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Giurisprudenza

Compensi dei commissari giudiziali e indipendenza dell’attestatore: fisiologia delle interlocuzioni e correttezza delle condotte


Tribunale di Roma, 05 gennaio 2023.

Data pubblicazione
14 marzo 2023

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Giurisprudenza

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Tribunale di Roma, 05 gennaio 2023. Giudice per l'Udienza Preliminare.

Con questa puntuale e ampiamente argomentata sentenza (non a caso già passata in giudicato), il Tribunale penale di Roma ha sancito la piena correttezza delle condotte tenute sia dai commissari giudiziali, sia dall’attestatore, con riferimento all’appostazione dei valori medi del compenso spettante ai primi e alla sussistenza dei requisiti di indipendenza in capo al secondo (nonché al momento da considerare ai fini di quest’ultima valutazione), sancendo ripetutamente “l’inconsistenza dell’impalcatura accusatoria” e il carattere assolutamente fisiologico delle interlocuzioni fra l’organo della procedura e l’attestatore, coerenti con il principio di prudenza e finalizzate all’acquisizione delle necessarie informazioni nel precipuo interesse del ceto creditorio.

In particolare, nella sentenza si legge che “ciò che emerge dalla disamina del corposo compendio probatorio è una condotta informale (materiale) concretatasi nella richiesta, inoltrata all’attestatore, di prevedere una appostazione dei valori medi della tariffa professionale, richiesta costituente estrinsecazione del dovere di vigilanza proattiva nell’interesse della procedura, posto che si sarebbe trattato: di stima prospettica non attributiva di alcuna aspettativa di percezione dei compensi, oggetto di successiva liquidazione da parte del Tribunale, a prescindere dal giudizio estimativo e prognostico dell’attestatore ed all’esito dell’apprezzamento dei dati di consuntivo e della valutazione dell’operato dei commissari; di stima previsionale, ampiamente rientrante nella “forbice” delle tariffe ministeriali, funzionale ad evitare il sottodimensionamento di passività, sì da garantire la capienza del patrimonio nell’ottica di soddisfacimento delle pretese creditorie e a garanzia della continuità aziendale”

In quest’ottica, il Tribunale afferma che deve “prendersi atto della radicale insussistenza della materialità del reato di interesse privato, sulla base di un duplice rilievo:

- carenza di illegittimità della richiesta di appostamento dei valori medi, in quanto non tesa all’ottenimento di un vantaggio indebito ed avente ad oggetto la misura di un compenso rientrante nella “forbice” delle previsioni tariffarie ministeriali;

- assenza di qualsivoglia forma di prevaricazione, pressione, condizionamento o minaccia nella richiesta di appostamento formulata nell’ambito di una interlocuzione fisiologica tra i soggetti coinvolti nell’iter procedimentale del concordato”.

Quanto infine alla configurabilità di un “atto della procedura” a fronte dell’accusa -rivelatasi in concreto inconsistente - di omessa denuncia di una causa di incompatibilità in capo all’attestatore, per il Tribunale “deve correttamente individuarsi nella relazione ex art. 172 L. Fall. la sede elettiva in cui i commissari si esprimono e prendono posizione sulla fattibilità, giuridica ed economica, del concordato e su eventuali criticità riscontrate, tra le quali deve, ovviamente, ritenersi inclusa l’incompatibilità dell’attestatore. Nel caso che ci occupa, emerge per tabulas che il Tribunale non ebbe a richiedere ai commissari alcuna cd pre-opinion, ovvero alcun parere preliminare (precedente al decreto di ammissione) circa la fattibilità del piano e che la relazione ex art. 172 L. Fall. non fu mai resa, a motivo della cessazione dei commissari (chi per rinuncia, chi per revoca per motivi di opportunità) dal loro incarico. Conseguentemente, non è possibile individuare alcun atto dell’ufficio commissariale deviato dalla presa di interessa personale degli imputati”.


In definitiva – afferma il Tribunale – “le risultanze investigative conclamano sia l’insussistenza della denunciata violazione dell’obbligo di segnalazione della insorgenza della causa di incompatibilità, sia la inipotizzabilità della supposta, strumentale ed interessata, conduzione della “istruttoria” informale di approfondimento del tema della indipendenza dell’attestatore. Sotto quest’ultimo profilo, vale la pena ulteriormente rilevare che l’operato approfondimento della tematica della incompatibilità deve collocarsi strutturalmente nel contesto di fisiologica interlocuzione tra i vari attori coinvolti nell’iter procedurale, ivi inclusi i giudici fallimentari, non affatto preclusa dall’attuale assetto normativo e dalla articolata congerie delle regole e dei principi orientanti le prassi operative, tanto più allorquando, come nel caso che ci occupa, si avverta la necessità di dirimere vedute contrapposte ed individuare la soluzione corretta di problematiche connotate da particolare rilevanza, tenuto conto anche della significatività dell’impatto della decisione e della connessa risonanza mediatica. Si è raggiunta prova positiva di un adoperarsi dei commissari e dell’attestatore in vista della acquisizione di elementi di valutazione atti a supportare una decisione indipendente, in assenza di pressioni, forzature o promesse o garanzie di risultato. Ragionare in termini diversi equivarrebbe a privilegiare una lettura parziale, fuorviante ed ispirata ad un immotivato rigido formalismo, del tutto avulso dal peculiare contesto procedimentale. Gli imputati devono, pertanto, essere mandati assolti anche da tale incolpazione con la più ampia formula terminativa della insussistenza del fatto”.