una causa di incompatibilità. Dall’altro lato, si consente la nomina non solo degli affini degli amministratori oltre il secondo grado (ritenendo quindi che il legame di affinità di terzo e quarto grado non sia più idoneo a compromettere l’indipendenza), ma anche di coloro che sono componenti degli organi di controllo delle società controllate, delle società controllanti e di quelle sottoposte a comune controllo: in tal modo, si legittima la figura del c.d. “controllore di gruppo” e si sancisce come tale figura – già ex ante – possa comunque conservare l’indipendenza cui deve essere ispirato il suo ruolo e la sua attività [8].
La quinta novità riguarda la composizione dell’organo di controllo delle sole società con azioni quotate. Il nuovo art. 148, co. 1, t.u.f., introduce un adeguamento in materia di quote di genere, ispirato a sostanziale pragmatismo. Se la disposizione vigente prevede che i due quinti dei membri del (solo) collegio sindacale debbano essere sempre riservati al genere meno rappresentato, la nuova disposizione prevede che la regola dei due quinti possa essere mitigata quando i componenti dell’organo di controllo (tutti gli organi di controllo) siano solo tre; in questo caso, la quota di componenti da riservare al genere meno rappresentato scenderebbe ad un terzo. D’altra parte, tutti gli organi di controllo sono concepiti come organi collegiali composti da almeno tre membri: la possibilità che l’organo di controllo possa essere composto da tre membri rendeva la regola dei due quinti di difficoltosa applicazione e la modifica è dunque ispirata a buon senso. Tuttavia, è probabile che la novità sarà raramente applicabile: la prassi delle società con azioni quotate è infatti nel senso di prevedere organi di controllo composti da cinque membri [9].
La sesta novità riguarda ancora una volta le sole società con azioni quotate ed è posta dal nuovo art. 149-ter t.u.f., il quale legittima l’ingresso nella corporate governance dell’intelligenza artificiale. La norma prevede che – qualora il controllo sia esercitato con il supporto di sistemi di monitoraggio continuo e di strumenti automatici e predittivi – questi devono essere adeguati e proporzionati alla natura e alle dimensioni dell’impresa e ai rischi ai quali essa è esposta. La disposizione è importante. Non tanto per come è formulata, quanto perché, da un lato, prende atto del progressivo rilievo che l’intelligenza artificiale sta assumendo nell’ambito del monitoraggio aziendale e, dall’altro lato, incentiva l’uso degli strumenti predittivi di controllo interno, in modo da consentire ed agevolare la rilevazione tempestiva di una eventuale crisi d’impresa e l’attivazione anticipata di un intervento preordinato al superamento della crisi, conformemente con quanto preteso dall’art. 2086, co. 2, c.c. e – in generale – dalle varie norme introdotte dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. È tuttavia evidente come la formulazione testuale della norma sia deficitaria in termini di tassatività e chiarezza e come quindi sia necessario che, nel tempo, essa trovi una migliore concretizzazione da parte della prassi e della giurisprudenza [10].
La settima e ultima novità riguarda le sole società bancarie, assicurative e finanziarie. Come noto, l’art. 36 del d.l. n. 201/2011 conv. in legge n. 214/2011 vieta ai membri degli organi di amministrazione e controllo delle società bancarie, assicurative e finanziarie di essere membri di organi di amministrazione e controllo di imprese concorrenti. Il c.d. divieto interlocking risponde all’esigenza di prevenire possibili conflitti d’interesse nel mercato finanziario. Ebbene, lo schema di decreto legislativo in commento sopprime il divieto di interlocking per i componenti degli organi di controllo. Stando alla relazione illustrativa, la soppressione del divieto si giustificherebbe, perché i componenti degli organi di controllo sono titolari di funzioni di informazioni che non consentono loro di incidere sulle scelte strategiche delle imprese ove rivestono cariche, in quanto i componenti degli organi di controllo non esercitano né concorrono nell’esercizio della gestione sociale, ma si limitalo a vigiliare e a controllare [11].
4. Le novità in materia di collegio sindacale in particolare.
Lo schema di decreto legislativo introduce alcune modifiche anche in materia di collegio sindacale in particolare. Tuttavia, le modifiche meritevoli di segnalazione non sono contenute tanto nel nuovo secondo paragrafo della sezione VI-bis dedicato alla disciplina speciale del sistema tradizionale e non riguardano dunque il collegio sindacale delle società non quotate. Le modifiche meritevoli di segnalazione riguardano infatti le sole società quotate e si sostanziano nelle seguenti tre novità.
La prima novità riguarda la composizione del collegio sindacale. Si premette che, per quanto rinumerato, il nuovo art. 148.1 t.u.f. continua a porre la regola generale secondo cui (i) il collegio sindacale di una società quotata deve essere composto da almeno tre membri effettivi e due membri supplenti, (ii) almeno un membro effettivo deve essere espressione dei soci di minoranza e (iii) il presidente deve essere nominato dall’assemblea tra i sindaci espressione dei soci di minoranza. La novità non riguarda dunque la composizione del collegio sindacale delle società quotate tout court. La novità riguarda invece la composizione del collegio sindacale delle società neo-quotate, per le quali lo schema di decreto legislativo introduce una disciplina parzialmente derogatoria che riguarda vari aspetti, tra cui anche gli organi di amministrazione e controllo e, dunque, anche il collegio sindacale. Per i c.dd. emittenti di nuova quotazione, il nuovo art. 154.3 t.u.f. stabilisce infatti che lo statuto possa prevedere che, in deroga al sistema del voto di lista, l’assemblea possa votare ciascun candidato amministratore e – per quanto di nostro interesse – anche ciascun candidato sindaco, con la consueta precisazione che il presidente del collegio sindacale deve essere nominato dall’assemblea tra i candidati sindaco proposti dai soci di minoranza. La novità dovrebbe quindi consentire una composizione degli organi di amministrazione e controllo che sia più rappresentativa del capitale della società che intende quotarsi che, tipicamente, si presenta frammentato, ma non ancora propriamente diffuso, e richiede quindi che sia adeguatamente rappresentato negli organi di governo societario. Unitamente alle altre novità che costituiscono oggetto del c.d. “scalino normativo” riservato agli emittenti di nuova quotazione, la possibilità di derogare al sistema del voto di lista mira a garantire agli operatori una maggiore autonomia privata, in modo da poter adeguare lo statuto a variegate esigenze e – in definitiva – in modo da favorire l’accesso alla quotazione, offrendo l’opportunità di beneficiare di un regime più attrattivo rispetto a quello esistente e con minori barriere all’ingresso [12].
La seconda novità riguarda i poteri del collegio sindacale. Il nuovo art. 151.1 t.u.f. continua ad attribuire al collegio sindacale delle società quotate il potere di convocazione dell’assemblea e dell’organo amministrativo e il potere di fare proposte all’assemblea in ordine al bilancio e alla sua approvazione, nonché alle materie di propria competenza. La norma conferma come il collegio sindacale sia un organo dotato non solo di poteri reattivi o sostitutivi, ma anche di autonomi poteri d’impulso, come confermato anche dall’attribuzione al collegio sindacale e agli organi di controllo in generale dei già citati poteri di segnalazione ex art. 25-octies c.c.i.i. e di legittimazione attiva in materia di liquidazione giudiziale ex art. 37 c.c.i.i.. È però evidente come l’attribuzione di un potere ad un organo necessariamente collegiale, le cui decisioni sono normalmente assunte nell’ambito di una riunione necessariamente convocata dal suo presidente, possa perdere di efficacia in caso di inerzia del presedente stesso: con il fine di rendere più efficaci i poteri del collegio sindacale e analogamente a quanto già previsto sia per il consiglio di sorveglianza sia per il comitato per il controllo sulla gestione, il terzo comma del nuovo art. 151.1. t.u.f. prevede adesso che i sindaci possano, anche individualmente, chiedere al presidente del collegio sindacale la convocazione dell’organo, in modo che il collegio sindacale possa dunque essere messo nella condizione di esercitare i poteri attribuiti all’organo nel suo complesso e non solo ai singoli sindaci [13].
La terza novità riguarda la responsabilità del collegio sindacale e dei sindaci in particolare, ma – in questo caso – la lettura dello schema di decreto legislativo merita un ragionamento a parte.
5. Oscillazioni in materia di responsabilità dei sindaci.
In materia di responsabilità dei sindaci, è infatti necessaria una premessa. La responsabilità dei sindaci è tradizionalmente disciplinata dall’art. 2407 c.c. con riferimento a tutte le società per azioni, sia quelle non quotate sia quelle quotate, in quanto – altrettanto tradizionalmente – la disciplina delle società con azioni quotate non prevede norme speciali o derogatorie in materia. Nella sua versione originaria (rectius, in quella originata dalla riforma del 2003), l’art. 2407 c.c. prevedeva sostanzialmente che (i) al pari degli amministratori, i sindaci erano responsabili verso la società, verso i creditori sociali e verso singoli soci e terzi e che, coerentemente, alle azioni di responsabilità contro i sindaci si applicavano le disposizioni in materia di azioni di responsabilità contro gli amministratori in quanto compatibili, (ii) che la responsabilità dei sindaci era esclusiva quando il danno era stato causato da loro inadempimento o fatto illecito (per esempio, in caso di danno derivante da falsa attestazione o da diffusione del segreto d’ufficio) e (iii) che la responsabilità dei sindaci era concorrente con quella degli amministratori, quando il danno era stato causato da inadempimento o fatto illecito commesso dagli amministratori, che non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero adempiuto ai propri obblighi di vigilanza (c.d. culpa in vigilando) [14].
Come è noto, l’art. 2407 c.c. è stato recentemente modificato dalla legge n. 35/2025, entrata in vigore il 12 aprile 2025. Il vigente art. 2407 c.c. continua a prevedere che, al pari degli amministratori, i sindaci sono responsabili verso la società, verso i creditori sociali e verso i singoli soci e i terzi e che alle azioni di responsabilità contro i sindaci si applicano le disposizioni in materia di azioni di responsabilità contro gli amministratori, in quanto compatibili. Con l’entrata in vigore della novella, vengono tuttavia apportate tre sostanziali modifiche: (i) viene meno la distinzione tra responsabilità esclusiva e responsabilità concorrente con quella degli amministratori; (ii) viene introdotto un termine di prescrizione unico per l’esercizio dell’azione di responsabilità pari a cinque anni decorrenti dal deposito della relazione ex art. 2429 c.c. e, soprattutto, (iii) viene introdotto un c.d. cap liability in caso di assenza di dolo. Con particolare riferimento quest’ultimo aspetto, l’art. 2407, co. 2, c.c. prevede che – al di fuori delle ipotesi in cui abbiano agito con dolo – i sindaci sono responsabili per i danni cagionati nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, che varia in funzione dei seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso [15].
I vantaggi della nuova disposizione sono evidenti: infatti, si pone un rimedio all’eccessivo rigore della previgente disciplina; si introduce un elemento di certezza nella quantificazione sempre complessa del danno; corrispondentemente, si introducono maggiori garanzie in favore delle imprese di assicurazione con cui i sindaci devono necessariamente concludere contratti per la propria responsabilità civile e professionale; infine, si mira ad attrarre maggiori professionalità in un ruolo che ha visto progressivamente crescere la propria responsabilità soprattutto in caso di crisi d’impresa e che, corrispondentemente, è stato colpito da una sorta di “fuga di sindaci” soprattutto in caso di remunerazioni percepite come non perfettamente adeguate ai rischi assunti [16]. Tuttavia, la nuova disposizione presenta anche degli indubbi svantaggi: infatti, potrebbe agevolare una certa sottovalutazione dei rischi; potrebbe indurre un minor impegno da parte dei professionisti incaricati; potrebbe assicurare un minor livello di protezione degli interessi tutelati dalla funzione sindacale [17].
Il bilanciamento tra vantaggi e svantaggi è tuttavia il frutto di una scelta di politica del diritto, della quale l’interprete non può che prendere atto. Allo stesso tempo, l’interprete non può però non notare come la scelta legislativa e la formulazione testuale utilizzata per compierla pongano molti e rilevanti problemi che, invece, sono squisitamente giuridici. Per esempio:
a) visto che l’art. 2407 c.c. introduce una deroga rispetto al principio generale di responsabilità civile, la scelta può ritenersi solo un’eccezione tollerata dall’ordinamento ovvero una violazione delle norme costituzionali – in particolare gli artt. 2 e 24 Cost. – poste a presidio di tale principio? [18]
b) visto che l’art. 2407 c.c. accorda la limitazione di responsabilità solo ai sindaci e non anche agli amministratori (nemmeno a quelli non esecutivi e/o indipendenti), la scelta può ritenersi giustificabile in ragione della diversa funzione esercitata da amministratori e sindaci (di gestione e di vigilanza) ovvero può ritenersi una violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale sancito dall’art. 3 Cost.? [19]
c) visto che l’art. 2407 c.c. è collocato all’interno della disciplina – autonoma e completa – del sistema tradizionale e che le discipline – derivate e parziali – dei sistemi dualistico e monistico non richiamano espressamente l’art. 2407 c.c., la limitazione della responsabilità dei sindaci deve essere estesa anche ai componenti degli altri organi di controllo? E visto che anche la disciplina in materia di revisione legale dei conti (che è una funzione contigua a quelle esercitabili dai sindaci, tanto che – a certe condizioni – può essere esercitata dallo stesso collegio sindacale) non richiama l’art. 2407 c.c., la limitazione della responsabilità dei sindaci deve essere estesa anche al revisore legale dei conti? E in caso negativo, il differente trattamento sarebbe giustificabile ovvero – e ancora una volta – potrebbe ritenersi una violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all’art. 3 Cost.? [20]
d) visto che l’art. 2407 c.c. è collocato all’interno della disciplina codicistica della società per azioni, la limitazione della responsabilità riguarda solo i sindaci delle società non quotate o anche i sindaci delle società quotate? [21]
e) visto che l’art. 2407 c.c. limita la responsabilità dei sindaci utilizzando lo strumento del “multiplo del compenso”, quid iuris in caso di compenso irrisorio o – come pure può avvenire – in caso di compenso “zero”? Dovrà legittimarsi anche una responsabilità “zero”? Se per esempio il compenso annuo percepito è pari a 2.000 euro e il danno cagionato è pari a 3 mln euro, si dovrà tollerare una responsabilità per soli 30.000 euro? Se l’incarico è a titolo gratuito, si dovrà tollerare una totale irresponsabilità dei sindaci? [22]
f) visto che l’art. 2407 c.c. limita la responsabilità dei sindaci utilizzando il parametro del compenso “annuo”, come può essere limitata la responsabilità in caso di danni derivanti da inadempimenti o fatti illeciti commessi non istantaneamente, ma nel tempo e comunque in un lasso di tempo superiore ad un determinato esercizio sociale? [23]
g) visto che l’art. 2407 c.c. limita la responsabilità dei sindaci utilizzando il parametro del compenso “percepito”, tale parametro fa riferimento al compenso deliberato dall’assemblea o a quello effettivamente ricevuto dal sindaco? [24]
h) visto che l’art. 2407 c.c. unifica la precedente distinzione tra responsabilità esclusiva dei sindaci e loro responsabilità concorrente con quella degli amministratori, i sindaci sono responsabili solo dei danni derivanti da loro inadempimento o fatto illecito ovvero una responsabilità solidale con gli amministratori per culpa in vigilando continua a sopravvivere? E nell’ipotesi in cui sia accertata una responsabilità del collegio sindacale, deve ritenersi che i sindaci continuino a rispondere solidalmente tra loro ovvero può ritenersi applicabile un sopravvenuto principio di responsabilità parziaria? [25]
i) visto che l’art. 2407 c.c. fissa un termine unico di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità contro i sindaci pari a cinque anni decorrenti dal “deposito” della relazione ex art. 2429 c.c., il dies a quo coincide con la data di deposito presso la sede della società (che produce un effetto di conoscibilità verso la società e i soci, ma non verso i creditori sociali e i terzi) ovvero con la data di deposito (rectius, iscrizione o pubblicazione) presso il registro delle imprese (che produce effetto di pubblicità legale e di opponibilità non solo verso la società e i soci, ma anche verso i creditori sociali e i terzi e quindi verso tutti i soggetti legittimati ad agire)? [26]
j) visto che l’art. 2407 c.c. introduce un termine unico per l’esercizio dell’azione di responsabilità contro i sindaci che è espressamente qualificato come di “prescrizione”, il mancato esercizio dell’azione entro il termine estingue il diritto (effetto tipico della prescrizione) ovvero – più propriamente – si perde semplicemente la possibilità di far valere un diritto che però non si estingue (effetto tipico della decadenza)? [27]
k) visto infine che l’art. 2407 c.c. non pone una disciplina transitoria, la norma deve applicarsi retroattivamente (come ha stabilito inizialmente Trib. Bari, 24 aprile 2025, ritenendo che la disposizione abbia carattere procedimentale) ovvero ultrattivamente (come hanno sostenuto poco dopo Trib. Venezia e Trib Palermo, entrambe del 4 luglio 2025, ritenendo che la disposizione abbia carattere sostanziale e non preveda deroghe al principio generale indicato dall’art. 11 delle preleggi)? [28]
Come si è potuto osservare, i problemi posti dalla novella sono apparsi subito variegati e rilevanti e, anche in ragione di ciò, la scelta del legislatore della riforma del mercato dei capitali era attesa anche in materia di responsabilità dei sindaci. Sotto questo profilo, la scelta risultante dallo schema di decreto legislativo appare tuttavia abbastanza scabra e si muove secondo due direzioni. Da un lato, conserva l’art. 2407 c.c. nella formulazione risultante dalla novella di cui alla legge n. 35/2025 e lo colloca all’interno del solo paragrafo dedicato al sistema tradizionale, cioè al «sistema con collegio sindacale». Dall’altro lato, introduce un nuovo art. 151.2 t.u.f., il quale – per le sole società con azioni quotate, ma anche per le società con azioni ammesse alla negoziazione nei sistemi multilaterali di negoziazione (c.dd. società MTF) – reintroduce la regola generale della responsabilità civile dei sindaci sopprimendo la deroga della cap liability. Infatti, la disposizione – rubricata «Responsabilità dei componenti del collegio sindacale» – prevede nuovamente che i sindaci siano «responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità ai doveri inerenti al loro incarico», con precisazione che la norma si applica non solo alle società quotate, ma anche alle società MTF, in luogo dell’art. 2407, co. 2, c.c..
6. Considerazioni conclusive.
Si è potuto constatare come le novità del progetto di riforma in materia di collegio sindacale siano variegate e impongano diverse riflessioni sia dal punto di vista strettamente ermeneutico sia dal punto di vista più latamente sistematico. Non vi è però dubbio come le incerte oscillazioni del legislatore nel delicato ambito della responsabilità dei sindaci siano foriere di considerazioni niente affatto definitive e niente affatto rassicuranti. In questo ambito, l’ultimo passaggio – quello che attualmente è oggetto dello schema di decreto legislativo che si è inteso analizzare – non è ancora definitivamente compiuto e può quindi apparire opportuno condividere alcune considerazioni finali.
In primo luogo, il progetto di riforma conferma – sia pur limitatamente alle sole società non quotate – la limitazione della responsabilità dei sindaci: anche il legislatore della riforma del mercato dei capitali (che però è il medesimo legislatore che aveva introdotto il cap liability per i sindaci) ritiene evidentemente che la scelta di limitare la responsabilità dei sindaci debba certamente considerarsi un’eccezione ad un principio generale dell’ordinamento giuridico, ma non debba contemporaneamente ritenersi una violazione di dettati costituzionali. Non può tuttavia escludersi che – di fronte ad un vaglio di costituzionalità – non emergano criticità per i motivi più sopra evidenziati.
In secondo luogo, il progetto di riforma chiarisce che la limitazione di responsabilità non solo non è applicabile agli amministratori (e in questo senso, militerebbe la circostanza della differenza di funzione tra amministratori, anche non esecutivi e/o indipendenti, e sindaci), ma non è applicabile nemmeno ai componenti del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione. A supporto di tale chiarimento, sussistono ragioni sia formali sia sostanziali. Sotto il profilo formale, le disposizioni che compongono i due paragrafi della sezione VI-bis dedicati ai sistemi dualistico e monistico non contengono una norma di contenuto analogo all’art. 2407 c.c. né contengono un rinvio specifico all’art. 2407 c.c.; non vi è poi dubbio che – se non in contrasto con princìpi costituzionali – l’art. 2407 c.c. è comunque e senz’altro una norma eccezionale che, in quanto tale, non è suscettibile di applicazione analogica. Sotto il profilo sostanziale, è inoltre evidente che – visto che l’art. 2407 c.c. non si applica agli amministratori tout court – non si giustificherebbe un’applicazione ad amministratori non esecutivi, quali sono sicuramente i membri del comitato per il controllo sulla gestione (essendo soggetti che prima ancora di essere nominati membri dell’organo di controllo, sono membri del consiglio di amministrazione) e quali sono sostanzialmente anche i membri del consiglio di sorveglianza, in ragione delle specifiche competenze attribuite loro dalla legge. Nel chiarire il regime differenziato di applicazione della norma, il legislatore della riforma ritiene quindi che il principio costituzionale di eguaglianza formale e sostanziale sia pienamente rispettato e, su questo punto, si ritiene di poter concordare, anche se alcuni dubbi residuano in ordine al differente trattamento (per ora) riservato al revisore legale dei conti.
In terzo luogo, il progetto di riforma sceglie di fare un passo indietro rispetto alle novità introdotte dalla novella dell’art. 2407 c.c. quantomeno con riferimento alle società quotate e alle società MTF. In relazione a tali società, il legislatore della riforma ritiene evidentemente che il tetto alla responsabilità dei sindaci non sia giustificabile. Infatti, la presenza di società quotate e di società MTF dà luogo non solo alle ordinarie esigenze di tutela di interessi privati propri di ogni società, ma anche a speciali esigenze di tutela di interessi pubblici, quali sono quelli alla trasparenza e correttezza ovvero all’efficienza e competitività del mercato finanziario [29]; in tali società, la diffusione dell’azionariato rende i soci di minoranza impossibilitati ad influenzare il governo societario e a tutelare i propri interessi [30]; in tali società, i sindaci sono chiamati a svolgere le proprie funzioni su operazioni complesse e a vigilare su transazioni di grande rilievo economico. Tuttavia, anche il “doppio binario” non appare del tutto giustificabile e finirebbe per introdurre un sistema di responsabilità dei sindaci sostanzialmente schizofrenico. Infatti, non vi è dubbio che le società aperte (quotate o MTF) pongano dei problemi di regolamentazione che le società chiuse non pongono; non vi è però nemmeno dubbio che – con riferimento all’art. 2407 c.c. – si discute solo e soltanto del profilo della limitazione della responsabilità dei sindaci per i danni che questi dovessero cagionare alla società, ai creditori sociali e ai singoli soci o terzi. Con riferimento a tale specifico profilo, non vi è – appunto – alcun dubbio che i danni che possono essere causati dai sindaci di una società non quotata non siano necessariamente inferiori a quelli che possono essere causati dai sindaci di una società quotata. Non solo. Se infatti dovesse confermarsi la scelta attualmente risultante dallo schema di decreto legislativo, il combinato disposto del vigente art. 2407 c.c. e del nuovo art. 151.2 t.u.f. darebbe anche luogo, da un lato, alla presenza di una deroga radicale al principio generale della responsabilità civile nell’ambito della disciplina codicistica, che è disciplina generale in materia di società per azioni e, dall’altro lato, ad una rimozione della deroga e quindi alla riaffermazione del principio generale nell’ambito della disciplina del testo unico della finanza, che è disciplina speciale in materia di società con azioni quotate. La scelta porrebbe quindi delle perplessità non solo estetiche, ma soprattutto sistematiche e – ancora una volta – relative alla possibile difformità rispetto ai princìpi di proporzionalità e uguaglianza.
In quarto luogo, il progetto di riforma sceglie di mantenere le disposizioni in materia di responsabilità dei componenti dei vari organi di controllo all’interno delle discipline “speciali” dedicate a ciascun sistema di amministrazione e controllo. Differentemente da quanto fatto in materia di responsabilità degli amministratori, le disposizioni in materia di responsabilità dei controllori non sono collocate all’interno della disciplina “generale” comune a tutti i sistemi. Sotto questo profilo, si ritiene che una scelta diversa sarebbe stata più opportuna anche dal punto di vista strettamente giuridico. Se è vero che la riforma del mercato dei capitali intende rendere le imprese italiane più attrattive per gli investitori internazionali, allora si deve tener conto che i soggetti esteri investono tanto più in un dato Paese quanto più è chiaro e intellegibile il suo sistema di corporate governance e certo il relativo regime di responsabilità dei componenti degli organi di amministrazione e controllo. Stando così le cose, si può agevolmente sostenere come la frammentarietà che connota il nuovo impianto normativo – sia in materia di sistemi di governo societario sia in materia di collegio sindacale e di responsabilità dei suoi componenti – non incida positivamente sull’obiettivo di policy della chiarezza, che è a tutti gli effetti oggetto dei princìpi e criteri direttivi posti dalla delega assegnata al Governo dalla legge Capitali.
Infine, il progetto di riforma non coglie l’occasione per dare una risposta alle molte e importanti questioni poste dalla stessa formulazione dell’art. 2407 c.c.. Per esempio, non affronta il caso del possibile compenso irrisorio o del possibile incarico a titolo gratuito; il legislatore avrebbe potuto prevedere che, per danni maggiori di una certa somma (per esempio, 1 mln euro) cagionati da sindaci che percepiscono un compenso annuale inferiore ad una certa somma (per esempio, 3.000 euro), essi sono responsabili in misura non inferiore ad una certa somma (per esempio, 100.000 euro). Ma lo schema di decreto legislativo lascia senza risposta anche gli altri quesiti interpretativi relativi (i) al parametro del compenso “annuo”, (ii) al parametro del compenso “percepito”, (iii) alla permanenza o meno di una responsabilità concorrente e solidale con gli amministratori e alla permanenza o meno di una responsabilità solidale tra i sindaci, (iv) all’individuazione del momento dal quale decorre il termine di c.d. prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità contro i sindaci e (v) alla applicabilità solo ultrattiva o anche retroattiva della norma. Come è stato detto, il progetto di riforma è stato trasmesso al Parlamento lo scorso 17 ottobre e non può quindi dirsi definito. Esiste ancora uno spazio per un intervento non solo migliorativo, ma soprattutto chiarificatore di molti punti che, ancora, non appaiono giunti ad adeguata maturazione, anche se comincia a delinearsi un rinnovato favor per la figura sindacale che – come si è cercato di evidenziare – si manifesta non solo tramite la previsione di una limitazione della responsabilità, ma anche mediante l’assegnazione di nuovi e più penetranti poteri (per esempio, quelli di segnalazione e di legittimazione attiva in caso di crisi d’impresa) e la rimozione di alcuni vincoli (per esempio, quello al divieto di interlocking o al “sindacato di gruppo”) che – progressivamente – ne stanno ridisegnando il ruolo all’interno della governance societaria, nel senso di una maggiore centralità.
[1] Cfr. P. Montalenti, La legge Capitali e la delega alla riforma del Testo Unico della Finanza: prime riflessioni, in Giur. comm., 2024, II, 497 ss.; A. Pisaneschi, Delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti in Legge Capitali (5 marzo 2024, n. 21). Commentario, a cura di G. Martina, M. Rispoli Farina e V. Santoro, Torino, 2024, 234 ss..
[2] In materia di segnalazioni dell’organo di controllo, cfr. F. Sudiero, La segnalazione dell'organo di controllo ex art. 25-octies del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Torino, 2025, passim; P. Valensise, Il dovere di segnalazione dell'organo di controllo ai tempi del c.c.i.: tutto cambia perché nulla cambi?, in An. Giur. Econ., 2023, 109 ss.; G.M. Buta, Gli obblighi di segnalazione dell'organo di controllo e del revisore nell'allerta sulla crisi d'impresa, in Nuove leggi civ. comm., 2019, 1177. In materia di legittimazione attiva dell’organo di controllo all’avvio della liquidazione giudiziale, cfr. L. De Angelis, Rivisitate alcune regole per i sindaci: dalla richiesta di liquidazione giudiziale alle assemblee totalitarie, dai compensi al whistleblowing, in Società, contr., bil. e rev., 2024, 8 ss.; A. Benocci, Dal fallimento alla liquidazione giudiziale: rivoluzione culturale o make-up di regolamentazione?, in Giur. comm., 2017, I, 759 ss.. In materia di nuova responsabilità dei sindaci, cfr. per ora N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c.: responsabilità dei sindaci ed efficienza del regime dei controlli societari, in Società, contr., bil. e rev., 2024, 6 ss.; G. Guizzi, Lobbying e diritto societario: note critiche intorno alla proposta di riforma dell’art. 2407 c.c., in Riv. soc., 2024, 251 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale: note minime a prima lettura, in Ristrutturazioni Aziendali, 16 marzo 2025, 1 ss.; P.L. Morara e F. Vella, Società di capitali: il tetto è solo per la responsabilità di sindaci, in lavoce.info, 11 aprile 2025, 1 ss.. Si veda inoltre infra per contributi ulteriori su questioni specifiche.
[3] Sul punto, la letteratura è vastissima e – con riferimento alla manualistica – si può fare riferimento a G.F. Campobasso, Diritto commerciale. 2. Diritto delle società 11, Torino, 2024, 353 ss.; G. Ferri, Diritto commerciale 15, Torino, 2016, passim; A. Toffoletto, Amministrazione e controlli, in Diritto delle società. Manuale breve, a cura di N. Abriani et al., Milano, 2012, passim. Con riferimento a contributi più specifici, si può fare riferimento ex multis a S. Ambrosini, L'amministrazione e i controlli nella società per azioni, in Giur. comm., 2003, I, 308 ss.; V. Salafia, Sistemi di amministrazione e controllo nella S.p.a., in Le società, 2019, 1193 ss.; P. Montalenti, Amministrazione e controllo nella società per azioni: riflessioni sistematiche e proposte di riforma, in Riv. soc., 2013, 42 ss..
[4] Così, V. Salafia, Denunzia al tribunale. Commento all'art. 2409 c.c., in Collegio sindacale. Controllo contabile, a cura di F. Ghezzi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti et al., Milano, 2005, 317; V. Squarotti, La sospensione del procedimento ex art. 2409 c.c., in Giur. comm., 2010, I, 756 ss..
[5] Così, G. Domenichini, Denunzia al tribunale. Commento all'art. 2409 c.c., in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004, 796. Sul punto, sia consentito il rinvio anche alle riflessioni di A. Benocci, Controllo giudiziario sulla gestione e forme collettive di esercizio dell'impresa. Tipi, attività e contesto di allerta aziendale, Milano, 2019, 226-231.
[6] In materia di doveri del collegio sindacale (e sul perimetro da attribuire alla vigilanza sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione), cfr. S. Ambrosini, Collegio sindacale: nomina, composizione e funzionamento, in Le società per azioni, a cura di N. Abriani et al., in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, Padova, 2010, 753 ss.; F. Di Maio, I doveri del collegio sindacale e il paradosso dell'antiriciclaggio: l'obbligo e il non-obbligo, in Le società, 2006, 685 ss..
[7] In materia di poteri del collegio sindacale, cfr. L. Schiuma, Controllori, in La società per azioni, a cura di P. Spada, in Trattato di diritto privato, diretto da G. Iudica e P. Zatti, Milano, 2025, 1179 ss.; G.M. Buta, Poteri e doveri del collegio sindacale e tempestiva emersione della crisi, in Nuovo dir. soc., 2023, 1758 ss.; M. Bazzani, Poteri del collegio sindacale. Commento all'art. 2403-bis c.c., in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, a cura di P. Abbadessa e G.B. Portale, Milano, 2016, 1634 ss..
[8] In materia di cause di ineleggibilità e decadenza dei sindaci, cfr. P. Cuomo, Cause d'ineleggibilità e decadenza. Commento all'art. 2399 c.c., in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, a cura di P. Abbadessa e G.B. Portale, Milano, 2016, 1498 ss.; G. Domenichini, Il collegio sindacale nelle società per azioni, in Impresa e lavoro, a cura di P. Rescigno, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1985, passim; P. Ferro-Luzzi, Indipendente ... da chi; da cosa?, in Riv. soc., 2008, I, 204 ss.; G. Strampelli, Sistemi di controllo e indipendenza nelle società per azioni, Milano, 2013, passim.
[9] In materia di composizione degli organi sociali e quote di genere, cfr. L. Calvosa e S. Rossi, Gli equilibri di genere negli organi di amministrazione e controllo delle imprese, in Oss. dir. civ. comm., 2013, 3 ss.; G. Carraro, Dai codici di commercio alle quote di genere: uno sguardo ai diritti fondamentali, in Riv. dir. comm., 2020, I, 616 ss; E. Desana e F. Massa Felsani, Corporate governance e diversità di genere. Equilibri in divenire, in Riv. dir. comm., 2022, I, 53 ss..
[10] Sul punto, si veda diffusamente N. Abriani e G. Schneider, Diritto delle imprese e intelligenza artificiale. Dalla Fintech alla Corptech, Bologna, 2021, passim; N. Abriani, L'impatto dell'intelligenza artificiale sulla 'governance' societaria: sostenibilità e creazione di valore nel lungo termine, in Contr. e impr., 2022, 89 ss.; U. Tombari, Intelligenza artificiale e corporate governance nella società quotata, in Riv. soc., 2021, 1431 ss..
[11] In materia di divieto di interlocking, cfr. M. Cera, Interlocking directorates nelle società bancarie, finanziarie e assicurative: evoluzioni e problemi, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, 276 ss.; R. Santagata, I criteri per l'applicazione del divieto di interlocking directorates nei mercati bancari, finanziari ed assicurativi, in Banca, borsa, tit. cred., 2013, 241 ss.; F. Ghezzi e C. Picciau, Il divieto di interlocking nel settore finanziario: spunti da un'analisi empirica sui principali 25 gruppi bancari italiani, in Riv. soc., 2020, 1659 ss..
[12] In materia di composizione del collegio sindacale di società con azioni quotate, cfr. L. Schiuma, Controllori, cit., 1160 ss.; S. Ambrosini, Collegio sindacale, cit., passim; .
[13] In materia di poteri del collegio sindacale di società con azioni quotate, cfr. ex multis D. Caterino, Poteri dei sindaci e governo dell'informazione nelle società quotate, Bari, 2012, passim.
[14] Post riforma del 2003, l’art. 2407 c.c. statuiva: «I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica. All'azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395». La versione precedente era poco diversa e prevedeva: «I sindaci devono adempiere i loro doveri con la diligenza del mandatario, sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica. L' azione di responsabilità contro i sindaci è regolata dalle disposizioni degli articoli 2393 e 2394». In materia di responsabilità dei sindaci ex art. 2407 c.c. sino alla novella introdotta dalla legge n. 35/2025, cfr. G. Cavalli, I sindaci, in Controlli. Obbligazioni, a cura di G. Cavalli et al., in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 1988, 168 ss.; G.U. Tedeschi, Il collegio sindacale, in Il codice civile. Commentario, diretto da P. Schlesinger, Milano, 1992, 353 ss.; A. Tina, Responsabilità. Commento all'art. 2407 c.c., in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, a cura di P. Abbadessa e G.B. Portale, Milano, 2016, 1700 ss..
[15] Per completezza, si riporta il testo dell’art. 2407 c.c. così come modificato dalla legge n. 35/2025, entrata in vigore il 12 aprile 2025: «I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata dal collegio sindacale a norma dell'articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l'incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso. All'azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395. L'azione di responsabilità verso i sindaci si prescrive nel termine di cinque anni dal deposito della relazione di cui all'articolo 2429 concernente l'esercizio in cui si è verificato il danno».
[16] Cfr. N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo art. 2407 c.c.. Intervento al seminario di studio della Direzione di Giur. comm. tenutosi a Bologna il 22 novembre 2025, in Giur. comm., 2025 (in corso di pubblicazione), passim; C. Celotti, Le polizze per la responsabilità civile professionale dei sindaci e revisori: accorgimenti in fase di stipula e in caso di danno, in Società, contr., bil. e rev., 2024, 96 ss..
[17] Cfr. P.L. Morara e F. Vella, Società di capitali, cit., 3; G. Guizzi, Lobbying, cit., 251 ss., il quale illustra le ragioni che rendono la limitazione di responsabilità irragionevole e oggettivamente non giustificata e sostiene che – dunque – tale limitazione sembra semplicemente voler assecondare richieste di una categoria professionale, incurante della grave aporia sistematica cui la nuova norma conduce.
[18] Cfr. N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo art. 2407 c.c., cit., passim;passim; G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci. Riflessioni ad una prima lettura, in Società, contr., bil. e rev., 2025, 6 ss.; G.A. Policaro, Verso una differente configurazione delle responsabilità per i sindaci?, in Nuovo dir. soc., 2024, 906 ss.; R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci alla luce del novellato art. 2407 c.c., in Ristrutturazioni Aziendali, 7 aprile 2025, 1 ss.; P.L. Morara e F. Vella, Società di capitali, cit., 3; G. Guizzi, Lobbying, cit., 251 ss.
[19] Cfr. B. Inzitari, Limitazione della responsabilità dei sindaci secondo il nuovo art. 2407 c.c. ed obblighi di segnalazione nel codice della crisi, in Dir. fall., 2025, 446 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci, cit., 6 ss.; G.A. Policaro, Verso una differente configurazione delle responsabilità per i sindaci?, cit., 906 ss.; R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci, cit., 1 ss.; P.L. Morara e F. Vella, Società di capitali, cit., 3; G. Guizzi, Lobbying, cit., 251 ss.
[20] Cfr. N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; E. Fregonara, I nuovi (labili) confini della responsabilità dei sindaci, e i revisori?, in Giur. it., 2025, 1809 ss.; R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci, cit., 1 ss.; P.L. Morara e F. Vella, Società di capitali, cit., 3; G. Guizzi, Lobbying, cit., 251 ss.
[21] Cfr. N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci, cit., 6 ss.; G.A. Policaro, Verso una differente configurazione delle responsabilità per i sindaci?, cit., 906 ss.; L. Benedetti, La nuova responsabilità dei membri del collegio sindacale: alcune prime considerazioni sistematiche, in Diritto della crisi, 23 giugno 2025, 1 ss.; P.L. Morara e F. Vella, Società di capitali, cit., 3.
[22] Cfr. S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo art. 2407 c.c., cit., passim; R. R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci, cit., 1 ss.; L. Benedetti, La nuova responsabilità, cit., 1 ss.; S. Fortunato, La nuova responsabilità dei sindaci. Intervento al seminario di studio della Direzione di Giur. comm. tenutosi a Bologna il 22 novembre 2025, in Giur. comm., 2025 (in corso di pubblicazione), passim.
[23] Cfr. N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo art. 2407 c.c., cit., passim; R. R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci, cit., 1 ss.; L. Benedetti, La nuova responsabilità, cit., 1 ss.; S. Fortunato, La nuova responsabilità dei sindaci, cit., passim.
[24] Cfr. S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo art. 2407 c.c., cit., passim; R. R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci, cit., 1 ss.; L. Benedetti, La nuova responsabilità, cit., 1 ss.; S. Fortunato, La nuova responsabilità dei sindaci, cit., passim.
[25] Cfr. N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo art. 2407 c.c., cit., passim; S. Ambrosini, Vincolo di solidarietà, danno risarcibile e prescrizione nel nuovo art. 2407 c.c., in Le Società, 2025, 655 ss.; R. R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci, cit., 1 ss.; L. Benedetti, La nuova responsabilità, cit., 1 ss.; S. Fortunato, La nuova responsabilità dei sindaci, cit., passim; M. Spiotta, Responsabilità e prevenzione: un parallelismo tra il riformato art. 2407 c.c. e gli artt. 1913-1915 c.c., in Dir. fall., 2025, 890 ss.; F. Sudiero, La responsabilità solidale dei sindaci è stata davvero eliminata? Primissime (ma non proprio istintive) riflessioni, in Ristrutturazioni Aziendali, 19 marzo 2025, 4.
[26] Cfr. S. Fortunato, La nuova responsabilità dei sindaci, cit., passim; E. Fregonara, I nuovi (labili) confini della responsabilità dei sindaci, e i revisori?, cit., 1809 ss..
[27] Cfr. S. Ambrosini, Vincolo di solidarietà, danno risarcibile e prescrizione nel nuovo art. 2407 c.c., cit., 655 ss.; M. Spiotta, Responsabilità e prevenzione: un parallelismo tra il riformato art. 2407 c.c. e gli artt. 1913-1915 c.c., in Dir. fall., 2025, 890 ss.;S. Fortunato, La nuova responsabilità dei sindaci, cit., passim; G.A. Policaro, Verso una differente configurazione delle responsabilità per i sindaci?, cit., 906 ss..
[28] Cfr. N. Abriani, Sulla riforma dell'art. 2407 c.c., cit., 6 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit., 1 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo art. 2407 c.c., cit., passim; R. R. Del Porto, Brevi note in tema di responsabilità dei sindaci, cit., 1 ss.; L. Benedetti, La nuova responsabilità, cit., 1 ss.; S. Fortunato, La nuova responsabilità dei sindaci, cit., passim; N. Abriani e C. Bauco, Ancora sulla riforma dell'art. 2407 c.c.. Nota a Trib. Bari, 24 aprile 2025, in Società, contr., bil. e rev., 2025, 45 ss.; O. Checchia e A. Cacciapuoti, La giurisprudenza di merito affronta il tema della retroattività dell'art. 2407, comma 2, c.c.: alcune osservazioni di carattere interpretativo. Nota a Trib. Bari, 24 aprile 2025, in Dir. fall., 2025, 734 ss..
[29] Sul punto, cfr. C. Goodhart et al., The Rationale for Regulation, in Financial Regulation. Why, How and Where Now, a cura di C. Goodhart et al., London, 1998, 10 ss.; R. Posner, Economic Analysis of Law, Chicago, 1972, passim; M. Onado, Mercati e intermediari finanziari. Economia e regolamentazione 4, Bologna, 2016, 41 ss.; G. Zadra, Strutture e regolamentazione del mercato mobiliare 2, Milano, 1995, 26 ss..
[30] In letteratura, è noto infatti come – con la progressiva diffusione dell’azionariato – i soci di minoranza tendano a prendere atto della altrettanto progressiva irrilevanza delle proprie opinioni e dei voti espressi nelle riunioni assembleari e tendano allora a disertare le assemblee, generando fenomeni di assenteismo e di c.d. apatia razionale; i soci di minoranza tendono cioè a diventare interessati esclusivamente alla remunerazione del proprio investimento, configurandosi in tal modo come sostanziali soci finanziatori dell’impresa e quindi come soci di risparmio o – appunto – come soci risparmiatori. Sulla formazione della categoria dei soci risparmiatori e sul fenomeno della loro c.d. apatia razionale verso la gestione della cosa sociale, si veda R. Weigmann, voce Società per azioni, in Digesto IV edizione delle discipline privatistiche. Sezione commerciale, Torino, 1997, 370 ss.. Sugli effetti della dispersione dell’azionariato, si veda invece A.A. Berle e G.M. Means, The Modern Corporation and Private Property, New York, 1932, 19 ss.; S.J. Grossman e O.D. Hart, The Costs and Benefits of Ownership: A Theory of Vertical and Lateral Integration, in J. Pol. Econ., 1986, 691 ss.; J.C. Coffee Jr, The Rise of Dispersed Ownership: the Roles of Law and the State in the Separation of Ownership and Control, in Yale L. J., 2001, 1 ss.; E.F. Fama e M.C. Jensen, Separation of Ownership and Control, in J. L. Econ., 1983, 301 ss..