Corte Costituzionale n. 99, 25 marzo 2025, n. 99. Pes. Amoroso. Red. Pitruzzella.
Con la sentenza depositata il 25 luglio 2025, la Corte Costituzionale
si è pronunciata sulla legittimità dell’impianto normativo che
disciplina l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi
(d.lgs. n. 270/1999 e successive modifiche), nella parte in cui
consente l’esclusione dei crediti anteriori non insinuati dal
cessionario del compendio aziendale, anche quando la vendita riguardi
l’intera azienda o complessi aziendali integrati.
La questione
era stata sollevata con riferimento al caso ITA Airways, subentrata
all’interno del procedimento di amministrazione straordinaria di
Alitalia. Si contestava il fatto che la disciplina italiana avrebbe
consentito al cessionario di non rispondere dei debiti pregressi (non
insinuati), in apparente violazione della Direttiva UE 2001/23 sulla
tutela dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’impresa, e
dei principi costituzionali in materia di tutela del lavoro.
La
Corte ha chiarito che l’amministrazione straordinaria, in caso di
cessione dei complessi aziendali, resta una procedura con finalità
essenzialmente liquidatorie, assimilabile – per struttura e funzione –
alla liquidazione giudiziale. Essa è, quindi, compatibile con l’art. 5,
par. 1, della direttiva citata, che esclude l’applicazione della regola
della continuità dei rapporti di lavoro nelle procedure liquidatorie
aventi tale carattere.
La Consulta, pertanto, ha così concluso:
“In
ultima analisi, il trasferimento d’azienda in crisi non può essere
assimilato, per il differente contesto in cui si colloca e per la
molteplicità di interessi che coinvolge, al trasferimento di un’impresa
in bonis È proprio la gestione pubblica dell’insolvenza, che si
accompagna a una vasta gamma di garanzie e di rimedi e al presidio del
controllo costante della giurisdizione, a giustificare le deroghe
all’art. 2112 cod. civ., anche alla stregua delle prescrizioni del
diritto dell’Unione europea e della nozione più ampia di procedura
liquidatoria che la giurisprudenza della Corte di giustizia ha
tratteggiato.
In quest’orizzonte si rivela la ratio della specialità
delle procedure liquidatorie nell’amministrazione straordinaria e della
duttilità di azione che le caratterizza, in vista della salvaguardia del
valore sociale dell’impresa e della necessità di contemperare una
pluralità di interessi, destinati a travalicare quelli meramente
individuali dell’impresa insolvente.
33.– È dunque lo stesso
atteggiarsi del programma di cessione del lotto aviation, unito
all’evoluzione della normativa speciale che ne ha regolato le fasi
salienti, a individuare nell’art. 56, comma 3-bis, del d.lgs. n. 270
del 1999 il modello esaustivo, cui è chiamata a conformarsi la decisione
del caso concreto, e a privare di rilievo determinante la normativa
censurata.
Come hanno rimarcato le Corti di merito nello scrutinare
vicende assimilabili a quella odierna alla luce delle previsioni del
d.lgs. n. 270 del 1999 (Corte d’appello di Milano, sezione lavoro,
sentenze 11 luglio 2024, n. 475 e n. 437, e 10 giugno 2024, n. 463 e n.
461), l’art. 6 del d.l. n. 131 del 2023, come convertito, non dispiega
influenza decisiva sul percorso argomentativo che il giudice è chiamato a
compiere per definire il caso di specie.
34.– In conclusione, i
plurimi elementi finora esaminati contraddicono la supposta natura
conservativa della procedura, che rappresenta il fulcro del ragionamento
sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza e ha condotto il
rimettente a negare l’applicabilità dell’art. 56, comma 3-bis, del d.lgs.
n. 270 del 1999, con l’effetto di annettere possibile rilievo alla
disposizione censurata.
È proprio la dichiarata natura liquidatoria
della procedura di amministrazione straordinaria, oggetto del giudizio
principale, ad attrarre la fattispecie nell’àmbito di operatività del
citato art. 56, comma 3-bis.
Né rileva che il legislatore, con la
disposizione censurata, abbia integrato la previsione in esame,
affiancando la fattispecie delle cessioni di complessi aziendali, di
beni e contratti, effettuate sulla base di decisioni della Commissione
europea che escludano la continuità economica fra cedente e cessionario,
a quella, già regolata e applicabile all’odierno giudizio, delle
cessioni poste in essere in esecuzione dei programmi di cui,
rispettivamente, alle lettere a) e b-bis) dell’art. 27, comma 2, del
medesimo d.lgs. n. 270 del 1999.
Da ciò discende che l’art. 56, comma
3-bis, del d.lgs. n. 270 del 1999 trova applicazione nel giudizio a quo a prescindere dalla disposizione censurata, che non rileva ai fini della
decisione in tale giudizio. Ne consegue l’inammissibilità della
questione per l’erronea interpretazione in cui è incorso il giudice a quo e
che è stata posta a fondamento dell’ordinanza di rimessione, inficiando
la rilevanza della questione".
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