Direttori Stefano Ambrosini e Franco Benassi
Articolo

La durata della dilazione di pagamento dei debiti tributari e contributivi nella crisi d’impresa


Giulio Andreani
Focus

La responsabilità solidale dei sindaci è stata davvero eliminata? Primissime (ma non proprio istintive) riflessioni.*


Data pubblicazione
19 marzo 2025

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Focus

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Fabrizio Sudiero


Come ormai noto lo scorso 12 marzo è stato approvato dal Senato della Repubblica in via definitiva il disegno di legge n. 1155 di modifica dell’art. 2407 c.c. che, tra altro, non fa più riferimento espresso alla responsabilità solidale dell’organo di controllo con quello amministrativo[1].

La novella meriterebbe numerose riflessioni, alcune già apparse anche in questa Rivista[2], ma una su tutte richiede a mio avviso una preliminare attenzione, non tanto per i relativi risvolti pratici, data l’esistenza dei tetti di responsabilità che perimetrano incisivamente il quantum[3], ma per quelli sistematici.

Giungo subito alle conclusioni: contrariamente a quanto affermato dalla relazione illustrativa[4] e in alcuni primi anche autorevoli commenti[5], riterrei di escludere, fermi i tetti di responsabilità previsti dal nuovo art. 2407 c.c., che l’eliminazione testuale della solidarietà possa trasformare la responsabilità dei sindaci da solidale in parziaria.

Ciò in ragione anzitutto dei principi generali e, segnatamente, degli artt. 1292 e 2055 c.c.[6]

Come noto la dottrina civilistica si è a lungo interrogata sui presupposti necessari perché un’obbligazione possa ritenersi solidale per l’adempimento sia di obbligazioni contrattuali (cui si riferiscono più direttamente gli artt. 1292 ss. cc.) sia di quelle risarcitorie (cui si riferisce direttamente l’art. 2055 c.c.)[7].  Sul punto la giurisprudenza di Cassazione appare più univoca nell’evocare per entrambi gli ambiti l’art. 2055 c.c. e nell’affermare il possibile concorso di condotte integranti sia responsabilità contrattuali che aquiliane. Secondo la S.C. il concetto di unicità del danno di cui all’art. 2055 c.c. dovrebbe, infatti, essere interpretato in termini di unicità del fatto lesivo e non delle norme violate[8]. In tal caso a poco rileva la fonte (contrattuale o extra contrattuale) dell’obbligazione e l’indagine sulla solidarietà si concentrerebbe sulla sola esistenza del nesso di causa.

Occorre tuttavia dare atto di un rilevante contrasto sorto nella giurisprudenza di legittimità proprio in relazione alla responsabilità omissiva, per cui non potrebbe esservi solidarietà tra chi ha responsabilità contrattuale per aver mal amministrato il capitale investito e chi ha commesso il fatto illecito di non aver vigilato su tale comportamento, in quanto l’obbligazione scaturente da quest’ultimo avrebbe ad oggetto una prestazione diversa (e non «medesima» ex art. 1292 c.c.) rispetto alla prima, così non inserendosi le due condotte nello stesso nesso di causalità che collega il fatto illecito al «fatto dannoso» ex art. 2055 c.c.[9]. Sul contrasto sono intervenute le Sezioni Unite che hanno confermato il primo orientamento per cui il primo comma dell’art. 2055 c.c. è norma sulla causalità materiale che privilegia il principio del favor creditoris: non rileva quale sia la «fonte» di responsabilità dei danneggianti né che l’interesse del creditore discenda dall’eadem causa obligandi, focalizzandosi unicamente «sul fatto dannoso» e tutelando l’esigenza che il creditore venga risarcito nel modo più agevole possibile[10]. Condizione essenziale a tal fine è quindi l’esistenza del nesso di causalità tra le condotte dei debitori ed il «fatto dannoso» subito dal creditore anche allorché esse siano diverse, non comunicanti e diano luogo a titoli di responsabilità differenti, contrattuale ed aquiliana[11]. Così il principio di diritto delle Sezioni Unite: «[a]i fini della responsabilità solidale di cui all'art. 2055 c.c., comma 1, che è norma sulla causalità materiale integrata nel senso dell'art. 41 c.p., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità (contrattuale ed extracontrattuale), in quanto la norma considera essenzialmente l'unicità del fatto dannoso, e tale unicità riferisce unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità di norme giuridiche violate; la fattispecie di responsabilità implica che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte caso per caso, per modo da potersi escludere se a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta efficienza determinante e assorbente tale da escludere il nesso tra l'evento dannoso e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni»[12].

Ancora sul punto la più recente dottrina civilistica, nel ricercare una soluzione omogenea e sistematica al quadro spesso frammentato che deriva sia dalla legislazione speciale sia dalla discrezionalità giurisprudenziale in materia, ha inteso ravvisare il fondamento della solidarietà nell’esistenza di un necessario nesso tra le condotte dei debitori finalizzate a soddisfare l’interesse del creditore e così tali da giustificare tale rilevante tutela di quest’ultimo. Nesso che se non previsto espressamente dalla legge (come era previsto, ad esempio, nel nostro caso con l’art. 2407 c.c.) ben potrebbe evincersi dal coordinamento delle condotte dei debitori per il conseguimento dell’interesse del creditore e dalla contribuzione causale di ciascuno all’evento dannoso, quantomeno in termini di consapevolezza colposa rispetto al fatto dannoso, tenendo anche conto della sostanziale impossibilità, in concreto, di ricollegare porzioni di danno a ciascuna condotta.

Secondo questa più recente opinione, in altre parole, potrebbe aversi solidarietà e, quindi, si giustificherebbe la presunzione di solidarietà prevista nel nostro ordinamento, solo ove essa (i) sia prevista dalla legge o (ii) le condotte dei soggetti debitori siano coordinate a soddisfare l’interesse del creditore o quando (iii) la condotta di ciascuno sia da sola in grado di cagionare l’intero pregiudizio, con la precisazione che, in questo ultimo caso, rilevanti saranno anche quelle condotte che contribuiscano a cagionare il medesimo danno senza possibilità di distinguere nitidamente le porzioni di pregiudizio ricollegabili a ciascuna condotta (sulla scorta della distinzione di common law tra joint tortfeasor e several concurrent) e purché le condotte siano collegabili almeno sul piano di una imputazione colposa[13].

Ebbene, non pare che la condotta e la possibile responsabilità omissiva dei sindaci per atto o omissione degli amministratori sia estranea a tali logiche, specie ove si consideri lo stretto nesso tra le condotte di sindaci e amministratori in ragione degli obiettivi dei loro incarichi. Sul punto, infatti, mi era già parso di poter sostenere che la condotta di sindaci e amministratori nella prospettiva del creditore della relativa prestazione (sia esso la società, il creditore sociale, il socio o il terzo) potesse addirittura ritenersi unitaria secondo una tesi che ho definito della «condotta unitaria impeditiva complessa». Secondo tale tesi la capacità impeditiva dell’evento da parte dell’organo di controllo (e, quindi, idonea a rappresentare il suo antecedente causale rilevante) dovrebbe essere intesa come parte necessaria di un’unica e unitaria condotta (anche a formazione progressiva) posta in essere da una pluralità di soggetti (inclusi gli amministratori), idonea da sola ad innescare una più ampia, ma individuata, condotta complessiva di più soggetti, impeditiva dell’evento, di cui rappresenterebbe una necessaria frazione[14].

Se, dunque, (i) si condivide quest’ultima tesi, (ii) si tiene conto dell’unicità della fonte di nomina di amministratori e organo di controllo, (iii) dei relativi doveri in relazione agli interessi, anzitutto, del loro creditore principale (la società ad una corretta gestione) nonché (iii) dei poteri reattivi dei controllori idonei ad incidere significativamente sulle condotte gestorie appare, a mio sommesso avviso, assai difficile escludere se non l’unicità della prestazione tra amministratori e sindaci quantomeno dell’eventuale fatto lesivo e, quindi, per mutuare le parole della dottrina civilistica poc’anzi menzionata, lo speciale nesso che collega le condotte di gestori e controllori finalizzate alla buona e corretta amministrazione.

Sicché, a mio avviso, sembra davvero difficile negare per questa via una possibile solidarietà tra organo di controllo e organo amministrativo pur in assenza di una previsione specifica sulla solidarietà e sul nesso di causa all’interno dell’art. 2407 c.c. A ciò, invero, bastando, appunto il combinato disposto dei menzionati artt. 1292, 2055 c.c. e art. 41 c.p.

Certo l’indicazione previgente, facendo espresso riferimento alla solidarietà, non poneva nemmeno il dubbio, ma i principi generali enucleati ben potrebbero sorreggere la permanenza di tale responsabilità concorrente e solidale (pur nei limiti dei tetti di responsabilità).  Anzi, ci si potrebbe persino spingere a sostenere che (ma non possono che essere anche queste mere prime considerazioni), paradossalmente, l’espunzione dal comma 2 dell’art. 2407 c.c. della precisazione per cui il danno risarcibile era solo quello che non si sarebbe prodotto se i sindaci «avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica», potrebbe aver aggravato il regime di responsabilità, in quanto quella precisazione delimitava, in punto nesso di causa, l’area del danno risarcibile, mentre così, come visto, sembra irrefrenabile la riespansione dei principi generali, con però la peculiarità di non avere regole specifiche che delimitino precisamente i confini della responsabilità omissiva come poteva invece avvenire prima (ossia col precedente testo dell’art. 2407 c.c.)[15].

La tesi della permanenza della solidarietà dovrebbe poi valere a maggior ragione, in chiave teleologica e sistematica, in relazione ai doveri connessi all’early warning e, segnatamente, a quelli segnaletici, di tempestiva attivazione e di dotazione di adeguati assetti gravanti (direttamente o indirettamente ex artt. 2086, 2381, 2403 c.c. e 3 e 25-octies CCII[16]) anche sugli organi di controllo.

Infine, in questo senso depongono ancora non solo, più in generale, la presunzione di solidarietà prevista nel nostro ordinamento (a differenza ad esempio di quello francese) ex artt. 1292 -1294 e 2055 c.c., ma anche esigenze di ragionevolezza e uguaglianza tra i diversi sistemi di governance e con il revisore: consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo sulla gestione così come l’art. 15 D.Lgs. 39/2010[17].

Per queste ragioni non riterrei allo stato che la modifica dell’art. 2407 c.c. sia idonea a scalfire il principio di responsabilità concorrente e solidale dell’organo di controllo con quello amministrativo e così tutti i relativi corollari ed implicazioni sistematiche, incluse le diverse declinazioni del corposo impianto di doveri-poteri informativi, ispettivi e reattivi che la legge attribuisce al primo.


(*) Estratto da F. SUDIERO, La segnalazione dell’organo di controllo ex art. 25- octies del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Torino, 2025, in corso di stampa.

[1] «Art. 2407. – (Responsabilità) – I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.

Al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata da collegio sindacale a norma dell’articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso. All’azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395.

L’azione di responsabilità verso i sindaci si prescrive nel termine di cinque anni dal deposito della relazione di cui all’articolo 2429 relativa all’esercizio in cui si è verificato il danno».

[2] S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale: note minime a prima lettura, in questa Rivista, 16 marzo 2025, 1 ss., E.M. Negro, Conversazione estemporanea sulla riforma dell’art. 2407 c.c., ivi, 17 marzo 2025, 1 ss. Già con riguardo alla proposta approvata alla Camera dei Deputati cfr. L. Muttini, La proposta di riforma del regime di responsabilità dei componenti del collegio sindacale, in Resp. civ. e prev., 2024, 2058 ss.; contra,pur critico rispetto alla riforma ritenendola incostituzionale,G. Guizzi, Lobbying e diritto societario: note critiche intorno alla proposta di riforma dell’art. 2407 c.c., in Riv. soc., 2024, 251 ss. Per una critica anche al regime della prescrizione e alla sentenza della Corte Costituzionale 1° luglio 2024, n. 115 che potrebbe legittimare costituzionalmente anche il nuovo ultimo comma dell’art. 2407 c.c. mi permetto di rinviare a F. Sudiero, La prescrizione dell’azione sociale verso i revisori: “il re è nudo”?, in corso di pubblicazione in Giur.it., 2025.

[3] S. Ambrosini, op.cit., 9.

[4] Così il Senato informa sui contenuti della seduta di approvazione: «Il relatore, sen. Sisler (FdI), ha illustrato il testo, la cui principale innovazione riguarda la responsabilità dei sindaci delle società per azioni, che non sarà più solidale con gli amministratori ma proporzionata al loro compenso annuo secondo tre fasce. Il nuovo sistema sostituisce la responsabilità solidale con un criterio più restrittivo, mantenendo comunque l'obbligo di vigilanza. Viene inoltre introdotto un termine di prescrizione di cinque anni per l'azione di responsabilità, decorrente dal deposito della relazione dei sindaci. Durante l'esame in sede redigente il Governo ha accolto due ordini del giorno per valutare l'estensione di simili limitazioni anche ai revisori e alle società di revisione.

Nelle dichiarazioni finali sono intervenuti i sen. Silvia Fregolent (IV), Giovanna Petrenga (Cd'I), Ilaria Cucchi (Misto-AVS), Zanettin (FI-BP), Ada Lopreiato (M5S), Erika Stefani (LSP), Bazoli (PD) e Rastrelli (FdI). Tutti i senatori intervenuti hanno sostenuto il provvedimento, evidenziando il lavoro condiviso tra le forze politiche, per il suo equilibrio nel limitare la responsabilità dei sindaci, superando la solidarietà con gli amministratori e ancorandola al compenso: la riforma garantisce maggiore certezza giuridica, evitando sanzioni eccessive e favorendo l'assunzione di incarichi» (https://www.senato.it/3818?seduta_assemblea=25693).

Anche dall’indagine dei lavori parlamentari sembra rintracciarsi in più segmenti questa intenzione (v. https://www.camera.it/leg19/126?leg=19&idDocumento=1276 e https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/58285.htm).

[5] V. ancora S. Ambrosini, op.ult.cit., 8-9, il quale afferma peraltro che il dibattito “appare connotato da una certa inanità, nella misura in cui il sistema del multiplo del compenso risulta per l’appunto idoneo a sciogliere gordianamente il nodo del quantum risarcibile, distinguendo in modo netto e definitivo la posizione dei controllori da quella dei gestori”. Nel senso del superamento della solidarietà, prima dell’approvazione della riforma e pur in chiave critica, G. Guizzi, op.cit., 251 ss.

[6] Sul fatto che l’art. 2055 c.c. sia invero una mera esplicitazione dei principi generali che regolano il nesso di causalità ed il concorso di cause tutte egualmente efficienti della produzione di un determinato danno cfr., ad esempio, Cass., 9 settembre 2021, n. 24405, in Onelegale, Cass., 12 dicembre 2013, n. 27875, in Resp. civ. e prev., 2014, 858, Cass., 30 marzo 2010, n. 7618, in BBTC, 2011, II, 445, Cass., 15 giugno 1999, n. 5946 in Riv. not., 2000, 136.

[7] V., in particolare, la recente ricognizione di A. D’Adda, Riflessioni sulle obbligazioni plurisoggettive: un «ritorno» alle ragioni del vincolo di solidarietà, in Riv. civ., 2024, 813, Id., La solidarietà risarcitoria nel diritto privato europeo e l’art. 2055 c.c. italiano: riflessioni critiche, in Riv. dir. civ., 2016, 288 e di C. Salvi, La responsabilità civile, Milano, 2019, passim.

[8] Cfr., in particolare, Cass., SS.UU., 15 luglio 2009, n. 16503, Cass., 22 luglio 2005, n. 15431, entrambe in Onelegale, per cui «[l]a responsabilità solidale, contrattuale o extracontrattuale (artt. 1292 e 2055, primo comma, c.c.), sussiste anche se l'evento dannoso è causalmente derivato dalle condotte, pur autonome e distinte, coeve o successive, di più soggetti, ciascuno dei quali abbia concorso a determinarlo con efficacia di concausa, restando irrilevante, nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, la diseguale efficienza causale delle singole condotte, poiché il danneggiato può pretendere l'intera prestazione anche da uno solo degli obbligati»; stesso dicasi per le note pronunce sulle società di intermediazione finanziaria, soggette a controllo della Consob con riguardo ai danni patiti dagli investitori, come Cass., 29 maggio 2018, n. 13365, Cass. 11 marzo 2020, n. 7016, entrambe in Onelegale.

[9] V., ad esempio, Cass., 21 febbraio 2020, n. 4683, in De Jure.

[10] Cass. SS.UU., 27 aprile 2022, n. 13143, in NGCC, 2022, 1065 ss.

[11] Cass. SS.UU., 27 aprile 2022, n. 13143, in NGCC, 2022, cit.; in dottrina da ultimo, R. Bencini, Investitori truffati e responsabilità dello Stato: la parola delle Sezioni Unite, in Dir. Giust. 2022, 9.

[12] Cass. SS.UU., 27 aprile 2022, n. 13143, cit. Le Sezioni Unite non si sono espresse sul vincolo solidale in ipotesi di concorso di più responsabilità di natura contrattuale derivanti da fonti distinte, ma la giurisprudenza sul punto è orientata in senso favorevole (v., ad esempio, le già citate Cass., 9 settembre 2021, n. 24405, cit., Cass., 12 dicembre 2013, n. 27875, cit., Cass., 30 marzo 2010, n. 7618, cit., Cass., 15 giugno 1999, n. 5946 cit.).

[13] A. D’Adda, Riflessioni sulle obbligazioni plurisoggettive: un «ritorno» alle ragioni del vincolo di solidarietà, cit., 813 ss.

[14] Sia consentito dunque il richiamo a F. Sudiero, Il nesso di causalità nella responsabilità concorrente dell’organo di controllo: note per un nuovo tentativo ricostruttivo, in Giur. comm., 2023, I, 246 ss.

[15] In questo senso si è detto (ancorché prima della sua definitiva approvazione di marzo): «[a]conclusione del presente discorso e a conferma del fatto che il nesso qualificato tra le posizioni dei sindaci e degli amministratori costituisce un elemento intrinseco al sistema societario, in virtù delle funzioni che esercitano i sindaci, è opportuno sottolineare che, anche qualora la presente proposta di legge dovesse entrare in vigore nella sua attuale formulazione, essa non eliminerebbe comunque la responsabilità concorrente dei sindaci per i fatti illeciti degli amministratori». L. Muttini, op.cit, 2058 ss.; contra,pur critico rispetto alla riforma ritenendola incostituzionale,G. Guizzi, Lobbying e diritto societario: note critiche intorno alla proposta di riforma dell’art. 2407 c.c., in Riv. soc., 2024, 251 ss. per il quale la responsabilità solidale non sarebbe recuperabile, paradossalmente, nemmeno nei casi di dolo per come è costruita la norma, in quanto semplicemente non troverebbero applicazione i limiti di responsabilità.

[16] E per certi versi anche derivanti dall’art. 37 CCII sul nuovo dovere di depositare istanza in proprio di liquidazione giudiziale anche se la relativa omissione potrebbe essere riconducibile anche ad ipotesi di responsabilità esclusiva dell’organo di controllo.

[17] Sui profili di incostituzionalità v.  ancora S. Ambrosini, op.cit., passim, e G. Guizzi, op.cit., 251 ss. Invero nei casi in cui il revisore non sia sindaco si verifica un evidente distonia rispetto Raccomandazione della Commissione UE del 5 giugno 2008 che, ironia della sorte, esortava gli Stati membri a limitare la responsabilità dei revisori.