, 28 marzo 2024, n. 0. .
Abstract:
Sommario:
Sull’ultimo “domenicale” del Sole 24 Ore è apparsa la bella recensione di Sabino Cassese al volume di Stefano Ambrosini “L’impresa nella Costituzione” (editrice Zanichelli): libro di cui questa Rivista ha pubblicato la premessa nell’estate scorsa e che sta suscitando parecchio interesse, non solo fra i giuristi.
Questi i passi salienti della recensione del grande giurista, già giudice della Corte costituzionale.
“E’ vero che, negli ultimi decenni del secolo scorso, la mano pubblica è arretrata - cioè che l'area occupata da imprese pubbliche si è ridotta -, ma è vero altresì che ancora oggi c'è un ampio numero di società partecipate dai pubblici poteri e che, intanto che diminuiva l'intervento diretto, aumentava quello indiretto, cioè che si estendeva la regolazione pubblica, affidata a nuovi organismi, chiamati autorità amministrative indipendenti (ora sono più di una decina). Sul fronte della globalizzazionene, vi è stata una riduzione del volume del commercio globale e dei rapporti multilaterali, collegata all’accorciamento della lunghezza delle catene globali del valore (re-shoring), ma i sistemi regolatori globali sono tutti ancora in vita e in molti casi ci sono rafforzati, sotto la pressione di crisi che gli Stati non potevano affrontare da soli, come quella ambientale, quella sanitaria e quelle economiche.
Su tutta questa materia, giunge ora un'opera della scuola torinese di diritto commerciale, destinata alla didattica, ma che fa il punto della situazione, leggendo in controluce le disposizioni della Costituzione italiana del 1948 e considerandone l'attualità nell'ottica degli eventi ultimi quali, ad esempio, il caso Ilva, l'introduzione della golden share e poi del golden power, il caso Alitalia e quello degli aiuti alle imprese nel contesto della guerra russo ucraina, e gli interventi in materia di sostenibilità (Esg).
Il libro parte dall'analisi dell'equilibrio tra impresa e lavoro, esamina le nozioni di iniziativa economica privata, di intervento dello Stato e di tutela della concorrenza, considera i singoli settori presenti nella Carta costituzionale, quali cooperazione, artigianato, impresa agricola e impresa bancaria, passa ad esaminare le disposizioni sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese e i problemi ultimi, quali quelli sulla sostenibilità e sulla solidarietà.
L'autore spiega che la Costituzione vigente è inattuale a causa di radicali cambiamenti della realtà: la sua "curvatura sociale" e il fatto che non menzioni la parola imprenditore, mentre configura una economia mista, non regge al mutamento degli scenari economici (l'indice di vecchiaia, il ricambio della popolazione attiva, l'indice di dipendenza strutturale, la denatalità, l'ampio numero di persone che non sono né al lavoro, né nel sistema di istruzione, né in quello di formazione). Lamenta che la «libertà di iniziativa economica privata» non copre l'autonomia contrattuale. Osserva che l'«utilità sociale» deve coprire altri campi, come quello della sostenibilità e della salute. Riconosce che la costituzione economica è oggi principalmente quella europea. Segnala il pendolo dallo Stato imprenditore allo Stato regolatore. Critica la mancanza di una politica industriale a medio e lungo termine. Esamina come le liberalizzazioni e le privatizzazioni sono state seguite dall’introduzione di strumenti regolatori come la golden share e il golden power. Dà largo spazio alla disciplina della concorrenza, legittimata dall'articolo 41 della Costituzione, ma regolata dalla normativa europea e, dal 1990, anche da quella italiana, che però entra in conflitto con il largo numero di concessioni. Infine, esamina i settori ai quali la Costituzione fa specifico riferimento, cooperazione, artigianato, impresa agricola e impresa bancaria, dedica un intero capitolo alla partecipazione dei lavoratori alla gestione e alla tutela del lavoro nella crisi d'impresa, esaminando il modello tedesco e le proposte dei sindacati.
È abbastanza chiaro che nell’attuale assetto dei rapporti
Stato-economia non
tutto va bene, come è stato messo in luce da ultimo da Mario Draghi, il quale,
parlando della «politica economica: un mondo che cambia» il 15 febbraio 2024 al Nabe, Economic Policy
Conference di Washington, ha notato che
«il nostro modello di globalizzazione conteneva anche una debolezza fondamentale
[...]; le organizzazioni internazionali create per supervisionare
l'equità del commercio globale non sono mai state dotate di
indipendenza e poteri equivalenti
[a quelli delle autorità europee]». Di qui una squilibrata «compliance»
da parte degli Stati, che ha prodotto numerose conseguenze."