Recensione

Si è spento Giuseppe Niccolini


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Focus

La legge n. 147/2021 di conversione del D.L. n. 118: primi, brevi, appunti in ordine sparso.


Data pubblicazione
26 ottobre 2021

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Stefano Ambrosini


Con la legge di conversione n. 147 del 21 ottobre 2021 il provvedimento dell’agosto scorso risulta varato nella sua veste definitiva.

Il primo aspetto che viene in evidenza attiene al mancato recepimento di emendamenti con riguardo all’art. 2, diretti, almeno in un caso, a espungere dalla norma il riferimento all’insolvenza.

Ne deriva che resta invariato il presupposto oggettivo della composizione negoziata, consistente – secondo l’opinione affacciata da subito sulle colonne di questa Rivista[1] e successivamente anche altrove[2] – nello stato di crisi, in quello di insolvenza reversibile o nella probabilità del loro imminente inverarsi. E l’opzione “conservativa” adottata in sede di conversione va accolta, ad avviso di chi scrive, con favore, in quanto risulta coerente con l’intenzione di dotare il nuovo istituto di uno spettro applicativo ampio.

La legge ha invece riformulato e integrato l’art. 3 relativo all’istituzione della piattaforma telematica e la nomina dell’esperto.

In proposito, rispetto ai dubbi emersi in dottrina all’indomani del decreto legge circa una possibile, ingiustificata, disparità di trattamento fra dottori commercialisti e avvocati[3], la nuova norma equipara correttamente le due categorie attraverso il comune riferimento a “precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa”, unitamente al concomitante requisito dell’iscrizione ai rispettivi albi da almeno cinque anni. Non è stato quindi ritenuto sufficiente a sorreggere una disciplina differenziata il diverso percorso formativo che caratterizza le due categorie professionali, del resto collocate sul medesimo piano dalle norme su curatori fallimentari, commissari giudiziali e commissari straordinari (ferme ovviamente le differenze rispetto tra queste figure e quella dell’esperto). Il focus è posto in definitiva sul dato esperienziale, che per sua natura prescinde dalla qualifica formale.

All’art. 4, comma 1, è aggiunta la rilevante e opportuna previsione in base alla quale chi ha svolto l’incarico di esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall’archiviazione della composizione negoziata (c.d. freezing out).

Nella medesima ottica, al comma 2 è stato precisato che i soggetti di cui può avvalersi l’esperto non devono essere legati all’impresa, né alle altre parti interessate al risanamento, da rapporti di natura personale o professionale, con il ricorso a un’espressione che riprende il wording dell’art. 67, comma 3, lett. d) (“coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento”).

Al novellato art. 5 ci si è fatti carico del rilievo critico riferito alla ritenuta incompletezza della lettera d)[4], che viene quindi integrata con la necessità di allegare una dichiarazione con la quale attesta di non avere depositato ricorsi ai sensi degli articoli 161 e 182-bis l. fall., anche nelle ipotesi di cui al sesto comma del predetto articolo 161 e al sesto comma del predetto articolo 182-bis. Collegata a quest’ultimo riferimento normativo è anche l’avvenuta integrazione del comma 2 dell’art. 23 attraverso la menzione dell’istituto del c.d. preaccordo di ristrutturazione (art. 182-bis, comma 6), rimasto inizialmente, per così dire, nella penna del legislatore, come segnalato su questa Rivista[5].

I commi aggiunti all’art. 5 (8-bis e 8-ter) si occupano dei costi per il funzionamento della composizione negoziata e della improponibilità della relativa istanza se non è trascorso almeno un anno dall’archiviazione di una precedente, analoga, domanda.

Dopo la riformulazione dell’art. 8 sulla sospensione di obblighi e di cause di scioglimento in materia societaria, la legge di conversione ha riscritto l’art. 9, dettando, relativamente alla condotta dell’imprenditore in costanza di trattative, una regola distintiva gravida di implicazioni sistematiche. Ed invero, l’oggetto della tutela legale varia a seconda che l’impresa sia in crisi, oppure in stato di insolvenza reversibile: nel primo caso esso risiede nell’evitare nocumento alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività, nel secondo caso nel gestire l’impresa nell’interesse prevalente dei creditori.

Con riguardo all’autorizzazione giudiziale a cedere l’azienda o un ramo di essa ex art. 10, lett. d), la legge aggiunge, con un’espressione volutamente ampia (e fatalmente un po’ generica), che nel dettare le misure ritenute opportune il tribunale tiene conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti.

Quanto alle imprese cc.dd. sotto soglia, al comma 3 dell’art. 17 è venuto meno il dovere dell’esperto di acquisire “i bilanci dell'ultimo triennio, se disponibili, le dichiarazioni fiscali e la documentazione contabile ritenuta necessaria per redigere, ove non disponibile, una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale ed economico-finanziaria dell'imprenditore nonché un elenco aggiornato dei creditori e dei relativi diritti”.

Per ciò che attiene al concordato liquidatorio semplificato, viene precisato, al comma 1 dell’art. 18, che le trattative finalizzate alla composizione negoziata devono essersi svolte secondo correttezza e buona fede, con ciò in certo qual modo accentuandosi – parrebbe – il connotato di premialità dell’istituto.

Risolvendo un dubbio posto in dottrina[6], viene inserito nel predetto comma 1 il chiarimento in forza del quale la proposta concordataria può prevedere la suddivisione dei ceditori in classi: nel che trova conferma l’applicazione non già generalizzata, bensì appunto selettiva, della disciplina del concordato preventivo di cui alla legge fallimentare. 

All’art. 19, infine, viene introdotta una disciplina relativa alla Fintecna s.p.a. che denota scarsa attinenza con il contenuto della normativa in esame, riguardando le imprese assoggettate ad amministrazione straordinaria e le società a partecipazione pubblica.

Con specifico riferimento alle procedure di amministrazione straordinaria, è sancita la facoltà del Ministro dello sviluppo economico di revocare i commissari straordinari in carica e di nominare in loro vece la Fintecna s.p.a. nei casi in cui sia già avvenuta la dismissione dei compendi aziendali e la procedura si trovi nella fase di liquidazione, oppure nel caso in cui i programmi di cui all'art. 27, comma 2, d. lgs. n. 270/99, non siano completati nei termini previsti.

È altresì stabilita la revoca ex lege dei mandati giudiziali e stragiudiziali e delle consulenze conferiti precedentemente dai commissari, qualora essi non siano espressamente confermati nel termine di novanta giorni dal decreto di nomina della società.

Tali previsioni, fortemente innovative, non mancheranno di dar luogo a dibattito. Può fin d’ora osservarsi, in ogni caso, che si tratta di aspetti demandati al prudente esercizio della discrezionalità amministrativa, che per sua natura deve ispirarsi ai principi di ragionevolezza e di parità di trattamento, oltre che a quelle ragioni di efficienza sottese all’esigenza di razionalizzazione espressamente invocata dalla norma. Il tutto, beninteso, all’insegna del rispetto, come certamente non mancherà di avvenire, dei principi scaturenti dal nostro ordinamento concorsuale, a cominciare dal divieto di conflitti d’interesse di cui all’art. 28, l. fall., e alla conseguente impossibilità, in tal caso, di assumere l’incarico commissariale[7].

In linea generale, si rileva che dal quadro, assai sintetico (oltre che parziale), fin qui tracciato delle novità contenute nella legge n. 147 emerge con chiarezza un dato di fondo, la cui rilevanza sistematica va ribadita con nettezza. Ci si riferisce com’è chiaro, alla conferma della volontà politica di (i) introdurre nel sistema un istituto – quello della composizione negoziata – fortemente debtor friendly e informato ai principi di volontarietà, stragiudizialità e riservatezza; (ii) rinviare di oltre due anni l’entrata in vigore della disciplina dell’allerta, messa così in discussione nella sua stessa ratio essendi; (iii) valorizzare la liquidazione concordataria attraverso un concordato semplificato sui generis.

Queste scelte, ribadite da ultimo dal legislatore (e la cosa non era del tutto scontata), si pongono innegabilmente in controtendenza rispetto ad alcuni pilastri del codice della crisi, denotando con chiarezza la convinzione circa l’opportunità, se non di un loro definitivo superamento, certamente di un loro temporaneo, ma non per questo meno significativo, accantonamento e ripensamento.



[1] Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 23 agosto 2021, pp. 6-7.

[2] Jorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma!, in dirittodellacrisi.it, 1° ottobre 2021,pp. 3-4.

[3] Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, cit., p. 2, nt. 4; Guidotti, Di alcune possibili modifiche al disegno di legge n. 2371 relativo alla conversione del decreto 24 agosto 2021, n. 118, sulla disciplina della crisi di impresa, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 5 ottobre 2021, p. 6.

[4] Si allude anche qui al contributo La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, cit., p. 9.

[5] Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, cit., p. 10; nello stesso senso Guidotti, Di alcune possibili modifiche al disegno di legge n. 2371 relativo alla conversione del decreto 24 agosto 2021, n. 118, sulla disciplina della crisi di impresa, cit., p. 10.

[6] Ambrosini, Il concordato semplificato: primi appunti, in questa Rivista, 23 settembre 2021,p. 6; e v. anche, successivamente, Pezzano-Ratti, Il concordato preventivo semplificato: un’innovazione solo per i debitori meritevoli, funzionale al migliore soddisfacimento dei creditori (ed a qualche salvataggio d’impresa), in dirittodellacrisi.it, 19 ottobre 2021, p. 9. Per l’esame analitico della relativa disciplina si veda Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n.118 del 2021, ivi, 5 ottobre 2021.

[7] Più precisamente, in ordine ai requisiti per la nomina a commissario straordinario e alle cause di incompatibilità, l’art. 39 d. lgs. 270/99 prevede – com’è noto – l’emanazione rispettivamente di un regolamento amministrativo – precisamente del Ministro delle attività produttive (oggi dello sviluppo economico) di concerto con il Ministro della giustizia – che fissi i requisiti di professionalità e onorabilità dei commissari (giudiziali e straordinari) e di un decreto che stabilisca i criteri per la scelta degli esperti. Senonché regolamento e decreto non sono mai stati emanati. Nondimeno, com’è stato correttamente osservato, “le previsioni contenute negli artt. 28 e 29 l. fall. possono ritenersi espressione di principi di carattere generale a tutela del regolare andamento del procedimento. […] La bontà di tale soluzione è peraltro confermata dall’art. 104 delle disposizioni di coordinamento, transitorie e finali al d.lg. n. 270/1999, disponendo che, fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 39, si applicano per la nomina del commissario giudiziale e del commissario straordinario i requisiti per la nomina dei curatori fallimentari, fissati nell’art. 28 l. fall.” (Pacchi, Gli organi della procedura di amministrazione straordinaria, in AA.VV., L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a cura di C. Costa, Torino, 2008, p. 291). Non a caso, con propria Direttiva in data 12 maggio 2021 il Ministro attualmente in carica ha giustamente precisato, fra l’altro, che restano “fermi i requisiti previsti dalla legge ed in particolare l’art. 28 della legge fallimentare”.