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Giurisprudenza

Obbligo di ripianamento delle perdite e insolvenza di un consorzio a partecipazione pubblica


Cassazione, sez. I civile, 14 marzo 2024, n. 6871.

Data pubblicazione
12 aprile 2024

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Cassazione, sez. I civile, 14 marzo 2024, n. 6871. Pres. Scotti. Rel. P. Catallozzi.

Con questa importante decisione la Suprema Corte si pronuncia sull’obbligo statutario di ripianamento delle perdite maturate a carico di un consorzio a partecipazione pubblica prima della dichiarazione del suo stato di insolvenza.

La Cassazione ricorda che la figura organizzativa del “consorzio – azienda” è espressamente prevista dall’art. 31 t.u. enti locali, il quale stabilisce che gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all’art. 114 del medesimo testo unico, in quanto compatibili.

In proposito, viene sancito il principio in base al quale l’art. 6, comma 19, d.l. n. 78 del 2010, nel vietare, in linea generale, alle amministrazioni pubbliche di compensare o ripianare le perdite delle società partecipate non quotate non trova applicazione in via analogica con riferimento agli enti non aventi struttura societaria, quali i Consorzi.

Più precisamente, la Cassazione osserva quanto segue:

“-l’esame della norma consente di evidenziare che il c.d. divieto di assistenza finanziaria ivi introdotto fa espressamente riferimento alle società pubbliche;

-a sostegno di tale conclusione depongono inequivoci elementi testuali, quali l’espresso e reiterato riferimento al modello societario e il richiamo all’art. 2447 cod.civ., che ha ragione d’essere solo se raccordato a enti societari;

-la limitazione dell’applicazione dell’art. 6, comma 19, d.l. n. 78 del 2018 all’ambito delle società è stata, peraltro, confermata dal d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), il cui art. 14, quinto comma, dispone che le amministrazioni non possono effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate;

-l’insuperabile dato testuale non consente, dunque, di estendere l’ambito di applicazione della norma anche ai consorzi in esame, poiché non riconducibili alla nozione di società pubblica;

-il fatto che si tratti di soggetti non assimilabili agli enti societari si evince, altresì, dall’art. 35, ottavo comma, l. 28 dicembre 2001, n. 448, con cui, è stabilito che le aziende speciali e i consorzi devono essere trasformati in società di capitali: infatti, la necessità di una loro trasformazione in società di capitali rende palese la diversa natura giuridica loro riconosciuta da parte del legislatore”.

La Corte ha infine censurato l’interpretazione antiletterale dei giudici di appello secondo la quale la clausola statutaria non imponeva “agli enti consorziati la copertura di perdite diverse da quelle generate da costi sociali riguardati i pubblici servizi e le attività agli stessi connesse”.