Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Articolo

Le attività di liquidazione in esecuzione della proposta di concordato preventivo omologata


Francesco Carelli
Focus

Equo compenso in dirittura d’arrivo. Alcuni dubbi


Data pubblicazione
19 febbraio 2023

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Focus

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Dino Crivellari

Il ddl sull’equo compenso (AA.SS. nn. 182 e 495, identici, a prime firme, rispettivamente, Gelmini e Meloni) potrebbe essere approvato nel giro di pochi giorni dal Senato nel testo già approvato dalla Camera dei deputati il 23 gennaio scorso.

L’equo compenso diventerà così legge e questa volta con disposizioni ben chiare che, almeno per quanto riguarda gli avvocati, sanciscono il ritorno ad una sostanziale inderogabilità delle tariffe ministeriali almeno relativamente alle convenzioni con alcuni grandi utenti dei servizi legali.

In realtà, nonostante un vasto consenso dei professionisti interessati, alcune critiche sono state avanzate, ma, salvo errore, non riguardano i punti che di seguito espongo.

 

A) All’art. 2 comma 1 si precisa che “la legge si applica ai rapporti professionali […] regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento […] delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie […]”. Al terzo comma dello stesso articolo si afferma però che le nuove norme “non si applicano, in ogni caso, alle prestazioni rese da professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione né a quelle rese in favore degli agenti di riscossione “, con l’ulteriore precisazione che “Gli agenti della riscossione garantiscono […] comunque la pattuizione di compensi adeguati all’importanza dell’opera […]”.

Sia nella Nota breve n. 335 dell’ottobre 2021 del Servizio studi del Senato, sia nella Relazione al progetto di legge n. 338 della Camera dei deputati del 13/10/22 (prima firmataria Meloni), sia nell’ultima Nota breve n. 9 del gennaio scorso sempre del Servizio studi del Senato, non si chiarisce quale sia la ratio di queste esclusioni. Il che potrebbe alimentare dubbi di costituzionalità.

La generica dizione di “società veicoli di cartolarizzazione” (SVC) senza riferimenti legislativi (ad es. l. 130/99) sembrerebbe consentire la mancata applicazione della novella anche a società non regolamentate vigilate di cui al Provvedimento Banca d’Italia del 7/6/17 che riguarda esclusivamente le SVC che acquistano portafogli di crediti.

Viene spontaneo chiedersi il perché di questa esclusione, atteso che a fine 2021 si stimavano crediti acquisisti da SVC per oltre 305 miliari di euro, aumentati ulteriormente nel 2022 e destinati ad aumentare ancora nel prossimo biennio.

Si tratta di alcuni milioni di pratiche che riguardano crediti problematici (NPE) ceduti massivamente da banche ed in larghissima parte in fase di contenzioso giudiziale. Come è noto le SVC non gestiscono direttamente i portafogli acquisisti, ma utilizzano società specializzate (servicer) che a loro volta ingaggiano gli avvocati per le azioni di recupero giudiziale.

Se la norma passerà nella stesura ad oggi nota, i legali opereranno con il medesimo servicer in base a convenzioni diverse (fenomeno già molto diffuso per altri motivi): ai sensi del primo comma dell’art. 2 con una convenzione regolata dalla normativa sull’equo compenso laddove il servicer opererà come mandatario di una banca, ai sensi del terzo comma dello stesso articolo con una convenzione non soggetta a tale normativa laddove il servicer opererà per conto di una SVC. L’inciso “in ogni caso” non può essere stato introdotto che per evitare applicazioni per relationem del contenuto innovativo della promulganda legge.

L’unica logica sottostante mi parrebbe quella di voler evitare che i piani finanziari già consolidati delle cartolarizzazioni in essere possano venir alterati in termini di costi dalla nuova normativa. Giustificazione debole in quanto sarebbe bastato prevedere l’esclusione per le sole cartolarizzazioni già avviate e non per quelle future. Sempre che questa motivazione abbia una qualche reale giustificazione rispetto allo spirito complessivo della legge.

Inoltre, la specificazione che “la pattuizione di compensi adeguati all’importanza dell’opera” sia prescritta solo per gli agenti della riscossione, farà sì che le SVC abbiano totale libertà di azione nei confronti di alcune decine di migliaia di avvocati non più “protetti” neanche dall’art. 13 bis della legge 247/2012, che verrà abrogato con l’art. 12 di questa riforma.

Se lo scopo era assicurare un trattamento privilegiato alle SVC, il risultato è sicuro.

 

B) Altro tema quello della previsione dell’art. 11 (Disposizioni transitorie), dove si afferma con chiarezza che “Le disposizioni della presente legge non si applicano alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della entrata in vigore della medesima legge”.

Qui c’è un “giallo”.

Il precedente ddl AS 2419 (identico agli attuali n. 495, Meloni, e n.182, Gelmini) riportava la medesima norma, ma sia la citata Nota breve n. 335 dell’ottobre 2021 del Servizio studi del Senato, sia la Relazione al pdl n. 338 (Meloni ed altri) presentata alla Camera il 13/10/22 affermavano, con identica frase, il contrario: “L’art.11 contiene una disposizione transitoria in base alla quale le norme di nuova introduzione, oltre a disporre per l’avvenire, si applicano alle convenzioni già stipulate e ancora in corso alla data di entrata in vigore della riforma”. Insomma, una incongruenza grave all’interno del medesimo documento parlamentare. Evidentemente il ripensamento sulla applicabilità alla convenzioni in essere, mentre era stato recepito nella bozza dell’articolato, era sfuggito all’estensore della Relazione di accompagnamento. A dimostrazione che all’inizio si voleva esattamente il contrario di quello che poi è stato approvato.

Nella più recente Nota breve n. 9-gennaio 2023 del Servizio studi del Senato, l’art. 11 è illustrato coerentemente al testo dell’articolato in esame e quindi, se verrà approvato anche dalla Camera alta, le norme sull’equo compenso non si applicheranno alle convenzioni in corso prima della entrata in vigore della nuova disciplina.

Sempre salvo mio errore, non mi pare che in atti parlamentari qualcuno abbia sentito il bisogno di spiegare le motivazioni del cambiamento dall’inclusione all’esclusione delle convenzioni in essere.

In ogni caso si possono immaginare alcune conseguenze. La prima, che, essendo le convenzioni ormai diffusissime e di solito non in linea con la nuova normativa, per un lungo periodo quest’ultima sarà sostanzialmente inapplicata. Con ogni probabilità assisteremo ad una cristallizzazione dei rapporti in essere tra legali e grandi utenti con un sostanziale e non positivo blocco della dinamica degli avvicendamenti di professionisti nelle reti legali: sarà più probabile uscirne che entrarvi. La seconda, che probabilmente gli operatori “forti” potrebbero essere tentati, legittimamente, di formalizzare, prima dell’entrata in vigore della nuova legge, convenzioni ulteriormente peggiorative.

Si apre comunque una prospettiva interpretativa ed applicativa complessa.

Se il legislatore avrà voluto evitare che le convenzioni in corso debbano essere riformulate in base alle nuove regole, si pone il problema di quali norme dovranno regolarle.

La domanda è legittimata dalla previsione dell’art. 12 (Abrogazioni), con il quale saranno abrogati, a decorrere dall’entrata in vigore della nuova legge, l’art. 13 bis della legge 247/2012 (equo compenso e clausole vessatorie), l’art. 19-quaterdecies della legge 172/2017 (ancora equo compenso e clausole vessatorie) e la lett. a) del primo comma dell’art. 2 della legge 248/2006 (“Legge Bersani” sulla abrogazione della obbligatorietà di tariffe fisse e minime ecc.).

L’applicazione del combinato disposto degli art. 11 e 12 dei ddl 182 e 495, determinerebbe che le convenzioni in essere e sopravvissute potrebbero essere o del tutto prive di una “copertura” legale ovvero soggette al guazzabuglio delle varie norme succedutesi nel tempo che non risulteranno abrogate dopo la promulgazione della nuova disciplina.

Argomento da approfondire per evitare complessità operative non facili da dirimere.

In conclusione, nonostante lo sforzo dichiaratamente profuso dalla Politica per venire incontro alla esigenze dei professionisti, almeno per quanto riguarda gli avvocati, c’è il rischio concreto che le aspettative siano di fatto frustrate anche solo per le due problematiche che ho tentato qui di illustrare.