Giurisprudenza

Misure protettive atipiche nei confronti del garante


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Focus

Aspetti positivi e negativi della figura e del ruolo dell’esperto


Data pubblicazione
27 ottobre 2021

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Lorenzo Marcello del Majno


Sommario: 1. L’esperto nella composizione negoziata della crisi - 2. Gli aspetti positivi del ruolo affidato all’esperto nella composizione negoziata - 3. Sui criteri qualitativi e quantitativi minimi di competenza e di esperienza dell’esperto - 4. Spunti critici e alcune proposte  

 

1. L’esperto nella composizione negoziata della crisi

Con il d.l. 118/2021 (convertito in legge con Legge 147/2021 pubblicata in G.U. il 24 ottobre 2021[1]), il legislatore ha introdotto il nuovo istituto della composizione negoziata.

Si tratta di una procedura per il  superamento dello stato di crisi, che l’imprenditore potrà attivare volontariamente, a far data dal 15 novembre 2021, nel caso in cui versi in una situazione di squilibrio patrimoniale o economico - finanziario tale da rendere probabile uno stato di crisi o di insolvenza (cfr. d.l. 118/2021, art. 2) ovvero si trovi già in uno stato di insolvenza, ma con concrete prospettive di risanamento (cfr., da ultimo, decreto dirigenziale Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021) [2].

La procedura si sostanzia nella nomina di un “esperto indipendente”, cui è demandato l’incarico di agevolare “le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di …squilibrio” (cfr. d.l. 118/2021, art. 2).

Il legislatore affida all’esperto un ruolo decisivo ed essenziale nel percorso di emersione e gestione della crisi: quello di valutare con occhio critico le informazioni fornite dall’imprenditore [3] e comprendere se vi siano concrete possibilità di “risanabilità” dell’impresa [4] e, quindi, di avviare e gestire le trattative con i creditori e gli altri stakeholder ovvero di terminare il procedimento, in mancanza di prospettiva di risanamento.

Il successo dell’istituto della composizione negoziata della crisi può, quindi, dipendere anche dalla competenza e dalla qualità dell’opera che l’esperto è chiamato a svolgere.

Ed è evidente che, sotto un profilo prettamente procedurale, il legislatore ricalca la scelta effettuata nel CCII, laddove l’attività dell’OCRI (il collegio degli esperti) sarebbe stata determinante per l’esito della composizione assistita della crisi, sebbene la inserisca – e questo è forse uno dei punti nuovi e più rilevanti della novella – in un contesto fortemente diverso, in cui l’attività giudiziaria interviene solo accidentalmente [5].

Il legislatore torna, quindi, a dare dignità al percorso negoziale della soluzione della crisi, affidando ad un terzo il ruolo risolutivo (o quantomeno centrale) per la gestione delle procedure preventive di superamento della crisi [6]; la soluzione adottata ha correttamente spinto molti osservatori a individuare un “cambio di passo”, se non addirittura un “cambio di cultura”, nella gestione della crisi di impresa [7].

 

2. Gli aspetti positivi del ruolo affidato all’esperto nella composizione negoziata

La scelta del legislatore offre alcuni spunti di riflessione.

E’ positiva la decisione di gestire la fase iniziale dell’emersione della crisi al di fuori del sistema giurisdizionale e in un contesto chiaramente negoziale tra le parti, nell’ambito del quale un terzo è chiamato ad agevolare il confronto al fine di individuare una soluzione [8]. E’ noto infatti che più è “libera” la fase delle negoziazioni, più è probabile che le parti trovino un punto di equilibrio soddisfacente, da coniugare eventualmente in uno degli strumenti/istituti previsti per superare la crisi.

E’ condivisibile, poi, la scelta di “esternalizzare” l’emersione della crisi, pur nel necessario rispetto della confidenzialità e della riservatezza dell’imprenditore; l’intervento di un soggetto terzo che “certifica” lo stato di squilibrio dell’imprenditore (in un certo senso, togliendogli il velo dagli occhi) è un passaggio, non solo formale, da una “gestione interna”, ad una “gestione esterna” della crisi. Passaggio che è funzionale a spingere tutte le parti coinvolte ad adoperarsi per la ricerca di una soluzione [9].

 

3. Sui criteri qualitativi e quantitativi minimi di competenza e di esperienza dell’esperto

Permangono, però, molti dubbi sulla concreta utilità dell’apporto del terzo esperto in una gestione “attiva” del percorso negoziale.

Dubbi che il legislatore stesso ha fatto propri, avendo modificato – in sede di conversione del d.l. 118/2021 - interamente l’art. 3 del decreto, laddove si disciplina la nomina degli esperti e i requisiti richiesti per l’iscrizione di questi ultimi all’Albo. Anticipiamo che le modifiche apportate non sono state sufficienti a superare le perplessità di seguito affrontate.

Il ruolo centrale dell’esperto implica un’elevata capacità tecnica e interdisciplinare nonché una significativa esperienza: egli deve, innanzitutto, valutare la “risanabilità” dell’azienda al fine di decidere se avviare le trattative e, quindi, “facilitare le trattative e stimolare gli accordi … coadiuv[are] le parti nella comunicazione, nella comprensione dei problemi e degli interessi di ciascuna” insolvenza (cfr. decreto dirigenziale Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021).

Senonché, il legislatore ha previsto che possono essere nominati esperti i seguenti soggetti:

-            professionisti iscritti da almeno cinque anni agli albi (i) dei dottori commercialisti ed esperti contabili, e degli avvocati che devono anche documentare di aver maturato esperienze nel campo delle ristrutturazioni aziendali e delle crisi di impresa o (ii) dei consulenti del lavoro che devono dimostrare di aver concorso alla conclusione positiva di almeno tre casi di ristrutturazione dei debiti nonché

-            i non professionisti purché abbiano ricoperto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse positivamente.

Tutti i soggetti interessati devono, inoltre, possedere una formazione specifica con la partecipazione ad un corso di 55 ore, i cui contenuti sono elencati nel decreto dirigenziale del 28 settembre 2021.

A parere di chi scrive, i criteri qualitativi e quantitativi minimi su cui è misurata la capacità professionale e l’esperienza dei nominandi esperti lasciano più di qualche dubbio e ciò, soprattutto, nella c.d. fase di start-up dell’istituto [10].

Si registra, ancora una volta, la tendenza del legislatore ad “abbassare” i requisiti richiesti per l’iscrizione agli elenchi dei soggetti chiamati ad agevolare le trattative tra le parti sui piani di ristrutturazione preventiva; tendenza che era iniziata con il decreto correttivo del CCII, d.lgs. 14/2020, che ha modificato i requisiti esperienziali per l’iscrizione all’albo degli incaricati della gestione e del controllo delle procedure ex art. 352 CCII (albo dal quale, come noto, verrebbero scelti i componenti degli OCRI).

Da un lato, la scelta legislativa risponde ad una logica -condivisibile - di politica economica volta ad aumentare la platea dei soggetti che possono essere nominati esperti nelle procedure di composizione negoziata (ovvero di membri dell’OCRI) e, quindi, possono fruire di ulteriori occasioni e opportunità di lavoro.

Dall’altro lato, tuttavia, l’abbassamento della soglia va a discapito dell’esperienza e della formazione richieste all’esperto; competenze che sono invece essenziali per una gestione proficua delle procedure preventive di superamento della crisi. Tanto è vero che la Direttiva europea richiede che gli Stati membri provvedano affinché i professionisti coinvolti nelle procedure di risanamento ricevano una formazione adeguata e possiedano le competenze necessarie per adempiere alle loro responsabilità (cfr. art. 26, Direttiva 2019/1023).

La legge di conversione del d.l. 118/2021 non fuga i dubbi di cui sopra.

La novità di incaricare gli ordini professionali di raccogliere le domande di iscrizione all’Albo degli Esperti da parte dei professionisti avrebbe potuto comportare un coinvolgimento maggiore degli stessi ordini nel processo di valutazione e di selezione degli aspiranti esperti.

In realtà, le modifiche apportate dalla  legge di conversione inducono a ritenere che agli ordini professionali sia demandata solo una verifica “formale” della domanda, non già una valutazione di “merito” sui candidati [11]. E la precisazione che “i consigli nazionali degli ordini professionali disciplinano con regolamento le modalità di formazione, tenuta e aggiornamento dei dati raccolti … e comunicati” (art. 2, comma 5, d.l.118/2021) pare abbia una portata meramente regolamentare circa la gestione dei dati e nulla dispone in merito alla c.d. “qualità del dato” che, nel nostro caso, è l’idoneità del professionista che aspira ad essere nominato esperto.

A ciò si aggiunga che il legislatore non ha previsto alcun meccanismo di vigilanza (non giudiziale) sull’operato degli esperti: l’esperto “è terzo rispetto a tutte le parti”, egli, quindi, non ha alcun rapporto con la CCIAA che lo nomina, né con l’imprenditore, che è tenuto solo al pagamento del compenso, né con i terzi creditori e stakeholder in generale.

Nel sistema previsto dal legislatore, non vi è nemmeno un meccanismo che possa prevedere la sostituzione dell’esperto, quanto meno nei casi di manifesta inettitudine [12].

L’assenza di vigilanza (non giudiziale), peraltro richiesta dalla Direttiva 2019/1023, è una lacuna rilevante del sistema, che si affianca alla grave assenza di una precisa perimetrazione della responsabilità dell’esperto.

La mancata individuazione di una responsabilità specifica e contrattuale dell’esperto nei confronti dei soggetti con cui è chiamato ad operare ha un duplice limite: dal lato c.d. “esterno”, evidentemente non è sufficiente garanzia circa il responsabile operato dell’esperto il principio generale del nemin laedere e, dal c.d. lato “interno”, l’esperto ha necessità di conoscere quale sia il perimetro della sua eventuale responsabilità [13].

 

4. Spunti critici e alcune proposte

Si ritiene che, per quanto perfetta o perfettibile, una procedura possa funzionare efficacemente solo in presenza di operatori adeguati a svolgere il compito loro affidato e tenuti a rispondere delle loro azioni (principio della responsabilità).

Sotto il profilo dell’adeguatezza degli esperti, in una materia altamente tecnica e interdisciplinare come la gestione della crisi di impresa, è necessario che i nominandi esperti abbiano un’idonea formazione professionale: 55 ore di un corso possono essere sufficienti a fornire le basi teoriche per apprendere i principali concetti delle problematiche che un esperto si troverà a gestire, tuttavia una prova finale ovvero un colloquio valutativo potrebbe essere garanzia ulteriore circa l’effettiva intervenuta formazione dell’esperto.

Quanto, poi, alla necessità che gli esperti abbiano maturato una reale esperienza nell’ambito della crisi di impresa, sarebbe opportuno estendere anche ai professionisti il requisito dell’aver concorso al completamento con esito positivo di almeno tre procedure di risanamento, ovvero prevedere percorsi di praticantato (tutoring), affiancando all’esperto nominato degli “uditori” [14].

Forse, una soluzione potrebbe essere quella di affidare proprio agli ordini professionali competenti (e, per essi, ad apposite commissioni) ovvero agli enti che organizzano i corsi di formazione la valutazione della competenza dei candidati esperti.

Gli ordini, poi, potrebbero esercitare la vigilanza sugli esperti e sulla loro attività, anche al fine di individuare eventuali profili di responsabilità, raccogliendo le eventuali segnalazioni circa il loro operato formulate dalle parti coinvolte (imprenditore, creditori e stakeholder) nonché eventualmente dai Tribunali laddove alla composizione negoziata seguisse una soluzione giurisdizionale della crisi.

La questione e non è di poco conto, in quanto esperti non adeguati rischiano di trasformare la procedura di composizione negoziata in una mera formalità propedeutica all’accesso degli altri strumenti di risoluzione della crisi, tra cui, soprattutto, il nuovo concordato liquidatorio semplificato (analogo discorso potrebbe essere svolto anche con riferimento agli OCRI di cui al CCII).

In definitiva, se l’intenzione del legislatore è quella di affidare ad un terzo (esperto o OCRI che sia) la gestione delle procedure preventive di superamento della crisi, è necessario che i soggetti terzi incaricati siano effettivamente capaci di svolgere proficuamente l’incarico affidato e, quindi, è necessario elevare la soglia di competenza e di esperienza richiesta all’esperto nonché introdurre meccanismi di responsabilità professionale e di vigilanza (non giudiziale) sull’operato dell’esperto stesso.

Diversamente, una soluzione mediana e di compromesso rischia di pregiudicare sin da subito il possibile successo del nuovo istituto della composizione negoziata della crisi e, una volta entrato in vigore il CCII, della composizione assistita.

Ad avviso di chi scrive, la lettura della nuova norma insinua il dubbio che il legislatore voglia far assumere all’esperto (proprio perché privo di adeguata formazione e idonea esperienza) il ruolo del “mediatore”; figura che ha ben assolto il compito affidatogli di risoluzione delle controversie nell’ambito della mediazione civile, ma che pare decisamente “fuori contesto” nell’ambito del diverso campo della risoluzione della crisi di impresa.



[1] Su cui cfr., in tempo quasi “reale”, Ambrosini,La legge n. 147/2021 di conversione del D.L. n. 118: primi, brevi, appunti in ordine sparso, in questa Rivista, 26 ottobre 2021.

[2] Per i primi commenti sul nuovo strumento si vedano: Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in questa Rivista, 23 agosto 2021; Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, ivi, 9 settembre 2021; Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto “facilitatore”, ivi, 30 settembre 2021; Minervini, La “composizione negoziata” nella prospettiva del recepimento della direttiva “insolvency”. Prime riflessioni, in questa Rivista, 17 ottobre 2021.

[3] Sul ruolo dell’esperto quale soggetto che “può in via preliminare integrare competenze professionali eventualmente insufficienti, vagliando la documentazione prodotta dal debitore e valutando se questa sia di quantità e qualità adeguata alla situazione dell’impresa” si veda Rinaldi, la composizione negoziata della crisi e i rapporti con gli intermediari creditizi”, in questa Rivista, 9 settembre 2021.

[4] Sul concetto di risanabilità cfr., da ultimo, Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi, cit.; Minervini, La “composizione negoziata”, cit.

[5] Cfr. Morri, La composizione negoziata della crisi di cui al D.L. 118/2021: un rapido quadro e alcune riflessioni critiche, in ilFallimentarista 24 agosto 2021, il quale aggiunge anche che “lo strumento della composizione negoziata della crisi rappresenta un passo deciso verso la degiurisdizionalizzazione della ristrutturazione di impresa in chiave anticipatoria della Direttiva 1023/2019 e in netto superamento dell’impostazione del Codice della crisi”.

[6] La Relazione illustrativa espressamente qualifica l’istituto della composizione negoziata come “nuovo strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, di tipo negoziale e stragiudiziale”.

[7] Cfr. Minervini, La “composizione negoziata”, cit.

 

[8] Del tutto opportunamente, l’esperto è stato qualificato anche come “facilitatore” dalla Relazione illustrativa. E v. al riguardo Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto “facilitatore”, cit.

[9] In un certo senso questo passaggio risponde a quello che molto lucidamente è stato messo a fuoco circa l’evoluzione delle discipline della crisi, ossia “la progressiva oggettivizzazione di queste ultime, [il] superamento del tradizionale rapporto duale ‘creditore-debitore’, di natura soggettiva ed esecutiva”: così Minervini, La “composizione negoziata”, cit.

[10] Ricordiamo che, ai sensi del d.l. 118/2021 convertito, i soggetti non iscritti ad albi professionali sono tenuti ad inviare le loro domande di iscrizione direttamente alle CCIAA senza alcun “vaglio” da parte degli ordini professionali.

[11] L’art. 3 novellato del d.l. 118/2021 prevede che “ciascun ordine professionale, verificata la completezza della domanda e della documentazione, comunica i nominativi dei professionisti” alla CCIAA competente per la relativa iscrizione all’Albo degli Esperti.

[12] Sul punto, cfr. Guidotti, Alcune possibili modifiche al disegno di legge n. 2371 relativo alla conversione del decreto 24 agosto 2021, n. 118, sulla disciplina della crisi di impresa, in questa Rivista, 5 ottobre 2021.

[13] Sul punto, ancora, cfr. Guidotti, Alcune possibili modifiche al disegno di legge,cit., che opportunamente evidenza che in “il tema non riveste solo importanza sistematica ma pare opportuna disposizione apposita ed espressa al fine di perimetrare detta responsabilità e permettere ai professionisti maggiormente competenti di accettare gli incarichi e quindi creare un sistema virtuoso”.

 

[14] Sul rischio di un esperto non adeguatamente competente si interroga anche cfr. Minervini, La “composizione negoziata”, cit., il quale propone “una soluzione di buon senso potrebbe essere quella di permettere da subito l’avvio delle procedure di Composizione, delegandole però a un collegio di esperti, quantomeno fino a quando non sarà possibile formare adeguatamente un professionista ‘a tutto tondo’”. Al riguardo, pur non nutrendo molta fiducia sull’efficacia di una gestione collegiale della composizione negoziata, ma lo spunto pare corretto se lo si inquadra in un percorso di praticantato/tutoring per gli esperti “meno esperti”.