, 17 marzo 2025, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Ettore Maria Negro
Non si era ancora sopita nell’aula del Senato la voce che andava annunciando l’approvazione della riforma dell’art. 2407 c.c., quando il mio telefono ha squillato. Un amico d’Oltremanica ci teneva a farmi delle domande sulla nuova norma[1]. Quello che segue è il resoconto della telefonata, più o meno dettagliato, con l’aggiunta di alcune note.
Ho sentito che c’è molta soddisfazione, in generale, per la riforma che limita la responsabilità dei sindaci.
Per essere precisi, la responsabilità non viene limitata. La responsabilità del debitore può essere definita come soggezione all’obbligo del risarcimento del danno in conseguenza di un fatto[2]. Per limitarla dovresti intervenire sulla condotta del debitore che ha causato il fatto, fermo restando che – quantomeno a livello pattizio - non sono ammesse limitazioni della responsabilità per dolo o colpa grave. E non si tratta nemmeno di limitare la responsabilità patrimoniale, perché i sindaci sono sempre pienamente responsabili con tutti i loro beni presenti e futuri, anche se ad essere limitato è il debito risarcitorio[3].
Ma allora?
È la misura del risarcimento, che viene limitata.
Ma il testo recita: sono responsabili per i danni… nei limiti di un multiplo.
Avrebbero dovuto prevedere che i sindaci sono responsabili per i danni, punto. E che il risarcimento è limitato ad un multiplo, etc.
Mi sembra una specificazione inutile.
Certo, se ti limiti alla norma dell’art. 2407, senza guardare al sistema. E a questo proposito, ci sarebbe da fare qualche chiosa. La nuova norma stabilisce che “al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo (...) i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati (...) nei limiti di un multiplo (...)”. A leggerla così – proprio perché responsabilità e risarcimento sono due cose diverse - sembrerebbe che i sindaci non siano responsabili per i casi in cui hanno agito con dolo. Soccorre il sistema: l’interprete deve tenere conto che l’art. 1229 sancisce la nullità dei patti che limitano preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave e si tratta – pacificamente – di una norma di ordine pubblico, che risponde al principio generale della tutela minima dei diritti[4].
Potevano scriverla meglio?
Senza dubbio. Aggiungo un punto importante: che fine ha fatto la colpa grave?
Che intendi?
Il limite della misura del risarcimento non opera solo se i sindaci hanno agito con dolo. E quindi, se il sindaco ha violato i propri doveri agendo con colpa grave, il risarcimento rimane comunque limitato. Questo non è un problema interpretativo, il testo della norma è inequivoco. Quindi il sindaco che percepisca un compenso fino a 10.000 euro può occuparsi di altre faccende, salvo partecipare a qualche riunione del consiglio di amministrazione, e il peggio che gli possa capitare è una condanna al pagamento di 150.000 euro, anche se gli amministratori hanno accumulato un passivo di 15 milioni. Limitare i risarcimento in caso di colpa grave significa privare di significato i doveri dei sindaci, prevedo questioni di legittimità costituzionale[5].
Mi è chiaro. Altre osservazioni?
La norma limita la misura del risarcimento anche per i sindaci che esercitano la revisione legale dei conti ai sensi dell’art. 2409 bis c.c. Ma nei casi in cui la revisione sia esercitata da un revisore che non è sindaco, o da una società di revisione, rimane la regola dell’art. 15, D. Lgs. n. 39 del 2010, secondo cui i revisori sono solidalmente responsabili con gli amministratori, e senza alcun limite al risarcimento. Per cui la Raccomandazione della Commissione UE del 5 giugno 2008[6], che aveva esortato gli Stati membri ad introdurre limitazioni alla responsabilità civile dei revisori, è rimasta lettera morta, mentre è stata limitata la misura del risarcimento cui sono tenuti i sindaci, che hanno funzioni più estese dei revisori e svolgono un ruolo di garanzia e di verifica della corretta gestione dell’impresa. Pensa alle società a responsabilità limitata: un professionista sarà paradossalmente più propenso a svolgere il ruolo di sindaco che di revisore legale. Inoltre...
Inoltre...?
Pensa ai membri del consiglio di sorveglianza, ai quali non si applica l’art. 2407. L’art. 2409 terdecies prevede che i componenti del consiglio di sorveglianza rimangono solidalmente responsabili con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le omissioni di questi. Forse questa riforma ha segnato il tramonto del sistema dualistico.
Al di là di queste previsioni apocalittiche, vedi comunque qualcosa di positivo?
Certo, anzitutto avere stabilito la decorrenza del termine di prescrizione, che coincide con il deposito della relazione prevista dall’art. 2429 c.c. Previsione a mio avviso coerente con il sistema, dato che – a differenza che per gli amministratori – la prescrizione non rimane sospesa nel periodo in cui i sindaci sono in carica[7]. Però l’innovazione più importante è stata eliminare la responsabilità solidale dei sindaci per i fatti e le omissioni degli amministratori[8]. Quella responsabilità che invece è rimasta in vigore per il consiglio di sorveglianza, per intenderci.
Perché importante?
Perché responsabilità solidale significa che i sindaci rispondono nella stessa misura degli amministratori che hanno posto in essere la condotta pregiudizievole. È una responsabilità derivante da un comportamento omissivo, e cioè dalla mancanza di reazione a fronte di atti illegittimi degli amministratori, suscettibili di arrecare un danno[9]. In questi casi, il regime probatorio dell’inadempimento attribuisce al debitore l’onere di dimostrare di avere adempiuto correttamente, e quindi spetta ai sindaci dimostrare di avere posto in essere ogni adeguato accorgimento per evitare il prodursi del danno causato dalla condotta degli amministratori[10]. Tuttavia, le attuali dinamiche di una società di capitali comportano che le condotte pregiudizievoli degli amministratori possano consistere in una serie di atti formalmente legittimi, compiuti anche mediante posta elettronica e videoconferenze, in trattative che i mezzi di comunicazione rendono agili e veloci. Intervenire preventivamente, per i sindaci, può essere difficile. Ed è anche difficoltoso individuare il momento in cui intervenire efficacemente: pensa ad una società in difficoltà finanziaria, che sta trattando con potenziali investitori seriamente intenzionati ad intervenire. Le trattative proseguono, le difficoltà finanziarie aumentano. Un intervento deciso del collegio sindacale potrebbe evitare un incremento delle perdite; oppure potrebbe comportare la perdita di valore dell’azienda ed il sacrificio dei posti di lavoro.
Quindi, secondo te, limitando la responsabilità dei sindaci alla violazione dei propri doveri la riforma è positiva.
Sì, certo, soprattutto perché elimina la solidarietà con gli amministratori. Considerato che i sindaci sono professionisti obbligati ad essere assicurati contro i rischi derivanti dalla loro attività, nelle azioni di responsabilità sono soprattutto loro ad essere aggrediti, anche se la responsabilità maggiore è attribuibile agli amministratori. Ma attenzione: l’eliminazione della responsabilità concorrente non significa che i sindaci si debbano disinteressare della condotta degli amministratori. L’art. 2403 c.c. dispone che il collegio sindacale vigila anche “sul rispetto dei principi di corretta amministrazione”. Secondo la giurisprudenza questo significa controllare in ogni tempo che gli amministratori, alla stregua delle circostanze del caso concreto, compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale[11]. Per cui rimane comunque la responsabilità dei sindaci che non reagiscano tempestivamente di fronte ad atti gestori suscettibili di arrecare danni. Da questo punto la riforma poteva fare di più.
Ho sentito dire che l’istituto del collegio sindacale esce rafforzato dalla riforma, in quanto potrà beneficiare di molti validi professionisti che preferivano non assumere la carica di sindaco per timore delle responsabilità che ne derivano.
C’è una logica in queste affermazioni? I validi professionisti che adempiono coscienziosamente ai doveri connessi al proprio ufficio non dovrebbero avere alcun timore della responsabilità conseguente alla violazione di quei doveri. Dei limiti al risarcimento dovrebbero gioire soltanto i soggetti che non svolgono bene il proprio compito. Ho paura che la novità possa portare ad un generale rilassamento nello svolgimento delle funzioni del collegio sindacale.
Tuttavia, è logico che ci possa essere una perdita di attrattiva per la carica di sindaco in ragione dei rischi.
Personalmente sono convinto che i rischi derivino in larga parte dalle modalità concrete con cui si esercitano le funzioni di sindaco. Ti parlo della mia esperienza nelle azioni di responsabilità. Quasi sempre i sindaci non vanno al di là di una encomiabile fase di ausilio e di confronto con gli amministratori; tendono, in sostanza, a non porsi apertamente in contrasto con l’organo di gestione quando ravvisano elementi critici. Non dimentichiamo che nella maggior parte dei casi – e forse nella totalità delle piccole e medie imprese – i sindaci vengono nominati su indicazione degli amministratori e da soci che spesso sono anche amministratori. In sostanza, si instaura un rapporto – non solo professionale, a volte basato anche su una fiducia mal riposta - che porta l’organo di controllo a tenere una condotta quanto più possibile, come dire, conservativa. Non mancano poi le situazioni patologiche. Troppo spesso mi è capitato di avere a che fare con sindaci che sono soci o collaboratori dei consulenti della società. Una piaga molto diffusa, che porta a svuotare di qualsiasi significato l’organo di controllo. In tutti questi casi è evidente che il rischio non deriva dalla carica. Limitare la misura del risarcimento per la responsabilità dei sindaci non fa che peggiorare le cose.
Ma quindi, dato che azioni di responsabilità nei hai viste tante, che cosa sarebbe stato più utile prevedere?
Parto dal considerare che, secondo me, eliminare il vincolo di solidarietà con gli amministratori è stato positivo. Ritengo invece che introdurre un limite alla misura del risarcimento significhi svalutare la funzione del collegio sindacale e minare l’efficacia del controllo sulla gestione. Sarebbe stato più utile specificare quali siano i doveri dei sindaci, soprattutto in funzione dei poteri che sono loro attribuiti. In sostanza, definire il perimetro dell’attività dei sindaci e stabilire quando e come sia necessario il loro intervento. La norma generale dell’art. 2403, primo comma, c.c. richiede una concretizzazione da parte della giurisprudenza, basata su modelli di comportamento[12]. L’obiettivo dovrebbe essere quello di offrire ai sindaci la possibilità di conoscere più agevolmente e preventivamente quale sia il modello cui adeguarsi. Facendo però attenzione a non adottare un regolamento che tenti di disciplinare qualsiasi ipotesi di fattispecie, come purtroppo il legislatore è di recente tentato di fare. Perché più si entra nel dettaglio, e più si escludono ipotesi di cui non si era tenuto conto. La realtà, come si sa, è più varia della fantasia. Come diceva il vostro Bardo, there are more things in heaven and earth...
[1] Sulla quale è già stato pubblicato un primo commento: S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale: note minime a prima lettura, in questa Rivista, 16 marzo 2025.
[2] Cfr. C.M. Bianca, Diritto civile 5, La responsabilità, Milano, Giuffrè, 2021, 11 ss.; per la responsabilità da fatto illecito cfr. C. Salvi, La responsabilità civile, in Tratt. Iudica – Zatti, Milano, Giuffrè, 2019, 2.
[3] Cfr. L. Barbiera, Responsabilità patrimoniale, in Comm. cod. civ. Schlesinger - Busnelli, Milano, Giuffrè, 2010, 75 ss.
[4] Cfr. C.M. Bianca, op. cit., 72.
[5] Non a caso C.M. Bianca, op. loc. citt., ravvisa il fondamento del divieto previsto dall’art. 1229 “nell’esigenza di assicurare al creditore un minimo e inderogabile impegno diligente da parte del debitore”.
[6] Raccomandazione della Commissione, del 5 giugno 2008 , relativa alla limitazione della responsabilità civile dei revisori legali dei conti e delle imprese di revisione contabile, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 162 del 21 giugno 2008, 39 s., ELI: http://data.europa.eu/eli/reco/2008/473/oj
[7] L’art. 2941, n. 7, c.c. che stabilisce la sospensione del decorso della prescrizione finché gli amministratori sono in carica, non si applica ai sindaci, trattandosi di previsione normativa di carattere eccezionale e tassativo, cfr. Cass., 28 luglio 2023, n. 23052; Cass., 12 giugno 2007, n. 13765.
[8] Sul punto cfr. il commento di S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale, cit.
[9] Sulla responsabilità concorrente dei sindaci cfr. G. Fré – G. Sbisà, Società per azioni, t. 1, in Comm. Scialoja – Branca, Bologna-Roma, 1997, sub art. 2407, 906 ss.; S. Ambrosini, Collegio sindacale: doveri, poteri e responsabilità, in Le società per azioni, vol. IV del Tratt. Cottino, Padova, Cedam, 2010, 790 ss.
[10] “In tema di responsabilità dei sindaci, la fattispecie dell'art. 2407 c.c. richiede la prova di tutti gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità. E quindi: (i) dell'inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo; (ii) dell'evento da associare alla conseguenza pregiudizievole derivante dalla condotta dell'amministratore; (iii) del nesso causale, da considerare esistente ove il regolare svolgimento dell'attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno” (Cass., 6 settembre 2021, n. 24045). Eccepita da chi agisce in giudizio l’inerzia del sindaco, resta a carico del professionista “l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento per la rispondenza della condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l'imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili, dell'evoluzione negativa ad esempio di una procedura concorsuale, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento” (Cass., 9 aprile 2024, n. 9427; cfr. inoltre Cass., 7 febbraio 2024, n. 3459).
[11] Cfr. da ultimo Cass., 24 gennaio 2024, n. 2350.
[12] Sulla funzione delle norme generali cfr. L. Mengoni, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Scritti I, Metodo e teoria giuridica, Milano, Giuffré, 2011, p. 169.