Giurisprudenza

Misure protettive atipiche nei confronti del garante


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Documento

Relazione illustrativa allo schema di decreto-legge “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”


Data pubblicazione
11 agosto 2021

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Schema di decreto-legge recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia

Relazione illustrativa

Lo schema di decreto-legge in esame si compone di tre capi, contenenti rispettivamente “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale”,  “Ulteriori misure urgenti in materia di giustizia” e “Disposizioni transitorie”


 Il Capo I del presente schema interviene nella attuale situazione di generalizzata crisi economica causata dalla pandemia da SARS-CoV-2 per fornire alle imprese in difficoltà nuovi strumenti per prevenire l’insorgenza di situazioni di crisi o per affrontare e risolvere tutte quelle situazioni di squilibrio economico-patrimoniale che, pur rivelando l’esistenza di una crisi o di uno stato di insolvenza, appaiono reversibili.

Le difficoltà create alle imprese dall’emergenza sanitaria iniziata nei primi mesi del 2020 sono state in gran parte mitigate dai numerosi interventi di sostegno tramite i quali lo Stato, mediante regole che hanno temporaneamente modificato gli istituti del diritto societario e sostegni di tipo finanziario ed economico riconosciuti alle imprese, ha ridotto il peso della crisi sulle attività produttive.

La situazione è tuttavia destinata a mutare rapidamente posto che, da un lato, gli effetti della crisi economica si protrarranno per un lasso di tempo certamente non breve e, dall’altro, gli interventi pubblici di sostegno sono destinati ad esaurirsi e dunque non potranno, nel lungo periodo, contenere e risolvere i profondi mutamenti del tessuto socio-economico provocati dalle restrizioni collegate alla pandemia.

Molte delle imprese che non saranno in grado di garantire la propria continuità aziendale una volta venute meno tali misure non hanno, ad oggi, idonei mezzi o strumenti per analizzare e comprendere la situazione in cui si trovano né per evitare che la crisi degeneri in dissesto irreversibile. Tale constatazione è particolarmente evidente per le micro, piccole e medie imprese, che rappresentano il substrato del sistema produttivo nazionale e che possono essere efficacemente sostenute se le si accompagna in un processo di presa di coscienza della situazione aziendale esistente e delle soluzioni praticabili per prevenire la crisi o per raggiungere il risanamento aziendale in caso di crisi, o di insolvenza, già esistente.

In una tale cornice, l’imminente entrata in vigore del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 - originariamente fissata al 15.9.2020 e rinviata al 1° settembre 2021 dall’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 - non appare la soluzione più efficace rispetto alle attuali esigenze del sistema economico. La natura fortemente innovativa e la complessità dei meccanismi previsti dal Codice della crisi e dell’insolvenza - che pur prevede istituti per l’emersione precoce della crisi, come l’allerta interna ed esterna, e strumenti di soluzione negoziata della crisi, una disciplina organica dei piani attestati di risanamento, l’estensione della possibilità di ricorrere agli accordi di ristrutturazione dei debiti e il concordato minore per le imprese minori – non consentirebbero quella necessaria gradualità nella gestione della crisi che è richiesta dalla situazione determinata dalla pandemia e rischierebbero di creare incertezze e dubbi applicativi in un momento in cui si invoca, da più parti, la massima stabilità nella individuazione delle regole. Va peraltro sottolineato che il rinvio dell’allerta esterna disposto con l’articolo 5, comma 14, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, ha inciso in maniera rilevante sul complessivo impianto delineato del Codice della crisi d’impresa privandolo di una fase sulla quale sono stati pensati e costruiti altri istituti disciplinati dallo stesso Codice, tra i quali il concordato preventivo.

D’altro canto, l’aumento delle imprese in crisi o insolventi generato dalla crisi economica in atto non può essere gestito unicamente con gli istituti del regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267, vigenti. La legge fallimentare contiene infatti una disciplina risalente che, pur modificata dai numerosi interventi normativi susseguitisi nel tempo, è pensata e strutturata in relazione ad una situazione economica e industriale del tutto diversa dall’attuale. Essa inoltre, ruotando principalmente intorno agli istituti del concordato preventivo e del fallimento, non fornisce strumenti che incentivano l’emersione anticipata della crisi e, anzi, scoraggia l’imprenditore dal fare ricorso alle procedure in essa previste, aventi natura prevalentemente giudiziale. Senza considerare che il ricorso massiccio ad istituti concorsuali che impediscono il pagamento spontaneo dei creditori rischia di sottrarre risorse finanziarie al sistema delle imprese.

Mantenere la disciplina della legge fallimentare infine espone lo Stato italiano alla procedura di infrazione di cui agli articoli 258 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in quanto si tratta di normativa non in linea con la direttiva (UE) 2019/1023, del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza).

Le disposizioni della direttiva (UE) 2019/1023 devono essere recepite entro il termine del 17.7.2022 – prorogato su richiesta inoltrata alla Commissione europea ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, della medesima direttiva –, come previsto dalla legge 22 aprile 2021, n. 53, legge di delegazione europea 2019/2020.

A fronte dunque di una situazione in cui le possibili alternative per affrontare i dirompenti effetti prodotti dalla crisi economica in atto sono rappresentate dal Codice della crisi d’impresa o dagli istituti della legge fallimentare, è necessario intervenire, in via d’urgenza, con una disciplina che rinvii temporaneamente l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 14/2019 fornendo, nel contempo, agli imprenditori in difficoltà ulteriori strumenti, efficaci e meno onerosi, per il risanamento delle attività che rischiano di uscire dal mercato.

La data individuata per l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa, il 16 maggio 2022, tiene conto sia del termine entro il quale va recepita la direttiva summenzionata ma anche del disposto dell’articolo 31, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

Si tratta dunque del tempo necessario per la modifica di alcuni istituti ritenuti poco flessibili – che potrebbero portare a difficoltà applicative, soprattutto nell’attuale congiuntura economica – e per esercitare la delega conferita con la legge n. 53/2021 per il recepimento della disciplina comunitaria sui quadri di ristrutturazione.

In relazione al Titolo II del Codice della crisi d’impresa, concernente le procedure di allerta e la composizione assistita della crisi innanzi all’OCRI, il rinvio è fissato al 31.12.2023 per poter sperimentare l’efficienza e l’efficacia della composizione negoziata istituita con il presente decreto, rivedere i meccanismi di allerta contenuti nel Codice della crisi d’impresa e per allineare l’entrata in vigore dell’allerta esterna ai tempi di rinvio disposti con la modifica dell’articolo 15 dello stesso Codice disposta con il citato decreto-legge n. 41/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69/2021.

Proprio perché il mero rinvio del Codice della crisi d’impresa non è risolutivo, ad esso si affiancano due tipologie di interventi: l’introduzione di un nuovo strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, di tipo negoziale e stragiudiziale, e la modifica del regio decreto n. 267/1942 con l’anticipazione di alcune disposizioni dello stesso Codice ritenute utili ad affrontare la crisi economica in atto.

Il nuovo strumento è denominato “composizione negoziata della crisi”. Si tratta di un percorso più strutturato rispetto a quello previsto dal Codice della crisi d’impresa, adeguato alle mutate esigenze di cui si è detto e meno oneroso, con il quale si intende agevolare il risanamento di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa. Non vi sono requisiti dimensionali di accesso alla composizione negoziata, che è concepita con strumento utilizzabile da tutte le realtà imprenditoriali iscritte al registro delle imprese, comprese le società agricole.

La scelta compiuta è quella di affiancare all’imprenditore un esperto nel campo della ristrutturazione, terzo e indipendente e munito di specifiche competenze, al quale è affidato il compito di agevolare le trattative necessarie per il risanamento dell’impresa.

L’esperto dovrà acquisire una specifica formazione, secondo un percorso adeguato che sarà tratteggiato, come si dirà meglio di seguito, da un decreto dirigenziale che individuerà le materie di studio e la tipologia del docente; la formazione, nel rispetto delle linee indicate dallo stesso decreto, potrà essere gestita dagli ordini professionali, dalle università e, nel caso in cui gli esperti non siano iscritti ad albi professionali, dalle associazioni di riferimento.

Il percorso della composizione è esclusivamente di tipo volontario ed è dunque attivabile solo dalle imprese che decidono di farvi ricorso. E’ previsto che gli organi di controllo societari, in presenza di una situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, segnalino all’imprenditore l’esistenza dei presupposti per ricorrere alla composizione negoziata, dovere che rientra nella previsione dell’articolo 2403 del codice civile. La tempestiva segnalazione all’imprenditore diviene un elemento valutabile nell’ambito dell’eventuale futura azione esercitata nei loro confronti ai sensi dell’articolo 2407 del codice civile.

L’imprenditore in difficoltà, in crisi, o in stato di insolvenza reversibile, può decidere quindi di intraprendere un percorso, del tutto riservato finché non viene chiesta la concessione di misure protettive, chiedendo la nomina di un esperto indipendente che valuti lo stato dell’impresa e che lo assista nelle trattative da attivare per il buon esito della composizione negoziata (e, di conseguenza, per la ricerca delle possibili soluzioni di risanamento dell’attività). La negoziazione è, e resta, per tutta la durata del percorso, una prerogativa dell’imprenditore, che porta avanti le trattative personalmente, con l’eventuale ausilio dei propri consulenti.

La presenza dell’esperto non ha dunque lo scopo e la funzione di sostituire l’imprenditore nel dialogo con i suoi creditori o con le altre parti interessate ma serve a dare forza e credibilità alla posizione dell’impresa ed a rassicurare i creditori e le altre parti interessate. La figura terza ed indipendente dell’esperto, chiamato a verificare costantemente la funzionalità e utilità delle trattative rispetto al risanamento e l’assenza di atti pregiudizievoli per i creditori, conferisce alle trattative un elevato livello di sicurezza ed elimina il dubbio sull’esistenza di possibili atteggiamenti dilatori o poco trasparenti tenuti dalle parti coinvolte. La competenza nelle tecniche di facilitazione richiesta all’esperto agevolerà lo svolgimento di tali funzioni.

La natura riservata e stragiudiziale del percorso, che coinvolge il tribunale nelle specifiche ipotesi di cui si dirà di seguito, esclude gli effetti normalmente collegati alle procedure concorsuali. L’istanza di nomina dell’esperto non apre il concorso dei creditori e non determina alcuno spossessamento del patrimonio dell’imprenditore, il quale, pur essendo obbligato a garantire una gestione non pregiudizievole per i creditori ed in linea con gli obblighi previsti dall’articolo 2086 del codice civile, prosegue nella gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa e può eseguire pagamenti spontanei.

L’istanza di accesso alla composizione negoziata si presenta tramite una piattaforma unica nazionale accessibile dal sito della camera di commercio presso il cui registro delle imprese è iscritto l’imprenditore che la inoltra. Attraverso la piattaforma l’imprenditore, prima di entrare nel relativo percorso, ottiene tutte le informazioni utili sulla composizione negoziata, sulle modalità di attivazione del percorso e sui documenti da produrre con l’istanza di nomina dell’esperto.

Essa inoltre contiene un test pratico, con funzione di auto-diagnosi, utilizzabile anche in via preventiva rispetto al deposito dell’istanza, che consente a ciascuna impresa di verificare la situazione in cui si trova e l’effettiva perseguibilità del risanamento. L’inserimento di alcuni dati contabili nel test consente, in particolare, ad ogni impresa di comprendere, in modo semplice e rapido, la sostenibilità del debito accumulato tramite i flussi finanziari futuri e dunque la gravità dello squilibrio esistente e la sua eventuale reversibilità.

La nomina dell’esperto indipendente è affidata ad una commissione composta da tre membri che durano in carica due anni e che vengono designati dall’autorità giudiziaria, dal presidente della camera di commercio regionale e dal prefetto. L’esigenza di garantire la celerità della nomina è alla base della previsione dell’intervento, in via sostitutiva, del presidente della camera di commercio ove è costituita la commissione nei casi in cui quest’ultima non provveda tempestivamente. In particolare, se la nomina non interviene entro cinque giorni lavorativi dalla ricezione della comunicazione con la quale il segretario generale della camera di commercio del luogo in cui è registrata l’impresa istante informa la camera regionale della presentazione dell’istanza di nomina, l’esperto è designato, nei successivi due giorni lavorativi, dal presidente della camera di commercio regionale.

Al fine di agevolare le operazioni della commissione nella scelta dell’esperto più adatto a gestire la singola realtà imprenditoriale, è previsto che unitamente alla comunicazione della presentazione dell’istanza di nomina il segretario generale della camera di commercio di appartenenza dell’imprenditore istante trasmetta anche una nota sintetica contenente il volume d’affari, il numero dei dipendenti e il settore in cui opera l’impresa istante.

In coerenza con la natura stragiudiziale della composizione negoziata, la nomina avviene al di fuori degli uffici giudiziari e il percorso, che si apre con l’istanza di nomina dell’esperto, si conclude con il deposito della relazione finale con la quale l’esperto dà atto dell’attività compiuta e delle possibili soluzioni emerse all’esito delle trattative per il superamento delle condizioni di squilibrio in cui si trova l’impresa.  Il deposito della relazione porta all’archiviazione della composizione negoziata.

Al fine di consentire l’individuazione dell’esperto munito della professionalità e delle competenze necessarie rispetto alla singola impresa istante, al momento del deposito dell’istanza di nomina, l’imprenditore deve depositare una serie di documenti che, sostanzialmente, forniscono un quadro generale della situazione contabile e debitoria dell’impresa. Si tratta di documentazione utile anche all’esperto nominato in quanto gli consente di valutare con sollecitudine, sentito l’imprenditore, la ragionevole perseguibilità del risanamento e di avviare le trattative solo se le ritiene utili rispetto alle condizioni in cui versa l’impresa.

In particolare, l’esperto, dopo aver esaminato la documentazione prodotta con l’istanza e l’esito del test eseguito dall’imprenditore al momento dell’accesso alla procedura, lo convoca per valutare la situazione dell’attività e la perseguibilità del risanamento. In caso positivo, convoca i creditori e le altre parti interessate al risanamento per la ricerca delle possibili soluzioni o per prospettare loro le soluzioni individuate dall’imprenditore e ritenute percorribili dall’esperto stesso. Come in precedenza evidenziato, l’esperto non si sostituisce all’imprenditore ma lo affianca fornendogli la professionalità e le competenze necessarie per la ricerca di una soluzione della situazione di difficoltà dell’impresa e facilitando il dialogo con tutte le parti coinvolte nel processo di risanamento dell’impresa.

In ossequio alle indicazioni provenienti dalla direttiva (UE) 2019/1023, è prevista una procedura di informazione e consultazione sindacale, che si aggiunge a quelle già previste e disciplinate dall’ordinamento, da attivare ogni qual volta l’imprenditore intenda adottare determinazioni rilevanti che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori, anche solo per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni.

Va sottolineato ancora che la professionalità richiesta all’esperto è molto specifica e attiene strettamente alla ristrutturazione aziendale. Per tale motivo è previsto che la nomina debba avvenire tra i soggetti iscritti in elenchi formati presso ciascuna CCIAA del capoluogo di regione – oltre a quelle delle provincie autonome di Trento e di Bolzano – nel cui territorio si trova l’ufficio del registro delle imprese in cui è iscritta l’impresa istante e che l’iscrizione può essere richiesta solo da professionisti di esperienza o da altri soggetti muniti di competenze ben determinate.

Possono far parte dell’elenco innanzitutto gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, gli iscritti all’albo degli avvocati che, avendo la medesima anzianità di iscrizione prevista per i dottori commercialisti, documentino precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione, e, inoltre, i consulenti del lavoro che, oltre all’anzianità di iscrizione nell’ordine professionale di appartenenza di cinque anni, forniscano prova di avere preso parte, in almeno tre casi, a procedure di ristrutturazione portate a termine con successo. A queste categorie si affianca quella di coloro che, avendo gestito imprese nell’ambito di procedimenti di risanamento conclusi in maniera efficace, possono fornire il necessario supporto all’imprenditore in crisi avendo operato nel suo stesso settore o in settori similari che ne rendano utilizzabile l’esperienza e la professionalità acquisiti.

Altro indispensabile requisito di accesso all’elenco è costituito, come già detto, dalla formazione specifica nella materia della ristrutturazione aziendale e nelle tecniche di facilitazione e mediazione. Le caratteristiche ed il contenuto dettagliato di tale formazione, alla quale possono essere affiancati - quale ulteriore elemento di valutazione delle competenze del singolo professionista, ma senza sostituire la formazione specifica, necessariamente ritagliata sulle caratteristiche dello strumento che si va ad introdurre  - i percorsi formativi già seguiti dai professionisti che presenteranno domanda di iscrizione, saranno inseriti nel decreto dirigenziale adottato dal Ministero della giustizia previsto dall’articolo 5, comma 2, con il quale si intende garantire l’uniformità a livello nazionale della formazione stessa.

La gestione delle nomine è affidata alle commissioni di cui si è detto, costituite presso le camere di commercio regionali, che sono tenute a seguire criteri di rotazione e trasparenza e che, per dimostrare l’osservanza di tali criteri, devono pubblicare in apposita sezione dei rispettivi siti istituzionali gli incarichi conferiti a ciascun esperto ed i relativi curricula.

Le trattative hanno natura riservata proprio perché sono funzionali alla ricerca di una soluzione di risanamento e non a fornire ai creditori o al mercato informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’imprenditore. L’obbligo di riservatezza, affermato con forza insieme a quello di correttezza e buona fede, rappresenta un elemento essenziale per il successo della composizione negoziata e per la sua appetibilità. Tutte le parti coinvolte, dall’imprenditore, all’esperto, ai creditori, fino alle altre parti interessate, sono tenute a non divulgare le notizie sull’impresa apprese nel corso delle trattative ed a collaborare per assicurarne il regolare svolgimento.

Gli obblighi che gravano sulle parti che partecipano al percorso si traducono:

- per l’esperto, nel verificare, prima di accettare l’incarico, la propria indipendenza, il possesso delle competenze necessarie rispetto alla singola impresa e, infine, la possibilità di dedicare alle trattative il tempo indispensabile per il loro completo e idoneo svolgimento. Egli è obbligato ad operare in maniera riservata, terza e imparziale ed a portare avanti con sollecitudine le trattative per giungere, al termine dei centottanta giorni stabilito per la loro durata massima, ad una possibile soluzione;

- per l’imprenditore, nell’obbligo di rappresentare la propria situazione all’esperto ed alle altre parti in maniera completa e trasparente e nell’obbligo di gestire l’impresa in maniera tale da non arrecare ingiusto pregiudizio agli interessi dei creditori;

- per i creditori, nell’obbligo di riservatezza e nell’obbligo di collaborare attivamente lealmente durante le trattative fornendo, in tempo utile, le informazioni e le risposte che vengono loro richieste dall’imprenditore o dall’esperto in funzione delle trattative stesse e della loro prosecuzione.

Tale ultimo obbligo è previsto, in maniera ancora più esplicita, per gli istituti bancari e per gli intermediari finanziari in ragione del ruolo che normalmente essi ricoprono per il buon esito della negoziazione e al fine di evitare che il risanamento dell’impresa sia messo a rischio da comportamenti inerti o da una partecipazione poco sollecita alle trattative. E’ infatti noto che in una situazione di crisi o di difficoltà patrimoniale e finanziaria, la rapidità con la quale si interviene rappresenta la principale chiave per garantire il successo del tentativo di risanamento dell’impresa.

La violazione di tali obblighi da parte dei creditori può venire in rilievo nell’ambito delle eventuali azioni risarcitorie che, nel caso in cui il dissesto dell’impresa derivi da comportamenti omissivi ingiustificati o non corretti delle parti coinvolte nelle trattative, possono essere esercitate, ad esempio, dal curatore fallimentare. Va, sul punto, sottolineato che la composizione avvia un percorso negoziale solo se il risanamento è perseguibile e apre delle trattative nelle quali la situazione dell’impresa è rappresentata alle parti coinvolte in modo trasparente e leale, anche grazie alla presenza dell’esperto. Ne discende che se l’impresa non riesce a perseguire il risanamento e viene dichiarata fallita per la mancata collaborazione delle parti chiamate al tavolo delle trattative o, peggio ancora, per comportamenti ostruzionistici, le conseguenti responsabilità potranno essere oggetto di accertamento giudiziale.

Tornando al ruolo dell’esperto, va sottolineato che il suo intervento è più pregnante e incisivo in alcune ipotesi ed in particolare:

- quando, esaminata la documentazione e sentito l’imprenditore all’inizio del percorso, o anche durante le trattative, verifica che non vi sono concrete prospettive di risanamento, ipotesi in cui provoca l’archiviazione da parte dell’organo che lo ha nominato;

- quando, informato preventivamente dall’imprenditore del compimento di atti di straordinaria amministrazione o di pagamenti che non appaiono coerenti rispetto alle trattative, verifica che tali atti non siano pregiudizievoli per i creditori, per le trattative o per le prospettive di risanamento e, se li ritiene pregiudizievoli, segnala il proprio dissenso all’imprenditore. Il dissenso manifestato dall’esperto resta, in linea di principio, confidenziale, coerentemente con la natura riservata delle trattative, e nel caso in cui l’atto o il pagamento siano comunque eseguiti, è rimessa allo stesso esperto la decisione sull’opportunità di renderlo noto mediante pubblicazione nel registro delle imprese. Tale discrezionalità viene tuttavia meno nell’ipotesi di atto pregiudizievole per i creditori, ipotesi in presenza della quale la pubblicazione è obbligatoria in quanto risponde all’esigenza di informare i creditori del compimento dell’atto ritenuto dannoso;

- quando l’imprenditore ha fatto ricorso al tribunale in presenza di misure protettive o cautelari, l’esperto ne può ottenere la revoca, o l’abbreviazione rispetto al termine inizialmente concesso, segnalando al tribunale il fatto che le misure ottenute non sono funzionali al buon esito delle trattative o che comprimono in maniera sproporzionata i diritti e gli interessi dei creditori che le subiscono;

- se sottoscrive, unitamente all’imprenditore ed ai creditori, l’accordo raggiunto all’esito delle trattative, l’accordo produce gli effetti del piano attestato di risanamento di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) del regio decreto n. 267/1942 e la sua adesione produce gli stessi effetti dell’attestazione del professionista prevista dalla stessa norma.

Il ruolo dell’esperto, così come descritto, è rafforzato dalla disposizione che, ad eccezione delle ipotesi in cui è sentito dal tribunale nei procedimenti giurisdizionali attivati nel corso delle trattative, non consente di chiamarlo a deporre su quanto appreso o sull’attività svolta nell’esercizio delle sue funzioni ed estende alla sua funzione le disposizioni di cui agli articoli 200 e 103 del codice di procedura penale.

Nel percorso di composizione negoziata non vi è l’esigenza di ricorrere al tribunale posto che, come già sottolineato, le trattative si svolgono tra l’imprenditore e le parti interessate con l’ausilio e la competenza dell’esperto, che ne facilita la conduzione e contemporaneamente verifica l’utilità delle trattative e l’assenza di ingiusto pregiudizio per i creditori.

Laddove vi sia l’esigenza di proteggere il patrimonio dell’imprenditore da iniziative che possono turbare il regolare corso delle trattative e mettere a rischio il risanamento dell’impresa, è previsto che l’imprenditore ottenga una protezione del patrimonio. Perché si attivi la protezione è sufficiente che l’imprenditore chieda, contestualmente alla presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto o successivamente, l’applicazione di misure protettive successivamente sottoposte alla conferma da parte del giudice.

Tale istanza è pubblicata nel registro delle imprese e dal giorno della pubblicazione i creditori non possono acquisire diritti di prelazione senza il consenso dell’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari nei suoi confronti. La pubblicazione dell’istanza impedisce inoltre, fino alla archiviazione dell’istanza che apre la composizione negoziata, la prosecuzione dei procedimenti per la dichiarazione di fallimento o per l’accertamento dello stato di insolvenza. A presidio delle concrete prospettive di risanamento sta infine la previsione che impedisce ai creditori interessati dalle misure protettive di rifiutare l’adempimento o di risolvere unilateralmente i contratti in corso con l’imprenditore per il solo fatto di vantare, nei suoi confronti, crediti non soddisfatti.

L’efficacia delle misure è subordinata alla contestuale presentazione del ricorso al tribunale per ottenerne la conferma ed alla adozione del decreto di fissazione dell’udienza nei successivi dieci giorni. In caso di tardivo deposito del ricorso o di tardiva emissione del provvedimento di fissazione dell’udienza il giudice adito dichiara dunque l’inefficacia delle misure senza fissare l’udienza.

Nell’ipotesi invece di omesso deposito del ricorso i creditori sono tutelati dalla disposizione che impone all’imprenditore di pubblicare nel registro delle imprese, entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’istanza per le misure protettive, anche il numero di ruolo generale assegnato al ricorso. L’inosservanza di tale obbligo infatti comporta la cancellazione d’ufficio, da parte del conservatore del registro dell’imprese, dell’iscrizione dell’istanza stessa (quale ulteriore effetto dell’inefficacia disposta).

Con il ricorso l’imprenditore può chiedere la conferma delle misure protettive e la loro modifica, potendo dette misure essere circoscritte a determinate azioni oppure a specifici creditori, ma anche l’adozione dei provvedimenti cautelari, anche limitandone nel tempo l’efficacia, che ritiene necessari per il buon esito delle trattative.

Il procedimento che si svolge a seguito del deposito del ricorso ed i procedimenti incidentali che possono essere instaurati innanzi allo stesso giudice per la successiva revoca, modifica o proroga dei provvedimenti concessi, sono instaurati innanzi al tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 del regio decreto n. 267/1942 e seguono le forme del procedimento cautelare uniforme. La loro caratteristica principale è quella della celerità (come si evince dall’accento posto sulle modalità alternative di notifica che possono essere disposte dal tribunale per la rapida instaurazione del contraddittorio) posto che si tratta di procedimenti che si inseriscono, condizionandolo, all’interno di un percorso negoziale della durata massima di centottanta giorni.

Le misure protettive e cautelari, per come concepite e disciplinate, sono conformi alle prescrizioni contenute nella direttiva (UE) 2019/1023 sia perché non possono riguardare i diritti dei lavoratori, sia per la durata, minima e massima, entro la quale possono essere efficaci, sia per il costante collegamento che deve esserci tra la singola misura e lo stato delle trattative, la perseguibilità del risanamento e gli interessi dei creditori, sia, infine, rispetto alla disciplina dettata per le fasi di proroga, modifica e revoca. In linea con la direttiva europea appena menzionata, le misure protettive hanno effetto anche sulle istanze di fallimento.

In assenza di provvedimenti di revoca medio tempore intervenuti, ogni misura ottenuta dall’imprenditore è revocata dal tribunale al momento della ricezione della relazione finale dell’esperto.

L’intervento dell’autorità giudiziaria è inoltre previsto se l’imprenditore intende ottenere finanziamenti prededucibili o se è necessario cedere l’azienda per assicurare la continuità aziendale e la migliore soddisfazione dei creditori. In quest’ultimo caso il cessionario è rassicurato dalla deroga alla responsabilità di cui al secondo comma dell’articolo 2560 del codice civile.

La prededucibilità dei finanziamenti e la cessione di azienda sono autorizzati dal tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 del regio decreto n. 267/1942 che, sempre per le ragioni di celerità di cui si è detto in precedenza, utilizza le forme dei procedimenti in camera di consiglio.

Va sottolineato che il riconoscimento della natura prededucibile dei finanziamenti è demandato al tribunale, chiamato a verificare la funzionalità degli stessi finanziamenti rispetto alla continuità aziendale ed alla migliore soddisfazione dei creditori. La disposizione non è dannosa per i creditori titolari di diritti maturati in epoca anteriore e muniti di una causa legittima di prelazione, ed in particolare per i creditori pubblici, posto che si tratta di finanziamenti che consentono la prosecuzione dell’attività e migliori prospettive di soddisfacimento per tutti i creditori. E’ indubbio infatti che il risanamento dell’impresa, che garantisce il ripristino delle sue capacità solutorie, rappresenta per tutti i creditori la migliore alternativa rispetto alla gestione della crisi in sede concorsuale.

Analoga forma è prevista per i provvedimenti con i quali il tribunale può essere chiamato a rideterminare il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica o ad esecuzione differita divenuti eccessivamente onerosi in conseguenza della crisi economica causata dalla pandemia in corso (ferma restando, anche per tale ipotesi, l’intangibilità dei contratti di lavoro).

In tal caso l’intervento dell’autorità giudiziaria, che dispone per il tempo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale, è meramente eventuale e si configura solo nel caso in cui l’esperto non sia riuscito ad ottenere una rinegoziazione concordata da parte dei contraenti. La previsione del possibile indennizzo fornisce al tribunale un ulteriore strumento di riequilibro delle prestazioni da utilizzare in favore della parte che, a seguito della rideterminazione del contenuto del contratto, viene a trovarsi in una posizione di svantaggio.

La norma ha la finalità di stabilire puntuali requisiti di accesso all’intervento giudiziale, anche per evitare ricorsi indiscriminati al provvedimento d’urgenza di cui all’articolo 700 del codice di procedura civile.

Specifiche previsioni sono dettate per rendere la composizione negoziata accessibile ai gruppi di imprese, con disposizioni che regolano la nomina dell’esperto e le modalità di svolgimento della composizione negoziata sia nell’ipotesi di accesso da parte di tutte le società del gruppo, con uno o separati percorsi e con i possibili sbocchi in caso di presentazione di domande distinte, sia in caso di ricorso all’esperto da parte della società o dell’ente che ha sede in Italia ed esercita le funzioni di direzione o di coordinamento (o della società o ente con il maggiore passivo indicato in bilancio).

Una specifica disciplina regola inoltre la composizione per le imprese di minori dimensioni, denominate “sotto soglia”, vale a dire quelle imprese che in ragione del possesso congiunto dei requisiti di cui all’articolo 1, secondo comma, della legge fallimentare, possono utilizzare, in caso di squilibrio patrimoniale e finanziario, unicamente le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento disciplinate dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3. Il ruolo degli organismi di composizione della crisi viene comunque riaffermato, per tali imprese, anche nell’ambito della composizione negoziata, nella quale detti organismi provvederanno alla nomina del professionista che svolge le funzioni dell’esperto indipendente.

La composizione negoziata può avere diversi sbocchi, enunciati dall’articolo 11.

Si affiancano alle soluzioni di tipo negoziale tutti gli strumenti disciplinati dalla legge fallimentare, compresi quelli, di cui si dirà di seguito, introdotti dalle disposizioni contenute negli articoli da 20 a 23 che, intervenendo sulla stessa legge fallimentare, anticipano alcuni istituti disciplinati dal Codice della crisi d’impresa con alcune modifiche mirate ad agevolare e incentivare l’utilizzo dello strumento di composizione negoziata.

Allo stesso scopo viene introdotta una nuova tipologia di concordato preventivo, denominato “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”.

Si tratta di una procedura utilizzabile dal solo imprenditore che ha seguito il percorso sin qui descritto senza che le trattative abbiano portato ad una soluzione di tipo negoziale. In tal caso, presa consapevolezza del fatto che l’unica ipotesi percorribile è quella liquidatoria, può essere adito il tribunale con ricorso in cui si chiede l’omologazione di un concordato con cessione dei beni. Il fatto che si tratti di una procedura utilizzabile solo come sbocco della composizione negoziata è reso evidente dal termine entro il quale può essere proposto, termine che è di sessanta giorni dalla ricezione, da parte dell’imprenditore, della relazione finale redatta dall’esperto indipendente.

Il procedimento è semplificato in quanto non prevede la nomina del commissario giudiziale per il controllo sulla veridicità dei dati contabili e, in generale, per tutte le verifiche prodromiche al giudizio di ammissibilità ed alla relazione di cui all’articolo 172 della legge fallimentare.

Sono omesse la fase di ammissione e la fase del voto dei creditori sul presupposto che la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e la non percorribilità di altre soluzioni sia stata esaminata dall’esperto indipendente e rappresentata nella relazione finale che chiude la composizione negoziata e sull’ulteriore presupposto che i creditori siano stati interessati ed informati nel corso delle trattative.

Il tribunale quindi, i cui poteri sono accresciuti per compensare l’assenza della fase iniziale della procedura di concordato ordinaria, verifica la sussistenza dei requisiti per l’accesso alla procedura, nomina un ausiliario ai sensi dell’articolo 68 del codice di procedura civile e chiede all’esperto un parere sui risultati della liquidazione e sulle eventuali garanzie offerte, dopodiché, se ritiene la domanda ammissibile, dispone la comunicazione della proposta ai creditori e fissa l’udienza di omologazione.

All’esito del giudizio il concordato è omologato se, respinte le eventuali opposizioni, la proposta rispetta l’ordine delle cause legittime di prelazione, se il piano è fattibile e se la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare assicurando comunque un’utilità a ciascun creditore.

Altre disposizioni che incentivano il ricorso alla composizione negoziata sono contenute nelle norme che: sospendono gli obblighi di ricapitalizzazione e le cause di scioglimento previste in caso di riduzione o perdita del capitale sociale; riducono la percentuale di ammissibilità degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa ed evitano l’attestazione del professionista in caso di piano attestato sottoscritto anche dall’esperto; riconoscono misure di favore di natura fiscale rispetto alle soluzioni negoziali scaturite dalle trattative; assicurano la conservazione degli effetti degli atti autorizzati dal tribunale anche in caso di accesso ad una delle procedure regolate dalla legge fallimentare; esonerano da revocatoria gli atti compiuti in coerenza con le trattative e con le prospettive di risanamento; esentano l’imprenditore dai reati di cui agli articoli 216, terzo comma, e 217 della legge fallimentare per i pagamenti e le operazioni compiuti durante le trattative purché in coerenza con le stesse e nella prospettiva di risanamento.

Il compenso dell’esperto è a carico dell’imprenditore e, in assenza di una determinazione consensuale concordata tra l’imprenditore e l’esperto, è determinato dall’organo che lo ha nominato, secondo criteri ben determinati. All’atto di determinazione del compenso è riconosciuto valore di prova scritta per la concessione di un provvedimento monitorio provvisoriamente esecutivo per garantire la pronta remunerazione dell’esperto per l’opera prestata in caso di assenza di adempimento spontaneo.

Gli articoli da 20 a 23 del presente intervento normativo introducono modifiche alla legge fallimentare anticipando, come già detto, alcune disposizioni del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la cui immediata applicazione agevola l’imprenditore in crisi nella ricerca di soluzioni negoziate della crisi.

La ratio delle norme in questione è quella di ampliare le possibilità di accesso alle procedure e, più in generale, a tutti gli strumenti alternativi al fallimento, nella prospettiva della ristrutturazione aziendale.

Si tratta in particolare di norme che, oltre a razionalizzare la disciplina vigente sulla possibilità per il tribunale di omologare il concordato preventivo anche in caso di mancata adesione da parte dei creditori istituzionali ed a fissare un termine per l’adesione agli accordi di ristrutturazione prevista dall’articolo 182-bis, quarto comma, della legge fallimentare, consentono di modificare il piano in caso di accordo di ristrutturazione omologato.

Sono inoltre introdotte deroghe ai principi della cristallizzazione del passivo e della scadenza dei debiti al momento del deposito della domanda di concordato consentendo un parziale pagamento dei lavoratori - i cui crediti sono comunque assistiti dal più alto grado privilegio, quello di cui all’articolo 2751-bis n. 1 del codice civile – e la prosecuzione dei contratti di mutuo garantiti da ipoteca sui beni utilizzati per la continuità aziendale, laddove capienti rispetto al credito garantito.

Anche le maglie di accesso agli accordi di ristrutturazione vengono allargate con l’anticipazione dell’entrata in vigore degli istituti, previsti nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, degli accordi ad efficacia estesa e degli accordi agevolati.

Ancora, la convenzione di moratoria, oggi ammessa per i soli intermediari finanziari rappresentanti la metà dell’indebitamento complessivo, viene estesa ai crediti di qualsiasi natura.

Sempre con il fine di incentivare la soluzione negoziata delle crisi, con particolare riferimento alle crisi presumibilmente innescate dalla pandemia in corso, vengono adottati interventi con i quali:

- si estende al 31.12.2022 l’orizzonte temporale entro il quale è consentito all’imprenditore in crisi di uscire dalla fase introdotta con il ricorso ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, della legge fallimentare ricorrendo al piano attestato di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d) della legge fallimentare;

- si consente che sino al permanere dello stato di emergenza collegato alla pandemia in atto, il termine di cui all’articolo 161, sesto comma, della legge fallimentare sia concesso nella misura massima anche in pendenza di istanza di fallimento;

- si sancisce l’improcedibilità, fino 31 dicembre 2021, dei ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo e i ricorsi per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di imprenditori che hanno presentato domanda di concordato preventivo con continuità aziendale ai sensi dell’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, omologato in data successiva al 1° gennaio 2019.

La necessità di evitare l’utilizzo strumentale della composizione negoziata costituisce la ratio della previsione che non consente l’accesso a tale percorso alle imprese che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano già fatto ricorso ad un accordo di ristrutturazione dei debiti o ad una rocedura di concordato preventivo.

In particolare, l’intervento normativo contiene le seguenti disposizioni.

L’articolo 1, rubricato “Differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa”, sostituisce il comma 1 dell'articolo 389 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d'impresa), prevedendo che il medesimo decreto legislativo entri in vigore il 16 maggio 2022. La disposizione fa salva la diversa entrata in vigore del Titolo II e degli articoli elencati al comma 2.

L’articolo 2 disciplina la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, prevedendo al comma 1 che l’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza possa chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa; la nomina avviene con le modalità di cui all’articolo 3, commi 6, 7 e 8.

Il comma 2 disciplina il ruolo dell’esperto, prevedendo che lo stesso agevoli le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati. L’attività dell’esperto è finalizzata ad individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza dell’imprenditore. La norma precisa che tale soluzione può essere perseguita anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa. 

L’articolo 3 istituisce la piattaforma telematica nazionale e disciplina la nomina dell’esperto.

È previsto al comma 1 che la piattaforma telematica, unica per tutto il territorio nazionale, sia accessibile agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese, attraverso il sito istituzionale di ciascuna camera di commercio.

Il comma 2 dell’articolo disciplina il contenuto della piattaforma, prevedendo che sia disponibile una lista di controllo particolareggiata per la redazione dei piani di risanamento, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese. Tale lista di controllo contiene indicazioni pratiche su come deve essere redatto il piano di risanamento oltre ad un test, che può essere eseguito dall’imprenditore e dai professionisti dallo stesso incaricati e che consente di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento. È disposto che il contenuto della piattaforma, la lista di controllo, le indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento e le modalità di esecuzione del test pratico siano definiti con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia da adottarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge. Attraverso la messa a disposizione della lista di controllo e del test, la disposizione persegue il fine di fornire all’imprenditore strumenti che gli consentano una agevole e pratica autovalutazione preventiva in ordine alle possibilità di risanamento dell’impresa e di ottenere indicazioni finalizzate alla redazione del piano di risanamento.

Il comma 3 prevede che presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di ciascun capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e Bolzano sia formato un elenco di esperti e stabiliscele categorie di professionisti che possono farne parte ed i relativi requisiti. È parso opportuno fare riferimento alle camere di commercio dei capoluoghi di regione, oltre che delle province autonome di Trento e Bolzano, al fine di consentire una migliore gestione dell’elenco e delle nomine da parte degli uffici camerali di maggiori dimensioni. Per gli iscritti agli albi professionali dei dottori commercialisti ed esperti contabili, degli avvocati e dei consulenti del lavoro è richiesta un’anzianità di iscrizione di almeno cinque anni, al fine di assicurare che gli stessi abbiano maturato un’adeguata esperienza professionale. Si è inoltre ritenuto che, mentre la specifica formazione dei dottori commercialisti ed esperti contabili, unita all’anzianità di iscrizione, sia sufficiente per conferire a tale categoria un’adeguata competenza in materia aziendale, per gli avvocati ed i consulenti del lavoro tale competenza debba essere dimostrata attraverso specifica documentazione, attestante l’esperienza e i risultati raggiunti nella ristrutturazione aziendale. La diversa regolamentazione è determinata dalla varietà delle competenze ed esperienze professionali proprie degli avvocati e dei consulenti del lavoro, non necessariamente formati nel settore aziendalistico. È inoltre previsto che possano essere inseriti nell’elenco anche coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentino di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati. L’inclusione anche di tali professionalità nell’elenco è determinata dall’opportunità di valorizzare le esperienze maturate da chi abbia assunto ruoli di amministrazione, direzione e controllo in imprese che siano state interessate da operazioni di ristrutturazione positivamente conclusesi. È infatti previsto che non possano essere valutate, ai fini dell’iscrizione nell’elenco, le funzioni prestate in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione nei cui confronti sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza.

Per tutte le categorie professionali, il comma 4 dispone che l’iscrizione all’elenco sia subordinata anche al possesso di specifica formazione, che assicuri le competenze necessarie per perseguire il risanamento attraverso la negoziazione con le parti interessate. Al fine di garantire l’omogeneità e l’efficacia di tale formazione, è disposto che la stessa venga disciplinata attraverso il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di cui al comma 2.

Il comma 5 regola analiticamente le modalità di presentazione della domanda di iscrizione all’elenco e la documentazione che deve essere alla stessa allegata. In particolare, è previsto che la domanda sia presentata alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del capoluogo della regione e delle province autonome di Trento e Bolzano del luogo di residenza o di iscrizione all’ordine professionale del richiedente e sia  corredata dalla documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti, dalla certificazione attestante l’assolvimento degli obblighi formativi di cui al comma 4, e da un curriculum vitae oggetto di autocertificazione ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa),  dal quale risulti ogni altra esperienza formativa in materia, anche nelle tecniche di facilitazione e mediazione. In conformità alla normativa vigente in materia di trattamento dei dati personali, è previsto che l’interessato manifesti il necessario consenso al trattamento di tutti i dati comunicati al momento della presentazione dell’istanza di iscrizione, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (UE) n. 679/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, anche ai fini della pubblicazione di cui al comma 9 dello stesso articolo 3, e che ciascuna camera di commercio designi il soggetto responsabile della formazione, tenuta e aggiornamento dell’elenco e del trattamento dei dati in esso contenuti. Il responsabile accerta inoltre la veridicità delle dichiarazioni rese dai richiedenti ai sensi dell’articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’ultimo periodo precisa che la domanda è respinta se non è corredata da tutta la documentazione necessaria ma che, in tal caso, può essere ripresentata.

Il comma 6 regola analiticamente la nomina dell’esperto, prevedendo che la stessa avvenga ad opera di una commissione, che resta in carica per due anni, costituita presso le camere di commercio del capoluogo della regione e delle province autonome di Trento e Bolzano, e composta da un magistrato (designato dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa indicata nella disposizione), da un membro designato dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura presso cui è costituita la commissione e da un membro designato dal Prefetto.

Al fine di assicurare la rapida trasmissione alla commissione dell’istanza di nomina dell’esperto presentata al segretario generale della camera di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede dell’impresa, il comma 7 prevede che quest’ultimo, ricevuta l’istanza, la comunichi il giorno stesso alla commissione stessa unitamente ad una nota sintetica contenente il volume d’affari, il numero dei dipendenti e il settore in cui opera l’impresa istante. La commissione, nei successivi cinque giorni lavorativi, nomina l’esperto nel campo della ristrutturazione tra gli iscritti nell’elenco di cui al comma 3, utilizzando criteri che assicurano la rotazione e la trasparenza e avendo cura che ciascun esperto non riceva più di due incarichi contemporaneamente. La disposizione precisa che la nomina può avvenire anche al di fuori dell’ambito regionale, onde assicurare, nel caso in cui ciò appaia opportuno, la competenza e la terzietà dell’esperto rispetto al contesto nel quale opera l’impresa ed alle sue specifiche esigenze.

Il comma 8 chiarisce che la commissione decide a maggioranza, specificando, in funzione acceleratoria, che se quest’ultima non provvede nel termine previsto dal comma precedente, la nomina è effettuata dal presidente della camera di commercio presso cui è costituita la commissione, nei successivi due giorni lavorativi.

Al fine di assicurare la trasparenza dell’attività di nomina, il comma 9 dispone che gli incarichi conferiti e il curriculum vitae dell’esperto nominato siano pubblicati senza indugio in apposita sezione del sito istituzionale della camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato del luogo di nomina e del luogo dove è tenuto l’elenco presso il quale l’esperto è iscritto, sempre nel rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali. È specificato altresì che deve essere omesso ogni riferimento all’imprenditore richiedente, allo scopo di tutelarne la riservatezza.

L’articolo 4, rubricato “Requisiti di indipendenza e doveri dell’esperto e delle parti”, contiene, al comma 1, l’elencazione dei requisiti dei quali l’esperto deve essere in possesso. A tale fine, con norma che richiama la disciplina dettata per i professionisti nominati nell’ambito delle procedure concorsuali, è fatto in primo luogo rinvio ai requisiti desumibili dall’articolo 2399 del codice civile; si prevede inoltre che l’esperto non debba essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale e che il professionista, ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale, non debbano aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell’imprenditore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa.

Il comma 2 detta indicazioni sulle modalità di espletamento dell’incarico da parte dell’esperto, prevedendo che quest’ultimo operi in modo professionale, riservato, imparziale e indipendente e che possa chiedere al debitore e ai creditori tutte le informazioni utili o necessarie. È inoltre previsto che possa avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore e di un revisore legale, senza che le spese ed i compensi relativi a tali collaboratori gravino sull’imprenditore, come previsto dal successivo articolo 16, comma 9.

Il comma 3 prevede che l’esperto non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità, e dispone che si applichino le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto compatibili.  La disposizione precisa che il divieto di chiamare l’esperto a deporre non si applica nei procedimenti giurisdizionali previsti dalla disciplina della composizione negoziata.

I commi da 4 a 7 costituiscono applicazione, alle trattative agevolate dall’esperto, del canone di correttezza e buona fede previsto dagli articoli 1175 e 1137 del codice civile (comma 4). Si stabilisce, in particolare: che il debitore ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori (comma 5); che le banche, gli intermediari finanziari e, in linea generale, i soggetti titolari o responsabili della gestione dei loro crediti, devono partecipare alle trattative in modo attivo e informato; è altresì specificato che l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce causa di revoca degli affidamenti bancari concessi (comma 6); che tutte le parti hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con il debitore e con l’esperto e che devono rispettare l'obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative (comma 7). È previsto uno specifico obbligo di risposta, tempestiva ed espressa, gravante su tutte le parti coinvolte nelle trattative, le quali devono dare riscontro ad ogni proposta o richiesta, per evitare situazioni di stallo delle trattative e quindi del processo di risanamento.

Il comma 8 regola le modalità di informazione dei lavoratori nell’ambito della procedura. In particolare, in ossequio alla direttiva (UE) 2019/1023, e alla direttiva 2002/14/CE dalla prima richiamata, è disposto che ove non siano previste, dalla legge o dai contratti collettivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, diverse procedure di informazione e consultazione, se nel corso della composizione negoziata sono assunte rilevanti determinazioni che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori, anche solo per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni, il datore di lavoro che occupa complessivamente più di quindici dipendenti deve informare, prima della adozione delle misure, i soggetti sindacali di cui all'articolo 47, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (vale a dire le rappresentanze sindacali unitarie, ovvero le rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, ovvero i sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate alla procedura; in mancanza delle predette rappresentanze aziendali, i sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi). Tale informazione deve essere effettuata con comunicazione scritta, che può essere trasmessa anche tramite posta elettronica certificata. La disposizione prosegue disponendo che, entro tre giorni dalla ricezione dell'informativa, i soggetti sindacali possano chiedere all’imprenditore un incontro, cui fa seguito la consultazione, che deve avere inizio entro cinque giorni dal ricevimento dell’istanza e, salvo diverso accordo tra i partecipanti, si intende esaurita decorsi dieci giorni dal suo inizio. È specificato che la consultazione si svolge con la partecipazione dell’esperto e con vincolo di riservatezza rispetto alle informazioni qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti nel legittimo interesse dell'impresa e che della consultazione è redatto sintetico rapporto sottoscritto dall’imprenditore e dall’esperto; tale ultima precisazione si collega al disposto dell’articolo 16, comma 4, in tema di compenso dell’esperto, che prevede che a quest’ultimo spetti il compenso di euro 100,00 per ogni ora di presenza “risultante dai rapporti redatti ai sensi dell’articolo 4, comma 8”.

L’articolo 5, rubricato “Accesso alla composizione negoziata e suo funzionamento” regolamenta la procedura di composizione negoziata della crisi.

Vi si prevede, al comma 1, che l’istanza di nomina dell’esperto è presentata tramite la piattaforma telematica di cui all’articolo 3, mediante compilazione di un modello, che sarà disponibile sulla stessa piattaforma, contenente le informazioni utili tanto ai fini della nomina dell’esperto quanto dello svolgimento dell’incarico da parte di quest’ultimo e, al comma 2, che il contenuto del modello di cui al comma 1 siano definiti con il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, previsto dal precedente articolo 3, comma 2.

Il comma 3 contiene l’elencazione della documentazione che l’imprenditore è tenuto ad inserire nella piattaforma telematica al momento della presentazione dell’istanza.

Il comma 4 regolamenta l’accettazione e la mancata accettazione dell’incarico da parte dell’esperto. La norma richiede che il professionista verifichi tanto la propria indipendenza rispetto all’imprenditore (valutando la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 4, comma 1) quanto il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dello specifico incarico ricevuto, al fine di assicurare che quest’ultimo possa essere efficacemente portato a termine. In funzione acceleratoria della procedura, la disposizione prevede che entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina, l’esperto comunichi all’imprenditore l’accettazione dell’incarico, inserendo contestualmente la dichiarazione di accettazione nella piattaforma mentre, in caso di mancata accettazione, ne dia comunicazione riservata al soggetto che l’ha nominato perché, con le medesime modalità attraverso le quali è avvenuta la nomina provveda alla sua sostituzione. Tanto al fine di assicurare la rotazione degli incarichi quanto allo scopo di evitare un eccessivo aggravio di lavoro in capo all’esperto, che potrebbe portare ad un rallentamento della procedura, è ribadito che non possono essere assunti più di due incarichi contemporaneamente.

Il comma 5 regolamenta gli incombenti successivi all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, prevedendo che quest’ultimo debba convocare senza indugio l’imprenditore per valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall’organo di controllo e dal revisore legale, se nominati o se in carica. La norma dispone che l’imprenditore partecipa personalmente e che può farsi assistere da consulenti, in tal modo esplicitando il principio per il quale le trattative sono condotte dall’imprenditore stesso e la presenza dell’esperto ha funzione di ausilio rispetto alla ricerca del possibile risanamento. Successivamente alla convocazione dell’imprenditore, è disposto che se l’esperto ritiene che le prospettive di risanamento sono concrete, incontri le altre parti interessate al processo di risanamento e prospetti le possibili strategie di intervento, fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata; in caso contrario ne deve dare notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio il quale dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione.

Il comma 6 prevede la possibilità, per le parti, di presentare osservazioni sull’indipendenza dell’esperto all’autorità che l’ha nominato. Tali osservazioni devono essere proposte entro tre giorni dalla comunicazione della convocazione al segretario generale della camera di commercio il quale riferisce alla commissione perché, valutate le circostanze esposte e sentito l’esperto, se lo ritiene opportuno provveda alla sua sostituzione. La norma precisa che alla sostituzione dell’esperto si applica l’articolo 3, comma 8, vale a dire la medesima procedura prevista per la nomina.

Il comma 7 disciplina la durata dell’incarico dell’esperto, prevedendo che quest’ultimo si considera concluso se, decorsi centottanta giorni dalla nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza (di cui all’articolo 2, comma 1). La norma prevede tuttavia che l’incarico può proseguire quando tutte le parti lo richiedono e l’esperto vi acconsente, rendendo in tal modo necessaria la richiesta tanto dell’imprenditore quanto delle altre parti interessate. È inoltre previsto che il termine di centottanta giorni può essere superato quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricorso dell’imprenditore al tribunale al fine di ottenere la conferma delle misure protettive e cautelari (articolo 7) o l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili o a trasferire l’azienda (articolo 10).

Da ultimo, il comma 8 dispone che, al termine dell’incarico, l’esperto redige una relazione finale che trasmette all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari di cui agli articoli 6 e 7, al tribunale, al fine di provocare la declaratoria di cessazione degli effetti delle misure e dei provvedimenti concessi.

L’articolo 6 disciplina le misure protettive che possono conseguire all’accesso dell’imprenditore alla procedura di composizione negoziata della crisi. La possibilità di ricorrere a tali misure ha lo scopo di consentire all’imprenditore che se ne voglia avvalere di beneficiare di un lasso temporale nel quale lo stesso è protetto da aggressioni al proprio patrimonio da parte dei creditori, al fine di non pregiudicare la ricerca di una soluzione che consenta il risanamento aziendale con prosecuzione dell’attività.

Il comma 1 prevede quindi che l’imprenditore può chiedere l’applicazione delle misure protettive con apposita istanza, che viene pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto; dal giorno della pubblicazione i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio dell’imprenditore o sui beni e i diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Tale istanza può essere immediata, e quindi contenuta nell’istanza di nomina dell’esperto, o successiva; nel secondo caso è inoltrata con le modalità di cui all’articolo 5, comma 1. Coerentemente con la natura della composizione negoziata e come esplicitato anche dal successivo articolo 9, l’ultimo periodo precisa che l’imprenditore può eseguire pagamenti spontanei, per chiarire che, con la concessione delle misure protettive, non si verifica alcuna forma di spossessamento del patrimonio dell’impresa.

Il comma 2 dispone che con la richiesta di cui al comma 1, l’imprenditore inserisce nella piattaforma telematica una dichiarazione sull’esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti e un aggiornamento sullo stato dei procedimenti eventualmente indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera d).

Il comma 3 stabilisce che sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori, come previsto dalla direttiva (UE) 2019/1023.

La norma dispone inoltre, al comma 4, che dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza non possa essere pronunciata e, al comma 5, che i creditori interessati dalle misure protettive e cautelari non possano, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti, né provocarne la risoluzione, né anticiparne la scadenza o modificarli in danno del debitore per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori.

L’articolo 7 regola il procedimento, di carattere giudiziale, relativo alle misure protettive e cautelari, disponendo, al comma 1, che quando l’imprenditore formula la richiesta di cui all’articolo 6, comma 1, con ricorso depositato lo stesso giorno presso la cancelleria del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 del regio decreto n. 267/1942, deve chiedere la conferma delle misure protettive e, ove occorra, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. In caso di omesso o ritardato deposito del ricorso, la norma prevede la sanzione dell’inefficacia delle misure. Analoga causa di inefficacia è collegata, al comma 3, alla tardiva emissione del provvedimento di fissazione dell’udienza. Al fine di garantire, nell’ipotesi di omesso deposito del ricorso, la corretta e completa informazione per i creditori e per chi viene a contatto con l’imprenditore, è previsto che quest’ultimo chieda la pubblicazione nel registro delle imprese anche del numero di ruolo generale del procedimento attivato per la conferma delle misure. Tale adempimento deve essere compiuto entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione dell’istanza prevista dall’articolo 6, termine decorso il quale l’iscrizione dell’istanza viene cancellata dal registro delle imprese a cura del conservatore.

Il comma 2 contiene l’elencazione della documentazione che l’imprenditore ha l’onere di depositare unitamente al ricorso.

Il comma 3 dispone che l’udienza sia fissata dal tribunale, con decreto, entro dieci giorni dal deposito del ricorso. La disposizione sottolinea la facoltà, per il tribunale, di prescrivere le forme di notificazione ritenute opportune, ai sensi dell’articolo 151 del codice di procedura civile. Si è ritenuto di effettuare un riferimento specifico al disposto dell’articolo 151 del codice di rito, che sarebbe stato in ogni caso applicabile, al fine di porre l’attenzione sull’opportunità di individuare le forme di notificazione maggiormente idonee ad assicurare la celerità del procedimento. L’ultimo periodo del comma 3 regola l’ipotesi del mancato deposito del ricorso nel termine previsto dal comma 1, prevedendo che il tribunale dichiari l’inefficacia delle misure protettive senza fissare l’udienza prevista dal primo periodo, e pertanto con una procedura accelerata. La disposizione ha lo scopo di evitare che l’imprenditore possa avvalersi dell’automatismo delle misure protettive senza chiederne la conferma al tribunale o chiedendola con ritardo, con conseguente rischio di pregiudizio per le ragioni dei creditori. Poiché l’inefficacia consegue di diritto al mancato deposito del ricorso al tribunale nella medesima giornata in cui è presentata l’istanza, l’inefficacia delle  misure  può evidentemente essere fatta valere dai creditori interessati anche in sede di opposizione all’esecuzione da parte del debitore, ovvero nel corso dello stesso procedimento disciplinato dal presente articolo ovvero nei procedimenti per la dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza, ovvero, ancora, in giudizi nei quali venga in considerazione la questione dell’inefficacia delle misure protettive. Analogamente a quanto previsto dall’articolo 55 del Codice della crisi, è previsto che se l’udienza non è fissata nel termine di cui al primo periodo cessano gli effetti protettivi prodotti ai sensi dell’articolo 6, comma 1.

Il comma 4 prevede che all’udienza il tribunale, sentite le parti e l’esperto e omessa ogni formalità, nomini se occorre un ausiliario ai sensi dell’articolo 68 del codice di procedura civile e proceda agli atti di istruzione ritenuti indispensabili rispetto al provvedimento richiesto. La norma garantisce anche i diritti dei terzi eventualmente interessati dalle misure o dai provvedimenti richiesti dall’imprenditore, stabilendo che il tribunale debba sentirli. Il procedimento si conclude con ordinanza, con la quale il tribunale stabilisce la durata, non inferiore a trenta giorni e non superiore a centoventi giorni (termine, quest’ultimo, sostanzialmente analogo a quello di quattro mesi, previsto dall’art. 6, paragrafo 6 della direttiva (UE) 2019/1023), delle misure protettive e, ove occorre, dei provvedimenti cautelari disposti. Su richiesta dell’imprenditore e sentito l’esperto, le misure possono essere limitate a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori.

La norma prosegue disponendo, al comma 5, che il tribunale, su richiesta delle parti, e acquisito il parere dell’esperto, possa prorogare la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative, prevedendo che la durata complessiva delle misure non possa comunque superare i duecentoquaranta giorni e, al comma 6, che su istanza dell’imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto, il tribunale possa, in qualunque momento, sentite le parti interessate, revocare le misure protettive e cautelari o abbreviarne la durata quando esse non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti; l’individuazione di tali presupposti della revoca è conforme al disposto dell’articolo 6, paragrafo 9 della direttiva (UE) 2019/1023. Le ipotesi di revoca disciplinate dal comma in commento si aggiungono alla previsione contenuta nell’articolo 5, comma 8, che prevede la declaratoria di cessazione degli effetti di tutte le misure cautelari e protettive ottenute dall’imprenditore, a seguito della ricezione, da parte del tribunale, della relazione finale comunicata dall’esperto.

Il comma 7 rende applicabili al procedimento le forme degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile, ritenute idonee ad assicurarne la celerità, con la specificazione che il tribunale provvede in composizione monocratica. E’ inoltre prevista la reclamabilità dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 669-terdecies del codice di rito.

L’articolo 8, rubricato “Sospensione degli obblighi di cui agli articoli 2446 e 2447 del codice civile”, prevede che dalla pubblicazione dell’istanza di cui all’articolo 6, comma 1, e sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applicano gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma e 2482-ter del codice civile e la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4), e 2545-duodecies del codice civile. Tale misura si accompagna alle misure protettive previste dall’articolo 6 se l’imprenditore dichiara, nella stessa istanza con la quale chiede la protezione del proprio patrimonio, che intende avvalersene.

L’articolo 9, rubricato “Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative”, prevede, al comma 1, che l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata e che, quando sussiste probabilità di insolvenza, lo stesso gestisce l’impresa in modo da garantire la sostenibilità economico-finanziaria dell’attività.

Il comma 2 dispone che l’imprenditore informa preventivamente l’esperto del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento.

Il comma 3 stabilisce che l’esperto, quando ritiene che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnala all’imprenditore e all’organo di controllo mentre il comma 4 prevede che se, nonostante la segnalazione, l’atto viene compiuto, l’esperto può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese nei successivi dieci giorni, precisando che l’iscrizione è obbligatoria quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori. Le possibili conseguenze della segnalazione e dell’iscrizione da parte dell’esperto, che ha la funzione di notiziare i creditori del compimento di atti potenzialmente dannosi, sono regolate dal successivo articolo 12, comma 3.

Da ultimo, il comma 5 prevede che nel caso di concessione delle misure protettive o cautelari, l’esperto, una volta iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, invia al tribunale la segnalazione prevista dall’articolo 7 comma 6.

L’articolo 10, rubricato “Autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti” elenca, al comma 1, le autorizzazioni che il tribunale può concedere all’imprenditore nel corso della procedura e contiene, al comma 2, una norma in tema di rinegoziazione dei contratti.

In particolare, il comma 1 stabilisce che su richiesta dell’imprenditore il tribunale può: a) autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; b) autorizzare la società a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; c) autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di cui all’articolo 13 a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; d) autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda, oppure uno o più suoi rami, senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile. In ciascuna ipotesi il tribunale è chiamato a verificare che si tratti di atti funzionali ad assicurare la continuità aziendale e la migliore soddisfazione dei creditori. Al fine di agevolare la continuità aziendale e la migliore soddisfazione dei creditori si prevede che i trasferimenti dell’azienda autorizzati dal tribunale avvengano con esclusione della responsabilità dell’acquirente per i debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento. La norma chiarisce tuttavia che resta fermo l’articolo 2112 del codice civile, a tutela dei diritti dei lavoratori.

Sulle possibili conseguenze dell’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili rispetto alle ragioni dei creditori, muniti di cause legittime di prelazione, aventi titolo anteriore rispetto al finanziamento, ed in particolare rispetto ai creditori pubblici, si rinvia a quanto già evidenziato osservato nelle premesse.

Il comma 2 dispone che l’esperto può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemiada SARS-CoV-2. La norma prevede che, in mancanza di accordo, su domanda dell’imprenditore, il tribunale, acquisito il parere dell’esperto, può rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale. L’equilibrio tra le prestazioni può essere assicurato, dal tribunale, anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo. Sempre al fine di evitare l’insorgenza di possibili pregiudizi per i lavoratori, è previsto che le disposizioni di cui al medesimo comma 2 non si applichino alle prestazioni oggetto di contratti di lavoro.

Il comma 3 individua il tribunale competente e disciplina il procedimento applicabile alle istanze formulate dall’imprenditore ai sensi dei commi 1 e 2. Analogamente a quanto previsto in relazione al procedimento disciplinato dall’articolo 7, e per le medesime ragioni, il tribunale viene individuato in quello previsto dall’articolo 9 del regio decreto n. 267/1942, vale a dire nel tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa, che, sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie, provvedendo, ove occorre, ai sensi dell’articolo 68 del codice di procedura civile, decide in composizione monocratica. Al procedimento si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile; è infine specificato che il reclamo si propone al tribunale e che del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

L’articolo 11, rubricato “Conclusione delle trattative”, disciplina le diverse possibilità di definizione della procedura.

La norma prevede, al comma 1, che quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui all’articolo 2, comma 1, le parti possono, alternativamente: a)  concludere un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all’articolo 14 se, secondo la relazione dell’esperto di cui all’articolo 5, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; b) concludere una convenzione di moratoria ai sensi dell’articolo 182-octies del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; c) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, senza necessità dell’attestazione prevista dal medesimo articolo 67, terzo comma, lettera d). Alla sottoscrizione dell’esperto è pertanto attribuita la medesima valenza dell’attestazione prevista dall’articolo 67, lettera d) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Il comma 2 prevede che l’imprenditore può, all’esito delle trattative, domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 182-bis, 182-septies e 182-novies del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.  Al fine di agevolare la conclusione dell’accordo, è previsto che la percentuale di cui all’articolo 182-septies, secondo comma, lettera c), pari al settantacinque per cento, sia ridotta al sessanta per cento, purché il raggiungimento dell’accordo risulti dalla relazione finale dell’esperto. A differenza del comma 1, che ha ad oggetto la conclusione di accordi interamente stragiudiziali, il presente comma riguarda l’ipotesi della conclusione di un accordo di ristrutturazione dei debiti secondo la disciplina della legge fallimentare.

Da ultimo, il comma 3 dispone che l’imprenditore può, in alternativa: a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; b) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 18 del presente decreto;  c) accedere ad una delle procedure disciplinate dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.

 

L’articolo 12, rubricato “Conservazione degli effetti” dispone, al comma 1, che gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell’articolo 10 conservano i propri effetti anche nel caso in cui successivamente intervengano un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 18.

Il comma 2 dispone che non sono soggetti all’azione revocatoria di cui all’articolo 67, secondo comma, del regio decreto n. 267/1942, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere dall’imprenditore nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purché coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti.

Il successivo comma 3 dispone tuttavia che gli atti di straordinaria amministrazione ed i pagamenti effettuati nel periodo successivo all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 66 e 67 del regio decreto n. 267/1942 se, in relazione ad essi, l’esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 9, comma 4, o se il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell’articolo 10.

Il comma 4 chiarisce infine che nelle ipotesi disciplinate dai commi 1, 2, e 3 resta ferma la responsabilità dell’imprenditore per gli atti compiuti, in coerenza con la permanenza dei poteri di gestione in capo all’imprenditore prevista dall’articolo 9 e in applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 2086 del codice civile.

Il comma 5 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 216, terzo comma, e 217 del regio decreto n. 267/1942 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto in coerenza con l’andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell’impresa, nonché ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal tribunale a norma dell'articolo 10.

L’articolo 13 regola, come risulta dalla rubrica, la conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese, anche al fine di prevedere la possibilità che la composizione negoziata si svolga in forma unitaria.

Il comma 1 chiarisce la nozione di “gruppo di imprese” ai fini del medesimo articolo, stabilendo che costituisce «gruppo di imprese» l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica. A tal fine si presume, salvo prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata: a) dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci; b) dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto.

Il comma 2 prevede che più imprese che si trovino nelle condizioni indicate nell’articolo 2, comma 1, appartenenti al medesimo gruppo e che abbiano, ciascuna, la sede legale in Italia possono chiedere, con un’istanza, al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura la nomina dell’esperto indipendente di cui all’articolo 2, comma 2. La disposizione precisa che la nomina avviene con le modalità di cui all’articolo 3.

Il comma 3 chiarisce  che l’istanza è presentata alla camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato ove è iscritta la società o l’ente, con sede in Italia, che, in base alla pubblicità prevista dall'articolo 2497-bis del codice civile, esercita l’attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, l'impresa, con sede in Italia, che presenta la maggiore esposizione debitoria, costituita dalla voce D del passivo nello stato patrimoniale prevista dall’articolo 2424 del codice civile in base all'ultimo bilancio approvato ed inserito nella piattaforma telematica ai sensi del comma 4.

Il comma 4 dispone che l’imprenditore inserisce nella piattaforma telematica di cui all’articolo 3, oltre alla documentazione indicata nell’art. 5, comma 3, una relazione contenente informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali, l’indicazione del registro delle imprese o dei registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità ai sensi dell'articolo 2497-bis del codice civile, il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto.

Il comma 5 prevede che le misure protettive e cautelari di cui agli articoli 6 e 7 sono adottate dal tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 del regio decreto n. 267/1942, rispetto alla società o all’ente che, in base alla pubblicità prevista dall'articolo 2497-bis del codice civile, esercita l’attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, all'impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria come definita nel comma 3.

Il comma 6 dispone che l’esperto assolve ai compiti di cui all’art. 2, comma 2, in modo unitario per tutte le imprese che hanno formulato l’istanza, salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative; in tal caso, può decidere che le trattative si svolgano per singole imprese.

Il comma 7 chiarisce che le imprese partecipanti al gruppo che non si trovino nelle condizioni indicate nell’articolo 2, comma 1, possono comunque, anche su invito dell’esperto, partecipare alle trattative.

Il comma 8 contempla il caso di presentazione di più domande ai sensi dell’articolo 2, comma 1, da parte delle imprese appartenenti ad un medesimo gruppo, stabilendo che quando gli esperti nominati, sentiti i richiedenti e i creditori, propongono che la composizione negoziata si svolga in modo unitario oppure per più imprese appositamente individuate, la composizione prosegue con l’esperto designato di comune accordo fra quelli nominati. In difetto di designazione, la composizione prosegue con l’esperto nominato a seguito della domanda presentata per prima.

Il comma 9 dispone che i finanziamenti in qualsiasi forma pattuiti dopo la presentazione della domanda di cui all’articolo 2 in favore di società controllate oppure sottoposte a comune controllo sono esclusi dalla postergazione di cui agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, sempre che l’imprenditore abbia informato preventivamente l’esperto ai sensi dell’articolo 9, comma 2, e che l’esperto, dopo avere segnalato che l’operazione può arrecare pregiudizio ai creditori, non iscriva il proprio dissenso ai sensi dell’articolo 9, comma 4.

Il comma 10 prevede che, al termine delle trattative, le imprese del gruppo possono stipulare, in via unitaria, uno dei contratti di cui all’articolo 11, comma 1, ovvero accedere separatamente alle soluzioni di cui all’articolo 11.

L’articolo 14, rubricato “Misure premiali”, prevede una serie di misure di natura fiscale conseguenti al ricorso, da parte dell’imprenditore, alla composizione negoziata, al fine di incentivarne l’utilizzo, analogamente a quanto avviene nelle procedure alternative al fallimento disciplinate dal regio decreto n. 267/1942. I primi tre commi della disposizione in esame riprendono testualmente il disposto dell’articolo 25 del Codice della crisi d’impresa.

Il comma 1 dispone che dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto e sino alla conclusione delle composizioni negoziate previste dall’articolo 11, commi 1 e 2, gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’imprenditore sono ridotti alla misura legale. 

Il comma 2 dispone che le sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga, sono ridotte alla misura minima se il termine per il pagamento scade dopo la presentazione della istanza di cui all’articolo 2, comma 1. 

Il comma 3 stabilisce che le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di cui all’articolo 2, comma 1, e oggetto della composizione negoziata sono ridotti della metà nelle ipotesi previste dall’articolo 11, commi 2 e 3.

Il comma 4 dispone che in caso di pubblicazione nel registro delle imprese del contratto di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a), e dell’accordo di cui all’articolo 11, comma 1, lettera c), l’Agenzia delle entrate concede all’imprenditore che lo richiede, con istanza sottoscritta anche dall’esperto, un piano di rateazione fino ad un massimo di settantadue rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta e imposta sul valore aggiunto non ancora iscritte a ruolo, e relativi accessori. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. La sottoscrizione dell’esperto costituisce prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà. L’imprenditore decade automaticamente dal beneficio della rateazione anche in caso di successivo deposito di ricorso ai sensi dell’articolo 161 o in caso di dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza o in caso di mancato pagamento anche di una sola rata alla sua scadenza.

La disposizione intende consentire la rateazione dei debiti tributari maturati in capo all’impresa prima dell’inizio dell’attività di riscossione. La necessità di attendere l’iscrizione a ruolo degli importi dovuti dall’imprenditore all’Erario rappresenta infatti, nella comune esperienza delle negoziazioni che precedono i piani attestati di risanamento, il principale ostacolo alla redazione del singolo piano nel quale non è possibile prevedere la rateazione finché non si attiva l’attività di riscossione. La disposizione incrementa inoltre le possibilità per lo Stato di recuperare le somme dovute dall’impresa anticipando anche il momento del loro recupero.

Il comma 5 prevede che dalla pubblicazione nel registro delle imprese del contratto e dell’accordo di cui all’articolo 11, comma 1, lettere a) e c) o degli accordi di cui all’articolo 11, comma 2, si applicano gli articoli 88, comma 4-ter, e 101, comma 5,  del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e l’articolo 26, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 settembre 1972, n. 633. 

Da ultimo, il comma 6 prevede che nel caso di successiva dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza, gli interessi e le sanzioni sono dovuti senza le riduzioni di cui ai commi 1 e 2. 

L’articolo 15, rubricato “segnalazione dell’organo di controllo”, dispone, al comma 1, che l’organo di controllo societario segnala, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione della istanza di nomina dell’esperto di cui all’articolo 2, comma 1. La disposizione precisa che la segnalazione deve essere motivata e trasmessa con mezzi che assicurino la prova dell’avvenuta ricezione e che la stessa contiene la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese.  È specificato che, in pendenza delle trattative, rimane fermo, in capo all’organo di controllo, il dovere di vigilanza di cui all’articolo 2403 del codice civile. Il comma 2 prevede che la tempestiva segnalazione all’organo amministrativo da parte dell’organo di controllo e la vigilanza sull’andamento delle trattative siano valutate ai fini dell’esonero o dell’attenuazione della responsabilità prevista dall’articolo 2407 del codice civile.

L’articolo 16 disciplina dettagliatamente il compenso dell’esperto.

La norma stabilisce, al comma 1, che tale compenso è determinato in percentuale sull’ammontare dell’attivo dell’impresa debitrice, secondo gli scaglioni previsti dalle lettere da a) ad h), mentre il comma 2 pone limiti minimi e massimi al compenso complessivo, prevedendo che non possa essere, in ogni caso, inferiore a euro 4.000,00 e superiore a euro 400.000,00.

Il comma 3 prevede che l’importo del compenso sia rideterminato, in aumento o in diminuzione, fermi i limiti di cui al comma 2, a seconda del numero dei creditori e delle parti interessate che partecipano alle trattative (lettere da a) a c), ovvero in caso di vendita del complesso aziendale o di individuazione di un acquirente da parte dell’esperto (lettera d).

Il comma 4 precisa che i lavoratori e le rappresentanze sindacali non sono considerati nel numero dei creditori e delle altre parti interessate ai fini del riconoscimento degli aumenti di cui al comma 3, lettere a) e b). È tuttavia previsto che all’esperto spetti il compenso di euro 100,00 per ogni ora di presenza risultante dai rapporti redatti ai sensi dell’articolo 4, comma 8. 

Al fine di indirizzare l’attività dell’esperto verso una positiva definizione di tipo negoziale della composizione negoziale, il comma 5 prevede che il compenso è aumentato del 100% in tutti i casi in cui, anche successivamente alla redazione della relazione finale di cui all’articolo 5, comma 8, si concludono il contratto, la convenzione o gli accordi di cui all’articolo 11, comma 1, o è predisposto un piano attestato di risanamento di cui all’articolo 11, comma 3, lettera a). 

Ha parimenti funzione incentivante la disposizione dettata dal successivo comma 6, che prevede che se l'esperto sottoscrive l'accordo ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera c), gli spetta un ulteriore incremento del 10% sul compenso determinato ai sensi del comma 5.

Il comma 7 contempla l’ipotesi della mancata comparizione del debitore davanti all’esperto e dell’archiviazione dell’istanza di nomina subito dopo il primo incontro, prevedendo che, in tali casi, il compenso sia liquidato in euro 500,00.

Il comma 8 chiarisce che le percentuali di cui al comma 1 sono calcolate sulla media dell’attivo risultante dagli ultimi tre bilanci o, in mancanza, dalle ultime tre dichiarazioni dei redditi, specificando che se l’attività è iniziata da meno di tre anni, la media è calcolata sui bilanci o, in mancanza, sulle dichiarazioni dei redditi depositati dal suo inizio.

Il comma 9 dispone che all’esperto è dovuto il rimborso delle spese necessarie per l’adempimento dell’incarico, purché accompagnate dalla corrispondente documentazione, specificando tuttavia, al fine di evitare un eccessivo aggravio di costi a carico dell’imprenditore, che non sono rimborsati gli esborsi sostenuti per la remunerazione dei soggetti dei quali l’esperto si è avvalso ai sensi dell’articolo 4, comma 2. 

Il comma 10 disciplina la liquidazione del compenso, prevedendo che, in mancanza di accordo tra le parti, lo stesso è liquidato dalla commissione di cui all’articolo 3, comma 6 ed è a carico dell’imprenditore. La norma prevede inoltre che il provvedimento costituisce prova scritta idonea per l’emissione di decreto ingiuntivo, a norma del n. 1 dell’articolo 633 del codice di procedura civile nonché titolo per la concessione della provvisoria esecuzione del medesimo decreto ingiuntivo, ai sensi dell’articolo 642 del codice di procedura civile. Il compenso dell’esperto è altresì prededucibile ai sensi dell’articolo 111, secondo comma, del regio decreto n. 267/1942, secondo quanto disposto dal comma 11. E’ infine previsto che, dopo almeno sessanta giorni dall’accettazione dell’incarico, su richiesta dell’esperto, può essere disposto in suo favore un acconto in misura non superiore ad un terzo del presumibile compenso finale, tenendo conto dei risultati ottenuti e dell’attività prestata. 

L’articolo 17, rubricato “Imprese sotto soglia”, contiene disposizioni volte a regolamentare il ricorso alla procedura di composizione negoziata da parte delle imprese di minori dimensioni.

Il comma 1 dispone infatti che l’imprenditore commerciale e agricolo che possiede congiuntamente i requisiti di cui all’articolo 1, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, possa chiedere la nomina dell’esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.  

Il comma 2 prevede che l’istanza è presentata, unitamente ai documenti di cui all’articolo 5, comma 3, lettere d), e), f), g) e h) del decreto, all’organismo di composizione della crisi oppure, nelle forme previste dal medesimo articolo 5, comma 1, al segretario generale della camera di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa. All’esperto è affidato il compito di cui all’articolo 2, comma 2.

Il comma 3 dispone che l’esperto procede ai sensi dell’articolo 5, comma 4, e, dopo aver accettato l’incarico, sente l’imprenditore e acquisisce i bilanci dell’ultimo triennio se disponibili, le dichiarazioni fiscali ed ogni altra documentazione contabile ritenuta necessaria per redigere, ove non già redatta dall’impresa, una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale ed economico-finanziaria dell’imprenditore nonché un elenco aggiornato dei creditori e dei relativi diritti.

Il comma 4 dispone che quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui al comma 1, le parti possono, alternativamente: a) concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi, ma idoneo ad assicurare la continuità aziendale oppure con il contenuto dell’articolo 182-octies  del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;  b) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, senza necessità di attestazione, idoneo a produrre gli effetti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, senza necessità dell’attestazione prevista dal medesimo articolo 67, terzo comma, lettera d); c) proporre l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 7 della legge 27 gennaio 2012, n. 3;  d)  chiedere la liquidazione dei beni ai sensi dell’articolo 14-ter della legge 27 gennaio 2012, n. 3; e)   proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 18 del presente decreto.

Il comma 5 prevede che l’esito della negoziazione è comunicato dall’esperto al tribunale che dichiara cessati gli effetti delle eventuali misure protettive e cautelari concesse.

Il comma 6 dispone che se all’esito delle trattative non è possibile raggiungere l’accordo, l’esperto, su richiesta dell’imprenditore, svolge i compiti di gestore della crisi di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3. Il comma 7 prevede l’applicabilità, alla composizione attivata dalle imprese sotto-soglia, degli articoli 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15 e 16, in quanto compatibili.

Il comma 8 stabilisce che il compenso dell’esperto è liquidato dal responsabile dell’organismo di composizione della crisi o dal segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che lo ha nominato.

L’articolo 18, rubricato “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio” introduce e disciplina una nuova procedura di concordato semplificato avente finalità liquidatorie, come possibile esito della composizione negoziata, in via alternativa rispetto agli strumenti già esistenti e disciplinati da regio decreto n. 267/1942.

Il comma 1 della norma in esame stabilisce che quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni di cui all’articolo 11, comma 1, non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’articolo 5, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 161, secondo comma, lettere a), b), c), d) del regio decreto n. 267/1942.

Il comma 2 dispone che l’imprenditore chiede l’omologazione del concordato con ricorso depositato al tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa, comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. La norma specifica che dalla data della pubblicazione del ricorso si producono gli effetti di cui agli articoli 111, 167, 168 e 169 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Il comma 3 prevede che il tribunale, valutata la ritualità della proposta, acquisiti la relazione finale di cui al comma 1 e il parere dell’esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina un ausiliario ai sensi dell’articolo 68 del codice di procedura civile. All’ausiliario, che deve comunicare al tribunale l’accettazione dell’incarico entro tre giorni dalla ricezione del provvedimento di nomina, si applicano, al pari degli altri professionisti nominati nell’ambito della gestione delle procedure concorsuali, le disposizioni di cui agli articoli 35, comma 4-bis, e 35.1 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.

Sono inoltre richiamate le disposizioni dettate dall’articolo 35.2 dello stesso decreto per assicurare la vigilanza sul rispetto delle cause di incompatibilità sancite dagli articoli 35, comma 4-bis, e 35.1 del Codice antimafia.

Il comma 4 dispone che con il medesimo decreto il tribunale ordina che la proposta, unitamente al parere dell’ausiliario e alla relazione finale dell’esperto, venga comunicata a cura del debitore ai creditori risultanti dall’elenco depositato ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera c), ove possibile a mezzo posta elettronica certificata, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione e fissa la data dell’udienza per l’omologazione. E’ previsto che tra il giorno della comunicazione del provvedimento e quello dell’udienza di omologazione debbano decorrere non meno di trenta giorni e che i creditori e qualsiasi interessato possano proporre opposizione all’omologazione, costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata.

Al comma 5 è previsto che il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e che comunque assicura un’utilità a ciascun creditore.

Il comma 6 specifica che il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo e che il decreto, pubblicato a norma dell’articolo 17 della legge fallimentare, è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre reclamo alla corte di appello ai sensi dell’articolo 183 del regio decreto n. 267/1942.

Il comma 7 dispone che il decreto della corte d’appello è ricorribile per cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione.

Il comma 8 prevede che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 173, 184, 185, 186 e 236 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sostituita la figura del commissario giudiziale con quella dell’ausiliario. Ai fini di cui all’articolo 173, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il decreto di cui al comma 4 equivale all’ammissione al concordato.

L’articolo 19 detta la disciplina della liquidazione del patrimonio, conseguente alla presentazione della proposta del concordato per cessione dei beni, prevista dal precedente articolo 18.

È previsto, al comma 1, che il tribunale nomina, con il decreto di omologazione, un liquidatore e che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 182 della legge fallimentare.

Al comma 2 si prevede che quando il piano di liquidazione di cui all’articolo 18 comprende un’offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell'omologazione, dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta e alla vendita si applicano gli articoli da 2919 a 2929 del codice civile.

Il comma 3 precisa che se il piano di liquidazione prevede che l’offerta di cui al comma 2 deve essere accettata prima della omologazione, all’offerta dà esecuzione l’ausiliario, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, con le modalità di cui al comma 2, previa autorizzazione del tribunale.

L’articolo 20, rubricato “Modifiche urgenti al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”, apporta modificazioni al regio decreto n. 267/1942 (legge fallimentare).

Il comma 1 detta le seguenti disposizioni.

La lettera a), interviene sull’articolo 180, quarto comma, ultimo periodo, sostituendo le parole “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto” con le seguenti: “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione”, al fine di risolvere le problematiche applicative derivate dalla modifica apportata a tale disposizione dall’articolo 3, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020, n. 159.

La lettera b) prevede che all’articolo 182-bis, quarto comma, sia aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Ai fini di cui al periodo che precede, l’eventuale adesione deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento”. La disposizione fissa in novanta giorni dal deposito della proposta di soddisfacimento il termine entro il quale l'amministrazione finanziaria o gli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie devono far pervenire l'adesione all'accordo di ristrutturazione, in caso contrario realizzandosi un'ipotesi di silenzio-diniego. La norma è inserita a completamento delle disposizioni introdotte dall’articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020, n. 259, che ha anticipato l'entrata in vigore delle disposizioni del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza che consentono al tribunale di omologare il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione anche senza l'adesione dell'amministrazione finanziaria o dell'ente gestore di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, a condizione che la proposta di soddisfacimento sia conveniente, per i predetti soggetti, oltre che per la generalità dei creditori, rispetto all'alternativa liquidatoria.

La lettera c) prevede la sostituzione dell’ottavo comma dell’articolo 182-bis, con una formulazione che riprende l’intero disposto dell’articolo 58, commi 1 e 2 del codice della crisi.

La lettera d) modifica l’articolo 182-quinquies. L’intervento consente al tribunale di autorizzare il pagamento della retribuzione dovuta ai lavoratori in relazione alla mensilità antecedente al deposito del ricorso per concordato, così da soddisfare almeno in parte crediti privilegiati, muniti del grado di privilegio più alto; è inoltre inserita la previsione che consente la prosecuzione dei pagamenti dei contratti di mutuo garantiti da ipoteca sui beni utilizzati per la continuità aziendale, laddove capienti rispetto al credito garantito. Entrambe le previsioni derogano al principio sancito dall’articolo 55 della legge fallimentare.

La lettera e) sostituisce l’articolo 182-septies, anticipando la disciplina degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa prevista dal codice della crisi di impresa. L’accordo di ristrutturazione dei debiti rappresenta un mezzo di risanamento a cui l’impresa in crisi ricorre per tentare di ridurre l’esposizione debitoria ed assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. L'innovazione risiede nella previsione di una deroga al principio di relatività degli effetti del contratto, in virtù della quale l'accordo esteso produce effetti anche verso i creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. Viene, pertanto eliminata la limitazione, esistente nella disciplina vigente, ai soli intermediari finanziari, estendendo la disposizione a tutte le categorie di creditori.

La lettera f) aggiunge gli articoli 182-octies, 182-novies e 182-decies dopo l’articolo 182-septies del regio decreto n. 267 del 1942.

L’art. 182-octies (convenzione di moratoria) introduce una misura necessaria per contrastare l'attuale stato di sofferenza economica delle imprese, consentendo, in via provvisoria, che un imprenditore anche non commerciale possa accordarsi con i suoi creditori per una dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito, prevedendo che tale moratoria sia efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengono alla medesima categoria, che comunque dovranno essere stati informati dell'avvio della procedura di accordo moratorio. Va segnalato che, per contemperare tale estensione e l'intera portata della disciplina straordinaria introdotta, vengono dettate specifiche condizioni per la validità degli accordi in esame, tra cui l'esclusione esplicita dell'imposizione, per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti, dell'esecuzione di nuove prestazioni, della concessione di affidamenti, del mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. È specificato che non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati, nonché che i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi o dell’insolvenza in concreto perseguite. È altresì previsto che entro trenta giorni dalla comunicazione possa essere proposta opposizione avanti al tribunale, che decide in camera di consiglio, con decreto motivato. Nel termine di quindici giorni dalla comunicazione, il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello, ai sensi dell'articolo 183 del regio decreto n. 267/1942.

Con l’introduzione dell’articolo 182-novies si interviene in materia di accordi di ristrutturazione agevolati, facilitando, alle condizioni specificate, il ricorso a tale istituto. In particolare, la disposizione in esame riduce, in presenza dei presupposti indicati dalla norma, la percentuale dei creditori aderenti necessaria per la conclusione dell'accordo da parte del debitore. Anche tale misura risulta dettata dalla necessità, nell'attuale stato di crisi, di favorire quelle procedure che consentono di affrontare le sofferenze debitorie imprenditoriali con mezzi alternativi alla liquidazione giudiziale e trova fondamento nella convenienza della conclusione di un accordo di ristrutturazione agevolato, rispetto alla più complessa procedura di liquidazione giudiziale che reca in sé anche incertezza sull'esito finale.

L’articolo 182-decies è rubricato “Coobbligati e soci illimitatamente responsabili” e anticipa la disposizione contenuta all’articolo 59 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. La norma prevede, al primo comma, che ai creditori che hanno concluso gli accordi di ristrutturazione si applica l'articolo 1239 del codice civile. Il secondo comma dispone che nel caso in cui l'efficacia degli accordi sia estesa ai creditori non aderenti, costoro conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso. Al terzo comma è previsto che, salvo patto contrario, gli accordi di ristrutturazione della società hanno efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, i quali, se hanno prestato garanzia, continuano a rispondere per tale diverso titolo, salvo che non sia diversamente previsto.

La lettera g) prevede che all’articolo 186-bis, secondo comma, lettera c), del regio decreto n. 267/1942, le parole “un anno” siano sostituite dalle parole “due anni”, in tal modo estendendo l’arco temporale della moratoria per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, prevista nell’ambito della disciplina del concordato con continuità aziendale.

La lettera f) dispone la sostituzione dell’articolo 236, terzo comma, del regio decreto n. 267/1942, adattando le disposizioni penali, contenute nella legge fallimentare, agli istituti introdotti con il presente decreto. La norma prevede infatti che nel caso di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa o di convenzione di moratoria, nonché nel caso di omologa di accordi di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis quarto comma, terzo e quarto periodo, si applicano le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4).

I commi 2 e 3 dell’articolo 20 contengono disposizioni volte a chiarire l’ambito temporale di applicazione delle norme introdotte dal medesimo articolo.

L’articolo 21, rubricato “modifiche urgenti al decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40”, interviene, al comma 1, sull’articolo 9, comma 5-bis, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, estendendo al 31 dicembre 2022 la possibilità – per l’imprenditore che ha ottenuto la concessione dei termini previsti dalla norma – di regolare la sua situazione di crisi con un piano di risanamento attestato, pubblicato nel registro delle imprese prima della scadenza del termine concesso dal tribunale.

L’articolo 22, rubricato “Estensione del termine di cui all’articolo 161, decimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” estende, limitatamente al periodo emergenziale collegato alla pandemia in corso, il termine massimo che può essere concesso, ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, del regio decreto n. 267/1942 al debitore che sia già interessato da un procedimento prefallimentare.

L’articolo 23, rubricato “Improcedibilità dei ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo e per la dichiarazione di fallimento dipendente da procedure di concordato omologato. Limiti di accesso alla composizione negoziata”, al comma 1 dispone l’improcedibilità sino al 31 dicembre 2021 dei ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo e dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di quegli imprenditori che hanno presentato domanda di concordato preventivo ai sensi dell’articolo 186-bis della legge fallimentare, omologato in data successiva al 1° gennaio 2019. Tale ultima disposizione risponde all’esigenza di tenere conto dell’impatto della pandemia da SARS-CoV-2 sui concordati omologati dopo il 1° gennaio 2019, nell’ambito dei quali si presume che la difficoltà, per gli imprenditori, di mantenere gli impegni assunti, sia conseguenza della crisi economica conseguente alla pandemia stessa. In attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della suprema Corte di Cassazione sulla questione concernente l’ammissibilità dell’istanza di fallimento di cui agli articoli 6 e 7 della legge fallimentare nei confronti di impresa già ammessa al concordato preventivo poi omologato, a prescindere dell’intervenuta risoluzione del concordato, ed al fine di evitare che, nonostante l’improcedibilità dei ricorsi per la risoluzione del concordato, possa essere ugualmente dichiarato il fallimento, è stata altresì prevista, in relazione alle stesse imprese, l’improcedibilità dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento pendenti. Il comma 2 limita l’accesso alla composizione negoziata prevedendo che l’istanza di nomina dell’esperto indipendente non può essere presentata dall’imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, anche ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Il Capo II, rubricato “ulteriori misure urgenti in materia di giustizia” consta di tre articoli.

L’articolo 24, contenente disposizioni in materia di aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria si compone di due commi.

Al comma 1 si prevede l’incremento del ruolo organico della magistratura ordinaria di 20 unità, al fine di procedere all’adeguamento della normativa nazionale al regolamento UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»), senza pregiudicare le risorse di personale di magistratura in servizio presso gli uffici di procura della Repubblica individuati come sedi di servizio dei procuratori europei delegati, A tale scopo la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71, da ultimo modificata dall'articolo 8, comma 1, del Decreto Legislativo 2 febbraio 2021, n. 9, è sostituita dalla tabella X allegata al presente decreto.

Al comma 2 si prevede una specifica autorizzazione di spesa di euro 704.580 per l’anno 2022, di euro 1.684.927 per l’anno 2023, di euro 1.842.727 per l’anno 2024, di euro 1.879.007  per l’anno 2025, di euro 2.347.595 per l’anno 2026, di euro 2.397.947 per l’anno 2027, di euro 2.441.106 per l’anno 2028, di euro 2.491.457 per l’anno 2029, di euro 2.534.616 per l’anno 2030 e di euro 2.584.968 a decorrere dall’anno 2031 per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1. 

L’articolo 25 contiene invece misure urgenti in materia di semplificazione delle procedure di pagamento degli indennizzi per equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. La disposizione normativa mira alla velocizzazione delle procedure di pagamento degli indennizzi Pinto e delle altre somme dovute sulla base di titoli giudiziali tramite la digitalizzazione, al fine di consentire l’utilizzo tempestivo delle risorse economiche allocate sugli appositi capitoli di bilancio dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia, fornendo liquidità a cittadini e imprese nei tempi normativamente previsti per procedere ai pagamenti e, al contempo, migliorando nei termini anzidetti l'efficienza del sistema giudiziario

In particolare si intende da un lato consentire la presentazione della richiesta di pagamento delle somme liquidate da parte del difensore del creditore o di un suo delegato tramite sistemi di autenticazione pubblica su piattaforma digitale con comunicazione automatizzata dei dati richiesti dalla legge, e dall’altro consentire agli utenti e alle imprese di verificare autonomamente lo stato della pratica e di modificare i dati forniti necessari per il pagamento.

Grazie alla digitalizzazione inoltre sarebbe possibile l’acquisizione automatizzata dei metadati relativi ai provvedimenti giurisdizionali costituenti titolo di condanna, nonché la gestione della procedura da parte della struttura amministrativa sino all'emissione dell'ordine di pagamento.

La proposta è coerente con analoga proposta presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze in materia di pagamenti di indennizzi per irragionevole durata dei processi dinanzi al giudice amministrativo, contabile e tributario, e per indennizzi riguardanti l'ingiusta detenzione e l'errore giudiziario (in relazione ai quali il Ministero della giustizia raccoglie dati a fini statistici). Il progetto MEF si struttura in modo similare, mirando a sviluppare servizi digitali verso cittadini, imprese e altre pubbliche amministrazioni che riguardano l’erogazione di somme di denaro (indennizzi Pinto e risarcimenti a vario titolo), che presuppongono, al pari del progetto del Ministero della giustizia, l’acquisizione in via digitale dei dati necessari alla procedura di pagamento e la loro lavorazione fino all’emissione dell’ordine di pagamento.

Nell’ambito dell’indicato percorso, anche a seguito di un confronto con la competente articolazione amministrativa del Ministero dell’economia e delle finanze, è stato reputato necessario un intervento normativo di minima incidenza sul complesso articolato della legge 24 marzo 2001, n. 89, ma di enorme impatto sotto il profilo della gestione delle procedure digitalizzate.

Nello specifico la modifica normativa interessa esclusivamente l’articolo 5 sexies, prevedendo, tramite l’inserimento di un nuovo comma 3 bis, che con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della giustizia siano individuate le modalità tecniche per la presentazione, anche a mezzo di incaricati, dei modelli di dichiarazione ai sensi degli articoli 46 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione è ancora tenuta a corrispondere. 

L’articolo 26, infine, contiene “Disposizioni urgenti per la semplificazione del procedimento di assegnazione delle risorse del Fondo unico giustizia”. La proposta normativa è volta a favorire, mediante una modifica temporanea del procedimento di assegnazione delle risorse del Fondo unico giustizia (FUG), il finanziamento di interventi urgenti finalizzati, oltre che, nell’immediato, al superamento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, all’adeguamento delle strutture e dei sistemi informatici e tecnologi connessi alla gestione della fase post-emergenziale, necessari a garantire la completa funzionalità delle amministrazioni della giustizia e dell’interno.

La disposizione in esame stabilisce che, per l’anno 2021, in deroga alle vigenti disposizioni in materia, le somme versate nel corso dell’anno 2020 all’entrata del bilancio dello Stato sul capitolo 2414, art. 2 e 3, relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria delle quote intestate al Fondo unico giustizia alla data del 31 dicembre 2019, sono riassegnate al Ministero della giustizia e al Ministero dell’interno, nella misura del 49% per ciascuna delle due amministrazioni.

Le somme versate nel corso dell’anno 2020 all’entrata del bilancio dello Stato sul capitolo 2414 art. 2 e art. 3 relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria delle quote intestate al Fondo unico giustizia alla data del 31 dicembre 2019, ammontano a complessivi euro 114.126.411,55.

Considerato che resta ferma la percentuale del 2% destinata all’erario, pari ad euro 2.282.528,23 e che l’attuazione delle disposizioni di cui all’art. 23-quinquies del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (D.L. Ristori) comporta oneri pari ad euro 1.000.000 a decorrere dall’anno 2021, la somma da ripartire tra il Ministero dell’Interno e il Ministero della Giustizia ammonta complessivamente ad euro 110.843.883,32.

La riassegnazione, nella misura stabilita dalla norma in esame, consentirà al Ministero dell’interno di disporre di una somma pari ad euro 55.421.941,66 e al Ministero della giustizia di una somma pari ad euro 48.403.941,66 (calcolata al netto della prededuzione relativa alla copertura finanziaria in materia di mediazione civile ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. 28/2010, pari ad euro 7.018.000 in ragione d’anno), nel corso dell’anno 2021.

L’articolo 27, da ultimo, contenuto nel Capo III, detta una disposizione transitoria, tesa a differire al 15 novembre 2021 l’entrata in vigore degli articoli 2, 3, commi 6, 7, 8 e 9, e degli articoli da 4 a 19, al fine di consentire la realizzazione della piattaforma, la formazione dell’elenco e la formazione degli esperti in epoca antecedente all’entrata in vigore della disciplina in materia di composizione negoziata, onde assicurarne l’immediata effettiva operatività.