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Giurisprudenza

Concordato preventivo in continuità aziendale a c.d. “esecuzione immediata”


Tribunale di Tempio Pausania, 14 febbraio 2023.

Data pubblicazione
21 febbraio 2023

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Giurisprudenza

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Tribunale di Tempio Pausania, 14 febbraio 2023. Pres. rel. Cecilia Marino.

Un piano di concordato preventivo in continuità aziendale a c.d. “esecuzione immediata”, che prevede ilpagamento dei creditori concorsuali subito dopo l’omologa del concordato, tramite la distribuzione aimedesimi delle risorse già realizzate a tale data, anche a fronte delle operazioni straordinarie poste inesserenelcorsodellaprocedura, anche qualora la percentuale proposta appaia certamente modesta (nella specie 1%), la prosecuzione dell’impresa deve essere funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, come stabilisce l’art. 186 bis legge fallimentare.  La previsione dell’art. 186 bis deve  essere interpretata evolutivamente, alla luce anche del CCII, che prevede all’art. 47, alla lett. b), che il piano sia idoneo (recte: non manifestamente inidoneo) non solo alla soddisfazione dei creditori, ma altresì alla conservazione dei valori aziendali. Ne consegue che rileva non solo l’interesse immediato dei creditori ma anche quello mediato per gli stessi, per tutti gli stakeholder coinvolti, quali i dipendenti e le loro famiglie, i fornitori, le imprese a qualunque titolo direttamente avvantaggiate, quelle avvantaggiate indirettamente, in ragione del flusso di denaro riversato sul territorio, in definitiva da tutta la comunità.

Il giudizio di convenienza della proposta di concordato preventivo richiede di svolgere un opportuno giudizio comparativo tra la proposta concordataria e l’alternativa fallimentare. Tale comparazione deve porre a confronto non solo l’ammontare del pagamento concordatario proposto con la sommatoria dei valori di liquidazione ritraibili in sede fallimentare, ma anche gli ulteriori elementi che possono influenzare le condizioni di pagamento e/o il soddisfacimento dei creditori in generale, ove occorre, in particolare, considerare:

(i)        il grado di certezza e le tempistiche del pagamento dei creditori nelle due ipotesi a confronto;

(ii)      i vantaggi, anche non meramente monetari, derivanti ai creditori dalla continuità aziendale nel concordato;

(iii)    1’impatto sociale della continuità sul territorio, anche in termini di conservazione dell’occupazione a favore di dipendenti che, nello scenario fallimentare, troverebbero difficilmente un nuovo impiego, nonché su tutti gli altri stake holders coinvolti, quali i fornitori, imprese comunque interessate, ecc..

La valutazione dell’alternativa della liquidazione giudiziale non è un’opzione concretamente perseguibile e immediata qualora nessuno dei creditori (neppure gli opponenti l’omologazione della proposta di concordato) abbiano presentato istanza di fallimento o di liquidazione giudiziale, di talché, in concreto, l’alternativa concretamente praticabile non risulta essere il fallimento o la liquidazione giudiziale (che deve essere, quindi ritenuto evidentemente non vantaggioso dagli stessi creditori opponenti che non lo hanno infatti richiesto né in corso di procedimento ex art. 173 1.fall., né in corso di giudizio di omologa) ma, piuttosto, la reintroduzione sul mercato della società debitrice non risanata e che continuerebbe a generare perdite.

Ai fini della comparazione tra proposta concordataria e alternativa fallimentare occorre valutare esclusivamente i proventi astrattamente ritraibili dall’esercizio dell’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c., atteso che, secondo la più recente giurisprudenza, ogni singolo creditore concordatario (compresi quindi l’Agenzia delle Entrate e/o l’INPS) conserva la legittimazione all’esperimento dell’azione risarcitoria creditoria ex art. 2394 c.c. nei confronti degli organi sociali anche successivamente all’omologa del concordato, vertendosi per di più in ipotesi di concordato in continuità di impresa ex art. 186 bis l. fall. (cfr. App. Venezia, 9.1.2019, Giur. Comm., 2021, 1, Il, 130; Trib. Catanzaro, 28.3.2018, ilcaso.it; Trib. Piacenza, 12.2.2015, Foro it., 2016, 4, I, 1494);

Nella comparazione occorre considerare che l’esercizio di un’azione di responsabilità richiede l’instaurazione di un procedimento giudizialemediamente di durata ultrannuale, costoso e connotato da una rilevante alea di causa, il cuirisultato finale potrebbe non consentire al curatore di ritrarre le utilità sperate, foss’anche soloin considerazione dei tempi e costi di recupero e della effettiva capacitàpatrimoniale deiconvenuti.

I patti paraconcordatari conclusi con alcuni creditori opportunamente classati, quali accordi di natura negoziale tra il debitore ed i propri creditori, sono leciti ed ammessi nel nostro sistema giuridico, a condizione che siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico e, quindi, non si pongano in contrasto con norme imperative di legge ovvero non risultino lesivi della par condicio creditorum.

Nel concordato in continuità ex art. 186 bis legge fallimentare, al fine di valutare la causa concreta non rileva il livello minimale di soddisfacimento dei creditori chirografari, rilevante sotto il diverso profilo della valutazione di convenienza della proposta da parte dei creditori, ma l’adeguatezza del piano al raggiungimento degli obiettivi indicati dalla società debitrice; il concordato dovrà cioè ritenersi giuridicamente fattibile in quanto coerente con la proposta di esdebitazione formulata dalla Società, senza possibilità per il tribunale di sindacare “1’aspetto pratico-economico della proposta di concordato preventivo e la convenienza della stessa, neppure in ordine al profilo della misura minimale del soddisfacimento dei crediti rappresentati, in quanto si tratta di valutazioni che sono riservate ai creditori, e non è possibile individuare una percentuale fissa minima al di sotto della quale la proposta concordataria debba ritenersi inadatta a perseguire la causa concreta cui la procedura è volta, consistente nel consentire il superamento della condizione di crisi dell’imprenditore e nel riconoscere agli aventi diritto la realizzazione del credito vantato in tempi ragionevolmente contenuti, sia pure per una minima consistenza” (così, testualmente, Cass. 8.02.2019, n. 3863).

Segnalazione a cura di Luca Jeantet e Marcello Pollio