Giurisprudenza

Compenso dell’advisor e cogenza delle pattuizioni contrattuali


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Giurisprudenza

Compenso dell’advisor e cogenza delle pattuizioni contrattuali


Tribunale di Milano, 27 giugno 2024.

Data pubblicazione
30 giugno 2024

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Tribunale di Milano, 27 giugno 2024. Giudice Gravagnola.

Il Tribunale di Milano si pronuncia su un aspetto di notevole rilevanza pratica: quello dell’emolumento spettante al consulente di una società in crisi e della sua invarianza, in base agli impegni negoziali, a prescindere dal percorso concretamente intrapreso (concordato preventivo anziché accordo di ristrutturazione).

Nella sentenza si legge che “è incontrovertibile che si tratti comunque di un impegno assai ridimensionato rispetto a quello che sarebbe stato necessario nel caso in cui l’impresa avesse deciso di percorrere la diversa via dell'accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l.f. piuttosto che quella del concordato. E tuttavia il mandato professionale, che contemplava la possibilità di entrambe le procedure, oltre al piano ex art. 67 l.f., per il perfezionamento del Progetto di Ristrutturazione Finanziaria, ovviamente tra loro alternative, rimetteva espressamente la responsabilità di tale scelta — e della sua esecuzione - all'odierna opponente senza alcuna diversificazione della remunerazione dell’advisor a seconda della procedura prescelta prevedendo il pagamento della reteiner fee (per un importo unitario e forfettario non calibrato in base alla quantità/qualità delle prestazioni effettivamente eseguite) con cadenza mensile ed il pagamento della success fee alla data di perfezionamento del Progetto, intendendosi per tale, "con riferimento alle operazioni realizzate anche mediante il perfezionamento di un Accordo di Ristrutturazione dei debiti ovvero di un Concordato Preventivo, la data in cui il tribunale competente emette il decreto di omologazione dell'accordo e/o del concordato".

Il raggiungimento del risultato con l'omologazione del concordato rende esigibile, dunque, anche l'importo della success fee, rimanendo del tutto irrilevante la mancata esecuzione di una parte delle prestazioni oggetto dell'incarico, non comportando alcuna alterazione del sinallagma contrattuale, proprio in considerazione del fatto che il programma negoziale prevedeva espressamente tale eventualità poiché, si ribadisce, il concordato era una delle opzioni in cui strutturare l'operazione”.

Il principio affermato in questa pronuncia pare suscettibile di un’applicazione più ampia rispetto al caso di specie, nella misura in cui sancisce l’impossibilità di scardinare le pattuizioni contrattuali intercorse fra debitore e consulenti se non con gli appositi rimedi civilistici.