Tribunale di Venezia, 24 maggio 2023, n. 0. Pres. Tosi. Rel. Campagner.
Abstract:
Sommario:
Con questa articolata e motivata pronuncia il Tribunale di Venezia riafferma anzitutto il principio in base al quale “il sindacato giudiziale sulla condotta degli amministratori della società, non può avere ad oggetto il merito delle scelte imprenditoriali, non potendosi addebitare gli esiti economici negativi di dette scelte che dipendano dal rischio economico a cui è soggetta l’intrapresa, secondo il principio della business judgment rule. Tuttavia la regola di insindacabilità in discussione trova precisi limiti che, se travalicati, impongono un giudizio di responsabilità gestoria in capo agli amministratori che la scelta abbiano effettuato, cagionando pregiudizio al patrimonio sociale. Un primo limite è costituito dalla possibilità di discutere la scelta di gestione, valutando ex ante, ovvero al momento della scelta imprenditoriale, il grado di diligenza mostrata dall’amministratore”.
“Un secondo limite - prosegue il Tribunale - è quello che permette di contestare la razionalità della scelta, non essendo sufficiente che l’amministratore abbia assunto le necessarie informazioni ed abbia eseguito tutte le verifiche del caso, essendo pur sempre necessario che le informazioni e le verifiche così assunte abbiano indotto l’amministratore ad una decisione razionalmente inerente ad esse”.
Con specifico riferimento al caso sub iudice, il Tribunale osserva che “gli amministratori avrebbero potuto nella predisposizione del contenuto della transazione secondo diligenza avvedersi del rilevante pregiudizio patrimoniale cagionato dalla stessa se avessero da un lato correttamente appostato nei precedenti bilanci di esercizio le voci oggetto di rettifica da parte del ctu e dall’altro verificato che il dare avere era solo formalmente bilanciato, come ha osservato lo stesso ctu. Inoltre, gli amministratori non si sono neppure avveduti che non sussistevano le condizioni di cui all’art. 2357 c.c. per l’acquisto delle azioni proprie (…) Del danno derivante dalla suddetta transazione risponde l’intero Cda, che ha autorizzato la transazione”.
Il Tribunale afferma poi, coerentemente a quell’equilibrato orientamento di dottrina e giurisprudenza che distingue nitidamente le minori responsabilità degli amministratori non esecutivi (tanto più se non partecipanti alla riunione consiliare), che non risponde il consigliere privo di deleghe che sia stato assente giustificato alla riunione consiliare in questione, specie in assenza di circostanze che dovessero indurre il consigliere non delegato a “porre il veto”.
Quanto infine al collegio sindacale, nella sentenza si legge che il Fallimento “ha individuato la responsabilità dei Sindaci nel non aver rilevato l’insufficienza delle riserve disponibili necessarie affinché la società potesse procedere all’acquisto di azioni proprie previsto con tale transazione, con ciò violando l’art. 2357, 4° comma c.c. Pertanto l’eventuale responsabilità dei Sindaci deve essere scrutinata con specifico riferimento a tale asserito inadempimento, consistente nel non aver rilevato l’insufficienza delle riserve disponibili. Orbene, il termine annuale per procedere agli adempimenti testé menzionati non è stato violato perché in data 19.10.2012 la società veniva posta in liquidazione e scioglimento ai sensi dell’art. 2447 c.c., per perdita del capitale sociale ai sensi dell’art. 2484 n. 4, c.c. e nessuna responsabilità può pertanto essere addebitata al collegio sindacale, che cessava lo stesso 19.10.2012”.