Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Giurisprudenza

Crediti postergati e compensazione: le conclusioni del Procuratore De Matteis.


* * *
Articolo

Di alcune possibili modifiche al disegno di legge n. 2371 relativo alla conversione del decreto 24 agosto 2021, n. 118, sulla disciplina della crisi di impresa


Rolandino Guidotti

Data pubblicazione
05 ottobre 2021

Scarica PDF

Articoli

TORNA INDIETRO

Sommario: 1. Premessa. - 2. La disciplina della composizione negoziata per la risoluzione della crisi (art. 2). - 3. Momento iniziale di accesso al percorso (art. 2). 4. Momento finale di accesso al percorso. - 5. Istituzione della piattaforma telematica nazionale e nomina dell’esperto (art. 3). - 6. La responsabilità dell’esperto, i requisiti per la nomina (art. 3) e l’indipendenza (art. 4). - 7. L’accesso alla composizione negoziata della crisi (art. 5). - 8. Procedimento relativo alle misure protettive e cautelari (art. 7). – 9. Sospensione degli obblighi di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. (art. 8). - 10. Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 18) - 11. Le proposte concorrenti di concordato preventivo. – 12. Limiti all’accesso alla composizione negoziata (art. 23). – 13 – Nota conclusiva (ancora ovviamente provvisoria).


1. Premessa

Queste note, che hanno ad oggetto le possibili modifiche al provvedimento, riguardano solo il Capo I (art. 1 – 23) del decreto in corso di conversione, capo che si occupa delle misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della Crisi (c.c.i.) ([1]).

Il provvedimento ha colto nel segno ([2]) con riferimento a quanto necessario in questo periodo storico alle nostre imprese ([3]).

Il decreto ha già provocato un acceso dibattito dottrinale che forse non ha messo sufficientemente in luce il fatto che correttamente il legislatore della novella ha opportunamente “smarcato” l’impresa agricola dalla parte del diritto della crisi d’impresa approntato per il debitore civile, nonostante il fenomeno della progressiva industrializzazione al quale si assiste da tempo con riferimento a tale tipo di impresa ([4]).

La chiarezza della struttura del provvedimento ([5]), e degli intenti che si propone di perseguire, aiuteranno in futuro nella interpretazione delle norme anche alla luce della Direttiva (UE) 2019/1023 (pur non essendo ancora scaduto il termine per il suo recepimento) ([6]).

Sono consapevole che il provvedimento ([7]) non vada eccessivamente appesantito con disposizioni di dettaglio, ma ipotizzo possano essere apportate, in sede di conversione, alcune modifiche ([8]).

In questi giorni il dibattito è aperto e, nel momento in cui si scrive, da qualche giorno un quotidiano economico nazionale ha dato notizia della bozza degli emendamenti che sono stati trasmessi dal Ministero della Giustizia ([9]) che riguardano una serie di norme: gli emendamenti non “snaturano” il provvedimento, si tratta di “limature”; anche di una buona parte delle possibili modifiche appena citate si dirà nel seguito.

Quale ultima premessa va segnalata la pubblicazione del Decreto Dirigenziale del Direttore degli Affari Interni del Ministero della Giustizia in data 28 settembre 2021.

Questo scritto non ha alcuna pretesa di completezza e di sistematicità ma si occupa solo di alcune delle regole di funzionamento dei nuovi istituti.

 

2. La disciplina della composizione negoziata per la risoluzione della crisi (art. 2)

Il percorso (della composizione negoziata della risoluzione della crisi) è pensato come stragiudiziale, riservato e volontario ed allo stato delle cose è nella disponibilità del debitore.

È prevista solo (all’art. 15) la possibilità dell’organo di controllo di segnalare all’organo amministrativo, per iscritto, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto ([10]).

È da chiedersi se non sia possibile immaginare anche per i creditori la possibilità di “provocare” l’imprenditore ad accedere al percorso disegnato dal provvedimento ([11]), tramite un invito formale al debitore, una sorta “di diffida” ad affrontare la situazione.

Una diffida, che non abbia nessuna evidenza esterna immediata, potrebbe essere particolarmente utile per tutte quelle entità prive dell’organo di controllo.

Al creditore, in caso di inadempimento dell’imprenditore che si trovi nelle condizioni previste dalla legge - di cui si dirà subito dopo - e / o anche solo di mancata risposta motivata del debitore, potrebbe essere poi attribuito un vantaggio processuale nel recupero del suo credito.

 

3. Momento iniziale di accesso al percorso (art. 2)

La norma (art. 2, comma 1°) prevede oggi che «[l’]imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizione di squilibrio patrimoniale o economico - finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere al segretario della camera di commercio [..] la nomina di un esperto indipendente [..]».

Si è scelta quindi una definizione diversa da quella utilizzata – e di recente modificata – dal Codice della Crisi che si esprime, quando descrive la crisi, all’art. 2, comma 1°, lett. a) in termini di «stato di squilibrio economico - finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate».

Non è opportuno soffermarsi sul sintagma di “squilibrio patrimoniale o economico - finanziario” che si presta ad essere ben definito e perimetrato dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, anche con riferimento alle eventuali differenze dalla definizione contenuta nel Codice della Crisi relativa al concetto di crisi di cui si è detto sopra.

Con riferimento al momento iniziale al quale si può far accesso al percorso è da chiedersi però se non sia il caso di anticipare detto momento con l’indicazione nella norma di nuovo conio dell’espressione «rendere possibile la crisi o l’insolvenza», il che permetterebbe di arretrare ulteriormente il momento in cui l’impresa può avere accesso al percorso disegnato dal legislatore.

La modifica proposta non pare avere controindicazioni in considerazione della riservatezza che il dettato legislativo permette; non dovrebbe quindi creare problemi reputazionali all’impresa che si sottopone all’esame dell’esperto che valuterà quindi anche se intervenire o meno.

Su questa Rivista, sono stati pubblicati possibili emendamenti a varie norme del provvedimento in esame, a quanto consta, provenienti dal Ministero della Giustizia ([12]), tra i quali uno riguarda proprio l’art. 2 che dovrebbe in futuro veder sostituite le parole «in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza» con quelle «in stato di crisi o in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che la rendono probabile».

Nella bozza di relazione tecnica si legge che la modifica si limita ad eliminare il riferimento all’insolvenza in quanto concetto già ricompreso in quello di crisi; si tratta di una variazione che riprende la tecnica legislativa di cui all’art. 160 l. fall., ma che non impedisce, di per sé, il cambiamento dell’espressione mutandola in «rendono possibile» (la crisi) ([13]).

 

4. Momento finale di accesso al percorso

Sarebbe inoltre opportuno che la legge di conversione prevedesse (o nell’art. 2 o nell’art. 23) non solo il momento iniziale nel quale si può accedere al percorso, ma anche quello finale (che dovrebbe essere il momento in cui è dichiarato il fallimento o si accede ad altra procedura e / o istituto tra quelli previsti in materia).

Questa modifica potrebbe aiutare a scongiurare il rischio che la giurisprudenza depotenzi la riforma nel momento in cui l’imprenditore chiederà di accedere al concordato semplificato di cui all’art. 18: per evitare che il tribunale affermi - invocando l’abuso dello strumento concordatario - che si è transitati dalla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa solo per beneficiare della nuova procedura concorsuale e non soggiacere alla regola del 20% e della necessità del voto espresso, oltre ai costi dell’attestazione; che si è transitati, in altre parole, dal percorso della composizione negoziata senza ve ne fossero i presupposti con la conseguente dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato semplificato.

 

5. Istituzione della piattaforma telematica nazionale e nomina dell’esperto (art. 3)

Il decreto prevede l’istituzione degli albi presso la camera di commercio di ciascun capoluogo di regione - e delle provincie di Trento e Bolzano - di esperti che devono dimostrare anche il possesso di specifica formazione il cui contenuto è definito nel dettaglio dal decreto del Ministero della Giustizia di cui si è già detto sopra ([14]).

Posto che la nomina dell’esperto può avvenire anche al di fuori dell’ambito regionale (art. 3, comma 7°), andrebbe chiarito se gli esperti nel presentare la domanda ai sensi dell’art. 3, comma 5°, di iscrizione all’albo possano - o meno - chiedere anche l’iscrizione in albi di altre regioni e non solo a quello del loro luogo di residenza o di iscrizione all’ordine professionale: in una parola se ciascun esperto possa essere iscritto in più albi. Che la nomina dell’esperto avvenga fuori dall’ambito regionale è soluzione da caldeggiare e agevolare per evitare situazioni di latente conflitto di interessi ([15]).

Il decreto così come oggi declinato sembra prevedere la nomina di un solo esperto (v. anche art. 13).

In sede di conversione andrebbe valutata la possibilità di nomina di un collegio di tre esperti per le imprese di maggiori dimensioni, così come accade nelle amministrazioni straordinarie e per le procedure fallimentari maggiori. Ovviamente bisognerebbe pensare a dei criteri oggettivi che permettano la possibilità di nomina di tre esperti (e adattare la disciplina dei compensi). L’assenza di detta previsione sembra pregiudicare, di fatto, la possibilità di accesso al percorso alle realtà maggiori.

 

6. La responsabilità dell’esperto, i requisiti per la nomina (art. 3) e l’indipendenza (art. 4)

La disciplina lascia aperto il problema della responsabilità dell’esperto.

Il tema non riveste solo importanza sistematica ma pare opportuna disposizione apposita ed espressa al fine di perimetrare detta responsabilità e permettere ai professionisti maggiormente competenti di accettare gli incarichi e quindi creare un sistema virtuoso.

Ovviamente il successo dell’istituto dipenderà anche dall’accettazione del ruolo di esperti ([16]) di professionisti con particolari capacità anche tecniche che saranno maggiormente invogliate ad iscriversi all’albo e / o accettare gli incarichi ove le loro responsabilità siano chiaramente delineate.

L’opportunità di disciplinare la responsabilità dell’esperto nasce quindi non solo da ragioni di ordine teorico.

All’art. 3, comma 3°, andrebbe introdotto anche per i dottori commercialisti il requisito di «aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa»; non è giustificata la differenza di trattamento con gli avvocati, professionisti per i quali è richiesto il requisito di cui sopra, in considerazione del fatto che i dottori commercialisti non necessariamente hanno le competenze per svolgere l’incarico di esperto.

Manca inoltre completamente la disciplina della eventuale possibilità sostituzione dell’esperto, per il caso in cui lo stesso risulti inadatto al compito che gli è stato assegnato.

Tra i possibili emendamenti di cui si detto sopra del Ministero della Giustizia ([17]) ve ne sono alcuni rivolti ad incrementare – intervenendo sull’art. 4 – la terzietà e l’indipendenza dell’esperto specificando che lo stesso non possa intrattenere successivamente rapporti professionali con l’imprenditore se non siano decorsi almeno due anni dall’archiviazione della composizione negoziata e l’ulteriore specificazione in forza della quale l’esperto è terzo rispetto a tutte le parti; entrambe le specificazioni sono opportune e meritano di essere inserite nel provvedimento ma, all’evidenza, non affrontano  e risolvono il problema della responsabilità dell’esperto stesso.

 

7. L’accesso alla composizione negoziata della crisi (art. 5)

Nell’art. 5 - così come nelle norme successive dedicate al concordato semplificato - sarebbe opportuno disciplinare anche, ove possibile, il compenso dei professionisti che assistono l’imprenditore essendo noti i “contrasti” che sorgono sotto questo aspetto nella fase giudiziale delle procedure e che spesso contribuiscono, anche se non in modo manifesto, a decretarne l’insuccesso.

Del tema negli emendamenti di cui si è detto sopra non v’è traccia ([18]); per la disposizione di cui all’art. 5 va evidenziato l’accoglimento della proposta di prevedere il divieto di accedere al nuovo percorso anche per il caso di deposito di domanda di pre-accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182 bis, comma 6°, l. fall., divieto ovviamente da coordinare con una nuova formulazione anche dell’art. 23 di cui si dirà nel seguito (§ 12).

 

8. Procedimento relativo alle misure protettive e cautelari (art. 7)

Analogamente a quanto dispone l’art. 55, comma 3°, c.c.i., nel procedimento relativo alle misure protettive e cautelari (art. 7) è previsto che gli effetti protettivi di cui all’art. 6, comma 1°, cessino anche se il tribunale non fissi l’udienza, entro dieci giorni dal deposito del ricorso, per la conferma, revoca o modifica delle misure protettive (art. 7, comma 3°, ultima parte, dove si prevede espressamente che: «[g]li effetti protettivi prodotti ai sensi dell’art. 6, comma 1°, cessano altresì se, nel termine di cui al primo periodo, il giudice non provvede alla fissazione dell’udienza»).

Si tratta di periodo che andrebbe abrogato non essendo plausibile che le conseguenze dell’eventuale omissione da parte dell’Autorità Giudiziaria si ripercuotano sul debitore che propone l’istanza tempestivamente.

 

9. Sospensione degli obblighi di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. (art. 8)

L’art. 8 del decreto rimette all’imprenditore la volontà di dichiarare - o meno - con l’istanza con la quale richiede l’adozione di misure protettive (di cui all’art. 6, comma 1°) di volersi avvalere della possibilità di disapplicazione temporanea della regola del c.d. “ricapitalizza o liquida”, così come già prevede anche l’art. 20 c.c.i. ([19]).

L’imprenditore può affermare quindi - dalla pubblicazione dell’istanza e fino alla conclusione delle trattative o ovviamente dell’archiviazione dell’istanza stessa - che vuole non si applichino gli artt. 2446, comma 2° e 3°, 2447, 2482 bis, commi 4°, 5° e 6°, e 2482 ter c.c.

È prevista poi espressamente la possibilità di chiedere anche la disapplicazione della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, comma 1°, n. 4) e dell’art. 2545 duodecies c.c.

Di per sé la soluzione indicata non è concettualmente nuova, anzi la si conosce già per essere stata adottata - seppure in contesti parzialmente diversi tra loro - sia nella legge fallimentare, sia nel Codice della Crisi, sia nella normativa emergenziale.

Nel decreto che si commenta la soluzione è pensata come beneficio (non automatico) dell’accesso al percorso.

Ciò che c’è di nuovo oggi è che l’effetto non discende automaticamente - come ben avrebbe potuto essere - dall’istanza di cui all’art. 6, comma 1°, ma è rimessa alla volontà dell’imprenditore la decisione di chiedere la disattivazione (o meno) delle regole di cui sopra.

Dalla lettura della norma - così come oggi formulata nel decreto - sembra che la sospensione, a seguito della dichiarazione, venga meno solo a seguito dell’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata o della conclusione delle trattative; che quindi non ci sia la possibilità del tribunale di intervenire medio tempore sul punto.

Nella proposta di emendamenti del Ministero della Giustizia di cui si è dato atto sopra ([20]) la norma si ipotizza venga sostituita con disposizione di analogo tenore ([21]).

Si tratta – lo si legge anche nella Relazione tecnica alla proposta di emendamento – di una disposizione del tutto analoga nella sostanza a quella precedente che conferma l’opinione di cui sopra, ovvero che la sospensione non è soggetta a conferma da parte del tribunale a differenza delle altre misure protettive e si tratta di previsione nella piena disponibilità del debitore.

Non si è quindi pensato alternativamente:

-                     né ad un meccanismo automatico nel momento in cui si chiedano le misure protettive di cui all’art. 6 (indipendentemente dalla dichiarazione della parte);

-                     né ad una successiva verifica del tribunale sul punto (ai sensi dell’art. 7 del decreto).

La norma andrebbe, in ogni caso, integrata prevedendo la possibilità per l’imprenditore di dichiarare di voler disapplicare l’art. 2484, comma 1°, n. 2), c.c. dove dispone che la società si scioglie per la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale; il tutto nel timore che possa trovare applicazione giurisprudenziale la tesi - che si sta affermando, pur non essendo condivisibile - secondo cui il venir meno della continuità aziendale concretizza un aspetto di quest’ultima causa di scioglimento ([22]).

La norma sia nella versione attuale, sia in quella di cui si è dato atto in nota quale proposta di modifica ([23]), non esonera gli amministratori dal convocare l’assemblea nelle situazioni di perdita del capitale superiore al terzo: resta quindi ferma la necessità di informare i soci in merito a quanto sta accadendo.

 

10. Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 18)

La disciplina di questa procedura pare non essere coerente. Al comma 3° si prevede che il tribunale, valutata la ritualità della proposta di concordato, acquisisce la relazione finale dell’esperto ed un suo parere «con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte» e nomina un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c. e quanto disposto successivamente.

Al comma 4°, quando si disciplina la comunicazione al ceto creditorio, si dispone che la stessa debba avere ad oggetto la proposta, il parere dell’ausiliario – medio tempore acquisito dal tribunale – e la sola relazione finale dell’esperto.

Sembrerebbe quindi omessa la comunicazione del parere dell’esperto con particolare riferimento ai risultati della liquidazione, ovvero al documento che maggiormente interessa il ceto creditorio per le sue valutazioni.

Si ipotizza quindi che il comma 4° possa essere integrato con la comunicazione al ceto creditorio anche del parere dell’esperto relativo ai presumibili risultati della liquidazione.

Correttamente oggi la proposta di emendamento del Ministero della Giustizia ([24]) prevede l’appena ipotizzata modifica al comma 4° e aggiunge la necessità che all’ausiliario di cui all’art. 68 c.p.c. venga assegnato un termine da parte del tribunale per il deposito del suo parere ([25]).

 

11. Le proposte concorrenti di concordato

Più in generale, sempre con riferimento alla disciplina del concordato semplificato, preme qui ribadire, pur nella consapevolezza che sarà improbabile che una istanza di questo tipo possa essere accolta in sede di conversione, come allo stato della stesura delle norme le stesse non sono compatibili con la disciplina delle proposte concorrenti di cui all’art. 163, comma 4°, l. fall., e all’art. 90 c.c.i. ([26]), in considerazione del fatto che, tra l’altro ma non solo, manca la fase del voto.

Basterebbe però pensare - in sede di conversione - ad una disposizione che lasci al tribunale la valutazione di quale sia la proposta che assicuri maggior utilità a ciascun creditore e fissare un termine per la loro proposizione di dieci giorni antecedente all’udienza di omologa.

Prevedendo poi, ovviamente per il solo caso di effettiva presentazione, lo spostamento dell’udienza di omologa a diversa data e la riapertura del termine per le opposizioni e le osservazioni di tutti gli interessati (ivi compresi ovviamente i creditori) alle varie proposte affinché il tribunale possa fare le valutazioni del caso e scegliere quella più conveniente.


Non c’è dubbio che l’aumento dei meccanismi competitivi all’interno del concordato preventivo, come in altri contesti, non possano che rendere maggiormente virtuosi i meccanismi di risanamento; il tutto ovviamente nell’ottica della massimizzazione della recovery dei creditori concorsuali.

 

12. Limiti di accesso alla composizione negoziata (art. 23)


All’art. 23 del decreto si dispone che l’istanza di composizione negoziata della crisi, non possa essere presentata dall’imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o con ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, anche con riserva (art. 23, comma 2°).

Si tratta di un “presupposto negativo” che condiziona l’accesso al percorso della composizione negoziata della crisi; l’esistenza di questo presupposto negativo dovrà essere dichiarato dall’imprenditore nel momento in cui chiede l’accesso al percorso di risanamento.

Allo stato delle cose appare incerta l’interpretazione della norma con riferimento al fatto che non prevede il divieto di accedere al nuovo percorso nell’ipotesi in cui sia già stata depositata una istanza di pre-accordo di ristrutturazione dei debiti.

È opportuno che, in sede di conversione del decreto, la disposizione di cui al art. 23, comma 2°, sia ulteriormente dettagliata: o prevedendo l’improcedibilità anche per il caso di contestuale pendenza di pre-accordo di ristrutturazione dei debiti, o disciplinando la “convivenza” - se ritenuta ammissibile - dei due “percorsi”.

La disparità di trattamento tra pre-concordato (art. art. 161, comma 6°, l. fall.) e pre-accordo di ristrutturazione (art. 182 bis, comma 6°, l. fall.) sembra difficilmente giustificabile anche in considerazione del meccanismo della c.d. “passarella” (art. 182 bis, u.c., l. fall.).

In quest’ottica si muove anche l’emendamento proposto alla disposizione in esame dal Ministero della Giustizia ([27]) ove si propone semplicemente di impedire l’accesso alla composizione negoziata anche per il caso di deposito di ricorso per pre-accordo di ristrutturazione (art. 182 bis, comma 6°, l. fall.); non è prevista quindi la “convivenza” dei due istituti.

 

13. Nota conclusiva (ancora ovviamente provvisoria)

In conclusione è possibile dire che lo scenario è nuovo e interessante; e tanto anche in considerazione del fatto che il mutamento del clima culturale ([28]) sembra propizio anche ad una rivisitazione della disciplina della bancarotta ([29]) per adeguare le norme penali al nuovo contesto.

Il provvedimento legislativo sembra quindi destinato non solo a perseguire il fine che il legislatore si è proposto, ovvero il risanamento efficiente dell’impresa, nella convinzione che questa sia la miglior alternativa possibile per i creditori, ma anche a far ripensare, sia consentita l’espressione, “all’impostazione logica” dell’ultima legislazione in materia concorsuale caratterizza da una serie di “eccessi” che rischiavano di condurre ad un risultato molto diverso da quello che ci si era proposti di perseguire ([30]).

Il “cantiere” delle riforme è destinato a rimanere aperto presumibilmente per un periodo di tempo non breve.

Il confronto sarà acceso e costruttivo, ma questo non può che essere un dato da valutare positivamente perché «il vero diritto nasce dalle critiche» ([31]).

 



([1]) In argomento: S. Ambrosini, Il (doppio) rinvio del CCI: quando si scrive “differimento” e si legge “ripensamento”, in questa Rivista, 22 settembre 2021.

([2]) Nello stesso senso S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal d.l. 118 del 2021, in dirittodellacrisi.it, 28 settembre 2021, p. 20 dove si afferma che le nuove norme sono «una risposta al presente»; in questo ordine di idee, da ultimo, anche A. Jorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma, ivi, 1° ottobre 2021.

([3]) Contra P. Liccardo, Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive, in giustiziainsieme.it, 7 settembre 2021; si vedano anche le critiche al provvedimento nel suo complesso di D. Galletti, È arrivato il venticello della controriforma? Così è se vi pare, in ilfallimentarista.it, 27 luglio 2021; Id., Breve storia di una (contro)riforma “annunciata”, ivi, 1° settembre 2021, e le repliche di M. Fabiani, La proposta della Commissione Pagni all’esame del Governo: valori, obiettivi, strumenti, in dirittodellacrisi.it, 2 agosto 2021, e di A. Farolfi, Le novità del d.l. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, ivi, 6 settembre 2021.

([4]) Alla possibilità di accesso agli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis l. fall.) è, allo stato, affiancata la possibilità – già prevista dalla l. n. 3 del 2012 nella versione originaria – di utilizzare le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento; estensione confermata anche dal Codice della Crisi e da ultimo dalla recente modica alla legge sopra citata del 2012 ad opera della l. 18 dicembre 2020, n. 176; in argomento, da ultimo, M. Irrera, S. Cerrato e F. Pasquariello (a cura di), La nuova disciplina del sovraindebitamento, Bologna, 2021.

([5]) Sulla quale si v. R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in questa Rivista, 8 settembre 2021; S. Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, ivi, 23 agosto 2021; Id., Il concordato semplificato: primi appunti, ivi, 23 settembre 2021.

([6]) Sulla direttiva: G. McCormack, The European Restructuring Directive, Cheltenham, UK, 2021.

([7]) In argomento si consulti, tra gli altri, il contributo di L. Panzani, Il d.l. “Pagni” ovvero la lezione positiva del covid, in dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021.

([8]) Suggerisce l’estensione del cram down fiscale anche alla composizione negoziata della crisi: F. Santangeli, Il d.l. 118/2021. Spunti per la conversione, in dirittodellacrisi.it, 21 settembre 2021, p. 3.

([9]) Si veda il Il Sole 24 Ore del 25 settembre 2021, p. 26 ove anche una sintesi degli emendamenti.

([10]) Sul ruolo dell’organo di controllo nel nuovo contesto si v. S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata, cit., p. 14 ss.

([11]) Di recente ha invece ripreso la tesi della legittimazione del terzo a presentare la domanda di concordato preventivo: S. Ambrosini, L’emersione tempestiva della crisi e il concordato preventivo del terzo: dall’idea del “progetto Rordorf” alle previsioni del legislatore europeo, in questa Rivista, 27 giugno 2021; la proposta del terzo va tenuta ben distinta la disciplina delle proposte concorrenti sulle quali si possono consultare, tra gli altri, N. Abriani, Sulla legittimazione alla presentazione della proposta concorrente di concordato preventivo, in dirittodellacrisi.it, 14 giugno 2021, ove ulteriori riferimenti, e precedentemente, se si vuole, R. Guidotti, Misure urgenti in materia fallimentare (d.l. 27 giugno 2015, n. 83), le modifiche alla disciplina del fallimento e le disposizioni dettate in tema di proposte concorrenti, in ilcaso.it, 24 luglio 2015, e, più di recente, Id., Arrangement with Creditors, Competing Plans and Competing Bids, in Int. Comp. and  Comm. Law Review, 2021, p. 32 ss.

([12]) E v., a cura della redazione, Gli emendamenti al d.l. 118/2021, 24 settembre 2021.

([13]) Della circostanza che si possa accedere al percorso anche in situazione di insolvenza v’è conferma nella proposta di modifica del Ministero della Giustizia all’art. 9, comma 1°, che si vorrebbe in futuro così declinato: «[n]el corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa. L’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. Quando nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell’imprenditore».

([14]) E v. ora al proposito il Decreto Dirigenziale del Direttore degli Affari Interni del Ministero della Giustizia in data 28 settembre 2021, sezione IV, rubricata appunto La formazione degli esperti.

([15]) Contra P. Liccardo, in occasione del dialogo a due voci con l’esponente su Il ruolo dei professionisti nella riforma del diritto della crisi d’impresa, tenutosi a Modena, il 16 settembre 2021 (la registrazione dell’evento è accessibile su gestiolex.it).

([16]) Su questa figura si v. P. Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto “facilitatore”, in questa Rivista, 30 settembre 2021.

([17]) E v. la nota n. 12.

([18]) E v. sempre la nota n. 12.

([19]) E v., in argomento, il contributo di R. Guidotti, nel volume di prossima pubblicazione per i tipi della Zanichelli a cura di M. Irrera, S. Cerrato e F. Pasquariello; e, se si vuole, precedentemente Id., Misure urgenti in materia fallimentare e societaria di contrasto al covid-19, in ilcaso.it, 6 maggio 2020, p. 7 ss. con riferimento al c.d. “d.l. Liquidità” ovvero al d.l. 8 aprile 2020, n. 23, poi convertito con l. 5 giugno 2020, n. 40. Quest’ultima norma è poi stata modificata dall’art. 1, comma 266, della l. 30 dicembre 2020, n. 178.

([20]) V. sempre la nota n. 12.

([21]) «[C]on l’istanza di nomina dell’esperto, o con dichiarazione successivamente presentata con le modalità di cui all’articolo 5, comma 1, l’imprenditore può dichiarare che, sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione  dell’istanza  di  composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482 - bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482 - ter del codice civile e la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4), e 2545 - duodecies del codice civile. A tal fine, l’istanza o la dichiarazione sono pubblicate nel registro delle imprese e gli effetti di cui al primo periodo decorrono dalla pubblicazione».

([22]) Sia consentito qui osservare come detta tesi non sia condivisibile perché la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, tra le altre cose, deve essere definitiva ed irreversibile per concretizzare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, comma 1°, n. 2), c.c. La perdita della continuità aziendale è, per contro, un giudizio prognostico (V. Calandra Buonaura, Amministratori e gestione dell’impresa nel Codice della crisi, in Giur. comm., 2020, I, p. 19 ss.) e può limitarsi ad un periodo limitato di tempo (come dimostra la pandemia); la perdita della continuità aziendale è tendenzialmente, in altre parole, per definizione, reversibile. Sotto diverso profilo, è già stato osservato che se viene meno la continuità aziendale non viene affatto meno lo scopo lucrativo perché è proprio la possibilità di far ricorso ad una procedura concorsuale che determina il permanere dell’interesse dei soci a beneficiare del plusvalore che la società sarà in grado di produrre una volta risanata (Id., L’amministrazione della società per azioni nel sistema tradizionale, Torino, 2019, p. 310; R. Guidotti, Le società con azioni quotateAlcune regole di funzionamento, Milano, 2021, p. XXII).

([23]) E v. la precedente nota n. 21.

([24]) E v. sempre nota n. 12.

([25]) In merito alla necessità di assegnare il termine all’ausiliario già: R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi, cit., p. 22.

([26]) R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi, cit., p. 24.

([27]) E v. sempre nota n. 12.

([28]) Cfr. per questo profilo già: S. Pacchi, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in questa Rivista, 9 agosto 2021.

([29]) Ne Il Sole 24 Ore del 29 settembre 2021 vi è la notizia della istituzione di Commissione per la riforma dei reati di bancarotta presieduta da R. Brichetti secondo il quale la disciplina attuale ha costruito le figure di reato in funzione dell’espulsione dell’impresa dal mercato, mentre l’attuale disciplina, e tanto a far tempo dal 2005 – 2006, ha come obiettivo diverso ovvero quello della conservazione dell’impresa; sulla necessità di intervenire sulla disciplina penale v. già, di recente, R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi, cit., p. 4 ss.; in argomento diffusamente S. Cavallini, La bancarotta patrimoniale tra legge fallimentare e codice dell’insolvenzaDisvalore di contesto e soluzioni negoziali della crisi nel sistema penale concorsuale, Milano, 2019.

([30]) E v. ora sul punto le osservazioni di A. Jorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti, cit., p. 5.

([31]) G. Cottino e R. Weigmann, Le società di persone, in G. Cottino e R. Weigmann (a cura di), Società di persone e consorzi, in G. Cottino (diretto da), Trattato di diritto commerciale, Padova, 2004, p. 13, nota n. 13.