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Giurisprudenza

È privilegiato, nel concordato preventivo, il credito da finanziamenti erogati ai sensi del d.lgs. n. 123 del 1998


Appello Torino, 23 luglio 2021.

Data pubblicazione
20 agosto 2021

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Giurisprudenza

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Appello Torino, 23 luglio 2021. Pres. Germano Cortese. Rel. Bonaudi.

L’art. 9, d.lgs. 123/98 integra una previsione generale destinata ad applicarsi a tutti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, comunque denominati; ne consegue che, laddove prevede che il credito restitutorio in caso di revoca sia sorretto da privilegio speciale, non attribuisce tale prelazione in particolare al credito restitutorio relativo ad uno specifico finanziamento o incentivo o agevolazione, ma stabilisce che il credito per la restituzione dei fondi pubblici a seguito di revoca è privilegiato ogniqualvolta, appunto, l’agevolazione rientri nella definizione di cui all’art. 1 e quindi sia disciplinata da detta normativa. 

Il comma 5 dell’art. 9 ricollega il privilegio al credito per le restituzioni nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo disponendone il recupero a mezzo di iscrizione al ruolo, ai sensi dell'articolo 67, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, delle somme oggetto di restituzione, nonché delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni, ma tale precisazione non introduce un requisito formale -indicazione della circostanza che l’agevolazione viene concessa “ai sensi del D.lgs 123/1998”- in difetto del quale il credito è chirografario, bensì subordina la natura privilegiata del credito restitutorio alla circostanza sostanziale che il finanziamento, a monte, rientrasse nella categoria degli incentivi di sostegno pubblico alle attività produttive e quindi fosse disciplinato dal citato Decreto, perché solo su tale presupposto -di sostanza e non di forma- il privilegio e il recupero tramite ruolo realizzano la finalità di ripristino delle risorse pubbliche messe a disposizione per gli interventi. 

Il privilegio di cui all'art. 9, comma 5, l. n. 123 del 1998 va estensivamente riferito a tutti i crediti derivanti da interventi pubblici ricompresi nell'alveo della previsione, inclusi quelli concessi dalle Regioni, e ciò in considerazione della finalità pubblica di sostegno a esso sottesa, che non viene meno neppure nell’ipotesi di revoca del finanziamento. 

Gli interventi pubblici di sostegno all'economia si realizzano attraverso un procedimento complesso, in cui alla fase di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione di interessi pubblici fa poi seguito un negozio privatistico di finanziamento (o, nel caso, di garanzia), nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme a uno specifico scopo di tratto pubblicistico. La deviazione dello scopo, così come anche l'inadempimento degli obblighi previsti dal rapporto negoziale, determina la violazione della causa del contratto di finanziamento (o di garanzia) e costituisce - attesa la stretta connessione sussistente tra le due fasi del complesso procedimento in esame - presupposto della revoca del beneficio erogato. 

Risulta in ogni caso non necessaria la sussistenza di una revoca c.d. amministrativa perché possa venire a rendersi operativo il privilegio stabilito dall'art. 9 d.lgs. n. 123/1998. Questa garanzia accede, per l'appunto, al credito che scende dal negozio di diritto privato innestatosi sulla base del procedimento di individuazione e riconoscimento del contraente destinatario del beneficio pubblico. Nella prospettiva così adottata, nessun dubbio può porsi in relazione alla idoneità ad integrare gli estremi della «revoca» prevista dall'art. 9 d.lgs. n. 123/1998 della dichiarazione di risoluzione contrattuale di cui all'art. 1456, comma 2, cod. civ., come pure della diffida di cui 1454 cod. civ. ovvero anche della dichiarazione di decadenza del debitore da beneficio del termine, emessa dal creditore ai sensi dell'art. 1186 cod. civ. L'Amministrazione si limita, in realtà, ad «accertare il venir meno di un presupposto già previsto in modo puntuale dalla legge», senza che l'atto di revoca abbia a possedere una qualche valenza costitutiva. Di conseguenza, la revoca «resta opponibile alla massa anche se intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell'impresa» beneficiaria. 

Nel concordato preventivo con cessione dei beni, la legittimazione processuale del liquidatore è ancorata e circoscritta al perimetro delle prerogative liquidatorie e distributive che fanno capo allo stesso e, quindi, ai rapporti che nel corso ed in funzione della liquidazione vengono in essere.

Segnalazione di Fabio Iozzo